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Semiotica dell’arte

1) La natura del segno e l’oggetto della semiotica:

Il segno appartiene agli oggetti dell’esperienza e può essere sia naturale [es: impronte] che
artificiale (d’altra parte la distinzione tra arte e natura è funzionale e non rigida).
Il suo modus essendi è il RINVIO: il segno è qualcosa che sta per qualcos’altro, come già pensava
Aristotele (“signum est aliquid stat pro aliquo”).
Il segno è indispensabile allo svolgersi di qualsiasi processo comunicativo.
E’ ciò che permette che vi sia comunicazione mediante codici tra emittente e destinatario.
La semiotica è la scienza generale dei segni. Si occupa della comunicazione e dell’interpretazione
dei segni. Si è affermata nell’arco del 900, ma i suoi argomenti erano stati affrontati già nell’antica
Grecia (v. il suddetto Aristotele). Si occupa dello studio dei vari tipi di segno e dell’interazione tra
essi. Dato che l’ambito del segno è più ampio di quello verbale la semiotica si configura come una
disciplina più ampia della linguistica e rivolta all’intero universo culturale.
Poiché un segno si spiega solo attraverso altri segni, la semiotica si presenta come un processo
illimitato , almeno potenzialmente, la cui fine è solo la comprensione.

2) Peirce e la triangolarità del segno. I principali modi semiotici. La questione dell’interprete.


Abduzione e interpretazione.

Aristotele aveva detto che il segno è qualcosa che sta per qualcos’altro.
Per Peirce, fondatore della semiotica e del pragmatismo, non ci sono soltanto il segno e il qualcosa
per cui esso sta. E’ fondamentale una terza presenza, l’interprete che, in possesso di un certo codice
(a diversi gradi di complessità e consapevolezza), sia in grado di attivare nel segno la modalità del
rinvio. “qualcosa sta a qualcuno sotto qualche rispetto o capacità”
Questo triplice collegamento è la triangolarità del segno.
Segno, oggetto (representamen), interprete sono i vertici di un triangolo.
L’oggetto può essere IMMEDIATO, se coincide con un concetto o un’immagine mentale ed è
perciò inserito dentro il triangolo, o DINAMICO, se riguarda uno stato di cose esterno ed è perciò
posto all’esterno del triangolo.
L’interprete attiva il segno grazie ai codici che condivide e secondo il bagaglio di categorizzazioni
culturali che possiede. Abduce il significato dal segno (sarà una congettura dato che il segno
presenta un certo grado di ambiguità).
Il segno non coincide con il referente, seleziona solo alcune proprietà dell’oggetto a cui rimanda.
Può appartenere diverse tipologie, o meglio a diversi modi semiotici.
TRIANGOLARITA’ DEL SENSO: Interprete
Oggetto
dinamico (Stato di cose esterno)
Indice Oggetto
Icona immediato
simbolo Concetto o immagine mentale

Segno o Representamen Convenzionalità Oggetto/referente

I principali modi semiotici sono indice, icona e simbolo.


L’indice rinvia alla presenza di qualcos’altro in un rapporto di contiguità effettiva (tra il segno e
l’oggetto).
Può essere naturale (impronte, macchie sul corpo, nubi) o artificiale (termometro, barometro..), ma
non necessariamente intenzionale.
Non è affatto detto che un indice somigli al suo significato (non c’è nessuna somigianza tra una
barrettadi mercurio e la temperatura…)

= 38°

L’icona ha col segno un rapporto di similarità effettiva (è una selezione di tratti pertinenti).
L’oggetto significante condivide uno schema comune col significato.
Necessita di un’intenzionalità realizzativa che da luogo ad una figura che seleziona i tratti pertinenti
di un oggetto (immagini schematiche, esempi figurati…).
Vi deve essere la possibilità di proiettare tratti distintivi dell’icona sul processo cui rimanda. E’ il
modo di significare più intuitivo. Per comprendere sono sufficienti codici semplici x es. basta
sapere che cos’è un estintore (anche senza sapere come si dice “estintore” per capire il cartello che
lo segnala… ).

Il Simbolo sta al significato in una relazione di convenzionalità assegnata. Non intrattiene nessun
tipo di relazione intuitivo col significato. E’ artificiale e intenzionale ed implica la messa in
funzione di un codice. Non è un oggetto ma un codice, una legge quadro.
Ne sono esempio i linguaggi umani.

Questa tricotomia è una categorizzazione funzionale, ma non rigida. Le tre modalità sono diverse
ma possono coesistere.

Abduzione/interpretazione: La relazione di significazione dal punto di vista dell’interprete è una


congettura (abduzione/interpretazione). Ogni segno ha intrinsecamente un’ambiguità di significato
ed è tramite il processo deduttivo (influenzato da regole e occorrenze) che al segno viene attribuito
un significato. L’efficacia dell’interpretazione dipende da molti aspetti quindi l’interpretazione ha
carattere ipotetico ed è sempre smentibile.

Dal punto di vista dell’emittente, invece, la relazione di significazione è un’intenzione, il cui scopo
ed efficacia, cioè il raggiungimento del destinatario, dipendono da fattori come il codice scelto o il
mezzo di trasmissione.

3) i caratteri del segno linguistico in Saussure

Per Saussure, fondatore della linguistica moderna, il segno è caratterizzato da BIPLANARITA’:


esso è infatti composto dal significante e dal significato. Il segno linguistico è dunque un’entità
psichica a due facce dove il significante è l’immagine acustica e il significato il concetto. Concetto
ed immagine acustica stanno tra loro in un rapporto di solidarietà bidirezionale.

Segno:

Entità psichica a 2 concetto /significato


facce:
solidarietà,
vicendevolezza, immagine acustica/significante
intrinseca unità, ma (dimensione fonica)
non “unica sostanza”
Il rapporto tra i due piani del segno è, per Saussure, arbitrario, naturalmente immotivato (ma, nota
bene, nessuono può cambiare il significato di un simbolo linguistico a suo piacere).
Ma l’arbitrarietà è doppia: oltre a quella interna al segno, nel rapporto tra significante e significato,
c’è un’arbitrarietà esterna, quella tra il segno e il suo referente (oggetto).

Doppia arbitrarietà:

1. Fra significato (oggetto immediato in Peirce) e significante


2. Fra segno e oggetto (referente: oggetto dinamico nel senso di Peirce).

Segno (significato+significante) Referente/oggetto

La doppia arbitrarietà per Saussure risiede sia l’evolversi che la stabilità del linguaggio.

Il linguaggio è un sistema di segni.


Saussure distingue, all’interno del linguaggio, tra langue e parole.
Langue è la dimensione di sistema di un linguaggio, condivisa dalla massa parlante (è un fatto
sociale). E’ un sistema statico. [come totalità esiste solo nella massa parlante, non nel singolo
individuo].
Parole è l’uso pratico del linguaggio. Senza la parol la lingua non vive e non si evolve.

Il linguaggio è un sistema articolato composizionale (è composto di unità intimamente discrete///


cioè non lineare, composto di varie parti).
I significati sono comprensibili solo nel loro rapporto con altri. Nel sistema linguistico i valori si
determinano reciprocamente mediante la coesistenza.

4) Artefatti comunicativi e artefatti (comunicativi) estetici: il problema dell’opera d’arte.

Entrambi sono oggetti dell’esperienza, prodotti della tecne e in quanto tali necessitanto della
modificazione dell’ambiente esterno mediante intenzionalità produttiva, inoltre hanno entrambi
un’intenzionalità comunicativa.

Gli artefatti comunicativi sono caratterizzati dalla transitività. Mirano alla significazione.

Gli artefatti comunicativi estetici:


- Sono intransitivi, nel senso che significano soprattutto sé stessi.
- Necessitano di un autore che abbia una intenzionalità estetica anche se non prioritaria
(soggettività del fare artistico).
- Necessitano di una congiunzione intenzionale di estetico e tecnico (riconosciuta dichiarata o
attribuita)
- Hanno un’eccedenza di senso capace di riorganizzare il nostro rapporto col mondo (eccede
la semplice somma di estetico e tecnico).
- Portano ad esprimere un giudizio di gusto.

Il problema dell’opera d’arte: v. posizioni di Dickie (istituzionalismo -> una sorta di codificazione
storica - enfatizza l’intenzionalità) e Goodman (nominalismo costruttivista “è arte ciò che funziona
come tale” – trascure l’intenzionalità)
5) Dall’oggetto estetico all’oggetto artistico

Gli oggetti artistici sono un sottoinsieme degli oggetti estetici.


Mentre questi ultimi sono caratterizzati da genericità, gli oggetti artistici sono caratterizzati da
specificità.
Gli oggetti estetici sono oggetti sia naturali che artificiali, in grado di dar luogo ad una relazione
estetica terminante nell’espressione di un giudizio di gusto.
Un oggetto estetico non necessita del riconoscimento di un’intenzionalità artistica (ed è questo che
lo differenzia soprattutto dall’ogg. artistico).
Gli oggetti artistici sono necessariamente artefatti. Alla case della loro creazione deve esserci una
soggettività autoriale che fonda intenzionalmente tecnico ed estetico. L’intenzionalità artistica è
necessaria ma non è necessariamente un’intenzionalità forte, cioè autoconsapevole. L’aspetto
estetico non dev’essere necessariamente preminente. Tuttavia la funzione estetica trascenderà le
altre in modo tale che l’opera risulterà svincolata da qualsiasi funzione.
v. pag 19 delle slides

6) La forza simbolica dell’opera d’arte: la funzione artistica tra intenzionalità e sintomo.

Nel tentativo di comprendere cos’è “arte” e cosa no si passa dai concetti di intenzionalità e di
sintomo.
Messi in contrapposizione da alcuni autori (es. Dickie e Goodman) entrambi i concetti sono utili,
benché non sufficienti, ad identificare un’opera d’arte.
Un’opera d’arte deve avere alla base della propria creazione un’intenzionalità estetica autoriale in
cui con autoriale si sottolinea l’importanza della soggettività che volontariamente unisce estetico e
tecnico. (Non bisogna confondersi pensando che s’intenda che l’opera esprime l’interiorità
dell’autore poiché l’opera comunica soprattutto sé stessa, al di là di qualsiasi funzione ulteriore
attribuitale).
Trovando queste considerazioni insufficienti a rispondere alla domanda “Che cos’è arte” Goodman
spostò il problema su “Cosa funziona come arte?”.
Poiché arte è ciò che funziona come tale, Goodman indaga i sintomi dell’estetico (cioè di un
funzionamento artistico dell’opera). Ne individua 5 (v. punto 7).
I sintomi dell’estetico non sono condizioni né necessarie né sufficienti, taendono semplicemente ad
esservi…
Alla risposta arte è ciò che funziona come tale si può obiettare che per fare una simile affermazine è
necessario un antecedente, seppur vago, concetto di arte… (il problema dell’arte non è rispolto!).

7) I sintomi dell’estetico secondo Goodman. (v. Forme dell’Estetica pag. 104).


Goodman ne I Linguaggi dell’Arte individua i 4 sintomi dell’estetico, che funzionano come indici
del funzionamento artistico-simbolico di un artefatto. Un 5° sintomo apparirà in opere successive.
Un sintomo non è una condizione necessaria né sufficiente dell’esperienza estetica, ma tende
semplicemente ad esservi presente accanto ad altri sintomi dello stesso tipo.
Sintattico: relativo alla forma.
I sintomi dell’estetico x Goodman sono: Semantico: relativo al contenuto.

1) Densità sintattica:Grado di disgiunsione dei tratti. Maggiore è la densità sintattica minore


è la possibilità di identificare la marca (cioè costruire una notazionalità).
E’ tipica dei i sistemi non linguistici. Ha alta densità sintattica uno schizzo, mentre non l’ha
uno spartito.
la densità sintattica permette di cogliere in modo diretto, per così dire, la densità del campo di
riferimento, facendo corrispondere segni (anche impercettibilmente) diversi, classificabili in base
a un certo ordinamento, a oggetti (anche impercettibilmente) diversi, classificabili in base ad un
corrispondente ordinamento.
2) Densità semantica: grado di articolazione e differenziazione tra i simboli. Maggiore è la
densità semantica, minore diviene la corrispondenza tra simbolo e la sua estensione (referente). E’
propria della rappresentazione, della descrizione e dell’espressività delle arti. Essa accomuna
schizzi e copioni (capaci di essere opere essi stessi), ma non le partiture (supporti notazionali alle
opere ma non opere in sé).
Es. la “sedia” di Van Gog non è quella sedia, ma il dipinto di quella sedia. Il referente
diviene nettamente ambiguo.
3) Saturazione sintattica relativa (e nb che assoluta non esiste): all’interno dei sistemi
semanticamente densi distingue tra quelli più rappresentazionali e quelli diagrammatici. Goodman
pone come esempio l’apparente indistinguibilità tra un elettrocardiogramma e il Fujiama di
Hokusai. (La differenza è sintattica non semantica).La differenza va al di là della grafica
sovrapponibile dei due.
Nell’elettrocardiogramma sono rilevanti solo i tratti relativi all’ordinata e all’ascissa di
ciascuno dei punti mentre nel dipinto nessun tratto è trascurabile (colore, tremolio del tratto
…).
4) Esemplificazione simbolica: L’evento singolo rappresentato viene investito di una
dimensione semantica che lo oltrepassa (capacità di metaforizzare: funzione esemplificativa).
E’ la dimensione relativamente intransitiva del segno. Nel contesto comunicativo standard il
segno è nettamente transitivo, ci passiamo attraverso. Il significato è ciò che è denotato.
Nell’opera d’arte ciò che è denotato è solo parte del significato.
[riguarda la sfera espressiva dell’opera d’arte, per cui a differenza di un’espressione denotazionale, l’esperienza estetica
viene definita esemplificazione nella misura in cui riguarda misure non soltanto denotate, ma esemplificate o espresse da un
simbolo. E’ la proprietà che collega un simbolo ad un’etichetta, che lo denota metaforicamente. Questo sintomo corrisponde
alla non letterarietà sintomatica dell’estetico]

5) Riferimento multiplo e complesso.


Il riferimento di un’opera d’arte non è mai univoco. Le opere d’arte sono inesauribili perché
vi si possono rintracciare aspetti di riferimento diversi, tutti validi

8) la funzione poetica del linguaggio secondo Jakobson

Jacobson individua 6 funzioni linguistiche (espandendo la teoria di Bǖhler):


La funzione emotiva, che si concentra sul mittente del messaggio (prima persona).
La funzione conativa che si concentra sul destinatario (2 persona)
La funzione referenziale, incentrata sul contesto (terza persona “sapere che” – f. informativa).
La funzione fatica, incentrata sul contatto e volta a testare il canale di comunicazione.
La funzione metalinguistica, incentrata sul codice.
La funzione poetica, incentrata sul messaggio.

La funzione poetica non riguarda il contenuto del messaggio quanto l’accordo di forma e contenuto.
Nel messaggio, grazie alla funzione poetica, si instaura una relazione di solidarietà tra la
dimensione del suono e del senso.
Non è unicamente connessa con la poesia, basta che ci sia la suddetta relazione di solidarietà tra
suono e senso. L’accordo di suono e senso genera picevolezza e questa genera abitudine (spesso gli
slogan pubblicitari hanno una funzione poetica).

Un’opera d’arte, che comunica soprattutto sé stessa, ha un’importante funzione poetica.


La funzione pricipale di un’opera d’arte non è quella emotiva, non si concentra sull’emotività
dell’autore. E’ necessaria una buona connessione tra suono e senso perché si possa apprezzare una
poesia di Leopardi. Quanto al senso le parole potrebbero essere tutte sostituite ma l’effetto non
sarebbe lo stesso se si perdessero gli effetti sonori (ritmo).
9) Opere autografiche ed allografiche: teoria della notazione di Goodman.

Teoria della notazione: lo schema simbolico di ogni sistema notazionale è notazionale ma


non ogni sistema simbolico con uno schema notazionale è un sistema notazionale
La notazione ha 5 requisiti:
1. i caratteri devono essere disgiunti: i tratti che I primi due requisiti sono sintattici e sono
compongono un carattere devono essere riconoscibili. rispettati dalle notazioni alfabetica,
2. i caratteri devono essere finitamente numerale, binaria, telegrafica e musicale.
differenziati e articolati
3. composizionalità: i caratteri di uno schema
devono essere associabili x creare un significato.
4. congruenza: corrispondenza di un sistema
simbolico con un campo di riferimento (spertito =>
esecuzione). Gli ultimi tre sono requisiti semantici.
5. non ambiguità, disgiunzione e
differenziazione semantica e sintattica.

Perché uno schema sia notazionale, questo deve essere munito di una congruenza con un campo di
riferimento, i suoi termini devono essere componibili oltre che disgiunti e differenziati sia
semanticamente che sintatticamente.

Un’opera d’arte è autografica se non possiamo distinguere tra proprietà costitutive e contingenti
(c’è differenza tra originale e copia).
Un’opera è allografica quando possiamo distinguere tra proprietà costitutive e contingenti e ciò sarà
possibile in virtù del fatto che si serve di una notazione (es. spartiti musicali, opere lettererie etc…).
[l’originalità di un’opera musicale sta nella stesura della paritura e nell’esecuzione, non nella
diffusione delle copie]

10) Il senso dell’opera d’arte tra trascendenza e immanenza.

Il senso dell’opera d’arte può essere definito come l’autonomia della sua funzione artistica che sta
nella triplice tensione tra la tecnica che la produce fisicamente, le diverse funzioni a cui è destinata e
l’orizzonte dell’attenzione estetica in cui è collocata.
L’unità estetica di senso si trova nella tensione tra immanenza e trascendenza: tra intenzionalità
produttiva “disciplinata” da canoni di genere e stile, energia simbolica e suo effettivo dispiegarsi.
Un’opera d’arte è trascendente in quanto eccedenza di senso: è fonte e occasione di un continuo
riaccendersi di una relazione estetica che trascende tutti i significati storicamente pertinenti a tale
opera. (li trascende e li include al contempo).
Tuttavia l’opera è anche immanente: l’intenzionalità produttiva unisce il tecnico all’estetico e per
quanto l’estetico trascenda il tecnico non ne annulla la necessità.
L’intenzionalità produttiva farà i conti con i vincoli del genere e dello stile (v. pg 109 Forme
dell’Estetica). E’ falsa mitologia quella di una creatività senza presupposti.
Nel giudicare un’opera ci sarà un momento più prettamente estetico, emotivo (percezione) ed uno
cognitivo, noetico (comprensione).

11) 12) 13) prese da fadders 13) 15) per non frequentanti.

11) GENERI E STILI NELL’OPERA D’ARTE


Ogni opera d’arte vale di per sè, ma ciò non significa che sia inclassificabile.
Il GENERE èuno schema immanente alla produzione artistica costruttivo e vincolante. Costruttivo
perché le regole compositive e convenzionali che impone fanno da “impalcatura” realizzativa
dell’opera. Vincolante perchè esso impone vincoli sintattici e semantici, in qualche misura
istituzionalizzati prioritariamente rispetto alla produzione artistica. Il genere è una prima
modalità di riconoscimento dell’opera, che ci permette di includerla in un orizzonte
concettuale. Nei confronti del genere il giudizio è oggettivamente cognitivo ed ha un fine
classificatorio, per cui l’opera è un elemento di una serie aperta.
Lo STILE, invece, è un campo virtuale che determina la dinamica dello sviluppo di ogni
opera. Riconoscendo uno stile come proprio di un’opera, esprimiamo un giudizio relativo al
rapporto che, in esso, si stabilisce tra forma e contenuto, tra dimensione sintattica e
dimensione semantica. In questo senso il giudizio è prevalentemente estetico, teso ad
individuare in tale rapporto la sua valenza espressiva. Lo stile è l’elemento di soggettività che
si incarna oggettivamente in ogni opera: non vale la scelta dell’autore, ma il “come” l’opera si
presenta alla ricezione, l’effettività estetica. In entrambi i casi consideriamo la singola opera
d’arte nella sua universaltà: il polo oggettivo dell’unità dell’opera è rappresentato dal genere,
quello soggettivo dallo stile. Caso particolare è quello degli stili individuali: quando
riconosciamo che una certa o tutte le opere di un autore esprimono uno stile inconfondibile di
quell’autore, pare che venga meno l’equazione tra giudizio stilistico e riconoscimento
dell’opera come appartenente ad un tipo. Ma questo conferma il carattere di “tipo” dello stile:
esso è sempre qualcosa di generale, un certo superamento dell’individuale.

12) PERCEZIONE, INTERPRETAZIONE E COMPRENSIONE DELL’OPERA


D’ARTE = i 5 momenti/stadi dell’interpretazione (risposta complessa all’opera)
Nel momento in cui un’opera è compiuta, la tecnica entra in secondo piano e ciò che conta è
quanto si offre alla nostra percezione (carattere oggettuale). E’ proprio nella relazione estetica
con il nostro percepire e giudicare che l’opera diviene un oggetto artistico. L’atto
interpretativo, culminante nella comprensione dell’unità di senso di un’opera, è un processo
soggettivo (anche se limitato da vincoli oggettivi) come ad esempio quelli culturali, a più
stadi:
1) PERCEZIONE: intesa come dialettica tra attesa e sorpresa, come il momento in cui si
attiva il coinvolgimento sensoriale necessario per la relazione estetica
2) EMOZIONE: che corrisponde al subentrare della dimensione estetica
3) CRITICA: snodi decisivi del passaggio tra
4) INTERPRETAZIONE emotivo e cognitivo
5) COMPRENSIONE dell’unità di senso dell’opera
Tale sequenza di momenti, che termina con il giudizio, inteso come la loro unità sintetica, a
seconda del particolare grado di intreccio, determina il carattere soggettivo della risposta allo
stimolo estetico. I vari momenti sono separabili solo a certe condizioni di specialismo e
competenza critica, mentre, in condizioni standard di ricezione, ognuno di essi si intreccia
con l’altro e lo influenza. Quando una ricezione standard pura avrà segiuto questo iter si sarà
strutturato quella sorte di vettore immaginario, capace di congiungere, per così dire,
l’apparenza estetica, la parte esterna esperibile dell’opera d’arte, e la sua irriducibile e
inenuncibile unità di senso.

14) Il limite dell’artistico, finzione artistica e realtà. La questione del vincolo mimetico.

Anche se non sempre in maniera esplicita, abbiamo la consapevolezza della differenza tra mondo
fittizio delle opere e mondo della vita.
Il limite dell’artistico consiste nella dialettica di realtà e finzione (nella tensione tra pretesa
direttamente verietiera dell’arte e finzionalismo assoluto).
Da secoli si discute l’argomento. Il primo a farlo fu Platone per il quale non c’era alcun legame utile
tra realtà e finzione.
Ma Aristotele riabilitò l’arte come MIMESIS, prima forma di conoscenza.
La mimesis instaura con la realtà un rapporto imitativo e perfettivo che ci permette di formulare
ipotesi sul mondo reale e ciò che può accadere (l’opera d’arte ci mostra “mondi possibili”).
Questo è possibile grazie al vincolo mimetico dell’opera. Infatti l’opera può funzionare
simbolicamente a patto che i suoi segni siano in qualche misura riconoscibili.
Sarà l’immaginazione ad attivare i 5 stadi dell’interpretazione attraverso i quali si perviene ad un
giudizio di gusto.

16) Il tenore di verità dell’opera d’arte.

Grazie al vincolo mimetico - forza e limite dell’opera d’arte - che lega i segni dell’opera al mondo
della vita, l’opera d’arte ci apre un “mondo possibile” che esprime la progettualità di un mondo
cresciuto oltre sé stesso.
L’arte ha carattere auto-riflessivo (comunica sé) ma non autoreferenziale (fa segno oltre sé).
Nella comprensione dell’opera vi è sempre una cognizione del sottile crinale tra finzione e verità.
Così nell’esperienza di un’opera d’arte comprendiamo sempre qualcosa dell’arte in generale
(autoriflessività).
Ma al contempo l’opera d’arte proietta l’uomo nel mondo e oltre esso. L’arte si protende oltre il
prorio limite. E’ processo anteriore ad ogni distinsione. (fa segno oltre sé).

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