semiotica –
Stefano
Gensini
1. Segno
Un segno è
un’entità biplanare fatta di
un’espressione e di un
contenuto.
II. CARATTERISTICHE DEL SEGNO Sono prodotti da esseri viventi, umani o altre specie animali, con l’aggiunta di
tutti i sistemi inventati dagli uomini con la finalità specifica di assolvere una funzione comunicativa (segnaletiche,
sistemi di allarme, ecc.)
Intenzionalità: i segni sono realizzati secondo le regole previste da un codice (le lingue, i linguaggi
degli animali, ecc.)
sistema di segni: quelli nei quali non occorre l’applicazione di un codice dall’esterno perché le
potenzialità semiotiche si rivelino (le lingue sono sistemi naturali, in quanto dipendono da una facoltà
innata negli umani, e sono insieme storico-naturali, in quanto vengono imparate con l’inserimento in un
qualche tessuto familiare, sociale, nazionale
Agostino di Ippona – grande studioso, pioniere della riflessione in maniera moderna sulla nozione di segno
De doctrina christiana
Segni che significano per natura (naturalia) non hanno alcuna volontà di significare (come l’espressione del volto),
ma grazie all’osservazione e all’esperienza un uomo attribuisce un significato
Segni che significano per intenzione (data)
un gesto o un sorriso particolare vengono utilizzati da un individuo per comunicare ad un altro le proprie
intenzioni;
anche gli animali utilizzano segni intenzionali: es. il gallo quando trova il mangime, con la voce segnala alle galline
di accorrere.
Segni che significano per convenzione (Es: linguaggio dei sordomuti o il BRAILLE)
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Grazie ad Agostino viene formulata la prima definizione scientifica di segno: “Qualcosa che sta per qualcos’altro
per qualcuno in certe circostanze”
Esempi:
Segnaletica stradale: esempio di sistema dei segni creato dagli esseri umani con precisa finalità comunicativa
(regolare circolazione);
Il gesto del saluto è una manifestazione fisica che veicola il saluto (ciao/arrivederci)
Agostino specifica che perché questo segno significhi un saluto è necessario qualcuno che lo interpreti come tale
Il segno esaurisce la sua funzione solo a fronte di utenti che conoscono il codice in cui si inserisce e ne fanno uso .
Anche gli animali usano segni, la comunicazione umana avviene attraverso l’utilizzo di segni di diverso tipo MA il
primato appartiene alla parola - gli esseri umani hanno capacità di inventare codici di comunicazione artificiali.
Agostino sostiene che il linguaggio verbale sia diverso dagli altri linguaggi perché più potente di essi: le parole
riescono ad esprimere e in qualche modo a tradurre tutti i sensi degli altri linguaggi.
Agostino // Saussure
Agostino: un individuo ha una parola (verbum) dentro di sé e per comunicarla ad un suo simile utilizza il suono
della voce, per potergliene trasmettere il significato (intellectus)
Saussure: parla di circuito delle parole, un individuo A associa dei concetti (fatti insiti nella sua coscienza) a dei
segni linguistici o a delle immagini acustiche prima di esprimerli a B (langue/parole)
Fenomeno psichico caratterizzato da un processo fisiologico: il cervello di A trasmette un impulso (correlativo
all’immagine acustica) all’organo fonatorio (la bocca) e tramite questo esso viene trasferito all’orecchio di B;
quindi si ripete in B., in modo inverso, il processo di A. (l’impulso parte dall’organo fonatorio e arriva al cervello,
per poi essere associato al concetto corrispondente).
Entrambi i pensatori ritengono il segno un’entità a due facce (una mentale e una fisica, oggetto di “trattamento”
da parte degli organi di produzione), ma c’è un’importante differenza:
- Agostino ritiene che la voce generi un significato in modo diretto (il pensiero viene “colato” in una forma fonica)
- Saussure aggiunge che, prima di determinare un significato, la voce deve essere associata a un’immagine mentale.
Distingue il segno linguistico in due realtà: quella fisicamente percepibile (il suono della voce) e quella mentale
che è quindi composta da un’immagine acustica (il significante) e da un concetto (il significato) è solo grazie al
piano mentale che i segni diventano comprensibili.
Da non trascurare quindi è la scommessa interpretativa compiuta da ogni singolo individuo, nel ricevere un
segnale fonico e associarlo al significato che soggettivamente ritiene più opportuno.
2. Sebeok (biologo di formazione) Nella visione di Sebeok, come nella biosfera vi sono forme di vita legate alla
produzione (le piante), altre legate all’ingestione (gli animali) e altre dedite alla decomposizione (i funghi), allo
stesso modo il processo semiotico è caratterizzato da:
- produttori dell’oggetto semiotico
- gestori dei segni che istituiscono il meccanismo di rinvio
- decompositori, gli interpretanti che elaborano il processo e permettono alla semiosi di ripartire di nuovo.
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3. Umberto Eco: non si può asserire che tutta la cultura sia di per sé semiosi, ma lo diventa solo quando vi è un
processo di significazione (che si verifica, a sua volta, solo se esiste un codice). Codice possono esserlo quindi i
sensi, il campo medico, i miti o le arti.
4. Saussure parla di “una scienza che studia la vita dei segni dell’ambito della vita sociale” che lui definisce
semiologia. Secondo questo pensiero, vanno messi sullo stesso piano i linguaggi storico-naturali (lingue parlate,
lingua dei sordomuti e sistemi di scrittura) e tutte le altre forme di comunicazione (quali i segnali militari o tutti gli
altri riti simbolici).
5. ≠ Barthes: non ha senso mettere sullo stesso piano il linguaggio verbale e le altre forme di comunicazione, tutte
le forme di comunicazione hanno bisogno, per funzionare, di trovare riscontro nella parola. Quindi, la linguistica
sarebbe l’ossatura su cui si basano tutti gli altri sistemi di segni / MA limitativo perché nega la specificità dei vari
linguaggi riducendoli tutti al linguaggio verbale.
6. Luis Prieto condivide con Eco l’idea che la significazione stia alla base della comunicazione, specificando però
che essa acquista valore solo se basata su indici convenzionali (come i comportamenti sociali) che sono ritualizzati
nell’uso la ritualizzazione fa scattare la connotazione (cioè qualcosa acquista significato).
Connotazione indica quelle pratiche semiotiche che selezionano determinati segni in base al fatto che, in un
contesto dato, essi fungano, nel loro insieme, da significanti di altri segni, che avranno per significato elementi
aggiuntivi rispetto al puro valore denotativo, letterale e referenziale, dei segni di parte.
I. Un modello elementare
Modello di Shannon
Secondo Shannon il processo comunicativo avviene in questo modo: un mittente trasferisce un messaggio a un
destinatario (sia il primo che il secondo soggetto possono essere uomo, animale o macchina). Affinché esso sia
condiviso dalle parti in gioco, è necessario che sia formato da componenti (segni) basate su regole precise (che
formano il codice). E’ necessario quindi che venga utilizzato un canale fisico per trasferire il messaggio (il canale
fonico-uditivo per trasmettere la voce, oppure quello grafico-visivo per trasmettere la scrittura) e bisogna tener
conto del contesto in cui la comunicazione si realizza, perché esso influenza parecchio la scelta del codice (tra
amici si parla in modo rilassato, mentre in aula, davanti a un professore, si utilizza un linguaggio ricercato).
Modello di Jakobson
Tale modello è stato poi rielaborato negli anni sessanta dal linguista russo Roman Jakobson:
non basta prendere in considerazione i sei elementi della comunicazione citati da Shannon (mittente, messaggio,
destinatario, codice, canale, contesto) ma bisogna anche capire qual è la funzione che essi svolgono (e ognuna di
queste può assumere un rilievo maggior rispetto alle altre)
• mittente (o locutore, o parlante) che è colui che invia
• messaggio che è l'oggetto dell'invio
• destinatario (o interlocutore), che riceve il messaggio, il quale si riferisce a
• contesto (che è l'insieme della situazione generale e delle circostanze particolari in cui ogni evento comunicativo è
inserito). Per poter compiere tale operazione sono necessari
• codice che risulti comune a mittente e destinatario (ad esempio, tra due italiani la lingua italiana), e
• contatto (o canale) che è una connessione fisica e psicologica fra mittente e destinatario, che consenta loro di
stabilire la comunicazione e mantenerla.
Ogni scambio comunicativo include necessariamente tutti e sei i suoi componenti; volta per volta, tuttavia, uno di
questi componenti assume una posizione di salienza:
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• Mittente - funzione emotiva (espressiva) il codificatore si concentra su se stesso e sul suo atteggiamento
riguardo a quello di cui parla (ad es. interiezioni, espressioni di stati d’animo)
• Messaggio - funzione poetica attenzione posta sul messaggio. L’emittente costruisce il messaggio in modo che il
destinatario sia attirato dal modo in cui il messaggio viene costruito; l’attenzione verte sul testo concretamente.
prodotto, esaltato dalla peculiarità dei segni impiegati (ad es. una metafora, la battuta finale di una barzelletta,
uno slogan)
• Destinatario - funzione conativa (“tendere verso…”) Il fine è quello di condizionare il comportamento del
destinatario. Trova la sua espressione grammaticale più pura nel vocativo e nell’imperativo (ad es. una preghiera,
un ordine, una minaccia).
• Contesto - funzione referenziale lo scopo del codificatore è unicamente un rimando diretto alla realtà
extralinguistica (esempio tabellone con gli orari del treno che ci dice unicamente la realtà in stazione in quel
momento); solo comunicare un’informazione, struttura linguistica ridotta all’osso
• Codice - funzione metalinguistica (riferita cioè al sistema dei segni, usato come lingua-oggetto) Attenzione sul
codice. Si ha quando il mittente e/o il destinatario devono verificare se utilizzano lo stesso codice (es. “Cosa
intendi quando dici “metalinguaggio”? oppure “parli italiano?”)
• Canale - funzione fàtica (controllo della tenuta del mezzo) Attenzione sul canale; messaggi che servono a
stabilire, prolungare o interrompere la comunicazione. Es: “pronto, mi senti?” – verificare se il canale funziona /
“allora? Mi ascolti?” – attirare l’attenzione dell’interlocutore o ad assicurarsi la sua continuità.
• La comunicazione viene presentata come un processo Sì/NO, senza ulteriori alternative, ma nei codici
comunicativi più potenti la dinamica comunicativa è enormemente più complessa
• La forma e il senso delle parole e delle frasi incorporano fin dal loro prodursi il punto di vista di chi ascolta
• Non è affatto detto che mittente e destinatario debbano condividere a pieno titolo il codice perché avvenga la
comunicazione: non ci si capisce mai in assoluto ma sempre e solo in relazione a determinate circostanze
• Un grave difetto del modello è che non riesce a dar conto del processo di interpretazione
IL SEGNO SECONDO PEIRCE TRIANGOLO SEMIOTICO Un segno ha una relazione triadica con il suo Oggetto e
con il suo Interpretante. Ma è necessario distinguere l’Oggetto immediato (o l’Oggetto come il segno che lo
rappresenta) dall’Oggetto dinamico (o Oggetto realmente efficiente, ma non immediatamente presente).
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Ogni processo di comprensione si traduce nel passaggio da un interpretante ad un altro, con una continua opera
di riformulazione – interpretazione, che si avvicina all’oggetto, senza però mai coinvolgerlo (esempio: perifrasi,
traduzioni etc.). Secondo Peirce la semiosi è illimitata, come la fuga degli interpretanti.
Nei sistemi di segni complessi il codice è molto più di una macchina di decodifica, ma ha una sua autonomia, una
grammatica che occorre padroneggiare.
TEORIA DELLA PLASTICITA’ È probabile che molte funzioni cognitive , fra cui il linguaggio, si avvalgano della
collaborazione di varie e distinte parti della corteccia, e che anche le zone più antiche del cervello abbiano a che
fare con esso (come il sistema limbico, che regola le nostre emozioni)
Il segno linguistico è arbitrario poiché l’associazione tra espressione e contenuto (significante e significato) non è
motivata né da un punto di vista logico né naturale.
Le eccezioni dell’arbitrarietà sono quei segni linguistici che appaiono parzialmente motivati: LE ONOMATOPEE.
Arbitrarietà radicale
= oltre ad essere arbitraria l’associazione tra significante e significato (arbitrarietà debole o verticale), il segno è
RADICALMENTE ARBITRARIO poiché anche i significanti e i significati si formano arbitrariamente.
Nelle lingue è arbitrario anche il rapporto tra un significante e gli altri significanti e tra un significato e gli altri
significati.
Ciò implica che la classificazione dell’esperienza contenuta nelle singole lingue è arbitraria: non c’è nessuna
motivazione per cui i significanti o i significati debbano essere organizzati in un modo piuttosto che in un altro.
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5.2 - CONVENZIONALITÀ
Attribuzione volontaria e socialmente stipulata di un certo significante a un certo significato e viceversa. Il
meccanismo della convenzionalità si applica in toto e ad ogni tipo di lingua formalizzata (come le simbologie della
chimica). Trova applicazione anche nelle segnaletiche (ad esempio è frutto di convenzione internazionale il fatto
che i divieti di superare certe velocità siano indicati da un numero nero scritto su campo bianco all’interno di una
struttura circolare dal bordo rosso).
La convenzionalità non va confusa con l’arbitrarietà né con l’iconicità: vi sono anche codici convenzionali non
arbitrari (iconici) e codici arbitrari ma non convenzionali (come il codice linguistico all’origine)
5.3 - ICONICITÀ
Le icone sono segni che rinviano per somiglianza ad oggetti o eventi della realtà e sono frutto di abitudini e
convenzioni sociali.
Peirce distingue tre tipologie differenti di segni.
- INDICI: hanno vicinanza, contiguità fisica con l’oggetto a cui si riferiscono (segni ‘naturali’ es. orma/piede)
(es: una mappa rispetto al territorio che rappresenta)
• IPOICONE: hanno un rapporto di similarità (likeness) con gli oggetti cui si riferiscono, qualità in comune
(ritratto)
• SIMBOLI: hanno un rapporto stabilito per convenzione con l’oggetto a cui si riferiscono (es. parole) Tuttavia secondo
Peirce, ogni segno è un po’ icona, un po’ indice e un po’ simbolo.
L’iconicità non si risolve in un dato visivo, infatti Sebeok spiega che un’icona può essere un dipinto, una formula
algebrica o qualche specie animale che fa uso di segnali iconici.
Sappiamo anche che la maggior parte delle parole di una lingua sono arbitrarie, ma se lo fossero tutte sarebbe
impossibile memorizzarle l’iconicità interviene su questo limite introducendo strategie di motivazione che
rendono la lingua più ricordabile.
Doppia articolazione
Moltissimi segni linguistici sono segmentabili in parti minori, dotate di una forma significante e portatrici di
significato (morfi). A loro volta i morfi si segmentano in unità più piccole (sillabe) e le sillabe in tipi fonici (fonemi).
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Tali segmenti possono combinarsi variamente tra loro, nel rispetto di determinate regole sintattiche Linguista
francese Andrè Martinet:
1. Articolazione in fonemi (o seconda articolazione) unità minime prive di significato e che sono il frutto
della radicale arbitrarietà delle lingue
2. Articolazione in monemi (o prima articolazione) unità più piccole delle parole, dotate di senso.
Ogni monema è un segno suscettibile di entrare in molteplici combinazioni
Non è esclusiva del linguaggio verbale (v. numeri e cifre degli autobus, linguaggio di alcuni scimpanzè)
La doppia articolazione consente flessibilità nell’arricchimento del lessico e nella formazione di unità superiori alla
parola
5.5 - RIDONDANZA La ridondanza è la sovrabbondanza di segni o delle parti di cui i segni sono composti,
e sono:
1. Ridondanza lessicale diversi segni, ma stesso o simile significato (es. casa, abitazione, dimora..)
2. Ridondanza morfologica multipla segnalazione di un tratto morfologico, ad esempio “le scarpette rosse
delle ballerine sono belle” sei segnalazioni di ripetizione del genere femminile plurale.
3. Ridondanza fonetica Ad esempio nell’italiano abbiamo 30 fonemi; ne basterebbero meno ma servono a
distinguere più facilmente un segno dall’altro (ad es. in un contesto rumoroso).
5.6 - VOCALITÀ/UDITIVITÀ vocalità ed uditività non possono dirsi proprietà specie-specifiche segni
trasmessi tramite la voce e recepiti tramite l’udito.
N.B. Proprietà condivisa da altri codici (linguaggio di certi mammiferi superiori) ma proprietà non
necessariamente presenti nelle lingue (campo della lettura e scrittura).
5.8 – CREATIVITÀ Un codice si dice creativo se ha la capacità di modificare le sue condizioni iniziali senza
smettere di funzionare
a. Creatività regolare (generativa) conduce al variare (diminuire/aumentare) del numero dei segni di un codice
sulla base delle regole di combinazione dei segni di cui il codice dispone - un codice può arricchire in modo
illimitato il suo sistema di segni, senza modificare le sue regole di base.
Una lingua verbale fa un largo uso della creatività regolare - linguaggio usato dai bambini per esprimersi: quando
un bambino di 3 anni dice ripetutamente “aprito” invece di “aperto” non sta sbagliando, si è già impadronito della
regola per cui i verbi in –ire, costruiscono il participio passato in –ito.
c. Creatività di regole consiste nel riformare interi pezzi di codice, aggiungendo o togliendo regole senza che
questo cessi di funzionare (es. continui aggiornamenti per il computer)
Tale proprietà è molto applicata anche nelle lingue verbali
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es. connettivo “che”, di solito usato nella lingua italiana come proposizione dichiarativa o come pronome
relativo Pensiamo a frasi come: “Domani è il giorno che ho lezione” “Ti presento Mario, il ragazzo che studiamo
assieme”. queste ovviamente presentano delle infrazioni che il più delle volte non vengono percepite come tali ed
anzi, vengono usate anche nel linguaggio scritto. In tal caso si parla di “che polivalente”.
5.9 – METALINGUISTICITA’
Non è una proprietà specie-specifica: si pensi alla gestualità o alla lingua dei segni
Le lingue fanno largo uso di tale proprietà per disciplinare l’uso delle parole. Esempio: Una lingua L1 può essere
usata per veicolare l’insegnamento di L2; in questo caso L1 è il metalinguaggio dell’apprendimento.
Le lingue parlano di sé anche nella vita quotidiana al fine di trovare punti d’accordo per migliorare la
comprensione. Si pensi ad espressioni quali “Cosa vuol dire quando dici deluso?” oppure “attento a come parli”.
La metalinguisticità riflessiva permette di manipolare la sfera semantica di un discorso e di migliorare così lo
scambio comunicativo.
5.10 – VAGHEZZA Tale proprietà fa sì che significato e significante di ciascun segno linguistico siano degli
insiemi
aperti, continuamente ampliabili o restringibili, di sensi e di espressioni. Per arrivare alla vaghezza si parte dalla
creatività non regolare; tale fenomeno si applica per il fatto che la lingua è un fenomeno intrinsecamente vago.
Possiamo avere:
1. Vaghezza nel significato risemantizzazione, svuotamento di significato (es. Drone che viene da un insetto)
2. Del significante uno stesso segno può essere scritto e/o oralmente trasmesso in vari modi (es. SILENZIO! –
silenzio – Silenzio – silenzio)
Disponibilità all’innovazione; necessità di rinnovamento tra utenti di uno stesso codice. La vaghezza è anche
presente nel linguaggio dei gesti; essa però non è una proprietà necessariamente presente nelle lingue in quanto
porzioni di esse presentano gradi di vaghezza molto bassi esempio: triplice fischio dell’arbitro nel calcio = fine
partita
N.B.: Se vaghezza e creatività non regolare dominassero le lingue ci sarebbe rischio di incomprensione.
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Scrittura e grammaticalizzazione della lingua vanno storicamente di pari passo (GR gramma = “scritto”) - la
grammaticalizzazione raggiunge il suo apice con l’invenzione della stampa.
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ANALISI SEMIOTICA E ANALISI LINGUISTICA DI UN TESTO L’analisi semiotica di un testo si differenzia da
un’analisi di tipo linguistico perché quest’ultima può prescindere dal contorno comunicativo, la prima non può
farlo in nessun caso.
APPROCCI ALL’ANALISI SEMIOTICA DI UN TESTO
1. Approccio storico-filologico: questo approccio presuppone gli strumenti della filologia e della storia della
lingua: dati linguistici il più possibile estesi e differenziati socialmente e culturalmente, vocabolari, grammatiche
storiche, ecc.
2. Approccio orientato alla fruizione: sposta l’attenzione dai meccanismi di composizione dell’autore e dell’opera
ai meccanismi di fruizione del testo. Fruizione implica un ruolo non passivo da parte di chi legge o ascolta; e
implica che il senso del testo in un certo senso si riproduca ogni qual volta che quel testo viene preso in
considerazione dai suoi tanti possibili lettori, di epoche e livelli socio-culturali diversi.
LETTURA ED INTERPRETAZIONE DEL TESTO Il lettore collabora alla costruzione del senso del testo
focalizzandone elementi e dando loro unità anche in maniera non prevedibile dall’autore. Si tratterebbe di un
qualcosa di fisiologico, originato dal carattere semiotico del processo di lettura, legato dunque alla necessaria
asimmetria del fruitore, con la sua enciclopedia culturale, le sue propensioni, il suo sistema di attese, rispetto
all’autore.
la teoria della ricezione interessa le modalità con cui i testi vengono letti e interpretati
Ciò si può fare:
1. In chiave storica, indagando la gamma di sensi e di percorsi interpretativi, accumulatisi sullo stesso testo col
passare delle epoche;
2. in chiave fenomenologica e sincronica, focalizzando i meccanismi che il singolo lettore mette in opera nel
processo di lettura.
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Alcune ricerche hanno però dimostrato che le strutture cerebrali e la loro plasticità nel funzionare consentono un
vero e proprio salto evolutivo che si nota confrontando le capacità semiotiche della più abile delle scimmie con
quelle di un bambino di pochi anni.
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Una pubblicità non deve necessariamente essere esteticamente bella, l'obbiettivo principale è convincere il
ricevente del messaggio; deve essere apprezzabile quindi la sua persuasività capacità di stimolare e orientare,
più o meno direttamente/indirettamente un determinato comportamento (generalmente l'acquisto).
PERCORSO NARRATIVO CANONICO costruire un testo pubblicitario
AZIONE: costituisce il momento centrale, ciò che viene compiuto dal soggetto in questione; si suddivide in:
- COMPETENZA saper fare e poter fare
- PERFORMANZA fare vero e proprio; la performanza presuppone sempre la competenza: non si fa nulla
senza la capacità di farlo, e il cattivo esito di un’azione denota una scarsa competenza
L'azione presuppone sempre la MANIPOLAZIONE, ossia un momento narrativo in cui il soggetto, agente
dell'azione, si persuade o viene persuaso a compiere quella determinata azione esempio: "Ragazza che va in
palestra ma non suda, perchè usa quel deodorante X" manipolazione; comprando questo deodorante non
puzzerà a morte estremizzazione del messaggio
Come ci convincono? Con il giudizio, la SANZIONE: Sull’AZIONE si esercita una SANZIONE, un giudizio volto a
valutare
la rispondenza dell’AZIONE alla MOTIVAZIONE da cui è stata generata es: spot di detersivo che dice "più bianco
non si può" quindi "senza quel detersivo non mi verranno mai i panni completamente bianchi; questo è il
migliore" / "se non compri l'ultimo modello di smartphone non potrai fare le foto in HD da condividere con i tuoi
amici":
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3. Intimidazione: intesa chiaramente non come forma di minaccia, ma come modi subdoli di intimidazione;
si ha quando anziché lusingato il soggetto viene "minacciato", quando gli si dice non cosa potrà fare con un
prodotto ma cosa non potrà fare se è senza. L'immagine scopo proiettata non sarà più quella di una congiunzione
con il valore desiderato ma quello di una disgiunzione di esso; molto utilizzate nelle campagne sociali:
raramente si usa nelle pubblicità commerciali; è più facile convincerli con la seduzione o la tentazione, ma sono
comunque presenti degli esempi, tipo la pubblicità del Martini del 2007 Martini marca internazionale, George
Clooney come protagonista all'apice della sua carriera (vedi spot su youtube): Festa in una villa. George suona alla
porta, e la padrona di casa usa lo slogan diventato poi famoso "No Martini? No party", sbattendolo fuori dalla
porta: messaggio senza martini persino george clooney è sfrattato.
4. Provocazione: poco frequente in quanto "border line" dato che anche essa deve mettere un'immagine-scopo
negativa, conseguenza della mancanza di competenza, del non saper fare di un Soggetto. E' una forma che si
caratterizza spesso per il tono ironico; è una tecnica molto difficile perché se non viene compresa l'ironia o il
messaggio provocante si rischia di avere l'effetto contrario: spesso si usa per le campagne sociali, ma anche per
prodotti commerciali; esempi:
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1. 2.
pubblicità del buondì – pubblicità meno evidente che ha bisogno di più rimandi.
Queste tecniche possono essere combinate insieme o possono essere utilizzate separatamente.
SOTTOGENERI DEL TESTO PUBBLICITARIO un testo pubblicitario difficilmente dice esplicitamente che sta
cercando di convincerci a comprare qualcosa, lavora il più delle volte in modo sottile alla costruzione dell'unicità e
della desiderabilità in quel dato bene o servizio. La pubblicità di profitto e quella di marca costituiscono due
sottogeneri particolari; la prima lavora di solito alla presentazione delle caratteristiche peculiari del prodotto
mostrandone i possibili o impossibili pregi che potrebbero derivare dal suo possesso o uso; la seconda lavora di
solito alla costruzione di una vera e propria identità di soggetto particolare a cui si dovrebbe prestare fiducia
indipendentemente dalle qualità del singolo prodotto: compriamo un profumo di D&G non per il profumo in sé
ma per la marca. I testi pubblicitari mettono in scena storie che possono essere costruite intorno all'uso degli
oggetti pubblicizzati o agli esiti di tali usi, sottolineandone l'efficacia nel risolvere il problema, i benefici che ne
potrebbero conseguire dal loro uso o possesso, la personalità di chi li usa ecc. Pubblicità seriali es. mulino
bianco; pubblicità create in serie, come se raccontassero una storia (es. prima banderas poi quella che dovrebbe
essere la figlia che prende le redini in mano del mulino di famiglia)
PRODUCT PLACEMENT prendo un prodotto visibile e lo piazzo all'interno di un film, di un telefilm, di un video
ecc. Il produttore stesso ci ha dovuto pensare mentre scriveva la sceneggiatura. Prima era vietato, ora è
consentito a condizione che venga ringraziata la marca nei titoli di coda.
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I VALORI Dietro tutto questo ci sono dei valori: il soggetto lancia un messaggio all’ altro soggetto e questo è
pieno di valori. VALORE D'USO: i valori di cui gli oggetti vengono caricati possono specificarsi ulteriormente a
seconda del ruolo che assumono all'interno della narrazione; in molte comunicazioni centrate sull'azione il
prodotto viene caricato di valori eminentemente funzionali: il prodotto "serve a", e dunque assume il ruolo di
Aiutante (es. pubblicità del deodorante)
VALORE DI BASE: in comunicazioni centrate sulla manipolazione il prodotto non viene caricato di valori funzionali:
il prodotto non "serve a", è anzi puramente fine a se stesso (es. pubblicità profumi: lo compri perché lo vuoi non
perché ti serve).
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Le lingue dei sordomuti esemplificano lingue che servendosi solo del canale gesto-visuale hanno potenzialità pari
a quella delle lingue a realizzazione fonico-uditiva; ancora oggi la gestualità ha la funzione di riaccompagnare le
realizzazioni foniche e lo studio dei primati in natura ci ha mostrato vari codici di comunicazione che integrano il
canale fonico-uditivo e quello gesto-visuale fonico-uditive il prevalere di queste ultime si è correlata nell’
Homo sapiens sapiens con novità genetico-strutturali: l’abbassamento della laringe e la formazione dell’area di
Wernicke (funzioni motorie coordinate con la funzione di autoascolto).
5. Vocalità e uditività Segni trasmessi tramite la voce e recepiti tramite l’udito. N.B. Proprietà condivisa da altri
codici (es. linguaggio di mammiferi superiori), ma proprietà non necessariamente presenti nella lingua (es. campo
della lettura e scrittura).
Indicatività e semanticità segni che indicano una qualche realtà e veicolano un significato offrendo un senso a
quella data realtà.
Articolatezza segmentalità, combinatorietà e sintatticità; N.B. proprietà presente in altri codici (es. calcoli
aritmetici) ma non necessariamente presente nelle lingue. (es. interiezioni)
Neanche la variabilità culturale e temporale è un tratto specifico del linguaggio verbale.
Un’altra proprietà costitutiva delle lingue: l’economicità e combinatorietà del linguaggio, la potenziale infinità dei
segni generabili data una lingua anche questa non caratterizza in modo specifico le lingue umane;
La ridondanza Sovrabbondanza/ripetizione di segni
La scrivibilità letterale creazione di sistemi alfabetici di scrittura delle parole di una lingua
Sabrina Machetti riprende il tema della vaghezza semantica – essa è la ragion sufficiente del continuo ampliarsi e
restringersi di significati. MA non tutte le parole hanno sempre significato necessariamente vago e anche questa
proprietà si trova in semiotiche come la gestualità napoletana.
6. La ricerca di un carattere specifico del linguaggio non ha ancora dato un risultato sicuro.
- La ridondanza è alla radice del costituirsi delle lingue, ed essa trova nella vocalità e uditività una condizione
necessaria.
7. L’espansibilità opera attraverso la scoperta di similarità tra nuovi sensi e sensi già aggregati in una parola e
l’assunzione dei nuovi nei vecchi attraverso usi metonimici o metaforici.
Area di Wernicke funzioni motorie più auto-ascolto della voce
Area di Broca Area di articolazione del linguaggio
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