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PREMESSA:
Guida all’uso delle parole è un libro scritto da Tullio De Mauro e pubblicato in una collana
editoriale risalente agli anni ottanta, lanciata con l’obbiettivo di scrivere libri scritti nel
modo più semplice possibile.
Guida all’uso delle parole è diverso da “Piccolo Guida irriverente alla semiotica” di
Giuliana, poiché fin da subito parla di segni, ponendosi come scopo quello di mostrare la
grande capacità dei segni linguistici rispetto agli altri metodi semiotici.
Il libro anche se non in modo netto, è diviso in 2 parti: la prima, dal 1o al 15o capitolo,
spiega la differenza tra i segni linguistici e gli altri segni; la seconda, dal 16o capitolo alla
fine del libro, si concentra sul mettere in luce tutte le proprietà degli stessi segni linguistici.
CAPITOLO 4: IL SEGNO
Un segno è definito un qualcosa che rimanda a qualcos’altro ed è composto da due facce: il
significante ed il significato. Il significante, ovvero il corpo delle parole, si realizza nelle
cosiddette espressioni variabili del significante, mentre il significato si realizza nei sensi,
ovvero in ciò che suscita il segno agli individui. La realizzazione del segno, viene detto
enunziato.
I segni operano in diverse dimensioni: la dimensione sintattica – ovvero quando si vuole
distinguere un tipo di segno da un altro tipo; quella semantica, nella quale viene analizzato il
rapporto tra significato e il senso in cui si realizza; la dimensione espressiva, basata sul
rapporto tra il significante e le sue espressioni variabili; e, infine, la dimensione pragmatica
– analisi del rapporto tra il segno e gli utenti che lo usano.
Il segno è composto da fattori di significato, chiamati monemi, che hanno dentro pezzi di
significante e significato. Il suffisso di monema indica letteralmente un’unità minima
(rappresenta l’articolazione di un segno).
Prima di poter analizzare ciò, però, si deve fare una distinzione tra segni verbali e segni
visivi. Infatti, mentre nei primi è presente la cosiddetta linearità del significante, ovvero lo
sviluppo di quest’ultimo nel tempo – se si parla di oralità – e nello spazio – se si parla di
scrittura – attraverso cui la successione di suoni dei segni verbali si può interrompere e
analizzare; nel secondo caso – nei segni visivi – questa proprietà non è presente.
Perciò diremo che nei segni visivi, è possibile operare solo la prima articolazione – ovvero il
monema –, mentre nei segni verbali, sarà possibile raggiungere un altro livello di
suddivisione, in cui l’oggetto da analizzare sarà solo il significante (i soli suoni delle
parole).
Nelle lingue, e nelle lingue soltanto, è perciò possibile attuare una doppia articolazione. I
monemi delle lingue vengono chiamati morfemi.
PREMESSA: i vari tipi di codici che De Mauro ci indica, vengono descritti con diverse
caratteristiche.
1) articolati e non
2) con sinonimia e non
3) numero limitato o illimitato
4) ordinati e non
5) combinatori e non