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Il canto gregoriano
Il canto gregoriano nasce da quell’insieme di canti religiosi che si svilupparono nelle chiese di Roma a partire
dai primi secoli del cristianesimo.
Dopo un periodo di coesistenza con altri riti (mozarabico, gallicano, ambrosiano), quello romano ebbe il
sopravvento, provocando la scomparsa degli altri (ad eccezione di quello ambrosiano) e assumendo il nome
di gregoriano; secondo la tradizione, la molteplicità delle espressioni musicali religiose fiorite in tale ambito
portò papa Gregorio Magno (540-604) a sistemare e raccogliere i vari canti in un Antiphonarium per poi
inviarli in tutti i conventi dell’Europa cristiana con l’obiettivo di unificare i riti del culto cattolico; fondò
anche a Roma una Schola Cantorum. Tuttavia, non è possibile documentare negli scritti e nelle fonti dell'epoca
di Gregorio un suo interessamento alla musica, non esistendo ai suoi tempi libri
con notazione musicale. Monaco benedettino, Gregorio divenne papa nel 590.
La leggenda voleva che lo Spirito Santo, apparsogli sotto forma di colomba, gli
avesse dettato il nuovo repertorio di canti. L'attribuzione a Gregorio dell'opera di
sistemazione riflette la grande autorevolezza che possedeva nel Medioevo la sua
figura e poteva essere strumento per rendere indiscutibile un repertorio ufficiale.
Pipino il Breve (715-768) e soprattutto Carlo Magno (742-814) imposero l’uso
dei libri liturgici romani in tutto l’impero Carolingio, in modo da unificare
ancora di più il Sacro Romano Impero. Carlo Magno affidò al monaco Alcuino la
riorganizzazione della Schola palatina e stabilì i punti fondamentali
dell’insegnamento musicale all’interno dell’Impero.
La liturgia
La Liturgia delle Ore o Ufficio è costituita da letture di testi sacri, preghiere e canti raggruppati in ore del
giorno e della notte. I testi e i canti sono distribuiti per giorni dell’anno liturgico: Salmi, Cantici, Inni,
Letture, Litanie, Orazioni.
La Messa si divide in liturgia della Parola e liturgia eucaristica. Il repertorio di preghiere e di canti si divide
invece in Proprium ed Ordinarium (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei).
Il repertorio dei canti gregoriani si presenta oggi come un insieme di canti monodici, su testi latini tratti dalla
Sacra Scrittura, dell'Ufficio delle Ore e della messa (solo gli inni, i tropi e le sequenze risalgono a poeti
medievali). Musicalmente esso riflette un'originaria influenza di componenti soprattutto orientali ed ebraiche,
ma devono essere approfonditi i rapporti di affinità e influenza con gli altri riti gemelli (gallicano, ambrosiano
e mozarabico) e con la Chiesa bizantina.
Melodie gregoriane
Le melodie gregoriane
esistono solo in funzione
del loro elemento
primario, il testo, al punto
da identificarsi con esso e
assumerne le qualità.
Pertanto, la qualità ritmica
del neuma si attinge dal
testo e non dalle qualità
fisiche del suono. La
perfetta simbiosi fra testo e
melodia costituisce nel
gregoriano il dato
fondamentale per la
soluzione del problema del
valore delle note.
Il Canto gregoriano non conosce mensuralismo e la sua interpretazione è basata essenzialmente sul valore
sillabico di ciascuna nota, caratterizzato da una indefinibile elasticità di aumento e diminuzione.
L'anima del linguaggio parlato e musicale è costituita dal ritmo. Il ritmo, nel linguaggio parlato, consiste in un
succedersi coordinato di sillabe in una o più parole. È quindi un fenomeno di relazione, che viene espresso
dall'accento e dalla finale di una parola. La sillaba tonica rappresenta il punto di partenza e di slancio del
movimento, il polo di attrazione delle sillabe che precedono l'accento e il polo di animazione delle sillabe che
vanno verso la cadenza.
Nel canto gregoriano la melodia è legata essenzialmente al testo, perché nasce e si sviluppa su un determinato
testo, dal quale prende le qualità ritmiche ed espressive. Il testo quindi costituisce l'elemento prioritario e
anteriore della composizione gregoriana. Gli elementi che concorrono a formare un qualsiasi testo sono le
sillabe, le parole e le frasi. La sillaba non forma un'entità autonoma assoluta, ma è in funzione di un'entità
maggiore, la parola, e ogni parola ha un accento proprio che viene mantenuto nel contesto della frase
rendendo possibile lo sviluppo di un ritmo del verso.
La stessa cosa avviene nella melodia. Il neuma (di uno o più suoni sopra ad una sillaba) non è autonomo ma
in funzione di un inciso melodico-verbale, che corrisponde ad una o più parole, a seconda del genere
compositivo.
Le melodie gregoriane, inserite all’interno della liturgia, sono in forma monodica (ad una sola voce o cantate
all’unisono da un coro), in latino, senza alcun tipo di accompagnamento e, ovviamente, senza alcuna
rielaborazione armonica.
Possono essere:
- sillabiche, quando ad ogni sillaba del testo corrisponde l’intonazione di una sola nota;
- neumatiche, quando comprendono due o tre note per sillaba; ogni sillaba comporta più suoni, di solito un
inciso melodico-verbale è ben caratterizzato da una sola parola
- melismatiche, quando presentano numerose fioriture melodiche sopra una sillaba; la parola viene esaltata
al punto da lasciare il posto alla melodia.
La sillaba del testo latino rappresenta il valore sillabico della nota cioè l'entità stessa del neuma ed è da notare
che la struttura del verso latino è determinata dalla rigida distinzione che il latino classico opera fra sillabe
lunghe e sillabe brevi.
I neumi
Ciò che in musica moderna si chiama nota musicale in gregoriano è detto neuma (dal greco "segno") con la
differenza che un neuma può significare una nota singola o un gruppo di note.
Nella trascrizione moderna del repertorio gregoriano si utilizzano note di forma quadrata (contrariamente
alla notazione di tutta l'altra musica) dette notazione quadrata; esse sono la naturale evoluzione della scrittura
presente negli antichi manoscritti. Bisogna infatti considerare il fatto che la trasmissione del canto gregoriano
è nata oralmente, poi i notatori hanno cominciato a scrivere sui testi da
cantare dei segni che richiamassero gli accenti delle parole (notazione
adiastematica cioè senza rigo); l'evoluzione di questi segni ha prodotto la
notazione gregoriana che conosciamo oggi (notazione diastematica cioè sul
rigo). La grafia fondamentale del gregoriano è data dal punctum e dalla virga;
dalla sua combinazione con altri neumi scaturiranno tutti gli altri segni nelle
loro infinite combinazioni (ad. es il pes, neuma di due note ascendenti, la
clivis neuma di due note discendenti, il torculus e il porrectus neuma di tre note
ascendenti e discendenti, il climacus neuma di tre o più note discendenti…).
Modi gregoriani
Il canto gregoriano segue, come le altre espressioni musicali, precise regole di armonia per comporre le sue
melodie.
Per quanto riguarda l'ambito dell'intero repertorio gregoriano ricordiamo che non si parla mai di tonalità
come la intendiamo noi in senso moderno ma di modalità. Lo scopo della scienza modale è la ricerca della
struttura compositiva di ciascun brano fino ad individuarne la forma originale dalla quale deriva. Ciascuna
composizione di gregoriano è il frutto di un substrato continuo di evoluzioni che si sono protratte in secoli di
storia liturgico-musicale.
Il gregoriano sviluppò nel tempo otto modi, che poi durante Rinascimento evolveranno nelle attuali scale
maggiori e minori della notazione musicale classica. Ogni melodia è legata ad un modo, che solitamente viene
indicato all'inizio dello spartito.
Ogni modo presenta una propria nota dominante (la nota sulla quale maggiormente insisterà la melodia,
Repercussa), una propria estensione (quale intervallo di note potrà sfruttare la melodia) e una propria finale
(la nota sulla quale terminerà il brano, Finalis).
I modi vengono ulteriormente divisi in quattro categorie, ciascuna delle quali presenta un modo autentico ed
uno plagale (più grave di quattro note rispetto al proprio modo autentico), accomunati dalla stessa estensione
e nota finale. Le categorie sono: Protus, Deuterus, Tritus, Tetrardus. I singoli modi vengono riconosciuti grazie ad
un numero romano (pari per i plagali e dispari per gli autentici).
Secondo molti esperti, ad ogni modo si possono associare dei sentimenti: nonostante le più varie
interpretazioni, generalmente si concorda sullo schema proposto da Guido d'Arezzo:
« Il primo è grave[8], il secondo triste, il terzo mistico, il quarto armonioso, il quinto allegro, il sesto devoto, il
settimo angelico e l'ottavo perfetto. »
(Guido d'Arezzo)