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Monodia sacra

Dall’età apostolica a Gregorio Magno

Il cristianesimo dell’età apostolica era profondamente radicato nel contesto religioso e culturale ebraico,
infatti la cantillazione, lo stile salmodico, i canti melismatici, l’intonazione vocale solistica, corale,
responsoriale e antifonale, l’esclusione degli strumenti dal rito derivano dall’esperienza liturgico-musicale
ebraica. Dal IV sec. in poi, nello specifico dal 313, anno dell’editto di Costantino che sancì la libertà di culto
per i cristiani, iniziò un percorso di ordinamento delle pratiche e preghiere liturgiche e grazie alla graduale
diffusione del monachesimo ci fu un’organizzazione dei riti eucaristici e dell’officium (preghiere della
giornata). Nonostante lo sforzo e la volontà di unificare il modo di pregare, e quindi sottolineare l’unità di
fede, il risultato non si raggiunse facilmente, infatti inizialmente si trovano pratiche liturgiche consolidate in
base alle liturgie locali come ad esempio: il canto ambrosiano a Milano, il canto gallicano in Francia, il canto
mozarabico in Spagna e il canto romano antico nell’Italia centrale. Va ricordato che non abbiamo fonti
scritte di queste pratiche per almeno tutto il primo millennio, per lo più tramandate oralmente e fissate su
notazione successivamente.

Tradizionalmente affidiamo la stesura dell’antifonario e la creazione della schola cantorum alla volontà di
Gregorio Magno, ma storicamente sappiamo che il papa benedettino operò delle riforme nel culto romano
e compilò un sacramentario (preghiere per la messa destinate al celebrante). Sarà nell’età carolingia la
costituzione e diffusione del corpus gregoriano che al papa Gregorio deve il nome.

Il canto gregoriano

L’alleanza tra il papato e i Carolingi favorì l’unificazione della liturgia nella chiesa occidentale, proprio
perché il riconoscimento dell’autorità assoluta della Chiesa di Roma si facilitava la sottomissione imperiale.
Il canto gregoriano probabilmente è il frutto di un incontro fecondo tra il repertorio romano antico e quello
gallicano, da non escludere le influenze delle altre regioni.

Caratteristiche principali del canto gregoriano:

VOCALE: esclude rigorosamente l’apporto musicale.

MONODICO: repertorio ad una sola voce (se è eseguito da più persone tutti cantano all’unisono).

DIATONICO: suoni naturali, non alterati ad eccezione del SI bemolle adoperato per evitare rapporti
intervallari che si creano tra il FA e il SI (tritono).

MODALE: organizzato intorno agli otto modi ecclesiastici.


Si individuano quattro modi autentici e quattro modi plagali. Ogni modo autentico ha in comune con il
rispettivo plagale la finalis, una sorta di tonica. Ciascuna melodia gregoriana si svolge all’interno di un
modo, sebbene non sempre l’ambito modale sia rigorosamente rispettato.

A RITMO LIBERO: privo di unità di tempo (es. 4/4) poiché il ritmo è scandito dall’accento sillabico e
dall’accento della parola nella frase.

SILLABICO: un suono per ogni sillaba

SEMI-ORNATO: pochi suoni per ogni sillaba

MELISMATICO: molti suoni per ogni sillaba

STILE DIRETTO: cantato da un solista.

CORALE: cantato da un coro, quindi più persone.

RESPONSORIALE: alternato tra solista e coro.

ANTIFONALE: alternato tra due gruppi corali.

Si distinguono due categorie di testi per il canto gregoriano, quelli destinati alla missa e quelli adottati per
l’officium.

I canti della missa si dividono tra Ordinarium che rimane sempre uguale(kyrie, gloria, credo, sanctus e
agnus dei) e Proprium che cambia a seconda il calendario liturgico (introitus, graduale, alleluia, tractus,
offertorium, communio) i testi sono contenuti nel missale e in altri libri più specifici come il graduale ed il
cantorium.

L’officiuim raccoglie le preghiere della giornata in ore maggiori (matutinum, laudes, vesperae) e ore minori
(prima, terzia, sexsta, nona, completorium) i testi comprendono salmi, cantici, inni, orazioni e letture tratte
prevalentemente dalla bibbia.
La notazione musicale

A partire dal IX sec. in Occidente prende sempre più vita l’adozione di un unico repertorio liturgico-musicale
e contemporaneamente nasce l’esigenza di sviluppare una tipologia di scrittura che potesse risultare tanto
comprensibile quanto fedele alla melodia del canto. Il primo passo fu quello di tradurre graficamente il
gesto della mano che imita il profilo melodico con degli accenti grammaticali, detti neumi, tracciati
direttamente sopra i testi.

VIRGA: accento acuto

PUNCTUM: accento grave

CILVIS: accento circonflesso che indica un intervallo discendente

PES: accento anticirconflesso che indica un intervallo ascendente

Questo tipo di notazione è detta adiastematica, chiaramente molto limitata data la non precisione degli
intervalli, l’obiettivo infatti era quello di ricordare l’andamento melodico di un canto che già si conosceva
bene. I neumi successivamente si ampliarono e subirono piccole variazioni a seconda delle diverse aree
geografiche.

Dal X sec. in poi, probabilmente da Roma, iniziò a diffondersi la notazione diastematica, utilizzando una
linea(che indica il FA) dove i neumi venivano scritti sopra, a cavallo o sotto (inizialmente era una linea
senza inchiostro, praticamente un solco) mantenendo così un punto riferimento, successivamente fu
aggiunta una seconda linea (che indica il DO) entrambe disegnate con inchiostro.

Dall’ XI sec., Guido D’Arezzo aumentò il numero di linee creando così il tetragramma, formato da quattro
linee e tre spazi con una chiava iniziale in modo da stabilire con precisione le altezze dei neumi, e nel XII
sec. , con il graduale unificarsi dei neumi, si ebbe una notazione definitiva detta notazione corale romana
caratterizzata dalla scrittura neumatica quadrata.

SEQUENZA: applicazione di testi di libera invenzione ai melismi dell’alleluia (si arrivò a circa 150 sequenze,
dopo il concilio di Trento ne rimasero 5: victimae paschali laudes, veni sancte spiritus, lauda sion
salvatorem, dies irae e stabat mater dolorosa.

TROPO: inizialmente era simile alla sequenza, quindi sovrapposizione di testi ai melismi (in questo caso non
solo sull’alleluia) successivamente fu ampliato inserendo sezioni di libera invenzione. I tropi col concilio di
Trento furono aboliti.

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