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1/12/2011 Elementi della propriet industriale visto con ottica di disciplina della concorrenza.

Quindi vedremo gli elementi della propriet industriale, ovvero ditta, insegna, marchio e come la disciplina della concorrenza sleale e la normativa antitrust sono indirizzate nellottica della disciplina della concorrenza, ovvero lesigenza che la concorrenza si svolga in maniera leale e che gli elementi pregnanti che attribuiscono vantaggio concorrenziale ad un soggetto (che abbia guadagnato lecitamente questi elementi concorrenziali) siano preservati, e la sua posizione sia tutelata. Tutto questo, a secondo degli istituti che andremo a trattare, riguarda esclusivamente la posizione dellimprenditore, cio i soggetti tutelati sono gli imprenditori e non gli altri attori del mercato; in altri casi come nella disciplina antitrust viceversa i soggetti tutelati sono tutti gli attori del mercato, quindi gli imprenditori ma anche i consumatori e gli altri stakeholders che girano intorno ad una determinata impresa. Gli elementi del diritto della concorrenza riguardano un po tutti gli istituti. Soffermandoci su quelli che sono i profili soggettivi, cio chi sono i soggetti tutelati, abbiamo individuato come soggetti tutelati gli imprenditori (nella vasta accezione che il termine imprenditore pu avere) e non gli altri soggetti che operano nel mercato, con qualche particolarit che riguarda il diritto antitrust sia nella stessa qualificazione di imprenditore sia come ambito di tutela soggettiva prevista dalla norma (ma lo vedremo poi). Sul piano oggettivo, un altro aspetto centrale (centrale perch questi elementi si ripropongono anche con riferimento non solo alla disciplina della concorrenza sleale ma anche al tema della ditta, dellinsegna, del marchio, che sono i segni distintivi, e in ambito antitrust) la necessit di capire quando esiste un rapporto di concorrenza fra due imprenditori. Posto che i soggetti tutelati dalla disciplina della concorrenza sleale sono gli imprenditori, e non gli altri operatori del mercato (un esempio limite se un atto dannoso per i consumatori ma non sleale dal punto di vista della categoria imprenditoriale, questo atto non potr essere valutato nellambito della disciplina della concorrenza sleale perch essa si preoccupa soltanto della tutela degli imprenditori; ovviamente se latto dannoso per i consumatori ci saranno altre norme dal codice del consumo alle norme penali in materia di antisofisticazione degli alimenti), quindi ci preoccupiamo in questa norma della tutela degli imprenditori . Se il tema centrale di cui ci occupiamo quello della concorrenza sleale, dobbiamo comprendere quando due imprenditori sono in un rapporto di concorrenza tra loro perch se non vi concorrenza tra limprenditore leale e limprenditore che si comporta slealmente evidentemente allora ci sar un comportamento che non assume rilevanza ai fini della concorrenza sleale. I due profili dei quali ci dobbiamo occupare e che inducono ad affermare lesistenza di un rapporto di concorrenza sono il PROFILO MERCEOLOGICO e IL PROFILO TERRITORIALE. IL PROFILO MERCEOLOGICO ci porta alla mente il settore di attivit nel quale gli imprenditori operano. Un primo problema che abbiamo imprenditori che operano in settori di attivit molto specifici e ben delineati e abbiamo imprenditori che operano in settori di attivit pi vasti quanto agli elementi della attivit economica che svolgono. Il secondo problema riguarda la possibilit che un imprenditore che opera in un determinato settore merceologico si possa spostare su livelli diversi della catena produttiva relativamente a quel settore merceologico, cio un imprenditore che per es. acquista allingrosso per vendere al dettaglio pu salire anche al livello superiore e svolgere al contempo attivit di grossista e attivit di dettagliante; un imprenditore che svolge unattivit di acquisto di semilavorati per poi vendere prodotti finiti pu decidere di salire ad un livello precedente della scala produttiva e svolgere anche laltra attivit; il tema che oggi limprenditore non svolge queste attivit ma le potrebbe svolgere in futuro. Ecco sorge il problema se dal punto di vista del livello della catena produttiva noi dobbiamo andarci a preoccupare soltanto del settore di attivit attuale oppure se dobbiamo vedere anche quali sono le potenzialit di incremento 1

e di passaggio sulla scala produttiva che possono riguardare limprenditore. Quando consideriamo un atto di concorrenza sleale evidentemente dobbiamo preoccuparci anche di questi potenziali altri livelli produttivi dello stesso settore sui quali limprenditore pu andarsi ad estendere e naturalmente questa potenzialit deve essere concreta e non astratta (cio per es. il concessionario di autoveicoli difficile che possa avviare unattivit di produzione di automobili, per cui non si ipotizza che tra il concessionario e la Fiat ci possa essere una concorrenza sleale perch difficile che ci possa essere un passaggio del concessionario su un livello precedente della catena produttiva, per cui il problema del rapporto merceologico tra i due imprenditori non ha ragione di porsi). Viceversa, il fatto che due imprenditori si trovino a livelli diversa della scala produttiva non esclude per che un imprenditore possa operare concorrenza sleale nei confronti dellaltro e proprio lesempio casa produttiva di autoconcessionario significativo perch la casa produttrice di auto potrebbe operare casi tipici di concorrenza sleale (come ad esempio di boicottaggio) nei confronti di un concessionario che sostanziano attivit di concorrenza sleale, ma non perch ci sia la possibilit che uno entri nel livello produttivo dellaltro ma perch anche gli imprenditori che operano a livelli diversi possono essere coinvolti in un unico fenomeno sleale che coinvolga luno e laltro nel caso concreto. Quindi il posizionamento dei due imprenditori su livelli diversi della catena produttiva, se esclude la possibilit di configurare un atto di concorrenza sleale quando non c alcuna possibilit (o almeno non concreta o probabile) che ci sia un passaggio di un imprenditore su una scala produttiva di un altro, pu sostanziare anche un rapporto di concorrenza da un punto di vista merceologico quando vi comunque unattivit che da parte delluno possa andare a recare pregiudizio concorrenziale allaltro. Sempre in riferimento al problema del profilo merceologico, ci dobbiamo porre il problema della necessaria identit dei prodotti o dei servizi che sono prestati da due imprenditori. Evidentemente avremo sicuramente un rapporto di concorrenza quando i prodotti sono identici o similari (scarpa e scarpa, oppure coca cola e pepsi ecc) allora in questo caso chiaro che i due imprenditori di cui parliamo producono gli stessi prodotti e quindi, in presenza di unidentit di prodotto, vi sicuramente un rapporto di concorrenza. Pi delicato quando il prodotto soddisfa bisogni simili ma non proprio lo stesso prodotto: per es. fra cocacola e fanta vi un rapporto di concorrenza o no? Si tratta di prodotti diversi ma pur tuttavia il bisogno che questi prodotti soddisfano sono similari e possono essere sostituiti luno con laltro ( chiaro che magari facendo valutare al singolo consumatore questa sostituibilit non si rinviene ma in linea di principio questi due prodotto soddisfano bisogni uguali o analoghi, quindi fra questi produttori c un rapporto di concorrenza). Viceversa non individuabile un rapporto di concorrenza tra la Cocacola e un imprenditore che produce vino perch tra i due prodotti non c sostituibilit per cui non c rapporto di concorrenza; a maggior ragione non c rapporto di concorrenza tra un produttore di bevande e uno di scarpe perch sono prodotti diversi che soddisfano bisogni diversi rispetto ai quali non ravvisabile un rapporto di concorrenza. Naturalmente in taluni casi ci dobbiamo preoccupare dellespandibilit tecnologica di un prodotto, dellattivit di un imprenditore in settori totalmente diversi; come vedremo soprattutto in tema non di concorrenza sleale, ma in tema di marchi, evidente che la particolare notoriet di un segno distintivo o di un imprenditore pu estendersi anche in settori di attivit che prima non aveva nemmeno ipotizzato di esplorare (basta pensare per es. ai produttori di abbigliamento che entrano nel settore degli occhiali ecc), cio alla produzione di prodotti che tra loro non hanno alcun nesso. In taluni casi per la possibile espandibilit dellattivit un determinato imprenditore pu estendersi anche in settori totalmente diversi da quelli originali e questa posizione deve essere oggetto di considerazione e di tutela, ma parliamo di casi molto particolari; in linea di principio individuiamo un rapporto di concorrenza da un punto di vista merceologico quando i prodotti e i servizi che sono riferibili a quel determinato imprenditore o sono identici o sono tra loro sostituibili o sono tra loro succedanei, quindi ci deve essere una relazione tra i prodotti altrimenti tra gli imprenditori non 2

ravvisabile un rapporto di concorrenza. Dire che non ravvisabile un rapporto di concorrenza vuol dire che non si applica la disciplina della concorrenza sleale, cio anche se viene compiuto da un imprenditore a danno di un altro un atto sleale sar eventualmente tutelabile con altri rimedi diversi da quello tipico della concorrenza sleale perch la concorrenza sleale richiede che tra gli imprenditori sussista un rapporto di concorrenza da un punto di vista merceologico. Altro elemento quello TERRITORIALE cio, cos come ci deve essere concorrenza dal punto di vista merceologico, i due imprenditori devono essere in concorrenza anche dal punto di vista territoriale cio del luogo nel quale esercitano la loro attivit; cos come c sostituibilit tra i prodotti ci deve essere una sostituibilit tra imprenditori, nel senso che gli operatori del mercato siano essi (consumatori,fornitori,grossisti,finanziatori ecc) devono potersi rivolgere alluno o allaltro per la soddisfazione del loro bisogno o per lo svolgimento delle loro attivit produttive. Se manca questa sostituibilit dal punto di vista territoriale dei due imprenditori, il problema della concorrenza viene meno. Ora chiaro che il profilo territoriale ancorato a un rapporto fisico nella vendita, ad esempio: non esiste una concorrenza da un punto di vista del profilo territoriale tra un soggetto che vende prodotti alimentari a Napoli e uno che vende lo stesso prodotto fuori Napoli o in un altro quartiere di Napoli (anche se ci possono essere dei casi limite di particolare qualit del prodotto che pu indurre ad andare a comprare il prodotto in un determinato posto, ma in generale non esiste un rapporto di concorrenza territoriale che possa andare al di l dellambito territoriale comunale o addirittura del quartiere in molti casi). Evidentemente se non c un rapporto di concorrenza almeno potenziale da un punto di vista territoriale non esiste la possibilit di avvalersi della disciplina della concorrenza sleale. chiaro che la stessa cosa avviene quando non possibile svolgere lattivit in luoghi diversi da quelli assegnati, i casi noti sono quelli dei tassisti o degli istituti di vigilanza o delle onoranze funebri, cio sono tutte attivit le quali per legge possono essere svolte solo in un ambito territoriale nel quale una determinata autorit ha riconosciuto a questi soggetti il diritto di svolgere quellattivit; in questi casi non sar possibile individuare unattivit di concorrenza sleale tra soggetti che possono operare solo in luoghi diversi perch se lo fanno in realt compiono un illecito amministrativo che va oltre il problema della concorrenza sleale. Anche nel caso del profilo territoriale dobbiamo preoccuparci non solo dellattualit del luogo nel quale un determinato imprenditore svolge una determinata attivit ma anche della potenzialit, che sia concreta e non meramente astratta, cio per esempio un piccolo esercizio commerciale di Napoli non sar concorrente con uno che svolge la stessa attivit in altri luoghi dItalia. La potenzialit naturalmente va vista anche alla luce del settore di mercato interessato, ad es la pellicceria Annabella si trova solo a Pavia ma configurabile anche dal punto di vista territoriale come un concorrente sleale anche per una pellicceria di Napoli perch c la sostituibilit del prodotto in quanto esso ad elevato costo e questo pu indurre la persona ad andare in un luogo specifico per lacquisto piuttosto che in un altro anche se cos distanti tra loro. Anche dal punto di vista territoriale rilevano degli elementi problematici su cui ci siamo soffermati in precedenza cio la potenzialit di spostamento tra settori che riguarda anche la potenzialit di spostamento tra luoghi, per es. oggi Ikea non svolge la sua attivit in Sicilia ma un problema di concorrenza territoriale pu sorgere rispetto ad un soggetto che svolge la sua attivit in Sicilia. Il problema diventa molto pi difficile da pesare dal punto di vista della concorrenza territoriale se consideriamo le nuove modalit di vendita: nel caso della vendita online da parte di un determinato produttore, i limiti del profilo territoriale saltano perch non ha pi senso individuare un limite di carattere territoriale (se vendo tramite internet non ha senso parlare di un profilo territoriale perch sono in concorrenza non solo con tutta Italia ma con tutti i luoghi nel mondo in cui sono disponibile a spedire i miei prodotti); quando la vendita per corrispondenza i problemi di limitazioni territoriali sono problemi che scemano significativamente, cos come siamo passati da una fase nella quale era molto pi rilevante il profilo territoriale locale nelle attivit dimpresa rispetto a quello globale, oggi viceversa 3

il contrario. Quindi mentre il profilo merceologico continua ad avere una propria significativit, il profilo territoriale diventato meno rilevante, se non in alcuni casi particolari. Naturalmente questa individuazione degli elementi del profilo merceologico e del profilo territoriale come elementi fondamentali per poter individuare un rapporto di concorrenza e quindi la conseguente lesione del comportamento leale posto da un imprenditore rispetto a quello sleale messo in atto da altro, dovrebbero escludere tutta lattivit compiuta dai terzi e il terzo va qualificato. Vedremo che in alcuni casi il comportamento del terzo configura un atto di concorrenza sleale, in altri casi invece no, cio non possiamo in linea di principio escludere il comportamento del terzo, dove per terzo mi riferisco ad una persona che non imprenditore oppure lo ma non in concorrenza dal punto di vista territoriale o merceologico rispetto ad un altro. chiaro che se io svolgo lattivit denigratoria rispetto alla Fiat, io non svolgendo lattivit della Fiat sono solo un terzo che dice delle cose e potr essere sanzionato secondo le norme per calunnia ecc cio le norme che intervengono quando si dichiarano cose false. Per dobbiamo considerare che in alcuni casi possiamo avere dei terzi qualificati che sono legati allimprenditore concorrente, che agiscono per conto dellimprenditore concorrente o addirittura che sono indotti a certi comportamenti da un imprenditore concorrente; quando cos evidente che siamo comunque al cospetto di un atto di concorrenza sleale anche se compiuto dal terzo ma evidente che affinch ci sia concorrenza sleale nellatto compiuto dal terzo bisogner individuare una riferibilit volontaria (o addirittura anche involontaria) del terzo nel confronti dellimprenditore concorrente perch se non c un legame tra il terzo e limprenditore concorrente lattivit di concorrenza sleale non sar riferibile al concorrente e non sar proprio un atto di concorrenza sleale. Andiamo a vedere quale la disciplina concreta della concorrenza sleale:larticolo di riferimento lart.2598 del Codice Civile Art. 2598 (Atti di concorrenza sleale) - Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attivita' di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attivita' di un concorrente, idonei a determinare il discredito o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. La sanzione che riguarda i comportamenti di cui allarticolo 2598 stabilita perch il legislatore vuole che tra gli imprenditori la concorrenza si svolga e si svolga in maniera leale. Quindi la sanzione riguarda limprenditore che non si comporta secondo canoni di lealt nella sua attivit con la finalit (mediata o immediata) di appropriarsi della altrui clientela, fornitori e cos via cio dellaltrui quota di mercato e comunque di arrecare danno allaltrui azienda. Si parla di finalit e non importa se riesca nel suo intento oppure no, quello che importa che nellattivit sleale che limprenditore concorrente svolge nei confronti dellaltro ci debba essere questa finalit. Il legislatore nel definire i comportamenti sleali non individua un numero chiuso di comportamenti sleali cio non elenca specificamente le attivit ce configurano concorrenza sleale, ma individua degli esempi di concorrenza sleale anche in modo di poter dare allinterprete dei parametri di misurazione rispetto a ci che attivit di concorrenza sleale e poi lascia una clausola di apertura agli interpreti e alla pratica commerciale, quindi in realt noi non abbiamo un decalogo dei comportamenti sleali (cio non possiamo dire con sicurezza se un determinato comportamento leale o sleale, ogni qualificazione che facciamo sul comportamento di un determinato imprenditore frutto della nostra interpretazione di quel comportamento. Perch questo? Perch evidentemente il 4

comportamento leale o sleale un qualcosa che varia; la cosiddetta etica imprenditoriale nei rapporti tra di loro una pratica che non la stessa nel corso del tempo o nello spazio, cio alcuni comportamenti che anni fa sarebbero stati giudicati illeciti e sleali oggi sono pienamente leali o viceversa. La qualificazione di comportamento leale o sleale varia anche a seconda del territorio cio dello spazio, per es. guardando la pubblicit in altri Paesi vediamo come i comportamenti concorrenziali sono diversamente valutati come legittimi o no (talora ci sono messaggi pubblicitari diffusi in Italia da aziende proveniente da Paesi di common law i quali sono al limite della legittimit per es. quelle di Ryanair che utilizza personaggi famosi come politici; se il messaggio di Ryanair avesse come oggetto un concorrente allora sarebbe sicuramente illecito). Quindi questo dimostra che il concetto di slealt varia ed ecco che il legislatore ha necessariamente dovuto prefigurare la disciplina della concorrenza sleale come una disciplina aperta e non chiuderla entro margini limitati di ipotesi di concorrenza sleale. Il legislatore nellart 2598 individua tre atti che sicuramente qualifica come concorrenza sleale che sono: 1. la confusione 2. la denigrazione 3. la vanteria questi atti sono sicuramente atti di concorrenza sleale che esplicitamente il legislatore qualifica in questo modo, per nella individuazione di questi atti come atti di concorrenza sleale dobbiamo andare a vedere quale levoluzione normativa che ha determinato il passaggio da atti sleali a atti leali (ad es. nella denigrazione oggi affermiamo con sicurezza che la pubblicit comparativa legittima laddove rispettosa di certi parametri perch c una norma di legge che ce lo dice; la pubblicit comparativa individua una denigrazione dellaltrui attivit eppure legittima). Accanto a queste tre ipotesi tipiche la pratica ha qualificato come sleali numerosi ulteriori comportamenti dei quali per non esiste un referente normativo che non sia la clausola generale stabilita nellart. 2598, cio la norma aperta che individua un contatto con la pratica per lindividuazione dei casi di concorrenza sleale. Secondo alcuni per tuttavia oggi sarebbero come chiusi questi atti perch sono anni che i tribunali, i giudici, la dottrina individuano gli atti di concorrenza sleale atipici (boicottaggio, concorrenza parassitaria ecc) e si parla di atti atipici perch non sono contenuti nellart. 2598 ma al di l di questa mancata indicazione ormai anche questi sono tipizzati perch sono stati studiati e analizzati nel dettaglio; per cui alla fine difficile parlare di numero aperto per questi atti. vero che da tanti anni i tribunali e la dottrina si occupano di queste ipotesi e ormai ci sono delle conclusioni ormai pacifiche, quindi ci sono dei risultati che sono stati raggiunti per cui la loro atipicit tale solo perch non sono esplicitamente menzionati nellart.2598. Il ragionamento secondo cui ormai sarebbe diventato (non per volont del legislatore) per volont della pratica un numero chiuso un discorso che non convince molto perch nulla vieta (la norma di legge certo non lo vieta) che i comportamenti nuovi che dovessero insorgere possano essere qualificati come sleali, che un cambiamento in senso restrittivo, in senso pi permissivo delletica degli imprenditori possa condurre a riconoscere un comportamento oggi lecito in futuro come illecito, o viceversa. Perch ci riferiamo alletica dellimprenditore e al comportamento degli imprenditori? Perch lart. 2598 dopo aver individuato gli atti tipici di concorrenza sleale (confusione, denigrazione, vanteria) precisa che lo ogni altro atto non conforme ai principi della correttezza professionale: in questo che noi ritroviamo questa formula aperta, cio la non conformit dellatto ai principi della correttezza professionale. Allora chi ce li dice questi principi? Da cosa li traiamo questi principi? chiaro che linterpretazione del principio sar sempre del giudice al quale le parti, gli imprenditori, sottoporranno il caso concreto che si posto e il giudice decider se quel comportamento un atto non conforme ai principi di correttezza professionale oppure no, ma quali parametri deve usare il giudice per stabilire se un atto conforme o meno ai parametri della correttezza professionale? Appunto quella che letica degli imprenditori in quel determinato momento, cio deve 5

interpretare cosa nel comportamento ordinario dellimprenditore legittimo oppure no nel momento in cui si trova a decidere di quella determinata questione. E questo percorso interpretativo non riguarda solo quelle ipotesi atipiche ma anche le ipotesi tipiche, cio anche la confusione o la denigrazione o la vanteria devono essere interpretate alla luce di questa clausola generale cio se un atto che sembra un atto di confusione (per le modalit in cui posto in essere, per la diversa evoluzione del comportamento medio degli imprenditori e quantaltro) un atto non sleale, cio conforme ai principi della correttezza professionale degli imprenditori, allora il giudice dovr ritenere che quellatto lecito anche se confusione o denigrazione, cio non potr dire che siccome un atto astrattamente confusorio deve essere sanzionato. Detto questo possiamo passare ad analizzare il primo di questi atti tipici che la CONFUSIONE: quando parliamo di confusione parliamo di un comportamento dellimprenditore sleale che mediante

a) luso di segni distintivi tipici o atipici


b) limitazione servile dei prodotti c) ogni altro mezzo induce in confusione il pubblico circa la provenienza o lattivit. Evidentemente c unattivit sleale che si sostanzia nellindurre in confusione il pubblico circa chi sia limprenditore o quale sia il prodotto (penso di comprare uno specifico prodotto e invece acquisto un prodotto che proviene da un altro produttore o addirittura compro un prodotto diverso da quello specifico). Come riesco a indurre in confusione il pubblico? Qui parliamo di confusione non necessariamente del consumatore, anche se chiaro che pi facile che unattivit confusoria abbia come soggetto passivo il consumatore perch gli altri operatori del mercato sono pi attenti ed pi difficile che siano indotti in inganno, per il legislatore non limita la confusione esclusivamente al pubblico dei consumatori ma pu essere rivolta nei confronti di qualsiasi operatore del mercato, anche se di solito la confusione operata avendo come soggetto passivo di riferimento i consumatori. Abbiamo visto che la confusione si pu quindi sostanziare in tre diversi comportamenti:

a) il primo la confusione su segni distintivi tipici (cio la ditta, linsegna e


il marchio) il cui significato proprio nella capacit che hanno di individuare,selezionare e far riconoscere immediatamente al pubblico un imprenditore (nel caso della ditta), un luogo nel quale viene esercitata una determinata attivit (nel caso dellinsegna) o un determinato prodotto (nel caso del marchio). chiaro che posso indurre in confusione il pubblico utilizzando segni distintivi simili o confondibili con quelli utilizzati da altro imprenditore. Questo il caso pi semplice di confusione. Occorre per dire che, fermo restando che questo il caso pi semplice di confusione perch chiaro che se io appongo al mio prodotto un marchio di un altro imprenditore, utilizzo una ditta o uninsegna confondibile il pubblico si rivolger a me pensando di rivolgersi ad un altro imprenditore, ma anche vero che quando la confusione operata sui segni distintivi tipici non si utilizza lo strumento della concorrenza sleale ma si utilizzano i pi efficaci strumenti previsti dalle altre norme di legge, in particolare ci si riferisce al codice della propriet industriale in materia di segni distintivi tipici. Allora per esempio in caso di contraffazione di un marchio agir ai sensi dellazione di contraffazione non vado a richiamare lazione di concorrenza sleale perch lazione di contraffazione mi fornisce una tutela pi immediata e pi sicura rispetto allazione di concorrenza sleale. chiaro che il maggior significato della confusione su segni distintivi riguarda i segni distintivi atipici, i segni distintivi non registrati, quelli cio non 6

provvisti di una specifica tutela. Questo elemento per riguarda la convenienza dellimprenditore leale titolare di quel segno distintivo ad agire ai sensi delle azioni speciali, cio nulla vieta allimprenditore di avvalersi anche dellazione di concorrenza sleale. Quando limprenditore preferir lazione di concorrenza sleale alle azioni tipiche? Quando abbia dubbi sulle azioni tipiche, quando ci siano possibili problemi relativi alle azioni tipiche. Se viene utilizzato (lo vedremo anche nellambito della disciplina dei segni distintivi tipici come disciplinato nel codice della propriet industriale) un segno distintivo altrui in maniera diversa da come lo utilizzavano altri cio utilizzare linsegna come ditta, linsegna altrui come marchio, cio lutilizzo di un segno distintivo in maniera diversa, anche questo configurabile come un atto confusorio che non solo dato da marchio/marchio, ditta/ditta, insegna/insegna ma anche quando utilizzo un segno distintivo altrui in modo diverso da come lo utilizza un altro, ma comunque richiamando lattenzione del pubblico su quellelemento distintivo che quel segno offre. Dal punto di vista della confusione per lutilizzo del segno distintivo (ma lo stesso vale per limitazione servile e per lutilizzo degli altri mezzi) chiaro che poi dobbiamo introdurre un elemento in pi: la confusione sar pi forte, quindi un tentativo di indurre in errore il pubblico molto pi particolare e delineato, quando parliamo di un prodotto di elevato livello e costo, quando ci si rivolge ad un pubblico particolarmente attento. Se io faccio una confusione su un auto o su un pc o un telefono ecc difficile che il pubblico non se ne accorga perch il pubblico che si rivolge a questi bene un pubblico attento. Se invece pensiamo a prodotti di basso costo o di frequente consumo la confusione facilissima, per es. detersivi, quindi per questi prodotti basta un elemento confusorio molto lieve per poter indurre in confusione il pubblico perch la soglia di attenzione del pubblico molto pi bassa. Ecco che allora anche la particolarit da un punto di vista confusorio per i segni distintivi ,ma anche per gli altri elementi, pi significativa quanto pi il prodotto di basso costo o di frequente consumo, rispetto al quale la soglia di attenzione pi bassa; mentre necessario un comportamento che induca in confusione molto pi particolare quando parliamo di una soglia di attenzione pi elevata. a) L imitazione servile:

Quando parliamo di confusione parliamo di confusione da un punto di vista della provenienza del prodotto o della riferibilit di quel prodotto ad un determinato imprenditore (Questa la confusione). Ecco che allora limitazione servile come elemento confusorio riguarda le caratteristiche esterne del prodotto, non quello che c dentro ma quello che c fuori. Cio posso io indurre in confusione il pubblico mediante imitazione servile quando imito la forma del prodotto, quello che c dentro non importa perch quello che c dentro un altro problema; il problema della confusione quello che c fuori cio le confezioni, la visibilit esterna di quel determinato prodotto che tale da indurre in confusione il pubblico circa il prodotto o la sua provenienza. Vediamo come si articola questo problema della confusione per imitazione servile che forse tra le tre ipotesi confusorie quella pi rilevante perch quella dei segni distintivi riguarda praticamente solo quelli atipici, quella degli altri mezzi riguarda solo casi 7

residuali, limitazione servile invece la troviamo solo qua ed quella che soggetta a maggiori interventi della giurisprudenza. Innanzitutto affinch ci possa essere una confusione per imitazione servile necessario che ci si riferisca alle forme esteriori del prodotto, quindi cosa escludiamo subito? Escludiamo subito le forme banali, le forme necessarie; se il prodotto ha una forma necessaria per luso al quale destinato noi non possiamo parlare di unimitazione servile (nessuno si sognerebbe di richiamare concorrenza sleale per la forma della bottiglia delle bibite, questo in linea di principio). Nei casi delle forme banali o necessarie cosa distingue un prodotto dallaltro? Le etichette che ci sono apposte, i colori delle confezioni ecc. Allora in questo caso non la forma in s che assume rilevanza ma sar letichetta, il colore della scatola ecc e, siccome questi elementi saranno tutelati da marchi registrati o da altri segni distintivi, ritorniamo alla prima ipotesi. Invece noi qui ci dobbiamo preoccupare della forma esteriore del prodotto che induce unimmediata riconoscibilit del prodotto. Un esempio di bottiglia la cui forma non banale quella della bottiglia della Cocacola di vetro (che anche registrata come marchio) che non ha una forma necessaria ma ha una forma particolare, diversa da ogni altra bottiglia che consente al pubblico di riconoscere immediatamente il prodotto. Ecco che la forma esteriore del prodotto deve attribuire una particolare riconoscibilit rispetto ad ogni altro prodotto, deve essere una forma non banale, non comune, che offre una riconoscibilit al prodotto; quando imitata questa forma siamo al cospetto dellimitazione servile. Il problema della forma impatta con altri elementi del diritto industriale e assume elementi di delicatezza: se ad esempio siamo al cospetto della forma necessaria allora non c problema di imitazione servile perch se la forma necessaria non posso impedire che venga utilizzata; dobbiamo essere al cospetto di una forma particolare che offre una particolare riconoscibilit, ma che succede se siamo al cospetto di una forma che offre al prodotto una particolare utilit? Potremmo avere una forma esteriore del prodotto che consente al prodotto di conservarsi meglio, di avere una maggiore resistenza, di dare al prodotto una maggiore utilit ecc in questo caso ci potremmo porre sulla linea di confine tra la forma esteriore che d riconoscibilit al prodotto e linvenzione industriale, o quanto meno tra la forma esteriore che d una maggiore riconoscibilit al prodotto e il modello ornamentale (che non trattiamo). Linvenzione industriale quellelemento che determina uninnovazione di prodotto o di procedimento tale da conseguire un progresso nella tecnica ed centrale lutilit dellinvenzione. Quando io, elaborando una determinata forma particolare, introduco un elemento innovativo che anche utile e sto borderline con linvenzione industriale, questo essere borderline con linvenzione industriale mi porta un problema: se io quellelemento lo brevetto come invenzione industriale ho rispetto a quellelemento una tutela assoluta e molto pi forte rispetto alla concorrenza sleale, ma ho una tutela limitata nel tempo perch le invenzioni industriali dopo 20 anni non possono essere pi rinnovate e diventano pubbliche e a disposizione di tutti. Perch? Se io consentissi un diritto di propriet sullinvenzione industriale perenne, non consentirei mai il progresso della tecnica, la possibilit che di una determinata entit se ne 8

beneficino un maggior numero di persone a costi ridotti, cio lordinamento sacrifica per un determinato periodo di tempo la possibilit di un utilizzo generale del frutto dellinvenzione perch altrimenti poi nessuno inventerebbe niente (se io invento qualcosa e subito tutti la possono utilizzare che interesse ho a fare ricerca, studi ecc?!). Per alcuni prodotti la tutela maggiori o minore dei 20 anni. Quindi il legislatore d una tutela assoluta per 20 anni per stimolare linventivit ma poi diventa pubblica. Se lo considero come forma esteriore del prodotto vero che non ho il beneficio dellinvenzione industriale,cio la tutela fortissima dellinvenzione industriale, ma anche vero che limitazione servile perenne, non ha limiti di tempo; se una forma esteriore particolare che non attribuisce una particolare utilit io la posso utilizzare per sempre, il marchio la ditta e linsegna sono segni distintivi che se rinnovati possono avere una durata infinita, e perch questo? Perch il segno distintivo qualcosa che io ho dato al prodotto, non gli attribuisce una particolare utilit, quindi non c interesse del mercato, non c un progresso per il mercato n una maggiore utilit del segno distintivo. Viceversa dellinvenzione industriale il mercato si interessa perch essa porta delle utilit al prodotto e al mercato. Ecco che, quando la forma esteriore non meramente ornamentale o particolare o attributiva di una riconoscibilit, ma una forma esteriore che anche utile e lelemento di utilit sia prevalente rispetto allelemento estetico, allora in quel caso dubbio che si possa parlare di imitazione servile ma dovremmo essere al cospetto di un invenzione industriale non brevettata, con tutto quello che consegue. Ma non potrebbe essere sottoposta alla tutela dellimitazione servile perch avrei dovuto chiedere laccesso ad altra tutela, non lho fatto per beneficiare dei tempi perenni che questo sistema offre e non posso farlo perch altrimenti sottraggo lutilit che quella forma esteriore pu dare al mercato in maniera perenne. chiaro che quando siamo al cospetto di una forma utile, il discrimine fra forma utile (ma non particolarmente utile) e forma utile da invenzione industriale molto sottile e dovr necessariamente essere esaminato nel caso concreto, cio difficile dire quando questa linea viene superato e spesso necessariamente frutto dellanalisi del caso concreto perch non possibile dare prima una soluzione sicura.

b) Lultimo elemento relativamente a questo elemento confusorio riguarda gli


altri mezzi. Gi la disciplina della concorrenza sleale una norma aperta e il legislatore ha voluto essere aperto anche esplicitamente nella confusione proprio per evitare qualsiasi possibilit restrittiva dal punto di vista confusorio ed ha introdotto come elemento che costituisce confusione anche lutilizzo di ogni altro mezzo idoneo a creare confusione. Siamo nel campo delle ipotesi residuali quindi ci rientra tutto quello che avremmo qualche difficolt a far rientrare nelle prime due ipotesi. Ad esempio nel mercato degli spedizioniere il colore dei pullman cio elementi che non sono proprio di imitazione servile, non sono segni distintivi ma che possono indurre in confusione il pubblico, per es. il particolare colore delle divise ecc cio elementi che non sono sottoposti a tutela brevettuale, non sono vere e proprie forme esteriori del prodotto, non sono segni distintivi 9

per qualcosa che induce nel pubblico un riconoscimento di un prodotto, di un servizio, di un produttore e rispetto a quel riconoscimento il pubblico viene indotto in confusione.

05/12/2011 Abbiamo visto la concorrenza sleale con riferimento a quella per confusione, ora possiamo vedere le altre due ipotesi tipiche di concorrenza sleale e della problematica della pubblicit comparativa (trattando del tema della denigrazione, vedremo come un elemento denigratorio sicuramente la pubblicit comparativa ma se essa rispetta i requisiti della legge legittima in quanto in tal senso si espresso il legislatore anche rispetto a direttive comunitarie). Le altre due ipotesi tipiche di concorrenza sleale sono la denigrazione e la vanteria. LA DENIGRAZIONE La denigrazione si sostanzia nel gettare discredito sui prodotti e sullattivit di un concorrente, cio un imprenditore che in concorrenza con un altro imprenditore svolge unattivit di discredito nei confronti dellaltro. Questo discredito deve riguardare i prodotti e lattivit del concorrente, quindi pu riguardare qualunque elemento relativo ai prodotti e allattivit. Quando mi riferisco ai prodotti, ad es. possiamo ipotizzare la qualit dei prodotti quindi sia negare delle qualit ai prodotti del concorrente sia affermare degli elementi sfavorevoli dei prodotti del concorrente, sia quanto al contenuto sia quanto alla loro utilit e funzionalit; quindi qualunque elemento che sia screditante del prodotto del concorrente. Nel momento in cui invece ci riferiamo allattivit del concorrente, ci riferiamo sia alle modalit attraverso le quali il concorrente svolge le sue attivit sia quanto alla situazione stessa della sua attivit, allo stato della sua attivit ed evidentemente anche correlato alla capacit che limprenditore ha di gestire quellattivit e ai successi ed esiti positivi che quellattivit riesce a raggiungere. Gli esempi di denigrazione sono banali: denigrazione relativa ai prodotti pu riguardare il negare ai prodotti una loro capacit,una loro attivit, per es. affermo che il caff decaffeinato del concorrente in realt contiene caffeina oppure per es. lo shampoo non ha efficacia per un determinato problema, oppure ancora pi gravemente faccio delle affermazioni relative alla pericolosit dei prodotti del concorrente per es. rispetto alla salute. Per quanto lattivit gli esempi possono riguardare sia la slealt del concorrente (per es. dico che il concorrente sleale, non corretto ecc) sia lo stato dellattivit (per es. limprenditore in crisi, si trova in uno stato di insolvenza, non in grado di svolgere la sua attivit ecc). chiaro che vengono fuori da elementi denigratori ,relativi allattivit dei prodotti del concorrente, elementi di carattere personali ma la denigrazione deve riguardare i prodotti e lattivit; se si svolge una denigrazione di ordine personale cio della persona fisica del concorrente, della sua vita affettiva ecc non siamo al cospetto di una denigrazione ma siamo al cospetto di altro, se questattivit portata avanti ed resa pubblica in una maniera che sia lesiva al decoro di una persona o calunniosa, ci saranno iniziative civili e penali che potranno essere proposte contro questa persona, indipendentemente dal fatto che esso sia imprenditore o meno (come accade in genere tra le persone). Ci sono chiaramente delle situazioni a limite nelle quali la denigrazione di ordine personali pu avere effetti anche relativamente allattivit che svolge, ad es. se diffondo la notizia che un imprenditore concorrente usa droga o quantaltro potrei dirlo per non solo per finalit calunniose ma anche per svolgere unattivit denigratoria; se mi rivolgo agli istituti bancari che erogano credito affermando che il concorrente dedito al gioco di azzardo probabilmente essi non saranno disposti a dare soldi al concorrente, quindi questa azione non solo calunniosa per la persona ma ha una finalit denigratoria dal punto di vista commerciale, quindi ecco che la calunnia o la lesione della dignit e del decoro altrui relativa a elementi personali possono (in casi particolari) assumere una qualificazione denigratoria dal punto di vista delle concorrenza sleale; ma in linea di principio tutto ci da escludere e la 10

denigrazione si deve basare sui prodotti e sullattivit del concorrente. Fermi restando la necessit, affinch ci sia denigrazione dal punto di vista della concorrenza sleale, che siano rispettati i profili merceologici e territoriali (questo non bisogna mai dimenticarlo!!!) infatti ogni qual volta parliamo di concorrenza sleale denigrazione quella che svolta da un concorrente il quale si trova in rapporto di concorrenza sia dal punto di vista merceologico sia dal punto di vista territoriale perch se mancano gli elementi merceologici e territoriali in realt non siamo al cospetto di unattivit di concorrenza sleale. Quali sono le modalit attraverso le quali si pu gettare discredito? Le modalit sono le pi varie: ovviamente le attivit pubblicitarie vere e proprie, ovvero una comunicazione pubblicitaria volta a denigrare lattivit di un concorrente; abbiamo attivit di comunicazione pubblica, possiamo avere ad esempio unintervista con finalit denigratoria; oppure la formulazione di atti giudiziari nei confronti del concorrente che non abbiamo la finalit di ottenere un risultato effettivo ma abbiamo solo una finalit denigratoria (per es. ti diffido dal compiere determinate azioni che sono lecite ma la mia diffida che sono illegittime); quindi le modalit possono essere le pi varie e spazzano dalla comunicazione pubblicitarie agli atti giudiziari ecc cio qualsiasi iniziativa che possono avere questo effetto denigratorio. Affinch si abbia denigrazione necessario che quella comunicazione denigratoria sia rivolta ad un pubblico (non che limprenditore in quanto tale perde la possibilit di esprimere una sua opinione di un altri imprenditore,magari ad un amico ma lelemento denigratorio si rinviene nella comunicazione al pubblico di quella opinione o di quel parere denigratorio), la comunicazione allesterno che determina la rilevanza denigratoria di un determinato comportamento. In linea di principio di riferiamo alla denigrazione quando essa rivolta nei confronti di un pubblico indistinto di persone, cio per es. lintervista che pu essere letta da chiunque sia in contatto con limprenditore ed il pubblico che la legge massimamente indistinto (clienti, fornitori, finanziatori attuali e potenziali) che pu venire a conoscenza di quella informazione denigratoria. Posso anche svolgere attivit denigratoria mirata, ad esempio vedo sul bilancio di quel determinato concorrente chi sono i clienti, i fornitori, i finanziatori ed invio una comunicazione scritta a un numero congruo di soggetti in correlazione con limpresa concorrente, allora in questo caso vero che la comunicazione non rivolta ad un pubblico indistinto ma rivolta ad un pubblico molto mirato ed anche in questo caso avremo denigrazione, cio non necessario che la comunicazione sia rivolta ad un numero enorme di persone, ma denigratoria anche la comunicazione rivolta ad un numero ben determinato di persone, purch siano persone che abbiano un contatto/legame con limpresa concorrente. sorto il dubbio se la comunicazione denigratoria rivolta a una persona, che non sia la comunicazione familiare o della cerchia dei propri conoscenti, ma che sia una comunicazione denigratoria rivolta ad un solo soggetto sia denigrazione oppure no, perch la denigrazione implica una comunicazione a un pubblico, ora questo pubblico pu essere di poche o di milioni di persone, pu essere distinto o indistinto ma in ogni caso elemento che connota attivit denigratoria la comunicazione ad un certo pubblico; allora se la comunicazione rivolta nei confronti di un'unica persona certo non un pubblico. In ogni caso (dal punto di vista del Prof) anche la comunicazione rivolta ad una persona pu avere una rilevanza denigratoria, dipende dalla situazione specifica di cui si tratta, cio se per es. lamministratore delegato di Banca intesa svolge attivit denigratoria rispetto ad Unicredit per il correntista che ha un conto di 10.000, questa attivit talmente non rilevante e di scarso significato che non mi metto proprio a pensare se denigratoria o meno ( rivolta nei confronti di UNA persona, che ha dei rapporti con il concorrente ma minimali, nel senso che linfluenza che pu avere quella denigrazione sullattivit del concorrente bassissima), se io mi rivolgessi ad un numero pi elevato di persone allora leffetto sar maggiore anche perch si ha un effetto di diffusione tra i soggetti. Ma la stessa comunicazione denigratoria fatta ad UNA sola persona pu essere vera e propria denigrazione ai fini della concorrenza sleale, (se nel caso di prima non lo era) un 11

caso in cui lo pu essere quando lattivit denigratorio la rivolgo al principale fornitore, al principale cliente, al principale finanziatore di quel determinato concorrente, vero che vado da una persona ma quella persona decisiva per lo svolgimento dellattivit del concorrente allora ecco che quando quella persona particolarmente qualificata per la sua rilevanza, per la rilevanza dei rapporti che quella persona ha col concorrente, io riterrei corretto che anche quellattivit possa qualificarsi come denigratoria, cio non rilevante il pubblico in s ma rilevante il pubblico quale elemento negativo che quella comunicazione al pubblico ha per i prodotti o lattivit del concorrente. Quindi anche una sola persona pu essere rilevantissima se il ruolo che ha nellattivit del concorrente significativo o addirittura decisivo. Una tematica sulla quale si discute la denigrazione fondata su elementi veritieri. Se io affermo che limprenditore concorrente si trova in stato di insolvenza (che una delle comunicazioni denigratorie) e lui veramente si trova in stato di insolvenza, se affermo che il prodotto del concorrente non ha utilit ed vero, se affermo che il prodotto dannoso ed vero ecc io mi trovo al cospetto di una denigrazione sui prodotti e sulle attivit del concorrente o no? Cio denigrazione sottintende necessariamente la falsit, lesagerazione(magari si trova in uno stato solo di un po di crisi e io affermo che insolvente e in questo caso tutti riconoscono che denigrazione, poich non denigrazione solo la notizia radicalmente falsa ma anche la notizia tendenziosa e esagerata o rappresentata come tale) ecc? Parliamo di dichiarazioni che sono proprio vere! Qui si apre il dibattito perch molta parte della dottrina ritiene che la denigrazione non sarebbe tale quando la comunicazione che getta discredito basata su elementi veritieri, cio la verit farebbe perdere la rilevanza denigratoria della comunicazione perch non faccio altro che affermare il vero e al contempo posso evitare che nuovi imprenditori o finanziatori assumono rischi nellentrare in contatto con quel fornitore, evito che altri consumatori assumono un prodotto dannoso per la salute, quindi svolgo anche unattivit sociale. In realt (secondo il prof) pur sempre denigrazione anche la denigrazione che si fonda su elementi veritieri nel senso che, dal punto di vista del concorrente, legittimo porre in essere tutte le attivit giudiziarie o stragiudiziarie che riguardano lattivit del concorrente nei limiti in cui questa interessa la sua persona, cio se ad esempio un imprenditore afferma che il suo prodotto ha delle funzioni che non sono reali ma io invece ho un prodotto che ha realmente quella funzione allora gli potr fare io unazione a lui per la sua concorrenza sleale per vanteria, per cui ci sar un giudice che vedr se vero o no e di quella sentenza del giudice potr dare comunicazione, ma non posso io ergermi giudice di una situazione e comunicarla al mercato. Se ad esempio io affermo che un imprenditore concorrente insolvente e vado a comunicarlo sul mercato compio un atto illecito dal punto di vista della concorrenza sleale, anche se vero, questo perch io non sono un soggetto legittimato a far emergere linsolvenza altrui; i soggetti che possono far emergere linsolvenza sono i creditori, il debitore e il pubblico ministero nei casi previsti dalla legge, quindi io non ho legittimazione a dare comunicazione al mercato (al pubblico) di una situazione che scredita un concorrente, anche se vera. Se il prodotto di un concorrente alterato, dannoso ecc posso fare una denuncia alla procura della repubblica (autorit giudiziaria), come qualunque cittadino, ma non posso dire che il concorrente compie un atto illecito, se lo faccio compio unattivit sleale. Tanto vero che compio unattivit sleale che il legislatore ha invece legittimato LA PUBBLICIT COMPARATIVA che unattivit volta a gettare discredito sui prodotti o sullattivit del concorrente, ma in questo caso il discredito lecito, cio nel momento in cui io formulo una comunicazione pubblicitaria, che rispetta i dettami stabiliti dal legislatore, vero che faccio una comparazione fra due prodotti, vero che getto discredito ma quel discredito reso legittimo da un intervento del legislatore. Proprio i limiti che mi d il legislatore alla pubblicit comparativa sono (secondo il prof) la pi grande dimostrazione della noncorrettezza della denigrazione fondata su elementi veritieri perch la semplice denigrazione, anche su dati veri, ma che non risponde a canoni di pubblicit 12

comparativa unattivit denigratoria. Dobbiamo sempre ricordare che la concorrenza sleale non ha una finalit di tutela di consumatori, fornitori, finanziatori ecc cio del mercato, ma ha una finalit di tutela esclusivamente degli imprenditori, e limprenditore perch dovrebbe andare a fare una comunicazione denigratoria pubblica di un concorrente? Non questo un comportamento eticamente corretto, fermo restando che se c un illecito pu far valere lillecito del concorrente nei limiti in cui abbia una legittimazione, ma se non lo fa valere secondo la legge (come abbiamo vista prima) allora compie un illecito. Questo tema inevitabilmente arriva allulteriore tematica della legittima difesa che una tematica che riguarda sempre la denigrazione cio supponiamo che io produco crema anticellulite e faccio una comunicazione pubblica e dico la crema del mio concorrente non ha nessun effetto, allora il concorrente dice non soltanto la mia ha effetto ma la tua che non ha alcun effetto dal punto di vista dei risultati e comunque la tua attivit unattivit sleale perch mi stai facendo concorrenza sleale perch non sei legittimato a fare questa comunicazione al pubblico, quindi la legittima difesa pu riguardare sia comportamenti difensivi rispetto allattivit screditante altrui che si limita alla contestazione sul prodotto o sullattivit, sia una legittima difesa che a prescindere dalla verit o meno delle attestazioni altrui, dalla bont o meno del prodotto e dellattivit altrui si fondi solo sul dire sei sleale, quindi faccio unintervista pubblica o una comunicazione pubblicitaria attraverso cui affermo che quellimprenditore sleale perch fa una comunicazione che non potrebbe fare sul piano della concorrenza sleale. Si discusso se la legittima difesa sia unattivit possibile, vengo aggredito e mi posso difendere? No, nel senso che, nel momento in cui affermo che lattivit altrui attivit di concorrenza sleale, mi sostituisco al giudice, cio se c un imprenditore che compie unattivit sleale nei miei confronti sono legittimato a rivolgermi al giudice ed avere un provvedimento che immediato (viene fatto anche nel giro di 15 giorni), per cui necessario che la slealt del comportamento altrui sia comunque accertata dal giudice perch, nel momento in cui mi sostituisco al giudice, mi ergo a mia volta a giudice di una determinata situazione e compio un atto illegittimo e anche questa unattivit sicuramente di concorrenza sleale e come tale va sanzionata. Prima di parlare della pubblicit comparativa, vediamo laltro caso tipico di concorrenza sleale cio la vanteria. In realt non un caso che siano insieme (denigrazione e vanteria) perch pu capitare spesso, al di l dellastratta riconoscibilit delluna e dellaltra fattispecie (cio della denigrazione e della vanteria, infatti evidente sul piano astratto quale la differenza tra denigrazione e vanteria), sul piano concreto spesso diventa difficile andare a distinguere le due ipotesi cio ci sono ipotesi che per la loro configurazione possono essere viste sia come denigrazione che come vanteria, ecco perch queste due fattispecie vanno insieme, si considerano insieme e sono infatti contenute insieme nel numero 2 dellart.2598. Nella VANTERIA io non svolgo una denigrazione dei prodotti o delle attivit di un concorrente ma svolgo una magnificazione dei miei prodotti e della mia attivit, cio attribuisco ai miei prodotti pregi, qualit, risultati, effetti che i miei prodotti in realt non posseggono. Poi questi pregi e queste qualit possono essere possedute dai prodotti e dallattivit di un concorrente o viceversa possono essere proprio pregi e qualit che non possiede nessun prodotto e nessun concorrente, quindi posso appropriarmi falsamente di pregi altrui (tanto vero che la vanteria viene nominata anche come appropriazione di pregi altrui, cio io riconosco al mio prodotto un pregio che il mio prodotto non ha e che invece ha il prodotto di un concorrente, oppure mi approprio di pregi che non ha nessun prodotto. Chi vede la vanteria solo come appropriazioni di pregi altrui riconosce nella vanteria soltanto quel comportamento, cio il comportamento volto ad affermare un pregio del proprio prodotto che non ha ma che invece posseggono altri, ma questa uneccessiva puntualizzazione perch sicuramente un comportamento sleale dal punto di vista concorrenziale anche lappropriazione di un pregio che non possiede nessuno. Qualcuno quindi ritiene che sia vanteria solo lappropriazione di pregi altrui, mentre lappropriazione di pregi non posseduti da nessuno 13

unipotesi atipica di concorrenza sleale. In realt c una piccola differenza che si potrebbe avere tra le due fattispecie: abbiamo accennato nella precedente lezione al tema delliniziativa per far valere la concorrenza sleale altrui e abbiamo detto che sicuramente pu agire limprenditore leale nei confronti dellimprenditore sleale quando limprenditore leale leso da un atto dellimprenditore sleale, ci sono delle ipotesi in cui la concorrenza sleale rivolta non nei confronti di un determinato imprenditore ma di tutti quelli che operano nel mercato che vengono tutti danneggiati, quindi non c un determinato imprenditore ad essere danneggiato ma la categoria imprenditoriale ad essere danneggiata, in questo caso ci pu essere una differenza sul piano della legittimazione. Chi pu agire? Possono agire tutti, pu agire anche lassociazione di categoria. Quando latto illecito di un concorrente lesivo ad un altro concorrente dellintera categoria possono agire anche le associazioni di categoria perch quel comportamento danneggia tutto il mercato, quindi pu vedere uniniziativa anche di unassociazione di categoria. Al di l di questo vanteria (indipendentemente delle persone che possono agire) sia luna ipotesa che laltra ipotesi sopra descritta, cio sia se io mi approprio di pregi altrui, sia laddove mi appropri di pregi di nessuno che per io non ho; il punto centrale che sicuramente questi pregi non li posso avere perch nel momento in cui ho dei pregi dei quali faccio comunicazione sicuramente non faccio vanteria perch dico la verit. Potrei anche avere dei pregi che possiedo illegittimamente: supponiamo che il prodotto di un imprenditore tutelato da un brevetto per invenzione industriale, io illecitamente tramite per es. spionaggio industriale mi approprio di quei segreti, li applico e poi mi vanto pure di avere dei pregi, in questo caso non vanteria ma sar violazione del brevetto altrui, perch io non mi sto vantando di una cosa che non ho ma mi sto vantando di una cosa che ho e il problema come ce lho. Lelemento centrale ed essenziale affinch si possa individuare vanteria la assenza nel mio prodotto di quel pregio e di quella qualit che io assumo che il mio prodotto abbia, se ce lho realmente non vanteria ma se ce lho illecitamente richiamer altre norme di legge. Dobbiamo fare delle precisazioni su questa magnificazione dei prodotti che viene fatta dallimprenditore, cio evidente che tutti gli imprenditori svolgono unattivit di magnificazione dei propri prodotti (parlano a favore dei propri prodotti), soprattutto nelle pubblicit, quindi oggi comportamento lecito tra gli imprenditori quello volto alla magnificazione del proprio prodotto, anche oltre quelle che sono le effettive qualit che possono riconoscersi al prodotto. Per questa magnificazione prevede dei limiti, infatti la pubblicit iperbolica legittima ma purch liperbole sia vista come tale (cio per es. per la Redbull nessuno pensa che bevendola si vola) ma viceversa potrei toccare degli elementi delicati nella psicologia soprattutto dei consumatori. Se formulo una pubblicit in cui dico che il mio shampoo fa ricrescere i capelli sicuramente non esiste uno shampoo del genere al max possono rallentare la crescita, quindi non faccio n un iperbole n magnifico ma faccio di pi cio faccio vanteria perch attribuisco al mio prodotto un pregio e una qualit che non posseduto da nessuno e in questo senso faccio concorrenza sleale perch le persone potranno in buona fede credere alla mia affermazione (che non un iperbole ma una magnificazione che attribuisce al mio prodotto qualit che non ha), tale da rendere illegittima la mia affermazione dal punto di vista della vanteria. Molto pi semplice il caso della vanteria che si fonda su pregi posseduti da altri: per es. la Renault afferma che la sua macchina arriva a 300 km/h che invece una caratteristica della Ferrari, allora svolgo unattivit di vanteria; a questa affermazione forse nessuno creder perch il pubblico pi attento in questo caso rispetto al pubblico che magari compra lo shampoo poich quanto pi il prodotto e qualitativamente o come prezzo elevato, tanto pi c attenzione da parte del soggetto che acquista.

PUBBLICIT COMPARATIVA 14

Definizioni Art.2 D.lgs 2 Agosto 2007 n.145 a) pubblicita': qualsiasi forma di messaggio che e' diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attivita' commerciale,industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi; b) pubblicita' ingannevole: qualsiasi pubblicita' che in qualunque modo, compresa la sua presentazione e' idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali e' rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente; c) professionista: qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attivita' commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista; d) pubblicita' comparativa: qualsiasi pubblicita' che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente; e) operatore pubblicitario: il committente del messaggio pubblicitario ed il suo autore, nonche', nel caso in cui non consenta all'identificazione di costoro, il proprietario del mezzo con cui il messaggio pubblicitario e' diffuso ovvero il responsabile della programmazione radiofonica o televisiva. Il profilo delicato di questa tema riguarda lingannevolezza della comunicazione, cio la pubblicit sia quando si fonda che quando non si fonda su elementi di comparazione, non deve indurre in inganno i consumatori . Il provvedimento (d.lgsl 2 Agosto 2007 n. 145-pubblicit ingannevole) ha ragioni diverse da quelle della concorrenza sleale. Mentre nella concorrenza sleale il bene tutelato la correttezza professionale, quindi lesigenza che non sia lesa mediante atti sleali lattivit e il ruolo che un concorrente occupa, per cui nella concorrenza sleale la rilevanza del pubblico/del mercato/dei consumatori/di tutti quelli che operano con quel determinato imprenditore visto solo di riflesso, in che senso essi sono tutelati? Nel senso che se gli imprenditori si comportano lealmente il mercato funziona meglio ma non c una tutela diretta e immediata del mercato o dei consumatori, i quali non solo non possono agire ai sensi della concorrenza sleale, ma non una disciplina che volta alla loro tutela (cio se io comunico che in un prodotto altrui c la diossina ed vero faccio un atto importante per i consumatori ma commetto un illecito dal punto di vista concorrenziale). Il tema della pubblicit viceversa stato esaminato con vari provvedimenti (di cui quello citato solo lultimo) perch ci si resi conto a livello comunitario, e poi a livello nazionale ci si dovuti uniformare, dellillogicit di un divieto di pubblicit comparativa, della necessit che il legislatore entrasse sul problema dellingannevolezza del messaggio pubblicitario; in realt sono due elementi della stessa medaglia, solo che lingannevolezza non necessariamente richiede una comparazione, la comparazione se svolta male pu dar luogo a ingannevolezza. Il tema della pubblicit comparativa come nasce nella sua genesi normativa italiana? Evidentemente la pubblicit comparativa era una pubblicit riconosciuta come illecita perch anche la pubblicit comparativa pi corretta o conforme alla verit dei fatti implicava una denigrazione e, nel momento in cui riconoscevamo che la denigrazione tale anche quando si fonda su elementi veritieri, la pubblicit verissima, correttissima, informativa di cose vere qualificata come atto denigratorio, quindi come atto illecito. Tuttavia si ritenuto necessario superare questo vincolo. La comparazione oggi legittima, la pubblicit comparativa oggi legittima e i principi generali di legittimit della pubblicit comparativa sono i seguenti: la comparazione deve riguardare elementi oggettivi, cio difficile fare una comparazione per es. sul gusto della birra perch una comparazione che non posso fare ed essa inevitabilmente denigratoria; si potrebbe far questa comparazione sulla base del fatto che la faccio assaggiare a 100 esperti ma comunque non oggettivo perch magari ci sar il 101esimo che dir che la birra x pi buona della birra y, quindi questi elementi che non hanno una valutabilit oggettiva, ma hanno una valutazione che 15

si fonda comunque su parametri soggettivi e non legittimano una comparazione; legittima laffermazione che si fa in molti prodotti di dire x persone hanno affermato che questo prodotto meglio di altri oppure consente di risolvere il problema x nel x % dei casi, in questo caso io racconto una verit storica, quindi evidente leffetto magnificativo che faccio dei miei prodotti ma racconto una verit senza dire in maniera in fondata che il mio prodotto meglio di altri perch non ho il parametro oggettivo per dire che meglio di altri, quali sono i parametri oggettivi che legittimano una comparazione? Elementi che siano da chiunque misurabili nella loro concretezza. Se dico che la mia birra ha una certa % di alcol mentre un'altra birra unaltra % di alcol allora faccio una valutazione assolutamente veritiera e che si fonda su elementi oggettivi, cio qualunque persona a mondo pu comparare le due birre e vedere quale il livello di alcol specifico contenuto. Ovviamente poi nel rendere questa comparazione ci sar chi preferisce luna e chi laltra. La comparazione deve avere unefficacia pubblicitaria e comunicativa. comparabili, correttamente comparati Art. 3 Elementi di valutazione 1. Per determinare se la pubblicita' e' ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi, con riguardo in particolare ai suoi riferimenti: a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilita', la natura, l'esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l'idoneita' allo scopo, gli usi, la quantita', la descrizione, l'origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al prezzo o al modo in cui questo e' calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi sono forniti; c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell'operatore pubblicitario, quali l'identita', il patrimonio, le capacita', i diritti di proprieta' intellettuale e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all'impresa ed i premi o riconoscimenti I casi pi rilevanti di comparazione che sono sottoposti giornalmente ai nostri occhi sono per es. il contenuto di sodio dellacqua oppure le tariffe telefoniche. chiaro che questi elementi sono quelli sui quali intervenuto il giudice e il giudice nella pubblicit comparativa lautorit antitrust perch la materia della pubblicit ingannevole e comparativa a differenza della concorrenza sleale non sottoposta al giudice ordinario. Latto di concorrenza sleale sottoposto allattenzione del giudice ordinario, la pubblicit ingannevole e la pubblicit comparativa sono sottoposti allattenzione del giudice antitrust, cio dellautorit antitrust in Italia. Su queste pubblicit comparative naturalmente sono stati pronunciati numerosi provvedimenti dellautorit antitrust perch la comparazione per essere corretta deve essere veritiera e riguardare tutti gli elementi di un prodotto rispetto ad un altro nella comunicazione che io vado a fare, cio se la mia linea telefonica veramente fa pagare 1centesimo al minuto ma la tariffa valida per la notte, laddove invece nelle altre ore applico 1 al minuto e il concorrente fa pagare 20 centesimi, allora io non posso dire che la mia tariffa migliore di quella del mio concorrente perch non vero! Devo specificare, con gli stessi caratteri, quando offro questa tariffa particolare. La comparazione deve fondarsi su elementi effettivi rilevanti perch per es. se comunico il limitato sodio contenuto nella mia acqua e poi invece gli studi dicono che il contenuto di sodio dellacqua irrilevante allora sto facendo una comunicazione pubblicitaria su elementi irrilevanti che magnifico eccessivamente. Le pubblicit comparative sono anche ingannevoli perch ingannano il pubblico su due elementi: 1. pu essere ingannevole nella comparazione che io vado a fare con i prodotti e lattivit del concorrente 2. pu essere ingannevole sulla rilevanza della comunicazione che faccio perch io magari attribuisco rilevanza a un elemento che non ha alcuna rilevanza, cio per es. do importanza alla quantit di magnesio contenuta nellacqua che 16

magari irrilevante ai fini della bont della stessa, allora magnifico il prodotto su un elemento che non ha alcuna rilevanza e induco in inganno i consumatori Qui la rilevanza non la slealt del comportamento per laltro imprenditore ma linduzione allinganno dei consumatori. Altro elemento ingannatore della pubblicit comparativa che rende la pubblicit illecita sono anche le modalit con cui effettuata, soprattutto quando la comparazione si propone in realt delle finalit di agganciamento: io comparo il mio prodotto con quello del concorrente, nel momento in cui faccio la comparazione mi pongo ad un livello cio dico la mia acqua meglio della Ferrarelle perch ha meno anidride carbonica della Ferrarelle, in questo modo io mi aggancio alla Ferrarelle; nella mente del pubblico dei consumatori introduco il profilo che non solo la mia migliore della Ferrarelle, ma quanto meno come la Ferrarelle, comparabile con essa. Quindi in questo modo io faccio una pubblicit che, al di l della legittimit sul piano dellelemento comparativo che introduco, si aggancia alla notoriet altrui. La pubblicit comparativa non deve avere rilevanza dal punto di vista dellagganciamento perch se tende a conseguire una finalit di agganciamento illecita. Allora tutti questi elementi li troviamo nel D.lgs 2 Agosto 2007 n.145. chiaro che gli elementi di ingannevolezza li ritroviamo non solo in questo provvedimento ma per essere precisi li ritroviamo anche nel codice del consumo. E perch nel codice del consumo e non nel codice della propriet industriale (che sarebbe stata una adeguata casa)? Perch evidentemente i soggetti in prima battuta destinatari della tutela sono i consumatori e quindi il legislatore proprio per sottolineare questo elemento ha preferito, oltre questo decreto legislativo, dare questi elementi di ingannevolezza nel codice del consumo e non nel codice della propriet industriale. Quali sono le condizioni di liceit della pubblicit comparativa? Il legislatore con lart. 4 di questo decreto individua questi elementi innanzitutto nella ( Condizioni di liceit della pubblicit comparativa) non ingannevolezza, nellesigenza che siano confrontati beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi (cio io non posso confrontare la birra con la cocacola perch non c una concorrenza dal punto di vista merceologico, non sono soddisfatti gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi) Notiamo che qui vi un elemento pi forte e rigoroso di quello che abbiamo evidenziato sul piano della concorrenza sleale: mentre lelemento concorrenziale nella concorrenza sleale sia rinviene anche quando si soddisfano bisogni analoghi o succedanei, qui parliamo di stessi bisogni, quindi ci vuole unidentit nei bisogni soddisfatti dai prodotti, non basta la mera succedaneit. Confronta oggettivamente uno o pi caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso il prezzo di tali beni o servizi. Ecco loggettivit di cui abbiamo parlato: non posso dire pi buono, ha un sapore pi gradevole ecc ma devo comparare un elemento che sia oggettivo ed essenziale, pertinente, verificabile e rappresentativo. Non deve ingenerare confusione sul mercato tra i professionisti o tra loperatore pubblicitario ed un concorrente (non deve avere quelleffetto di agganciamento di cui abbiamo parlato) o tra i marchi, le denominazioni commerciali o altri segni distintivi, beni o servizi delloperatore pubblicitario e quelli di un concorrente. La pubblicit comparativa pu avere un effetto confusorio o un effetto di agganciamento che non legittimo. Non deve causare discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni o servizi, attivit o posizione di un concorrente. Che vuol dire che non deve causare denigrazione? Evidentemente non deve eccedere quelli che sono i limiti della comparazione obiettiva cio si deve limitare a dire questo prodotto costa 2, laltro costa 3, le qualit sono le stesse e basta, per cui non deve dire il prodotto del concorrente pessimo! perch se aggiunge questo fa denigrazione. Non trae indebitamente vantaggio dalla notoriet connessa al marchio alla denominazione commerciale, ovvero ad un altro segno distintivo di un 17

concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti. Ancora una volta il pericolo dellagganciamento. Non deve presentare un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositata, cio se ho dubbi sulla legittimit del marchio altrui faccio una contraffazione, non posso fare una pubblicit comparativa. (Devo fare uniniziativa giudiziaria, non lo posso risolvere con la comparazione perch altrimenti ricadrei nella legittima difesa che tanto legittima, come abbiamo visto, non ). Il legislatore si sofferma sullelemento della verificabilit (di cui abbiamo parlato) che lelemento pi complesso. Ci sono alcuni elementi di cui molto dubbia la verificabilit. Il legislatore si sofferma su questo aspetto e cosa dice? Il requisito della verificabilit si intende soddisfatto quando i dati addotti allillustrazione delle caratteristica del bene o del servizio pubblicizzato sono suscettibili di dimostrazione. Questo in realt ci aiuta poco nel senso che devono essere elementi dimostrabili (e questo essenziale) per che vuol dire dimostrabile? un tema sul quale si pu discutere. Ad oggi non si sono mai visti pubblicit nelle quali si svolta una comparazione su elementi che non siano proprio misurabili, cio la pubblicit comparativa o riguarda il prezzo o elementi che unanalisi chimica o clinica, di un determinato prodotto, in grado di fornire. Quando non sono obiettivi o dimostrabili, anche se in virt di particolari analisi (per es. la valutazione del sommelier) risultano tali ma in realt non sono dati suscettibili di valutazione o almeno ad oggi non si ritengono tale, tanto vero che non esiste una comparazione pubblicitaria tra vini.

Lezione 12/12/2011 Nel Corso della prima lezione accanto all'art.2598 prevede si delle ipotesi tipiche di concorrenza sleale, ma tale ipotesi hanno solo la funzione di illustrare e far capire quali sono i contorni nei quali ci si muove dalla disciplina della concorrenza sleale nella quale costituire un numero chiuso, tali ipotesi sono oggetto di interpretazione con contenuti mutevoli nel tempo, il significato di denigrazione, vanteria e confusione sono dei significati che sono cambiati nel corso degli anni e questa evoluzione si fondata su questo numero 3 dell'art. 2598 comma 1, nel quale sono indicati come categoria aperta tutti gli atti non conformi ai principi di concorrenza professionale ed idonei a danneggiare l'altrui azienda. Ed questo il parametro interpretativo e non solo delle ipotesi tipiche disciplinate ma anche di tutte le altre situazioni concorrenziali in cui ci si viene a trovare. Si tratta di una categoria aperta, quindi possono rientrare in queste situazioni comportamenti che comunque possono ravvisarsi come non conformi ai principi di correttezza professionale, queste semplificazione che andremo a fare non sono delle fattispecie chiuse ma sono aperte, e d'altra parte all'interno di queste 18

fattispecie spesso il confine tra l'una e l'altra non cos precisa, noi ad esempio quando abbiamo accennato della vanteria, abbiamo accennato della situazione in cui ci si appropri dei pregi posseduti da altri prodotti ma anche da pregi che nessuno possiede, ora questa fattispecie non rientra nella vanteria secondo alcuni, ma nella pubblicit ingannevole, non molto importante capire la classificazione, ma perch potrei trovare degli argomenti a favore di una tesi o dell'altra, quindi non importante capire quale determinate ipotesi in quale quadro debba collocarsi. Perch questa collocazione affidata comunque alla sensibilit del singolo, quello che importante individuare quella singola ipotesi se atto di concorrenza sleale oppure no, cio se non conforme agli atti di correttezza professionale. Le singole fattispecie: La Prima la pubblicit ingannevole peraltro disciplinata dal decreto Lgs gi visto in precedenza, perch cos come la pubblicit comparativa che una fattispecie di legittima denigrazione, cos come la pubblicit comparativa laddove non va cos secondo i dettami previsti dal D.lgs una pubblicit ingannevole ogni altra comunicazione pubblicitaria la quale per le modalit di esposizione per le affermazioni che vi sono formulate o per qualsiasi altra ragione idonea a indurre in errore sulla qualit o sulla provenienza dei prodotti, ora gi da questa definizione si trova una conferma su quello che dicevamo prima,a indurre in errore il pubblico sulla provenienza dei prodotti ma anche la confusione una fattispecie che induce il pubblico in errore sulla provenienza dei prodotti ma anche sulla qualit, ma anche la vanteria questa situazione, in realt tra le ipotesi di concorrenza sleale vi una intercomunicabilit, l'importante capire se una concorrenza sleale e non se rientra in una o laltra fattispecie , ma proprio relativamente al tema della pubblicit ingannevole, va detto che quel D.lgs in tema di comparativa ed ingannevole affida le determinazioni delle sanzioni per un messaggio pubblicitario ingannevole ad una Autorit Giudiziaria diversa, come per la pubblicit comparativa non il Giudice ordinario ma la Commissione per L'Autorit antitrust concorrenza e mercato anche l'interesse tutelato per questa fattispecie diverso nel senso che non specificamente tutelato quello degli imprenditori, ma pi in generale del mercato e dei consumatori.All'autorit Garante per la concorrenza del mercato la denuncia in ordine all'ingannevolezza del messaggio pubblicitario pu provenire non soltanto da un'altro imprenditore ma ance da un consumatore che una particolarit perch riguarda solo la pubblicit comparativa ed ingannevole, tutte le altre ipotesi possono essere fatte valere solo da un imprenditore che in concorrenza da un punto di vista territoriale e merceologico, addirittura se un altro imprenditore se non in concorrenza non la pu far valere , viceversa nella comunicazione pubblicitaria ingannevole il novero dei soggetti legittimati molto pi ampio, perch lo spazio di tutela pi ampio, naturalmente la misurazione della ingannevolezza deve essere fatta invece secondo i parametri dei quali gi ci siamo occupati l'ingannevolezza tale quando per le modalit in cui svolta e come al pubblico a cui si rivolge idonea ad indurre in errore come abbiamo detto anche per la confusione, la soglia di errore sar richiesta diciamo quanto pi il mercato attento quanto pi il prodotto elevato sia in vista del prezzo che di altri elementi ,laddove invece la soglia di attenzione pi bassa basteranno anche elementi di ingannevolezza meno rilevanti l'attenzione quindi volta alla comunicazione pubblicitaria quindi una fattispecie molto particolare non un qualunque comportamento,noi per l'atto di concorrenza sleale per quelli che abbiamo visto confusione vanteria e denigrazione non soltanto la comunicazione pubblicitaria ma qualunque comportamento ,la denigrazione abbiamo detto pu essere sia un cartellone pubblicitario nel quale si dice che il concorrente ha i prodotti scadenti ma pu essere anche una lettere inviata a cento clienti del concorrente ma anche una diffida,la confusione non detto che si sostanzi in una comunicazione pubblicitaria pu essere semplicemente il segno che ha apposto ai prodotti che sono in vendita nei supermercati quindi non necessario una comunicazione pubblicitaria dietro quell'atto di concorrenza sleale in questo caso noi parliamo specificamente di pubblicit cio deve trattarsi di pubblicit ingannevole, non ci 19

sono limitazioni quanto alla qualit della comunicazione pubblicitaria cio pu essere quotidiani, cartellonistica ,radiotelevisiva locale, nazionale non ci sono differenze, ma deve trattarsi comunque un messaggio qualificabile come messaggio pubblicitario laddove cio non sia dobbiamo tornare ai nostri limiti della concorrenza sleale sia sul piano oggettivo che soggettivo. Ipotesi ordinarie di concorrenza sleale quelle che rispecchiano i requisito su cui ci siamo soffermati legittimit di agire solo dell'imprenditore concorrente o associazione di categorie interessate, necessariet di un rapporto di concorrenza dal punto di vista sia merceologico che territoriale ,difformit dellatto rispetto dei principi di correttezza professionale ed idoneit dello stesso a danneggiare l'altrui azienda. Vendita sottocosto e Ribassi di prezzo che hanno delle similitudini ma sono due cose diverse. 1)Ribasso di prezzi si rinviene quando il concorrente visti i livelli prezzi operati dall'imprenditore concorrente opera una riduzione dei suoi prezzi di vendita(99,9% dei casi) o un aumento dei prezzi di acquisti ,al fini di rendere i suoi prodotti o servizi pi appetibili rispetto al concorrente, evidente che l'elemento classico per evidenziare l'andamento del mercato proprio il prezzo, l'imprenditore fa concorrenza con l'altro operando proprio sui prezzi ,certamente il ribasso che si fa rispetto all'altro che lo fa per acquisire quote di mercato un comportamento legittimo ma soprattutto fisiologico in alcune situazioni si evidenziano proprio dei vincoli alla concorrenza propria dall'osservazione empirica che i prezzi non cambiano cio entrano imprenditori sul mercato vogliono acquisire quote di mercato ma non intervengono sui prezzi quindi strano x' normalmente l'operazione- la battaglia di un concorrente rispetto ad un altro si opera mediante una riduzione dei prezzi 2 elementi oggi 3 sono riduzione dei prezzi, progresso scientifico tecnologico(qualit dei prodotti) ,comunicazione pubblicitaria. Ribasso dei prezzi diventa atto di concorrenza sleale quanto pi il ribasso sganciato da ordinarie attivit di concorrenza e quando finalizzato a danneggiare un concorrente o sottrarre indebitamente clientela allimpresa concorrente. Se un concorrente getta un quantitativo di prodotti maggiore o vuole acquisire quote di mercato anche in vista di un grafico economico siamo pi o meno in grado di predire il prezzo ci possono essere degli scostamenti pi o meno rilevanti rispetto alla situazione di mercato quando ingiustificabile siamo in una situazione nella quale si potrebbe individuare una sottrazione illegittima di clientela ,pero nel ribasso di prezzo necessario che ci siano degli elementi molto appariscenti affinch sia possibile individuare una illegittimit di comportamenti dei prezzi x' il ribasso essendo un atto ordinario di concorrenza leale difficile che possa essere individuato come atto illegittimo ma pu essere illegittimo quando il ribasso quando chi opera un ribasso ha un ruolo rilevante sul mercato cio se ad esempio carrefour che arriva a via cinthia e vende le stesse cose dei 25 dettaglianti ed pera dei ribassi di prezzi allora se questi ribassi sono rilevanti hanno dei tempi molto lunghi allora effettivamente possono essere visti come concorrenza sleale pero ad esempio carrefour pu giustificare questo dicendo che vende a prezzi pi bassi x' il dettagliante compra 100 kg di zucchero io ne compro 100 tonnellate compro ad un prezzo pi basso e lo rivendo ad un prezzo pi basso quindi il ribasso legittimo. 2)Vendita sottocosto fattispecie qualificata del ribasso di prezzi ma risponde a logiche totalmente diverse mentre il ribasso un normale comportamento concorrenziale, la vendita sottocosto implica in se una perdita, se io vendo sottocosto vuol dire che vendo quel prodotto in perdita per la mia impresa e la vendita in perdita un comportamento in se antieconomico ,nessun imprenditore nell'attivit di mercato opera una vendita sottocosto x' conduce ad una perdita non una situazione di mercato che pu essere vista in modo positiva. Il rischio della vendita sottocosto vendo i miei prodotti sottocosto distruggo i miei concorrenti li elimino dal mercato ed una volta che li ho eliminati far i prezzi che voglio perch ci sar solo io sul mercato da altra parte si inseriscono diversi comportamenti illeciti ad es il dumpig che una sub-ipotesi qualificata di ribasso di prezzi. Anche la vendita sottocosto pu trovare le sue giustificazioni quindi 20

rendere razionale quel comportamento in un ottica economica non renderlo illecito dal punto di vista concorrenziale ad esempio apro un nuovo negozio, una nuova attivit entro nel mercato per un brevissimo periodo posso operare una vendita sottocosto x farmi conoscere( es.dvd al 50%) attivit legittime e giustificate se previste x un periodo di tempo limitate,altre situazioni legittime quando un'impresa si trova x ragioni gestionali strategiche intende dismettere un settore di attivit allora vende sottocosto i suoi prodotti quindi non siamo al cospetto di un illecito concorrenziale anzi io non intendo acquisire quote di mercato ma dismettere quote di mercato infatti viene normalmente operato la vendita sottocosto da imprese in liquidazione addirittura in stato di insolvenza in cui operano procedure concorsuali quindi le vendite sottocosto trovano una loro giustificazione. Tuttavia dobbiamo tener presente la vendita sottocosto oggi costituisce un importante fenomeno pubblicitario cio noto a tutti che molte imprese operano x determinati periodi di tempo vendite sottocosto per acquisire clientela o sollecitare clientela, i volantini e altre comunicazioni pubblicitarie devono indicare la vendita sottocosto dal -al .Queste vendite sottocosto sono state oggetto di particolare attenzione anche del legislatore antitrust non solo dal punto di vista sleale perch queste comunicazione devono rispettare dei limiti x' possono sforare nella concorrenza sleale, questi limiti si sono individuati che devono prevedere dei brevi periodi tempo, ne possono essere fatte poche nel corso dell'anno devono essere anche legittime cio illegittima quando c la comunicazione ma poi non c il prodotto, annuncio che c la vendita sottocosto ma che in realt finita ieri quindi siamo al cospetto di una pubblicit ingannevole ad esempio vendo un televisore di 40 pollici ma ce ne uno solo ma te lo devo dire qui siamo al cospetto dell'ingannevolezza non solo rispetto agli altri imprenditori concorrenti ma anche rispetto al mercato,la vendita sottocosto se veritiera un operazione che pu essere illecita rispetto ai suoi concorrenti , se fasulla diventa illecita rispetto a 2 persone concorrente e del mercato x' al contempo anche pubblicit ingannevole quindi il consumatori pu denunciare questa situazione all'autorit antitrust la quale far i dovuti approfondimenti infatti i volantini con vendita sottocosto devono indicare il numero disponibile dopo di che laddove fosse fatta una comunicazione di ingannevolezza x' avevano detto 400 ma io sono andato all'orario di apertura e gi erano finiti loro devono giustificare cosa successo ,devono dimostrare che ad esempio dalle 9 alle 10 sono venute 400 persone che hanno comprato televisori. Ecco che allora lo stesso fenomeno presenta diversi livelli di illecit 1 nei confronti del mercato sottospecie di pubblicit ingannevole 2 rispetto agli altri imprenditori.Laddove la vendita sottocosto non abbia tutti questi parametri dal punto di vista della concorrenza sleale vera e propria la vendita sottocosto laddove non abbia delle motivazione come lancio di un prodotto ,chiusura di un settore o un'attivit, brevissimo fenomeno pubblicitario, la vendita sottocosto un atto illecito di concorrenza sleale x' antieconomico volto ad eliminare concorrenti dal mercato acquisire quote di mercato illegittimamente al fine di alterare il normale gioco concorrenziale.Nell'ambito di un'impresa abbiamo costi fissi e variabili allora x un'impresa pu essere x delle ragioni valide vendere coprendo tutti cf e anche una parte dei cv piuttosto che non vendere cioe in un determinato periodo dell'anno non voglio chiudere la fabbrica perche mi costerebbe di piu chiuderla e poi riattivarla piuttosto che vendere sottocosto dico io con una logica economica preferisco vendere x un periodo di tempo sottocosto purch mi siano coperti i cf e una parte dei cv, questo comportamento ha una sua logica economica, qui siamo al margine perche il comportamento economico x me non finalizzato a sottrarre quote di mercato ad altri ma finalizzato ad un razionale esplicazione della mia attivit d'impresa ma al contempo arreca un danno concorrenziale agli altri ,quali non si trovano sulla mia stessa situazione qui siamo al confine poich il comportamento non soggettivamente contrario alla correttezza professionale ma lo oggettivamente ,diventa difficile evidenziare in questi casi limite se la vendita sottocosto sia lecita oppure no. L'imprenditore che effettua una vendita sottocosto sapendo di non fare una cosa che rientra nella normalit si precostituisce le ragioni per le quali lo fa. 21

Ad esempio un produttore di gelati che si vendono maggiormente d'estate quindi di inverno che si vendono meno, abbasso i costi andando un p sottocosto x' mi costa di pi chiudere la gelateria piuttosto che vendere sottocosto x un periodo sottocosto pur sempre coprendo i cf.Situazione nelle quali gli studiosi di economia ci dicono che non sempre la vendita sottocosto illecita ,la vendita sottocosto in cui sono coperti in cf e una parte dei variabili pu essere un comportamento economico e non anti economico.Quindi bisogna andare a vedere se quel comportamento era soggettivamente legittimo poi passare dal soggettivo all'oggettivo mediante un'osservazione del mercato che pu essere un comportamento soggettivamente lecito ma oggettivamente illecito. Boigottaggio altro atto di concorrenza sleale,tendo a fare in modo che l'impresa concorrente abbia difficolt nel reperire le materie prime, semi lavorati ,prodotti finiti se grossista o dettagliante o che abbia difficolt(mercati di fornitura) ad accedere ai mercati di sbocco che abbia quindi difficolt a reperire clientela, quindi compiere tutte quelle attivit volte a rendere pi difficoltoso per il concorrente l'accesso ai mercati di fornitura o di sbocco. Boigottaggio pu articolarsi in 2 diverse modalit 1)Primario si verifica nella situazione in cui lo stesso imprenditore concorrente che rifiuta di stipulare contratti con il concorrente. Questa situazione difficile che si venga a verificare nella realt x' quando sono io stesso a rifiutare i mercati di sbocco al concorrente vuol dire che sono io il mercato di sbocco del concorrente perche se non rifiuto e non succede niente, si ha quando un imprenditore concorrente occupa pi livelli della scala produttiva rispetto al concorrente che ne occupa uno solo oppure viceversa quando ho altre motivazioni che mi inducono a preferire un concorrente rispetto ad un altro motivazioni che siano del tutto antieconomica, cio anche nella situazione di libera concorrenza nessun imprenditore obbligato a contrarre con altri imprenditori o sono in un regime di monopolio quindi sono obbligato a vendere, laddove non vi siano queste situazione di monopolio legale o sostanziale io posso vendere i prodotti ad un concorrente e non venderli ad un altro ,con un prezzo ad uno e un prezzo diverso all'altro. Vi sono comunque dei casi limite di comportamenti scorretti cio rifiuti totalmente immotivati. Diverso quando il mio comportamento di vero boigottaggio nel senso che lo faccio proprio x escluderti dal mercato Si ha boigottaggio primario quando occupo una tale quota di mercato che un mio rifiuto di contrarre determina x te una obiettiva difficolt o addirittura impossibilit di accedere ai mercati di produzione o di sbocco esempio se io vendo una determinata qualit di legno e tu fai i parquet x i quali ti necessario avere quella materia prima ed io rifiuto di venderti questo legno ti determino un a obiettiva difficolt di accesso ai mercati di produzione. Anche per il boigottaggio primario difficile come x la vendita sottocosto andarne ad individuare il lecito dall'illecito ci vorr un complesso di atti motivati dal punto di vista economico volti ad escludere un concorrente. 2)Secondario che la modalit pi significativa e diffusa mediante la quale un imprenditore o pi inducono altri soggetti che si trovano su altri livelli della scala produttiva a non assumere obbligazione con un determinato concorrente es 3-4 produttori importanti di parquet vanno dal rivenditore di legno dicendo di non vendere il legno ad un imprenditore oppure dico di non vendere pi i prodotti di tizio ma solo i miei ,non sono io che rifiuto di contrarre con il concorrente ma induco altri a non contrarre con il concorrente perci secondario x' non lo faccio io personalmente ma lo faccio fare ad altri.(atto illecito). Entrambi sono illegittimi quando obiettivamente rende difficile l'accesso al concorrente ai mercato di produzione o di sbocco quando il prodotto facilmente sostituibile il boigottaggio sfuma di significato quando invece non facilmente sostituibile cio si deve arrecare una obiettiva difficolt x esserci boigottaggio non semplicemente uno ostacolo immediatamente superabile. Storno dei dipendenti sul piano semantico vuol dire che vado da un concorrente mi prendo i suoi dipendenti cio li storno a me o li porto in unaltra impresa 22

quindi sottraggo dipendenti ai concorrenti. Anche pero questo comportamento di per se neutro sottrarre dipendenti pu essere un comportamento lecito o illecito.Nel mercato della lavoro desiderio di qualsiasi imprenditore poter acquisire le miglior forze competitive, da altra parte x il lavoratore il suo desiderio andare da chi gli offre di pi,a parit di altre condizione, lecita questa situazione e rientra nelle capacit di un imprenditore saper scegliere i migliori lavoratori del concorrente offrendogli maggior compenso ci pu riguardare sia chi ricopre ruoli apicali o secondari quindi sarebbe assurdo qualificare tale comportamento come illecito. Bisogna andare a vedere quando diventa illegittimo.E illegittimo quando la sottrazione dei dipendenti operata con modalit non conforme ai principi di correttezza professionale e quando si rinviene lanimus nocendi cio la volont di danneggiare i concorrenti anzi x alcuni deve essere lanimus nocendi lunico motivo che ha mosso il concorrente secondo altri non che sia lunico motivo ma questo devono essere accompagnate da altre.Modalita con cui si effettua lo storno, una cosa che io vado dal dipendenti e gli dico vieni da me che ti offro 10.000 euro in pi altro che gli dico che lo vogliono licenziare o che limpresa in stato di insolvenza sono stati presentati dei ricorsi di fallimento ti conviene venire da me o che nella fabbrica dove lavori ci sono sostanze nocive.Lanimus nocendi si ha quando io opero lo storno non tanto x ho bisogno di quelle unit lavorative ma x so che sottrarre quei lavoratori al concorrente gli arreco un danno ,ecco che assumono rilevanza 2 elementi non posso sapere cosa c nellanimo di un imprenditore e non ritrovano delle prove oggettive, mai la trover nella confessione del concorrente ma sempre la trover nel raffronto delle 2 imprese devo ritrovare o che a me quel dipendente non serviva, normalmente lo storno riguarda dipendenti che occupano ruoli apicali es direttore vendite ,assumendo il nuovo senza licenziare il precedente lo storno ispirato solo da un animus nocendi spinto solo dalla volont di nuocere e non dalla necessit.Un elemento che dimostra lanimus nocendi il quantitativo di dipendenti x nella pratica che voglio effettuare un storno vado a prendermi tutto un settore tutti gli addetti alle vendite contraria ai principi di correttezza .I 2 parametri su cui si evince lanimus nocendi lapicalit dei ruoli e la circostanza che quel ruolo gi ricoperto da unaltra persona non servono,e dal quantitativo di dipendenti sottratti , fatto anche con determinate modalit fatto in pi che denota lanimus nocendi. Un problema in pi la circostanza che c un terzo, allora normalmente se viene compiuto un atto illecito io sarei portato a dire che devo ripristinare ove possibile la situazione precedente,x il dipendente il discorso diverso x non posso costringere il dipendente a tornare indietro ,nello storno quando ci sono tutte le prove alla fine il precedente datore di lavoro pu avere indietro il dipendente?no solo se lui se ne vuole andare c la libera volont del dipendente qui il diritto del lavoro contrasta con la disciplina della concorrenza sleale non posso andare ad incidere sulle decisioni altrui.Quindi lo storno anche quando accertato non determina un vincolo per il dipendente di tornare indietro ma le conseguenze ordinarie che si producono in qualsiasi atto di concorrenza sleale. Concorrenza dellex dipendente una particolare rapporto che lega il dipendente al suo datore di lavoro,il dipendente evidentemente che presta la sua attivit lavorativa acquista delle cognizioni che siano tecniche capacita di fare delle cose sia relative allazienda elenco fornitori, elenco clienti dipende sempre dal ruolo occupato. Nel momento il cui il dipendente presta la sua attivit lavorativa alle dipendenze di un determinato datore di lavoro sorge a suo carico un divieto di concorrenza con il suo datore di lavoro previsto dal codice civile in materia di rapporto di lavoro nel caso in cui si ha la concorrenza si incorre nel licenziamento e nel risarcimento danni. Problema che si pone con lex dipendente che svolgeva attivit di lavoro che cessa il rapporto avvia in proprio una prioria attivit o che va alle dipendenze di altro datore di lavoro al quale fornisce tutte le sue conoscenze in questa situazione ,il comportamento del lavoratore sempre legittimo cio il contratto di lavoro prevede un vincolo di lavoro in costanza del rapporto di lavoro, una volta che il rapporto cessato non esistono pi vincoli di non concorrenza a carico del vecchio dipendenti.Unica situazione che non pu 23

essere fatto quando i contratti collettivi di lavoro prevedeva un vincolo di non concorrenza cio il vincolo di non concorrenza o negoziale nazionale oppure individuale che prevedeva che x un determinato periodo non era possibile svolgere attivit di concorrenza, naturalmente a livello di contrattazione nazionale ed individuale esista un patto di non concorrenza lex dipendente che svolge latto svolge un atto illecito,tale patto di non concorrenza stipulato dal dipendente e dal datore legittimo?se il datore vincola alla non concorrenza il dipendente con particolare manualit nel fare serrature se il datore dice che x 2 anni non pu svolgere quella attivit il dipendente come fa a vivere!il contratto che prevede un vincolo di non concorrenza deve essere lecito e deve prevedere un compenso che deve essere congruo x compensare la mancata attivit lavorativa il patto per essere valido deve essere delimitato e pagato cio prevedere un corrispettivo. Concorrenza parassitari elementi in comune con la confusione ma se ne differenzia , nella confusione vengono utilizzati dei segni distintivi o viene imitato servilmente un prodotto in modo da indurre in errore la clientela circa il prodotto o la provenienza .Nella concorrenza parassitaria io non compio nessuno di questi atti e pur tuttavia sfrutto tutte quelle iniziative,attivit, peculiarit del concorrente idonee a determinare il plus per il concorrente e che io mi limito a ricopiare in questo senso si parla di concorrenza parassitaria, senza sostenere nessun costo mi limito a riprodurre tutto quello che fa un concorrente ottenendo i vantaggi da quello che fa il concorrente e riducendo i suoi vantaggi x io faccio la stessa cosa senza che pero nelle mie attivit ci sia uniniziativa o un costo o impulso imprenditoriale che possa dare conto delle mie attivit esempio inizia una riduzione di prezzi la faccio anchio ,dispongo i prodotti in un determinato modo sugli scaffali e lo faccio anchio,senza entrare nella confusione infatti lelemento delicato della concorrenza parassitaria proprio la sua distinzione dalla confusione se io imito il volantino ,il prodotto, il segno distintivo altrui faccio confusione,nella concorrenza parassitaria in nessun momento faccio confusione ma semplicemente mi limito a riprodurre tutte le iniziative del concorrente chiaro che affinch ci sia concorrenza parassitaria non basta il singolo atto mai x che il concorrente faccia un ribasso di prezzi quando il suo concorrente lo fa un atto normalissimo ,la concorrenza parassitaria sorge solo quando c un complesso di atti che si ripetano in maniera abituale e non occasionale e che oggettivamente si deduca che il concorrente mi sta copiando cio in maniera parassitaria si appropria di tutte le mie iniziative x la confusione necessario un solo atto x c una esplicita induzione in errore, nella concorrenza parassitaria c uno sfruttamento abusivo altrui senza una palese induzione in errore pero in determinate situazione la concorrenza parassitaria sfocia nella confusione x se io faccio proprio le stesse cose proprio come mezzo x creare confusione (3 ipotesi ),al fine di evitare perplessit la pratica ha delimitato questa fattispecie di concorrenza parassitaria facendola rientrare negli altri atti non conformi ai principi di correttezza professionale. Non rispetto di normative in senso lato pubblicistiche abbiamo fatto gi cenno con la denigrazione, se il concorrente non rispetta le norme di legge esempio urbanistiche si decide di ampliare il capannone senza avere le necessarie licenze di edificazione, se il concorrente paga i dipendente a nero (inps, ritenute) se il concorrente non paga le tasse se il con concorrente non rispetta le norme sulligiene e informativa dei prodotti questo signore si rende responsabile di iniziative dannose x la salute o illecite viola le norme pubblicistiche.Questo anche atto di concorrenza sleale x nel momento che tu violi quelle norme allo stesso tempo hai un vantaggio concorrenziale rispetto a me in maniera illecita, se il concorrente paga i dipendenti a nero risparmia che invece io pago quindi il mio prodotto lo devo far pagare in pi ,il concorrente non pu andare a comunicare al pubblico questa situazione x anche se veritiera compie un atto di denigrazione e compie a sua volta un illecito concorrenziale quello che pu fare il concorrente sono 2 cose: pu denunciare questa situazione allautorit giudiziaria quando ne ha le prove e pu agire concorrenza sleale questo atto al contempo la violazione di norme pubblicistiche che espone il concorrente ad iniziative di ordine penale e al contempo un atto di concorrenza sleale che espone il concorrente anche a 24

tutte le iniziative di concorrenza sleale.Ad esempio le fondazioni e le associazioni che svolgono pero attivit dimpresa si trovano a non pagare le tasse e avere i vantaggi ,quando appaio sul mercato in una maniera diversa di quella che sono compio oltre ad altri illeciti anche quello concorrenziale ,il problema che ci sono delle leggi italiane che tutelano queste situazione Ad esempio dal punto di vista comunitario questo problema non si pone proprio nel senso che limpresa vista sul piano dellattivit che svolge e non sul piano della forma che riveste e quindi se un impresa tale soggetta a tutti i vincoli che ne derivano dal punto di vista italiano questi problemi ci sono quando la norma di legge che legittima certe situazione il concorrente che subisce questa situazione potrebbe fare un azione di accertamento al giudice facendo presente che quella fondazione o associazione fa attivit di impresa o una denuncia alla prefettura. Caso se le fondazioni si dichiarano fallite ad esempio la fondazione San Raffaele che si discute della sua ammissione al concordato preventivo e al fallimento ma essendo una fondazione e non impresa non potrebbe, quindi dovrebbe cosi facendo essere considerata come impresa ma ci si evince nei momenti patologici quando invece parliamo di concorrenza sleale noi parliamo di momenti fisiologici nella vita ordinaria dellimpresa. Lezione del 15.12.2011 Art. 2599 e lart. 2600 sono i due articoli da cui iniziamo la lezione. Art. 2599 dice che la sentenza che accerta latto di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e d opportuni provvedimenti affinch vengano eliminati i suoi effetti. Art 2600 se gli atti di concorrenza sono compiuti con dolo o colpa lautore degli atti di concorrenza sleale tenuto al risarcimento del danno. In questa ipotesi pu essere ordinata anche la pubblicazione della sentenza. Accertati gli atti di concorrenza sleale la colpa si presume. La disciplina della concorrenza sleale si applica nei rapporti tra imprenditori concorrenti. Il rapporto concorrenziale non solo quello che Largomento di cui parliamo oggi quello che riguarda i mezzi a disposizione dellimprenditore che stato leso per difendersi contro gli atti di concorrenza sleale compiuti da un imprenditore concorrente. Nel diritto processuale civile, largomento di cui parliamo oggi cio quello dei mezzi di tutela, richiama lesercizio di azioni giudiziarie dal punto di vista dei giuristi ha un profilo sostanziale cio quello del diritto leso che si fa valere in giudizio ma anche un profilo processuale cio come si fa valere, chi lo pu far valere, quale il tipo di provvedimento, ecc. perci quando diciamo che il legittimato attivo limprenditore che ha subito latto di concorrenza sleale cio chi il legittimato attivo? il soggetto che pu far valere le azioni che i testi di legge gli mettono a disposizione per difendersi contro gli atti di concorrenza sleale. In termini di diritto processuale civile, limprenditore che ha subito latto di concorrenza sleale il legittimato attivo cio colui che ha la legittimazione ad avvalersi degli strumenti di tutela messi a disposizione dal legislatore cio colui che ha subito latto di concorrenza sleale. Chi il legittimato passivo? Il legittimato passivo limprenditore concorrente che ha compiuto latto di concorrenza sleale. Le due norme presuppongono che ci sia un soggetto che si pu avvalere di certi strumenti e che c un soggetto chiamato in giudizio a rispondere di certi comportamenti. Nella prima parte della norma, cio la sentenza che accerta gli atti di concorrenza sleale, ne inibisce la continuazione e d opportuni provvedimenti affinch vengano eliminati i suoi effetti non si parla della colpa o del dolo del soggetto che ha agito perch? Non richiesto nessun elemento soggettivo cio cosa classifica latto come atto di concorrenza sleale cio non essere conforme ai principi di correttezza professionale che siano idonei a danneggiare laltrui azienda. Significa che ci sono alcuni tipi di rimedi contro gli atti di concorrenza sleale che sono connessi solo ed esclusivamente al compimento dellatto e allaccertamento di quellatto a prescindere dallindagine sulleventuale elemento soggettivo del soggetto agente. Lillecito aquiliano si fonda sullesistenzala responsabilit contrattuale ed extra contrattuale e lextra contrattuale si fonda sullarticolo 2043 cio ogni soggetto che compie un 25

atto doloso o colposo tenuto a risarcire a colui che ha subito il danno ingiusto. Uno dei pilastri del nostro ordinamento lillecito extracontrattuale (art. 2043) per cui ogni atto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lha compito al risarcimento del danno e questo risarcimento del danno di natura extra contrattuale cio che prescinde da una pattuizione ed incide sulla sua prescrizione e su una serie di altre cose per esempio il termine di prescrizione dellillecito aquiliano di 5 anni mentre invece il termine di prescrizione dellillecito contrattuale di 10 anni. Il diritto al risarcimento del danno extra contrattuale presuppone lanti giuridicit del comportamento, il nesso causale fra il comportamento e il danno lelemento soggettivo cio deve essere un comportamento doloso o colposo. Sotto questo punto di vista se noi volessimo tentare di fare un raggruppamento secondo voi quando parliamo degli strumenti di tutela contro gli atti di concorrenza sleale in linea generale in che macroarea ci collochiamo nellillecito contrattuale o nellillecito extra contrattuale? Nellillecito extra contrattuale. Se noi dovessimo dire questa fattispecie e pi avvicinabile allillecito contrattuale o extra contrattuale dovremmo riconoscere che la matrice quella dellarticolo 2043. Rispetto allarticolo 2043 la tutela della concorrenza sleale ha delle agevolazioni. La tutela della concorrenza sleale si caratterizza perch viene agevolato laccesso agli strumenti di tutela e anche lonere della prova perch nella tutela ex articolo 2043 lattore che agisce in giudizio deve provare il comportare, il fatto, deve provare il nesso causale e deve provare lelemento soggettivo. Qui gi vi siete accorti che per alcuni provvedimenti dellelemento soggettivo non se ne parla proprio mentre nella seconda norma accertati gli atti di concorrenza sleale la colpa si presume questa una agevolazione, cio limprenditore che agisce in giudizio per tutelarsi contro gli atti di concorrenza sleale non deve scendere nel dettaglio sullelemento soggettivo, spetta allimprenditore legittimato passivo convenuto in giudizio dimostrare che latto non era colposo o non era doloso. Si presume la colpa unagevolazione in pi rispetto alla tutela extra contrattuale del diritto in generale questo per il risarcimento del danno. Allillecito extra contrattuale si ricollega la tutela della concorrenza sleale. Gli articoli 2599 e 2600 ci indicano gli strumenti di tutela contro gli atti di concorrenza sleale e la sola lettura ci fa capire che ci sono delle agevolazioni, delle differenze. Il compimento di un atto di concorrenza sleale non d luogo ad una responsabilit contrattuale ma da luogo ad una responsabilit di tipo extra contrattuale. Si differenziano rispetto allarticolo 2043 pur essendo della stessa matrice. La sentenza che accerta gli atti di concorrenza sleale d gli opportuni provvedimenti affinch ne vengano eliminati gli effetti ma non ci viene dato un elenco che indica quali sono i provvedimenti quindi siamo di fronte ad un'altra categoria aperta. La seconda osservazione che possiamo fare, la prima riguarda lampiezza degli strumenti di tutela, e che la tutela concorrenziale non guarda solamente al passato cio non soccorre la vittima solo al risarcimento del danno che si gi verificato ma guarda al presente attraverso quelli opportuni provvedimenti che vi dicevo prima che servono a reintegrare o a ricostituire linteresse che stato leso e guarda anche al futuro cio impedisce la continuazione o il ripetersi dellillecito gi compiuto. Anche latto di concorrenza sleale un comportamento anti giuridico riconducibile allillecito extra contrattuale ma sottoposto ad una disciplina speciale per certi versi fonte di una tutela un p pi agevolata rispetto a quella che sarebbe invocabile in base allarticolo 2043. Non si limita a guardare solo al passato, con il risarcimento del danno, ma al presente con la rimozione degli effetti al futuro con il tentativo di impedire la continuazione o il ripetersi dellillecito. Le norme che abbiamo letto consentono al soggetto che ha subito atti di concorrenza sleale, quindi soggetto passivo dellatto perch lo ha subito ma legittimato attivo per lo strumento di tutela significa che pu andare in giudizio a farlo valere, ha la legittimazione ad andare in giudizio ad invocare la tutela degli articoli 2599 e 2600. Queste norme possono dar luogo ad una serie di provvedimenti: pronunce di accertamento, la sentenza che accerta gli atti di concorrenza sleale, provvedimenti di carattere restitutorio, sono quei provvedimenti che vengono adottati per eliminare gli effetti degli atti di concorrenza sleale, provvedimenti di carattere inibitorio e 26

provvedimenti di natura risarcitoria. Facciamo un osservazione i provvedimenti restitutori cio sono quei provvedimenti che la sentenza che accerta lesistenza degli atti di concorrenza sleale pu adottare affinch vengano eliminati i suoi effetti questi provvedimenti di carattere restitutorio non corrispondono a quelli risarcitori perch tendono a restaurare linteresse leso direttamente. Quelli inibitori sono rivolti a vietare la eventuale continuazione o ripetizione dellatto di concorrenza sleale cio questi diversi tipi di provvedimenti, estratti da quelle due norme che abbiamo letto, sono affiancati anche da altri strumenti di tutela che sono a disposizione in generale di tutti i consociati nel senso che sono forme di tutela previste in via generale dal codice di procedura civile mi riferisco ad altri tipi di provvedimenti cautelari ad esempio nel codice di procedura civile c larticolo 700 che lo strumento per richiedere ai tribunali ladozione di provvedimenti di urgenza di carattere atipico, possono essere utilizzati in tutti i casi anche nel caso della concorrenza sleale cio se vogliamo ottenere un provvedimento immediato senza attendere lesito del processo che accerta latto di concorrenza sleale e poi adotta i provvedimenti non vi preclusa la possibilit di utilizzare altri strumenti di tutela previsti allinterno del codice di procedura civile il pi importante quello previsto dallarticolo 700 oppure un rimedio che previsto nel codice civile che lazione di ingiustificato arricchimento art. 2041 quando non ci sono i presupposti per avere il risarcimento del danno perch per esempio il dolo o la colpa non c. I provvedimenti che si possono estrarre dallarticolo 2599 e 2600, questa gamma di provvedimenti possono essere affiancati da altri mezzi di tutela utilizzabili anche in materia di concorrenza sleale ma non solo, strumenti di carattere generale. Cominciamo dalle pronunce di accertamento art. 2599. La sentenza che accerta gli atti di concorrenza sleale, ladozione di questi provvedimenti da parte di un tribunale presuppone che il soggetto che legittimato attivo cio quello che ha subito latto di concorrenza sleale abbia iniziato una causa nei confronti del legittimato passivo cio colui che ha compito latto di concorrenza sleale abbia chiesto al giudice di accertare latto di concorrenza sleale e di adottare i provvedimenti consequenziale e anche la domanda di risarcimento del danno che non obbligatoria alle volte bisogna chiederle le cose questo un altro principio del codice di procedura civile cio il principio della domanda cio il giudice si pronuncia sulle cose che gli chiedete. Questa pronuncia di accertamento cio il provvedimento del giudice sentenza che accerta latto di concorrenza sleale il presupposto logico ma non solo delladozione di tutti gli altri strumenti di tutele cio quelli inibitori, restitutori e quelli di risarcimento del danno. Il presupposto che ci sia una sentenza che accerta il compimento dellatto di concorrenza sleale cio che consiste nella declaratoria del compimento di atti di concorrenza sleale ai sensi dellarticolo 2598, uno di quelli previsti dallarticolo 2598 la sentenza che accerta lesistenza di uno di questi atti il presupposto per ladozione di qualunque strumento di tutela tra quelli che abbiamo elencati. Chiaramente il provvedimento cautelare pu essere chiesto prima della sentenza che accerta latto di concorrenza sleale perci ladozione di un provvedimento cautelare ha bisogno di determinati presupposti, la fondatezza del diritto il pericolo del pregiudizio per quello la tutela cautelare la tutela non cautelare ha bisogno dellaccertamento con processo di cognizione ordinario. Quale il presupposto per la adozione della sentenza di accertamento o del provvedimento che accerta latto di concorrenza sleale? Il compimento dellatto di concorrenza sleale cio la pronuncia di accertamento dellatto di concorrenza sleale in se per se prescinde sia dalla verifica del danno sia dallo stato soggettivo dellagente (colui che ha compito latto di concorrenza sleale). Laccertamento dellatto di concorrenza pregiudiziale rispetto a tutti gli atri mezzi di tutela che possiamo invocare contro gli atti di concorrenza sleale. ma ammissibile la richiesta al giudice di una sentenza di mero accertamento cio una sentenza che si limiti a rispondere alla domanda del soggetto che ha subito latto di concorrenza sleale accertami lesistenza dellatto di concorrenza sleale ma non chiedere una condanna al risarcimento del danno o ladozione di determinati provvedimenti? La sentenza di mero accertamento un concetto tipico del diritto processuale civile. Si d normalmente risposta positiva a questa 27

domanda cio che si pu adottare una sentenza di mero accertamento per solo la sentenza di accertamento positivo pu essere seguita dalladozione di altri provvedimenti cio di altre misure di tutela contro gli atti di concorrenza sleale cio solo laccertamento positivo dellatto di concorrenza sleale si pu combinare con ladozione di altri provvedimenti o restitutori, o inibitori o di risarcimento del danno non certo laccertamento negativo. Proseguendo, dopo aver esaminato che tipo di accertamento deve fare il giudice, deve accertare il compimento dellatto di concorrenza sleale, larticolo 2599 ci dice che la sentenza che accerta lesistenza dellatto di concorrenza sleale pu adottare opportuni provvedimenti che ne eliminano gli effetti procedimenti che abbiamo definito di carattere restitutorio o di rimozione degli effetti. Vi ricordo che solo dopo laccertamento dellatto di concorrenza sleale si pu adottare un provvedimento restitutorio o di rimozione degli effetti. La legge non indica quali sono di preciso i provvedimenti infatti ci dice che si pu adottare gli opportuni provvedimenti idonei ad eliminare gli effetti dellatto di concorrenza sleale. Da cosa condizionato questo provvedimento restitutorio o di rimozione degli effetti? Solo dallaccertamento dellatto di concorrenza sleale. La eliminazione degli effetti che il provvedimento dovrebbe ottenere ci indica che non si riferisce alla riparazione del danno eventualmente subito perch voi di questo assunto troviamo conferma nellarticolo 2600 che invece la norma dedicata al risarcimento del danno. Se vi fosse una sovrapposizione tra larticolo 2599 e 2600 uno dei due sarebbe inutile. Il fatto che sono disciplinati in due articoli diversi d la certezza che il provvedimento che serve a rimuovere gli effetti una cosa, il provvedimento che mira al risarcimento del danno un altra cosa e quindi il provvedimento di restituzione o di rimozione non rivolto alla riparazione ne in forma generica ne in forma specifica del danno che si sia eventualmente verificato. Inoltre non sarebbe possibile ammettere misure di tipo risarcitorio cio di risarcimento del danno verificato senza indagine sugli stadi soggettivi che sono quelli che anche se con qualche agevolazione larticolo 2600 prevede mentre larticolo 2599 non parla degli stadi soggettivi cio laccertamento dellatto di concorrenza sleale e il provvedimento restitutorio non necessitano della prova della colpa o del dolo di quello che ha compiuto latto di concorrenza sleale ma solo dellaccertamento dellatto di concorrenza sleale. Se dovessimo identificare una caratteristica generale di questi provvedimenti che servono a rimuovere gli effetti dellatto di concorrenza sleale dovremmo dire che tendono a ricostituire la situazione di fatto che corrisponde allinteresse che stato leso o lo stato di fatto esistente prima del compimento dellatto di concorrenza sleale, lo status co ante. Il fatto che mirino a ricostituire la situazione di fatto corrispondente allinteresse leso ed esistente prima dellatto di concorrenza sleale ci dice anche che irrilevante per ladozione di questi provvedimenti sotto il profilo giuridico il fatto che possano avvicinarsi anche al profilo del risarcimento del danno, sia danni gi verificati sia quelli che si potrebbero verificare. Questi provvedimenti cio mirano a ricostituire linteresse leso mentre i provvedimento di tipo risarcitorio vogliono recuperare lutilit perduta. Facciamo alcuni esempi: hanno natura restitutorio o di rimozione degli effetti lordine di ritiro dal commercio di prodotti che sono una imitazione di prodotti dei concorrenti, ladozione di determinate misure che servono a eliminare la confondibilit di prodotti messi in commercio da un concorrente che ha compiuto atti di concorrenza sleale, ecc. Solo per i provvedimenti risarcitorio non per quelli di rimozione degli effetti occorre verificare lesistenza del danno e dellelemento soggettivo, sebbene con quella agevolazione prevista dallarticolo 2600 che la colpa si presume. Quella unagevolazione ma non vuol dire che non ci deve essere. Per i provvedimenti restitutori, invece, la concezione di provvedimenti restitutori non influenzata da questa indagine ma solo dallaccertamento dellatto di concorrenza sleale. In dottrina per la rimozione degli effetti non sarebbe necessario neppure che il danno sussista sotto il profilo potenziale come invece succede per i provvedimenti inibitori. La potenzialit del danno, per, qualifica in s latto di concorrenza sleale e quindi la potenzialit a ledere laltrui azienda. Ad ogni modo questo tipo di provvedimenti cio la rimozione degli effetti che possono accompagnare la sentenza che accerta 28

lesistenza dellatto di concorrenza sleale sono legati solo ed esclusivamente allaccertamento positivo del compimento dellatto di concorrenza sleale prescindono dallo stato soggettivo e dallesistenza vera e propria del danno. Questa una tutela pi avanzata rispetto alla tutela dellillecito extra contrattuale articolo 2043. La disciplina dei segni distintivi e della ditta, sotto il profilo della ditta utilizzata legittimamente da altri questi profili si confondono, disciplina della ditta e della concorrenza sleale, per la tutela dei segni distintivi uno step ancora pi avanzato rispetto sia allillecito aquiliano sia alla concorrenza sleale, un gradino ancora pi su. Perch per escludere uno che utilizza la ditta legittimamente utilizzata da noi di cosa abbiamo bisogno solo che la ditta sia confondibile con la nostra, non abbiamo bisogno nemmeno del danno potenziale. Art. 2043 quella generale serve il fatto, il comportamento che ha cagionato il danno, il danno, il nesso causale e lelemento soggettivo nella tutela degli atti di concorrenza sleale per alcuni tipi di provvedimenti, quelli che stiamo vedendo adesso, basta che sia compiuto latto di concorrenza sleale che quello generalmente individuato dallarticolo 2598 numero 3. Per il risarcimento del danno servono altre cose mentre per i provvedimenti esaminati c una tutela pi avanzata dellarticolo 2043. La tutela dei segni distintivi che si pu accavallare con quella degli atti di confusione ha una tutela ancora pi avanzata. Se vogliamo impedire ad una persona lutilizzo di un segno distintivo legittimamente utilizzato da noi non ci serve nemmeno il danno potenziale. Da un punto di vista processuale, i provvedimenti che ordinano la rimozione degli effetti degli atti di concorrenza sleale si qualificano come sentenze di condanna cio sentenze che costituiscono un obbligo, obbligo di fare a carico della controparte cio di colui che stato accertato di essere autore dellatto di concorrenza sleale. Il contenuto di questi obblighi di fare per eliminare gli effetti dellatto di concorrenza sleale non pu essere definito a priori, la legge ci dice che possono essere utilizzati i pi opportuni provvedimenti, non ci dice quali. In sostanza il contenuto di questi obblighi v modellato in base alle circostanze del caso concreto, cio caso per caso, sulla peculiarit della singola situazione e degli interessi da conseguire tenuto conto del fatto che non si pu gravare inutilmente e oltre una misura limite il convenuto, cio quello che abbiamo chiamato in giudizio, nelladozione di questi provvedimenti bisogna bilanciare anche gli effetti, non bisogna chiedere cose inutilmente gravose. Per esempio la pubblicazione di smentite, non la pubblicazione della sentenza che accerta lesistenza dellatto di concorrenza sleale, il ritiro dal commercio di prodotti che sono frutto di imitazione servile o la loro distruzione o laggiunta di varianti nei casi di imitazione servile, per esempio anche la rimozione di prodotti di etichette mendaci, nei casi di appropriazione di pregi altrui, oppure anche al ripristino delle relazioni contrattuali nel caso di boicottaggio, ma vi ripeto che la categoria aperta dipende dal tipo di atto di concorrenza sleale che a sua volta aperta e dalle circostanze del caso concreto. In sintesi la sentenza che accerta latto di concorrenza sleale e laccertamento positivo contenuto in questa sentenza pu essere presupposto di un tipo di provvedimento che il provvedimento di rimozione degli effetti. Questo provvedimento si differenzia da quello risarcitorio per il suo presupposto in particolare, disciplinato dallarticolo 2599 ed una categoria aperta. La sentenza che accerta lesistenza dellatto di concorrenza sleale presupposto per ladozione oltre che di provvedimenti di tipo restitutorio e di rimozione degli effetti ma anche di tipo inibitorio. Che cosa si intende per provvedimento inibitorio? Nel nostro ordinamento c un inibitoria che ha carattere processuale che vuol dire sospendere lefficacia esecutiva di una sentenza, togliere lefficacia esecutiva ad un certo provvedimento. La sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva. Esiste per anche una inibitoria sostanziale che consiste nella condanna oppure si pu dire che con ladozione di questo provvedimento il soggetto che lo chiede cio chi ha subito latto di concorrenza sleale pu chiedere al giudice di accertare lesistenza dellatto di concorrenza sleale e sulla base di questo accertamento ordina a quello che lha compito latto di concorrenza sleale di non continuare o di non ripetere il comportamento illecito. Questi sono i tipi di provvedimenti inibitori previsti dallarticolo 2599, cio dalla norma che ci dice 29

quali sono gli strumenti di tutela contro gli atti di concorrenza sleale. Anche in questo caso il presupposto per ladozione della inibitoria non il danno che si sia gi verificato ma il pericolo del danno, vale a dire la probabilit che sia continuata o ripetuta la condotta che integra la concorrenza sleale. Questo significa che se lattivit dellimpresa del soggetto che abbiamo convenuto in giudizio cessa cessano i presupposti per ladozione di un provvedimento inibitorio. In questo caso non ci sarebbe la possibilit di una ripetizione o continuazione del provvedimento che integra lillecito. Linibitoria si orienta verso le ripetizioni e le continuazioni dellatto di concorrenza sleale. La inibitoria prevista dallarticolo 2599 quella che segue laccertamento dellatto di concorrenza sleale cio quella contenuta insieme con la sentenza che accerta latto di concorrenza sleale cio quella che presuppone che laccertamento sia stato gi compiuto. Questo non impedisce di chiedere lo stesso tipo di provvedimento o un provvedimento di carattere cautelare prima che la sentenza sia adotta, prima che il processo di cognizione ordinario si sia compiuto con un provvedimento di carattere cautelare che si sovrappone dal punto di vita dei contenuti dallinibitoria ma che adottato in via cautelare in virt dellarticolo 700, cio linibitoria articolo 2599 quella che segue laccertamento dellatto di concorrenza sleale ma questo non ci impedisce di tutelarci prima che il processo sia finito con strumenti di natura cautelare. Anche dal punto di vista del contenuto linibitoria cio lordine di non continuare o ripetere il comportamento illecito una sentenza di condanna, una condanna di non fare cio non ripetere e continuare il comportamento illecito. Se la sentenza ordina linibitoria cio ordina allimprenditore concorrente che ha compiuto latto di concorrenza sleale di non continuare il comportamento ma quello lo continua io come vengo tutelato? Per forza attraverso un obbligo di fare per questo non in contraddizione con il fatto che il contenuto dellinibitoria sia un ordine di non fare se uno non ottempera potremmo ottenere lesecuzione forzata solo attraverso un ulteriore rimozione ma si tratterebbe pur sempre dellesecuzione della inibitoria. I provvedimenti risarcitori, larticolo 2600 ci dice che gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o colpa lautore tenuto al risarcimento dei danni. In tale ipotesi pu essere ordinata la pubblicazione della sentenza una forma di risarcimento del danno in forma specifica e la colpa si presume accertato latto di concorrenza sleale. Quali sono i presupposti per ladozione del provvedimento risarcitorio? Quali sono i presupposti affinch la sentenza che contiene laccertamento dellatto di concorrenza sleale condanni quello che lha compiuto a ristorarci del danno che abbiamo subito sia in termini numerici sia in forma specifica cio la pubblicazione della sentenza? Primo presupposto la sussistenza del danno inteso sia come danno emergente sia come danno cessante. Secondo la presenza dellelemento caratterizzante di tipo soggettivo cio il dolo o la colpa del soggetto agente. Qualora mancano questi presupposti il danno potr essere solo ristorato con unazione di arricchimento senza causa. La pubblicazione della sentenza che accerta lesistenza degli atti di concorrenza sleale considerata soprattutto nei rapporti fra le grandi imprese una forma molto efficace di risarcimento del danno cio in una buona parte delle cause di concorrenza sleale la cosa che pi temuta la pubblicazione della sentenza che accerta che abbiamo compiuto un atto di concorrenza sleale. Si tratta di un provvedimento molto temuto quello della pubblicazione della sentenza. La tutela contro gli atti di concorrenza sleale ha fino ad un certo punto natura sostanziale poi acquisisce ad un certo punto necessariamente natura processuale. Latto di concorrenza sleale presuppone, anche se d una presunzione a favore del soggetto che agisce e quindi una agevolazione rispetto alla normale tutela contro gli illeciti, lesistenza dellelemento soggettivo cio la necessaria presenza del dolo o della colpa dellagente. La colpa la condizione di colui che volontariamente compie un atto di quelli che entrano nellarticolo 2598 ma per negligente accertamento ignora che esso integri gli elementi della fattispecie illecita cio il compimento dellatto volontario ma c negligenza sulla riconduzione alla fattispecie illecita. Non latto involontario, latto colposo latto compiuto volontariamente. Se avesse saputo che latto che stava compiendo volontariamente integrava i requisiti dellarticolo 2598 sarebbe stato compiuto con consapevolezza ma sempre 30

volontario il compimento dellatto. Questa consapevolezza manca per negligenza e questa negligenza integra la colpa. Estranea la consapevolezza delle conseguenze dannose. In conclusione, tenuto conto di quello che abbiamo detto cio che, accertato latto di concorrenza sleale, la colpa si presume, sappiamo chi gravato dellonere della prova quello che abbiamo convenuto in giudizio cio quello che viene accusato di aver compiuto atti di concorrenza sleale. Colui che viene accusato di compiere atti di concorrenza sleale il convenuto in giudizio una volta che latto accertato lui gravato dellonere della prova circa la mancanza della colpa. Questa una agevolazione che la disciplina della concorrenza sleale d al soggetto leso che vuole avvalersi degli strumenti di tutela. Per escludere la colpa il convenuto deve dimostrare lignoranza incolpevole degli elementi di fatto che integrano latto di concorrenza sleale. Per esempio dimostrando di aver compiuto le dovute ricerche per accertare la presenza di segni distintivi altrui e la presenza di comportamenti diligenti. Questa lagevolazione che viene data dallordinamento. La colpa, accertata gli atti di concorrenza sleale, la presunzione vale solo per la colpa non per il dolo, la colpa si presume. Questo viene indicato in dottrina come regime di tutela privilegiato cio questa differenza che consiste nellesistenza di una presunzione di colpa a carico del soggetto convenuto in giudizio quando accertato lesistenza dellatto di concorrenza sleale integra il regime privilegiato che viene accordato rispetto a quello previsto dallarticolo 2043 cio la vittima dellillecito concorrenziale ha un privilegio sullonere della prova. un regime che vale solo per gli imprenditori cio attore e convenuto devono essere imprenditori in rapporto di concorrenza tra di loro. In conclusione lautore dellatto di concorrenza sleale se vuole evitare la condanna al risarcimento del danno, sulla rimozione degli effetti e sullinibitoria questo elemento non serve gli stati soggettivi non sono necessari, deve provare che lignoranza era incolpevole. Vi leggo una massima il principio di diritto estratto da una sentenza: perch possa ritenersi la sussistenza di atti di concorrenza sleale e perch possa esserne inibita la continuazione inibitoria sufficiente che gli atti di concorrenza sleale siano idonei a produrre un effetto dannoso per aziende concorrenti anche se questo effetto non si ancora avverato. Lestremo del dolo o della colpa non necessario. Infatti il tipo di provvedimento di cui stiamo parlando linibitoria. Perch il pericolo insito nella reiterazione del comportamento illecito, che si accettato come illecito, quindi lestremo della colpa o del dolo non necessario. Esso richiesto invece per la condanna al risarcimento del danno e per lordine di pubblicazione della sentenza, ma a norma dellarticolo 2600 accertato latto di concorrenza sleale, la colpa si presume sicch si incombe sugli autori di quelli atti che essi furono compiuti senza colpa. Il dolo in questo caso, secondo lopinione pi accreditata, deve essere inteso come rappresentazione degli effetti dannosi inerenti al proprio comportamento, per esempio la consapevolezza di adottare un segno distintivo confondibile con il segno altrui. Quale una delle cose pi difficili in questo tipo di cause? La quantificazione del danno e in genere si fonda, nelle cause di questo tipo, il ricorso ad un mezzo di prova che la consulenza tecnica di ufficio, che in questo caso avrebbe natura contabile, la farebbero nella maggioranza dei casi persone che hanno pi o meno il tipo di profilo economico invece che di giurista. Lacquisizione dei dati necessari alla quantificazione del danno avviene in base allistituto della consulenza tecnica di ufficio in sede processuale che postula a sua volta un indagine sulle scritture contabili e sui libri contabili. Sintesi: dove troviamo le norme che disciplinano gli strumenti di tutela contro gli atti di concorrenza sleale? Nel codice civile articolo 2599 e 2600. Questo significa che gli strumenti di tutela si esauriscono in quelli che sono previsti in queste due norme? No, ci sono anche strumenti di tutela cautelare previsti dal codice di procedura civile. Quali tipi di provvedimenti possono essere adottati dal giudice investito della controversia? Provvedimento di accertamento, restitutorio o di rimozione degli effetti, inibitorio e di limitazione del danno. Si basano su presupposti simili? In parte si e in parte no. Laccertamento positivo dellatto di concorrenza sleale si pu combinare con altri tipi di provvedimenti. La rimozione degli effetti o la restituzione presuppone laccertamento dellatto di concorrenza sleale ma non 31

presuppone gli stati soggettivi, dolo o colpa del soggetto agente. La legge ci dice solo i pi opportuni provvedimenti idonei a rimuovere gli effetti ma non quali sono. Cosa linibitoria? Linibitoria il provvedimento inteso a impedire la continuazione la reiterazione del comportamento illecito, ha ad oggetto un obbligo di non fare e chiaro che in caso di inadempimento noi possiamo ottenere un esecuzione solo attraverso un obbligo a fare che si traduce in un nuovo provvedimento restitutorio che serve ad eliminare cose che non si dovevano fare. Il risarcimento del danno avvicina la tutela della concorrenza sleale a quella generale dellillecito acquiliano ma non del tutto perch c un regime privilegiato sulla dimostrazione dellelemento soggettivo. Per il risarcimento del danno anche in sede di concorrenza sleale serve il danno e la prova dellelemento soggettivo. Per invocare gli strumenti di concorrenza sleale in primis basta il compimento dellatto di concorrenza sleale e lidoneit a ledere laltrui azienda ma per il risarcimento del danno ci vuole che il danno si sia verificato. Questo un provvedimento che guarda al passato cio a ripristinare lutilit che si persa mentre quello restitutorio serve a ripristinare la situazione di fatto e linteresse leso per presuppone il danno e lelemento soggettivo. La differenza rispetto allillecito extracontrattuale sta nel fatto ch accertato latto di concorrenza sleale chi che viene chiamato a discolparsi? Quello che viene chiamato in giudizio, quello che ha compiuto latto di concorrenza sleale, non lo dobbiamo provare noi cio quello che agisce. Altra forma risarcitoria tipicamente prevista dalla legge quella della pubblicazione della sentenza. Lezione 19/12/2011 Nella precedente lezione ci siamo soffermati sulle azioni di difesa dellimprenditore nel caso in cui esso sia aggredito da un atto di concorrenza sleale e di tutte le azioni giudiziarie che gli sono consentite. I segno distintivi costituiscono un altro elemento importante del diritto industriale e (insieme alle invenzioni industriali e ai modelli di utilit ornamentale) costituiscono in settore in cui pi forte lelemento della propriet industriale. Sono beni immateriali rispetto ai quali limprenditore esercita un diritto di propriet (il diritto di propriet industriale), cio limprenditore titolare di tali segni distintivi cos come titolare dei brevetti per invenzioni e per modelli. Ne pu disporre nei sensi che desidera ma mentre il diritto di propriet su una penna o su un immobile si esercita nel senso pi pieno della propriet, nel diritto industriale tale diritto di propriet deve essere esercitato compatibilmente con la funzione svolta da tali beni immateriali in relazione agli interessi tutelati, non solo degli imprenditori ma di tutti gli agenti del mercato in generale. Per quanto riguarda i segni distintivi la tutela offerta riguarda principalmente gli imprenditori proprietari di tali segni. E intuitivo che se io posseggo un segno distintivo tipico/atipico, un altro imprenditore non potr usare lo stesso segno distintivo. Ci perch, capirete bene, il segno distintivo allude ad una funzione distintiva che il segno ha sul mercato, cio il segno distintivo contraddistingue un elemento dell attivit dimpresa esercitata da un certo imprenditore sul mercato. In particolare noi distinguiamo segni distintivi: 1. TIPICI: Quelli che sono oggetto di specifica considerazione da parte del legislatore e che trovano una puntuale disciplina nel nostro ordinamento e sono: ditta, insegna e marchio. 2. ATIPICI: Tutti gli altri elementi utili a connotare, a distinguere unimpresa, i suoi prodotti, i suoi servizi, la sua attivit e il luogo in cui esercitata sul mercato. Gi un cenno a questa tematica dei segni distintivi tipici e atipici stata da noi accennata quando abbiamo parlato della concorrenza sleale per confusione: abbiamo detto che la confusione si riferisce all utilizzo di segni distintivi altrui tipici o atipici. Per i segni distintivi ATIPICI la forma di tutela proprio la disciplina della concorrenza sleale, per quelli TIPICI c una disciplina speciale della quale ci andiamo ad occupare. 32

Tale discorso vale per tutti i segni distintivi: essi sono entit sulle quali limprenditore esercita il suo diritto di propriet. Come sorge il diritto di propriet di un imprenditore su un determinato segno distintivo? Essi sono beni immateriali infatti non che troviamo un oggetto che un segno distintivo, ma su di esso possono essere rappresentati. Il segno distintivo rientra nella categoria di beni immateriali ci vuol dire che non sono beni in senso fisico ma sono beni in senso giuridico e su di essi limprenditore esercita il suo diritto di propriet. Come ogni altro diritto immateriale si tratta di unentit che pu essere conferita, venduta ed valutata nei bilanci imprenditoriali (c unapposita voce relativa ai diritti e agli altri beni immateriali tra i quali rientrano i segni distintivi). La ditta in quanto tale non c, si pu trovare scritta ma non troviamo un oggetto che la ditta. DITTA : Contraddistingue limprenditore e allo stesso tempo limpresa (Contraddistingue lattivit) INSEGNA : Contraddistingue il luogo in cui si svolge una determinata attivit MARCHIO : Contraddistingue il prodotto o il servizio DITTA: Ogni imprenditore che svolge la sua attivit sul mercato spende il proprio nome per lassunzione di obbligazioni e lacquisto di diritti (si fa conoscere sul mercato in un determinato modo). Tale nome pu coincidere con il nome civile (laddove parliamo di imprenditore persona fisica) o pu essere arricchito da un nome di fantasia (anche se non necessario). Il patronimico dellimprenditore sufficiente: se un imprenditore connota la sua attivit sul mercato con il nome Francesco Esposito non per questo la denominazione Francesco Esposito non pu essere qualificata come ditta anzi! Come un imprenditore diviene proprietario di un segno distintivo? E in particolare come si diventa proprietari della ditta? Attraverso luso di quel segno distintivo. Cio Francesco Esposito o antichi sapori di Francesco Esposito pu essere una ditta ma per il momento solo un patronimico o un nome di fantasia che si affianca ad un patronimico. Non ancora una ditta, lo diventer attraverso il suo uso da parte dell imprenditore. La ditta diviene tale con lutilizzo legittimo che l imprenditore ne fa ( in linea di principio l utilizzo illegittimo della ditta non permette all imprenditore di divenirne proprietario). Con lutilizzo avviene che quella ditta acquista una capacit distintiva sul mercato perch di per se antichi sapori di Francesco Esposito non ha una funzione distintiva sul mercato ma una denominazione di fantasia e basta. Con lutilizzo che limprenditore fa di quella determinata denominazione (ad esempio la usa nei suoi rapporti con i clienti e fornitori, fa pubblicit su Tv, quotidiani, volantinaggio) e sul mercato si allude ad antichi sapori di Francesco Esposito con quella specifica e non con unaltra, allora la ditta diventa tale e limprenditore acquista la propriet su quel segno. In quest operazione (cio la diffusione del nome sul mercato da parte dell imprenditore) si verifica un altro fenomeno: la ditta nasce sempre soggettiva cio identifichiamo quella determinata ditta con quella determinata persona fisica. Anche se l attivit viene svolta sotto la ditta antichi sapori di Francesco Esposito (almeno all inizio) tutti identificano quella attivit antichi sapori di Francesco Esposito con la persona di Francesco Esposito (ed in tal senso che parliamo di ditta soggettiva). Con luso che limprenditore fa della ditta, la ditta si oggettivizza (diventa oggettiva). Questo discorso cambia a seconda dell attivit dimpresa di cui si tratta, della dimensione, del mercato su cui opera e della dimensione del marcato su cui opera. Ci che certo che la ditta si spersonalizza, diventa oggettiva. Quell associazione di parole che costituisce la ditta tale da distinguerla da ogni altra impresa o persona fisica. Noi contraddistinguiamo quella ditta non perch dietro ci sia quella determinata persona ma perch associamo delle caratteristiche alla attivit ( e non pi alla persona). E la ditta oggettiva che ha un valore distintivo sul mercato: si perde liniziale correlazione con la persona dell imprenditore 33

(anche se di tale persona si continua a dare notizia nella ditta). Esempio: antichi sapori di Francesco Esposito tra 2 5 10 anni magari non sar pi esercitata da Francesco Esposito ma da un altro soggetto. Tuttavia la ditta non si cambia ma rimarr comunque antichi sapori di Francesco Esposito (anche se poi ad esercitare lattivit dimpresa, ad essere proprietario della ditta non pi Francesco Esposito ma Mario Rossi). Normalmente la ditta si compone di due elementi: a) Il patronimico dellimprenditore (nome e cognome) b) Una denominazione di fantasia ( che si aggiunge al patronimico) Nella ditta l elemento essenziale e imprescindibile il nome dell imprenditore. La ditta non pi tale se manca il patronimico dellimprenditore. E l elemento essenziale. Il patronimico dell imprenditore che ha iniziato(creato) lattivit uno degli elementi (e secondo alcuni lunico) che costituisce la verit della ditta. E necessario che ci sia almeno il cognome ma sufficiente anche solo la sigla del nome e del cognome dellimprenditore. I caratteri della ditta sono 3: 1) VERITA; 2)LICEITA; 3)NOVITA Il patronimico dell imprenditore non un elemento di verit perenne ed effettiva ma un elemento di verit storica, nel senso che sicuramente nel momento in cui nata la ditta quel nome e quel cognome contraddistinguevano limprenditore che lha creata (e in quel momento la ditta vera) ma dopo 1 20 100 anni la stessa ditta potr essere usata con quel nome da unaltra persona che si chiama in un altro modo. A questo punto la ditta ancora vera perch lelemento di verit si riallaccia al dato storico di qualera la ditta al momento in cui stata creata. La denominazione di fantasia non imposta dal legislatore all imprenditore ma viene aggiunta poich la ditta nasce soggettiva ed necessario che nel passaggio tra ditta soggettiva e oggettiva venga indicato il nome dellimprenditore poich egli colui che, con luso che ne fa, da alla ditta un valore di riconoscibilit sul mercato. Spesso accade che nome e cognome non siano di grande richiamo, non siano sufficienti ad oggettivizzare una ditta, cio non sono sufficienti a costituire un elemento distintivo sul mercato. Chi nel 2012 vuole utilizzare una ditta con il proprio nome e cognome trover gi alte persone che avranno registrato tale ditta con quel nome e cognome. La parte di fantasia pu avere un aspetto di richiamo prevalente o meno rispetto al nome o essere interessante nel suo complesso. Non rientra nella parte di fantasia la mera descrizione dellattivit dellimprenditore (ESEMPIO: salumeria di Francesco Esposito non va bene, la ditta rimane solo Francesco Esposito). La descrizione dell attivit per pu essere fatta in modo originale (ESEMPIO: salumi nostrani dell Abruzzo di Francesco Esposito) oppure non avere nulla o poco a che fare con lattivit svolta dallimprenditore (ESEMPIO: i prodotti di marte di Francesco Esposito). Per tutti i segni distintivi (e soprattutto con il marchio) quanto pi la denominazione di fantasia lontana dall attivit che si svolge tanto pi la denominazione di fantasia ha un valore distintivo sul mercato. Questo perch di salumi nostrani di Francesco Esposito ce ne saranno tantissimi viceversa invece per i prodotti di marte di Francesco Esposito. Entrambe sono denominazioni di fantasia, entrambe possono essere legittime se rispettano la novit ma il valore distintivo sar diverso. Nellutilizzare la denominazione di fantasia, specie se la denominazione di fantasia fa in qualche modo capire quello che faccio, lattivit che svolgo, devo usarne una che non sia decettiva. ESEMPIO: se chiamo una salumeria salumeria dell Abruzzo ci aspettiamo che dentro ci siano i prodotti dell Abruzzo, infatti se chiamo la mia una salumeria salumeria dell Abruzzo e dentro ci sono i prodotti siciliani non funziona! Nella denominazione di fantasia si pu scrivere quello che si vuole, il legislatore non impone dei limiti, l unico vincolo riguarda lutilizzo non decettivo della ditta cio la ditta laddove abbia attinenza con lattivit svolta dall imprenditore pu essere una descrizione di fantasia qualsiasi, anche banale, limportante che non sia decettiva. Siamo al confine tra verit e leceit: la ditta decettiva secondo alcuni 34

una ditta carente del requisito della verit (cio nella verit ci andrebbero sia il patronimico dell imprenditore sia luso non decettivo) mentre secondo altri il carattere non decettivo della ditta rientra nell elemento della liceit. E pacifico che la ditta non deve essere decettiva. Nel tema del marchio tale elemento pi forte rispetto alla ditta poich la ditta contraddistingue lattivit, il marchio contraddistingue il prodotto, di conseguenza pi forte il rischio di decettivit quando parliamo di marchio rispetto a quando parliamo di ditta. Guardando i precedenti, infatti, possibile notare come anche la giurisprudenza sia meno rigorosa. ESEMPIO: se la ditta si chiama salumi dell Abruzzo e vengono venduti prevalentemente salumi dellAbruzzo ma accanto ad essi c anche qualche prodotto campano o piemontese non si riconosce un uso decettivo della ditta. Nella ditta quindi permane l elemento della decettivit del segno ma meno rigoroso rispetto al marchio. LICEITA: elemento alquanto banale e intuitivo: non possibile inserire nella ditta e nella sezione della ditta relativa alla denominazione di fantasia segni illegittimi ad esempio non posso usare segni contrari all ordine pubblico, a norme imperative e al buon costume. Non posso usare un segno che offende la pubblica morale o che incita organizzazioni vietate. Non posso neanche usare una serie di segni per i quali esiste un divieto normativo ad esempio non possiamo appropriarci della bandiera Francese nella nostra ditta perch lo stemma di uno stato straniero. Altro elemento della liceit della ditta luso come ditta di un segno distintivo usato da altri ma non come ditta (tale fattispecie riguarda tutti i segni distintivi, anche insegna e marchio). Non posso ad esempio usare il marchio/insegna di un altro imprenditore come mia ditta poich si tratta di un uso illegittimo del segno distintivo, non consentito. La ragione che se fosse possibile luso di un segno distintivo altrui in modo diverso dalluso fatto da quell imprenditore potrei trarre dei benefici e inoltre posso indurre in confusione il pubblico. NOVITA: non posso usare la ditta di un altro . Ci sta a significare che il segno deve essere nuovo (cio il segno non deve essere legittimamente usato da un altro imprenditore. Per parlare di novit dobbiamo soffermarci sul profilo merceologico e su quello territoriale. La novit del segno deve essere parametrata rispetto agli elementi merceologici di altri prodotti esistenti. ESEMPIO: se quel segno usato in una ditta che vende mozzarelle e io lo voglio usare per una ditta che vende abbigliamento non c nessuna concorrenza ne attuale ne potenziale in quanto evidente che un soggetto che produce mozzarelle non entrer in futuro nell abbigliamento (in tal coso non c confusione tra i due segni). E possibile quindi usare come ditta il segno usato legittimamente da un altro imprenditore se non c concorrenza dal punto di vista merceologico. Rapporto di concorrenza dal punto di vista merceologico che deve essere pi stretto quanto pi parliamo di imprenditori tra i quali non c una particolare sostituibilit mentre pu essere pi largo nei casi in cui parliamo di imprenditori che svolgono attivit tra loro maggiormente sostituibili. LIMITI: per i segni notori ci pu essere qualche problema quando presumibile che quel segno notorio entri sul mercato e si faccia riconoscere i quel determinato modo. Ci deve essere un rapporto territoriale anche qui non solo effettivo ma anche potenziale (ma che abbia comunque elementi di concretezza ESEMPIO se esercito la mia attivit a Napoli perch ho un salumeria a Napoli che ha una determinata ditta non ci potr mai essere concorrenza con una ditta che opera a Milano e che fa la salumeria e quindi io a Napoli posso tranquillamente adottare come ditta il nominativo usato a Milano come ditta). In tal coso dobbiamo solo preoccuparci della notoriet che quella particolare ditta abbia conseguito in quel determinato luogo perch anche se vero che io a Napoli posso usare come ditta la denominazione di fantasia usata a Milano come ditta si deve parlare di una salumeria che abbia una notoriet meramente locale, limitata al quartiere, alla 35

citt. Se la notoriet della ditta va oltre il locale io non la posso usare anche se svolgiamo la nostra attivit a Napoli. Diverso se io la utilizzo per un settore di attivit diverso. Oggi il profilo territoriale perde sempre pi significato mentre quello merceologico continua ad avere rilievo. Per il marchio del discorso territoriale non se ne parla proprio ma per quanto riguarda insegna e ditta il profilo territoriale continua ad avere un certo significato. Tuttavia un significato che a man a mano si perde perch le attivit svolte da un imprenditore sono sempre meno legate ad un determinato territorio meramente locale ma la notoriet man mano va sempre pi oltre il locale e diventa regionale o nazionale. E possibile avere due ditte uguali che svolgono la stessa attivit in due citt diverse perch non c concorrenza dal punto di vista territoriale (ma anche nella stessa citt o quartiere: due ditte possono avere lo stesso nome perch svolgono attivit diverse). Il problema della novit deve essere approfondito, c un altro elemento di cui ci dobbiamo occupare e cio: quando andiamo a confrontare due ditte per dire questa ditta nuova o questa ditta non nuova perch c questaltra ditta precedentemente sorta che contiene gli stessi elementi, quali elementi della ditta successiva dobbiamo andare a vedere il nome? o il nome di fantasia o un particolare del nome di fantasia? Nel confrontare la ditta successiva con quella precedente dobbiamo verificare se esiste l elemento della novit. Se bastasse un solo elemento di una ditta precedente per non far valere il requisito di novit allora nessuna ditta potr essere pi registrata perch quasi tutti gli elementi trovano gi spazio in una ditta precedente. ESEMPIO: pensiamo al problema dei cognomi: se io volessi dire che in nessuna ditta ci deve essere l elementoEsposito di che parliamo? Di conseguenza quando parliamo di confronto tra la ditta successiva con quella precedente dobbiamo confrontare il cuore della ditta: cio quella parola, quella frase, quella combinazione che costituisce l elemento distintivo. Quando voi andate a leggere una ditta non tutta la ditta che costituisce l elemento distintivo: antichi sapori di Francesco Esposito ha come elemento distintivo antichi sapori cio le due parole combinate insieme. Infatti i sapori di una volta di Francesco Esposito non sar in conflitto con antichi sapori di Francesco Esposito poich anche se c la parola sapori essa per una salumeria non una parola particolarmente nuova ma una parola banale che illustra cosa c dentro. E la combinazione dei segni che attribuisce una particolare valenza distintiva. Se avessimo usato antichi sapori di Francesco Esposito per un negozio che vende scarpe allora li pi difficile che un concorrente possa usare i sapori di una volta di Francesco Esposito per vendere scarpe perch in tal modo palese che si cerca di sfruttare la notoriet altrui (con un nome atipico). Anche nell individuazione del cuore della ditta e dell elemento di novit della stessa devo andare a vedere il cuore del segno rapportandolo anche all attivit che si svolge, alla sua peculiarit rispetto all attivit svolta. Se banale sufficiente una piccola differenza affich il cuore della ditta non venga riprodotto, se invece peculiare rispetto all attivit svolta allora in tal caso una lieve differenza non basta ma necessaria una differenza importante. Nel momento in cui individuiamo il cuore della ditta come elemento confondibile con altra ditta gi esistente con la quale c quel rapporto di concorrenza territoriale e merceologico allora sorge lobbligo per colui che abbia utilizzato la ditta successivamente di modificare il cuore della ditta e usare altro segno. Naturalmente il cuore della ditta (cio lelemento che le conferisce distinzione) potrebbe individuarsi anche nel nome e cognome dell imprenditore. In tal caso succede che anche il nome e il cognome vanno modificati: nella ditta successiva non si potr mettere quel nome e cognome o lo dovremo mettere in maniera tale da non creare confusione con la ditta precedente. Cio se la ditta precedente ha il cognome per esteso in quella successiva si potr mettere la sigla. Io non potr inserire nella ditta successiva il mio cognome se quel cognome costituisce lelemento che costituisce il cuore della ditta e se confondibile con quello di una ditta gi legittimamente esistente. Se non possibile inserire neanche la sigla poich anche essa costituisce il cuore della ditta allora non dovr scrivere il nome. 36

Cio lelemento della verit meno importante dell elemento della novit, proprio perch lelemento della verit un elemento storico della ditta e non perdurante della ditta. La verit un elemento che deve esistere quando la ditta nasce ma che poi nella vita della ditta pu non essere rispettato. Allora pu accadere che fin dall origine la prevalenza della novit rispetto alla verit imponga il mancato rispetto della seconda rispetto alla prima. Cio siccome la novit pi importante della verit, se per ragioni di novit devo rinunciare all indicazione del nome, del cognome, della sigla allora non le metter anche se mi chiamo cos. La ditta viene registrata: io mi reco presso lufficio del registro e indico la mia ditta. Posso anche non farlo, cio la registrazione non un elemento di validit della ditta (cos come non elemento di validit di nessun segno distintivo). Non la registrazione che da validit al segno, la validit al segno attribuita dall utilizzo che ne faccio e dalla notoriet che acquisisce, cio lelemento distintivo del segno che costituisce il sorgere della ditta, non la sua registrazione. Tuttavia la registrazione della ditta un elemento che facilita le cose, nel senso che io registro la ditta e poi do notoriet alla stessa perch individuo come elemento sicuro che questa ditta da questa data usata dal signor tizio. Pu accadere che io uso di fatto una ditta ma non lho registrata, arriva poi un signore che prende questa ditta e la usa. Ora laddove la ditta usata precedentemente avesse una notoriet meramente locale e non nazionale ed era usata solo in quella citt o regione, senza andare oltre tale ambito, in tal caso succede che la ditta successiva registrata legittimamente. Colui che usava precedentemente le ditta in una determinata zona di fatto, senza averla prima registrata, potr continuare ad usarla cio potranno coesistere due persone che legittimamente usano la stessa ditta, con una differenza: chi l ha registrata la potr usare a livello nazionale e potr anche vietare ad altre persone di usarla in altri luoghi ma lunica cosa che non pu fare vietare al signore precedente di continuare ad usarla nei limiti in cui la utilizzava prima della registrazione da parte dell imprenditore successivo. ESEMPIO: Se il signore precedente opera a Milano e dopo la registrazione del secondo soggetto vuole espandersi a Brescia non lo pu fare, perch a Brescia dovr cambiare ditta. Oggi molto difficile che una persona non registri una ditta (ma pu capitare) mentre in passato nella maggior parte dei casi non si registrava nulla. TRASFERIMENTO DELLA DITTA Noi abbiamo detto che la ditta contraddistingue un imprenditore prima ancora che unimpresa perch una ditta nasce soggettiva e poi diventa oggettiva e deve rispettare il requisito di verit (almeno storico). Tutti questi elementi ci fanno capire che la ditta pu essere trasferita. Il legislatore consente il trasferimento della ditta per ad una condizione importante: la ditta pu essere trasferita solo coevamente all impresa cio se io voglio trasferire una ditta davo trasferire anche lazienda. Qual la logica del legislatore? Poich la ditta connota lattivit io non posso trasferire la ditta e mantenere lattivit ma posso trasferire una ditta solo se trasferisco anche lattivit. In tal modo mantengo lassociazione tra ditta e azienda, cio lattivit esercitata rimane quella che si collega a quella ditta. Se non trasferita limpresa non si trasferisce neanche la ditta. a) posso trasferire una ditta solo se trasferisco anche lazienda ma posso trasferire unazienda e mantenere la ditta, cio nessuno ci obbliga a trasferire anche la ditta quando trasferiamo limpresa. b) sufficiente trasferire una ramo dell azienda per trasferire la ditta (non necessario trasferire tutta lazienda). Per dovr essere un vero e proprio ramo, si deve fare riferimento ad un complesso di beni organizzati. Non sufficiente che sul contratto ci sia scritto ramo dazienda, necessario che sia concretamente un ramo dazienda per trasferire anche la ditta, altrimenti il trasferimento della ditta illegittimo, quel contratto non valido Inoltre nel contratto deve essere specificamente scritto che si trasferisce anche la ditta, non pu essere affidato ad uninterpretazione successiva del contratto di 37

trasferimento perch la ditta necessita di una specifica indicazione del suo trasferimento. Se non scritto nel contratto la ditta rimane in capo al vecchio proprietario. Tutto ci riguarda i contratti stipulati tra vivi. Se il trasferimento avviene mortis causa non che io posso andare a chiedere il consenso di trasferimento anche della ditta al morto in tal caso infatti insieme all azienda si trasferisce anche sempre la ditta (tranne se il de cuius nelle disposizioni testamentarie abbia specificato che la ditta si estinguer con lui) E una disposizione legittima, si ha quando non si desidera che un attivit venga continuata con il proprio nome. Non posso vietare che lazienda vada ai miei eredi legittimi ma posso vietare che la ditta vada ai miei eredi legittimi. Molto importante che io mi affretti ad andare al registro delle imprese per segnalare il trasferimento della ditta poich se non mi affretto ad iscrivere quella ditta con il mio nome e cognome pu sorgere un problema di responsabilit per i debiti sorti nelle diverse gestioni, su chi svolge lazienda. E necessario dare quindi immediata pubblicit del trasferimento della ditta, forse ancora pi importante della nascita della ditta, soprattutto nei casi in cui la ditta contenga il patronimico. ESEMPIO antichi sapori di Francesco Esposito viene venduta a Mario Rossi e ci non iscritto nel registro delle imprese la gente pu andare da Francesco Esposito a chiedere 100000 euro. Il problema di responsabilit quindi si supera solo con liscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Lezione diritto industriale 9/01/12 Oltre all'insegna vi dar qualche breve indicazione anche sull'emblema e sul dominio che non sono propriamente dei segni distintivi, ma prima di chiudere la panoramica sugli altri segni distintivi (che sono insegna, ditta e marchio) vi dar qualche breve supplemento perch costituisce spesso domanda d'esame, non in maniera diretta ma in maniera comparativa. L'insegna ha quale norma di riferimento l'articolo 2568 che rubricato l'insegna, da qua notiamo una prima cosa: la norma sullinsegna molto molto breve, si sostanzia di un'unica frase con la definizione dell'insegna e rinvia al 1 comma dell'art. 2564 in materia di ditta; gi questo ci fa capire che l'insegna non ha una disciplina autonoma ma legata "per relationem" alla ditta, tra l'altro questa disciplina non pedissequamente uguale a quella della ditta, perch per esempio non fa rinvio al 2 comma del 2564 che prevede il divieto di cedere la ditta da sola. Inquadrato normativamente che cos' l'insegna, mi sembra utile dare un quadro d'insieme, sistematico. Detto che la norma di riferimento l'articolo 2568, vediamo cos' l'insegna. L'insegna secondo la dottrina maggioritaria non nient'altro che le scritte, le immagini che identificano una determinata attivit commerciale nel senso comune. Che cos' un'insegna? verbalizzare una scritta luminosa che voi travate fuori un'attivit commerciale. La difficolt sta nel fatto che originariamente questa ripartizione ditta, insegna, marchio era molto forte e ciascuna assolveva una funzione specifica, oggi invece tendono a sovrapporsi vuoi perch alcuni utilizzano la ditta come marchio, vuoi perch spesso l'insegna come marchio, ma soprattutto perch originariamente l'insegna era il segno distintivo di una determinata bottega. Originariamente quando stato creato il codice ed ancora prima, si individuava questo segno distintivo come quello che caratterizzava la bottega, quindi il fornaio tizio, opp la bottega del calzolaio caio erano esempi ancora calzanti nei manuali di diritto industriale degli anni Ottanta; ovviamente adesso c' stato un'evoluzione dovuta alla globalizzazione, all'apertura dei mercati. Ridurre la portata normativa e la portata fattuale dell'insegna e la capacit e l'individuazione di una bottega molto pi ..., perch spesso non individua una bottega, ma determina un gruppo, una catena. Voi immaginate Jolly Hotel che adesso mi sembra essere NH, quel Jolly un'insegna, ovviamente nulla vieta che la societ abbia come ragione sociale, 38

quindi come ditta, la nomenclatura jolly e nulla vieta che la catena jolly hotel abbia registrato come marchio jolly (anche se dopo che vedremo il marchio capiremo che non pu averlo fatto perch in linea di massima il marchio deve avere come caratteristica la novit, originalit e capacit distintiva, e quindi non si pu sostanziare di nomi di cose generiche; non posso timbrare la mia attivit come pane, n come pesce, n come jolly che nell'immaginario comune rappresenta sia la carta da gioco, che una personalit eclettica). Jolly sicuramente l'insegna, poi potrebbe essere ditta e in linea astratta potrebbe anche essere marchio (questo se all'esame lo dite, tanto di guadagnato). Accanto a questo voi direte che sebbene in linea astratta con l'esempio jolly hotel ci sia la sovrapposizione tra i segni distintivi, noi conoscendo le caratteristiche del marchio, difficilmente si pu sostenere che il termine jolly abbia le caratteristiche di novit, originalit e capacit distintiva che deve avere il marchio. Sempre facendo una breve evoluzione dell'insegna, vedremo che oggi questa serve ad individuare sia la catena, sia gli esercizi in franchising; immaginate tutti i negozi calzedonia, piuttosto che tecnocasa, piuttosto che altri, e qua viene fuori il secondo problema perch quando vi trovate di fronte un esercizio commerciale targato tecnocasa o calzedonia, voi nel senso comune sapete che, e soltanto cos si riesce a capire la portata dellinsegna, all'interno di quell'esercizio commerciale troverete degli standard qualitativi o un prodotto di un certo livello, qualit, caratteristiche che evocato nella vostra mente dal leggere fuori al negozio "tecnocasa" piuttosto che calzedonia, original marines, si potrebbero fare mille esempi. La cosa che ci invita a riflettere questa: a voi quando entrate in un negozio tecnocasa non vi viene in testa di chiedere se quel soggetto sta operando in franchising o con la propria insegna, quello che rileva per linsegna soltanto la parte attrattiva che ha verso il cliente, il ciente a quel punto non si chiede se la ragione sociale di quel soggetto original marine srl piuttosto che affiliato original marines srl, opp un soggetto che opera in proprio lattivit commerciale, io posso benissimo esercitare lattivit di rivenditore diretto di original marines chiedendo poi laffiliazione commerciale e non entrando nel circuito franchising. Questo per voi che siete utenti non rilevante, questo discorso fa emergere come la natura e la portata dellinsegna soltanto quella di attrarre il consumatore allinterno di unattvit commerciale con la convinzione di trovare determinati prodotti, determinati standard qualitativi, e semmai con specifiche tecniche che sono proprio di quellinsegna. Come si acquista linsegna? Come posso impadronirmi ellinsegna? Domani posso mettere come insegna del mio esercizio commerciale lespressione tecnocasa, piuttosto che immobiliare.it? La risposta negativa, nel senso comune perch voi operatori del diritto, seppure laureandi in economia vi renderete conto, sulla base delle conoscenze giuridiche che avete, non possibile che un soggetto sine .. utilizzi linsegna di un altro soggetto. Qual il diritto sottostante, la parte giuridica? Poich linsegna non si registra, non c un ufficio o un albo insegne ma linsegna si acquista soltanto con la cessione; soltanto utilizzandola io posso impadronirmi di uninsegna. Facendo un passo indietro: se dico che la ditta non la posso utilizzare se gi in uso, perch faccio una ricerca e scopro che quella ragione sociale o ditta gi utilizzata da altri, con linsegna non lo posso fare, perch non c un albo. Se io domani voglio mettere fuori alla mia attivit lavorativa linsegna pizza re in teoria potrei farlo, piuttosto che rosso pomodoro, posso farlo. Io che vivo a Voghera non so che esiste una catena rosso pomodoro, vado alla camera di commercio competente, faccio uno screening e vedo che per ipotesi non c nessuna ditta a nome rosso pomodoro a Voghera, nessun marchio. A quel punto potrei utilizzare in teoria linsegna rosso pomodoro. Apro la mia attivit commerciale e utilizzo linsegna rosso pomodoro; gi qua un primo tema: non basta lindicazione nominativa per rendere invalidante uninsegna, necessaria una pedissequa, ma semplicemente una risoluzione in termini pi o meno conformi di uninsegna generica, quindi immaginiamo che la di voghera faccia delle pizze sotto casa, ha un locale e mette il nome rosso pomodoro; l si pone il tema di capire se 39

linsegna che ha utilizzato la di voghera pu essere considerata autonoma, e quindi nuova e lecita opp no. Andiamo a vedere quali sono i parametri, le linee di condotto che un soggetto deve utilizzare per determinare se lecita o meno quellinsegna. Innanzitutto linsegna per essere lecita deve essere nuova e deve avere capacit distintiva ma soprattutto deve evitare la confondibilt con altre insegne. Se da un lato linsegna ha tale parametri, vuol dire che non sono rinvenuti novit e capacit distintiva in misura uguale e quindi nulla questio, nel codice di propriet intellettuale si vede che le caratteristiche dei segni distintivi devono essere novit e capacit distintiva; per se noi utilizzassimo soltanto questo come parametro di valutazione nella nostra indagine arriveremmo ad un paradosso, perch se un soggetto a Canicatt adesso ha aperto una pizzeria di 3 metri x 1 metri senza la bench minima norma sanitaria, igienica, civile, edile e la chiama Pizza da Cristoforo, un soggetto a Milano in un locale di 1500 metri quadri non potrebbe utilizzare linsegna pizza da Cristoforo. Concordate sulla base di quello che vi ho detto no? Quindi se noi diciamo di avere la novit e la capacit distintiva, io apro la stessa attivit commerciale in due punti opposti dellItalia, per allo stesso modo utilizzo la stessa insegna in teoria dovreste rispondere che non lo posso fare. Concordate? Per giustamente lutilizzo dei parametri che il legislatore ci ha dato non sono cos stringenti, ma devono essere calati nella realt concreta. Quindi da un lato la caratteristica dellinsegna deve essere la novit e la capacit distintiva, ma dallaltro ci deve essere un rischio, un potential issue che quello della confondibilit. Se io astrattamente minvento una situazione in cui ci pu essere confusione nel consumatore per lutilizzo due insegne uguali o simili, allora devo andare a vedere chi stato il primo soggetto che lha utilizzato e capire se il secondo soggetto ha utilizzato elementi di novit e capacit distintiva tale da non creare confusione nel consumatore. Con lesempio che vi ho fatto prima, il primo campanello di allarme che io devo segnalare come operatore del diritto se, aprire una pizzeria Pizza da Cristoforo che sta a Canicatt realmente la apro a Milano ci pu essere confusione. La risposta logicamente negativa. Perch ovviamente si utilizza un concetto che quello dei mercati rilevanti, nozione propria dellantitrust. Devo capire se il mercato rilevante dellesercizio commerciale primo, pu essere potenzialmente in conflitto con il mercato rilevante dellesercizio commerciale 2. Se un soggetto che il consumatore medio della pizzeria di Canicatt potenzialmente si pu spostare con facilit a Milano e imboccare nella stessa pizzeria Pizza da Cristoforo allora ci pu essere confondibilit. Se invece per struttura geografica, morfologica, per abitudini del consumatore medio, non possibile creare confusione, allora il secondo soggetto pu tranquillamente utilizzare linsegna pizza da cristoforo a Milano. Ovviamente se io apro una pizza da cristoforo a Milano nel 2011 da 1000 con una pubblicit su carta stampata e poi tra 1 anno si apre una pizzeria da cristoforo a Varese, che a 80 km da milano, mi devo chiedere ma il soggetto che mediamente va a milano alla pizzeria, pu essere anche uno che va a varese? Se la risposta positiva allora pu darsi che aprire una pizzeria con la stessa insegna a varese, pu creare confusione, e allora faccio il secondo step: vedo se linsegna utilizzata dal soggetto che apre la pizzeria a varese, ha sufficienti caratteri di novit e distinzione che potrebbe avere. Immaginate che pizza da cristofaro a milano sia uninsegna rossa grande a caratteri cubitali, e immaginate che linsegna che utilizza il signore che apre la pizzeria a varese si chiami cristofaro e quindi utilizzi un nome proprio, linsegna blu ed scritto in maniera ridotta Pizza e a caratteri cubitali cristofaro. Lutente medio di quella pizzeria ci va perch sa che c cristofaro l dentro e non perch attratto dallinsegna pizza da cristofaro e quindi a quel punto si pu arrivare a sostenere un eventuale giudizio che linsegna utilizzata in un secondo momento da cristofaro di verese, sebbene in linea astratta, possa costituire un evento teso a creare confusione nel consumatore; in linea concreta per la conformazione cromatica dellinsegna, per il wording, gli strumenti utilizzati non sono tali da creare confusione e quindi linsegna lecita. 40

Perch ho fatto lesempio della pizza, perch ovviamente affinch ci possa essere una confusione necessario che ci sia attinenza merceologica, questo non vale per le insegne, che poi sono sempre marchi, ma ora stiamo studiando la parte teorica, non vale per le insegne note. Se domani la Coca-Cola si mette a fare lintimo piuttosto che le racchette da tennis e apre un negozio con linsegna coca-cola e vende racchette nessuno potr argomentare (senza lautorizzazione della casa madre per) che gli sbocchi merceologici sono lontane perch non posso aprire un negozio a napoli a p.zza garibaldi che vende racchette coca-cola, perch nel senso comune, il semplice vedere come insegna coca cola fa pensare che, essendo la coca-cola unazienda seria, anche le racchette lo sono, e questo d vita ai fenomeni di parassitismo che lordinamento vuole evitare, cio vuole evitare che un soggetto si appropri sine titulo in valore economico dato dallimmagine di un soggetto dal mercato senza la sua approvazione. Vi ho fatto lesempio coca-cola per introdurre un ulteriore tema e cio il rapporto tra insegna e marco e insegna e ditta. Perch? Linsegna si acquista con luso al contrario la perder con il non uso: se il famoso tizio che ha aperto la pizzeria a milano pizza da cristofaro sta aperto 3 anni dopodich chiude e di l a 2 mesi si apre unaltra pizzeria da cristofaro a 3 km ovviamente appropriazione dellinsegna perch vero il non uso, ma anche vero che le persone che andavano in quella pizzeria a quel civico a mangiare la pizza buona, se trovano a 3 km la stessa insegna aperta vuol dire che si semplicemente spostato lesercizio commerciale e quindi non lo potr fare; se invece passa un tempo considerevole, non si pu vietare a vita lutilit di uninsegna e quindi da un alto linsegna si acquista con luso, dallaltro si perde con il mancato uso. (anche qua in sede desame se dite mancato uso, vi chiamate la domanda dal professore che dir: basta che chiudo la serranda per un mese e domani il signore attiguo a me potr aprirsi lo stesso negozio, stessa categoria merceologica con la mia insegna, non violazione? la risposta negativa, perch il mancato uso si deve protrarre nel tempo per un determinato periodo) propriet industriale una materia che sembra astratta perch non ha parametri concreti, senza lesempio dire uso o non uso non qualcosa di concreto, dire il non uso comporta la cessazione del diritto di , per anche qua bisogna capire che per ogni singola attivit va fatto un discorso a s, vanno guardati una serie di parametri, da quanto tempo aperto, quanta clientela aveva, quanta vista attrattiva aveva, quanti competitors aveva in zona, tutti una serie di parametri, per es. se ho una pizzeria a roma in un quartiere popolare e ha il monopolio con uninsegna e l verosimilmente devono passare pi anni per aprire una pizzeria con la stessa insegna; se invece parlo di Trastevere dove aprono e chiudono locali, come se fosse nulla e ci sono almeno 40 pizzettari (come li chiamano a roma) che io ne apro uno e dopo 3 mesi ne apro un altro con la stessa insegna, tutto sommato non che ho portato via clientela, perch si fa il ragionamento che il consumatore medio si sposta per abitudini psicografici o comunque motorie e non perch vuole andare a mangiare la pizza da silvio. Discorso a parte se vado a mangiare il tiramis da pompi a roma che famosissimo, anche l il mercato rilevante non la citt, non il quartiere dove si trova, tra laltro un quartiere residenziale. Tutto questo non vale se il soggetto che ha uninsegna ha la liceit di registrarlo come marchio perch non posso utilizzare come insegna un segno distintivo che sia stato gi preventivamente come marchio da un altro soggetto. La stessa cosa dicasi per la ditta: non posso utilizzare uninsegna, un segno distintivo che sia stato gi registrato da un altro soggetto come ditta. La domanda che potrebbe farmi qualcuno : ma allora chi il pollo che usa linsegna senza registrarla come marchio o come ditta? Perch si pone il tema se c la possibilit di eliderlo allinizio creando la sovrapposizione tra insegna e marchio? La risposta che: linsegna non deve avere necessariamente in termini assoluti le caratteristiche delloriginalit, novit e capacit distintiva, mentre il marchio s (essendo soggetto a registrazione, interrogo la camera di commercio, ci sono le 41

18 categorie merceologiche, scelgo la mia: 13 metalli preziosi). Voglio registrare il marchio Pippo Pelo, vado alla camera di commercio, pago 14,62 la marca da bollo e interrogo il sistema; chiedo: ma pippo pelo come marchio nella categoria n.13 gi presente? Se la risposta s allora non posso fare pi nulla. Se no, dico: ecco ho trovato il nome del mio marchio. Non lo posso fare perch pippo pelo un nome utilizzato da qualche altro soggetto nella sfera comune della realt napoletana, come speaker, vocalist, nelle radio, quindi io non posso chiamare la mia catena di gioielli pippo pelo, anche se non c nessuno che lha registrata pippo pelo, perch sostanzialmente un nome comune. Se per io pippo pelo lo uso come negozio di preziosi a Courmayeur sapendo o presumendo che pippo pelo non ci mai andato e sapendo che la radio per cui lavora pippo pelo non ha ripetitori sulle alpi quindi non se la possono materialmente seguire, io cos non creo confusione perch il consumatore medio di Courmayeur di preziosi uno locale o settentrionale. Quindi posso utilizzare pippo pelo come insegna per la mia boutique di preziosi a Courmayeur. Ecco un esempio concreto di perch esiste ancora qualche pollo che non fa una sovrapposizione perfetta tra insegna e marchio, perch evidentemente non ce ne sono i presupposti sia di fatto che di diritto. chiaro di perch ci possa essere questa discrasia tra insegna e marchio? Quindi cos linsegna? un segno distintivo che attrae allinterno di un locale commerciale la clientela perch fa capire che allinterno di quel locale commerciale si trovano determinati prodotti ed quella che normalmente troviamo fuori al locale commerciale, la tabella. Come si acquista? Si registra? No, ma si usa, per poterla utilizzare nessuno deve averlo fatto prima, deve avere le caratteristiche di novit e capacit distintiva ma questo non basta perch ci deve essere un potential issue, una potenziale criticit, un potenziale problema di confondibilit. Come lo faccio a scoprire? Mercato rilevante, settore merceologico e quantaltro. Se c la probabilit di confusione si va a vedere se il soggetto che ha utilizzato per secondo o per ultimo abbia rispettato le caratteristiche di novit e capacit distintiva, se non le ha rispettate le deve cambiare. Come la si perde? Con un non uso, che per sia circostanziato al caso concreto, guardando la capacit di essere presente sul territorio, la capacit penetrativa e quantaltro. Infine dobbiamo vedere come secondo la maggioranza della dottrina non possibile, sebbene non espressamente vietato dalla norma cedere linsegna senza azienda, perch ovviamente se il proprietario cede solo linsegna Tecnocasa facendo un contratto di cessione dinsegna ad una cordata cinese (immaginiamo che Tecnocasa non fosse anche un marchio), se tra qualche anno qualcuno di voi cercasse casa e si rivolge a Tecnocasa sapendo che unazienda seria, si pu ritrovare ad avere rapporti con persone non serie e ci comporterebbe una distrazione della clientela e unalterazione del mercato. Poich il legislatore quando parliamo di propriet intellettuali ha lobiettivo di tutelare il consumatore medio e non limprenditore, a differenza di ci che accade nel diritto commerciale, si rende conto che in questa situazione lo stesso consumatore pu subire un pregiudizio se ceduta esclusivamente linsegna senza lazienda senza limpresa e senza la societ e quindi giunge alla conclusione che non si pu cedere linsegna singolarmente. Lezione 12 Gennaio 2012 In virt del disposto di cui agli artt.2564 e 2567 c.c, la ragione sociale e la denominazione sociale devono possedere il requisito della novit, inteso nel senso che queste, al pari della ditta, non possono essere uguali o simili alla ditta usata da altro imprenditore individuale ovvero alla ragione o denominazione usata da altra societ e tali da creare confusione per loggetto dellimpresa o per il luogo in cui questa esercitata . (Trib.Bologna Sez. IV Sent. 28/10/2009)

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Questo un precedente di carattere molto generico che introduce al tema della ditta. Prima di tutto non facciamo confusione: diverso il concetto di ditta, di ragione sociale e di denominazione sociale. La ragione e la denominazione sociale sono i nomi delle societ cio le societ di persone e di capitali svolgono la loro attivit sotto la ragione o la denominazione sociale Es. Fiat spa, Fratelli Amato snc. La ditta una cosa diversa dalla ragione e dalla denominazione sociale, cio il nome commerciale dellimprenditore e quellinsieme di segni, di parole, con la sigla o il nome e cognome dellimprenditore con il quale limprenditore si propone sul mercato che quindi con il suo esercizio si oggettivizza e connota lattivit di impresa dellimprenditore. Perch in questo precedente c questo riferimento alla ragione o alla denominazione sociale? Perch gi il codice civile esplicitamente prevede che alla ragione e alla denominazione sociale si applica la disciplina della ditta. Poi altro il problema se la ragione e la denominazione sociale per le societ corrispondano alla ditta o se no. Le societ non hanno un nome civile ma il nome glielo danno i soci nel momento in cui la costituiscono ed appunto la ragione o la denominazione sociale, che il corrispondente del nome civile dellimprenditore individuale. Possiamo dire che nelle societ la ditta uguale, corrisponde alla ragione e alla denominazione sociale o pu esservi una ditta,una ragione e una denominazione sociale, cio due segni differenti. Ora premesso che ditta e denominazione sociale sono segni distintivi diversi, secondo alcuni sono elementi che si sovrappongono nel senso che per le societ la ditta sarebbe uguale alla ragione e alla denominazione sociale, secondo altri anche per le societ abbiamo due segni distintivi diversi, nel senso che la ragione e la denominazione sociale corrisponderebbero a quello che il nome civile e accanto alla ragione e alla denominazione sociale sarebbero possibile aggiungere anche una ditta. Viceversa naturalmente per limprenditore individuale: c un nome civile ed accanto ad esso si applica la disciplina della ditta. Premesso questo ora questo precedente introduce un elemento noto cio il requisito (uno dei requisiti principali in materia di ditta) della novit , nel senso che la ditta usata da un imprenditore non deve essere uguale o simile alla ditta usata da altro imprenditore e tale da creare confusione per loggetto dellimpresa o per il luogo in cui questa esercitata. Lespressione luogo in cui la ditta esercitata di cui allart. 2564 comma 1 c.c. comprende anche il cosiddetto mercato di sbocco della ditta, che deve essere considerato in concreto, sia riferimento allarea di effettiva presenza, ossia di presenza costante e ripetuta, sia in riferimento alle potenzialit economiche espansive della ditta. (App.Torino 26/03/1999) Qui c il problema del profilo territoriale, cio dobbiamo tener conto del fatto che la ditta ha la possibilit di essere utilizzata in maniera simile ma senza creare confusione nel caso in cui non ci sia concorrenza diretta sotto il profilo territoriale. Due esercizi commerciale possono utilizzare la stessa ditta purch non ci sia concorrenza tra di loro a livello territoriale. LAppello di Torino ci ricorda che quello che importante sul piano territoriale che non dobbiamo considerare soltanto il mercato attuale ma anche il mercato potenziale. Naturalmente il mercato potenziale basato su elementi di effettivit (nulla vieta a una persona che apre una salumeria a Fuorigrotta di diventare poi un imprenditore a livello del Gs, ma questo non qualcosa prevedibile, viceversa prevedibile che possa aprire un altro punto vendita in un'altra zona della stessa citt). Quando parliamo di mercato potenziale si parla di una potenzialit che deve essere intesa con ragionevolezza, non in senso astratto, ma sul piano di quelle che sono le potenzialit concrete. Questo riferimento che viene fatto al mercato di sbocco importante come uno degli elementi rilevanti, cio lespressione luogo in cui la ditta esercitata comprende anche il mercato di sbocco, ma non solo il mercato di sbocco; cio per determinati imprenditori dobbiamo considerare tutti gli elementi di mercato che riguardano la sua attivit, quindi non solo lo sbocco ma anche il reperimento delle risorse, delle materie prime in particolare. Quindi chiaro che la ditta riguarda sia lelemento a valle sia lelemento a monte, quindi ci potrebbe essere una rilevanza dal punto di vista del luogo in cui lattivit 43

esercitata anche dal punto di vista del rifornimento che limprenditore riceve. La ditta non riguarda solo il consumatore, cio i clienti dellimprenditore commerciale, ma riguarda il mercato nel quale limprenditore si colloca e a tutti gli operatori di quel mercato. Al fine di stabilire lesistenza della confondibilit potenziale per loggetto delle imprese e per il luogo in cui essere operano non decisivo, ancorch costituisca un necessario presupposto dellaccertamento, il solo esame dellattuale oggetto sociale e dellattuale posizione delle imprese sul mercato, ma occorre arricchire tale esame con la considerazione della sfera di azione tecnica delle imprese interessate, e quindi delle attivit complementari e similari che potenzialmente le imprese potrebbero coltivare in futuro e che sono da parte del pubblico naturalmente associabili ad una determinata ditta: il tutto al fine di valutare se da tutto ci possa sortire il pericolo di confusione che lart. 2564 c.c. intende evitare a quegli che abbia adottato per primo la ditta. (Cass.civ. Sez I 23/11/1993 N.11570) unesplicazione di quello detto: quando ci riferiamo ad elementi di potenzialit (il piano di effettivit chiaro cio dove quel determinato imprenditore opera). Il profilo che crea maggiori problematiche, non tanto dove limprenditore opera oggi (questo si vede e si constata), il problema la valutazione della potenzialit e va fatta secondo questi criteri che la Cassazione ci riferisce. Quindi si parla della possibile estensione (che potenzialmente limpresa pu fare), cio delle attivit non solo attuali ma anche complementari e simili che le imprese potrebbero svolgere in futuro. Prima ci siamo soffermati solo sul profilo potenziale territoriale, qui parliamo di una potenzialit anche merceologica riferita alle attivit complementari e similari che potenzialmente le imprese potrebbero coltivare in futuro. Va inibito, con provvedimento cautelare, lutilizzo come ditta e come insegna dellespressione Per Bacco, contrassegnante un caff, adibito anche a rivendita di prodotti enogastronomici, in quanto confondibile con la medesima ditta ed insegna anteriore altrui, che contrassegnano, nella stessa citt,una rinomata enoteca. (Trib.Torino Sez.spec.propr.industr. ed intell.Ord 08/01/2007) Qui abbiamo un esempio concreto del problema che ci siamo posti prima in astratto, quale il punto su cui si sofferma il tribunale di Torino? Abbiamo due locali che hanno lo stesso nome: uno adibito a enoteca e laltro adibito a bar. Ma il bar non confondibile con lenoteca ma il caff adibito anche alla rivendita di prodotti enogastronomici! Ecco che qua c la confondibilit con lenoteca; attesa lanalogia anche di una sola parte dei prodotti o dei servizi svolti dalle due attivit ecco che sorge la confondibilit. Non osta allapplicazione dellart. 2564 co. 1 c.c. ,nel caso in cui la denominazione sociale simile a quella gi usata da altro imprenditore nello stesso ambito territoriale e nel medesimo settore merceologico, la circostanza che, sempre nel medesimo ambito territoriale, una pluralit di altri imprenditori usi nel proprio nome-ditta un termine uguale a quello usato dal primo imprenditore, allorch si tratti di prodotti e/o attivit differenti; in tal caso, infatti, non sussiste un rapporto di concorrenza tra imprenditori e quindi la possibilit stessa di ingenerare confusione nel mercato. (Trib. Torino Sez, spec. Propr.industr. ed intell. Ord. 04/04/2007) Questa unesplicitazione di quello che abbiamo detto prima nel senso che non importa che lo stesso nome sia inserito in pi ditte dello stesso luogo se svolgono 44

attivit diverse. Min 2235 Lanteriorit delluso di uninsegna derivata contenente il patronimico dellalienante comporta il venir meno della facolt di un imprenditore concorrente omonimo di usare il proprio nome anagrafico nella ditta (se non come ditta) e, quindi, come segmento parziale di un segno complesso, a meno che la differenziazione data da questultimo sia dimostrato essere sufficiente ad evitarne la confondibilit. (Cass.civ.Sez I 08/07/2004 n 12568) Qui abbiamo due problemi: il primo (quello pi semplice) che quel divieto opera anche su segni distintivi diversi, cio io non posso usare come insegna il segno che altri usano come ditta o come marchio, e viceversa; il secondo riguarda il tema specifico che molto delicato perch riguarda il nome anagrafico, ovvero se mi chiamo Francesco Esposito non posso usare nella mia ditta il mio nome anagrafico? No perch se un altro imprenditore ha gi usato lo stesso nome nella sua ditta o nella sua insegna ecc e quellelemento (e questo importante!) lelemento centrale di quella ditta, quindi il cuore io non lo posso utilizzare oppure lo posso utilizzare in un modo differenziato in modo che sufficiente ad evitarne la confondibilit, cio lo devo differenziare in maniera tale da non renderlo pi confondibile, per cui devo renderlo o un elemento secondario del segno o altrimenti differenziarlo in qualche modo. Linserimento di un nome altrui nella ditta, ovvero nella denominazione sociale, consentito se non arreca pregiudizio, commerciale o morale, a chi ne titolare. (Trib. Alba 08/02/2006). In questo caso chiaro che non costituir lelemento di verit della ditta. Per es. si chiamer Francesco Esposito di Antonio Blandini dove il nome vero il secondo e Francesco Esposito costituisce la denominazione di fantasia. Il problema innanzitutto questo possibile? Si! Posso usare il nome altrui nella mia ditta? Si ma purch non arrechi pregiudizio. Poi altro il problema dei nomi famosi che ha una tutela diversa (non posso chiamare la mia ditta con nomi famosi). Nellambito delle ditta, il nome ed il patronimico devono essere utilizzati esclusivamente in funzione identificativa della titolarit dellimpresa e non come elementi distintivi della ditta stessa, a tutela dei quali vige il principio della priorit delluso. Ne consegue che, quando il patronimico costituisca il cuore della denominazione di altra ditta gi operante nel medesimo settore commerciale, linclusione del nome e del patronimico nella ditta, richiesti dallart. 2563, secondo comma, cod.civ, non possono svolgere una funzione caratterizzante, ma devono essere inseriti nel contesto di ulteriori indicazioni idonee a prevenire il rischio di confusione. A tal fine, non costituisce idoneo elemento distintivo la mera aggiunta, in diretta continuit lessicale con il patronimico, della categoria di prodotti commercializzati. (Nella fattispecie, la Corte, confermando la sentenza di secondo grado, ha ritenuto insufficiente al fine di escludere la confusione la mera indicazione, accanto al patronimico, della parola gioielli.) (Cass. Civ. Sez I 10/07/2009 n.16283) un precedente interessante che fa un caso concreto rispetto allutilizzo di un nome generale gioielli, c una ditta che si chiama Esposito gioielli e unaltra con un cuore della ditta sempre Esposito ma magari con una parola diversa da gioielli ma simile. A questo punto che dice? Se il patronimico, cio il nome e cognome del precedente imprenditore, nella ditta di un imprenditore lelemento che la caratterizza allora non basta che uso lo stesso patronimico e ci aggiungo solo il nome dellattivit svolta (scarpe, gioielli ecc) perch evidente che si crea lo stesso la confusione perch non esisto un elemento di originalit e particolarit della ditta, il cuore della ditta sar sempre quel patronimico che io non posso 45

utilizzare perch gi lo utilizza un altro, io lo posso inserire come elemento della ditta ma non come elemento che la caratterizza. Il patronimico non pu svolgere una funzione caratterizzante ma devono essere inserite nel contesto di ulteriori indicazioni idonee a prevenire il rischio di confusione. Se allacquirente di unazienda luso della ditta viene consentito solo temporaneamente, il diritto dellalienante nondimeno si estingue se questi non esercita pi attivit di impresa e lacquirente pu appropriarsi a titolo originario del segno distintivo ormai dismesso (nel caso concreto, al trasferimento della ditta viene assimilata la conservazione, nella ragione o denominazione sociale, del nome di un socio che abbia alienato la propria partecipazione. (Trib. Alba 08/02/2006) Qui abbiamo due problemi. Quello semplice che a) la ditta si trasferisce unitamente allazienda e b) in virt di unespressa volont dellalienante; quindi ci sono due elementi ovvero la necessit che la ditta si trasferisca insieme allazienda o a un ramo di essa e la necessit che sia una volont espressa dellalienante, cio non basta che si dica trasferisco tutta lazienda ma necessaria che ci sia la volont espressa. Questo problema sorge quando invece faccio un fitto di azienda attraverso il quale io concedo luso della ditta ma in maniera temporanea perch quando finisce laffitto mi riprendo lazienda e mi riprendo anche la ditta. Quando, come in questo caso, c un uso temporaneo della ditta colui che per un periodo di tempo lha usata quando cessa il periodo di affitto non pu pi utilizzare quella ditta; cos come nel momento in cui io vendo lazienda senza la ditta (che una situazione simile a questa) lacquirente dellazienda usa lazienda ma non pu usare la ditta perch essa appartiene a un altro imprenditore. Questo precedente introduce un argomento: naturalmente la mia impossibilit come acquirente o affittuario di continuare ad utilizzare quella ditta esiste finch esiste una ditta valida, cio se laltro imprenditore che ha conservato la propriet del segno, non lo utilizza pi, evidentemente quel segno cessa di avere valore e io lo acquisto, ma non pi a titolo derivativo (perch lui me lha venduto e consentito lutilizzo) ma lo acquisto a titolo originario perch non esiste pi un valido segno sul mercato, io lo istituisco ed come se fosse un segno nuovo. Se trasferisco la mia azienda temporaneamente (tipo laffitto) questa diventa la ditta dellaffittuario? Si perch la utilizza laffittuario ma derivativo perch solo temporaneo. In quale caso diventa a titolo originario? Allora se affitto la ditta insieme allazienda ed un altro soggetto per quel periodo utilizza la mia ditta per un determinato periodo dopo il quale va restituita lazienda e anche la ditta che non pu essere utilizzata pi (questo il caso che fa questo precedente). Supponiamo che quando il soggetto restituisce la ditta insieme allazienda, io cesso la mia attivit di azienda, non la svolgo pi, a questo punto (e solo a questo punto!) il soggetto continua ad utilizzare quella ditta ma non in virt di un titolo derivativo, cio non perch io lho ceduta, ma perch egli autonomamente si appropria di un segno distintivo che non pi posseduto da nessuno sul mercato, per cui lo potrebbe usare chiunque e chi lo fa per primo fra diversi soggetti lo usa; ecco non c un diritto di prelazione ma chiaro che chi per un periodo di tempo lha avuta e lha esercitata quello che la segue con pi attenzione. Per se ci fosse un terzo che si frappone e si appropria di quel segno evidente che questo terzo pu usarlo. Il problema perch sorge? Supponiamo che fitto lazienda e poi me la riprendo, il soggetto per illegittimamente continua ad utilizzare la ditta ( questo il problema); ora ci sar un periodo di tempo nel quale lutilizzo illegittimo, se io per poi cesso lazienda quello che stato illegittimo per un certo periodo diventa legittimo nel momento in cui ho cessato lattivit, allora si dice in questo caso che acquistato a titolo originario. Ecco perch non sorge in questi casi il problema del terzo che si frappone perch per il terzo non ci sarebbe la soluzione di continuit fra quando la utilizza illegittimamente e quando la utilizza legittimamente. Nel momento in cui il problema si pone bisogna valutare se in quel momento lutilizzo legittimo o no. Se faccio causa il giorno dopo che mi 46

sono ripresa lazienda e quello continua ad usare la ditta chiaro che la sta usando illegittimamente. Il diritto alluso esclusivo della ditta non sussiste pi quando, per la lunga inoperosit dellesercizio commerciale che la contraddistingueva, la ditta originaria abbia perso il suo riferimento al soggetto che laveva adottata per primo, ed a maggior ragione quando limpresa sia definitivamente cessata. (Cass.civ. Sez I 06/04/1995 n. 4036) Il segno distintivo (la ditta) necessita, come per il marchio e linsegna, per la sua validit di essere utilizzata. Per il marchio abbiamo dei termini molto stretti di validit in base allutilizzo che se ne fa, per la ditta non c un termine preciso dipende da tante cose, per laddove sia trascorso un periodo di tempo ragionevole dal momento in cui quella ditta non lho utilizzata pi allora quella ditta cessa. Il contestuale trasferimento della ditta (ai sensi dellart. 2565 secondo comma c.c) deve essere oggetto di una distinta manifestazione di volont negoziale, ma tale manifestazione non richiede unesplicita menzione della ditta nellatto di trasferimento, potendo la volont di estendere il trasferimento alla ditta ricavarsi dall interpretazione dellatto, sulla base dei criteri interpretativi indicati dagli artt. 1362 e segg. c.c (Trib. Bologna Sez. spec.propr.industr.ed intell Sent. 14/11/2008) Questo precedente dice una cosa diversa da quello che abbiamo detto cio c la necessit della manifestazione ma questa pu essere dedotta anche dagli atti. Questo un tema molto discusso nel senso che i termini usati sono ambigui. Il problema che quando trasferisco unazienda devo voler trasferire anche la ditta perch se non c la mia volont di trasferire anche la ditta, la ditta non si trasferisce. Se andiamo a vedere lart. 2565 comma 2 stabilisce che nel trasferimento dellazienda per atti tra vivi la ditta non passa allacquirente senza il CONSENSO dellalienante; quindi richiede come elemento necessario per il trasferimento della ditta il consenso dellalienante. Ora il primo aspetto: se nel contratto di trasferimento dellazienda si dice trasferito tutto quello che riguarda lazienda, nulla escluso ecc si pu intendere trasferita anche la ditta? No perch necessario che dallatto risulti la volont dellimprenditore di trasferire la ditta. Questo tribunale di Bologna entra in un tema ancora pi delicato: fermo restando quanto detto perch lo dice esplicitamente il legislatore, ci deve essere proprio nellatto una clausola, un articolo, una parola nella quale si dica che trasferita la ditta, mia volont trasferire la ditta ecc o possibile desumere dal contesto dellatto (laddove sia possibile) la mia volont di trasferire anche la ditta pure se non c la frase esplicita, per cui in questultimo caso si deve ritenere trasferita anche la ditta oppure no? Rispetto a questo secondo aspetto il tribunale di Bologna dice Si! Cio non si eccede nel rigore, non richiesto che sia proprio scritto che si intende trasferita anche la ditta ma si richiede che dal contesto dellatto si possa desumere. Da quello che si legge che il trasferimento della ditta deve essere oggetto di una distinta manifestazione di volont negoziale diversa e che si aggiunge a quella che riguarda lazienda ma tale diversa manifestazione non richiede una specifica menzione della ditta nellatto del trasferimento potendo ricavarsi dallinterpretazione dellatto, cio si dice che se latto per fa capire che si voleva trasferire anche la ditta (perch magari c un allegato nel quale stata valutata la ditta tra gli elementi del patrimonio dellimprenditore o questo si desume da altro elemento) ma manca la frasetta trasferita lo stesso? Questo precedente dice Si, nel senso che non bisogna poi eccedere nel formalismo e se nella sostanza emerge la distinta manifestazione di volont ma non c la frase va bene lo stesso. Secondo altri questo orientamento sostanzialistico non sarebbe corretto, cio nellatto ci vorrebbe lesplicitazione perch in mancanza dellespressa volont la ditta non trasferita. Fermo restante la necessit di una distinta manifestazione di volont perch la chiede il codice, secondo alcuni necessario che sia formalmente 47

compiuta, secondo altri si pu desumere anche in via interpretativa dal contesto dellatto. Il divieto al trasferimento della ditta separatamente dallazienda previsto dallart. 2565 c.c. presuppone la produttivit quanto meno potenziale dellazienda, per cui esso non operante quando non sia- o non sia piravvisabile la presenza di una vera e propria organizzazione dei beni e servizi (nella specie si trattava di uno stabilimento industriale disattivato ed antiquato). (Cass.civ. Sez I 06/04/1995 n.4036) Questo un tema delicato: oltre al divieto al trasferimento della ditta separatamente dallazienda, noi consideriamo questo divieto volto ad evitare finalit fraudolente rispetto al mercato, nel senso che il mercato conosce quella ditta come collegata ad una determinata attivit dimpresa con la spersonalizzazione o oggettivizzazione che caratterizza la ditta (la ditta si scosta da quella specifica persona fisica dellimprenditore) e si appoggia allazienda (non pi allimprenditore come persona fisica), cio quando io contratto con quella ditta immagino che dietro ci sia quellazienda, quindi non si pu separare la ditta dallazienda perch si creerebbe un elemento di non verit sul mercato. Che dice questo precedente? Questo vincolo esiste (cio il divieto esiste) nel momento in cui esiste unazienda funzionante, quando poi lazienda non c pi perch cessata lattivit (quindi ci sono solo dei beni disattivati e antiquati ma non c pi lazienda) io potrei trasferire la ditta senza lazienda. Questa interpretazione non per tutti corretta perch in realt in questo caso non tanto la ditta che io trasferisco, il terzo che acquista la ditta sembra che faccia un acquisto a titolo derivativo da me ma lo fa a titolo originario perch la ditta non esisteva pi; cio, se abbiamo detto che la ditta esiste fino al momento in cui esiste unazienda, nel momento in cui non esiste pi lazienda (si dissolta) si dissolve anche la ditta e un terzo pu acquistarla ma a titolo originario non a titolo derivativo (perch io non ce lho pi)! Allora questo precedente non proprio corretto fino in fondo perch il problema non tanto che non opera pi il divieto di trasferimento della ditta, il divieto opera sempre ma in realt non opera perch io non sono pi il proprietario della ditta. chiaro che tutti questi elementi servono ad eliminare un problema, nel senso che se io voglio usare una ditta per la quale dubbia la riferibilit o meno di essa ad un imprenditore io me la posso comprare da questo imprenditore e questo acquisto io lo faccio per evitare che poi utilizzo una ditta, magari la pubblicizzo, investo su di essa poi si scopre che io non la posso usare quindi vengo colpito da un atto di uso illegittimo della ditta e subisco anche io il danno di aver investito su un certo nome commerciale che non posso utilizzare; allora per evitare dubbi me la compro. In realt io non la sto comprando davvero perch io la potrei acquisire a titolo originario (senza pagare nulla a nessuno) perch la precedente attivit cessata, quindi questo precedente va letto in questo senso, non che io faccia un acquisto valido ma io compro qualcosa della quale potrei anche semplicemente appropriarmi. INSEGNA Il conflitto tra insegne confondibili risolto dal criterio della priorit delluso, avuto riguardo alloggetto e al luogo di esercizio dellimpresa, atteso che per linsegna non opera il criterio di priorit della registrazione, ai sensi dellart. 2564, 2 comma c.c. (Trib. Catania 06/07/2004) Linsegna non si registra e per individuare il proprietario bisogna vedere chi per prima lha utilizzata, per cui colui che utilizzer linsegna successivamente avr lobbligo di non utilizzarla altrimenti potrebbe creare confusione. Il disposto dellart. 2564 c.c., dettato per la ditta, applicabile anche allinsegna in virt del rinvio di cui allart.2568 c.c. Pertanto, nel valutare la confondibilit fra insegne, si deve avere riguardo alloggetto della impresa e al luogo in cui questa esercitata, e si deve altres porre a carico dellimprenditore, che ha adottato uninsegna confondibile con quella del 48

preutente, lobbligo di apportarvi modifiche o integrazioni idonee a differenziarla. (App. Milano 23/01/1973). Anche per linsegna valgono le stesse cose della ditta, cio il profilo merceologico e il profilo territoriale. Allinsegna che rechi il nome del cedente, la cui disciplina assibilabile a quella della ditta, non sufficiente la constatazione che nellatto di cessione del ramo di azienda non vi sia la menzione della cessione del diritto ad usare linsegna, potendo gli strumenti ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. C.c. far ritenere che, viceversa, le parti contraenti intesero consentire alla societ cessionaria la prosecuzione delluso dellinsegna. (Trib. Bologna Sez. spec. Propr.industr.ed intell. Sent. 14/11/2008); Al pari della ditta, anche linsegna segue lazienda nei suoi trasferimenti soltanto quando ci sia stato espressamente convenuto fra il precedente e il nuovo titolare dellazienda. (Cass. Civ. 27/02/1985 n. 1715) Il secondo dice che deve essere espressamente convenuto tra il precedente e il nuovo titolare che esso voglia trasferire anche linsegna. Nella disciplina dellinsegna non esplicitato che il trasferimento dellinsegna deve per forza accompagnarsi anche allazienda; mentre per la ditta esplicitato che la ditta si trasferisce solo insieme allazienda e solo se c unespressa manifestazione di volont, nellinsegna tutta questa precisione manca. Allora il primo problema : si applica quella disciplina, cio posso trasferire linsegna anche se non c unesplicita manifestazione di volont? La cassazione dice che non si pu fare perch allinsegna si applica la stessa disciplina della ditta quindi, al pari della ditta, anche linsegna segue lazienda nei suoi trasferimenti ma soltanto se c la volont espressa dellalienante. Il tribunale di Bologna dice invece una cosa diversa: seppure nellatto di trasferimento non vi sia la menzione del trasferimento dellinsegna, comunque si pu ritener trasferita linsegna in virt di uninterpretazione del contratto. Questi due precedenti che sembrano in contrasto tra di loro, non lo sono necessariamente ma dipende come noi interpretiamo espressamente convenuto (labbiamo visto prima per la ditta), cio se lespressamente convenuto si deve ritenere come c stata una manifestazione di volont volta al trasferimento anche se non proprio detto cio anche se manca la menzione della cessione del diritto ad usare linsegna , ma dal contesto contrattuale comunque si desume che questo diritto esiste, allora a questo punto una cosa possibile. Laddove, viceversa, dal contesto contrattuale questo elemento non si desume, allora la ditta si dovr intendere non trasferita. Per non necessaria che sia proprio la frase relativa al trasferimento della ditta, ma si pu capire attraverso linterpretazione dellatto. MARCHIO Abbiamo visto i profili storici della disciplina del marchio, ora andiamo a vedere gli elementi positivi di disciplina del marchio. Innanzitutto vediamo due elementi: 1) Quali sono i segni che possono costituire il marchio? 2) In che modo particolare il marchio si ritiene valido rispetto agli altri segni distintivi? Quale lelemento in pi che deve ricorrere nel marchio (e sul quale invece non ci siamo soffermati nella ditta e nellinsegna)? Per quanto riguarda i segni che possono costituire il marchio il legislatore (ma anche la pratica commerciale) lascia ampia spazio alla libert degli imprenditori dal punto di vista dellindividuazione dei segni ed elementi che possono costituire un marchio. Quando andremo a vedere il codice della propriet industriale nel quale inserita la disciplina del marchio vedremo che il riferimento fatto: 49

non solo a parole ma anche numeri (il marchio fatto di numeri ammissibile es. Chanel n.5) o anche colori (associazione di colori tale da rendere riconoscibile quel determinato segno) o da forma tridimensionale (il marchio di forma quello che crea pi problemi perch pu impattare con la disciplina delle invenzioni industriali e modelli per disegni ornamentali; per cui si deve vedere in che maniera la legittimit del marchio di forma si correla con la disciplina delle invenzioni industriali perch se io utilizzassi come marchio un elemento che invece deve essere brevettato come invenzione industriale chiaramente utilizzerei una disciplina a me pi favorevole ma danneggerei il mercato; ecco perch ci non possibile farlo), o da forma grafica diversa dai numeri o dai segni (disegno di qualunque specie, una foto o inventati) il marchio pi spingersi fino al suono (che pu essere elemento costitutivo di un marchio o addirittura si discussa la possibilit del marchio olfattivo o gustativo (cio che un particolare odore o senso olfattivo potessero costituire elemento di un marchio ma questi due elementi sono molto discussi circa la possibilit di riconoscerli come elementi del marchio)

Un primo elemento sicuramente la loro possibilit di rappresentazione grafica, cio il marchio deve poter essere rappresentabile graficamente, ci che sicuramente esiste per tutti i marchi (marchi di forma e tridimensionali, suono ecc) ma tuttavia potrebbe esistere anche per il marchio olfattivo e gustativo perch la rappresentazione grafica sarebbe costituita dalla formula chimica che d luogo a quel particolare odore e sapore. Arriviamo al secondo elemento che deve ricorrere nel marchio che lestraneit del segno al prodotto, elemento che molto pi labile nella ditta e nellinsegna e che invece decisivo nel marchio, che vuol dire estraneit del segno al prodotto? Non valido come marchio quel segno che si limita a descrivere che cosa il prodotto o il servizio che con quel marchio si va a contraddistinguere cio io non posso registrare come marchio per delle scarpe il termine scarpe, o per sciarpe la parola sciarpa ecc cio non possibile registrare come marchio un elemento che sia semplicemente descrittivo del prodotto. Perch? Per due motivi: il primo riguarda lindividuazione del prodotto ed costituito dal fatto che il marchio il segno distintivo del prodotto e deve essere idoneo a distinguere quel prodotto da ogni altro prodotto (se io per delle scarpe utilizzo come marchio la parola Scarpe, non distinguo quel prodotto dagli altri, non offro un elemento distintivo al mercato rispetto a quel prodotto); il secondo elemento ancora pi delicato e riguarda il fatto che se io potessi utilizzare come marchio il termine lessicale che semplicemente illustra il prodotto escluderei tutti gli altri imprenditori dalla possibilit di utilizzare quel segno, cio se qualcuno riuscisse a registrare come marchio per delle scarpe la parola Scarpe evidentemente tutti gli altri produttori di scarpe non potrebbero dire queste sono delle scarpe! ma dovrebbero utilizzare un termine diverso da quella che invece la parola comune che connota quel prodotto. Ecco che sia dal punto di vista individuale dellimprenditore che utilizza quel segno, sia dal punto di vista generale del mercato di riferimento di quel prodotto, non possibile utilizzare 50

come segno il termine che costituisce la denominazione del prodotto e quindi vige il principio di estraneit del segno rispetto al prodotto. Questo in linea generale ma ci sono due elementi di dubbio: 1) non sempre vero che necessario lestraneit del segno al prodotto, cio talvolta nella pratica esistono dei marchi che hanno in s lillustrazione dello stesso prodotto (es. Calzaturificio di Varese che la descrizione del prodotto ma vedremo perch questo valido oppure Divani&Divani o Scarpe&Scarpe); ecco che esistono una serie di situazioni nelle quali questo principio dellestraneit del prodotto al segno un elemento che invece pu essere superato e dobbiamo vedere perch; 2) distinzione, che facciamo rispetto allestraneit del segno comparato al prodotto, tra marchio debole e marchio forte perch noi abbiamo molti marchi che riproducono elementi del prodotto associati ad altre parole in modo da renderli diversi dagli altri ma non tanto (per es. prodotti per pulire i vetri Vetril, Vetrix ecc cio tutti hanno la matrice vetro con delle aggiunte), ecco che in questo caso la parola non illustra esattamente il prodotto ma richiama fortemente le sue caratteristiche. Dobbiamo quindi capire cosa cambia quando invece un prodotto per pulire il vetro ha un nome completamente diverso es. Pronto, in questo caso il segno molto pi estraneo rispetto al prodotto; quindi un altro elemento di valutazione del marchio sar proprio la lontananza che il segno ha rispetto al prodotto. Quanto pi lontano il segno rispetto al prodotto, quanto pi quel segno ha valore; quanto pi vicino il segno al prodotto, tanto meno quel segno ha valore.

Differenza tra emblema e marchio (relativo alla lezione precedente). La differenza molto sottile, e chiaro che gli elementi dellemblema sono anche registrati come marchio (emblema cavallino, marchio Ferrari). Lemblema non costituisce il vero proprio marchio sono elementi che richiamano al prodotto. (concretamente le due cose non si distinguono, c solo una distinzione teorica). strettamente vietato dalla norma cedere linsegna senza azienda, perch ovviamente se il proprietario cede solo linsegna Tecnocasa facendo un contratto di cessione dinsegna ad una cordata cinese (immaginiamo che Tecnocasa non fosse anche un marchio), in questo modo in futuro se una persona in cerca di casa si rivolge a Tecnocasa sapendo che unazienda seria si pu ritrovare ad avere rapporti con persone non serie e ci comporterebbe una distrazione della clientela e unalterazione del mercato. Poich il legislatore quando parliamo di propriet intellettuali ha lobiettivo di tutelare il consumatore medio e non limprenditore, a differenza di ci che accade nel diritto commerciale, si rende conto che in questa situazione lo stesso consumatore pu subire un pregiudizio se viene ceduta esclusivamente linsegna senza lazienda senza limpresa e senza la societ e quindi giunge alla conclusione che non si pu cedere linsegna singolarmente. Lemblema un segno figurativo che ha una forte forza attrattiva sul consumatore. Esempi di emblemi sono la stella della Mercedes o il cane a tre zampe dellAgip. Esclusivamente considerati sia la stella che il cane a tre zampe non sono n insegne n marchi, ma sono emblemi che sono stati inseriti in marchi con parte figurativa e parte letterale e successivamente registrati allufficio marchi italiano e mondiale. Anche lemblema tutelato per evitare che possa 51

essere utilizzato come emblema o segno distintivo da un altro soggetto nello stesso settore merceologico o in un settore diverso. Infatti immaginiamo il marchio della mercedes, la stella a tre punte sotto il logo mercedes,quindi con una parte letterale e una parte figurativa, se fosse solo tutelato il marchio allora un altro soggetto potrebbe utilizzare la stella a tre punte della Mercedes in un altro modo o in un altro colore, ad esempio rosso fuoco, e scriverci sotto Alfa Romeo, Milan o il nome di unaltra azienda. Quindi lelemento distintivo, come la stella a tre punte della Mercedes, se preso singolarmente e messo sotto, ad esempio, al nome Ferrari in teoria potrebbe non creare confusione con la Mercedes perch una semplice stella con i colori sociali della Ferrari e quindi successivamente i consumatori si chiederebbero solamente perch la Ferrari ha sostituito il cavallino rampante, senza collegare quel segno alla Mercedes, in funzione dellimportanza del marchio Ferrari. Questo, per, potrebbe creare un problema alla Mercedes ed proprio questo il motivo per cui si arriva a sostenere che anche lemblema debba essere considerato un segno distintivo singolarmente considerato. Lemblema sicuramente tutelato in quanto elemento di un marchio figurativo e letterale quindi composto, ma non c una norma nel diritto formale che tutela direttamente lemblema, quindi gli operatori andando a leggere allinterno del codice delle propriet intellettuali hanno scoperto che si parla di tutela dei segni distintivi in modo generico, e anche se presente un elenco dei vari segni distintivi come marchio, insegna, ditta, e dominio, lemblema non compare, allora sostengono che questo elenco presente allinterno del codice di propriet industriale un elenco esemplificativo ma non esaustivo, ci che rileva la norma generale la quale ritiene soggetti a tutela tutti i segni distintivi. Quindi se un soggetto ritiene che lemblema un segno distintivo allora deve essere soggetto a tutela in virt della norma generica presente nel codice. Nel codice, invece, menzionato il dominio(dominio internet), il quale stato al centro dei pi grossi dibattiti degli ultimi anni perch al legislatore del 42 era un fenomeno completamente sconosciuto e quindi si dovuto correre ai ripari con una disciplina che non contrastasse con il codice del 42 ma che allo stesso tempo tutelasse gli operatori commerciali.. Il dominio lindirizzo internet ed ha due funzioni, quella di indirizzo e quella di segno distintivo che sono due funzioni completamente diverse. Lindirizzo composto da prefisso,nome e suffisso (www.nome.it.com.org), il segno distintivo solo il corpo centrale dellindirizzo, cio il nome (www.lafeltrinelli.it il segno distintivo la feltrinelli). Ci ha creato dei problemi quando si aperto il mercato dei domini poich, considerando che costa 50 euro registrare un dominio, tutti i furbi si sono fiondati a registrare domini. In questo modo la maggior parte delle imprese italiane (per lo pi a carattere familiare e che quindi non si affidano a professionisti quali consulenti finanziari o consulenti di marketing come in genere fa una multinazionale)che tardivamente hanno scoperto e capito limportanza dellutilizzo di internet sotto laspetto commerciale, nel momento in cui si sono adoperati per la registrazione del dominio con il nome dellazienda, hanno trovato il dominio gi registrato dai cosiddetti furbi. Quindi in tutti questi casi si creato il problema giuridico di difficile soluzione di capire se ha ragione il furbo o lonesto, poich n nel codice di propriet industriale n nel codice civile non vi alcuna norma che vieta ad un soggetto di registrare un nuovo dominio con il nome di un altro soggetto e allo stesso tempo non vi alcuna limitazione a registrare successivamente lo stesso dominio con un suffisso diverso, cio anzich .it utilizzare .com. La giurisprudenza in questo caso ha operato seguendo un principio di integrit sociale piuttosto che un principio di diritto perch si pensato maggiormente a tutelare ci che sembrava giusto da ci che sembrava legale. Allora la norma che la giurisprudenza ha fatto rientrare per dare una giustificazione alla penalizzazione del furbo quella della concorrenza sleale. Si sono recuperate le norme del codice civile in materia di concorrenza sleale per confusione per arrivare a sostenere che il furbo registrando per primo come dominio il nome, ad esempio, di unazienda 52

che opera su un determinato mercato da diversi anni, potrebbe ingenerare una confusione nel consumatore e pertanto deve essere penalizzato. Questa stata largomentazione giuridica che hanno utilizzato i giudici per affermare che la registrazione di un dominio che in conflitto con un imprenditore o unaltra realt commerciale deve essere dichiarato illegittimo. Dal 1997 in poi si sono create vere e proprie societ di registrazione che registravano in malafede i siti sotto tutti i punti di vista possibili ed immaginabili. (.com; .it; .de; .org; etc.) con una spesa di circa mille euro, accaparrandosi tutte le possibili scelte in merito ad un indirizzo web. Queste societ successivamente procedevano alla vendita sul mercato dei suddetti. Dal 2001 al 2005 si sono presi dei provvedimenti cautelari. Oggi tutto ci non pi possibile perch stata istituita lInternational Authority, unautorit che gestisce lamministrazione dei domini e sostanzialmente d a tutti la possibilit di registrarsi. Questa autorit internazionale non svolge attivit di indagine ma registra i domini. Se il dominio che si va a registrare in conflitto con un dominio precedentemente registrato vi sono problemi per il soggetto che ha registrato il dominio successivamente e non per lAuthority. Oggi per quanto riguarda la registrazione opera il principio della verit. Il marchio il segno distintivo per antonomasia che evoca nel senso comune dei consumatori un determinato prodotto. Lart. 7 del codice industriale asserisce che possono essere registrati come marchi alcuni segni purche' siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese. Da questo articolo capiamo che il marchio deve avere una sua particolarit per poter contraddistinguere il prodotto rispetto a quello dei concorrenti(es: prodotti simili).Il marchio deve riuscire a caratterizzare un prodotto allinterno della categoria merceologica. Parlando di marchio si fa riferimento al bene tutelato perch proprio in questi casi potremmo trovarci di fronte a casi di confusione dove il legislatore pone il problema della capacit distintiva del marchio. Accanto allesigenza della capacit distintiva riscontriamo la tutela del marchio in quanto valore intrinseco.La funzione originaria del marchio era quella di andare ad individuare la provenienza o lorigine del prodotto. Prendendo ad esempio la Fiat Punto riscontriamo due tipologie di marchio: uno generico ed uno specifico. Il primo (Fiat) indica teoricamente la provenienza,lorigine del prodotto. Il secondo (Punto) indica il tipo di prodotto. Il marchio oltre ad avere una capacit distintiva ed evocativa ha anche funzione di ausilio. Oggi vi la possibilit di cedere i marchi e la caratteristica di questi ultimi di evocare determinati prodotti tende ad essere attenuata, almeno in prima battuta, poich sostanzialmente la legislazione funzionale alluso del marchio. Il parametro di riferimento del legislatore quello secondo il quale il marchio non deve essere utilizzato mai in maniera ingannevole. 12/01/2012 MARCHIO Abbiamo visto i profili storici della disciplina del marchio, ora andiamo a vedere gli elementi positivi di disciplina del marchio. Innanzitutto vediamo due elementi: 3) Quali sono i segni che possono costituire il marchio? 4) In che modo particolare il marchio si ritiene valido rispetto agli altri segni distintivi? Quale lelemento in pi che deve ricorrere nel marchio (e sul quale invece non ci siamo soffermati nella ditta e nellinsegna)? Per quanto riguarda i segni che possono costituire il marchio il legislatore (ma anche la pratica commerciale) lascia ampia spazio alla libert degli imprenditori dal punto di vista dellindividuazione dei segni ed elementi che possono costituire un marchio. Quando andremo a vedere il codice della propriet industriale nel quale inserita la disciplina del marchio vedremo che il riferimento fatto: non solo a parole 53

ma anche numeri (il marchio fatto di numeri ammissibile es. Chanel n.5) o anche colori (associazione di colori tale da rendere riconoscibile quel determinato segno) o da forma tridimensionale (il marchio di forma quello che crea pi problemi perch pu impattare con la disciplina delle invenzioni industriali e modelli per disegni ornamentali; per cui si deve vedere in che maniera la legittimit del marchio di forma si correla con la disciplina delle invenzioni industriali perch se io utilizzassi come marchio un elemento che invece deve essere brevettato come invenzione industriale chiaramente utilizzerei una disciplina a me pi favorevole ma danneggerei il mercato; ecco perch ci non possibile farlo), o da forma grafica diversa dai numeri o dai segni (disegno di qualunque specie, una foto o inventati) il marchio pi spingersi fino al suono (che pu essere elemento costitutivo di un marchio o addirittura si discussa la possibilit del marchio olfattivo o gustativo (cio che un particolare odore o senso olfattivo potessero costituire elemento di un marchio ma questi due elementi sono molto discussi circa la possibilit di riconoscerli come elementi del marchio)

Un primo elemento sicuramente la loro possibilit di rappresentazione grafica, cio il marchio deve poter essere rappresentabile graficamente, ci che sicuramente esiste per tutti i marchi (marchi di forma e tridimensionali, suono ecc) ma tuttavia potrebbe esistere anche per il marchio olfattivo e gustativo perch la rappresentazione grafica sarebbe costituita dalla formula chimica che d luogo a quel particolare odore e sapore. Arriviamo al secondo elemento che deve ricorrere nel marchio che lestraneit del segno al prodotto, elemento che molto pi labile nella ditta e nellinsegna e che invece decisivo nel marchio, che vuol dire estraneit del segno al prodotto? Non valido come marchio quel segno che si limita a descrivere che cosa il prodotto o il servizio che con quel marchio si va a contraddistinguere cio io non posso registrare come marchio per delle scarpe il termine scarpe, o per sciarpe la parola sciarpa ecc cio non possibile registrare come marchio un elemento che sia semplicemente descrittivo del prodotto. Perch? Per due motivi: il primo riguarda lindividuazione del prodotto ed costituito dal fatto che il marchio il segno distintivo del prodotto e deve essere idoneo a distinguere quel prodotto da ogni altro prodotto (se io per delle scarpe utilizzo come marchio la parola Scarpe, non distinguo quel prodotto dagli altri, non offro un elemento distintivo al mercato rispetto a quel prodotto); il secondo elemento ancora pi delicato e riguarda il fatto che se io potessi utilizzare come marchio il termine lessicale che semplicemente illustra il prodotto escluderei tutti gli altri imprenditori dalla possibilit di utilizzare quel segno, cio se qualcuno riuscisse a registrare come marchio per delle scarpe la parola Scarpe evidentemente tutti gli altri produttori di scarpe non potrebbero dire queste sono delle scarpe! ma dovrebbero utilizzare un termine diverso da quella che invece la parola comune che connota quel prodotto. Ecco che sia dal punto di vista individuale dellimprenditore che utilizza quel segno, sia dal punto di vista generale del mercato di riferimento di quel prodotto, non possibile utilizzare come segno il termine che costituisce la denominazione del prodotto e quindi vige il principio di estraneit del segno rispetto al prodotto. Questo in linea generale 54

ma ci sono due elementi di dubbio: 3) non sempre vero che necessario lestraneit del segno al prodotto, cio talvolta nella pratica esistono dei marchi che hanno in s lillustrazione dello stesso prodotto (es. Calzaturificio di Varese che la descrizione del prodotto ma vedremo perch questo valido oppure Divani&Divani o Scarpe&Scarpe); ecco che esistono una serie di situazioni nelle quali questo principio dellestraneit del prodotto al segno un elemento che invece pu essere superato e dobbiamo vedere perch; 4) distinzione, che facciamo rispetto allestraneit del segno comparato al prodotto, tra marchio debole e marchio forte perch noi abbiamo molti marchi che riproducono elementi del prodotto associati ad altre parole in modo da renderli diversi dagli altri ma non tanto (per es. prodotti per pulire i vetri Vetril, Vetrix ecc cio tutti hanno la matrice vetro con delle aggiunte), ecco che in questo caso la parola non illustra esattamente il prodotto ma richiama fortemente le sue caratteristiche. Dobbiamo quindi capire cosa cambia quando invece un prodotto per pulire il vetro ha un nome completamente diverso es. Pronto, in questo caso il segno molto pi estraneo rispetto al prodotto; quindi un altro elemento di valutazione del marchio sar proprio la lontananza che il segno ha rispetto al prodotto. Quanto pi lontano il segno rispetto al prodotto, quanto pi quel segno ha valore; quanto pi vicino il segno al prodotto, tanto meno quel segno ha valore. 16/01/2012 MARCHIO Continuiamo il discorso sul marchio partendo da quelli che sono i requisiti del marchio e analizzando poi tutti gli altri aspetti. Ci siamo soffermati sulla variabilit del contenuto del segno marchio ovvero il fatto che il segno non detto che debba sostanziarsi di un segno vero e proprio ma il marchio come segno pu essere anche costituito da suoni, cifre o addirittura abbiamo prospettato la possibilit di un marchio olfattivo o gustativo. Ora dobbiamo vedere il MARCHIO DI FORMA La forma esterna del prodotto in taluni casi elemento di riconoscimento del prodotto stesso. Daltra parte gi quando abbiamo esaminato la concorrenza sleale per confusione abbiamo visto come limitazione servile della forma esteriore del prodotto costituisce una fattispecie confusoria,cio io posso indurre in confusione il pubblico dei consumatori utilizzando una forma esteriore simile o comunque confondibile con quella di un altro imprenditore; in quella sede abbiamo detto che ci possibile,cio limitazione servile e il rischio confusorio sono possibili quando la forma imitata una forma particolare, non banale n utile ma una forma idonea a riconoscere quel prodotto per cui serve nel pubblico dei consumatori a individuare quel determinato prodotto o servizio e distinguerlo da altri prodotti e servizi. Il marchio di forma costituisce unestremizzazione di quella problematica cio quella particolare forma tridimensionale viene brevettata come marchio e quindi alla stregua di un marchio viene tutelata. Naturalmente dobbiamo vedere quali sono i requisiti per la brevettabilit di un marchio di forma perch il marchio di forma presenta vari problemi. Decreto legislativo n. 30 del 2005 art.9 : questo il decreto nel quale confluita la legge dei marchi, quindi oggi la disciplina generali dei marchi la ritroviamo nel codice civile (in cui ritroviamo anche la ditta e linsegna insieme a qualche previsione generale in materia di marchi) ma in maniera pi particolare la ritroviamo nel codice della propriet industriale, cio il decreto legislativo 2005 n.30. Marchi di forma Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni 55

costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che da' un valore sostanziale al prodotto. Sui marchi di forma questo decreto si sofferma in un apposito articolo in cui stabilisce due diverse fattispecie di esclusione dalla brevettabilit del marchio di forma: 1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto: quindi innanzitutto se la forma del prodotto la forma ordinaria, necessaria relativa a quel prodotto non la posso registrare come marchio. Cos come il termine generico scarpa o scrivania di per s considerati non possono essere registrati come marchi perch altrimenti escluderei tutti gli altri dalla possibilit di utilizzare quei segni, allo stesso modo non posso registrare come marchio la forma esteriore del prodotto quando una forma normale: se io registrassi come marchio di forma una penna normale escluderei agli altri produttori di penne di utilizzare quella forma per il loro prodotto e cos per es. anche per le bottiglie o qualunque tipo di forma generica, quindi questo inammissibile. Daltra parte la disciplina del marchio si deve confrontare con la disciplina delle invenzioni industriali. Di questa disciplina non ci occupiamo ma abbiamo fatto cenno del fatto che le invenzioni industriali, una volta brevettate, attribuiscono al titolare il diritto alluso esclusivo di quella invenzione limitato in termini di tempo, cio un periodo normalmente ventennale nel quale colui che ha brevettato quella invenzione ha diritto ad usarla in maniera esclusiva; decorso il ventennio qualsiasi terzo che vuole utilizzare quella invenzione lo pu fare gratuitamente. Se io registrassi invece come marchio una forma che costituisce uninvenzione allora mi avvantaggerei della disciplina del marchio che non prevede un termine di scadenza, cio il marchio pu essere anche perenne (ipoteticamente) ed ottiene lo stesso scopo delle invenzioni industriali cio otterrei da una parte quellelemento di privativa che proprio della brevettazione, dallaltra scapperei dal limite temporale di utilizzo che invece elemento che connota le invenzioni industriali. Ecco che allora il legislatore da una parte esclude le forme banali, cio quelle che sono utili per il prodotto e dallaltra parte esclude per la brevettazione le innovazioni relative al prodotto stesso, infatti nellart.9 leggiamo 2. () dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che da' un valore sostanziale al prodotto: cio quando la forma idonea a conseguire un risultato tecnico che senza quella forma non si riusciva ad ottenere o quando la forma attribuisce comunque un valore aggiunto da un punto di vista tecnico al prodotto, allora quella forma non pu essere brevettata come marchio. Quando invece la forma diversa (non deve essere radicalmente diversa ma deve presentare degli elementi di peculiarit rispetto alle altre forme utili), non attribuisce di per s un valore aggiunto al prodotto dal punto di vista tecnico, allora quella forma pu essere brevettata come marchio. Per fare un esempio di forme tridimensionale che sono brevettate come marchio possiamo richiamare la bottiglia della CocaCola (quella con le scalanature che brevettata come marchio) che evidentemente non la bottiglia in s ad essere brevettata ma quellelemento particolare delle scalanature che non danno valore aggiunto al prodotto ma la fa distinguere dalle altre forme, cio quellelemento distintivo a costituire il marchio. Altro caso di forma tridimensionale la VESPA: non lacciaio che oggetto di brevettazione perch chiaro che questo non potrebbe essere oggetto di brevettazione, ma quella forma particolare esterna di quel particolare scooter che oggetto di brevettazione. REQUISITI DEL MARCHIO 56

1) RAPPRESENTABILIT GRAFICA Un marchio deve essere rappresentabile graficamente. La rappresentabilit grafica del marchio NON un elemento di validit del marchio ma un requisito necessario ai fini della brevettazione del marchio. Possiamo avere un marchio valido bench non brevettabile proprio perch non suscettibile di rappresentazione grafica. Il marchio al pari di ogni altro segno distintivo (cos come la ditta,linsegna o altri segni distintivi atipici eventuali ulteriori simboli impiegati dallimprenditore, come ad esempio slogan o pannelli pubblicitari) ne acquisisco la propriet, diventa un segno distintivo, con lutilizzo che io ne faccio: utilizzo quel segno, il quale acquisisce una capacit distintiva di qualcosa sul mercato e quel segno acquista una validit ed io sono proprietario di quel segno. Naturalmente per il marchio, a differenza della ditta e dellinsegna, prevista una disciplina molto pi rigorosa anche in termini di registrazione/brevettazione, cio la brevettazione consente al proprietario del marchio una tutela molto pi efficace, effettiva ed immediata: non devo stare l (come abbiamo visto per la concorrenza sleale) ad esaminare se il marchio ulteriore, rispetto ad un marchio gi brevettato, sia confondibile o no, se induce in inganno o no ecc ma devo semplicemente vedere se due marchi sono simili e laddove ci sia il secondo marchio invalido perch c un abuso di marchio. Quindi la tutela offerta dalla disciplina dei marchi molto pi significativa dalla tutela offerta in generale per i segni distintivi, ma come contropartita il marchio deve essere brevettato. Allora per la brevettabilit deve portare allUfficio marchi e brevetti un documento nel quale sono indicate le caratteristiche di questo marchio, nel quale il marchio rappresentato. Laddove ci non sia possibile perch il marchio non sia rappresentabile graficamente, il marchio non sar brevettabile; ci non vuol dire che il marchio sar invalido o inesistente o non ha valore ma semplicemente non brevettato. Gli altri requisiti sono proprio REQUISITI DI VALIDIT DEL MARCHIO (e ritroviamo sostanzialmente gli stessi requisiti che abbiamo gi visto per gli altri segni distintivi): NOVIT; LICEIT ; NON INGANNEVOLEZZA DEL SEGNO; ai quali si aggiunge un ulteriore requisito che non marchio ha una valenza specifica (non che negli altri segni non ci sia ma meno rilevante, mentre nel marchio assolutamente decisivo questo requisito) che quello dellORIGINALIT. Prima di tutto vediamo come distinguiamo la NOVIT dalla ORIGINALIT : quando parliamo di NOVIT facciamo riferimento a novit ESTRINSECA del segno, cio la novit del segno sta a significare che non esiste gi altro segno (brevettato o meno) legittimamente usato da altro imprenditore, con gli elementi di territorialit e di profilo merceologico esaminati; lORGINALIT viene parametrata alla novit INTRINSECA del prodotto, quindi si parla di originalit o novit intrinseca del segno che sta a significare la cosiddetta estraneit del segno rispetto al prodotto, cio loriginalit non si misura rispetto agli altri segni distintivi esistenti sul mercato ma si vede tra segno adottato e prodotto; quanto pi il segno adottato si distanzia dal prodotto che contraddistingue, tanto pi il marchio originale. Quindi il problema della novit intrinseca o originalit si fonda proprio sulla lontananza del segno dal prodotto.

2) LICEIT Il marchio lecito quando conforme a elementi di ordine pubblico, norme imperative e buon costume. Quindi elemento base della liceit la conformit a questi tre baluardi del nostro ordinamento ma dobbiamo dettagliare gli elementi di liceit perch abbiamo degli elementi specifici che riguardano proprio il marchio, innanzitutto vediamo lart. 14 del codice della propriet industriale che, 57

dopo aver individuato in linea di principio che non solo leciti i marchi non conformi alle norme imperative, allordine pubblico e al buon costume, individua altri elementi di liceit. Art. 14. Liceita' 1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa: a) i segni contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualita' dei prodotti o servizi; c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprieta' industriale o altro diritto esclusivo di terzi. () inserita nella liceit la non decettivit del segno, cio il marchio non deve essere tale da ingannare il pubblico sulla qualit dei prodotti o sulla loro provenienza (vd. 1. a) ): se in un marchio per es. di un prodotto di maglieria sintetica introduco elementi che richiamano la lana pregiata, evidentemente utilizzo un marchio decettivo perch il pubblico vedendo quel segno portato a pensare una cosa non vera; se ad es. ad un marchio relativo a dei succhi darancia richiamo la Sicilia e invece le arance sono di Bolzano evidente che do un elemento decettivo al pubblico perch io posso richiamare la Sicilia ma la produzione deve essere in Sicilia altrimenti danno unindicazione decettiva. Sono altrettanto illegittimi i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore di propriet industriale o di altro diritto esclusivo di terzi. In questo discorso della liceit si inseriscono altri due elementi: il primo relativo ai ritratti di persone e laltro relativo ai nomi e segni notori. NOMI DI PERSONE NON NOTE: possono essere tranquillamente registrati come marchi purch quellutilizzo non sia lesivo della vita di relazione o dellimmagine della persona bench non nota. Il nome e cognome di persone non note non ha di per s una sua valenza attrattiva sul mercato per cui se ne pu appropriare un terzo imprenditore che lo vuole registrare come marchio e lo pu fare, quello che non pu fare utilizzarlo in maniera tale da ledere la dignit della persona che porta quel nome; se quel nome e cognome fosse utilizzato per la carta igienica o prodotti che servono per pulire le fognature evidentemente sarebbe utilizzato in maniera non dignitosa per il nome che quella persona porta, ma per qualsiasi altro prodotto o servizio lo pu fare. Diverso il RITRATTO DELLA PERSONA NON NOTA: relativamente allimmagine della persona non nota necessario il consenso di questa persona (una cosa il nome e unaltra la sua immagine). In questo caso necessario il consenso della persona della cui immagine si tratta o dopo la loro morte il consenso del coniuge, dei figli oppure dei genitori o discendenti. Il discorso diverso per i NOMI NOTORI: quando il nome appartiene ad una persona il cui nome gi noto al pubblico per ragioni di vario ordine (spettacolo, politica, sport ecc) e quindi ha una sua valenza attrattiva di per s considerato, non per lutilizzo che limprenditore ne fa (ma gi di per s un elemento attrattivo e distintivo nel pubblico), in questo caso il nome pu essere registrato solo con il CONSENSO della persona che porta quel nome. Questo vale anche se c unomonimia perch comunque un nome notorio che appartiene ad una persona nota dalla cui fama io indebitamente, come imprenditore, trarrei vantaggio; quindi i nomi di persone notorie non possono essere registrati se non dalla persona nota che porta quel nome ed lunico che ha il diritto a registrarlo oppure ci pu essere fatto col suo consenso. Non possono essere registrati come marchi gli stemmi, le bandiere di Paesi, denominazione anche di enti no profit, sigle (ACI, UNICEF) anche se di per s non sono brevettati come marchi n sono utilizzati come ditta o come insegna ma comunque non possono essere brevettati come marchi da terzi. 3) NOVIT Parliamo di novit in senso estrinseco. Lart. 12 del codice della propriet industriale vieta la registrazione come marchio (non possono essere brevettati come marchi) dei segni che alla data del deposito della domanda 58

(tutto si fonda non sulla data in cui viene concesso il brevetto ma sulla base della data in cui viene depositata la domanda perch fra la data di deposito della domanda e data di rilascio del brevetto pu intercorrere un lasso di tempo anche non breve, evidentemente tutti i dati soprattutto in termini di novit, a cui il problema della registrazione rimanda, si fonda alla data del deposito della domanda) siano identici o simili ad un segno gia' noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identita' o somiglianza tra i segni e dell'identita' o affinita' fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni... Quindi il problema non solo la novit del segno che possa indurre in confusione circa il prodotto o il servizio in quanto tale, ma anche lanalogia tra i segni che possa indurre ad una mera ASSOCIAZIONE tra i prodotti, cio il pubblico pu capire che si tratta di due prodotti diversi ma magari pensa che quel prodotto simile allaltro. Per cui non solo il marchio identico che determina un rischio di identificazione dei prodotti, ma anche la mera associazione tra i prodotti. Il termine usato dal legislatore non marchio gi brevettato ma segno gi noto, quindi il punto non nella brevettazione ma nellutilizzo. Il problema del marchio molto delicato perch nella tradizionale normalit dei casi (cos come gli altri segni distintivi) il marchio prima veniva utilizzato, acquisiva una notoriet distintiva e poi veniva brevettato, questo lo step logico dei segni distintivi che sono tali nel momento in cui acquistano capacit distintiva, non nel momento in cui viene brevettato. Questa consecuzione logica tradizionale oggi viene ribaltata dal punto di vista temporale cio prima si brevetta un segno (assodato che non ci sono altri segni simili) e poi inizio ad investire su quel segno per fargli acquistare capacit distintiva perch il rischio che se non lo brevetto magari lo brevetta un altro. Il problema infatti la prova: se io non brevetto il segno e un altro lo brevetta al mio posto, io dovr fargli causa perch quel segno era gi noto ed utilizzato da me e dovr dimostrare tutto ci! Se invece prima lo brevetto e poi lo rendo noto la posizione diversa. Possiamo avere due situazioni: il segno non brevettato precedentemente (laddove si sia voluto prima utilizzare e non prima brevettare) aveva una notoriet nazionale e possiamo avere una situazione in cui esso aveva una notoriet locale. Mentre il segno che ha acquisito una notoriet NAZIONALE non pu essere brevettato da nessuno, il segno che ha acquisito una notoriet LOCALE pu essere brevettato anche da unaltra persona diversa da quella che ha contribuito a rendere quel segno notorio perch non tale in ambito nazionale ma in ambito locale. Allora in questo caso cosa si prevede? Luso precedente del segno quando abbia notoriet puramente locale non toglie la novit quindi io posso brevettare un segno che non aveva acquisito notoriet o che aveva una notoriet meramente locale. Il legislatore prevede una tutela anche del PREUTENTE stabilendo che il preutente pu continuare ad utilizzare quel segno (quindi abbiamo una situazione nella quale due persone sono legittimate ad usare lo stesso segno) per il preutente, che aveva utilizzato il segno senza che ad esso fosse attribuito una notoriet o laddove essa era puramente locale, pu continuarlo ad utilizzare nei limiti in cui lo utilizzava prima. Se il segno non aveva una sua notoriet o ce laveva a livello locale, il problema non tanto che chi ha brevettato dopo fa concorrenza a chi lo utilizzava prima ma chi lo utilizzava prima che, laddove quel segno diventa importante, pu approfittare della notoriet altrui ed qui che il legislatore interviene stabilendo che lo si pu utilizzare nei limiti in cui lo si utilizzava prima. Questa situazione determina un po di confusione ma daltra parte se voglio evitare rischi devo stare attento a brevettare un segno che non abbia nemmeno una notoriet locale per evitare rischi di questo genere. Se io non voglio che il mio segno ha notoriet puramente locale e non venga brevettato da altri lo devo brevettare, altrimenti la legge marchi consente ad altri di farlo. Non consentito nemmeno luso alternativo del segno cio lelemento della 59

novit non si basa solo su marchi gi usati o gi registrati da altri ma si basa anche su marchi che siano identici o simili a ditte,denominazioni sociali, ragioni sociali, insegne o altri segni distintivi usati da altri, cio io non potrei brevettare come marchio un segno che un terzo usa come ditta. Anche luso alternativo del segno risponde agli stessi criteri. Nella legge marchi abbiamo poi vari problema sul tema dei termini, chi ha depositato prima, come si fa a capire il deposito (ma non ci soffermiamo). Per quanto riguarda sempre la novit abbiamo anche un cenno sul MARCHIO NOTORIO che un marchio che subisce una tutela maggiore del marchio non notorio in quanto esso dotato di particolare capacit distintiva ( il marchio famoso). Il marchio brevettato o comunque gi noto a livello nazionale non pu essere brevettato per prodotti e servizi identici, simili o affini. Per il marchio notorio la tutela maggiore (poi lo vediamo). 4)ORIGINALIT Elemento delloriginalit o NOVIT INTRINSECA o distanza del segno rispetto al prodotto. Questo elemento viene individuato nel codice della propriet industriale come elemento relativo alla capacit distintiva (infatti troviamo lart 13 che si chiama Capacit distintiva). Lart 13 individua addirittura limpossibilit di registrare come marchio i segni che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio,

i segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche dei prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualit, la quantit, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio considerato.

Cio da una parte non possono essere registrati come marchi i segni che sono gi noti sul mercato al fine di contraddistinguere la generalit dei prodotti, daltra parte non possono essere registrati come marchi i segni che costituiscono denominazioni generiche, i segni che servono a distinguere la qualit, la provenienza geografica ecc. In questo senso noi parliamo di originalit, capacit distintiva o novit intrinseca del prodotto. In questo ambito distinguiamo MARCHI DEBOLI : quel marchio che, pur non essendo esattamente identico al segno che contraddistingue la denominazione del prodotto, la qualit, la provenienza ecc, un marchio che richiama questi elementi e non si allontana molto dallessenza del prodotto stesso. Per es. rispetto al limoncello esistono tantissimi marchi deboli relativi al limoncello come Limonc, Limoncino, Limonetto ecc. Questi marchi sono descrittivi e che si limitano ad avere in s il nome del prodotto ordinario con dei piccoli elementi che servono a distinguere il marchio rispetto agli altri. (Lo stesso lo troviamo per prodotti per le pulizie come Vetril,Vetrix, Pulivetri ecc). Questi tipi di marchi li ritroviamo in vari settori perch evidentemente in quei settori tecnologici preferibile far capire subito al mercato di cosa si tratta piuttosto che utilizzare un segno che ha una forte capacit distintiva. MARCHI FORTI: il marchio che si differenzia in maniera notevole dal prodotto e non ha nessuna attinenza col prodotto e quanto pi lontano rispetto al prodotto, cio quanto pi estraneo il segno rispetto al prodotto, tanto pi il marchio forte. I marchi forti per es. si trovano nel settore della moda dove i marchi sono costituiti dal nome e dal cognome dello stilista per cui sono molto lontani rispetto al prodotto es. Dolce Gabbana molto lontano dal prodotto, quindi questi sono marchi che gi nascono come marchi forti. Cosi come marchi forti sono quei marchi che proprio non hanno alcuna attinenza col prodotto come la Apple, sia la Apple come nome che la mela in quanto tale; apple un nome comune che se lo 60

utilizzassi per contraddistinguere le mele non sarebbe un marchio valido, se lo utilizzo per contraddistinguere un pc un marchio valido perch molto estraneo rispetto al prodotto, cio un marchio forte che nasce forte. Abbiamo fatto lesempio di marchi deboli che sarebbero da considerarsi invalidi e che invece sono tranquillamente utilizzati sul mercato, cio Divani&Divani, Scarpe&Scarpe ecc. Come possibile che ci avvenga? Avviene per il fenomeno di cosiddetto SECONDARY MEANING. Innanzitutto possiamo avere una situazione nella quale un marchio nasca invalido e diventa valido: il marchio Divani&Divani un marchio che nasce con forti dubbi di validit perch si limita a riprendere il nome del prodotto semplicemente introducendo, quale elemento di differenziazione, la duplicazione cio la duplicazione che viene fatta del nome; se fosse stato solo Divani sicuramente sarebbe nato con forti vizi di legittimit; la duplicazione del nome molto poco per dire che il marchio sia valido ed molto discutibile che questo marchio sia valido. Tuttavia la legge marchi prevede che SE io attribuisco notoriet al segno, cio con la pubblicit che faccio, col marketing, con le altre attivit che pongo in essere sono in grado di conferire notoriet e capacit distintiva ad un segno che originariamente non laveva, quel segno diventa un segno valido. Il segno che nasce originariamente invalido ma che con lutilizzo che io ne faccio diventa valido, ovviamente nel silenzio degli altri perch se per es. una casa produttrice di divani avesse fatto causa immediatamente a Divani&Divani perch non aveva una capacit distintiva perch riproduce il nome del prodotto forse il mero fatto della ripetizione del nome non sarebbe stato sufficiente! Nel momento in cui nessuno gli ha fatto causa, Divani&Divani ha fatto un investimento molto grosso di pubblicit e quel segno oggi sicuramente un segno valido. Se io questa causa a Divani&Divani, per dire che quel segno non valido, la facessi oggi la perderei. Il fenomeno del SECONDARY MEANING un fenomeno che ha anche unaltra caratteristica, cio un fenomeno che consente anche di far diventare forte un marchio che originariamente era debole. Ancora una volta questo elemento si verifica nel momento in cui con lutilizzo che faccio del segno, con la pubblicit che faccio, con gli investimenti che faccio, quel segno, che originariamente non aveva una sua forte capacit distintiva ma era debole, diventa forte. Dobbiamo dare due precisazioni: 1)naturalmente, fermo restando la validit dei segni che nascono invalidi perch utilizzano la denominazione generica del prodotto ma che poi diventano validi con lutilizzo che io ne faccio, non posso impedire agli altri produttori di utilizzare quel termine se/che contraddistingue la denominazione generica del prodotto, cio bench sia valido il segno Divani&Divani come marchio tutti gli altri divani si possono continuare a chiamare Divani&Divani. NON posso impedire ad altri di utilizzare marchi che anche essi richiamano il prodotto in maniera analogo, cio dopo Divani&Divani c Poltrone&Sof e cosi via perch evidente che, fermo restando la validit del mio segno e che nessuno pu chiamarsi Divani&Divani, se uno vuole registrare come marchio un nome che contiene Divani bench abbia la matrice della parola divani lo pu fare e non gli pu essere impedito perch quella una denominazione generica del prodotto 2)perch importante individuare se il marchio un marchio debole o un marchio forte? Perch per il marchio debole sufficiente una lieve modifica per dire che il marchio successivo nuovo (non parliamo di originalit ma di vera e propria novit), cio viene registrato come segno Limonc ed io voglio registrare come segno Limoncino lo posso fare? Si perch quella matrice del prodotto che contenuta nel segno Limonc una matrice che rende il marchio debole allora baster una lieve differenziazione di quel segno per costituire un marchio valido 61

proprio perch io in quel segno descrivo il prodotto. Invece nel momento in cui ho un marchio forte ad es. Dolce&Gabbana anche se io faccio una differenziazione di quel nome chiaro che comunque introduco un marchio non valido perch il marchio forte (al di l della sua notoriet che ha una tutela ancora diversa), proprio per la sua estraneit al prodotto, per poter essere confrontato con un altro segno laltro segno deve essere molto diverso, non basta come nel marchio debole una lieve modifica a rendere valido il marchio successivo ma necessaria una modifica radicale che non allude in alcun modo al marchio precedente. Questultimo elemento caratteristico proprio dellestraneit del marchio rispetto al prodotto,quando il marchio forte. Quale la ragione? La significativa lontananza del segno rispetto al prodotto che c nel marchio forte determina che in un primo momento il pubblico non riesce ad associare a quel segno il prodotto. Quando io utilizzo Limonc tutti capiscono che dentro c il limoncello, laddove io uso Dolce&Gabbana inizialmente non capisco quale il prodotto perch non c unimmediata riconoscibilit, poi con la pubblicit, con il marketing e lutilizzo che faccio di quel segno esso diventa conosciuto e nel momento in cui conosciuto un marchio forte perch un marchio lontano rispetto al prodotto. Ci dobbiamo soffermare su unaltra problematica che collegata a tutte queste cose: abbiamo parlato della necessit che il marchio sia utilizzato, cio abbiamo detto che tutti i segni distintivi sono validi nel momento in cui utilizzati dallimprenditore acquistano capacit distintiva, abbiamo notato come (parlando della novit) il legislatore si sofferma, non tanto sulla brevettazione, quanto sullutilizzo e sulla notoriet del segno, daltra parte per abbiamo detto che la domanda di brevettazione il momento al quale far risalire i paragoni in tema di novit del segno. Quindi dobbiamo trarre delle conclusioni e capire se elemento decisivo della novit la BREVETTAZIONE o lUTILIZZO??? Questo problema sorge proprio alla luce delle cose dette cio vero che lutilizzo conta pi della brevettazione e che grazie allutilizzo che il marchio diventa notorio e diventa un segno valido perch, cos come la ditta e linsegna, il marchio che non acquista un minimo di notoriet sul mercato o quanto meno non viene proprio utilizzato sul mercato un segno distintivo che non ha valore, cio io non posso registrare come marchio un determinato segno e non utilizzarlo mai! Perch? Non perch levo qualcosa a qualcuno (specie quando un marchio originale, cio forte, in realt ci sono altri moltissimi segni che possono essere utilizzati per cui non un fatto gravissimo che io tolgo dal mercato quel determinato segno) ma non ha proprio senso la protezione perch non esiste un marchio! Il marchio esiste nel momento in cui viene utilizzato ed acquista capacit distintiva, fino a quel momento il marchio non esiste. Il legislatore, per, soprattutto oggi ma anche in passato, deve tener conto di un altro problema: si acquisisce la notoriet del segno con luso e con la pubblicit, il marketing e tutti gli altri elementi che mi consentono di far appunto acquisire la notoriet al segno, ci vuol dire grossi investimenti e nessuno disposto a fare investimenti senza essere certo del diritto di privativa di quel segno! Magari faccio linvestimento, poi arriva un terzo che in qualche modo riesce a registralo ed io ho una perdita netta. Alla luce di tutto questo il legislatore contempera queste due esigenze e stabilisce che: ha diritto alla registrazione del marchio, ai sensi dellart 19 Art. 19. Diritto alla registrazione 1. Pu ottenere una registrazione per marchio d'impresa chi lo utilizzi o si proponga di utilizzarlo, nella fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso: 2. Non pu ottenere una registrazione per marchio di impresa chi abbia fatto la 62

domanda in mala fede. 3. Anche le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni possono ottenere registrazioni di marchio. Quindi elemento decisivo per poter ottenere la brevettazione il fatto che o gi il marchio sia gi utilizzato da chi vuole brevettarlo o chi vuole brevettare quel segno si proponga di utilizzarlo, non necessario che si proponga di utilizzarlo lui stesso ma pu anche proporsi di farlo utilizzare ad altri, concederlo in licenza o venderlo ad altri, limportante che quel segno (da me o da altri con la mia autorizzazione) venga utilizzato Lart. 19 non dice che succede se io poi, rispetto a questa dichiarazione/proposizione che io faccio nel momento in cui registro la domanda, non la rispetto. Se lo utilizzavo non c problema, che succede se invece quel marchio non lo utilizzavo e dichiaro nella domanda che il marchio nuovo, non lho mai utilizzato, mi propongo di utilizzarlo e poi non lo uso? Naturalmente questo elemento avr delle conseguenze sulla validit del marchio nel senso che il mancato utilizzo del marchio in determinati termini uno dei casi di decadenza dal diritto di propriet del marchio, cio il marchio un segno che per sua natura deve essere utilizzato, nel momento in cui non utilizzato entro un determinato periodo di tempo, decade per il non uso. MARCHI NOTORI Il marchio notorio quel marchio che non solo forte, anzi diciamo che prescinde dallessere forte o debole, ma un marchio che ha acquisito una tale notoriet sul mercato da avere una capacit attrattiva che va oltre gli stessi prodotti e servizi che contraddistingue. Quando il marchio notorio, cio ha acquisito questa cos grande forza sul mercato, allora vige un ulteriore limitazione per gli altri: non solo vigono le stesse regole del marchio forte (per il marchio notorio non basta una lieve differenziazione ma necessaria una RADICALE differenziazione per poter utilizzare il marchio), ma il marchio notorio gode anche di unaltra tutela ovvero non pu essere registrato neanche per prodotti o servizi del tutto diversi, non c un problema di mera affinit o identit o similitudine dei prodotti o servizi per i quali registrato da altri, ma non pu essere registrato per nessun prodotto e per nessun servizio. Per es. Ferrari che un marchio sicuramente famoso/notorio ma c il Ferrari spumante e altri prodotti che non appartengono alla casa produttrice di auto. Ma la particolare notoriet del marchio pu essere qualcosa che nasce nel tempo, cio originariamente il marchio solo forte o solo valido per quel prodotto/servizio poi nel corso del tempo quel marchio diventa notorio; evidentemente chi aveva brevettato il marchio prima lo continua legittimamente utilizzare ma solo per quei prodotti e per quei servizi per il quale lo aveva registrato. Se io avessi registrato 30anni fa un marchio Diego Armando Maradona lo potevo fare perch non era noto e magari lo avevo brevettato per i telefoni, poi Maradona diventato noto ma io per quel pezzetto per il quale ho fatto la brevettazione posso continuare ad utilizzarlo perch la notoriet avvenuta dopo e non che la notoriet leva valore al marchio precedente ma la notoriet impedisce la registrazione di nuovi marchi anche in settori diversi o per prodotti diversi perch altrimenti potrei usare quel segno per avere un richiamo. Continuiamo oggi con il marchio , noi avevamo chiuso l'ultima lezione con l'individuazione dei requisiti del marchio e indicando cos' la novit ,l'originalit e la liceit. Ora vediamo , dopo un brevissimo cenno sulla tematica della brevettazione , i casi di cessazione dal diritto del marchio perch cos come il diritto del marchio si acquista mediante l'uso e mediante quel valore distintivo che l'uso attribuisce al segno, si pu successivamente perdere. Sono quindi due gli elementi che fanno sorgere il diritto al marchio ossia l'uso e la capacit distintiva che grazie all'uso l'imprenditore fa sorgere per un particolare segno. Detto questo vediamo che chi ha creato questo segno e chi come abbiamo detto 63

nella scorsa lezione lo intenda utilizzare , lo si proponga di utilizzare direttamente o indirettamente o addirittura l'ha gi utilizzato in precedenza il soggetto che ha diritto alla brevettazione ai sensi dell'art. 19. L'utilizzo deve riguardare la sua impresa, imprese controllate o collegate o che facciano parte del suo gruppo o terzi che ne facciano uso col suo consenso. Questo molto importante perch abbiamo studiato con la ditta e l'insegna la rigorosa connessione che deve esserci tra segno e azienda , nel senso che la ditta non pu trasferirsi se non con l'azienda e intima coesione tra bene e segno ..questa intima coesione non c' col marchio, quindi + facile che un terzo possa usare il marchio con il consenso del titolare. Quali sono i diritti che attribuisce la brevettazione? la brevettazione che fa nascere il diritto , ma offe una maggiore, + efficiente tutela al proprietario del segno , ma la propriet del titolo nasce con quello che abbiamo detto prima e non con la brevettazione e vediamo l'art.20 del c. di propriet industriale quali diritti ci indica : I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facolta' di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attivit economica: a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso stato registrato; b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identita' o somiglianza fra i segni e dell'identita' o affinita' fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che puo' consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni; c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi. questo che vuole dire , interpretiamo l'art.21 nell'art. 21 noi individuiamo due fattispecie differenti , il marchio orinario e il marchio notorio che gode di particolare rilevanza per il marchio ordinaria il diritto esclusivo riguarda non soltanto prodotti o servizi identici ma anche affini , naturalmente quando parliamo di prodotti o servizi affini deve ricorrere una situazione, cio deve poter condurre alla confusione , se non vi confondibilit il titolare del marchio ordinario non pu attivarsi in alcun modo. Laddove il prodotto o servizio sia esattamente lo stesso (abbiglimaneto -abbigliamento ) chiaro che la brevettazione del marchio attribuisce una posizione pi vantaggiosa al titolare nel senso che non deve dimostrare la possibilit della confusione ma solo dare conto dell'identit o somiglianza dei segni, cio anche se un segno simile a quello usato al concorrente fatto in modo da non indurre in confusione il pubblico (cio io magari uso lo stesso coccodrillino della lacoste ma ci scrivo questa non una lacoste)ora nel momento in cui pur se non vi confondibilit non ha alcuna rilevanza xk il semplice diritto concesso dal brevetto determina la possibilit di vietare al concorrente l'uso del segno e qui una rilevanza differente rispetto alla concorrenza sleale,quando abbiamo parlato di concorrenza sleale abbiamo detto che l'uso di segni identici o affini a quelli usati da un concorrente vietato quando induce a confusione e rientra nell'ipotesi confusoria qui la confusione non assume rilevanza ,quando c' identit del segno o del prodotto che ci sia o meno confusione non ci interessa ,c' identit del segno e c' il diritto del titolare di vietare l'utilizzo di quel segno , quando invece parliamo di prodotti o servizi affini la tutela meno forte nel senso che non basta che io dimostro la confondibilit del segno ma devo dimostrare che la confondibilit del segno induce anche alla confondibilit del prodotto , ossia una situazione analoga a quella della confusione , quando non c' identit nel prodotto o nel servizio ma solo un' affinit devo fornire quest'ulteriore dimostrazione l'elemento in pi che non troviamo nella concorrenza sleale o lo troviamo solo in via interpretativa riguarda l'associazione ,cio non rivela solo la confusione pura e 64

semplice ma anche l'associazione qual la differenza? nella confusione io induco il mercato a ritenere che il prodotto venga dalla stessa persona , che il marchio si riferisce allo stesso produttore , che la linea dei prodotti sia analoga , il rischio di associazione diverso ..cio io mercato per l'utilizzo che il secondo imprenditore fa del segno in un settore affine non penso che ci sia un'identit tra i due ma associo il secondo al primo quindi in qulche modo collego i due prodotti ,il secondo frutta elementi del primo pur distanziandosi .. anche la mera associazione che diversa dalla confusione un elemento significativo nella prospettiva del diritto esclusivo di colui che ha brevettato il segno ; questo quello che riguarda i marchi ordinari. Quando un marchio gode di particolare rinomanza il discorso diverso , il marchio che gode di rinomanza ha una funzione attrattiva in s , non solo per i suoi prodotti e quelli affini , ma attrattivo di per s (l'esempio che facevamo la volta scorsa ,nomi di persone famose oppure fiat o nomi di stilisti) sono marchi che sono in grado di avere una funzione attrattiva ,fiat non solo per le macchina ma anche per le scarpe occhiali e cos via , lo stesso per altri marchi notori e per questo il marchio notorio gode di una tutela maggiore , tutelato dall'uso non autorizzato che altri ne facciano anche per prodotti o servizi totalmente diversi , che non hanno alcuna attinenza, quando naturalmente dall'utilizzo che ne faccio sfrutto la rinomanza che l'altrui marchio possiede ecco che in questo caso sorge una maggiore tutela dovuta ad una maggiore rinomanza del segno , d'altra parte il marchio che gode di rinomanza gode di un ulteriore tutela che costituita dalla possibilit di registrazione dei marchi cosiddetti difensivi ,ora noi abbiamo detto che il titolare del marchio tutelato in caso di utilizzo di marchio identico o cmq confondibile , che il titolare deve essere per in possesso di un marchio che deve utilizzarlo direttamente o indirettamente , con questi due pilastri ci siamo confrontati . Il marchio difensivo rispetto a questi due elementi introduce un'altra qualificazione nel senso che il marchio difensivo un marchio che viene registrato dichiarando che non verr utilizzato . uno dice come possibile che un marchio viene registrato dichiarando che non verr utilizzato? questa proprio la tutela che si vuole dare ai marchi che godono di rinomanza , quando godono di rinomanza vero che in giudizio posso dire che valenti diverso da valentino , ma c' bisogno di un giudizio il quale accerti la confondibilit del segno , ci sar il giudice tizio che dir che valente confondibile con valentino , il giudice caio dir che diverso , insomma ci esponiamo ai possibili diversi orientamenti giurisprudenziali dei vari paesi , xk la registrazione del marchio in virt di convenzioni internazionali una registrazione che pu avere efficacia innanzitutto in tutta l'UE ma anche nei paesi che hanno aderito a tali convenzioni quindi chiaramente se gi la giurisprudenza del tribunale di napoli diversa da quella di roma capirete come sia diversa dalla giurisppruenza di marsigilia quindi non si pu dipendere dagli orientamenti giurisprudenziali quando parliamo di marchi notori che di per s costituiscono il valore o uno dei valori pi importanti di un impresa , voi togliete all'impresa valentino il marchio Valentino il suo valore crolla anche se le pezze restano quelle. proprio per fornire una tutela pi efficace al marchio che gode di rinomanza si consente solo in quel caso la registrazione di marchi difensivi anche perch il marchio difensivo ha un costo , io cmq devo pagare un prezzo ,pagare tanti marchi difensivi un operazione che si pu permettere chi ha un marchio il cui valore davvero importante , ad esempio Valentino pu registrare la v piccola grande valenti e cos via e li registro tutti , per i marchi notori esistono decine e decine di marchi difensivi registrati , questi marchi contrastano il principio generale per cui il marchio deve essere utilizzato e la loro funzione proprio difensiva , tutelare il titolare del marchio il quale semplicemente dimostrando che il marchio utilizzato simile o confondibile anche a quello difensivo potr evitarne l'utilizzo quindi c' una tutela ancora maggiore. Detto questo vediamo che altro elemento del marchio naturalmente l'impossibilit di toglierlo , se da una parte l'imprenditore che possiede quel marchio e produce un prodotto o sevizio ha diritto a contraddistinguerlo col suo marchio e ha diritto esclusivo di utilizzarlo , una volta che abbia deciso di apporre il marchio a quel prodotto o sevizio , laddove l'attribuzione ad un altro soggetto di 65

quel prodotto o sevizio non determini la parte finale della catena produttiva ma sia a monte della catena produttiva , pensate nel caso pi semplice al fabbricante di un determinato prodotto che lo vende al commerciante , ecco ci potrebbe essere un interesse del commerciante a porre un proprio marchio , in questo caso colui che mette in commercio il marchio pu apporre un proprio marchio ma senza eliminare quello del fabbricante , sul prodotto ci saranno due marchi quello del dettagliante e del produttore (di fabbrica e di commercio) naturalmente fermo restando gli accordi che possono esserci tra dettagliante e produttore , ad esempio il dettagliante sulla base degli accordi pu non poter mettere il marchio cos come pu accadere che va apposto solo il marchio del dettagliante (es. Carrefour ,GS) in mancanza di un accordo tra i due porranno essere apposti entrambi i marchi .detto questo vediamo la durata del brevetto , xk ha una durata , quando chiedo di accedere al diritto di brevetto innanzitutto pago un prezzo relativamente alla brevettazione che faccio del segno , questo prezzo lo pago all'ufficio brevetti nel momento che faccio la domanda e chiedo di accedere ai benefici della brevettazione. La brevettazione ai sensi dell'art. 15 e 16 ha una valenza di 10 anni ,quindi nel momento in cui brevetto un segno , il brevetto vale per 10 anni , tuttavia il brevetto per marchi pu essere continuativamente rinnovato di 10 anni in 10 anni , ogni qualvolta sta per arrivare a scadenza il segno, il titolare pu rinnovarlo . Nn esistono termini di scadenza del brevetto per marchio , di 10 anni in 10 anni mi reco all'ufficio brevetti per rinnovarlo lo posso fare anche indefinitamente , non c' un termine oltre il quale non posso fare pi proprio perch a differenza di altri brevetti come i brevetti per invenzione industriale non c' un pubblico interesse a che quel determinato marchio diventi di dominio pubblico , qual l'interesse del mercato a che un marchio di diventa un bene pubblico? per l'invenzione industriale c' , xk l'invenzione pu essere utilizzata gratuitamente dalla collettivit e pu essere perfezionata dagli altri imprenditori concorrenti , in quel caso il brevetto ha la funzione di incentivare gli imprenditori ad innovare. Lo stimolo costituito dal fatto che per un tempo ,seppur limitato, io posso godere dei benefici in via esclusiva , per il marchio il discorso diverso ..perch chiaro che l'invenzione del segno oggi anche quella frutto di una ricerca se io oggi dovessi inventare un marchio e voglio lanciare un nuovo prodotto chiaro che non mi invento il marchio svegliandomi la mattina ma lo stesso nome sar frutto di una ricerca di mercato ,marketing ma in linea di principio non nasce con un costo che sostiene l'imprenditore per la sua creazione ,il costo che sostiene l'imprenditore la pubblicit e le operazioni che pone in essere per distinguere quel segno dagli altri segni e alla fine di tutto questo il mercato non ha interessa ad appropriarsene xk pu creare un altro segno per distinguere qualsiasi altro prodotto . tutto questo vero quando il marchio viene utilizzato e mantiene la sua funzione distintiva. analizziamo adesso i casi di cessazione dal diritto del marchio innanzitutto il caso di nullit originaria del segno, cio il marchio pur venendo brevettato pu essere affetto da nullit e qui dobbiamo fare una premessa , l'ufficio non che svolge un'analisi approfondita sulla validit del segno , il fatto che il marchio venga brevettato non vale come decisione di validit del segno , semplicemente l'ufficio verifica che non ci siano segni analoghi per prodotti identici o affini (io voglio registrare il marchio giuffr ,l'ufficio verifica che con quella parola non ci sia gi un segno analogo registrato ma non scende nella valutazione di validit), possono aversi quindi casi di non validit del marchio dall'origine , quindi di nullit . Quali sono i casi di nullit ? il marchio nullo quando mancano tutti i requisiti di cui abbiamo gi parlato nullo quando non nuovo non originale e non lecito nei sensi di cui abbiamo parlato nella lezione precedente al contempo abbiamo gi parlato della possibile convalidazione del segno , chiaro che se io immediatamente ,cio nel momento in cui registro un segno non valido, io , interessato xk ovviamente come tutte le azioni di nullit anche qui l'azione di nullit pu essere instaurata da chiunque abbia interesse ,se non ho 66

interesse a far valere la nullit la mia istanza verr rigettata , il discorso diventa + complicato quando il marchio contrario a norme imperative all'ordine pubblico e al buon costume perch qui l'interesse potrebbe ritenersi comune , potrebbe esserci l'associazione islamica che si oppone alla registrazione di un marchio che offende l'islam, ecco che quindi i soggetti interessati a far valere la nullit di un segno possono essere i pi svariati a seconda delle fattispecie. Se io voglio far valere la nullit devo agire subito perch pu esserci la convalida del marchio , cio un marchio che nasce nullo ma poi diventa valido , cio ad esempio il marchio privo di capacit distintiva xk privo di originalit vien brevettato e successivamente all'utilizzo che l'imprenditore ne fa quella capacit distintiva che all'inizio non aveva l'acquista ,quel marchio diventa valido , quindi nel momento in cui per effetto di questo fenomeno di convalidazione il titolare del segno ha attribuito una valenza distintiva a quel segno , l'azione di nullit la perdo non la posso fare + perch non vero che quel segno non ha capacit distintiva , xk l'ha acquisita. La stessa cosa vale per la novit , l'art 20 per esempio proprio sul tema della, voi ricorderete che posso registrare un marchio gi utilizzato da altri laddove questo marchio non abbia notoriet o abbia notoriet solo locale , se stato registrato o non stato registrato ma ha acquisito rilevanza non solo locale non posso brevettarlo , se lo faccio ? se lo faccio anche in questo caso pu emergere un profilo di convalidazione che diverso , mentre nel caso di cui abbiamo parlato nella lezione precedente in tema di novit abbiamo detto che nuovo il marchio brevettato quando il marchio gi esistente non aveva notoriet o l'aveva solo puramente locale abbiamo detto quali sono le conseguenze , in quel caso per non siamo in presenza di un marchio che nasce nullo ma nasce valido perk non c' un marchio registrato e l'uso di fatto che veniva esplicitato prima della brevettazione che altri hanno operato aveva attribuito a quel segno una notoriet puramente locale o nessuna notriet , laddove invece il marchio era registrato oppure aveva notoriet non solo locale e io lo brevetto quel marchio nullo , ma laddove io utilizzo per 5 anni e il titolare del dritto di preuso non contesti questo mio diritto (xk in quel caso non c' + un interesse che pu essere pubblico , l'interesse privato ..io sono titolare del marchio xk l'ho brevettato o p erch lo utilizzavo e l'avevo fatto diventare notorio e un altro lo brevetta , chi il soggetto interessato a far valere la nullit di quel marchio ? io) , ma se per inerzia ,per disinteresse , per incuria o per le ragioni pi varie per 5 anni tollero l'utilizzo altrui non posso pi far valere la nullit del marchio. Art 28 : Il titolare di un marchio d'impresa anteriore brevettato e il titolare di un diritto di preuso che importi notoriet non puramente locale, i quali abbiano, durante cinque anni consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l'uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile, non possono domandare la dichiarazione di nullita' del marchio posteriore n opporsi all'uso dello stesso per i prodotti o servizi in relazione ai quali il detto marchio e' stato usato sulla base del proprio marchio anteriore o del proprio preuso, salvo il caso in cui il marchio posteriore sia stato domandato in mala fede. Il titolare del marchio posteriore non pu opporsi all'uso di quello anteriore o alla continuazione del preuso. cio chiaro che se io brevetto un marchio gi legittimamente usato da altri a livello nazionale o addirittura gi brevettato il secondo utilizza il marchio per 5 anni quel marchio nullo viene convalidato , e cos come il primo non pu pi contestare al secondo la validit del segno cos pure il secondo deve tollerare l'utilizzo che il primo faccia del segno e noterete che tra le due posizioni cmq + tutelata quella dell'originario titolare del marchio , chi l'ha utilizzata dopo pu continuare ad usare il marchio per i prodotti o servizi per i quali per i 5 anni consecutivi l'ha utilizzato senza essere disturbato nel suo utilizzo. Noterete che l'utilizzo successivo del marchio reso ammissibile ,cio esiste la convalidazione quando l'utilizzo segue un brevetto seppur nullo ,cio se viceversa io sono titolare di un marchio registrato e c' un altro signore che utilizza il segno senza registrarlo per 5 anni e io non lo contesto lui non acquista il diritto al segno , continua a fare un illecito , cio il terzo deve anche brevettarlo , ovviamente per questo il caso che io continuo ad usare il segno e il terzo usa lo stesso segno , diverso il caso in cui io non continuo ad usarlo o molti altri imprenditori 67

cominciano ad usare quel segno Vediamo in questi casi cosa succede in questi casi , fin qui abbiamo parlato di nullit originaria e di convalidazione successiva , marchio che nullo diventa valido con l'utilizzo abbiamo invece i casi della decadenza del marchio , casi di decadenza del marchio riguardano le ipotesi del mancato utilizzo del segno e le ipotesi della volgarizzazione del marchio , naturalmente anche ipotesi di decadenza la nullit sopravvenuta del segno . abbiamo quindi 3 ipotesi : non uso, volgarizzazione e nullit sopravvenuta quanto all'ultima io mi riferisco ala sopravvenuta venir meno della liceit , un segno pu nascere lecito e diventare successivamente illecito , probabilmente se io 30 anni fa avessi registrato un segno in cui dicevo male parole su una religione diversa dal cristianesimo non mi avrebbero detto niente ma sarebbe stato lecito , oggi sicuro no ..gli elementi di liceit e illiceit possono cambiare nel tempo , cos come pu accadere che ci siano segni che pur avendo un'allusivit che d luogo a indicazioni contrarie a norme imperative ordine pubblico buon costume ci non di meno per l'utilizzo che sono state fatte e per la notoriet che ha quel marchio che ha perso la connotazione provocatoria che aveva al'inizio ma ormai contraddistingue un segno comune non ha pi quella valenza , l per parliamo di una situazione di nullit originaria o di marchio che non mai diventato nulla seppur aveva una valenza illecita. noi abbiamo visto che la liceit parametrata anche ad esempio al divieto di utilizzare come marchi il nome di una persona famosa , ma qui il problema di illiciet sopravvenuta non si pone xk se 30 anni avessi brevettato il marchio diego armando maradona io posso continuare ad utilizzare quel marchio per i prodotti e servizi per i quali avevo brevettato , quando parlo di illiceit sopravvenuta mi riferisco solo alla contrariet sopravvenuta a norme imperative all'ordine pubblico e al buon costume. La decadenza per non uso , naturalmente il marchio abbiamo detto pu essere brevettato nel momento in cui io lo utilizzo quindi alla data del brevetto gi lo utilizzavo o laddove alla data del brevetto io non lo utilizzavo e mi prometto di utilizzarlo direttamente o indirettamente (ossia concendendolo ad altro) , questo utilizzo promesso deve avvenire nei 5 anni dal deposito della domanda del brevetto , se non lo faccio originariamente oppure lo utilizzo e poi per 5 anni consecutivi io non utilizzo pi il segno , quel segno decade ; naturalmente la decadenza deve essere accertata , cio se io non uso per 5 anni il segno, deve esserci un cristiano che abbia interesse a far valere la decadenza e interessato ad acquistare quel diritto di brevetto , xk che potr fare un terzo ? nel momento in cui per 5 anni consecutivi non ho utilizzato un segno mi pu fare un'azione non solo per far valere la mia decadenza ma per dirmi "ora lo sto utilizzando io e son o io diventato proprietario" normalmente la contestazione che viene formulata non tanto la tua decadenza ma normalmente avviene un'altra cosa io utilizzo un segno , tu dici mio , e io replico no mio xk tu l'avevi brevettato non lo hai utilizzato per 5 anni e sei decaduto e quindi io l'ho acquistato a titolo originario.. abbiamo visto per la ditta e l'insegna un problema analogo ,cio quando in virt di una licenza io utilizzavo quel segno , lo continuo ad utilizzare xk tu non utilizzi pi ma in quel caso non che lo continuo ad utilizzare in virt di quel contratto ma xk il mio diritto da diritto derivativo diventa un diritto acquisito a titolo originale , cio quel segno stava a terra l'ho trovato e io lo utilizzo , questo il discorso ..cio laddove per 5 anni consecutivi il titolare non usa quel segno chiunque pu iniziare ad utilizzarlo validamente , se il titolare ti fa una contestazione tu puoi dire che l'ha perduto xk pr 5 anni non utilizzato La terza ipotesi semplice da capire ma d pi problemi nella pratica xk d luogo a maggiori contestazioni e controversie : la volgarizzazione del marchio. Parliamo di volgarizzazione nel momento in cui il marchio perde la capacit distintiva Abbiamo detto che la decadenza del segno si verifica nei casi in cui mancano requisiti : uso(l'uso era promesso o esistente ma non viene pi usato) , liceit (quando originariamente c'era poi lo perde) e originalit (quando nasce originario e perde nel tempo questa originalit ) ora la volgarizzazione del segno non la 68

perdita dell'originalit in senso relativo , cio pu capitare che un marchio nel corso della sua vita passi da marchio forte o debole ,possono esserci momenti altalenanti rispetto alla valenza del segno , una cosa per in tutta questa altalena il segno resta sempre valido ed efficace , il tema problematico sorge quando il segno perde completamente la capacit distintiva ,cio il caso della volgarizzazione del marchio , il marchio si intende volgarizzato quando diventa la denominazione generica di quel prodotto , questo fenomeno avviene soprattutto quando con il marchio viene contraddistinto un prodotto completamente nuovo (es. Bic , Celophane) xk c' una fortissima associazione tra il marchio e il prodotto xk un prodotto nuovo , cio probabilmente il nome del cellophane ha un nome chimico forse difficile e tutti la chiamano cellophan ..allora chiaro che il rischio di volgarizzazione molto forte quando viene inventato un nuovo prodotto e a quel nuovo prodotto viene dato un marchio , in quel caso abbiamo una coesistenza di diritti di propriet industriali : brevetto per invenzione industriale e brevetto per marchio , il primo garantisce che per 20 anni nessuno pu usare quell'invenzione.. il problema quando decorsi quei 20 anni tutti utilizzano quell'invenzione e nel gergo comune quella parola diventa la denominazione generica del prodotto . Un caso che stato portato all'attenzione della giurisprudenza il caso Hag , come denominazione generica del caff decaffeinato , in quel caso vero che Hag non ha inventato il caff decaffeinato anzi esistono 40 marche di caff decaffeinato per effettivamente nel pubblico c' la tendenza ad associare il caff decaffeinato al nome Hugh e ad esempio proprio su questa associazione c' stata una controversia , l'hag ha vinto xk per il giudice che ha vinto la causa non c'era una volgarizzazione del marchio ma un illecito dei baristi che dovrebbero dire che il decaffeinato X e non Hag. Quali sono le ipotesi di volgarizzazione? La definizione la situazione in cui il marchio all'origine connotato dal requisito di originalit ,per l'utilizzo che il mercato fa di quel segno considerandolo alla stregua di denominazione generica del prodotto perde il requisito di originalit .. altra situazione in cui si verifica la volgarizzazione quando quella situazione di utilizzo indebito del marchio avvenga non solo da un imprenditore ma da tanti imprenditori , cio io ho brevettato quel segno poi ad un certo punto la generalit degli imprenditori comincia ad usare quel segno , a quel punto il marchio perde la valenza distintiva e si volgarizza , qui non bisogna guardare il problema in termini di liceit o illiceit del comportamento degli altri imprenditori ma dobbiamo guardarlo nella sua obiettivit , cio non a caso i marchi notori ogni tanto fanno causa ad un negozietto che vende le borse confondibili , lo fa per dimostrare che si attivato per far valere l'originalit del marchio ,perche se tollerasse sempre tutto gli si potrebbe contestare la mancata reazione ad un ipotesi di volgarizzazione e dunque al volgarizzazione del segno , spesso camminando per strada vediamo nelle vetrine prodotti nei quali usato in modo palesemente confondibile un marchio legittimamente brevettato da altri o utilizzando nomi famosi , e se cos louis vuitton dovrebbe fare causa solo a napoli a 1000 negozi ..ogni tanto per le cause vengono fatte , le controverse vengono avviate perch si prende un simbolo e per dire "io tutelo il mio segno" , nel momento in cui l'imprenditore perde proprio completamente il controllo sul piano della contraffazione del marchio e io non faccio o non riesco a fare niente allora l il marchio si volgarizza. La volgarizzazione sicuramente un pericolo che sempre dietro l'angolo quando il nome diventa iperfamoso iperesposto , e l'esposizione che d il pericolo di volgarizzazione. Da notare la differenza tra illiceit sopravvenuta non uso e volgarizzazione. Nel caso di illiceit sopravvenuta nessuno pu utilizzare pi quel segno , xk la decadenza non dipende da un mio comportamento , nel caso di volgarizzazione quel segno diventato il nome genico del prodotto ,in quel caso il segno lo possono utilizzare tutti , io perdo l'uso esclusivo ..ci non toglie per la possibilit che dopo un certo tempo il mercato si disinteressa di quella denominazione e quel segno torni ad essere vero e proprio marchio , ma un operazione difficile e complicata. 69

Quanto al non uso , al non uso di uno pu corrispondere l'acquisizione della piena titolarit da parte di un altro , quel segno non si perde per il mercato ma si perde per colui che non lo usa , e al non uso di uso pu corrispondere l'acquisizione del diritto all'uso esclusivo del segno da part di un altro. I tre casi sono 3 cause di decadenza del marchio ma hanno conseguenze diverse . Anche il caso di volgarizzazione un caso in cui qualcuno deve contestarla , anche qui come nel non uso o nullit sopravvenuta ci vorr un interessato che contesta ... nel momento in cui l'imprenditore contesta la contraffazione del segno ad un altro imprenditore che utilizza un segno simile o confondibile il quale gli dice" io non sto contraffacendo nulla il tuo segno semplicemente si volgarizzato" a quel punto il giudice che valuta se c' stata volgarizzazione o meno. 23/01/2012 TRASFERIMENTO E LICENZA DEL MARCHIO Per quanto riguarda il trasferimento del marchio, per questultimo, oggi, vigono regole diverse rispetto a quelle viste con riferimento alla ditta e allinsegna. La ditta e linsegna sono trasferibili soltanto insieme allazienda o ramo dazienda o quanto meno deve esserci un nucleo aziendale che viene trasferito insieme al segno distintivo. Infatti allart. 2565 c.c. la legge dispone che La ditta non pu essere trasferita separatamente dallazienda; e con riferimento allinsegna, che stata equiparata esplicitamente dal legislatore alla ditta, bench non vi sia un esplicito richiamo allart. 2565 c.c., si ritiene prevalentemente che la cessione dellinsegna non sia libera. In realt se andassimo ad esaminare storicamente la disciplina del marchio e quindi vedere qualera la disciplina vigente nella Legge marchi originaria, vedremmo che in quella disciplina originaria il marchio seguiva la stessa disciplina della ditta e dellinsegna. Come sappiamo il marchio anzitutto un segno distintivo, e come tale deve essere idoneo a consentire al pubblico dei consumatori di distinguere i prodotti o servizi di un imprenditore da quelli (simili) di un altro imprenditore; si attribuisce dunque al marchio funzione distintiva. Il pubblico infatti associa il marchio ad una determinata impresa e in particolare a determinate caratteristiche qualitative e quantitative di quel determinato prodotto o servizio. Ne deriva che leventualit che il marchio stesso si stacchi dallimpresa originaria per inserirsi in unimpresa diversa d luogo ad una situazione critica, nella quale il rischio di inganno del pubblico si rende particolarmente attuale. E questa la ragione per cui fino al 1992 la legge prevedeva che il marchio non potesse essere trasferito se non con lazienda, o con il ramo particolare di essa rilevante ai fini della qualificazione del prodotto contraddistinto. Il marchio nel mondo del commercio ha assunto una rilevanza sempre maggiore, di gran lunga superiore alla ditta e allinsegna, rispetto alla quale il nostro Stato doveva adeguarsi. Ecco che allora con un intervento del 90/91, adesso confluito nel codice della Propriet Industriale (art.23), si taglia quel necessario legame che esiste tra marchio e azienda, ed il nostro ordinamento prevede che quel trasferimento possa riguardare anche il marchio isolatamente considerato. Il marchio, dunque, a norma degli artt. 2578 c.c. e 23 c.p.i. pu essere liberamente trasferito non essendoci alcun riferimento alla necessit che insieme al marchio sia trasferita lazienda e le norme appena citate aggiungono che il marchio pu anche essere concesso in licenza. Tuttavia la situazione di rischio di inganno che con il trasferimento e la concessione della licenza si determina, ha indotto il legislatore a circondarli di particolari cautele a salvaguardia dellinteresse del consumatore. Trasferimento del marchio vuol dire attribuzione ad un terzo del diritto di propriet esclusiva sul segno. Concessione in licenza del marchio, invece, vuol dire attribuzione ad un terzo (Licenziatario) del diritto di utilizzazione del segno , fermo restando la titolarit del 70

marchio in capo al Licenziante con la conseguenza che alla scadenza del contratto, quale essa sia, il Licenziatario dovr cessare lutilizzo di quel segno. In entrambi i casi si determina un distacco fra il marchio e limpresa cui era originariamente pertinente. Con riguardo al trasferimento, ove si tratti di un marchio registrato per una pluralit di prodotti o servizi, esso potr essere trasferito per la totalit o per una parte di essi. Nel secondo caso si parler di un trasferimento parziale del marchio, e la titolarit di esso si sdoppier, rimanendo in capo al cedente quella parte del marchio che riguarda i prodotti per i quali non stato ceduto. Naturalmente trasferimento parola neutra, nel senso che il trasferimento del marchio pu avvenire in virt di un contratto qualsiasi: ad esempio possiamo avere un marchio che viene trasferito in virt di un contratto di vendita e quindi dietro corrispettivo oppure un marchio che viene attribuito a titolo gratuito ad un terzo in virt di un contratto di donazione. Dunque trasferimento del marchio parola neutra che viene adoperata qualunque sia il contratto base in virt del quale quel trasferimento viene operato. Naturalmente, quanto al contratto di licenza, questultimo pu prevedere diverse articolazioni. Innanzitutto possiamo avere un contratto di licenza con il quale si attribuisce ad un terzo il diritto di utilizzare il marchio in via esclusiva. La legge prevede inoltre che anchesso possa riguardare la totalit o una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio registrato (licenza parziale) ed in questo caso vale un discorso analogo a quello che abbiamo esposto a proposito del trasferimento. La legge prevede poi che il marchio possa essere oggetto anche di licenza non esclusiva, e possa riguardare anche soltanto una parte del territorio dello Stato. A questo riguardo va sottolineata la differenza fra la licenza parziale e la licenza non esclusiva. La licenza parziale, infatti, una licenza esclusiva in relazione ai prodotti ai quali riferita ed una pluralit di licenze parziali rappresenta perci una pluralit di licenze ciascuna tuttavia esclusiva per certi prodotti. Licenza non esclusiva, per contro, si avr soltanto quando sia concessa ad una pluralit di soggetti una licenza di marchio in relazione agli stessi prodotti, ovvero quando il concedente dia licenza del marchio ad un terzo per determinati prodotti e conservi per s il diritto di adoperarlo per gli stessi prodotti. Naturalmente tutte queste fattispecie introducono problematiche diverse; Vediamo adesso come il Codice della Propriet Industriale disciplina queste problematiche relative al trasferimento e alla licenza del marchio. Ovviamente pi problematica la fattispecie della licenza; In relazione al caso di licenza non esclusiva sopra descritta che rappresenta il problema pi grosso (pluralit di soggetti che contestualmente pongono sul mercato prodotti contrassegnati dallo stesso marchio), si porr il problema di evitare che il pubblico trovi sullo stesso mercato (o su mercati regionali diversi, in caso di licenza territorialmente limitata, ma tuttavia appartenenti al medesimo mercato nazionale) prodotti allapparenza identici, e per contro qualitativamente difformi, con conseguente inganno. E questa la ragione per la quale il legislatore ha ritenuto necessario subordinare la liceit delle licenze non esclusive alla condizione che il Licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri Licenziatari (art. 23 2comma c.p.i.). Con il termine eguali il Legislatore non fa riferimento ad uneguaglianza assoluta bens ad uneguaglianza sostanziale, nel senso che non basta che prodotti provenienti da imprenditori diversi e contrassegnati dallo stesso marchio siano semplicemente simili, ma devono essere eguali, avere contenutisticamente gli stessi elementi, nella forma avere le stesse connotazioni, in modo tale che le differenza tra prodotti e servizi provenienti da imprenditori diversi non incidano sulleguaglianza, eguaglianza in senso sostanziale e non in senso letterale. Il concetto di eguaglianza viene introdotto dunque solo con riferimento al caso di licenza non esclusiva, perch solo in quel caso che possiamo trovare prodotti contrassegnati con lo stesso marchio contemporaneamente presenti sul mercato. Nel caso invece di licenza esclusiva cosi come nel caso di trasferimento questo 71

problema non sorge; non ci sar un problema di differenza tra prodotti contrassegnati dallo stesso marchio comprati a Napoli piuttosto che a Milano, in quanto questi prodotti saranno riconducibili ad uno stesso imprenditore (rispettivamente Licenziatario in via esclusiva di quel marchio e proprietario di quel marchio anche se diverso dal proprietario originario). In tutti i casi diversi dalla licenza non esclusiva il legislatore richiede per che in ogni caso, dal trasferimento e dalla licenza del marchio non deve derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico (art. 23 4comma c.p.i.). Possiamo notare come la disciplina sia diversa a seconda dei casi e come dunque il legislatore riponga minore attenzione al problema della licenza esclusiva e del trasferimento rispetto a quello della licenza non esclusiva. Nel caso di licenza non esclusiva richiesta leguaglianza dei prodotti mentre in tutti i casi diversi richiesta invece la non ingannevolezza nei caratteri essenziali. Il problema della licenza ancora pi complicato di quello del trasferimento, sia essa esclusiva o non esclusiva, in quanto in caso di contratto di licenza il problema in pi che alla data di scadenza del contratto qualunque essa sia, il proprietario del marchio riprender il suo diritto esclusivo ad utilizzare quel segno mentre il titolare della licenza dovr cessarne lutilizzo. Naturalmente il mancato rispetto da parte del Licenziatario delle disposizioni di legge comporta delle conseguenze. Il legislatore ha voluto che fosse prestata particolare attenzione a questa problematica ed ha ritenuto necessario inserire una specifica previsione; Lart. 23 3 comma c.p.i. infatti, enumera una serie di possibili violazioni del contratto di licenza, e prevede espressamente che il titolare del marchio d'impresa pu far valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso contro il licenziatario che violi le disposizioni del contratto di licenza relativamente alla durata; al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza e' concessa, al territorio in cui il marchio pu essere usato o alla qualit dei prodotti fabbricati e dei servizi prestati dal licenziatario. In tutti questi casi dunque il proprietario del marchio pu far valere il suo diritto esclusivo; il che vuol dire che il Licenziatario dovr cessare lutilizzo del segno. In realt bene chiarire che la generalit dei contratti in materia di licenza di marchi sono tra i contratti pi complessi che vengono elaborati nella pratica anche dal punto di vista quantitativo ed chiaro che il proprietario del marchio si tutela rispetto a queste violazioni gi ai sensi di contratto; violazioni dunque che si configurano come causa di risoluzione del contratto stesso per inadempimento anche senza una specifica norma di legge. Nonostante ci il legislatore ha voluto precisare questi fattori per due motivi: 1. Rendere pi efficiente il diritto del proprietario: in una situazione in cui pu essere attribuita la licenza a pi produttori oppure nel caso in cui si possano verificare contestazioni sulla titolarit del diritto alluso del segno, il legislatore vuole che relativamente a queste contestazioni non si attenda una decisione del tribunale, ma nel momento in cui semplicemente emerge una differenza tra i prodotti, un uso ingannevole, o semplicemente cessa la durata, il proprietario del segno potr far valere questo diritto immediatamente e avr diritto anche ad un provvedimento cautelare che il giorno dopo inibisca allaltro lutilizzo del segno, rendendo cosi pi efficiente il diritto del proprietario.

2. Diritto-dovere del proprietario di far cessare luso del segno: per il


proprietario del segno far valere questi diritti non solo una facolt ma il legislatore in qualche modo obbliga il proprietario a far valere i propri diritti; Egli ha il diritto di far cessare luso da parte del Licenziatario laddove ad esempio utilizzi il marchio oltre la durata o laddove usi il marchio in maniera ingannevole. Si tratta quindi di un diritto, ma anche di un obbligo del proprietario del marchio; ovviamente si parla di un obbligo 72

nella misura in cui non vuole che dal un suo silenzio/atteggiamento derivino delle conseguenze. Infatti se ad esempio il Licenziatario continua ad utilizzare il marchio dopo la scadenza del contratto e per un periodo di tempo significativo di almeno 5 anni, cio il Licenziatario del marchio si comporta come proprietario del segno e continua ad utilizzarlo pur in assenza di contratto e il proprietario subisce questo utilizzo, si potr realizzare la situazione in cui il Licenziatario acquista il diritto del marchio; se ad esempio si diffonde lutilizzo del segno tra Licenziatari che non hanno pi il diritto di utilizzare il marchio (cio tra coloro che non sono Licenziatari), si potr ipotizzare una volgarizzazione del marchio; o ancora, se il marchio viene utilizzato dai Licenziatari in maniera ingannevole si potr ipotizzare una decadenza dal diritto del marchio per illiceit del segno. Dunque, qualora il proprietario del segno, naturalmente consapevole delle violazioni, le subisca senza avvalersi di un suo diritto, non soltanto non coinvolge in un giudizio i Licenziatari i quali continueranno nei loro comportamenti illeciti, ma rischia in prima persona, in quanto se questo comportamento passivo prosegue per un periodo di tempo pi o meno lungo allora si produrranno queste conseguenze. proprio questa la ragione per cui non si tratta di mero diritto, ma di un diritto/dovere se vuole mantenere la posizione di proprietario del segno. Pare doveroso chiarire infine che il legislatore introduce questi elementi a titolo normativo perch sono elementi che riguardano il mercato e dunque a tutela di questultimo; se lutilizzo del marchio viene fatto in modo ingannevole il problema non solo del proprietario o del licenziatario, ma riguarda anche il mercato; se il marchio viene utilizzato oltre la scadenza il problema anche del mercato oltre che delle parti. Profili generali sulle problematiche antitrust Il problema delle intese anticoncorrenziali tra imprese noto oramai da secoli al mondo economico del quale gli studiosi del mercato si occupano da lungo tempo. Il diritto antitrust si propone di creare un complesso di norme che impedisca al sistema economico di passare da un assetto concorrenziale ad assetti monopolistici; si propone, per quei mercati di che abbiano un assetto oligopolistico o monopolistico, di far si che il comportamento degli operatori economici sia quanto pi vicino possibile al comportamento di soggetti che si muovano in una situazione di concorrenza, vietando loro i comportamenti tipici del monopolista o delloligopolista, in quanto particolarmente lesivi dellinteresse degli altri operatori economici e dei consumatori. Naturalmente ci non vieta (anzi spesso accade) il sorgere di intese lecite tra imprenditori cos come sicuramente lecita la situazione in cui unimpresa mediante il suo comportamento di marketing, di qualit di prodotti, di invenzioni industriali e quantaltro riesce ad acquistare una posizione dominante sul mercato. sicuramente lecito lacquisto di una posizione dominante sul mercato tant vero che rappresenta laspirazione di qualsiasi impresa. Il problema sorge per quando queste intese e la posizione dominante raggiunta, producono degli effetti negativi sul libero gioco della concorrenza perch evidentemente in queste situazioni si produce un vantaggio per colui o coloro i quali operano contro il normale gioco della concorrenza, ma si produce al contempo uno svantaggio, nel breve termine o nel medio-lungo termine, per lintero mercato. Chiaramente in questo caso siamo in presenza di una situazione nella quale il mercato da solo non riesce a regolamentarsi; infatti non pensabile che rispetto alle problematiche antitrust il mercato si regolamenti da solo perch agli imprenditori una situazione antitrust conviene 73

rispetto ad una in cui non vi un intesa tra imprenditori. chiaro comprendere che incidere sul gioco concorrenziale economicamente pi conveniente per gli imprenditori perch se da un lato non consente al singolo di raggiungere una posizione dominante, dallaltro consente a tutti coloro che fanno parte di quellintesa anticoncorrenziale di ottenere sovraprofitti rispetto a quello che accadrebbe normalmente. La prima apparizione del diritto antitrust si colloca negli U.S.A., a fine ottocento (il varo dello Sherman Act risale al 1890); gli Stati Uniti dunque sono stati il primo paese nel quale si posta lesigenza di una regolamentazione antitrust. Con lo Sherman Act si avuta la prima disciplina pi o meno organica delle problematiche antitrust. I sistemi europei invece si sono dotati di normative antitrust solo dopo la fine della seconda guerra mondiale. In Italia, la nascita di un diritto antitrust risale al 1990; prima di allora la problematica antitrust aveva rilevanza solo quando la violazione era di significato comunitario e non aveva rilevanza quando la violazione era di significato meramente interno in quanto appunto non esisteva una disciplina antitrust. Conseguenza naturale era che in presenza di una violazione del normale gioco concorrenziale lunico efficace strumento di contestazione a disposizione degli imprenditori era quello della concorrenza sleale. Ecco che allora che nel 1990, esattamente cento anni dopo lo Sherman Act, in Italia viene introdotta la legge 287/1990 cio la disciplina antitrust (questultima oggetto di qualche modifica cosi come accaduto per la disciplina comunitaria). Un aspetto importante del quale necessario occuparci riguarda i rapporti tra diritto antitrust italiano e diritto antitrust europeo perch oggi sono vigenti entrambe le discipline; necessario quindi comprendere quando una violazione antitrust sottoposta allattenzione del giudice comunitario e quando invece sottoposta allattenzione del giudice italiano. Qui abbiamo due parametri: 1. Quello del profilo territoriale interessato dalla violazione, che rappresenta il parametro giuridicamente di maggior significato; Evidentemente una violazione di livello comunitario quando da un punto di vista territoriale riguarda almeno due paesi dellUnione Europea. Quindi se una violazione antitrust riguarda anche solo due zone di due paesi dellUnione Europea (es. nord Italia e sud della Francia) la violazione di livello comunitario. Competente ad occuparsi di queste violazioni la Commissione e la disciplina contenuta nel trattato e nei regolamenti attuativi. Viceversa, se la violazione riguarda solo il territorio italiano o anche solo una parte di esso, la stessa dovrebbe avere una rilevanza esclusivamente italiana e quindi assoggettata esclusivamente alle valutazioni ed alle decisioni dellautorit antitrust italiana. Abbiamo usato il termine dovrebbe perch in realt non proprio cosi; molto spesso succede che lautorit europea entra in fattispecie che in linea astratta riterremmo di diritto interno. Ad ogni modo, in linea di principio bisogna dire che il profilo che conta il profilo territoriale.

2. Quello quantitativo; quando una violazione quantitativamente


rilevante sulla base del fatturato dellimpresa (se il fatturato di livello comunitario) allora sar di competenza comunitaria anche se lo spazio quello italiano. Alla luce di quanto detto facile capire che esistono molte situazioni in cui problematico capire se una possibile infrazione (perch finch non c una decisione bisogna parlare di infrazione potenziale) sia di competenza 74

del giudice antitrust italiano, cio lautorit garante della concorrenza e del mercato, o viceversa sia di competenza della commissione europea. A riguardo lart. 1 della Legge 287/90 prevede delle conseguenze specifiche. In sostanza in queste problematiche la prevalenza data sempre alla Commissione rispetto allautorit italiana nel senso che possiamo trovarci di fronte a due situazioni: una prima situazione quella in cui contemporaneamente vengono aperti dei procedimenti sia in sede comunitaria sia in sede italiana. In questo caso il giudice italiano deve immediatamente sospendere la sua attivit e trasmettere tutta la documentazione al giudice comunitario. Sar poi questultimo a stabilire se linfrazione di sua competenza o di competenza nazionale. Laddove il giudice comunitario (Commissione) riterr che linfrazione di livello nazionale chiuder il suo procedimento e si riaprir quello nazionale. Laddove invece il giudice comunitario dovesse ritenersi competente allora cesser il procedimento italiano. Stessa cosa avviene nella seconda situazione e cio nel momento in cui invece semplicemente pendente un procedimento antitrust in Italia e lAutorit antitrust italiana, nellesame della fattispecie, evidenzia la possibilit che quella fattispecie sia invece di competenza della Commissione. Anche in questo caso lAutorit italiana deve sospendere il procedimento e trasmettere gli atti alla Commissione affinch questultima assuma le sue decisioni. Occorre dunque concludere dicendo che per evitare possibili situazioni di conflitto, il legislatore ha preferito dare sempre prevalenza allAutorit comunitaria in modo tale da risolvere eventuali contenziosi in maniera immediata. Abbiamo individuato in generale le problematiche di carattere generale relative alla disciplina, ed abbiamo individuato il rapporto che esiste tra le autorit, nel senso che in Italia la disciplina anti-trust sottoposta all'attenzione dell'autorit garante della concorrenza e del mercato e viceversa a livello comunitario la competenza in materia della commissione. Abbiamo visto come si relazionano i due organi quando ci sono perplessit applicative, quando cio non chiaro se l'azione sia di competenza di una autorit o dell'altra autorit. Adesso ci occupiamo dell'esame dei comportamenti oggetto di attenzione dell'autorit anti- trust, ed a questo proposito dobbiamo fare una premessa, che la disciplina anti-trust nuova per il nostro ordinamento cio sono venti anni che viene applicata quindi non c' un'esperienza del legislatore italiano in materia anti-trust, n si formata alcuna giurisprudenza prima degli anni '90; d'altra parte la disciplina italiana costituisce esattamente la trasposizione della trattativa comunitaria, cio se si comparano le norme della disciplina anti-trust sono le stesse. Il legislatore ha precisato nell'art.1 ultimo comma della legge anti-trust che le norme italiane vanno interpretate alla luce dei principi comunitari; ora nella prospettiva dell'integrazione tra ordinamento italiano e quello della unione europea questo collegamento risulta doveroso perch qualunque norma del nostro ordinamento deve interpretarsi alla luce dell'ordinamento comunitario; nella disciplina anti-trust questo problema ha una valenza pi forte, non solo un problema di disciplina ma un problema di applicazione specifica poich esistono delle problematiche che dal diritto italiano non sono considerate o lo sono diversamente rispetto a quanto avviene in sede comunitaria, quindi questo richiamo sta a significare che l'interpretazione non solo di carattere generale ma anche di dettaglio va fatta alla luce delle leggi europee. Vediamo i tre macro settori oggetto di attenzione: intese abuso di posizione dominante concentrazioni entrambe le fattispecie vengono considerate solo nel momento in cui determinino o possano determinare un'alterazione del gioco concorrenziale anomala rispetto a 75

quanto avviene nel normale funzionamento del mercato, ed in questo che assume rilevanza la disciplina, poich le intese tra imprese cos come le concentrazioni sono comportamenti assolutamente legittimi, non sono illeciti, essi sono disciplinati dall'ordinamento europeo e italiano,trovando anche delle agevolazioni, l'elemento dell'abuso, quando si rinviene, in una di queste fattispecie tale da alterare il gioco concorrenziale a determinare l'illecito. INTESE: che vuol dire intesa: sono i contratti e gli accordi tra imprese, possono essere considerati come intese anche le deliberazioni di strutture associative tra imprese come le delibere di consorzi, societ costituite tra pi imprese, ecc..; accanto agli accordi e deliberazioni entrano anche le pratiche concordate cio il comportamento di fatto che un osservatore esterno riesce a rilevare relativamente al comportamento di pi imprese che si comportano in una maniera diversa da quella che sarebbe normale aspettarsi da queste imprese in virt del normale gioco concorrenziale, e che lascia dedurre l'esistenza di una pratica non risalente all'autonoma volont della singola impresa ma che fa desumere l'esistenza di una pratica che risulta concordata tra le varie imprese. In realt nel nostro ordinamento o c' l'accordo o non c' l'accordo, cio il quasi accordo non esiste, per nel mondo anti-trust richiedere la necessit di un accordo qualcosa di molto difficile nel senso che se l'intesa fosse vietata solo quando si scopre l'esistenza di un contratto allora le imprese facilmente potrebbero esonerarsi dalla disciplina anti-trust dimostrando che non c' nessun accordo n contratto, evidentemente proprio la particolarit della materia, cio il fatto che le imprese vogliano dar vita ad un comportamento anti concorrenziale, non che sono molto interessate ai motivi contrattuali dell'accordo cio non che aspettano di poter far valere l'inadempimento, il risarcimento, il preciso adempimento ed altri aspetti che rilevano in un normale funzionamento contrattuale, le imprese seguono quella pratica perch conviene a tutti e nel momento in cui un'impresa che ha aderito ad una pratica concordata se ne tira fuori la sua sanzione prevalentemente reputazionale rispetto alle altre imprese, cio se io so che un imprenditore non affidabile semplicemente non lo considero pi io altro imprenditore che seguo quella pratica, non mi interessa molto chiedere il risarcimento del danno perch non in quello che assume rilevanza il rapporto, ed ecco allora che il legislatore comunitario introduce questo concetto della pratica comunitaria cio non devo arrivare a dimostrare l'esistenza di un accordo per poter dire che stata stipulata un'intesa, ma sufficiente esaminare e verificare l'esistenza di una pratica che si pu definire concordata alla luce del comportamento esterno tra le parti. Detto questo abbiamo qualificato l'intesa, ma non abbiamo qualificato l'impresa, qual il concetto di impresa ai fini dell'intesa o di qualunque altro aspetto anti-trust? Naturalmente anche qui voi ricorderete dal diritto commerciale tutte le qualificazioni che si sono fatte dell'impresa: privata, pubblica, piccole, non piccole, individuali, societarie, agricola, commerciale,ecc.. che sono tutte rilevanti al fine di determinare l'applicazione di una certa disciplina; dal punto di vista della disciplina anti-trust queste differenze non assumono alcuna rilevanza, cio rilevano ai fini anti-trust tutte le imprese, quale che sia la loro veste giuridica, se ad esempio un'associazione o una fondazione svolge un'attivit che oggettivamente qualificabile come attivit d'impresa questo soggetto sottoposto alla disciplina anti-trust, non che perch le sue finalit siano non lucrative, ad esempio non rientra nella disciplina anti- trust, uguale non c' nessuna differenza perch dal punto di vista del mercato quali che siano le mie finalit non importa, addirittura lo stesso concetto d'impresa ad essere messo in discussione perch troppo restrittivo, nell'ordinamento comunitario (soprattutto nei paesi di common law) la disciplina anti-trust non si limita alle imprese come noi le conosciamo ma si estende anche ad altri soggetti ad esempio ai professionisti, la differenza che da noi il professionista non un imprenditore, allora se cos in quei paesi senza dubbio si applica la discplina anti-trust anche ai professionisti. Questo stesso concetto viene applicato in sede comunitaria e applicato 76

dallantitrust interno cio se con la concorrenza sleale abbiamo affermato con sicurezza che non si applica ai professionisti ,per la disciplina antitrust si applica ai professionisti ,nei quotidiani di tipo economico spesso c la questione del tema dellantitrust che entra negli ordini professionali, in questo periodo il tema stato affrontato con norme in tema di liberalizzazioni,lantitrust spesso intervenuta non solo con provvedimenti ma anche relazioni, interventi pubblici su alcuni aspetti in tema di ordini professionali Questo possibile alla luce di quel principio generale precedente enunciato che la disciplina antitrust italiana non va interpretata soltanto con riferimento alla prospettiva dellordinamento italiano x se cosi fosse li si parla di imprese le imprese sono quelle di cui stabilito dal diritto commerciale ma la disciplina antitrust secondo i dettami comunitario ecco che allora rientrano anche i professionisti per fare un esempio. Ora queste intese: accordi , pratiche concordate e deliberazioni, sono lecite; sono vietate le intese cos qualificate laddove abbiano x oggetto o x effetto l alterazione del gioco concorrenziali, non importa che il loro oggetto specifico sia lalterazione del gioco, cio chiaro ed evidente che sia vietata unintesa in cui si dica di ripartire tra 3 grandi imprenditore il mercato: uno si occupa del nord Italia uno del centro e laltro del sud chiara intesa antitrust quindi chiaro che non ti faccio concorrenziale in quel mercato e tu nel mio, cosi come ha un chiara matrice antitrust l intesa sui prezzi tutte le imprese che aderiscono a questa intesa ed eroga i propri servizi chiedono un corrispettivo variabile ad es tra i 10 e i 12 euro ,possiamo avere delle intese che abbiano ad oggetto tuttaltro, ad es lo svolgimento di attivit di ricerca che pero leffetto di tali intese ha una conseguenza ai fini antitrust. Ai fini della considerazione antitrust Nn importa che lintesa abbia effettivamente alterato il gioco concorrenziale la mera potenzialit dell intesa a produrre quella alterazione a determinare la sua illiceit al fine del comportamento antitrust. E chiaro che lautorit antitrust non si pu occupare di qualsiasi intesa questultima deve aver determinato una alterazione del gioco concorrenziale nel mercato nazionale o in una parte rilevante di esso , lintesa che vi fosse tra i panettieri di via chintia a vendere il pane tutti a 2 euro al kg e non a 1.50 unintesa che non interessa allautorit garante per la concorrenza e x il mercato perch il settore interessato irrilevante, deve trattarsi di un intesa che ha rilevanza quanto meno su una parte significativa del mercato. Quando parliamo di parte significativa del mercato non necessariamente dobbiamo pensare ad un intera area territoriale come il sud Italia o di una regione anche nellambito la violazione anti nellambito di comune puo assumere rilevanza che dipendente dal mercato interessato , dalla rilevanza della violazione in quel comune deve avere un minimo di rilevanza ad esempio la violazione che sia in una sola strada ,una piccola zona, in un piccolo paese di montagna nn assume rilevanza ai fini antitrust lautorit non avrebbe la capacita di occuparsi di tutte le violazioni Cosi come non assume rilevanza di fatto che lintesa abbia provocato una alterazione la mera potenzialit di quellintesa a determinare l alterazione, a produrre un intesa illecita cio le intese che abbiano per oggetto o per effetto la prospettiva di alterare il gioco concorrenziale la potenzialit di alterare il gioco concorrenziale se poi in concreto qst gioco concorrenziale non sia stato alterato non ha importanza ma importanza ha la potenzialit dellintesa a produrre questa alterazione. Il legislatore in materia antitrust non individua come tassativi dei comportamenti specifici nei quali la violazione si produce non lo fa x evidentemente la fantasia degli imprenditori tale da superare qualsiasi definizione cio vietata qualsiasi intesa che abbia per effetto o per oggetto che provochino lalterazione del gioco concorrenziale poi il legislatore offre degli esempi di intese vietate ma con la considerazione che sono degli esempi cio i capi introdotti nellart. 2 e 3 della legge antitrust sono esempi della disciplina antitrust, non soltanto in quegli esempi enunciati ma chiaro che nel 95 o 99% dei casi quelle norme individuano un po tutte le intese che possono avere rilevanza difficile ipotizzarne altre che 77

vadano oltre quellelenco per devo dire che quei casi quella casistica meramente esemplificativa Vediamo quali sono quei casi esemplificativo entriamo nello specifico x anche se sono esemplificative e non tassative ci danno un idea di quali sono le intese vietate Intesa sui prezzi di acquisto e di vendita ,su questo aspetto vi sottolineo una considerazione non vietata lintesa con la quale si stabilisce un prezzo troppo alto o troppo basso a danno dei produttori dei consumatori non questo il punto, illecita lintesa sui prezzi, se per assurdo le intese affidassero ad un pool di economisti lindividuazione del prezzo pi corretto dal punto di vista del mercato chiedendo qual il prezzo pi corretto dei telefonini blackberry a 150 euro e vendessero i blackberry a 150 euro sarebbe un intesa vietata cio il punto nelle intese ( chiaro che normalmente l'intesa non individua mai un prezzo corretto, individua sempre un prezzo che va a favore degli imprenditori) tuttavia non questo il punto, il dibattito non si fonda sull'adeguatezza o correttezza del prezzo, semplicemente la circostanza che ci sia un'intesa su prezzi a determinare un'intesa illecita perch comunque lintesa cambia o pu cambiare il normale funzionamento del mercato. Vietate sono le intese che producono una ripartizione dei mercati, vietate le intese che introducono barriere allentrate e alle uscite, che riducono o regolamentano la ricerca ,che disciplinano il progresso scientifico e tecnologico , vietate sono quelle intese che collegano la stipula di un contratto alla stipula di un altro accordo ad esempio x lassicurazione dello scooter bisognava tempo fa fare la rc infortuni,una intesa illecita tra compagnie assicurative, Queste intese sono vietate e il legislatore introduce una frase un p singolare le intese sono anche nulle ad ogni effetto naturalmente il legislatore ha introdotto la sanzione della nullit in primo luogo x lintesa potrebbe non avere solo per oggetto il gioco concorrenziale ma se lintesa ha x effetto il gioco concorrenziale ed nullo lintero effetto e non solo quella parte, allo stesso modo il legislatore ha introdotto una possibilit di deroga al divieto di intesa con art 4 della legge antitrust. Lezione gioved 26/01/2012 PARTE 3

In alcuni casi molto particolari lintesa pu essere necessaria per poter sviluppare un mercato, per poter consentire e agevolare la ricerca scientifica, la ricerca tecnologica e dei progressi in favore dei consumatori e allora che succede? dove si verificano queste situazioni le imprese che vogliono stipulare un intesa prima di eseguirla devono dare comunicazione all autorit antitrust e devono dire cara autorit antitrust io intendo stipulare unintesa che abbia queste caratteristiche per queste motivazioni cio noi per un certo periodo di tempo non ci faremo concorrenza sul prezzo perch stiamo cercando insieme una soluzione per questo problema tecnico e questa intesa ci permette di concentrarci su questo aspetto. Ci sono delle caratteristiche che le intese devono avere per poter ottenere l autorizzazione: a) lintesa deve avere una durata limitata nel tempo b) non deve eliminare totalmente il gioco concorrenziale: cio che totalmente inibisca le imprese ad entrare sul mercato, a quelle che ci sono di uscirne, che riguardi in assoluto i prezzi e cos via. Deve essere unintesa che qualche alterazione la produca ma che non deve eliminare totalmente il gioco concorrenziale. c) Deve essere limitata anche qualitativamente in relazione alle finalit che si prefigge di raggiungere. Se io voglio stipulare unintesa in deroga per fare una ricerca per rendere pi magro il prosciutto crudo non posso farla anche sul prosciutto cotto ma deve essere relativa specificamente al settore, alloggetto di ricerca, apertura del mercato ecc. 78

Laddove abbia tutte queste caratteristiche lautorit pu collaborare con le imprese, nel senso che pu dire io ti autorizzo lintesa se modifichi, aggiungi questa previsione, se fai quest ulteriore deroga. (RICHIESTA -> COLLABORAZIONE > INTESA) L autorit vigila sul fatto che lintesa poi sia rispettata nel senso che non si ecceda rispetto a tutte le precedenti considerazioni che abbiamo fatto. Laddove si verifichi un eccesso di utilizzo dell intesa da parte delle imprese lautorit in qualunque momento pu revocare lautorizzazione in deroga. ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE Cos come per quanto riguarda le intese abbiamo detto che legittima lintesa e illegittima solo lintesa che abbia come oggetto/ effetto lalterazione del gioco concorrenziale, la stessa argomentazione la riproduciamo per quanto riguarda l abuso di posizione dominante, cio anche in tal caso legittima la posizione dominante illegittimo l abuso di posizione dominante. Quando unimpresa si trova in posizione dominante? E un problema delicato alcuni testi dicono che sei in posizione dominante se hai pi del 75% del mercato, meno del 70%, pi del 25%.... E chiaro che in realt numeri non se ne possono dare perch ogni mercato ha le sue peculiarit. Ad esempio nel mercato delle grandi societ di revisione anche unaliquota del 70% non unaliquota di posizione dominante del mercato perch si tratta di poche imprese che hanno grosse fette di mercato. Viceversa ci sono mercati in cui anche il 10% del mercato sotto il controllo di ununica impresa la pone in posizione dominante perch magari tutti gli altri esponenti del mercato sono talmente piccoli, piccolissimi, frazionati che devono necessariamente seguire limpresa leader. Quindi possiamo dire che un impresa ha una posizione dominante su un mercato quando leader di quel mercato, al di la della %, la % non si pu quantificare, cambia da mercato a mercato, da momento a momento. Limpresa leader quella che in grado di orientare quel mercato, cio se quell impresa fissa il prezzo dei suoi prodotti a 1000euro le altre imprese si devono un po adeguare se limpresa ha un certo comportamento le altre la devono un po seguire Io non posso chiedere allimpresa in posizione dominante di non avvalersi di questa posizione dominante o di cedere quote di mercato, sarebbe ridicolo e non sarebbe neanche conforme al gioco concorrenziale perch se unimpresa arrivata lecitamente ad avere una posizione dominante giusto che la conservi, se in grado di conservarla, per non possiamo noi stabilire quali devono essere i comportamenti che questa impresa debba assumere. Quello che il legislatore comunitario prima e quello italiano poi hanno fatto stabilire quali sono i comportamenti illeciti di tali imprese che determinano un abuso di posizione dominante. Se andate a leggere lart.2 (divieto di intesa) e lart 3 (abuso di posizione dominante) e leggete i casi esemplificati nelle 2 norme sono molto simili ma ci sono delle differenze EX: labuso di posizione dominante sui prezzi, chiaro che limpresa dominante fa i prezzi (non che io posso dire che perch tu sei in posizione dominante ora il prezzo te lo fa leconomista tizio o lautorit antitrust altrimenti tali soggetti entrerebbero nelle scelte, che devono restare libere, dellimpresa in posizione dominante). Se limpresa in posizione dominante decide di voler applicare un mark up pi alto o viceversa pi basso una scelta dellimpresa in posizione dominante. Tuttavia di questa posizione dominante limpresa non pu abusare nel senso che se il panettiere di via Cinthia decide di vendere il pane a 5 euro al kilo lo pu fare e se trova le persone che se lo comprano buon per lui ma se le persone gli dicono io lo vado a comprare pi gi a 1.20 al kilo allora andranno a comprarlo li. Quando limpresa in posizione dominante determina un prezzo, nella sua libert contrattuale, lo dovr fare in modo che non sia eccessivamente gravoso. La sua libert trova un limite limpresa in posizione dominante potrebbe facilmente vendere sotto costo per 2-3-4 mesi, elimina tutti dal mercato e poi impone i prezzi che vuole lei. Questo non lo pu fare. Questo abuso di posizione dominante. Se 79

viceversa limpresa in posizione dominante decide di applicare un mark up un po pi alto o un po pi basso lo pu fare. E sull eccessiva gravosit del prezzo che si gioca il momento dell illecito. Vedete che differenza c tra questa situazione e quella relativa all intesa. Lintesa su qualunque prezzo illecita, anche sul prezzo giusto. Andiamo ora a vedere le fattispecie relative alla non limitazione della produzione, barriere allingresso/uscita, ricerca scientifica ecc.. tutto questo per un impresa in posizione dominante vero nei limiti in cui segue questi comportamenti a danno dei consumatori. Anche qui abbiamo unaggiunta rispetto all intesa perch ad esempio unimpresa di autoveicoli in posizione dominante vuole produrre 1000 autoveicoli saranno fatti suoi, dopo di che se limpresa dovesse perseguire comportamenti atipici potr accadere che unaltra impresa entri in quel mercato. Se unimpresa vuole vendere 5mln di autoveicoli perch in grado di produrli, anche se il mercato non in grado di assorbirli, perch non lo dovrebbe poter fare.. avr poi degli autoveicoli che gli rimarranno sullo stomaco, ma questo non un problema che riguarda il mercato. Se unimpresa in posizione dominante non vuole fare ricerca scientifica/tecnologica non la far, ci sar un altro imprenditore che magari far tale ricerca scientifica/tecnologica, gli riuscir bene e acquister quote di mercato. In tutte queste situazioni limpresa in posizione dominante fa quello che vuole quando abusa di questa posizione che si determina lillecito. Che succede quando viene stipulata unintesa vietata o limpresa abusa della propria posizione dominante? Al di la della nullit dell intesa vietata la conseguenza ovviamente pecuniaria nel senso che l autorit antitrust, verificata lesistenza di unintesa vietata, verificato che si prodotto labuso di posizione dominante, applica una sanzione che si sostanzia in una % sul fatturato e che sar tanto pi elevata a seconda della gravit della violazione, della durata della violazione e delle conseguenze della violazione. Se unintesa che stata stipulata ma poi non ha avuto effetto sul mercato anche se potenzialmente poteva averne, la sanzione sar pi piccola, se lintesa si protratta per molti anni, ha avuto un effetto devastante sul mercato e cos via allora la sanzione sar molto pi elevata. La sanzione sul fatturato riguarda cifre importanti.E chiaro che tra intese e abuso di posizzione dominante pi probabile la effettivit del pregiudizio nella posizione dominante rispetto alle intese in termini di peso di probabilit.Accanto alla sanzione amministrativa, una volta emersa lintesa o labuso di posizione dominante, ci possono essere anche sanzioni civilistiche, come accadde ad esempio quando stata scoperta lintesa delle compagnie assicurative sui premi delle polizze dove per anni(e ancora oggi) sono pendenti le cause dei singoli soggetti che avevano stipulato le polizze nei confronti delle compagnie assicurative per ottenere il risarcimento dei danni, perch chiaramente lintesa vietata o labuso di posizione dominante provoca un danno o pu provocare un danno ad un numero indeterminato di persone i quali possono far valere i propri diritti. Lultima fattispecie quella delle concentrazioni. Anche la concentrazione di per s un comportamento lecito, infatti nel trattato dellunione europea dal punto di vista antitrust sono oggetto di esame solo le intese e labuso di posizione dominante ma non le concentrazioni. Sulle concentrazioni il legislatore dellunione europea intervenuto dopo con un regolamento, quindi non una norma inserita nel trattato ma inserita in un regolamento. La differenza tra la concentrazione e le intese e labuso di posizione dominante sta nel fatto che in realt con la concetrazione si va a fare un lavoro di tipo preventivo, cio quando lautorit interviene sullintesa o sullabuso di poszione dominante interviene su un tentativo di alterazione del gioco concorrenziale o su unalterazione avvenuta, mentre nella concentrazione (che come abbiamo detto in via generale perfettamente lecito perch porta ad unaggregazione tra due imprese che prima erano separate) lautorit antitrust si preoccupa della situazione in cui a seguito della concentrazione limpresa post-concentrazione potrebbe determinare unalterazione del gioco concorrenziale. 80

Le concentrazioni considerate sono tutte quelle tra imprese, ad esempio le fusioni, le scissioni, ma solo dal punto di vista di chi riceve lapporto perch chiaramente la scissione di per s una deconcentrazione, quindi un elemento positivo dal punto di vista antitrust, diventa negativo quando con la scissione si determina lattribuzione di un pezzo di patrimonio ad unimpresa gi esistente che in tal modo si concentra oppure quando dal controllo congiunto si arriva ad un controllo esclusivo altrimenti la scissione irrilevante ai fini antitrust. Naturalmente concentrazione lacquisto di una partecipazione di controllo, lacquisto di unazienda qualunque titolo giuridico ed concentrazione anche la creazione di unimpresa congiunta da parte di due o pi imprese.Tutte queste ipotesi sono ipotesi di concentrazione. La concentrazione non vietata per se due o pi imprese vogliono procedere ad una concentrazione, prima di eseguire la concentrazione devono darne comunicazione allautorit antitrust. Ad esempio se vi la vendita di un pacchetto azionario di controllo nel contratto di vendita si prevede una condizione sospensiva del mancato divieto dellautorit antitrust, in modo che se lautorit vieta loperazione allora loperazione stessa perde di efficacia. Quindi non si deve dare esecuzione alloperazione prima di aver capito qual la definitiva posizione dellautorit antitrust. Non tutte le concentrazioni devono essere comunicate allautorit Antitrust ma solo alcune di esse, cio quelle in cui la somma del fatturato delle imprese che partecipano alla concentrazione o il fatturato delle singole imprese che vi partecipano supera i massimali stabiliti dallautorit antitrust. Per le intese e per labuso di posizione dominante non sono stabiliti dei limiti di fatturato perch queste due danno luogo gi ad unalterazione del gioco concorrenziale, mentre le concentrazioni danno luogo ad una potenziale possibilit di alterazione del gioco concorrenziale e quindi non si pu costringere lautorit antitrust ad occuparsi di tutte le concentrazioni che si svolgono in Italia ma solo di quelle di una certa rilevanza. Quindi le imprese che vogliono dare luogo ad una concentrazione devono fare questa comunicazione, lautorit comunica questa circostanza al ministero dello sviluppo e al contempo chiede tutti gli ulteriori documenti che ritiene necessari. A questo punto lAutorit pu seguire due percorsi, o dichiara il non luogo a provvedere e quindi la concentrazione immediatamente si pu fare, o viceversa apre la procedura, quindi vuol dire che c qualche elemento di perplessit e deve entrare nel merito di questa concentrazione. Nel secondo caso comincia una fase di pieno colloquio con le imprese e quindi lautorit pu formulare dei quesiti alle imprse, pu formulare delle richieste di chiarimento,anche le imprese possono esporre tutto quello che ritengono opportuno ed il procedimento pu avere tre esiti diversi: 1) non si ravvisano elementi ostativi alla concentrazione; 2) lautorit vieta la concentrazione (molto raro che si pronunci in questo modo); 3) provvedimento creativo dellautorit, cio lautorit stabilisce che lautorizzazione viene concessa solo se si danno corso ai provvedimenti imposti dallautorit stessa. Ad esempio se due banche si vogliono fondere, lautorit pu stabilire che la concentrazione avviene solo se vengono resi 10 sportelli. Un esempio di concentrazione effettivamente avvenuta a determinate condizioni lacquisto di Autogrill da parte di Autostrade, infatti questa concentrazione stata concessa a condizione che i posti di ristoro presenti sulle autostrade di propriet di Autogrill non superasse la percentuale allora esistente. Quindi questi provvedimenti creativi sono provvedimenti attraverso cui lautorit pretende dalle imprese degli impegni che sono dei vincoli alla crescita di queste imprese o delle riduzioni delle dimensioni attuali di queste imprese.Questo un elemento che incide sulla ricchezza di queste imprese e quindi le imprese stesse alla luce dellindicazione vincolante dellautorit antitrust possono stabilire di non dar pi corso alloperazione se loperazione diventa sconveniente oppure danno corso alloperazione per rispettando le indicazioni dellantitrust perch in caso contrario si applica la sanzione. Se le imprese danno corso alla concentrazione senza informare lautorit antitrust oppure la attuano senza aspettare il parere dellautorit si assumono un bel rischio poich quando lautorit si occuper di quella concentrazione, se non ravvisa elementi non ci saranno problemi, ma se dovesse ravvisare elementi 81

ostativi alla concentrazione perch determina la potenzialit di unalterazione del gioco concorrenziale lautorit potrebbe non solo emanare dei provvedimenti creativi che in questo caso dovranno per forza essere attuati (dato che non si pu scegliere a questo punto di attuare la concentrazione o meno poich gi stata messa in atto) ma addirittura nei casi pi gravi, cio quelli in cui lautorit avrebbe vietato la concentrazione, lautorit stessa pu imporre la deconcentrazione con tutti i costi che ne conseguono. In aggiunta a ci ci saranno sanzioni di carattere gestionale e sanzioni amministrative per la mancata comunicazione della concentrazione. Chi decide su queste sanzioni unautorit amministrativa indipendente cio lAutorit garante per la concorrenza e per il mercato i cui organi sono nominati dintesa tra i presidenti della camera e del senato. Naturalmente sia il presidente dellautorit antitrust sia i componenti devono avere delle caratteristiche sia di professionalit sia di indipendenza e non possono essere riconfermati nellincarico e durante lo svolgimento dellincarico non possono svolgere nessun altra attivit professionale. Questi hanno anche autonomia amministrativa ma nei limiti dei fondi che gli vengono erogati dallo stato.

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