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DIRITTO PUBBLICO

Il diritto e l’economia non sono mondi separati che non si incontreranno mai. Il diritto può orientare
l’economia, viceversa l’economia può orientare il diritto. Il mercato si presenta come luogo di
incontro e di interferenza tra la sfera giuridica e la sfera economica. La verità è che ogni tanto vi è
la parvenza dell’una e a volte dell’altra.

Diritto pubblico dell’economia: branca del diritto pubblico che studia norme, atti amministrativi e
decisioni giurisprudenziali relative all’economia, le regole che dicono come/quando/perché lo stato
può intervenire nell’economia

I FALLIMENTI DEL MERCATO


I fallimenti del mercato dipendono dalla mancanza di almeno una delle condizioni del
primo teorema dell’economia del benessere, le quali recitano che: gli agenti economici
hanno il medesimo livello di informazioni senza asimmetrie; i beni prodotti e scambiati
sono privati e non si è in presenza di esternalità (➔); la tecnologia è data e vi è assenza di
barriere all’entrata e all’uscita (➔ barriera); gli operatori economici sono tutti price taker (➔
concorrenza perfetta p). Nell’ambito dello studio del ruolo del settore pubblico
nell’economia, accanto alle giusti cazioni di intervento a carattere redistributivo, basate
su giudizi di natura soggettiva, i fallimenti del m. (➔ esternalità; bene pubblico p;
asimmetria informativa; monopolio) costituiscono la motivazione più indiscussa e
oggettiva dell’intervento pubblico volto a correggere l’ine cienza allocativa generata dal
malfunzionamento dei mercati. In questi casi, la ragione più ricorrente per l’intervento
pubblico deriva dalla constatazione che se i m. raggiungono equilibri subottimali è
sempre possibile ottenere, tramite un apporto esogeno, un miglioramento paretiano. Per
indagare sulla desiderabilità dei provvedimenti di miglioramento paretiano, e sull’ampia
gamma di modalità con cui possono essere e ettuati, è importante comprendere la
natura dei fallimenti del m. sottostanti l’ine cienza allocativa. Ogni fattispecie di market
failure, come precendemente evidenziato, è sempre connessa al venir meno di una delle
condizioni sopra elencate.

ABUSO DI POTERE DI MERCATO situazione di potenza economica grazie alla quale


l'impresa che la detiene è in grado, da un lato, di impedire od ostacolare il persistere di
una concorrenza e ettiva sul mercato e, dall'altro, di agire in maniera signi cativamente
indipendente rispetto ai suoi concorrenti, ai suoi clienti ed ai consumatori.

L'impresa che si trova in posizione dominante può dunque tenere un comportamento


indipendente, avendo la possibilità di bene ciare di un considerevole potere di mercato
durante un certo periodo di tempo. Le eventuali azioni e reazioni dei concorrenti, dei clienti
e dei consumatori risultano in questo caso del tutto inin uenti rispetto alle decisioni che
vengono assunte dall’impresa Ciò che appare dunque rilevante risiede in altri termini nel
fatto che l'impresa ha la possibilità di incidere notevolmente sulle modalità con cui si
svolge la concorrenza e di tenere, in determinate circostanze, comportamenti senza dover
tener conto degli altri concorrenti.

L'impresa in posizione dominante ha in de nitiva il potere economico di:

• escludere dal mercato i concorrenti;

• rendere gravoso od impedire l'accesso al mercato da parte di nuovi concorrenti;

• in uenzare il processo concorrenziale nei mercati collegati;


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ASIMMETRIE INFORMATIVE Condizione che si veri ca nel mercato quando uno o più
operatori dispongono di informazioni più precise di altri. In generale, interferisce con il  buon
funzionamento dei mercati, portando a situazioni di sotto utilizzazione delle risorse disponibili. L’a.
i., infatti,  può indurre l’operatore meglio informato a comportamenti opportunistici (➔ azzardo
morale): per es., un’impresa nanziata da terzi potrebbe assumersi rischi eccessivi, un assicurato
potrebbe non tutelare le sue proprietà con la dovuta cura, un lavoratore dif cilmente licenziabile
potrebbe sottrarsi al proprio impegno. Questi comportamenti portano, rispettivamente, al
razionamento del credito da parte delle banche, all’impossibilità di ottenere copertura assicurativa
completa a prezzi equi e a una minore occupazione. L’asimmetria informativa può essere affrontata
anche con metodi più diretti: un’autorità di vigilanza può richiedere agli intermediari di condividere
le informazioni sul merito creditizio e assicurativo dei clienti, possono nascere spontaneamente
imprese che si specializzano nella raccolta, elaborazione e vendita di informazioni, oppure, ancora, i
non opportunisti possono rivelare la propria qualità alle controparti.

ESTERNALITA’ L’insieme degli effetti esterni (detti anche economie o diseconomie esterne) che
l’attività di un’unità economica (individuo, impresa, pubblica amministrazione) esercita, al di fuori
delle transazioni di mercato, sulla produzione o sul benessere di altre unità. Quando l’azione
dell’agente economico determina bene ci per altri, senza che il primo ne riceva un compenso, si
parla di esternalità positive per questi altri soggetti o per l’economia nel suo complesso; per es. il
bene cio che un apicoltore ricava dalla presenza di frutteti adiacenti e non di sua proprietà. Quando
invece l’azione intrapresa dall’agente economico provoca costi per altri, costi che esso non sostiene,
si parla di esternalità negative (diseconomie esterne); per es. il fumo emesso dalla ciminiera di una
fabbrica. Le esternalità possono essere prodotte o subite da imprese (produttori) o da individui
(consumatori). Come conseguenza di esternalità negative, l’attività privata (produzione/consumo)
cui è associata la diseconomia esterna è spinta a un livello superiore a quello socialmente ef ciente
(eccesso di produzione/consumo); in presenza di e. positive, invece, l’attività produttiva è spinta a
un livello inferiore (de cit di produzione/consumo). La presenza di e. determina pertanto una
divergenza fra aspetto privato e aspetto sociale dei costi e dei bene ci, fenomeno che è causa del
‘fallimento del mercato’, rendendo così impossibile a un sistema di concorrenza perfetta di
determinare spontaneamente la migliore allocazione delle risorse produttive e il massimo benessere
degli agenti economici. Per es., una fabbrica di prodotti chimici che con i suoi residui inquina l’aria
e le acque di un ume non considera tali danni tra i suoi costi, ma questi certamente rappresentano
costi per la collettività. In questo caso quindi i costi sociali sono maggiori di quelli privati. Così,
all’opposto, la costruzione di una ferrovia in un paese sottosviluppato, che colleghi la costa
all’interno, dà un vantaggio scarso all’impresa che l’ha costruita, ma realizza un bene cio elevato
per la collettività, incentivando la nascita di nuove imprese nelle zone interne.

MONOPOLIO È una forma di mercato caratterizzata dall’accentramento dell’offerta o della


domanda nelle mani di un solo venditore o di un solo compratore (m. unilaterale) o di entrambi (m.
bilaterale) e di conseguente chiusura del mercato stesso. Per questa sua caratteristica, le posizioni di
monopolio sono oggetto di controllo antitrust. Si ha m. puro quando il mercato è caratterizzato dalla
massima concentrazione dell’offerta nelle mani di un solo venditore e dall’impossibilità per altri
venditori di entrare sul mercato stesso offrendo l’identico bene o servizio o beni e servizi a esso
sostituibili. In questa ipotesi il monopolista cercherà di massimizzare il suo pro tto manovrando la
quantità o il prezzo e scegliendo la soluzione più conveniente dati la domanda del mercato e
l’andamento dei suoi costi di produzione. L’equilibrio del mercato è in tal caso determinato in
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corrispondenza delle quantità che rendono uguali i ricavi e i costi marginali per l’impresa (benché
questa determinazione si veri chi in realtà soltanto se la domanda è elastica) ma, a differenza di
quanto avviene nella concorrenza, il reddito di chi offre è il massimo possibile, e il costo del bene o
servizio è per il consumatore il massimo possibile. Per questa ragione la soddisfazione del
consumatore sarà tipicamente inferiore se la struttura dell’industria è monopolistica piuttosto che
concorrenziale, mentre per l’impresa è vero il contrario In pratica il m. puro si incontra raramente. E
raro è anche il duopolio in cui vi sono due soli offerenti. Sempre più numerose sono invece le forme
intermedie tra il m. e la libera concorrenza. Frequente il caso di m. (o di oligopolio) parziale, di una
o più imprese, cioè, che abbiano posizione prevalente sul mercato tanto da in uire a proprio
vantaggio sul prezzo, mentre le imprese minori che operano nello stesso ramo di attività non
possono che seguire il prezzo stabilito dalle maggiori adattando a esso la loro offerta, e di m.
collettivo, risultante dalla realizzazione di cartelli, o consorzi, e di accordi in genere tra imprese
appartenenti allo stesso ramo di produzione per limitare la concorrenza (➔ coalizione). Forme
imperfette di m. possono anche derivare dall’assenza di barriere all’entrata sul mercato. Questa
situazione, rendendo più esposto il monopolista alla concorrenza potenziale, può indurlo a
diminuire i pro tti al ne di disincentivare le imprese entranti.

BENI PUBBLICI Pur essendo utili per la collettività, alcuni beni e servizi ( detti beni pubblici )
non sono prodotti dalle imprese private sul mercato, perché non hanno tutte le caratteristiche dei
beni economici ( es. sanità, scuola, sicurezza, difesa, porti, strade, In particolar modo i beni pubblici
hanno le caratteristiche di non rivalità e non esclusione.

Non rivalità. L'uso del bene pubblico da una persona, non riduce l'uso del bene pubblico da parte di
un'altra persona ( es. ordine pubblico, difesa, ecc. ).

Non esclusione. Nessun individuo può essere escluso dal godimento del bene pubblico,
indipendentemente dal prezzo che dichiara di voler pagare.

Se il mercato non riesce a raggiungere l'allocazione ottimale delle risorse, lo Stato è


giustificato a intervenire in economia con azioni e interventi per correggere il
malfunzionamento. Per correggere il fallimento di mercato lo Stato può intervenire sul
mercato tramite interventi pubblici diretti o indiretti.

Interventi pubblici diretti. Lo Stato entra in prima persona sul mercato con la produzione
di un'azienda pubblica per correggere le cause del fallimento di mercato.

Interventi pubblici indiretti. Lo Stato regolamenta le scelte degli operatori economici


privati per indirizzarle verso l'obiettivo ottimale.
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PNRR
È il documento che il governo italiano ha predisposto per illustrare come intende gestire i
fondi di Next generation Eu. Suddivide i settori di intervento in 6 missioni principali, tra cui
digitalizzazione, salute e transizione ecologica. Il documento, recentemente approvato
dalla commissione, descrive quali progetti l’Italia intende realizzare grazie ai fondi
comunitari. Il piano delinea inoltre come tali risorse saranno gestite e presenta anche un
calendario di riforme collegate nalizzate in parte all’attuazione del piano e in parte alla
modernizzazione del paese. Il piano è stata realizzato seguendo le linee guida emanate
dalla commissione europea e si articola su tre assi principali: digitalizzazione e
innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Il Pnrr raggruppa i progetti di
investimento in 16 componenti, a loro volta raggruppate in 6 missioni:

•  Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo;

•  Rivoluzione verde e transizione ecologica;

•  Infrastrutture per una mobilità sostenibile;

•   Istruzione e ricerca;

• Coesione e inclusione;

• Salute.

Secondo una relazione pubblicata dal centro studi del parlamento, il governo valuta
l’impatto del Pnrr sull’economia del nostro paese con una crescita dello 0,8%, portando il
tasso di crescita potenziale nell’anno nale del piano all’1,4%. Parallelamente ai progetti di
investimento, il Pnrr delinea anche le riforme che il governo intende adottare per
modernizzare il paese. Riforme che costituivano una conditio sine qua non per ottenere i
nanziamenti.

Il piano distingue 4 diverse tipologie di riforme:

• orizzontali o di contesto: misure d’interesse generale;


• abilitanti: interventi funzionali a garantire l’attuazione del piano;
• settoriali: riferite a singole missioni o comunque ad ambiti speci ci;
• concorrenti: non strettamente collegate con l’attuazione del piano ma comunque
necessarie per la modernizzazione del paese (come la riforma del sistema scale o
quella degli ammortizzatori sociali).
La gestione e l’attuazione del Pnrr in ne sono state de nite con uno speci co decreto
legge. Ogni soggetto coinvolto nel piano (inclusi i ministeri e le altre amministrazioni sia
centrali che locali) sarà chiamato ad attuare gli interventi e le riforme di propria
competenza. Al ministero dell’economia e delle nanze sarà istituita una struttura di
coordinamento per il monitoraggio e il controllo dell’attuazione oltre al contatto con la
commissione europea.
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A palazzo Chigi sarà invece creata una cabina di regia che avrà il compito di monitorare
l’avanzamento del piano, proporre l’eventuale attivazione dei poteri sostitutivi e le
modi che normative necessarie per l’attuazione del piano.

Dati
L’Italia è la principale bene ciaria di questo nuovo programma di nanziamento
comunitario con 191,5 miliardi di euro di fondi suddivisi tra sovvenzioni (68,9 miliardi) e
prestiti (122,6 miliardi). A tali risorse si aggiungono poi circa 13 miliardi di euro di cui il
nostro paese bene cerà nell’ambito del programma Assistenza alla ripresa per la coesione
e i territori d’Europa (React-Eu). Il governo ha inoltre, con apposito decreto legge,
stanziato ulteriori 30,62 miliardi che serviranno a completare i progetti contenuti nel Pnrr.
La quota di risorse più ingente è assegnata per la realizzazione dei progetti inseriti nella
missione 2 (rivoluzione verde e transizione ecologica) del piano che riceverà poco meno di
60 miliardi di euro. Alla missione 1 (digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura)
sono assegnati circa 40,7 miliardi, mentre alla missione 4 (istruzione e ricerca) con quasi
31. Circa 25 miliardi saranno poi assegnati alle infrastrutture, quasi 20 per coesione e
inclusione e circa 15 in ne per la salute.

Come abbiamo detto inoltre, insieme agli investimenti nel Pnrr sono previste anche una
serie di riforme. In base alle informazioni fornite dal servizio studi di camera e senato
sappiamo che le misure legislative saranno complessivamente 53. Nove di queste
saranno adottate con decreto legge, 12 con legge delega, 1 con decreto legislativo e le
rimanenti con legge ordinaria. Da notare che 8 misure sono associate a provvedimenti
collegati alla manovra di nanza pubblica, cioè quell'insieme di interventi contenuti nella
legge di bilancio volti a modi care la legislazione vigente.
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PRICE CAP (fonte politicheeuropee.gov.it)

Metodo di regolazione dei prezzi dei servizi pubblici (➔ servizio pubblico) volto a vincolare
il tasso di crescita di un aggregato di prezzi o  tari e. Il regolatore stabilisce il massimo
saggio a cui un insieme di prezzi è autorizzato a crescere per un certo numero di anni e
nel rispetto di questo vincolo aggregato l’impresa è libera di ssare i prezzi e le tari e che
desidera. L'espressione ha origine nell’ambito della regolazione dei prezzi dei servizi
pubblici introdotta in Gran Bretagna negli anni Ottanta, ma il price cap è utilizzato anche
in Italia nell’industria e nei servizi delle telecomunicazioni e nell’energia. Oggi l’Europa (...)
si trova con forniture incerte di gas russo e anche prezzi esorbitanti. La Commissione è al
lavoro su una proposta per introdurre un tetto al prezzo del gas Gli Stati Uniti sono
preoccupati del prezzo del petrolio, soprattutto, e quindi è in quel contesto che è venuto il
suggerimento da parte della Segretaria del Tesoro Yellen di avere un price cap al prezzo
del petrolio. Ma il price cap è la cosa che chiunque suggerisce di fare in questa
situazione. Nel caso dell’Europa, per il gas che viene attraverso i tubi non ci sono clienti
alternativi all’Europa nei confronti della Russia. Quindi l’Europa ha un potere di mercato
che deve esercitare, e lo può esercitare attraverso il price cap. Non lo esercita perché c’è
paura, da parte di alcuni, che a quel punto la Russia per rispondere tagli le forniture di gas
ancora di più.

REGOLARE LE CRIPTOVALUTE
In più di un decennio il settore delle criptovalute è cresciuto in maniera esponenziale,
raggiungendo il suo maggiore piccolo a novembre 2021 per un giro d’affari di 2.900
miliardi di dollari. Il suo sviluppo, però, è sempre andato di pari passo con un vuoto
normativo che ha reso sempre più frequenti i rischi di truffe e illeciti. Il recente crollo dei
mercati di monete digitali ha fatto tornare i legislatori di Stati Uniti ed Europa sul tema,
tanto che il 30 giugno scorso Consiglio e Parlamento europeo hanno annunciato di aver
raggiunto un accordo sul Mica, Market in Crypto-Asset Act, un regolamento che intende
disciplinare i fornitori di servizi di criptovalute.
LA PROPOSTA DELLE ISTITUZIONI EUROPEE La normativa era stata presentata dalla
Commissione europea lo scorso 24 settembre 2020. L’accordo è stato raggiunto all’inizio
di quest’anno dopo tre mesi di negoziazioni, ma si tratta di un ok provvisorio che per
essere formalizzato deve essere oggetto di dibattito alle plenarie di Consiglio e
Parlamento. Il testo non è ancora stato pubblicato, quindi si parla di una proposta. Il Mica
dovrebbe comprendere una serie di misure da applicare alle criptoattività,
rappresentazioni digitali di valore utilizzate come mezzo di scambio o a scopo di
investimento, ma non a quelle che vengono de niti strumenti nanziari. In materia di
servizi nanziari, infatti, è già stato approvato il regolamento Ue 2022/858 (detto anche
regolamento Dlt, Distributed ledger technology), in vigore dal 22 giugno e applicabile negli
Stati dell’ue dal 23 marzo 2023. LA REGOLAMENTAZIONE IN ITALIA Gli obiettivi
dell’introduzione del regolamento Mica sono: dare la certezza del diritto all’interno di un
quadro giuridico ben de nito e consolidato, sostenere l’innovazione ma anche la
concorrenza leale, garantire ai consumatori e agli investitori tutela, integrità di mercato e
stabilità nanziaria. «Quando entrerà in vigore sarà un passo importante - spiega Mariano
Carozzi, presidente Young Platform (primo exchange italiano che permette l’acquisto e la
vendita di Bitcoin, Ethereum ed altre criptovalute in modo facile e veloce) -, permetterà al
consumatore di identi carsi con la controparte. Una traguardo potenzialmente raggiunto
che si va ad aggregare al registro che abbiamo già in vigore in Italia». Infatti, il 13 gennaio
2022 il ministero dell’Economia e della nanza ha istituito con un decreto il Registro delle
criptovalute, a cui si devono iscrivere i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta
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virtuale e di servizi di portafoglio digitale che operano o che intendano operare in Italia.
L’obbligo, cioè, vale sia per piattaforme di scambio sia per i provider che offrono servizi di
conservazione, trasferimento o gestione.
ALCUNI SOGGETTI IN DIFFICOLTÀ dei requisiti molto stringenti per i soggetti che
vogliono far parte del mercato delle criptovalute ed escludere chi non li ha. «La
deregolamentazione ha avvantaggiato lo sviluppo di illeciti - aggiunge Carozzi -, per
questo approvare il regolamento Mica è necessario. Ma gli operatori del settore sono
preoccupati perché alcuni potrebbero essere esclusi: per rendere ogni transazione
adeguata alla normativa e garantire un elevato livello di sicurezza c’è bisogno di
tecnologie e strumenti innovativi in grado di individuare quali angoli del mercato sono a
rischio. I soggetti più piccoli, così come le startup, è molto dif cile che dispongano delle
risorse economiche per procurarsele e per assumere personale competente a utilizzarle».

GOLDEN POWER
Il “Golden Power” (in italiano “potere d’oro”) è un istituto legislativo* di matrice britannica
introdotto nel nostro ordinamento con il d.l. 15 marzo 2012 n. 21 per conferire al Governo
la facoltà di porre condizioni o veti in caso di tentativi di acquisto “ostile” da parte di una
società estera di un’azienda italiana strategica o attiva in un settore ritenuto
fondamentale. Oggi, a causa della crisi nanziaria scatenata dall’epidemia di Covid-19,
molte imprese del nostro Paese potrebbero essere soggette a tentativi di “scalata” da
parte di realtà non italiane. Ad oggi, il nostro ordinamento prevede che il Governo possa
esercitare il Golden Power sulle aziende appartenenti ai seguenti settori:

- Difesa

- Sicurezza Nazionale

- Energia

- Trasporti

- Comunicazioni

Nel testo del Decreto Liquidità in fase di approvazione, il Governo ha previsto


un’estensione del Golden Power anche ad altri settori ad oggi considerati di importanza
strategica per l’Italia. Nello speci co, si tratta dei settori:

• Alimentare

• Assicurativo

• Sanitario

• Finanziario.

Obiettivo dell’estensione dei poteri speciali è impedire a società estere di appro ttare del
periodo di crisi generato dal Coronavirus per acquistare a prezzi di saldo aziende tricolore
in forte dif coltà e fare così la propria scalata nel mercato.

Il Governo, però, non vuole tutelare solo le grandi aziende o i grandi gruppi industriali, ma
anche le migliaia di PMI che costituiscono la maggior parte del nostro tessuto produttivo e
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che, di conseguenza, sono ritenute strategiche e fondamentali al pari delle grandi
organizzazioni italiane. È su queste piccole realtà che dobbiamo infatti puntare per
rilanciare l’economia del nostro Paese una volta che l’emergenza Covid-19 sarà terminata.

FORME DI INTERVENTO PUBBLICO NELL’ECONOMIA


INGERENZA NEL MERCATO
La disciplina dell’economia viene attuata attraverso l’elaborazione e l’attuazione di
politiche pubbliche di natura fiscale, di spesa, di sostegno e incentivo ai diversi settori
dell’economia. Attraverso di essa le istituzioni pubbliche mirano a influenzare l’andamento
del mercato, e talora anche a sostituirlo con altre forme di organizzazione economica, in
vista del raggiungi- mento di determinati obiettivi. Con questo tipo di intervento, il
comportamento che le imprese devono tenere nei processi economici viene orientato in
conformit all’interesse pubblico con precise scelte relative alla produzione, agli scambi di
mercato e alle modalit di incontro della domanda e dell’offerta, alle caratteristiche
qualitative di beni e servizi. La disciplina dell’economia si svolge quindi in gran parte
attraverso interventi di programmazione economica. Questa opera in senso “finalistico”,
nel senso appunto che indica degli obiettivi da raggiungere attraverso lo svolgimento dei
processi economici. Essa introduce un disegno prefigurativo di condotte future che viene
riferito ad attivit economiche complessivamente intese e non a singoli atti, sulla base
dell’unicit del fine di interesse generale che viene perseguito.
INTERVENTO DIRETTO L’intervento diretto nel mercato si realizza quando le istituzioni
pubbliche assumono i tratti propri degli attori economici e adottano comportamenti rilevanti
nella dinamica del mercato o arrivano addirittura ad occupare per intero lo spazio di
quest’ultimo, sostituendosi ad esso in virt di una riserva a proprio favore di determinate
attivit economiche. In questo tipo di inter- vento le istituzioni possono presentarsi a
seconda dei casi nelle vesti dello “Stato-imprenditore”, dello “Stato-acquirente (o
venditore)” e dello “Stato proprietario” (dove il termine Stato usato in modo atecnico,
come sinonimo di istituzione pubblica). Nel primo caso compare sul mercato l’impresa
pubblica, che talora assume carattere monopolistico, ma in ogni caso, anche quando ci
non avviene, si confronta con le imprese private da una posizione di vantaggio, legata alla
sua particolare natura giuridica, che influisce negativamente sull’esplicarsi di una dinamica
di tipo concorrenziale Nel secondo caso le istituzioni pubbliche si rivolgono al mercato
per l’acquisto o per la vendita di beni e servizi e influiscono quindi diretta- mente sulla
domanda o sull’offerta degli stessi, in proporzioni che spesso sono tali da condizionarne in
modo significativo l’andamento. Anche in questa situazione le istituzioni pubbliche sono
presenti sul mercato con caratteristiche molto differenti dagli operatori privati con cui si
confrontano, se non altro per il fatto che la loro attivit di acquisto o di vendita comunque
strumentale al perseguimento di un interesse pubblico e che il denaro speso o ricavato
una risorsa pubblica, di cui non hanno ovviamente la stessa disponibilit che il privato pu
avere sulle proprie risorse. Ci , fra l’altro, pu influenzare significativamente la dinamica
concorrenziale dei mercati interessati e anche per questo sono previste regole molto
specifiche che disciplinano le procedure pubbliche di acquisto e di vendita.
Nel terzo caso, infine, i poteri pubblici compaiono sul mercato come proprietari di risorse
che possono avere rilevanza economica ed essere suscettibili di un utilizzo proficuo
nell’ambito di una attivit di impresa, o addirittura essere indispensabili per la stessa come
fattori produttivi essenziali. Si tratta di un fenomeno particolarmente significativo nei casi in
cui l’attribuzione di un bene alla propriet del soggetto pubblico previ- sta come
doverosa dall’ordinamento e tale soggetto si trova quindi a condizionare interamente
l’andamento dei mercati che necessitano di quei beni nelle proprie dinamiche di
produzione e di scambio, a cominciare dal- l’accesso ad essi, come nel caso delle
concessioni di beni demaniali


















LA REGOLAZIONE DEL MERCATO
Il secondo tipo di intervento pubblico sul mercato quello della regolazione, che prende
come punto di partenza la spontaneit delle dinamiche del mercato e si sviluppa con
l’obiettivo di orientare il corso delle stesse senza alterarne la logica di funzionamento,
tramite l’introduzione di regole ad essa conformi ma non connaturate, in vista della cura di
un interesse generale. La regolazione non ha carattere “finalistico” e con essa le istituzioni
pubbliche non mirano a perseguire specifici obiettivi, orientando verso di essi l’attivit delle
imprese. La regolazione dunque un intervento attraverso cui le istituzioni pubbliche
operano sui processi economici in vista di finalit di interesse genera- le, ma avendo cura
di non alterare la spontaneit degli stessi. Essa riferita ad uno specifico mercato, definito
in base all’estensione geografica, alla tipologia dei beni scambiati o congiuntamente in
base a questi elementi, senza riferimento a limiti specifici di durata. affidata ad una
amministrazione dotata di indipendenza dal potere politico e dai soggetti regolati, alla
quale sono attributi soltanto, o comunque in maniera del tutto prevalente, compiti specifici
di regolazione (v. par. 2.2). Essa prevede forme di controllo non so- lo di tipo verticale,
affidate alle autorit di regolazione, ma anche di tipo orizzontale, affidate agli attori del
mercato in riferimento alla loro esigenza di tutela rispetto a violazioni delle regole di
funzionamento del mercato da par- te di altri attori o delle stesse istituzioni pubbliche.

TUTELA DELLA CONCORRENZA


Il terzo tipo di intervento pubblico la tutela della concorrenza, che consiste nell’attivit di
contrasto dei comportamenti anticoncorrenziali che gli operatori economici pongono in
essere nell’ambito delle normali dinamiche di funzionamento di mercati, compresi quelli
non sottoposti a regolazione pubblica, nelle quali insita la possibilit di allontanamento
dal modello concorrenziale, anche quando i presupposti dello stesso sono originariamente
presenti. Questo tipo di intervento trova il suo fondamento diretto nell’introduzione del
principio concorrenziale e nell’attribuzione del mercato che ad esso si ispira di una
autonoma rilevanza positiva per l’interesse generale, in virt della sua capacit di
realizzare il benessere collettivo, attraverso un’ottimale allocazione delle risorse. Dato che
la conformit al principio concorrenziale non pu essere presupposta nel funzionamento
del mercato, alle istituzioni pubbliche viene affidato il compito di ripristinarla intervenendo a
contrastare le tendenze spontanee del mercato ad allontanarsi da essa. La disciplina della
concorrenza viene operata in modo prevalente con l’introduzione obblighi di “non fare”,
vietando alle imprese di adottare i comportamenti che possono limitare il libero gioco
concorrenziale, vigilando sul rispetto di tali divieti ed eventualmente sanzionando le
relative trasgressioni. A differenza della regolazione, quindi, la tutela della concorrenza
consiste soprattutto di interventi ex-post, diretti a colpire gli illeciti anticoncorrenziali (in
particolare intese restrittive della concorrenza e abusi di posizione dominante), con
l’intento di salvaguardare sia l’equilibrio nella distribuzione delle quote di potere di
mercato, sia la posizione del consumatore. Inoltre, dato che la limitazione della
concorrenza nel mercato pu derivare non solo dalle modalit con cui gli operatori privati
agiscono, ma anche dalle modalit con cui le stesse istituzioni pubbliche interferiscono in
esso con i loro comportamenti, interessante notare come la tutela della concorrenza
possa comprendere anche interventi rivolti verso queste ultime (ad esempio, in materia di
aiuti di Stato alle imprese) e coinvolgere quindi non solo rapporti tra soggetti pubblici e
soggetti privati, ma anche rapporti fra soggetti pubblici di tipo diverso (come avviene
spesso nelle relazioni tra le istituzioni della UE e quelle degli Stati membri). La tutela della
concorrenza si distingue dunque dalla regolazione, anche di tipo economico, perch
l’intervento svolto dalle istituzioni pubbliche in funzione di essa assume come presupposto
il funzionamento concorrenziale del mercato e persegue direttamente come propria finalit























quella del suo mantenimento. Essa mira dunque alla salvaguardia della competizione
dinamica tra le imprese e viene affidata a forme di attuazione meramente tecnica, con
esclusione di ipotesi di bilanciamento con altri interessi pubblici rilevanti, che
eventualmente vengono considerati attraverso il confronto con altre autorit di
regolazione.

TRANSIZIONE DIGITALE E ECOLOGICA


Promuovere un’economia sostenibile attraverso la trasformazione digitale e green delle
imprese è una delle s de del nostro secolo. La transizione ecologica e la transizione
digitale sono infatti diventate due obiettivi cardini che i Paesi membri dell’Ue, Italia
compresa, hanno deciso di perseguire, poiché considerata uno snodo fondamentale per
rilanciare l’occupazione e l’economia, dando uno slancio a produzione e investimenti. Che
cos’è la transizione ecologica? E cosa si intende per trasformazione digitale? La
doppia transizione – verde e digitale – è considerata come uno dei capisaldi della ripresa
post Coronavirus, nonché una fonte di crescita e competitività per tutti i settori. Il concetto
secondo il quale bisogna rendere le imprese più innovative e sostenibili, sfruttando le
nuove tecnologie, non è solo diventato un pensiero diffuso, ma un’esigenza concreta. Le
soluzioni green e digitali diventano così due facce della stessa medaglia, strumenti di
intervento per industria e impresa. Transizione digitale e green: “fa bene all’impresa”  La
Commissione europea promuove da tempo la trasformazione digitale come soluzione in
grado di migliorare la competitività economica delle imprese, attraverso processi di
digitalizzazione capaci di:

▪ rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità;


▪ consentire i cambiamenti necessari per una giusta transizione verde.
Un concetto, questo, che è stato ribadito anche nella Nuova Strategia industriale per
l’Europa (New Industrial Strategy for Europe 2021), dove si sottolinea come la doppia
transizione ecologica e digitale in uenzerà economia, società e industria in ogni loro
aspetto. Le nuove tecnologie, in questo senso, possono migliorare l'ef cienza energetica,
dare slancio all'economia circolare, assicurare una migliore allocazione delle risorse, ma
anche ridurre le emissioni, l'inquinamento, la perdita di biodiversità e il degrado ambientale
di un’azienda. L’emergenza Covid, inoltre, ci ha messo di fronte ad una nuova realtà,
confermando quanto l’innovazione digitale sia un fattore chiave nel processo di sviluppo
economico. La crisi scatenata dalla pandemia ha comportato s de continue per gli
imprenditori, ma ha fatto emergere anche un enorme potenziale. Secondo una recente
analisi condotta da Unioncamere e Centro Studi delle Camere di Commercio, la pandemia
ha accresciuto i divari territoriali, di genere, di età e fra i settori produttivi, ma il digitale
deve considerarsi “la leva per ridurli”. “Il digitale – si legge - fa bene alle imprese”
L’utilizzo delle nuove tecnologie limita infatti le differenze tra piccole e medio-grandi
aziende, contribuisce a sostenere la governance delle imprese manifatturiere a
conduzione familiare e, inoltre, agevola il recupero delle aziende dei servizi, più tartassate
dal Covid.  Transizione digitale ecologica: siamo davvero pronti? Il sostegno dell'Ue
alla ricerca e all'innovazione è previsto attraverso vari programmi, come Horizon Europe,
Next Generation EU e varie politiche di coesione. Per realizzare il cambiamento positivo
richiesto e garantire la qualità dei risultati, tali interventi devono però essere integrati da
investimenti degli Stati membri e del settore privato, con investimenti nella ricerca e
nell'innovazione, nonché un'ulteriore cooperazione e allineamento tra Paesi nel nanziare
e mettere in atto programmi congiunti di ricerca e sviluppo. La Commissione europea ha
proposto di istituire 10 nuovi partenariati con e tra i membri, mettendo a disposizione 10

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miliardi di euro a partire dal 2021, a cui dovranno corrispondere gli altri investitori.
Transizione digitale e PNRR In questo contesto si inserisce il PNRR italiano, con il quale
il Governo ha deciso di impegnarsi con investimenti e misure parziali a favore della
neutralità climatica e la trasformazione green e digitale del settore impresa. L'obiettivo
principale di questo programma è accelerare la transizione verso un’economia verde e
circolare, climaticamente neutra e digitale, tale da rendere le imprese italiane più
sostenibili e competitive (per approfondire leggi questo articolo su Teknoring.com). Cosa
si intende per digitalizzazione della pubblica amministrazione? Un altro asset
importante del PNRR è la digitalizzazione della PA con l’obiettivo di velocizzare i processi
e di sviluppare un sistema di gestione digitalizzata della pubblica amministrazione. Grazie
all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) il lavoro degli enti
sarebbe ottimizzato, offrendo agli utenti, sia privati cittadini, che imprese, servizi più rapidi
ma anche nuovi servizi. Transizione ecologica e digitale: quali i vantaggi? Secondo gli
ultimi rapporti dell'IEA (l’Agenzia Internazionale Energia), i mercati dell'ef cienza
energetica in più rapido sviluppo in Europa saranno Francia, Germania e Italia, con una
crescita di oltre il 15% all’anno. D’altronde, già nella maggior parte dell'Ue, si può
osservare un vero e proprio cambiamento di paradigma verso economie a basse emissioni
di carbonio e incentrate sull'utente, guidate da soluzioni digitali e essibili integrate, che
coinvolgono e rendono partecipe il consumatore nale. La transizione digitale migliora
l'esperienza del cliente e, più speci camente, facilita e rende possibile il risparmio
energetico attraverso programmi di ef cienza green più intelligenti. Inoltre:

▪ aumenta notevolmente la capacità dei fornitori di servizi di interagire con l’utenza di


riferimento, utilizzando social media, siti Web, smartphone, chiamate, e-mail, et.;
▪ riduce i costi per le utenze (costo da acquisire e costo da servire);
▪ permette di trovare soluzioni smart che consentono ai clienti di monitorare e
controllare meglio i propri consumi, aumentandone l'utilità.
Oltre ai diversi vantaggi che derivano da un business più green e tecnologico, la
digitalizzazione sta favorendo la creazione di nuovi modelli - piattaforme di servizi digitali,
mercati, comunità digitali, apparecchiature energetiche connesse e servizi correlati - che
potrebbero cambiare le regole del gioco, creando nuove opportunità (ma solo se sapute
cogliere).

GREEN DEAL EUROPEO

Il Green Deal Europeo è un ambizioso programma che comprende moltissime azioni


inerenti ogni aspetto della nostra vita e che mira a raggiungere tre obiettivi:
▪ fare dell’Europa, entro il 2050, un continente climaticamente neutro (con zero
emissioni nette di gas serra)
▪ far sì che la crescita economica diventi sostenibile e non incentrata, quindi, sullo
sfruttamento delle risorse
▪ far sì che questo cambiamento avvenga in modo equo, cioè senza creare perdite in
termini di occupazione (ma al contrario creando posti di lavoro) e riducendo la
disuguaglianza sociale nel nostro continente (meccanismo della “giusta
transizione”)

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Si tratta quindi di un progetto ambizioso ma necessario, che coinvolge tutti i settori della
società e che richiede anche uno sforzo da parte dei cittadini, per questo è stato elaborato
un piano d’azione molto preciso e che individua quali sono gli sforzi da mettere in atto per
riuscire in questa transizione verde e fare in modo che nessuno resti indietro:
▪ investire in tecnologie rispettose dell'ambiente
▪ sostenere l'industria nell'innovazione
▪ cambiare la nostra mobilità, rendendo sia il trasporto pubblico che quello privato
più sostenibili
▪ decarbonizzare il settore energetico
▪ diminuire gli sprechi lavorando sull’efficientamento energetico degli edifici
▪ collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali
mondiali
L'UE fornirà inoltre sostegno finanziario e assistenza tecnica per aiutare i soggetti più
colpiti dal passaggio all'economia verde. Si tratta del cosiddetto meccanismo per una
transizione giusta, che contribuirà a mobilitare almeno 100 miliardi di euro per il periodo
2021-2027 nelle regioni interessate dal fenomeno.

REGOLAZIONE E INTERVENTO PUBBLIICO NELL’INNOVAZIONE


Artificial intelligence act: Il 21 aprile 2021 la Commissione Europea ha pubblicato una
proposta di regolamento intitolata “Regolamento del parlamento europeo e del consiglio
che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence Act) e
modifica di alcuni atti legislativi dell’Unione”. L’obiettivo di questa proposta è quello di
garantire che i sistemi di Intelligenza Artificiale (AI) messi in produzione all’interno
dell’Unione Europea tutelino il cittadino e dunque siano sicuri, affidabili e non ledano la
dignità dell’uomo. Il policy making su una tecnologia che evolve così velocemente, però,
rischia di essere insufficiente o troppo stringente rispetto alle esigenze tipiche della ricerca
tecnica. L’AI Act, dunque, viene proposto con l’obbiettivo di non imbrigliare la ricerca e di
non limitare l’imprenditoria, ma vuole dare una direzione identitaria europea rispetto all’uso
della tecnologia e rispetto alle direzioni scientifiche e dell’innovazione in cui il valore della
human dignity viene tutelato e preferito al valore della strategia di crescita a controllo
statale o della pura libertà di impresa. Nello specifico, gli obiettivi dell’Artificial Intelligence
Act sono:

• assicurare che i sistemi di IA immessi sul mercato dell’Unione e utilizzati siano


sicuri e rispettino tutte le normative vigenti in materia di diritti fondamentali e i valori
proposti dall’Unione;
• assicurare la certezza del diritto per stimolare gli investimenti e l’innovazione nell’IA;
• migliorare la governance e l’applicazione effettiva della normativa esistente in
materia di diritti fondamentali e requisiti di sicurezza applicabili ai sistemi di IA;
• facilitare lo sviluppo di un mercato unico per applicazioni di IA lecite, sicure e
af dabili nonché prevenire la frammentazione del mercato.
Ogni anno la Commissione Europea pubblica l’indice DESI (The Digital Economy and
Society Index), un rapporto utile a riassumere gli indicatori sulle prestazioni digitali
dell’Europa e a tracciare i progressi dei paesi dell’Unione. Il rapporto del 2021 mostra
un’Europa che sui temi digitali viaggia a due velocità: da una parte gli stati del nord
Europa, che mostrano performance ottime rispetto a tutte le dimensioni di misura,
dall’altra gli stati dell’Europa dell’est, a cui si sommano Portogallo ed Italia, che invece
mostrano performance pessime in tutte (o quasi) le dimensioni di misura. Nell’ultimo anno
l’Italia ha mostrato un miglioramento importante rispetto all’anno precedente, ma rispetto
alla dimensione del human capital, si classi ca ancora terz’ultima in Europa e addirittura
ultima per quanto riguarda le “advanced skills”. Il risultato dell’analisi proposta suggerisce
dunque che le imprese italiane abbiano urgente bisogno di promuovere azioni di
trasformazione digitale e programmi di innovazione strutturati e che la di usione di
competenze digitali sia di base (digital literacy) che avanzate debba essere una priorità
strategica.

Nel novembre del 2021, il Governo Italiano ha promosso il Programma Strategico


Intelligenza Arti ciale 2022-2024, in cui, concordemente alle esigenze evidenziate
dall’indice DESI, viene programmato uno sforzo di investimento verso la ricerca e la
formazione nell’ambito dell’Intelligenza Arti ciale e vengono promosse attività di
partenariati pubblico-privati al ne di stimolare il trasferimento tecnologico e l’adozione
delle tecnologie avanzate in azienda.

Legge sui servizi digitali (fonte ec.europa.eu) Per la prima volta un insieme comune di
norme sugli obblighi e la responsabilità degli intermediari all'interno del mercato unico
aprirà nuove opportunità per quanto riguarda l'o erta di servizi digitali oltrefrontiera,
garantendo nel contempo un elevato livello di tutela a tutti gli utenti, indipendentemente
dal luogo in cui risiedono nell’UE. Le nuove norme sono proporzionate, promuovono
l'innovazione, la crescita e la competitività e facilitano l'espansione delle piattaforme più
piccole, delle PMI e delle start-up. Le responsabilità degli utenti, delle piattaforme e delle
autorità pubbliche sono riequilibrate in base ai valori europei, ponendo al centro i cittadini.
Le norme

• proteggono meglio i consumatori e i loro diritti fondamentali online


• istituiscono un quadro efficace e chiaro in materia di trasparenza e responsabilità
delle piattaforme online
• promuovono l'innovazione, la crescita e la competitività all'interno del mercato
unico.
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Quali fornitori sono interessati? La legge sui servizi
digitali contiene norme per i servizi di intermediazione
online, che milioni di europei utilizzano
quotidianamente. Gli obblighi dei diversi operatori
online corrispondono al loro ruolo, alle loro dimensioni
e al loro impatto sull'ecosistema digitale. Servizi di
intermediazione che offrono infrastrutture di rete:
fornitori di accesso a Internet, registrar di nomi di
dominio, tra cui:

•Servizi di hosting quali i servizi cloud e di


webhosting, tra cui:
• Piattaforme online che riuniscono venditori e consumatori come mercati online,
app store, piattaforme dell'economia collaborativa e piattaforme dei social media.
• Le piattaforme online di grandi dimensioni comportano rischi particolari per la
diffusione di contenuti illegali e i danni alla società. Sono previste norme specifiche
per le piattaforme che raggiungono più del 10% dei 450 milioni di consumatori
europei.
Tutti gli intermediari online che offrono i loro servizi nel mercato unico, con sede o meno
nell'UE, dovranno rispettare le nuove norme. Le microimprese e le piccole imprese
avranno obblighi proporzionati alla loro capacità e alle loro dimensioni, rimanendo nel
contempo responsabili. Inoltre, anche se dovessero registrare una forte crescita, le
microimprese e le piccole imprese potranno beneficiare di un'esenzione mirata da una
serie di obblighi durante un periodo transitorio di 12 mesi.
La legge sui servizi digitali migliora notevolmente i meccanismi per la rimozione dei
contenuti legali e per l’e cace tutela dei diritti fndamentali degli utenti online, compresa
la libertà di parola. Crea inoltre un maggiore controllo pubblico sulle piattaforme online,
specie per quelle che raggiungono oltre il 10% della popolazione dell’UE

LEGGE SUI MERCATI DIGITALI La legge sui mercati digitali stabilisce una serie di criteri
oggettivi e molto precisi per de nire le piattaforme online di grandi dimensioni che
esercitano una funzione di controllo dell'accesso, vale a dire di "gatekeeper". Ciò le
consente di focalizzarsi sui problemi posti dalle grandi piattaforme sistemiche.

Sono prese in considerazione le imprese che:

• detengono una posizione economica forte, hanno un impatto signi cativo sul
mercato interno e operano in più paesi dell'UE

• occupano una forte posizione di intermediazione, nel senso che collegano un'ampia
base di utenti a un gran numero di imprese

• detengono (o stanno per detenere) una posizione solida e duratura sul mercato, vale
a dire stabile nel tempo. L'impresa deve cioè aver risposto ai due criteri di cui sopra
in ciascuno degli ultimi tre esercizi nanziari.

Quali vantaggi comporta la legge sui mercati digitali?

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•Gli utenti commerciali che dipendono dai gatekeeper per o rire i loro servizi nel
mercato unico potranno operare in un contesto più equo.

• Le imprese innovative e le start-up tecnologiche avranno nuove opportunità per


competere e innovare nell'ambiente delle piattaforme online senza dover rispettare
condizioni inique che ne limitino lo sviluppo.

• I consumatori disporranno di servizi più numerosi e migliori, della possibilità di


cambiare più facilmente fornitore se lo desiderano, di un accesso diretto ai servizi e
di prezzi più equi.

• I gatekeeper manterranno inalterata la possibilità di innovare e o rire nuovi servizi,


ma non saranno autorizzati a ricorrere a pratiche sleali nei confronti degli utenti
commerciali e dei clienti che dipendono da loro per ottenere un vantaggio indebito.

Le nuove norme stabiliscono degli obblighi e dei divieti che queste piattaforme dovranno
rispettare nelle loro attività quotidiane.

REGULATORY SANDBOX (fonte bancaditalia.it)

La sandbox regolamentare è un ambiente controllato dove intermediari vigilati e operatori


del settore FinTech possono testare, per un periodo di tempo limitato, prodotti e
servizi tecnologicamente innovativi nel settore bancario, nanziario e assicurativo. La
sperimentazione avverrà in costante dialogo con le autorità di vigilanza (Banca d'Italia,
CONSOB e IVASS), potendo eventualmente bene ciare di un regime sempli cato
transitorio.

In Italia, il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze 30 aprile 2021, n. 100,
attuativo della delega prevista dal Decreto-Legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. "Decreto
Crescita"), de nisce la "Disciplina del Comitato e della sperimentazione FinTech", cioè la
cosiddetta "sandbox regolamentare" di attività FinTech presso le autorità di vigilanza.

Obiettivi
Attraverso lo strumento della sandbox, si persegue l'obiettivo di sostenere la crescita e
l'evoluzione del mercato italiano grazie all'introduzione di modelli innovativi nel settore
bancario, nanziario e assicurativo garantendo, al contempo, adeguati livelli di tutela
dei consumatori e di concorrenza, preservando la stabilità nanziaria.

Allo stesso tempo, le autorità responsabili per la regolamentazione potranno osservare le


dinamiche dello sviluppo tecnologico e individuare gli interventi normativi più
opportuni ed e caci per agevolare lo sviluppo del FinTech, contenendo già in avvio la
di usione di potenziali nuovi rischi. Tramite la partecipazione alla sandbox, gli operatori
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possono testare prodotti e servizi innovativi in costante dialogo e confronto con le
autorità di vigilanza, anche richiedendo eventuali deroghe normative nella fase di
sperimentazione.

SUPTECH, REGTECH
RegTech e SupTech sono tradizionalmente considerati come segmenti dell’assai più noto
fenomeno denominato FinTech (Financial Technology) che mira ad integrare la tecnologia alla
nanza. Il FinTech ha conosciuto una crescita esponenziale dopo la crisi del 2008 spinta da fattori
come l’avanzamento tecnologico e la costante domanda dei consumatori per servizi più
accessibili in termini di costo e semplicità d’uso. Il FinTech è un fenomeno variegato che
comprende al suo interno imprese con diversi modelli di business e prodotti o erti tra cui
pagamenti, crowdfunding, assicurazioni ed investimenti. I fruitori di questi prodotti sono istituzioni
nanziarie, imprese e soprattutto consumatori che più di ogni altro hanno bene ciato del
cambiamento apportato dalle imprese FinTech.

Cos’è il RegTech Il termine RegTech deriva dall’unione delle parole Regulatory Technology e sta
ad indicare l’uso di soluzioni tecnologiche per l’implementazione di requisiti normativi imposti ad
un soggetto. Secondo la FCA (autorità di regolamentazione nanziaria inglese), il RegTech può
facilitare la compliance alla normativa applicabile in modo più e cace ed e ciente rispetto alle
ordinarie capacità. Questo è reso possibile ricorrendo ai cosiddetti Big Data, insieme all’uso di
applicazioni di apprendimento automatico (Machine Learning) ed intelligenza arti ciale (AI) per
l’automazione di speci ci compiti. I bene ci apportati alle banche sono molteplici e non limitati ad
un’ottica di risparmio di spesa. Il RegTech può essere usato anche come strategia di acquisizione
e mantenimento della clientela. Un esempio signi cativo è dato dalle attività di veri ca della
clientela (KYC e AML) che, se automatizzate, consentirebbero una velocizzazione del processo di
onboarding dei clienti. Altro esempio è legato alla protezione della privacy e rispetto del GDPR. La
necessità delle banche di acquisire una moltitudine di dati sensibili dai propri clienti le rende
particolarmente soggette allo scrutinio delle autorità garanti della privacy e alla cattiva pubblicità
dovuta ad eventuali infrazioni. Ne è una dimostrazione il provvedimento sanzionatorio adottato dal
Garante per la protezione dei dati personali nei confronti di UniCredit S.p.A. del 10 giugno del
2020. Il SupTech o Supervisory Technology viene spesso ricompreso all’interno del RegTech, pur
dovendosi riconoscere una sua autonomia in ragione dei diversi obiettivi che si intendono
perseguire con questo strumento. Per SupTech si intende l’uso da parte delle autorità nanziarie
di strumenti avanzati di raccolta e analisi di dati, consentiti da tecnologie innovative” Lo sviluppo
in-house di applicazioni SupTech o la stretta collaborazione con imprese esterne per l’adozione di
tali applicativi ha come scopo quello di migliorare l’e cienza e l’e cacia dell’attività di vigilanza.
L’uso della tecnologia da parte delle autorità di vigilanza non è una novità. Le spinte per una
maggiore integrazione del SupTech per la supervisione degli operatori del mercato bancario e
nanziario sono però rese sempre più necessarie da un aumento della regolamentazione, dalle
nuove s de poste dal FinTech e dall’insu cienza delle risorse destinate alla supervisione. La
contestuale presenza di questi elementi di complessità rende più di cile garantire un’elevata
e cienza mediante l’uso delle tecniche tradizionali proprio per la mole di informazioni ricevute dai
soggetti controllati.Per questo motivo anche le autorità di vigilanza stanno adottando nuove
tecniche basate sull’utilizzo Machine Learning ed AI. L’intento è quello di aumentare l’uso degli
applicativi SupTech per ridurre il lavoro condotto manualmente (con l’impiego per compiti via via
più complessi), ed il reimpiego del personale in ambiti più sensibili. Questo processo di riforma sta
interessando anche il nostro paese con la Banca d’Italia che ha già avviato la sperimentazione di
strumenti SupTech per l’attività di vigilanza. Il cambiamento in atto permetterà alle autorità
preposte alla regolamentazione e supervisione di non rincorrere l’avanzamento tecnologico, bensì
correre di pari passo con questo.
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