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Capitolo 11

IL SISTEMA DISTRIBUTIVO
La rete distributiva al dettaglio la si può suddividere tra:
● Piccolo dettaglio indipendente​, di tipo tradizionale, in genere specializzato.
● Dettaglio organizzato​, al quale fanno capo le seguenti forme:
❏ Le ​grandi aziende a base capitalistica​, con catene di magazzini di vendita al pubblico
(supermercati, ipermercati, ...)
❏ il ​commercio associato​, nelle tipiche forme di unioni volontarie (promosse dai
grossisti) e di gruppi di acquisto tra dettaglianti.
❏ le ​cooperative di consumo​ ( Coop)
❏ le ​forme speciali​ quali ad esempio il venditore ambulante.
Altre forme particolari sono quelle al dettaglio ​Non Store​ quelle cioè che non prevedono un luogo
fisico e fisso di distribuzione (vendita porta a porta, teleshopping, vendite online).

Un'altra classificazione è quella basata sulla sola dimensione, ovvero sulla superficie di vendita:
● piccolo dettaglio; ● grande dettaglio; ● grandi imprese.

Ciò che ha caratterizzato nel recente passato l'aspetto del sistema distributivo italiano è stata la
preminenza in termini numerici fiera di quota di mercato delle unità del piccolo dettaglio tradizionale a
base familiare; nei conseguito una brillante introduzione delle moderne tecniche di vendita e in
generale dell'Innovazione in modo più marcato del Mezzogiorno.
L'innovazione del commercio ha avuto peso negli ultimi anni con l'introduzione degli scanner nei punti
di vendita, i sistemi computerizzati di gestione delle scorte, i sistemi per il trasferimento elettronico dei
fondi e dei dati, il commercio via internet.
I sistemi elettronici di pagamento consentono di ottenere informazioni preziose, quali quelle di risalire
al singolo acquirente per definirne sesso, residenza, professione e congiungerli con le abitudini di
acquisto.Informazioni che consentono di costruire un ​datawarehouse​ di grandi proporzioni che
permette azioni di marketing mirate.
Negli ultimi anni è in crescita il numero di consumatori che scelgono di fare la spesa via web, per
questione di comodità e di prezzo. Tuttavia un consumatore che acquista da casa è soggetto a minori
tentazioni rispetto ad un cliente che si aggira tra gli scaffali di un negozio. Pertanto i distributori fisici
devono puntare maggiormente sono le promozioni, dalle indagini di mercato emerge che è più
efficace soprattutto la scontistica di un prodotto più che promozioni del tipo 3x2 o 2x1
Tuttavia è dimostrato che maggiori introiti non sono direttamente proporzionali alla portata degli
sconti, nel settore alimentare sconti superiori al 20% 30% non generano incrementi di vendita, questo
perché il bombardamento di promozioni può produrre ​assuefazione nei clienti.

Il settore alimentare sta subendo una tendenziale contrazione dei punti vendita.
Il fenomeno è collegabile da un lato alla più massiccia concorrenza esercitata dalla grande
distribuzione ed all'altro con la struttura produttiva in cui prevale la dimensione medio-piccola.
In passato sono state poste barriere all'entrata per impedire l'accesso il modo discriminato delle
grandi strutture: questo si è ripercosso negativamente in primo luogo sul consumatore impedendo la
riduzione del prezzo, in secondo luogo sulle stesse PMI commerciali poiché la regolamentazione
introdotto dalla legge n. 426/1971 restata in vigore per più di 25 anni è risultata restrittiva nei confronti
delle nuove forme distributive.
Le resistenze dei commercianti tradizionali si sono tramutate in interventi dei pubblici poteri in termini
di restrizione all'ingresso di come forme distributive, si è affermato che l'elevato numero di operatori
commerciali garantiva la libera concorrenza.
In Italia la quota di Ipermercati è minore rispetto ai principali paesi europei, i supermercati sono
allineati alla media europea, i negozietti tradizionali sono nettamente superiori ad essa.
Non va trascurato che la concorrenza si istituisce non solo tra gli esercenti appartenenti alla stessa
forma distributiva, ma anche tra le varie forme.
Da questo punto di vista un elemento molto importante da considerare è l'​assortimento​: Infatti
l'ampliarsi della gamma di prodotti offerti incentiva il consumatore, attratto dei vantaggi ottenibili in
termini di tempi e di scelta.

Secondo una teoria americana detta Wheel of Retailing (Ruota del Dettaglio), molte forme nuove di vendita entrano nel 
mercato introducendo bassi livelli di prezzo. Una volta conquistata una fetta di mercato, per non esporsi ad una guerra di 
prezzi, opterebbero per una situazione di tipo oligopolistico aumentando così i servizi offerti ma anche i prezzi​.

In alcuni paesi si stanno promuovendo sistemi per frenare la diffusione di imprese di grande dettaglio
e negli stessi sono stati definiti illegale la vendita sottocosto ( quelle con prezzi al consumo inferiori al
costo d'acquisto) perché lesivi per la concorrenza.
In Italia, la linea ministeriale in accordo con l’AGCM ( autorità antitrust) mira a sanzionare gli abusi sia
sul piano amministrativo che sul piano del risarcimento dei danni per la concorrenza sleale.
Il provvedimento però è stato contestato perché tutelerebbe più gli interessi dei concorrenti che quelle
dei consumatori. In alternativa alle vendite sottocosto sono state introdotte le carte fedeltà che offrono
sconti legati al valore cumulato degli acquisti.
Le aziende del grande dettaglio hanno attraversato da noi periodi di crisi imputabili sia ad errori di
conduzione, sia a congiunture economiche negative che a condizionamenti di ordine
politico-sindacale.
Non si vuole sostenere che un sistema distributivo più razionale deve essere basato solo sulle grandi
dimensioni delle imprese commerciali (la prossimità dell'abitazione del cliente sono tutt'ora
prerogativa insostituibile del piccolo dettaglio), ma semplicemente che l'indirizzo più razionale appare
quello che non privilegi una forma a discapito dell'altra, bensì che si tende a creare un'organizzazione
mista, in modo da assicurare i massimi benefici sia dal punto di vista dei consumatori, che delle
singole imprese: Convivenza Pacifica.
Dopo periodi di crisi è stato favorito l'ingresso delle grandi catene straniere, che hanno una
dimensione ed una efficienza superiore alle nostre. L'introduzione dell'euro ha facilitato ulteriormente
tale processo.
Per rendere più equilibrato il nostro sistema distributivo, l’intervento pubblico è stato indirizzato a
favorire un processo di liberazione, cancellando una serie di barriere all'entrata per le imprese della
distribuzione moderna, il decreto legge n.114 del 31/03/98 enuncia le finalità di:
● Trasparenza del mercato;
● Tutela del consumatore;
● Efficienza, modernizzazione e sviluppo della rete distributiva;
● Pluralismo ed equilibrio tra le diverse forme di vendita;
● Valorizzazione del servizio commerciale.

L'associazionismo in Italia non è molto sviluppato. Una spinta in questo senso può ottenersi
garantendo ai commercianti che si associano, un diritto di preferenza. Attraverso i ​gruppi di acquisto
le piccole imprese possono mantenere i vantaggi delle proprie dimensioni, che garantiscono
flessibilità e autonomia, ma dall'altro godere di un maggior peso nei confronti dei fornitori e delle
autorità pubbliche.
Anche ricorso al ​franchising​ si conferma tra le leve più importanti per il rilancio della competitività del
sistema Italia, in particolare per quanto concerne la razionalizzazione e la modernizzazione dei
sistemi distributivi.
Il miglioramento dell'efficienza si può tenere concentrando il numero di unità distributive che si
presentano con dimensioni più ampie e modernamente attrezzate: le cosiddette ​centrali d’acquisto​.
Tali concentrazioni hanno destato l'attenzione delle autorità antitrust.
L’ultimo intervento del legislatore sulla ristrutturazione dell’apparato distributivo, avviene con la legge
248 del 2006, abolendo le distanze obbligatorie, le quote di mercato, le autorizzazioni preventive, i
divieti per il consumo libero dei prodotti presso l’esercizio di vicinato.

CANALI DI DISTRIBUZIONE
L’affermazione delle grandi imprese produttrici con una propria marca ha sviluppato la gestione diretta
​ ANALI DI DISTRIBUZIONE​, ciò è possibile solo in quando la dimensione è adeguata e le
dei C
condizioni di mercato sono stabili. Altrimenti è necessario che l’impresa si appoggi alla logistica
sviluppata da altre imprese specializzate.
Oltre ai vincoli ed ai condizionamenti che l’impresa subisce sul piano orizzontale, dai concorrenti
esistenti nel medesimo stadio di produzione, esistono sul piano verticale, situazioni di conflittualità
che si possono ricondurre a:
- costituzione delle scorte e formazione degli assortimenti
- concorrenza nel canale distributivo
- concorrenza tra diversi canali distributivi.
L’importanza della migliore gestione dei canali di distribuzione, è tale che nelle aziende di
medio-grande dimensione si è diffusa la funzione del ​responsabile dei canali​, con il compito di
pianificare, coordinare e valutare le relazioni in tale area, agendo sulla regolazione dei flussi fisici
delle merci. Si devono instaurare, relazioni di medio lungo termine che valorizzino la professionalità di
ciascun elemento del canale.
Gli alti costi di vendita, il crescere degli oneri di gestione delle scorte, l’intensificata concorrenza, gli
elevati livelli di servizio della clientela, implicano un diverso rapporto del produttore con il distributore,
con l’impiego di tecniche di marketing rivolte anche al trade.
La politica della marca (Brand Loyalty), l’impiego dello strumento pubblicitario facilitato dalla diffusione
dei mass-media, la crescita delle aziende al dettaglio sono alcuni cambiamenti intervenuti nella
distribuzione creando nuovi meccanismi concorrenziali. Tale evoluzione sta producendo un
bilanciamento a scapito dei produttori con l’affermarsi della marca commerciale (Brand Loyalty) per i
beni a largo consumo. Le formi più comuni sono costituite dalle ​marche di fantasia​, che riguardano in
genere prodotti a basso prezzo, e della ​marca insegna​ che identifica il prodotto con il nome dello
stesso dell’impresa. Tutte le marche devono ricercare promozioni che favoriscano lo smercio di
prodotti a più lento rigiro, specie per i beni non di largo consumo.
Gli studi sul comportamento del consumatore hanno rilevato che i fattori che i
fattori che determinano le scelte d’acquisto non solo relative al tipo di
prodotto o alla marca.Non raramente accade che la scelta del punto vendita
preceda quella riguardante il prodotto, condizionando significativamente il
processo decisionale del bene.
Devono affrontare problemi di comunicazione e identificazione attraverso la creazione di propri punti
vendita arredati in modo da rappresentare l'immagine della casa produttrice: ​concept store.

I principali intermediari della distribuzione sono i seguenti:


● Il ​grossista​:​ U
​ n'impresa commerciale (c.d. distributore) che acquisendo la proprietà di bene
che poi rivende, si assume anche l’onere di gestire i vari servizi (tra cui la gestione delle
scorte nei magazzini). Anello di congiunzione tra produzione e distribuzione al dettaglio.
Nella realtà odierna si può rilevare come l'ingrosso abbia perso una parte consistente della
sua posizione nel sistema distributivo, pur mantenendo un ruolo di rilievo in alcuni settori più
polverizzati in funzione di una maggiore efficienza.
● Il ​grande dettaglio:​ è rappresentato dai super ed ipermercati che hanno visto un incremento
consistente nell'ultimo decennio nei paesi industrializzati.
Questa innovazione ha influito sul potere contrattuale dell'impresa industriale che si trova a
contrattare con 1,2, massimo 3 buyer che però rappresentano la quasi totalità delle imprese
commerciali che consentono uno sbocco sul mercato e quindi la negoziazione ha per oggetto
volume di prodotti elevatissimi.
L'impresa dovrà concedere sconti e condizioni di pagamento vantaggiose a causa della
grande forza contrattuale di questi intermediari.
● Il ​piccolo dettaglio​ rappresentava il tessuto connettivo del commercio in Italia fino al
momento in cui è stata introdotta la riforma del commercio.
Oggi questa categoria è in calo, a causa della concorrenza delle GDO (Grande Distribuzione
Organizzata). Le imprese del piccolo dettaglio detengono una minore varietà di prodotti al
proprio interno, a prezzi più elevati rispetto alle imprese commerciali di grande dimensione.
Possono mantenere una ridotta quantità di beni in scorta trovandosi di frequente in una
situazione di stockout. In linea generale tanto più piccoli sono i negozi al dettaglio tanto minori
sono le risorse da questi possedute.

Il canale di distribuzione rappresenta il percorso giuridico che il prodotto compie per essere trasferito
dall'impresa industriale produttrice al cliente finale.
Le tipologie di canale distributivo ​sono:
❖ Canale lungo,​ prevede l'inserimento dell’ingrosso tra produzione e il dettaglio:
➔ i benefici economici sono rappresentati dai minori costi di vendita e trasporto;
➔ gli svantaggi consistono nella scarsa possibilità di influire sulle modalità di
collocamento del prodotto nel mercato, e l'impossibilità di controllare il prezzo di
vendita.
È tipico dei settori dell'ottica, cancelleria, alimentare, abbigliamento, tecnologia.
❖ Canale corto​, prevede l'inserimento solo del dettaglio:
➔ attraverso questo canale impresa di produzione può ottenere maggiori informazioni
sul mercato, in quanto intrattiene un rapporto diretto con il dettagliate;
➔ ha lo svantaggio di doversi fare carico della gestione delle scorte e di tutte le
incombenze derivanti dalla transazione con dettaglianti.
È un canale praticato prevalentemente nei settori dell'alta moda, Automotive, gioielleria e
cosmesi
❖ Canale diretto, tra produttore e consumatore:
➔ in questo caso il produttore prende il contatto direttamente con il compratore finale
con una propria rete di distribuzione
➔ si tratta della soluzione più costosa per l'impresa industriale e viene impiegata
soprattutto per la distribuzione dei beni e prodotti che necessitano di una consistente
assistenza post-vendita
È praticato delle aziende porta a porta, televendite, e-commerce.

Accanto alla figura storica del buyer, si è imposta negli anni più recenti, quelle del ​category
management ​al fine di differenziare i ruoli assegnati nei punti di vendita alle categorie merceologiche.
Per CM si intende un processo integrato tra distributore/ forniture inteso alla gestione delle categorie
come unità di business strategiche per produrre migliori risultati attraverso la focalizzazione sul valore
trasferito al consumatore.
Il CM indica modifiche sul piano organizzativo del marketing ed informatico.
Il CM una pianificazione aziendale composta da una missione, meta-obiettivi, piano strategico (vs
clienti) e piano operativo ( commerciale, economico, finanziario) e da una pianificazione commerciale
con un piano di marketing per reparto e un piano per categoria.
 
La gestione delle categorie è un concetto di vendita al dettaglio e di acquisto in cui la 
gamma di prodotti acquistati da un'organizzazione aziendale o venduti da un rivenditore è 
suddivisa in gruppi discreti di prodotti simili o correlati; questi gruppi sono noti come 
categorie di prodotti. 
Il progressivo sviluppo della produzione organizzata da un lato semplifica le problematiche relative
alla riduzione del numero degli allacci necessari tra luoghi di produzione e punti vendita, dall'altra ne
genera altre per il maggiore assortimento offerto.
Il ricorso al commercio elettronico e al factory outlet, ossia a strutture in cui i produttori vendono
direttamente con forti sconti ai consumatori, rimanenze di prodotti obsoleti o con lievi difetti,
costituiscono strumenti di presenza diretta dell’industria nel tentativo di ridurre i condizionamenti posti
dalla distribuzione.
 
Anche l'Italia dopo gli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, è stato lanciato nel 1993 il progetto ECR (Efficient Consumer 
Response) finalizzato a una razionalizzazione della supply-chain, per i prodotti di consumo confezionati attraverso una 
migliore integrazione del flusso informativo e fisico tra produttori e distributori. Ciò ha determinato una riduzione dei costi 
con ricadute positive sul livello di servizio al cliente. 
È possibile fotografare il codice a barre di un prodotto e conoscerne tutte le informazioni, per esempio sull'impatto 
ambientale, guide per l’uso, descrizione della filiera locale. 

Al fine di prevenire l’immissione sul mercato di alimenti a rischio, l’UE ha disposto alcune regole per la
gestione dei flussi di prodotti alimentari confezionati lungo la filiera industria-distribuzione.
L’organismo che gestisce lo sviluppo dei codici a barre in Italia ha posto in essere il ​CONTINGENCY
PLAN​, un piano che definisce la strategia per una puntuale individuazione e ritiro dal mercato di
prodotti non conformi e alimenti rischiosi per la salute.
Alle imprese viene raccomandato di applicare i criteri di rintracciabilità, in alcuni casi anche ai singoli
prodotti: l’obiettivo è arrivare ad una gestione su base elettronica.
Si sta dunque sviluppando l’utilizzo delle etichette intelligenti a radio frequenza.
L’utilizzo dell’​RFID​, le cosiddette ​etichette intelligenti (di silicio) dotate di microchip con una piccola
memoria, resistenti e riutilizzabili​, ha da tempo riscontrato enorme diffusione e successo nel settore
automobilistico, ora si sta sviluppando nell’alimentare.
Tale tecnologia si fonda sui ​tag transponder, m ​ icroprocessori senza batteria:
In presenza di un campo elettromagnetico emettono un segnale contenente i dati memorizzati nella
memoria a un ricevitore, che è in grado di leggerne ed interpretare il contenuto, rielaborandolo e
salvandolo in un database.
(Questa tecnologia veniva utilizzata dall'aeronautica militare inglese nel corso della seconda guerra
mondiale per distinguere gli aerei nemici da quelli alleati)

Possibilità di seguire Distanza massima di Possibilità di leggere Necessità di disimballare


singoli prodotti lettura etichette contemporaneamente gli oggetti impacchettati
più etichette

RFID SI 2 metri SI No

Codice a Solo una categoria di Pochi centimetri NO SI


Barre prodotti

I vantaggi dell’RFID sono numerosi, tuttavia rappresenta ancora


un mercato di nicchia, la sua estensione è frenata dalle
problematiche legate alla riservatezza dei dati personali.  

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