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Il Mulino - Rivisteweb

Anna Argentati
Le banche nel nuovo scenario competitivo. Fin-
Tech, il paradigma Open banking e la minaccia delle
big tech companies
(doi: 10.1434/93172)

Mercato Concorrenza Regole (ISSN 1590-5128)


Fascicolo 3, dicembre 2018

Ente di afferenza:
Università degli studi di Messina (unimessina)

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temi 441

Le banche nel nuovo


scenario competitivo
FinTech, il paradigma dell’Open banking
e la minaccia delle big tech companies
di Anna Argentati

Sommario: L’articolo analizza i profondi mutamenti che sta subendo lo scenario com-
petitivo in cui operano le banche per effetto dell’innovazione digitale e si chiede se tali
sviluppi unitamente a talune scelte del legislatore europeo non possano tramutarsi da
fattori generali di opportunità e sviluppo a fattori critici per la tenuta stessa del sistema.
Il riferimento è, in particolare, a FinTech, al paradigma dell’Open Banking accolto dalla
nuova direttiva sui servizi di pagamento e all’ingresso nel settore delle big tech compa-
nies, destinate a divenire i nuovi, più temibili concorrenti delle banche. Dopo aver ap-
profondito le questioni aperte e i profili di possibile rilevanza antitrust delle dinamiche in
atto, lo scritto si sofferma anche su alcune implicazioni di sistema derivanti dall’ingresso
dei giganti della tecnologia nel settore bancario-finanziario e afferma la necessità di ap-
prontare delle risposte adeguate sul piano del diritto antitrust, ma soprattutto legislativo
per evitare che gli effetti potenzialmente nocivi di simili processi espansivi si radichino
nel sistema economico senza che sia più possibile in futuro porvi rimedio.

1. Banche ed innovazione digitale


Se si volesse individuare un terreno capace di rappresentare esemplar-
mente le potenzialità «disruptive» della rivoluzione digitale, potrebbe farsi rife-
rimento al settore bancario. Qui si è passati, infatti, da uno scenario competi-
tivo in cui per lungo tempo i controlli all’accesso hanno mitigato il rischio di
una concorrenza selvaggia e quelli sulle acquisizioni e fusioni hanno guidato
l’evoluzione strutturale del settore ad un assetto in cui si va profilando un
quadro di competizione estrema dove ad essere messa in discussione è la
sopravvivenza stessa delle banche: insidiate, da un lato, dalla frantumazione

Le opinioni espresse sono personali e non impegnano in alcun modo l’Istituzione di appar-
tenenza.

Mercato concorrenza regole / a. XX, n. 3, dicembre 2018


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della catena tradizionale del valore, dall’altro, dall’affacciarsi sul mercato di


nuovi competitors che mutano rapporti di forza e relazioni competitive.
La portata del fenomeno è tale che sia le Istituzioni nazionali e interna-
zionali1 sia gli studiosi2 hanno iniziato ad approfondirne gli effetti. La ragione
è presto detta. Tradizionalmente si è abituati a guardare con favore agli effetti
disruptive dell’innovazione tecnologica per il carico di opportunità e nuovi
stimoli che portano con sé. Nello stesso settore bancario, tale innovazione,
che certo non è una novità, è stata all’origine di importanti sviluppi nei de-
cenni scorsi.
Purtuttavia, una riflessione specifica si impone in quanto, da un lato, ci
troviamo di fronte a una rivoluzione di portata epocale che impatta sui modelli
di business degli intermediari bancari, esponendoli al rischio di venire messi
fuori gioco dai new comers; dall’altro, detti intermediari non sono imprese
qualsiasi poiché da essi dipende in misura cospicua lo sviluppo economico
(cui contribuiscono canalizzando il risparmio privato verso impieghi produt-
tivi) e la stabilità del sistema nel suo complesso, sicché diviene inevitabile
chiedersi se la promozione esasperata e ad ogni costo del mercato da parte
del legislatore europeo insieme agli sviluppi applicativi che vanno emergendo
per effetto della rivoluzione digitale non possano tramutarsi da fattori generali
di opportunità e sviluppo in fattori critici per la tenuta stessa del sistema3.
Un interrogativo che si fa ancora più denso di fronte all’ingresso nel set-
tore delle big tech companies, destinate a divenire i nuovi e più temibili con-
correnti delle banche, alle quali sono in grado di contrapporsi con un marchio
potente, milioni di utenti, operatività e relazioni su scala globale, tecnologia e
risorse (quasi) illimitate. Ci troviamo qui di fronte al più classico dei processi
di distruzione creatrice oppure il fenomeno si presta, come un’astronave che
sovrasta con la sua ombra scura il settore, a travolgerlo senza che dalle sue
ceneri possa rinascere qualcosa di buono?
Sullo sfondo un dilemma cruciale per gli ordinamenti giuridici, chiamati
come mai prima a confrontarsi con il tema della concentrazione di un po-

1
 Cfr. European Banking Authority, Report on the Impact of FinTech on Credit Institution’s
Business Models ( July 2018); European Commission, FinTech Action Plan (March 2018), European
Central Bank, Guide to Assessments of FinTech Credit Institutions Licence Applications (March
2018); European Banking Autority, FinTech Roadmap (March 2018); Financial Stability Board, Fin-
Tech Credit. Market Structure, Business Model and Financial Stability Implications (May 2017);
European Banking Authority, Discussion Paper on Its Approach to Financial Technology (2017);
European Securities Market Authority, Response to the Commission Consultation Paper on Fin-
Tech: A More Competitive and Innovative Financial Sector, 2017.
2
  Sul tema v. R. Lener (a cura di), FinTech: diritto, tecnologia e finanza, Roma, 2018 e M.T.
Paracampo (a cura di), FinTech. Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico
dei servizi finanziari, Torino, 2017.
3
  Questo interrogativo si pone anche E. Bani, Le piattaforme di peer to peer lending (in M.T.
Paracampo (a cura di), Introduzione, cit., p. 177), la quale si chiede «se le imprese FinTech si limi-
tino a migliorare il sistema bancario e finanziario utilizzando le nuove tecnologie per renderlo più
efficiente o non stanno iniziando a scardinarlo e in quest’ultimo caso (...) sia un bene o un male».
Le banche nel nuovo scenario competitivo 443

tere economico così pervasivo4 e con la necessità di immaginare risposte


e approcci nuovi per evitare ai pubblici poteri di dover sempre inseguire,
come Achille l’inafferrabile tartaruga5, un potere privato sciolto ormai da ogni
vincolo6.
Scopo del presente lavoro è indagare le dinamiche che più di recente
hanno investito il settore, nella consapevolezza che la riflessione è solo all’ini-
zio, il dibattito è quanto mai aperto e non vi sono ad oggi certezze acquisite.
In quest’ottica, dopo aver delineato la cornice entro cui si muovono oggi
le banche e di cui innovazione normativa e processo di consolidamento
costituiscono le determinanti principali, si esamineranno i fattori evolutivi
che stanno rapidamente mutando il quadro competitivo: dapprima si ri-
chiamerà nei suoi tratti essenziali il fenomeno FinTech, che di quei fattori è
quello dal potenziale più dirompente; successivamente ci si soffermerà sul
paradigma dell’Open Banking che, accolto dalla nuova direttiva sui servizi
di pagamento (c.d. Psd2)7, costituisce la punta normativamente più avanzata
del processo di un-bundling in atto nel settore; si affronterà poi il tema
delle nuove sfide provenienti dai giganti della tecnologia. Infine, si analiz-
zeranno i profili di possibile rilevanza antitrust delle nuove dinamiche. Sarà
così possibile svolgere alcune considerazioni sui nuovi fermenti competitivi
che animano il settore e sulle incognite che il futuro riserva alle banche (e
non solo).

2. L’ambivalenza del quadro attuale tra innovazione normativa


e processo di consolidamento
Prima di affrontare direttamente la questione tecnologica, le sue impli-
cazioni nel settore bancario e la «guerra dei due mondi» che in prospettiva
si presta a scatenare, è utile richiamare alcuni fattori, tra quelli più rilevanti,
che hanno contribuito a definire l’assetto competitivo attuale del sistema. Si
fa riferimento, in particolare, all’innovazione normativa e al consolidamento
del settore.
Sotto il primo profilo, è noto che il settore bancario vedeva già una plu-
ralità di tipologie di soggetti operanti nell’esercizio del credito: si pensi, oltre
alle banche tradizionali, ai confidi, agli intermediari speciali, alle società di
intermediazione immobiliare, ecc.

4
  Sul tema, è d’obbligo il rinvio a G. Amato, Il potere e l’Antitrust. Il dilemma della democra-
zia liberale nella storia del mercato, Bologna, 1998.
5
  La metafora è ripresa da V.Z. Zencovich, G. Giannone Codiglione, Ten Legal Perspectives
on the Big Data Revolution, in F. Di Porto (a cura di), Big Data e concorrenza, in «Concorrenza
e mercato», 2016, pp. 40-41.
6
  S. Cassese, Oltre lo Stato, Bari, 2006.
7
  Direttiva (Ue) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015
relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE,
2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE.
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Questo processo di pluralizzazione soggettiva del settore, già delineatosi


negli anni scorsi, si è di recente ulteriormente accentuato per effetto dell’in-
novazione normativa. Nuove possibilità di azione sono state ammesse, infatti,
sotto la spinta del diritto europeo dal legislatore, che ha aperto la porta
all’emersione di nuovi organismi finanziari e figure intermediatrici che si col-
locano al di fuori del tradizionale ambito bancario e che, purtuttavia, sono in
grado di soddisfare le variegate esigenze sottese ai processi finanziari: il rife-
rimento è, in particolare, alla concessione di credito da parte delle imprese di
assicurazione8, ad alcune particolari tipologie di fondi di investimento9 come
pure ai moduli alternativi di gestione collettiva del risparmio10.
Nel complesso, si tratta di figure soggettive variegate con riferimento alle
quali è possibile parlare di svolgimento di una funzione intermediatrice che,
se non arriva a sostituire quella finora svolta dagli enti creditizi, certamente
ad essa si affianca e, in taluni casi, si sovrappone, erodendone spazi e quote
di mercato. In questo senso, concorrono a rendere più articolata la fisionomia
del settore finanziario, con riflessi diretti sulla dinamica competitiva11.
Ma i cambiamenti normativi non hanno risparmiato neppure uno dei
settori considerati più propri delle banche, ovvero quello dei servizi di
pagamento.

8
  V. il decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014 (c.d. Decreto competitività), convertito dalla
legge 11 agosto 2014, n. 116, che ha apportato modifiche alle disposizioni del Codice delle Assi-
curazioni Private ed ha previsto, in materia di investimenti delle imprese di assicurazione l’attività
di concessione di credito da parte di queste ultime a favore di soggetti diversi da persone fisiche
e microimprese.
9
 Cfr., ad es., la modifica recata dall’art. 17 (Disposizioni in materia di gestione collettiva
del risparmio per favorire il credito alle imprese) della legge n. 49/2016 (di conversione del d.l.
n. 18/2016 recante «Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo»)
al disposto dell’art. 1, co. 1, lett. k) del Testo Unico della Finanza, che ha introdotto, tra l’altro,
nella definizione dell’Organismo di investimento collettivo del risparmio (Oicr) la specificazione
secondo cui il patrimonio degli Oicr, raccolto tra una pluralità di investitori, «è investito in stru-
menti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi dai consumatori», il che
segna «una chiara apertura del nostro legislatore verso il riconoscimento degli interventi finan-
ziari attuati dai Fondi di investimento alternativi (Fia) a favore del settore imprenditoriale»: così
F. Capriglione, Nuova finanza e sistema italiano, Milano, 2017, p. 16, il quale rileva altresì che lo
stesso «inserimento nella parte II, titolo III, del Tuf (d. lgs. 58/1998 e successive modificazioni) di
un nuovo capo dedicato agli Oicr di credito, è al riguardo, indicativa».
10
  Deve aggiungersi anche l’attività posta in essere da talune società di investimento che si
affiancano agli intermediari finanziari, quali le Sicav (società di investimento a capitale variabile) e
le Sicaf (società di investimento a capitale fisso) che, introdotte nell’ordinamento, rispettivamente,
con il d.lgs. n. 84/1992 e con il d. lgs. n. 44/2014, presentano prerogative e caratteristiche tali che,
in una fase di rilevante incertezza dei mercati quale quella attuale, fanno guardare ad esse con
rinnovato interesse. V., in tema, ancora F. Capriglione, cit.
11
  Un sistema finanziario più articolato viene, peraltro, generalmente ritenuto necessario per
sostenere la crescita e per rendere più efficiente l’allocazione delle risorse. Cfr. I. Visco, Intervento
al 25o Congresso Assiom Forex, Roma, 2 febbraio 2019 secondo il quale «Le esigenze finanziarie
delle imprese innovative e attive a livello internazionale non possono essere soddisfatte solo dalle
banche (...). Occorre proseguire nelle politiche di sostegno allo sviluppo delle fonti non bancarie
di finanziamento delle imprese. Le banche possono accompagnare e trarre beneficio da questi
sviluppi ampliando e innovando la gamma dei servizi offerti».
Le banche nel nuovo scenario competitivo 445

Già insidiato dall’affermarsi sul mercato di nuovi soggetti quali gli istituti
di moneta elettronica e gli istituti di pagamento, il primato delle banche è
stato ulteriormente indebolito dallo scardinamento dell’esclusività del rap-
porto banca-cliente. Il riferimento è alla direttiva c.d. Psd2 che, con l’obiettivo
di incrementare la competizione nel settore dei pagamenti in Europa, ha
aperto alla condivisione dei dati del cliente tra i diversi attori dell’ecosistema
bancario, obbligando le banche a darvi accesso (previa autorizzazione del
cliente) e spezzando così il monopolio da esse tradizionalmente detenuto.
L’altro elemento che ha concorso fin qui a definire la struttura del mer-
cato e i rapporti competitivi nel settore è il processo di consolidamento che,
in parte si è realizzato con la creazione del mercato unico europeo, in parte
consegue alle operazioni di concentrazioni realizzate per superare le crisi di
singoli intermediari emerse durante le turbolenze finanziarie degli anni scorsi,
in parte promette di riprendere slancio nel prossimo futuro per due diversi
fattori: il primo è il riassorbimento di un eccesso di capacità produttiva del
settore (in particolare, la presenza sul territorio di sportelli e filiali) anche alla
luce dell’evoluzione tecnologica; il secondo è la ricerca di maggiore efficienza
per ridurre i costi e meglio remunerare il capitale richiesto in misura rilevante
dalle autorità di settore europee12.
Tale processo di consolidamento è peraltro accompagnato dalla «benevo-
lenza» o, meglio, dall’impulso dell’autorità di vigilanza europea che, anche di
recente, ha pubblicamente richiamato l’esigenza di aumentare la dimensione
media degli intermediari e di andare avanti nel processo13, ricordando, in
particolare, l’eccesso di capacità produttiva che grava sul comparto e i bassi
rendimenti degli istituti.
Una spinta al consolidamento è venuta, infine, dalla riforma delle banche
popolari14 che, imponendo la trasformazione della capogruppo in società
per azioni, ha favorito le potenzialità del settore sia in termini di maggiore
facilità di patrimonializzazione che di possibili aggregazioni, nonché dalla
riforma delle banche di credito cooperativo che ha promesso di sostituire
ad una pluralità di banche autonome, ancorché strettamente federate negli
organismi associativi di categoria, pochi gruppi societari che dovrebbero tut-

12
  Si fa riferimento tanto alla vigilanza Bce con riguardo ai requisiti prudenziali quanto al
neonato Srb – Single Resolution Board per quanto concerne il requisito di passività che le banche
devono tenere per coprire i costi di eventuali crisi future (Mrel – minimum requirement for own
funds and eligible liabilities).
13
 Così A. Enria (v. articolo su Mf Ci sono troppe banche. Ora la liquidità costerà di più, 8
marzo 2019), secondo cui «nonostante i progressi compiuti, il settore bancario europeo è ancora
frammentato, perché il processo di ristrutturazione ha avuto luogo lungo le linee nazionali», ed
ancora «Il consolidamento è stato troppo limitato e, in effetti, è stato quasi esclusivamente do-
mestico». In senso analogo, I. Angeloni, intervento alla quinta Conferenza sull’Unione Bancaria
Goethe University, Francoforte, 22 novembre 2018 e D. Nouy, intervista apparsa su Mf 28 settem-
bre 2017 Nouy ai bancheri: servono più fusioni nel settore.
14
  Decreto-legge n. 3/2015, convertito dalla legge n. 33/2015.
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tavia mantenere i tratti essenziali della cooperazione (mutualità, localismo,


solidarietà) come indicato dal dettato normativo15.
Si tratta, nel complesso, di dinamiche che muovono in direzioni tutt’al-
tro che convergenti (l’innovazione normativa determina l’ingresso di nuovi
soggetti e la rottura di monopoli storici; il consolidamento porta con sé la
riduzione dei protagonisti sulla scena) e che, proprio per questo, sono in-
dicative dello stato di incertezza che connota lo scenario competitivo nella
fase attuale.
Le stesse si prestano, peraltro, a valutazioni divergenti dal punto di vista
antitrust. Da un lato, infatti, il processo di consolidamento, come ogni con-
centrazione, riducendo il numero degli operatori sul mercato e accrescendo
il potere di mercato, costituisce un fattore di sicura attenzione da parte
dell’autorità di concorrenza. Dall’altro, tale processo risponde a esigenze di
efficientamento del sistema, suscettibile anche di riflettersi sulle condizioni
praticate alla clientela. D’altra parte ancora, le spinte potenzialmente re-
strittive del tasso di competizione derivanti da un simile processo appaiono
contro-bilanciate dallo sviluppo di fenomeni di pluralismo dei soggetti a
cui si è fatto cenno (e di cui si dirà ancora, con riguardo alle imprese c.d.
FinTech) che possono in astratto aumentare la concorrenza e abbattere le
rendite di posizione degli intermediari tradizionali a beneficio dei vari attori
del sistema finanziario.
Proprio il carattere ambivalente delle dinamiche che attraversano il set-
tore chiama l’Autorità di concorrenza ad un rafforzato impegno di lettura
e di interpretazione dei fenomeni in atto per un efficace svolgimento delle
proprie funzioni. Di tale sforzo si è avuta testimonianza proprio di recente
in occasione della costituzione dei gruppi bancari cooperativi la cui positiva
valutazione, pur a fronte di elevate quote di mercato raggiunte dall’entità
post merger in alcuni mercati locali, è stata condizionata in modo decisivo
dalle finalità di rafforzamento patrimoniale e di miglioramento degli assetti di
governance perseguite dalla riforma come pure dalle peculiarità dei soggetti
coinvolti e del contesto in cui essi operavano16.

15
  Decreto-legge n. 18/2016, convertito dalla legge n. 49/2016.
16
  Si fa riferimento al Gruppo cooperativo delle Casse Raiffeisen, al Gruppo Cassa Centrale
Banca e al Gruppo Iccrea con riguardo a ciascuno dei quali l’Autorità Antitrust italiana non ha
rinvenuto elementi ostativi nonostante in alcuni ambiti territoriali le quote di mercato raggiunte
dall’entità post merger risultassero di assoluto rilievo. Cfr. in particolare, il provv. C12138 Cassa
Centrale Raiffeisen dell’Alto Adige/Gruppo bancario cooperativo delle Casse Raiffeisen, 23 maggio
2018, in Boll. 22/2018, dove l’autorizzazione è stato deliberata in considerazione di vari elementi,
tra cui i) l’origine e la ratio della riforma delle Bcc; ii) il fatto che l’operazione avrebbe posto
rimedio a situazioni di vulnerabilità individuale, nonché iii) le peculiarità del contesto, tra cui l’as-
senza di fine di lucro propria del modello del credito cooperativo – e, in particolare, delle Casse
Raiffeisen – la cui presenza su molti degli ambiti territoriali interessati è apparsa volta a perseguire
finalità di inclusione finanziaria e di supporto dell’economia locale, garantendo l’erogazione di
servizi bancari e finanziari in zone disagiate.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 447

3. La variabile tecnologica e i mutamenti dell’ecosistema com-


petitivo
Nel contesto appena richiamato, già di per sé ambiguo e articolato quanto
a linee di tendenza e spinte evolutive, si sta inserendo un potente fattore di
sviluppo – la variabile tecnologica – che modifica in profondità la struttura e le
relazioni di mercato e pone gli intermediari bancari dinnanzi a sfide del tutto
nuove17. Tre fattori meritano, in particolare, di essere menzionati: FinTech, il
modello dell’Open Banking nei servizi di pagamento e l’ingresso delle big tech
companies nel settore.
Per effetto di tali fattori, se non stiamo assistendo al tramonto del c.d.
sistema «banco-centrico»18, certamente ci troviamo di fronte a sviluppi che
lasciano intravvedere all’orizzonte la prospettiva di un ridimensionamento
del ruolo degli operatori tradizionali attraverso quella che è stata chiamata
la «disintermediazione creditizia»19. Si profila, cioè, l’affermarsi di un nuovo
ecosistema competitivo, più ampio e fluido, dove accanto agli intermediari
tradizionali si registra l’ingresso di nuovi attori e prestatori di servizi, capaci
di intercettare con la loro offerta parte della clientela, dei margini di interme-
diazione e della liquidità un tempo di esclusiva competenza delle banche.

3.1. FinTech e l’erosione delle tradizionali riserve di attività


Non vi è dubbio che tra i fattori di cambiamento strutturale quello che
presenta le potenzialità più dirompenti è dato dall’utilizzo delle nuove tecno-
logie digitali nel settore finanziario, ovvero FinTech. Per effetto dell’innova-
zione tecnologica si assiste, infatti, allo sviluppo di nuove forme di attività e
di nuovi soggetti che sta radicalmente cambiando la fisionomia del mercato
tradizionale, mettendo in discussione l’ambito delle riserve di attività oggi
esistenti20.
Su tale terreno – va subito detto – non è agevole svolgere un discorso
unitario poiché il settore è assai ampio e variegato e include tutte quelle real­tà
che, attraverso nuove tecnologie, rendono più efficienti i servizi finanziari
o creano nuovi e più sofisticati prodotti e servizi, comprendendo numerosi

17
  Come ribadito anche di recente, essa «abbatte drasticamente i costi di trasmissione, elabo-
razione e archiviazione delle informazioni e spinge verso nuove forme di intermediazione delle
transazioni finanziarie»: così I. Visco, Intervento al 25o Congresso Assiom Forex, cit., 10.
18
  Sul tema v. I. Visco, Anni difficili, Bologna, 2018, il quale osserva, peraltro, come proprio
di un mercato dei capitali efficiente ci sarebbe bisogno per controbilanciare l’esposizione delle
aziende nei confronti del sistema bancario, che in proporzione in Italia è più elevato che nel
resto dei paesi occidentali.
19
 Così G. Pitruzzella, FinTech e i nuovi scenari competitivi nel settore bancario-finanziario-
assicurativo, in www.bancaria.it, 6, 2018.
20
  «Intere filiere all’interno dell’industria finanziaria, dai servizi di pagamento all’offerta di
credito, dalla negoziazione di titoli alla gestione dei rischi, sono già interessate, in alcuni paesi in
modo significativo, dalla digitalizzazione e dalla rapida crescita della quota di mercato di soggetti
non bancari (FinTech)»: così I. Visco, intervento al 25 Congresso Assiom Forex. cit.
448 Anna Argentati

segmenti di attività quali pagamenti digitali, gestione automatizzata dei conti


correnti, crownfunding, prestiti peer to peer, robot advisor, big data analytics,
gestione di valute digitale o cripto-valute ecc.
Ciò nondimeno, appare essenziale richiamare FinTech nei suoi tratti es-
senziali in quanto proprio la diffusione delle nuove tecnologie digitali nel
settore costituisce l’antecedente logico e il presupposto dei nuovi scenari
competitivi che vanno delineandosi per le banche. Non si comprenderebbero,
dunque, gli sviluppi nel settore dei servizi di pagamento come pure le nuove
sfide provenienti dai giganti della tecnologia se non si muovesse dalla pecu-
liare tensione cui FinTech ha sottoposto l’ambito delle riserve legali previste
nel settore.
In quest’ottica, uno degli effetti più significativi della trasformazione in
atto è che la tradizionale catena del valore viene a frantumarsi grazie all’e-
mergere di operatori che si focalizzano su specifici segmenti della filiera e
che, facendo leva sul canale digitale e sulla automazione dei processi, rie-
scono a sottrarre clientela agli incumbents e a disintermediarli21: si pensi alle
piattaforme di peer to peer (P2P) lending e di crowfunding quali canali di
raccolta del capitale alternativi a quello bancario o anche ai nuovi servizi di
pagamento digitali.
Una simile dinamica rileva, ovviamente, dal punto di vista degli incum-
bent poiché i nuovi attori, inasprendo la concorrenza nel mercato dei servizi
finanziari ed erodendo i margini di profitto, mettono a rischio la redditività e
l’esistenza stessa degli operatori tradizionali22.
Rileva altresì dal punto di vista della clientela, poiché i mutamenti tec-
nologici in atto modificano il modello tradizionale di erogazione dei servizi
e dei prodotti e, di conseguenza, anche la relazione tradizionale banca-
cliente23.
Rileva, infine, dal punto di vista delle dinamiche di mercato poiché in
conseguenza della trasformazione digitale ciò a cui si assiste è una intensi-
ficazione della pressione ad opera di soggetti non bancari, il che non può
che avere effetti benefici sul tono competitivo di un settore a lungo percepito
come una foresta pietrificata.

21
 In tal senso, A. Sciarrone-Alibrandi, Tipologie negoziali e nuove forme operative della
finanza, relazione al convegno Nuove frontiere della finanza: operatività, supervisione, tutela
giurisdizionale organizzato dall’Università di Sassari in collaborazione con l’Associazione dei
Docenti di diritto dell’economia (Adde) 17-18 giugno 2016.
22
  Al momento le società FinTech operano per lo più in specifici comparti quali i pagamenti
al dettaglio e la gestione del risparmio, ma sono in espansione anche in attività bancarie tradi-
zionali, quali i prestiti di importo contenuto, e in segmenti innovativi quali il prestito collettivo (il
lending-based crowdfunding) o i servizi automatizzati di investimento (robo-advisor).
23
  La digitalizzazione sta avendo infatti forti impatti sulla configurazione del modello di ser-
vizio dei principali operatori bancari, che sta evolvendo verso una più spiccata personalizzazione
dei servizi offerti ed un maggiore coinvolgimento della clientela al fine di aumentarne il livello
di fidelizzazione.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 449

Il giudizio correntemente espresso sul fenomeno FinTech, anche da parte


delle autorità di vigilanza, è positivo. Ad esso si guarda, infatti, come «un’op-
portunità per l’intera economia: per i consumatori, che potranno ottenere ser-
vizi di alta qualità a basso costo; per le imprese, soprattutto quelle di minore
dimensione, che potranno più facilmente accedere a una più vasta gamma di
fonti di finanziamento; per gli stessi intermediari tradizionali, che attraverso
il ricorso alla tecnologia potranno accrescere la propria efficienza e offrire
servizi finanziari digitali innovativi»24, 25.
Ciò nondimeno, vi sono alcuni punti critici sui quali l’attenzione è alta e
la riflessione è in corso.
In primo luogo, uno degli effetti più significativi riconducibili a FinTech è
che esso favorisce – come detto – il c.d. un-bundling dell’attività bancaria: un
processo non nuovo perché anche in altri ambiti – segnatamente nei servizi
pubblici a rete – l’innovazione tecnologica ha avuto l’effetto di disarticolare
intere filiere industriali, promuovendo la concorrenza all’interno di singoli
segmenti. Nel settore bancario si sta innescando una dinamica simile, con la
differenza che tutto ciò avviene prima che sia rimossa la riserva legale o siano
modificate le regole vigenti. Questa inversione del percorso, comune anche
ad altri settori investiti dalla rivoluzione digitale, assume un significato pecu-
liare nel settore de quo per lo spessore e la rilevanza degli interessi pubblici
incisi e, dunque, per la potenzialità offensiva dei nuovi fenomeni.
Se così è, diventa inevitabile porsi il problema delle regole e chiedersi:
FinTech può cambiare gli interessi che sono al centro della regolazione fi-
nanziaria in essere? La risposta è negativa: gli interessi da tutelare restano
gli stessi (stabilità, buon funzionamento dei mercati, correttezza e tutela dei
clienti, sicurezza dei sistemi di pagamento, ecc.)26, sicché anche con riguardo
alle nuove realtà non pare in discussione l’an delle regole.

24
 Così, tra gli altri, F. Panetta, L’innovazione digitale nell’industria finanziaria italiana,
Intervento in occasione della inaugurazione del FinTech District, Milano, 26 settembre 2017,
reperibile su www.bancaditalia.it.
25
  Proprio per i benefici che possono prodursi su molteplici versanti, la Commissione euro-
pea ha pubblicato a marzo 2018 un Piano di azione, articolato in 23 iniziative, su come sfruttare
al meglio le opportunità offerte dall’innovazione nei servizi finanziari resa possibile da FinTech.
L’idea dalla quale detta iniziativa muove è che le tecnologie finanziarie, e l’innovazione tecnolo-
gica in generale, sono stati (e saranno) i motori dello sviluppo del settore finanziario, schiudendo
enormi possibilità in termini di accesso ai finanziamenti, efficienza operativa, riduzione dei costi e
concorrenza. Tra i contenuti della strategia della Commissione c’è anche una opportuna iniziativa
regolamentare a sostegno del crowfunding (Proposta di regolamento per le imprese che operano
nell’ambito del crowfunding) con lo scopo di migliorare l’accesso ai finanziamenti per le startup
e le piccole imprese.
26
 Cfr. A. Sciarrone-Alibrandi, FinTech e servizi finanziari: nuove prospettive regolatorie e di
vigilanza al convegno organizzato dalla Banca d’Italia e dalla Consob A venti anni dal Tuf (1998-
2018: verso la disciplina della Capital Market Union?, Roma, 6 novembre 2018 (i cui atti sono in
via di pubblicazione). Sul problema delle regole, v. G. Falcone, Tre idee intorno al c.d. «FinTech»,
in «Rivista di diritto bancario», 2018, 5, pp. 2 ss. nonché N. Linciano, P. Soccorso, FinTech e Reg
tech: approcci di regolamentazione e di supervisione, in M.T. Paracampo, Introduzione, cit., p. 27.
450 Anna Argentati

Il problema diventa allora quello di stabilire il «quando» intervenire: un


dilemma che investe tutte le forme di innovazione poiché il rischio è sempre
quello di intervenire troppo presto, il che può deprimere la spinta innovativa,
oppure troppo tardi quando si materializzano i rischi e i pericoli connessi
all’emersione dei nuovi fenomeni. Nel caso di FinTech il dilemma è amplifi-
cato da due fattori: in primo luogo, dal fatto che è difficile capire la portata e le
implicazioni dell’innovazione perché si tratta di una discontinuità molto forte:
si pensi soltanto all’applicazione dell’intelligenza artificiale alla valutazione
del merito di credito di un soggetto. In secondo luogo, perché esso incide su
una materia soggetta a riserva per la tutela di rilevanti interessi generali (sta-
bilità, funzionamento sistema finanziario, finanziamento dell’economia, ecc.)
che passano anche attraverso la tutela dei risparmiatori27.
Finora il dilemma non si è posto con particolare urgenza poiché il feno-
meno ha avuto sviluppi contenuti e ha interessato solo marginalmente l’inte-
resse generale alla stabilità o la tutela dei risparmiatori: limitati, infatti, sono i
versanti in cui FinTech ha attecchito e cioè i) le valute virtuali, che però hanno
un impatto trascurabile rispetto alle dimensioni dei mercati finanziari e ii) il
prestito peer to peer e il crowfunding, che sono utilizzati per importi unitari
dei risparmiatori individualmente contenuti. Ma, se l’apporto dei singoli inve-
stitori cominciasse a diventare rilevante rispetto ai loro patrimoni, si porrebbe
probabilmente, alla prima crisi, il problema della tutela: per es., sotto il profilo
dell’informazione sui rischi dei progetti finanziati oppure delle frodi. Poiché
il tema è importante e lo diventerà sempre più, bisogna stabilire il punto di
equilibrio tra i diversi interessi in gioco ed è bene che su questo svolga un
ruolo forte, sin da subito, l’Unione Europea per evitare il consolidarsi di rispo-
ste nazionali che frammenterebbero il mercato unico, rendendo poi difficile
una ricomposizione ex post dello stesso.
In questo quadro, le questioni più delicate attengono certamente al quo-
modo della regolazione, cioè a come proteggere il sistema senza frenare l’in-
novazione, poiché i nuovi modelli di business si prestano ad erodere riserve
legali e diritti speciali, abbattono le tradizionali barriere all’ingresso, possono
mettere a repentaglio anche importanti obiettivi di interesse generale sottesi
al settore.
È significativo che, nel febbraio 2018, il Comitato di Basilea per la vigi-
lanza finanziaria abbia messo in guardia dai rischi, sottolineando come le
innovazioni FinTech offrano potenziali vantaggi per tutti gli utenti in termini
di accesso ai servizi, personalizzazione dei prodotti, riduzione dei costi, ef-
ficienza nei processi, stabilità finanziaria e aumento della concorrenza, ma
rilevando altresì che i benefici che esse arrecano non possono essere realizzati

27
  A. Sciarrone-Alibrandi, FinTech e servizi finanziari: nuove prospettive regolatorie e di
vigilanza, cit.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 451

a scapito della sicurezza e della solidità. Di qui l’importanza di mantenere alta


l’attenzione sulla gestione dei rischi e sul sistema dei controlli28.
Va detto, infine, che gli sviluppi tecnologici in atto pongono non solo il
tema delle regole da applicarsi, ma anche quello, associato, dell’adeguatezza
delle regole tradizionali. Si ripropone cioè, oltre al tema tradizionale di come
regolamentare l’innovazione senza limitarla, quello, non meno importante sul
piano competitivo, dell’applicazione uniforme delle regole: tanto più in un
ambito delicato e fortemente regolamentato quale il settore bancario29.
Si tratta di questioni di grande rilievo sulle quali manca ancora una ri-
sposta e, anzi, proprio per far luce su tali profili la Commissione europea
ha istituito nel maggio 2018 un gruppo di esperti sui vincoli regolamentari
all’innovazione finanziaria con il compito di assisterla nella formulazione di
proposte legislative nel settore alla luce dell’innovazione tecnologica.

3.2.  Il paradigma dell’Open Banking nei servizi di pagamento


Mentre FinTech è l’applicazione delle tecnologie digitali all’attività ban-
caria e finanziaria senza che vi sia stata apertura di mercato – tanto che ci si
interroga se alcune forme di FinTech non violino le tradizionali riserve di atti-
vità – una menzione speciale merita il settore dei servizi di pagamento poiché
qui la rivoluzione digitale si è intersecata con la liberalizzazione normativa ed
ha fornito gli strumenti per uno sfruttamento intensivo dei nuovi spazi con-
correnziali aperti dal legislatore. Si può dire, dunque, che la liberalizzazione
esalta le potenzialità evolutive di FinTech che, in questo specifico settore, non
incontra i limiti delle riserve di attività.
Il riferimento è alla direttiva Payments Services Directive n. 230 che, en-
trata in vigore a inizio 2018 costituisce, da un lato, il fronte più avanzato
del processo di destrutturazione in atto nella filiera dell’attività finanziaria31,
dall’altro l’unico terreno in cui nuove regole su FinTech sono state ad oggi
adottate.

28
  Basel Committee on banking supervision, Sound Practices on the Implications of FinTech
Developments for Banks and Bank Supervisors, 20 febbraio 2018.
29
  Su tale terreno il principio dal quale muovere non può che essere quello stessa attività/
stessi rischi/stesse regole quale soluzione che favorisce il livellamento del campo da gioco tra
new comers e incumbents, nel rispetto del principio di proporzionalità. V. Parlamento europeo,
Tecnologia finanziaria: influenza della tecnologia sul futuro del settore finanziario, risoluzione
del 17 maggio 2017. Per maggiori dettagli in argomento, v. N. Linciano, P. Soccorso, FinTech e Reg
tech: approcci di regolamentazione e di supervisione, cit.
30
  Nell’ordinamento nazionale, v. Decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 218 «Recepimento
della direttiva (Ue) 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica
le direttive 2002/65/Ce, 2009/110/Ce e 2013/36/Ue e il regolamento (Ue) n. 1093/2010, e abroga
la direttiva 2007/64/Ce, nonché adeguamento delle disposizioni interne al regolamento (Ue) n.
751/2015 relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta».
31
  A. Sciarrone-Alibrandi, Impostazione sistematica della direttiva 2015/2366, relazione pre-
sentata al convegno Innovazione e regole: il bilanciamento degli interessi nella PSD2, svoltosi
presso l’Università degli studi Roma Tre il 18 ottobre 2018 (i cui atti sono in via di pubblicazione).
452 Anna Argentati

La direttiva, al fine di assicurare una concorrenza equa tra vecchi e nuovi


operatori nei servizi di pagamento – cioè nel settore in cui FinTech ha mag-
giormente attecchito, erodendo la posizione di dominio esercitata finora dalle
banche32 –, definisce le possibilità operative dei nuovi entranti sul mercato,
ossia i Tpp – Third Party Providers, oltre a prevedere una ripartizione delle
responsabilità tra i soggetti coinvolti, disegnando il perimetro di interazione
tra vecchi e nuovi operatori sul mercato.
L’aspetto più innovativo consiste nell’apertura del mercato a due nuove
categorie di operatori, affermatisi a seguito della direttiva 2007/64/Ce (in parti-
colare, nei pagamenti via Internet), ma non assoggettati alla stessa: i prestatori
di servizi di disposizione di ordini di pagamento (o Payment Initiation Service
Providers, Pisps) e i prestatori di servizi di informazione sui conti (Account
Information Services Providers, Aisps)33.
I primi consentono al prestatore (Pisp) di disporre, per conto dell’utente,
un pagamento a valere su un conto intrattenuto da quest’ultimo presso un
altro intermediario (il prestatore di servizi di radicamento del conto o Account
Servicing Payment Service Provider, Aspsp), assicurando contestualmente al
beneficiario del pagamento che lo stesso è stato disposto. Già diffusi in diversi
Paesi membri, essi consentono, in termini più tecnici, di effettuare pagamenti
on line attraverso «un software che fa da ponte tra il sito web del commer-
ciante e la piattaforma di online banking della banca del pagatore per disporre
pagamenti via Internet sulla base di bonifici» (27o considerando Psd2).
I secondi invece offrono un servizio on line di consolidamento delle in-
formazioni relative ai diversi conti di cui uno stesso soggetto dispone, anche
presso diversi intermediari, consentendogli di avere una visione complessiva,
e organizzata per categorie, della propria situazione finanziaria e delle proprie
abitudini di spesa. In sostanza, accedendo al servizio tramite un’apposita piat-
taforma on line, l’utente può avere un’informativa completa su tutti i propri
conti di pagamento e gestire meglio le proprie risorse.
Entrambi i nuovi servizi, dispositivi e informativi, presuppongono l’ac-
cesso del fornitore terzo ai conti del proprio cliente, accesso che – salvo giusti-
ficato motivo – deve essere garantito dall’intermediario presso cui è radicato il
conto del pagatore. In questo senso, si parla di servizi bancari aperti o di Open
Banking: a dire di un sistema di comunicazioni bancarie aperte tra diversi
soggetti che dovrebbe promuovere soprattutto lo sviluppo dei pagamenti in
mobilità.

32
 Cfr. I. Visco, Digital transformation of the retails payments ecosystem, relazione presentata
in occasione della Conferenza congiunta Bce/Bdi, organizzata a Roma in data 30 novembre 2017
(reperibile su www.bancaditalia.it).
33
 Per un’analisi della nuova normativa con riguardo ai conti di pagamento, cfr. S. Mez-
zacapo, La nuova disciplina nazionale dei conti di pagamento alla luce dell’armonizzazione
attuata con la Payments Accounts Directive, in «Banca Borsa e titoli di credito», 6, 2017, pp. 787 ss.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 453

L’erogazione dei servizi da parte dei Tpp (Third Party Providers) non ri-
chiede necessariamente, peraltro, che il fornitore del servizio sia legato all’in-
termediario bancario da un apposito rapporto contrattuale. È invece indispen-
sabile, sul piano operativo, che le banche si dotino di infrastrutture tecnolo-
giche adeguate a consentire un’efficace e sicura interazione con i sistemi Ttp,
presupposto stesso dell’Open Banking34.
In tale quadro, i conti correnti vengono, dunque, aperti per la prima volta
anche a soggetti non bancari: cioè il cliente potrà autorizzare una «terza parte»
ad accedere ai dati del proprio conto e dare disposizioni di pagamento, senza
che la banca presso cui è radicato il conto possa opporsi o consentirlo su basi
discriminatorie.
Quale l’impatto di una simile «disruptive» innovazione?
Certamente, viene meno il monopolio degli istituti di credito sui dati ban-
cari dei clienti, frutto di investimenti, relazioni con la clientela e regole molto
stringenti: ma a ben vedere, a venir meno non è solo la proprietà dei custo-
mer data da parte delle banche, bensì la stessa esclusività del rapporto con il
cliente per effetto di una scelta legislativa che, secondo i suoi detrattori, nep-
pure nella patria del liberismo economico più spinto si è arrivati a concepire35.
Per comprendere la portata di un simile sviluppo è sufficiente considerare
che la vera miniera da cui traggono alimento le imprese FinTech è l’acquisi-
zione e l’elaborazione delle informazioni: si tratta, infatti, di imprese in grado,
sì, di fare concorrenza agli intermediari tradizionali perché più agili e snelle,
ma che non hanno la struttura e il contatto con il cliente che ha la banca
tradizionale; per questo diventa centrale acquisire altrimenti l’informazione
sui clienti ed elaborarla. Di qui il ruolo della nuova disciplina che, favorendo
l’interoperabilità e consentendo la circolazione dei dati, rimuove i vantaggi
tradizionalmente goduti dagli incumbents nella relazione con il cliente36.

34
 Così F. Ciraolo, I servizi di pagamento nell’era FinTech, in M.T. Paracampo, Introduzione
ai profili giuridici, cit., p. 195. Lo strumento a tal proposito individuato è rappresentato dalle
c.d. Apis (Application Programming Interfaces), sistemi che consentono la comunicazione tra
le banche e i soggetti terzi che chiedono l’accesso al conto dei propri clienti. Attraverso questa
tecnologia, inoltre, è possibile garantire che solo le informazioni per cui il cliente abbia dato un
esplicito consenso siano a disposizione dei Ttp.
35
 Così R. Masera. In senso opposto, non manca chi sottolinea come proprio il paradigma
dell’Open Banking abbia in sé le potenzialità per sbloccare la concorrenza in un settore gene-
ralmente caratterizzato da problemi di lock-in e alte barriere all’ingresso: così G. Colangelo, O.
Borgogno, Data, Innovation and Transatlantic Competition in Finance: The Case of The Access
to Account Rule, in «European Union Law Working Papers», n. 35, 2018, p. 19.
36
 Peraltro, se è certo che un simile accesso dovrà essere consentito dalle banche a con-
dizioni non discriminatorie, non è ancora del tutto chiaro il tema delle condizioni in cui detto
accesso dovrà avvenire. «It is still unclear whether banks can charge a fee in exchange for the
access granted to front-end third party providers. In fact, the direct payment service provided to
accounts’ users is not free, but, instead, it can be considered as part of the fixed amount regularly
charged by the bank. Therefore, it could theoretically possible that such compulsory access can
be compensated, as it happens, mutatis mutandis, with standard essential patents that are licensed
under fair, reasonable and not discriminatory (Frand) terms»: così G. Colangelo, O. Borgogno,
454 Anna Argentati

Sul piano pratico, il consumatore avrà la possibilità di beneficiare di nuovi


servizi finanziari erogati dai Tpp, in quanto la direttiva gli garantisce la libertà
di scelta ed impone alle banche di mettere a disposizione la propria infrastrut-
tura a chi, debitamente autorizzato, ne faccia richiesta. D’altra parte, qualun-
que innovatore potrà creare e definire nuovi servizi e proporli sul mercato,
facendo leva sui sistemi e sulle infrastrutture bancarie già esistenti. L’impatto
in termini di abbattimento delle barriere all’entrata è sostanziale: si potrà avere
collegato al conto corrente un bancomat diverso da quello del proprio istituto,
inviare denaro via chat, avere un’app che gestisce le finanze accedendo ai
conti e alle carte di credito, avere una più ampia scelta rispetto alle modalità
di pagamento online.
Un dato che è stato sottolineato è che il paradigma dell’Open Banking
getta fondamentalmente le basi per la creazione di nuovi modelli di mercati
a due versanti, basati su piattaforme bancarie on line che agiscono come
intermediari tra i titolari di conti e le imprese FinTech, generando potenziale
valore per entrambe le parti37. Come ogni piattaforma, anche quelle bancarie
avrebbero la funzione di facilitare l’interazione tra uno o più gruppi di agenti
economici che dipendono reciprocamente l’uno dall’altro e che, senza la
piattaforma, non potrebbero generare valore attraverso il loro modello di bu-
siness38. Si porrebbero così le premesse per l’affermazione di un nuovo modo
di fare banca attraverso la creazione di piattaforme multiservizi sviluppate e
gestite da banche, da società non finanziarie o da entrambe.
Chi scrive nutre qualche perplessità su una simile evoluzione e sulla cir-
costanza che le banche, disponendo dei dati dei clienti e conservando ancora
un ruolo centrale all’accesso, avranno la possibilità di trarre pieno vantaggio
dalla nuova posizione, consentendo l’interazione tra i consumatori e i nuovi
fornitori di servizi39. In realtà, ciò che sembra discendere dal nuovo quadro è
una vera mutazione genetica dell’attività bancaria che, riguardata dal punto di
vista delle banche, restringe inesorabilmente la loro operatività e sottrae l’e-
sclusività della relazione con il cliente, colpendole al cuore della loro attività.
Ad ogni modo, un simile scenario, portando con sé il rischio che le ban-
che tradizionali si riducano ad offrire niente più che una commodity o si tra-
sformino in rivenditori di servizi prodotti da altri, dipenderà anche dal modo
con cui le stesse risponderanno alle sfide di una più agguerrita competizione

Data, Innovation and Transatlantic Competition in Finance: The Case of The Access to Account
Rule, cit., p. 16
37
 Così G. Colangelo, O. Borgogno, Data, Innovation and Transatlantic Competition in
Finance: The Case of The Access to Account Rule, cit., p. 20.
38
  Ibidem.
39
  L. Brainard, Where Do Banks Fit in The FinTech Stack?, speech at Northwestern Kel-
logg Public-Private Interface Conference on New Developments in Consumer Finance: Re-
search & Practice (2017) (reperibile sul sito www.federalreserve.gov/newsevents/speech/files/
brainard20170428a.pdf).
Le banche nel nuovo scenario competitivo 455

che minaccia di aggredire la catena del valore dei servizi finanziari nella quale
esse hanno sempre mantenuto una certa esclusività.

3.3. Le risposte degli intermediari bancari alle sfide di FinTech e


la minaccia delle big tech companies
In questo quadro se c’è un dato che viene costantemente messo in luce
da tutte le analisi di settore40, esso attiene al ritardo dei player esistenti che
«in molti casi non stanno ancora al passo con questa ondata di investimenti
in innovazione, a causa in particolare dei retaggi tecnologici (le c.d. “legacy
technologies”), della scarsa rapidità con cui le banche sono in grado di far
proprie le nuove tecnologie»41.
Non a caso vanno diffondendosi le tesi di chi ritiene (nella migliore delle
ipotesi) che le banche siano destinate a perdere l’esclusiva delle transazioni;
di chi sottolinea che prima o poi saranno costrette a «cambiare mestiere», dato
che le FinTech stanno attaccando ogni segmento dell’attività tradizionale (dai
pagamenti ai prestiti, agli investimenti, alla consulenza ecc.) o, ancora, che la
fine di questa storia sarà «che gli istituti di credito più innovativi e avanzati com-
preranno le società del FinTech oppure che le FinTech compreranno loro»42
Anche nel settore bancario, dunque, la vera prova non è quella di resi-
stere ai cambiamenti tecnologici in atto, ma di percorrere i sentieri da questi
tracciati43: sentieri che conducono spesso verso nuovi equilibri e lungo i quali
mutano anche le relazioni competitive tra le imprese. Ma si tratta di processi
che, oltre agli inevitabili elementi di rischio, dischiudono anche delle op-
portunità. Non a caso si sta via via prendendo consapevolezza, ad es., che
le startup FinTech possono diventare degli importanti alleati, anche duraturi,
degli operatori tradizionali, tanto che c’è chi le alleva, chi vi investe chi dà
vita a joint venture44. Diversi segnali provenienti dal mercato testimoniano, in
altri termini, che la via più promettente è probabilmente «quella del passaggio
dalla competizione tra banche e FinTech ad una più proficua co-opetition»45

40
  Da ultimo, v. Banca d’Italia, Indagine conoscitiva sull’adozione delle tecnologie FinTech,
pubblicata il 21 dicembre 2017 (reperibile sul sito istituzionale).
41
  Rapporto I-Com 2016, cit. Cfr. anche C. Barbagallo, Il sistema bancario italiano: situazioni
e prospettive, 24 marzo 2018, reperibile su www.bancaditalia.it.
42
  Così ancora F. Panetta, cit. Risale ad inizio marzo 2019 la notizia che per la prima volta un
impresa FinTech (Raisin) ha comprato in Germania una piccola banca con sede a Francoforte (la
Mhb bank) e dovrà ora essere autorizzata dalla Bafin e dalla Banca centrale europea.
43
  In questo senso, G. Pitruzzella, FinTech e i nuovi scenari competitivi nel settore bancario-
finanziario-assicurativo, cit.
44
  Ad es. Banca Sella ha promosso il FinTech District a Milano; IntesaSanPaolo, attraverso il
fondo Neva Finventures, investe in società FinTech e in startup che intendono entrare in nuovi
mercati e settori chiave quali la Circular Economy e l’Industry 4.0; Unicredit ha partnership con
diverse società FinTech attraverso Unicredit Evo. Banca Mediolanum è entrata con IntesaSanPaolo
e Unicredit nel consorzio R3 per lo sviluppo delle blockchain.
45
 Così F. Ciraolo, I servizi di pagamento nell’era FinTech, in M.T. Paracampo, Introduzione
ai profili giuridici, cit., p. 196
456 Anna Argentati

grazie alla quale gli intermediari tradizionali potrebbero colmare il gap tecno-
logico che oggi ne rallenta la capacità di reazione, mentre le imprese FinTech
potrebbero avere accesso alla vasta platea dei clienti bancari cui offrire i pro-
pri servizi aggiuntivi46.
Se un simile salto appare necessario per restare competitivi di fronte
all’erompere delle imprese FinTech, lo stesso diventa un passaggio pressoché
obbligato dinnanzi alla minaccia proveniente dalle big tech companies.
Sul punto non può sottacersi anzitutto un paradosso al fondo della nuova
direttiva Psd2: pensata per accrescere la concorrenza nei servizi di pagamento
e favorire l’innovazione proveniente dalle imprese FinTech, la stessa ha finito
per aprire le porte della finanza ai grandi operatori del digitale, che si stanno
facendo largo nel settore senza dover passare più da un intermediario ban-
cario, rivoluzionando così dinamiche competitive e i rapporti di forza. Gra-
zie, infatti, alle nuove possibilità offerte dalla direttiva, colossi del tech quali
Amazon, Microsoft, Apple, Google, Facebook e Alibaba potranno d’ora in poi
acquisire in proprio i pagamenti (anziché triangolarli con carte di credito e,
quindi, banche) emettere e-money con carte di debito e prepagate, gestire i
loro sistemi di pagamento.
Non è difficile comprendere, dunque, perché simili giganti siano destinati
a diventare i nuovi, più temibili concorrenti delle banche tradizionali, anche
se nella maggior parte dei casi  –  va detto  –  essi si muovono non per fare
finanza (o non solo), ma prima di tutto per trattenere i clienti nel loro spazio
virtuale (anche quando effettuano un pagamento o chiedono un prestito) e
naturalmente per arricchire il loro patrimonio già inestimabile di dati (che, a
differenza delle banche, non devono condividere con nessuno) da vendere
sul mercato.
Il vero effetto deflagrante si produrrà con l’ottenimento da parte di tali
operatori della autorizzazione bancaria in uno dei paesi Ue: a quel punto, in-
fatti, saranno nelle condizioni di competere al cuore dell’attività bancaria, cioè
su depositi, mutui e servizi bancari da offrire ad una platea di utenti sterminata
e diffusa su scala planetaria.
Per ora si tratta di una prospettiva sullo sfondo poiché le prime iniziative
di espansione si registrano nel settore dei pagamenti: Facebook ha ottenuto
nel 2017 una licenza in Irlanda che consente l’emissione di moneta elet-
tronica e la prestazione di servizi di pagamento; lo stesso ha fatto Amazon
nel Lussemburgo a dicembre 2018; Google ha ottenuto la licenza di moneta
elettronica in Lituania a inizio 2019. Considerando, però, le risorse finanziarie
a disposizione e il bacino di clienti di cui posseggono un’infinità di dati es-
senziali per un’accurata profilazione (anche) delle loro esigenze finanziarie, vi

46
  M. Schieppati, Banche, «pensare come Google»?, in «Bancaria», 3, 2017, p. 60.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 457

sono ragioni sufficienti per ritenere che il settore dei pagamenti possa essere
solo una rampa di lancio.

4. Profili di rilevanza antitrust


In questo scenario evolutivo, in un settore come quello bancario-finan-
ziario in cui la natura delle transazioni e la tipologia dei prodotti rendono le
asimmetrie informative ancora più evidenti e accrescono il rischio di abusi e
comportamenti scorretti47, quali sono le possibili criticità concorrenziali con-
nesse a questa nuova struttura e nuova catena del valore?
Non è difficile prevedere che l’ingresso di nuovi operatori in segmenti
specifici della filiera bancaria tradizionale potrà generare conflitti e tensioni
suscettibili di assumere rilevanza dal punto di vista dell’Autorità di concor-
renza. Da un lato, infatti, questo tipo di evoluzione si scontra con una certa
inerzia degli operatori tradizionali ad adattarsi alle nuove opportunità tecno-
logiche, potenzialmente idonee a destabilizzare consolidati assetti di mercato
e a mettere in discussione storiche fonti di ricavo. Dall’altro, si tratta di una
evoluzione che tende a portare a una riallocazione dei ricavi e del valore ag-
giunto, spesso a vantaggio degli operatori ed intermediari che costituiscono
i nuovi protagonisti delle filiere digitali in grado di esercitare un potere di
mercato significativo.
In generale, anche in questo settore, come negli altri investiti dalla rivo-
luzione digitale, la missione di un’Autorità Antitrust resta quella di garantire
che i mercati restino un luogo aperto dove i più meritevoli possano entrare,
affermarsi ed efficacemente competere senza subire i comportamenti ostru-
zionistici degli incumbents; ed inoltre quella di far sì che i crocevia attraverso
cui passa l’innovazione restino liberi e sgombri. Pur rimanendo entro queste
coordinate, sembra chiaro, tuttavia, che i processi in atto sono destinati a
mettere a dura prova lo strumentario antitrust tradizionale.
In mancanza di casi che abbiano finora coinvolto le banche nei loro rap-
porti con le imprese FinTech o con le big tech companies, è possibile svolgere
alcune considerazioni in chiave prospettica, distinguendo i comportamenti
anti-competitivi che potranno presumibilmente provenire dagli intermediari
bancari da quelli delle big tech companies.
Sotto il primo profilo, il dato da cui muovere è che le banche tradizionali,
per non perdere terreno, sono oggi sì obbligate – come detto – ad un ripen-
samento delle loro strategie imprenditoriali, ma è indiscutibile che anche nel
nuovo quadro (soprattutto post Psd2) esse, raccogliendo il risparmio presso
la clientela e disponendo dei dati ad essa relativi, mantengono un ruolo che è

47
  Cfr. in argomento M. Libertini, La tutela della libertà di scelta del consumatore e i prodotti
finanziari, relazione al convegno Il diritto dei consumatori nella crisi e le prospettive evolutive del
sistema di tutela, Roma, 29 gennaio 2010 (reperibile all’indirizzo www.agcm.it).
458 Anna Argentati

cruciale per la operatività di molti modelli di business FinTech e che potrebbe


essere utilizzato per neutralizzare la minaccia dei new comers.
Prestando attenzione agli eventuali impedimenti frapposti all’ingresso dei
nuovi operatori FinTech o allo svolgimento di nuovi servizi, assai proble-
matica potrebbe risultare la valutazione antitrust dei comportamenti posti in
essere autonomamente dalle banche. L’assenza in capo ad alcuna banca, salvo
specifiche situazioni locali, di una posizione dominante dovrebbe condurre a
escludere in radice la possibilità stessa di configurare comportamenti abusivi.
Peculiare in tale quadro appare il caso dei servizi di pagamento dove
l’obbligo per le banche di dare accesso ai soggetti terzi autorizzati è normati-
vamente stabilito, sicché è ragionevole chiedersi se un eventuale ingiustificato
diniego non possa essere colpito.
In proposito, non è mancato chi si è interrogato sulla particolare po-
sizione che ciascuna banca verrebbe a detenere in relazione all’accesso al
conto dei propri clienti e se essa non sia per certi versi assimilabile «alla già
acclarata posizione di monopolio che detengono gli operatori telefonici nella
terminazione delle chiamate sulla propria rete»48. D’altro canto, se l’obbligo di
dare accesso all’infrastruttura bancaria ha fondamento nel dettato normativo
e tale accesso è indispensabile per lo sviluppo e la fornitura di servizi inno-
vativi, è legittimo chiedersi a beneficio dei consumatori se con gli opportuni
adeguamenti non possa farsi ricorso alla dottrina dell’essential facilities, le cui
condizioni sono state definite – come noto – in modo restrittivo dal giudice
europeo.
Essendo le start-up del FinTech in molti casi piccole e medie imprese,
uno spazio applicativo potrebbe avere anche la normativa sulle pratiche com-
merciali scorrette, la cui applicazione è stata estesa nel 2012 al segmento B2B
per tutelare le imprese che abbiano fino a 10 dipendenti e un fatturato annuo
non superiore a 2 mln.
A prescindere dallo strumento in concreto utilizzato, è evidente che in
molti dei casi ipotizzati si tratterà di contrastare condotte ostruzionistiche o
escludenti delle banche per molti versi assimilabili a quelle tradizionalmente
poste in essere dagli incumbent nei vari servizi a rete liberalizzati.
Di più difficile inquadramento appaiono i contrasti che potranno inge-
nerarsi nei rapporti competitivi tra banche tradizionali e big tech companies.
Come già detto, è presumibile che proprio il settore dei servizi di pa-
gamento sia destinato a divenire l’area di maggiore conflittualità nel breve-
medio periodo, posto che l’ingresso di tali società nell’attività bancaria tout
court per ora è solo una prospettiva.

48
 Per questa osservazione, V. Meli, Psd2: Opportunità e sfide per la concorrenza, rela-
zione al convegno su Innovazione e regole: il bilanciamento degli interessi nella Psd2 Direttiva
2015/2366/Ue, organizzato presso l’Università di Roma Tre, 18 ottobre 2018.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 459

Il dato da cui muovere è che ci troviamo di fronte ad imprese che – a


differenza di molte imprese FinTech  –  godono già di significativi vantaggi
competitivi in altri settori in termini di marchio, bacino di clienti, tecnologia,
liquidità, sui quali potrebbero far leva per entrare ed affermarsi nel nuovo
mercato. Una simile strategia, tuttavia, di per sé non sarebbe censurabile di-
rettamente sotto il profilo antitrust, mentre potrebbe esserlo – per le ragioni
dette  –  l’eventuale condotta ostruzionistica della banca volta ad ostacolare
l’accesso ai dati o ai conti della propria clientela: si coglie già su tale terreno
una evidente asimmetria nella relazione competitiva, tra banche e big tech,
che origina direttamente dal dettato normativo e attiene i) all’obbligo per le
prime di dare accesso ai dati (senza carattere di reciprocità) e ii) al vincolo
in termini di oggetto sociale che grava sulle banche e non anche sulle società
che gestiscono piattaforme digitali49.
La valutazione è destinata a farsi più complessa nel caso in cui il nuovo
entrante detenga nel mercato di provenienza una posizione di dominanza.
Si pensi alla posizione di Google nei servizi di ricerca on line e nei sistemi
operativi per dispositivi mobili, alla posizione di Facebook nei social network
e a quella di Amazon nell’intermediazione nel commercio elettronico. In una
siffatta ipotesi, è evidente che l’Autorità Antitrust potrebbe trovarsi di fronte a
un conflitto inedito (con implicazioni concorrenziali non agevoli da valutare)
tra intermediari bancari, da un lato, non in posizione dominante sul proprio
mercato, ma sottoposti all’obbligo di dare accesso ai conti dei propri clienti,
e operatori digitali, dall’altro, che proprio grazie a quell’obbligo normativo si
espandono nel mercato dei pagamenti, forti della posizione di forza detenuta
altrove.
Non rientra nelle finalità del lavoro addentrarsi nell’analisi di simili que-
stioni. Pare, tuttavia, utile qui segnalarle per evidenziare che, se la nuova
direttiva pone le premesse per l’affermarsi di un nuovo modo di fare banca,
la stessa solleva anche questioni del tutto nuove sul piano competitivo – forse
trascurate nel corso dei lavori preparatori – legate all’ulteriore espansione e
rafforzamento dei c.d. over the top. È evidente poi che con l’accesso ai dati
finanziari il tema della concorrenza oltrepassa i confini del mercato dei pa-
gamenti ed entra in una dimensione più ampia, che investe la profilazione
del cliente, il che pone non solo un doppio problema, di concorrenza e di
privacy, ma anche un tema di possibili rischi di stabilità complessiva del si-
stema bancario.
Il minimo che allora possa osservarsi dinnanzi alla potenza economica
dei nuovi soggetti e alla luce degli sconvolgimenti che il loro ingresso nel

49
  È noto che, ai sensi dell’art. 10, co. 3, del Tub «Le banche esercitano, oltre all’attività
bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività
connesse o strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge».
460 Anna Argentati

mercato è suscettibile di produrre, è che occorrerà in primis assicurarsi che


le lenti utilizzate nell’analisi antitrust non siano sfocate o, peggio, superate:
valutando con attenzione se, nell’utilizzo di strumenti tradizionali quali il
concetto di potere di mercato e di abuso, i criteri correntemente utilizzati
consentano di cogliere la reale forza competitiva dei c.d. over the top e,
se del caso, procedere ai necessari affinamenti, come da più parti ormai in
letteratura viene ripetutamente suggerito50. Di tali questioni si sta discutendo
in ambito Ocse e Icn.
È evidente, infatti, che nella situazione richiamata si assiste al rovescia-
mento di alcuni cardini dell’analisi antitrust tradizionale. Innanzitutto, il vero
potere di mercato è detenuto non dagli incumbent, ma da soggetti che non
sono ancora presenti sul mercato e che però in tempi ragionevolmente brevi
potrebbero farvi accesso, distruggere l’assetto esistente e raggiungere rapida-
mente una posizione difficilmente contestabile. Se ci si colloca in quest’ottica,
le virtù tradizionalmente attribuite alla concorrenza potenziale per i suoi effetti
disciplinanti sono in parte destinate a ridimensionarsi.
In secondo luogo, i fenomeni descritti rendono oltremodo problematica
l’individuazione del mercato rilevante, dato che i confini nei nuovi mercati on
line tendono a farsi più labili e incerti, con la conseguenza che non solo l’ac-
certamento di un eventuale abuso, ma anche il controllo delle concentrazioni
verrà reso più arduo. Sul versante delle concentrazioni, peraltro, un peso di
rilievo è destinata ad avere anche l’assenza in molti casi di fatturato in capo alle
startup operanti nella finanza digitale, il che impedisce di valutare gli effetti di
una qualunque operazione di acquisizione, comprese le c.d. killer acquisitions,
ovvero l’acquisizione da parte di operatori dominanti di start-up potenzialmente
disruptive51.
Certamente, occorrerà prestare attenzione ai rapporti e alle dinamiche
competitive che si vengono a instaurare lungo le differenti catene del valore,
per cui potrebbero crearsi dei profili di integrazione verticale peculiari e del
tutto nuovi rispetto al passato, come anche differenti e nuove possono risul-
tare le possibilità di sfruttare le economie di rete che caratterizzano i nuovi
operatori.
In definitiva, se le dinamiche ambivalenti che connotano il quadro attuale
nel settore bancario chiamano le Autorità Antitrust  –  come osservato  –  ad
un rafforzato impegno di lettura e interpretazione dei fenomeni correnti, l’e-
spansione delle big tech companies nel settore della finanza e, in prospettiva,

50
 Da ultimo, v. J. Tirole, Big Tech Platforms Could Be Broken up, in «Global Competition
Review», 1, 2019.
51
  Da qui la discussione aperta nelle sedi internazionali sulla revisione del sistema di notifica
delle operazioni di concentrazione per renderlo più effettivo ed efficace. In particolare, il dibattito
è se alle ordinarie soglie di fatturato si debbano affiancare criteri alternativi, quali il valore della
transazione, soluzione già adottata oggi da alcuni Paesi, quali Germania e Austria.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 461

dell’attività bancaria, obbliga le stesse Autorità ad uno sforzo del tutto nuovo
di analisi: uno sforzo che richiede, sì, di verificare l’adeguatezza degli stru-
menti tradizionali, ma prima ancora di tornare a riflettere su una questione
antica eppure sempre attuale, a cui l’economia digitale ha conferito nuova
straordinaria centralità, quella cioè delle finalità ultime del diritto antitrust e
della scelta, in ultima istanza, tra il paradigma dell’efficienza e quello del plu-
ralismo di mercato52. Del resto, è proprio nelle fasi di grande trasformazione
che occorre (tornare) a soffermarsi sui profili generali per meglio compren-
dere il senso del «vecchio» e del «nuovo», la continuità e la discontinuità nella
mutazione delle forme.
L’impressione, in conclusione, è che «se la concorrenza è un valore, se
riflette il pluralismo in economia come la democrazia in politica (...), ci vuole
un rovesciamento di quell’Antitrust che non serve a misurare il senso antitrust
di certe situazioni di mercato»53.

5. Le banche, i nuovi fermenti competitivi e le incognite del fu-


turo
I nuovi scenari di mercato che vanno delineandosi all’orizzonte con l’a-
cuirsi di una competizione le cui spinte provengono oggi da più direzioni e si
manifestano su più versanti sollevano l’interrogativo se le banche non rischino
di essere sospinte progressivamente ai margini del sistema in un contesto in
cui esse già fronteggiano la sfida più difficile, quella di riportare la bassa red-
ditività su livelli soddisfacenti.
In proposito, si è osservato di recente che «non c’è soluzione che possa
risolvere magicamente i problemi di redditività. Le banche possono guadagnare
in tre modi: assumendo alti rischi, il che oggi è arduo per la normativa sempre
più stringente; sfruttando il potere di mercato, ma anche questa strada è sbarrata
dalla concorrenza; migliorando l’efficienza, abbassando i costi e aumentando

52
 Su questo v. G. Amato, relazione introduttiva al Convegno «I fondamenti costituzionali
della concorrenza», svoltosi a Roma il 10 maggio 2018 (i cui atti sono in corso di pubblicazione)
il quale dopo aver ricordato «la differenza tra Antitrust Usa e Ue, con il primo che ha sacrificato
molto pluralismo sul terreno dell’efficienza intesa come il prodotto più basso e l’Antitrust Ue che
è stato invece molto più attento a preservare il pluralismo anche di fronte al prezzo più basso
(es. caso General Electric)», ha richiamato l’attenzione sui limiti del paradigma dell’efficienza
osservando «di fronte alla bomba mai disinnescata su cos’è il benessere del consumatore, oggi
osserviamo l’impatto di un’offerta che sta spazzando via una miriade di imprese. Pensiamo al
commercio al dettaglio: il consumatore prima aveva l’esercizio di prossimità; poi questo è stato
messo in discussione dall’outlet; poi ancora questo da Amazon. Oggi chi può contestare ad Ama-
zon l’efficienza? Allora il mondo ideale è questo da cui è uscito un solo vincitore?».
53
  Idem. Cfr. in questo senso, anche S. Mannoni, G. Stazi, Is competition a click away? Sfida
al monopolio nell’era digitale, Napoli, 2018, i quali, dopo aver ricostruito criticamente il pensiero
dominante antitrust degli ultimi decenni i cui dogmi si sono rivelati, a posteriori, dei vestiti su
misura per le grandi imprese digitali, sottolineano la necessità di provare a pensarla diversamente
dalla communis opinio affermatasi a partire dalla Scuola di Chicago, che ha lasciato crescere gi-
ganti e desertificato interi settori economici in nome del benessere, spesso effimero e transeunte,
del consumatore.
462 Anna Argentati

il ricorso alla tecnologia, cosa che stanno già facendo (le banche non possono
non investire nell’innovazione). Ma non è detto che tutto ciò da solo basti»54.
Certamente, nello scenario che le banche hanno davanti, l’innovazione
digitale rappresenta una fondamentale occasione di sviluppo, ma può costi-
tuire anche una seria minaccia qualora non riescano a sfruttarne appieno le
potenzialità, lasciando spazio ai nuovi concorrenti, in primo luogo ai giganti
della tecnologia. Le banche si trovano così oggi davanti a un bivio: o la disin-
termediazione favorita dall’innovazione digitale le spingerà progressivamente
ai margini del nuovo mondo oppure le stesse decidono di attrezzarsi e di
competere, in primis attraverso la strada che alcune grandi banche stanno già
percorrendo, quella delle alleanze strategiche55.
A conclusione dell’analisi due riflessioni possono essere svolte.
La prima è che ci troviamo di fronte a una discontinuità così forte da po-
ter essere annoverata tra i grandi passaggi della storia che hanno mutato le
regole del gioco e gli scenari economici-sociali in maniera irreversibile56. Non
a caso tutte le analisi concordano nel sottolineare il carattere epocale della
rivoluzione digitale, che costituirebbe la quarta rivoluzione industriale. Se di
rivoluzione si tratta, occorre evidentemente mettere in discussione i paradigmi
che hanno finora ispirato la disciplina dei diversi fenomeni, prendere atto che
alcune categorie concettuali sono ormai superate e stabilire nuove regole e
nuovi modelli57.
La seconda è che, prestando specifica attenzione alla finanza digitale, il
processo disruptive innescato dai nuovi modelli di business on line può arri-
vare in prospettiva a mettere a repentaglio la funzionalità del sistema bancario
(e dell’intero sistema) senza che a un simile processo di distruzione creatrice
consegua necessariamente un nuovo e più promettente equilibrio. Si intende
dire che le questioni poste dai più recenti sviluppi provenienti dalle big tech
companies vanno ben oltre la sopravvivenza di singoli intermediari bancari
per porre inedite sfide agli ordinamenti giuridici, chiamati come mai prima a
fronteggiare concentrazioni immense di potere di mercato.
Occorre allora sul piano del diritto antitrust immaginare approcci nuovi
e rimedi più congrui allo studio del potere di mercato nei mercati digitali a
partire dal controllo delle concentrazioni58; ma occorre anche chiedersi – di

54
 Così F. Panetta, cit.
55
  Non a caso, oggi una grande banca su due ha già una partnership importante con una
FinTech in Europa e, secondo Accenture, in tre anni saranno l’80%.
56
 Così F. Vessia, Big data e profili di concorrenza, in M.T. Paracampo, cit., p. 103.
57
  Idem, p. 103.
58
 Così G. Amato (relazione introduttiva al convegno «I fondamenti costituzionali della
concorrenza», cit.) secondo il quale «il vero compito cui l’Antitrust soprattutto Usa è venuto meno
in questi anni è stato il porre argine alle concentrazioni: il prezzo eccessivo nasce da lì. O noi ci
teniamo come valore il pluralismo oppure scivoliamo verso quella che è la malattia del mondo
contemporaneo: poteri abusivi verso cui non ci sono più rimedi. Bisogna mantenere il pluralismo,
Le banche nel nuovo scenario competitivo 463

fronte alla minaccia di ulteriore espansione di poteri economici già oggi di


dimensioni abnormi – se non sia giunto il momento di una risposta decisa
dei pubblici poteri che ponga in secondo piano i risultati di efficienza nel
breve termine e guardi piuttosto ai pericoli che da simili dinamiche possono
derivare nel lungo termine. Riaffiora qui infatti, e con la massima forza, il
dilemma della democrazia liberale mirabilmente descritto venti anni or sono,
della scelta cioè del troppo potere pubblico rispetto al troppo potere privato,
e di come impedire che quest’ultimo diventi una minaccia per la libertà degli
altri»59: l’impressione è che ci si stia pericolosamente avvicinando alla soglia
massima tollerabile, anche grazie a scelte non sempre lungimiranti del legi-
slatore europeo.
Se dopo la crisi finanziaria del 2007 si è arrivati a introdurre nella pa-
tria del liberismo economico la c.d. Volker rule60 per le banche (fortemente
osteggiata in Europa e poi affossata) non sarebbe irragionevole pensare a
misure di separazione strutturale anche con riguardo al fenomeno indicato
(se del caso, recuperando la suddetta Volker rule per le banche): non certo
perché siamo di fronte ad una nuova crisi ma perché  –  cosa non meno
grave – gli effetti potenzialmente nocivi di simili processi espansivi potreb-
bero radicarsi nel sistema economico senza che sia più possibile in futuro
porvi rimedio. Non può trascurarsi, infatti, che le c.d. big tech si sono già
rafforzate a dismisura nei mercati digitali ed ora minacciano di espandere
il loro immenso potere in un settore non interconnesso e delicato come
quello bancario, che costituisce l’infrastruttura finanziaria dell’intero sistema
economico, da cui dipende non solo lo sviluppo, ma anche la stabilità di
un paese61.

che significa tornare all’origine dell’Antitrust, oggi messa in dubbio dai discorsi su concorrenza/
efficienza».
59
  Dilemma racchiuso nell’interrogativo «...come impedire che il potere privato diventi una
minaccia alla libertà degli altri? Ma come impedire che il potere confidato a questo scopo alle
istituzioni non ingigantisca esso stesso e non giunga a distruggere le liberà che dovrebbe pro-
teggere?»: il riferimento è naturalmente a G. Amato, Il potere e l’antitrust. cit. In tema, cfr. anche
E. Fox, Dopo Chicago, dopo Seattle e il dilemma della globalizzazione, in Mercato Concorrenza
Regole, 1, 2001, pp. 53 ss, la quale ci ricorda che «Il diritto antitrust non è law and economics in
uno spazio vuoto. Esso affonda le sue radici nei principi della democrazia liberale e risente del
progressivo dilatarsi dei mercati oltre i confini nazionali».
60
  La c.d. Volker rule fa parte della più ampia riforma denominata Dodd-Frank Wall Street
Reform and Consumer Protection Act, approvata dal Congresso americano nel 2012 in risposta
alla crisi finanziaria innescata dai c.d. mutui sub prime del 2007-2008: essa limita l’attività specu-
lativa delle banche, che non possono investire i propri capitali in Borsa (come strumenti derivati
e partecipazioni in hedge funds) al di sopra del 3% e separa le attività «commerciali» da quelle di
«investment banking» con lo scopo di tutelare i risparmiatori da attività troppo speculative, evitare
nuove crisi e rendere più stabile il sistema creditizio. A maggio 2018 la nuova Amministrazione
Usa, peraltro, ha invertito la rotta e sostenuto la revisione della regola al fine di allentare i vincoli
gravanti sugli intermediari bancari.
61
  A misure di separazione strutturali si ispira la proposta avanzata nei mesi scorsi dal sena-
tore democratico Cicilline, presidente della sotto-commissione antitrust al Congresso Usa, che ha
suggerito l’introduzione per le big tech companies di un nuovo Glass Steagall Act (introdotto nel
464 Anna Argentati

La tradizione di regolazione amministrativa dei mercati, che in Europa ha


radici risalenti, insegna che ricco e variegato è il ventaglio di strumenti cui il
legislatore ha storicamente attinto quando ha voluto proteggere dalle dinami-
che del mercato puro la tutela di rilevanti obiettivi di interesse generale62: dal
divieto di incroci proprietari, ai c.d. tetti antitrust, a forme di separazione più
o meno intense, al più recente golden power. Anche l’imposizione di un og-
getto sociale esclusivo per le società del digitale potrebbe valere a contenerne
l’espansione63. Sarebbe un primo modo con cui i pubblici poteri, costretti
dalla globalizzazione a inseguire poteri economici smisurati e slegati da ogni
territorio, cominciano a recuperare terreno.
Va da sé che una simile soluzione non può essere rimessa all’iniziativa
solitaria e velleitaria di singoli Stati, attesa la natura sovranazionale dei pro-
cessi in atto. Non sfugge poi – né può sfuggire – all’ipotetico legislatore tutta
la complessità di una valutazione che sia in grado di trovare un punto di
equilibrio tra potere di mercato, efficienza e tutela di altri valori alla base dei
sistemi democratici. Ma la ricerca di equilibri sostenibili – come ben noto – è
anche la difficile arte della Politica.

Abstract: Banks and new Competitive Scenario: FinTech, the Open Banking Para-
digm and the Threat of Big Tech Companies (J.e.l.: K20, K21, K23)

The article examines the radical changes that digital revolution is producing in the
banks’ competitive scenario and whether those changes together with certain choices
made by European legislator can turn from a growth factor into a risk for the resil-
ience of the system. The reference is to FinTech, to the paradigm of Open Banking
and to the entry of big tech companies, destined to become the new, most formida-
ble competitors for the banks. After having explored the ongoing changes from the

1933 da Roosevelt per proteggere i depositi bancari dalle attività speculative delle banche e poi
abrogato nel 1999) con la separazione, in particolare, dell’attività di gestione delle piattaforme on
line svolta dalle big tech rispetto alla vendita dei dati. L’obiettivo in questo caso è la tutela dei dati
personali dei clienti (cfr. l’articolo critico di I. Kaminska, A Glass-Steagall for Big Tech Companies
Will Fail to Soothe Antitrust Worries apparso su «Financial Times» il 6 marzo 2019, p. 11). Ad un
intervento ancor più radicale, che può arrivare fino al break up, ha fatto riferimento di recente E.
Warren, candidata alle primarie per l’elezione presidenziale negli Usa. È noto poi che il Congresso
americano ha avviato un’indagine nel settore.
62
  Il riferimento è d’obbligo a M. Libertini, La regolazione amministrativa del mercato, in F.
Galgano (a cura di), Trattato di diritto commerciale, Padova, 1979, III, pp. 479 ss. Più di recente,
sia consentito il rinvio a A. Argentati, Il principio di concorrenza e la regolazione amministrativa
del mercato, Torino, 2009.
63
  È noto, peraltro, che la Commissione europea ha presentato in data 26 aprile 2018 una
Proposta di Regolamento europeo sulle piattaforme digitali, che promuovendo l’equità e la traspa-
renza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione on line, non si occupa del tema e
difficilmente potrebbe divenire la sede dove affrontare simili questioni.
Le banche nel nuovo scenario competitivo 465

antitrust perspective, the article examines the implications for the system deriving
from the challenge of the big tech to the banking and financial sector and highlights
the urgency to provide response in terms of antitrust enforcement, but above all on
the ground of legislation. The aim is avoid that potentially harmful effects of the big
tech growth take root in economic system undermining the possibility to remedy in
the future.

Keywords: Competition; Banks; Open Banking; Digital Markets; FinTech; Big Tech
Companies; Digital Innovation.

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