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INNOVAZIONE LEGISLATIVA

GIUSELLA FINOCCHIARO

Prime riflessioni sulla moneta elettronica

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Descrizione del fenomeno. – 3. Definizioni normative. – 4.


Caratteri fondamentali della moneta elettronica. – 5. Le differenze fra moneta legale e
moneta elettronica. – 6. Qualificazione della moneta elettronica. – 7. Su alcuni proble-
mi specifici: a) Moneta elettronica e obbligazione pecuniaria. – 8. Segue: b) Profili pro-
batori. – 9. Segue: c) Tutela del trattamento dei dati personali. – 10. Conclusioni.

1. – L’obiettivo del presente lavoro è quello di fornire un primo in-


quadramento giuridico della cosiddetta moneta elettronica.
A scopo introduttivo, limitandosi a una descrizione del fenomeno pu-
ramente fattuale, si può affermare che la moneta elettronica è un file che
rappresenta un certo valore in denaro.
Secondo la definizione resa da Banca d’Italia, con il termine moneta
elettronica si fa riferimento a quegli strumenti di pagamento che incorpo-
rano nel proprio supporto fisico il loro valore monetario (1).
In questo lavoro si tratterà della moneta elettronica in senso stretto (2)

(1) Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti, Novem-
bre 1999, p. 56.
(2) In argomento: Martuccelli, Obbligazioni pecuniarie e pagamento virtuale, Milano,
1998; Lanfranchi, I problemi giuridici della monetica, in Vaccà (a cura di), Il commercio
elettronico, EGEA, Milano, 1999, p. 119 ss.; Clarizia, in Aa.Vv., Formazione, archiviazione
e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici (d.p.r. 10 novembre 1997, n.
513). Commentario a cura di Bianca, Clarizia, Franceschelli, Gallo, Moscarini e Pat-
ti, in Le nuove leggi civili commentate, 2000, p. 793 ss.; nonché il recentissimo lavoro di
Troiano, Gli istituti di moneta elettronica, in Quaderni di ricerca giuridica della consulenza
legale, Banca d’Italia, n. 53, luglio 2001.
Per un inquadramento sotto il profilo economico dei pagamenti elettronici, si rinvia a
Omarini, Pagamenti elettronici per la rete, in Anderloni, Basile, Schwizer, (a cura di),
Nuove frontiere della tecnologia nel sistema finanziario, coordinato da Basile, Roma, 2001, p.
177 ss.
Per una ricognizione dello stato dell’arte e per una rassegna delle principali problema-
tiche giuridiche si vedano inoltre Alston, Will That Be Cash, Credit, or E-money?, in North
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e non di altri mezzi di pagamento che si avvalgono, in vario modo, del-


l’informatica (3) né tanto meno del trasferimento elettronico di fondi (4).
Inoltre, l’analisi avrà ad oggetto i profili civilistici e non le problematiche
monetarie (5) o gli aspetti penali, quali per esempio l’utilizzo della mone-
ta elettronica a fini di riciclaggio (6), che pure investono la materia.
Va infine precisato che il fenomeno che si intende esaminare è anco-
ra, dal punto di vista della diffusione e dell’utilizzo, agli albori: al mo-
mento, in Italia, risultano operativi solo due sistemi di moneta elettronica
in senso proprio (7). Inoltre, sul fenomeno ancora privo di una chiara fi-

Carolina Banking Institute, 1997, pp. 225-254; Halvey, The Virtual Marketplace, in Emory
Law Journal, 1996, pp. 959-986; Macintosch, The New Money, in Berkeley Technology Law
Journal, 1999, p. 658 ss.; Maggs, New Payment Devices and General Principles of Payment
Law, in Notre Dame Law Review, 1997, pp. 753-798; Perritt, Legal and Technological Infra-
structures for Electronic Payment Systems, in Rutgers Computer and Technology Law Journal,
1996, pp. 1-60; Sifers, Regulating Electronic Money in Small-Value Payment Systems: Tele-
communications Law as a Regulatory Model, in Federal Communication Law Journal, 1997,
pp. 701-729; Smith e Wilson, How Best to Guide the Evolution of Electronic Currency Law, in
American University Law Review, 1997, pp. 1105-1130.
(3) Al riguardo si rinvia a Perassi, I sistemi di pagamento internazionali, in Banca, bor-
sa, tit. cred., 2000, I, p. 482 ss. e a Finocchiaro, Il problema dei mezzi di pagamento, in Tosi
(a cura di), I problemi giuridici di Internet, 2a ed., Milano, 2001, p. 147 ss.
(4) In materia si rinvia a Giannantonio, Trasferimenti elettronici dei fondi e autonomia
privata, Milano, 1986; Devescovi, Titolo di credito e informatica, Padova, 1991; Mancini e
Perassi, I trasferimenti elettronici di fondi, in Quaderni di ricerca giuridica della consulenza le-
gale, Banca d’Italia, n. 23, maggio 1991; Troiano, I servizi elettronici di pagamento, Giuffrè,
Milano, 1996; Finocchiaro, I contratti informatici, in Tratt. dir. comm. e dir. pubblico dell’e-
conomia, diretto da Galgano, vol. XXII, Padova, 1997.
(5) Ampiamente trattate, com’è evidente, dagli studi delle banche centrali. Si vedano,
fra gli altri: Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti, cit.;
European Central Bank, Report on Electronic Money, August 1998; Basel Committee on
Banking Supervision, Risk Management for Electronic Banking and Electronic Money Activi-
ties, Basel, March 1998 (BS/97/122), p. 3, in http://www.bis.org/publ/bcbs.htm (consultato
il 9 agosto 2001) e Group of Ten, Electronic money. Consumer protection, law enforcement,
supervisory and cross border issues, Report of the working party on electronic money, April 1997,
cfr. in particolare p. 8. Quest’ultimo rapporto è disponibile anche sul sito Internet della Bank
for International Settlements, all’URL http://www.bis.org. (consultato il 9 agosto 2001), dove
è effettuata una rassegna della legislazione in materia nei Paesi industrializzati.
(6) Al riguardo si veda la circolare del governatore di Banca d’Italia del 12 gennaio 2001
che reca le « Istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette », trattando an-
che della moneta elettronica.
(7) Si tratta di Omnipay e di Moneta on-Line. Informazioni al riguardo sono reperibili
nei rispettivi siti: http://www.omnipay.omnitel.it/omnipay.htm e www.monetaonline.it, vi-
sitati il 15 luglio 2001.
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sionomia, esercita un condizionamento notevole l’azione delle banche


centrali, come si avrà modo di illustrare.

2. – Secondo la definizione sopra riportata, con il termine moneta elet-


tronica si fa riferimento a quegli strumenti di pagamento che incorporano
nel proprio supporto fisico il loro valore monetario.
Il valore monetario, che è rappresentato da un file, può essere memo-
rizzato in due diverse tipologie di supporto fisico: nella smart card o nella
memoria del computer.
La smart card è una carta dotata di microprocessore, talora definita,
con riferimento ad alcuni specifici utilizzi, anche stored value card, o bor-
sellino elettronico (8) e consiste in una tessera corredata di un microchip,
nel quale possono essere memorizzate delle informazioni.
Fra le informazioni che possono essere memorizzate in una smart
card vi possono essere, fra l’altro, dati che rappresentano somme di dena-
ro, la chiave crittografica privata (per apporre la firma digitale) e un pro-
gramma di gestione del borsellino elettronico. La carta può essere ricari-
cata dall’utente presso il proprio conto bancario, presso lo sportello auto-
matico o per via telefonica (9).
Esistono molti tipi di smart card, ad esempio quelle che possono esse-
re utilizzate soltanto per scopi specifici (quali, ad esempio, il pagamento
del pedaggio autostradale) e quelle che sono suscettibili di un utilizzo di
carattere generale. Tuttavia, si parla di moneta elettronica solo quando si
fa riferimento a carte di pagamento a spendibilità generalizzata. Negli altri
casi, se l’utilizzo è limitato al circuito dell’emittente, si tratta di semplice
pagamento anticipato dei beni e servizi offerti dall’emittente (10).
L’utilizzo delle smart card consente l’adozione di particolari sistemi di
sicurezza, fra i quali il monitoraggio dei codici che identificano le transa-
zioni effettuate, così da verificare l’eventuale duplicazione di transazioni,
anche se ciò solleva dei problemi di tutela del trattamento dei dati perso-
nali. È inoltre possibile, da un punto di vista tecnico-informatico, trasferi-

(8) Al borsellino elettronico fa riferimento Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorve-
glianza del sistema dei pagamenti, cit., p. 56.
(9) Fra le applicazioni più importanti si ricordano quelle di Mondex e di Visa Interna-
tional, rispettivamente agli URL: http://www.mondex.com e http://www.visa.com/pd/ca-
sh/main.html, visitati il 7 agosto 2001.
(10) Di entrambi i tipi di carte, con riguardo all’esercizio della funzione di sorveglianza
nel sistema dei pagamenti, si occupa Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del si-
stema dei pagamenti, cit., p. 25.
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re informazioni e, quindi, denaro, da una smart card ad un’altra, anche se


al momento ciò risulta vietato dalle autorità monetarie, per evidenti ra-
gioni di controllo dell’emissione di moneta.
Nel caso in cui la moneta elettronica sia direttamente memorizzata
nella memoria del computer, analogamente a quanto accade nel caso di
utilizzo delle smart card, l’utente deve previamente trasferire il corrispon-
dente di un certo ammontare in denaro nella memoria del computer. A
differenza delle smart card che sono utilizzate anche nel mondo fisico, la
moneta elettronica propriamente detta o moneta digitale è utilizzabile
soltanto su una rete telematica e, per eccellenza, su Internet (11). Essa non
richiede necessariamente un supporto materiale particolare, come la
smart card, ma può essere memorizzata su file, nella memoria del compu-
ter o in qualsiasi altro supporto idoneo.
Dal punto di vista tecnico, dal momento che la moneta elettronica
non è altro che un file, seppure contenente particolari informazioni, il
problema maggiore è quello di evitare che lo stesso file sia copiato e che
quindi la stessa moneta sia spesa più volte. A questo scopo devono essere
adottate particolari tecniche di sicurezza che talora prevedono la cosiddet-
ta « tracciabilità » del file, ovvero la possibilità di ricostruire tutti i passaggi
effettuati dal file: ciò che, nel caso di specie, si traduce nella possibilità di
ricostruire tutti i passaggi effettuati dalla moneta elettronica, che può es-
sere richiesta dalle banche centrali per l’esercizio della sorveglianza nel si-
stema dei pagamenti (12). Queste tecniche, come meglio appresso si dirà,
possono entrare in conflitto con le esigenze di tutela del trattamento dei
dati personali.

3. – Due recenti testi normativi di fonte comunitaria si sono occupati


della moneta elettronica, da angolazioni diverse, e hanno fornito una de-
finizione di moneta elettronica: si tratta della Direttiva 2000/46/CE del 18
settembre 2000, riguardante l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale
dell’attività degli istituti di moneta elettronica e della Raccomandazione
della Commissione Europea 97/489/CE del 30 luglio 1997, relativa alle
operazioni mediante strumenti di pagamento elettronici, con particolare
riferimento alle relazioni tra gli emittenti e i titolari di tali strumenti.

(11) I sistemi più noti di moneta elettronica sono quelli implementati da Digicash e da
Cybercash; informazioni al riguardo sono reperibili agli URL: www.digicash.com e
www.cybercash.com, visitati il 7 agosto 2001.
(12) La « tracciabilità » può essere richiesta da Banca d’Italia al fine di prevenzione degli
illeciti: cfr. Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti, cit., p. 60.
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La direttiva ha l’obiettivo di armonizzare la vigilanza prudenziale sugli


istituti di moneta elettronica, e quindi investe essenzialmente il profilo
monetario, laddove la raccomandazione è volta a disciplinare la responsa-
bilità nei rapporti contrattuali fra l’emittente moneta elettronica e, più in
generale, strumenti di pagamento elettronici, e i titolari di tali strumenti.
La definizione di moneta elettronica recata dalla direttiva 2000/46, al-
l’art. 1, è quella di « un valore monetario rappresentato da un credito nei
confronti dell’emittente che sia i) memorizzato su un dispositivo elettro-
nico, ii) emesso dietro ricezione di fondi il cui valore non sia inferiore al
valore monetario emesso, iii) accettato come mezzo di pagamento da im-
prese diverse dall’emittente ».
La moneta elettronica rappresenta dunque un credito nei confronti
dell’emittente e un mezzo di pagamento nei confronti del prenditore.
Si specifica nella medesima direttiva, al considerando n. 3, che « la
moneta elettronica può essere considerata un surrogato elettronico di
monete metalliche e banconote, memorizzato su un dispositivo elettroni-
co, come una carta a microprocessore o una memoria di elaboratore, e ge-
neralmente destinato a effettuare pagamenti elettronici di importo limita-
to ».
Il riferimento quantitativo non vale evidentemente a definire la natu-
ra della moneta elettronica, ma a limitarne l’utilizzo. Esso è indice della
prudenza e della cautela del legislatore europeo nell’affrontare la materia:
in questa prima fase di utilizzo dei nuovi mezzi di pagamento si affronta il
problema con un metodo sperimentale, anche dal punto di vista legislati-
vo. Pertanto la moneta elettronica è per il momento riservata, quanto me-
no in Europa, a pagamenti elettronici di importo limitato, come confer-
mano anche le linee guida della Banca d’Italia (13) e i modelli contrattuali
in circolazione.
La raccomandazione 97/489/CE del 30 luglio 1997, relativa alle opera-
zioni effettuate mediante strumenti di pagamento elettronici, muove in-
vece dalla definizione di strumento di pagamento elettronico, per definire
successivamente la moneta elettronica.
La raccomandazione definisce « strumento di pagamento elettroni-
co », uno strumento che consente al titolare di effettuare le operazioni di
trasferimento di fondi mediante strumenti di pagamento elettronici, ad
eccezione dei trasferimenti conferiti su istruzione ed eseguiti da istituzio-

(13) Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti, cit., p.
60.
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ni finanziarie, nonché le operazioni di ritiro di denaro contante e carica-


mento o scaricamento di tali strumenti presso attrezzature come le casse
automatiche e gli sportelli automatici, nonché presso l’emittente o presso
un ente obbligato contrattualmente ad accettare detti strumenti di paga-
mento.
La raccomandazione citata effettua quindi una partizione fra « stru-
menti di pagamento mediante accesso a distanza » e « strumenti di mone-
ta elettronica ». I primi sono definiti come gli strumenti che consentono al
titolare di accedere ai fondi detenuti sul proprio conto presso un ente, al
fine di effettuare un pagamento a favore di un beneficiario, di norma at-
traverso l’impiego di un codice di identificazione personale o di ogni altra
analoga prova di identità. I secondi, che costituiscono la moneta elettroni-
ca, sono definiti come gli strumenti di pagamento ricaricabili che non sia-
no strumenti di pagamento mediante accesso a distanza, siano essi carte
di pagamento ricaricabili con valore immagazzinato o memorie di elabo-
ratore elettronico.
La moneta elettronica è quindi definita dalla raccomandazione quale
uno strumento di pagamento ricaricabile che non sia uno strumento di
pagamento mediante accesso a distanza, sia esso una carta con valore im-
magazzinato o una memoria di elaboratore elettronico, sulla quale è cari-
cato elettronicamente il valore, affinché il titolare possa effettuare le ope-
razioni di trasferimento di fondi e di ritiro di denaro contante.

4. – Muovendo dalla descrizione della pratica commerciale e dalle de-


finizioni normative si può ora effettuare una sintesi delle caratteristiche
della moneta elettronica.
Dal punto di vista fisico, la moneta elettronica è un file, un insieme di
bit.
Ai sensi del dal d.p.r. 10 novembre 1997 n. 513, che ha introdotto nel-
l’ordinamento italiano la disciplina sul documento informatico e sulla fir-
ma digitale, ora disciplinata dal d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, « Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di docu-
mentazione amministrativa », il documento informatico è « la rappresen-
tazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti » (14).
La moneta elettronica è quindi un documento informatico.

(14) In argomento e per ulteriori indicazioni bibliografiche si rinvia a Finocchiaro, La


firma digitale, nel Comm. c.c. Scialoja-Branca, diretto da Galgano, Zanichelli, Bologna-Ro-
ma, 2000, e in particolare al commento all’art. 1.
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Il file, che in questo caso è anche un documento informatico secondo


la definizione normativa, rappresenta un valore monetario, espresso nel-
l’unità di misura della moneta legale.
Il file rappresenta altresì un credito del titolare dello strumento verso
l’emittente moneta elettronica e costituisce un mezzo di pagamento nei
confronti del ricevente moneta elettronica.
Si può compiere un passo ulteriore e affermare che la moneta elettro-
nica è un titolo di credito, trattandosi di documento che incorpora un di-
ritto di credito. Si tratterebbe, in questo caso, di un titolo di credito infor-
matico. D’altronde, così come il documento diviene, a seguito del progres-
sivo diffondersi dell’informatica, documento informatico, anche il titolo di
credito, che è un documento, diviene titolo di credito informatico. Certo
l’estensione della disciplina dei titoli di credito ai documenti informatici
solleva rilevanti problemi giuridici di rielaborazione della disciplina, che
emblematicamente si riassumono nell’assenza della chartula (15). Il posses-
so materiale del documento cartaceo sembra così destinato a trasformarsi
in disponibilità esclusiva del documento informatico, in una forma di
« possesso virtuale ». Dovranno essere individuate nuove modalità di rela-
zione fra documento informatico e soggetto titolare dei diritti incorporati
nel documento, diverse dal possesso materiale del documento cartaceo
che tali diritti incorpora e occorrerà definire nuovi indici di titolarità (16).
Sembra necessaria una rielaborazione della teoria dei titoli di credito, con
riguardo ai titoli di credito informatici, ma sembra al tempo stesso profilar-
si una riaffermazione dei principi sottesi alla teoria classica (17).

(15) L’argomento è accennato da M. Rescigno, La nuova disciplina della dematerializ-


zazione degli strumenti finanziari, in Banca, borsa, tit. cred., 1999, I, p. 212 ss. e da M. Cian,
Titoli dematerializzati e circolazione « cartolare », Milano, 2001, in particolare pp. 19 e 30.
(16) In tal senso Martorano, Titoli di credito, Milano, 1997, p. 23 ss.
(17) Il tema trattato sfiora quello della dematerializzazione dei titoli. Al riguardo Spa-
da, La circolazione della « ricchezza assente » alla fine del millennio, in Banca, borsa, tit. cred.,
1999, I, p. 407 ss., solleva qualche dubbio circa l’opportunità conoscitiva di classificare tra le
dematerializzazioni anche la potenziale soppressione del documento cartaceo e sul punto
chiarisce: « Il dubbio scaturisce da ciò che se il documento informatico mette in crisi l’ap-
partenenza del documento, qualora per appartenenza si intenda possesso ed impossessa-
mento (in una sola parola direi: appropriazione) di una res, esso non sembra incompatibile
con un’appartenenza – o, se si vuole, con una pertinenza – immediata del documento fra
quanti si avvalgano di tecniche di memorizzazione o di trasmissione elettronica di dati.
Che l’appartenenza ( . . . ) sia materiale o « virtuale », sembra sistematicamente assai meno
significativo ( . . . ) del fatto che l’esercizio e la circolazione dei diritti siano o non interme-
diati ( . . . ) » (p. 410).
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La materia, tuttavia, necessita di ulteriori approfondimenti di carattere


sistematico, investendo l’intera disciplina dei titoli di credito, e incontran-
do anche precisi limiti nelle vigenti disposizioni normative: si pensi, per
tutte, alla legge sull’assegno (18).
Il rapporto sotteso alla moneta elettronica è un rapporto trilatero che
coinvolge l’emittente, il titolare della moneta elettronica e il ricevente
moneta elettronica, soggetto diverso dall’emittente.
Che l’emittente sia soggetto diverso dal ricevente moneta elettronica,
discende dalla stessa definizione del nuovo mezzo di pagamento (19).
L’emittente, sulla base di un rapporto di provvista e di un contratto
con il titolare, su richiesta di questi, emette moneta elettronica. La mone-
ta elettronica in Italia è equiparata ai depositi bancari (20). Il ricevente, a
fronte di apposito accordo con il titolare, accetta moneta elettronica.
Non è raro che un rapporto convenzionale intercorra anche fra l’emit-
tente e i potenziali riceventi, allo scopo di incrementare la diffusione della
moneta elettronica: si pensi, ad esempio, ai cosiddetti portali commerciali.
L’emittente e il prenditore di moneta elettronica sono attualmente
qualificati soggettivamente.
Secondo l’orientamento delle banche centrali europee (21), l’emittente
doveva essere una istituzione creditizia. La scelta era motivata da finalità
di sorveglianza sul sistema dei pagamenti e dallo scopo di meglio assicu-
rare il rispetto di alcuni requisiti da parte degli emittenti. Tuttavia la diret-
tiva 2000/46 ha ampliato il novero dei soggetti ammessi all’attività di
emissione di moneta elettronica (22).
In particolare, in Italia, la disciplina giuridica applicabile alla moneta
elettronica si fonda sulla equiparazione della stessa ai depositi bancari:
considerato che l’art. 11, quinto comma del Testo unico bancario preclu-
de a soggetti diversi dalle banche ogni forma di raccolta collegata all’e-
missione o alla gestione di mezzi di pagamento a spendibilità generalizza-

(18) Accennano al tema Clarizia, op. cit., pp. 795-796 e Olivieri, la rilevanza del tem-
po nei sistemi di pagamento, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, I, p. 171.
(19) Nella definizione recata dalla direttiva 2000/46 si precisa che costituisce moneta
elettronica quella che è accettata come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emit-
tente.
(20) Ancora Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti,
cit., p. 58 ss.
(21) Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti, cit., p. 57
ss. e European Central Bank, Report on Electronic Money, August 1998.
(22) Così Troiano, Gli istituti di moneta elettronica, cit., pp. 16-17.
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ta, l’emissione di moneta elettronica è consentita in Italia alle sole ban-


che. Tuttavia anche su questo punto ha innovato la direttiva 2000/46 che
definisce “istituto di moneta elettronica” qualsiasi impresa o altra persona
giuridica diversa da una banca che emetta pagamento sotto forma di mo-
neta elettronica (23).
Peraltro, dal momento che secondo la definizione di moneta elettro-
nica già riportata, le carte prepagate monouso non sono considerate mo-
neta elettronica, ne consegue, fra l’altro, che queste carte possono essere
emesse da soggetti diversi dalle banche.
Anche il prenditore di moneta elettronica sembra al momento qualifi-
cato soggettivamente. Ai sensi della definizione di moneta elettronica re-
cata dalla direttiva, la moneta elettronica è un valore monetario « accetta-
to come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente »: il rice-
vente sembra quindi debba necessariamente essere un’impresa. D’altron-
de, questa limitazione soggettiva va collegata al divieto di trasferimento di
valori da carta a carta o al divieto di circolazione della moneta elettronica:
la moneta elettronica non è al momento destinata alla circolazione, es-
sendo previsto negli schemi contrattuali che la Banca d’Italia ha ritenuto
conformi, il divieto di trasferimento di valori da carta a carta (24). Il rice-
vente moneta elettronica pertanto non può ritrasferirla, ma può solo otte-
nere il corrispondente valore in moneta legale. Interessati a ricevere mo-
neta elettronica non sono quindi i consumatori, ma solo le imprese che
vogliano ampliare i propri servizi.

5. – Si possono ora delineare alcune delle differenze fra la moneta e la


moneta elettronica.
Va preliminarmente ricordato che lo stesso termine « moneta » è di
difficile definizione, come è stato costantemente rilevato dalla letteratura
che si è occupata dell’argomento. L’ambiguità è propria della polisemia
del termine moneta, che indica allo stesso tempo l’unità di misura e il
mezzo di estinzione dell’obbligazione pecuniaria (25).

(23) Cfr. ancora Troiano, Gli istituti di moneta elettronica, cit., p. 18 ss. nonché, sulla
raccolta del risparmio, p. 24.
(24) Ancora Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti,
cit., p. 59 ss.
(25) Cfr. in particolare Inzitari, La moneta, in Tratt. di dir. comm. e dir. pubblico dell’e-
conomia, diretto da Galgano, vol. VI, Padova, 1983; De Vecchis, Moneta e carte valori (pro-
fili generali e diritto privato), in Enc. giur. Treccani, pp. 1-2 e Inzitari, Moneta, in Digesto del-
le Discipline Privatistiche, Sezione civile, vol. XI, UTET, 1994, p. 396 ss.
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La prima constatazione che si impone all’attenzione è che dalla mo-


neta come « peso » (26) si è passati a una sorta di moneta « immateriale » (27).
Peraltro, la nuova moneta non è « moneta avente corso legale », non è
emessa dall’autorità monetaria e non è frutto di una convenzione fra Sta-
to e cittadini (28).
L’utilizzo del termine « moneta » è, allo stato dell’arte, fuorviante: non
essendo la moneta elettronica moneta legale (29).
Ciò si evince dalla stessa definizione di moneta recata dalla direttiva:
se la moneta elettronica è un valore monetario, come dispone l’art. 1, e un
surrogato di monete metalliche e banconote, come si afferma nel consi-
derando n. 3, per ciò stesso, non è moneta.
Anche se la tendenza di lungo periodo appare quella di assimilare la
moneta elettronica a quella legale, al momento esse non possono consi-
derarsi coincidenti.
Vi è senza dubbio una stretta connessione fra la moneta elettronica e
la moneta avente corso legale.
La moneta elettronica è un mezzo di pagamento e ha una funzione
monetaria. L’unità di misura è costituita dalla valuta corrente.
Ma la moneta elettronica ha carattere privatistico e convenzionale. Es-
sa costituisce uno strumento di pagamento di creazione privatistica.
Mentre l’art. 1277 c.c. costituisce l’affermazione della sovranità mone-
taria dello Stato (30), la moneta elettronica si può considerare la creazione
dei privati e il frutto dell’economia globalizzata.
Si tratta di una moneta di fonte convenzionale a fronte della moneta
come rapporto con lo Stato.
Mentre la moneta avente corso legale non è rifiutabile, la moneta elet-
tronica deve essere richiesta fra privati che la accettano e la richiedono,
predisponendo apposite attrezzature.

(26) Cfr., ad esempio, Inzitari, Moneta, cit., p. 399.


(27) In questo senso De Vecchis, op. cit., p. 1, il quale tuttavia sembra riferirsi ai tra-
sferimenti elettronici di fondi, piuttosto che alla moneta elettronica in senso stretto.
(28) In questi termini si riferisce, invece, alla moneta legale Inzitari, La moneta, in
Tratt. di diritto comm. e dir. pubblico dell’economia, cit., p. 39.
(29) Martuccelli, op. cit., p.205, ritiene che la moneta elettronica sia, per le transazio-
ni superiori ai venti milioni di lire, più « legale » della moneta legale, giusta la previsione
della l. 5 luglio 1991, n. 197, che vieta il trasferimento di denaro contante. Ma l’opinione ri-
ferita non può applicarsi alla moneta elettronica di cui si tratta in questo lavoro a causa del-
la definizione normativa recata dalla direttiva e già commentata che ne limita l’utilizzo ai
pagamenti di importo limitato.
(30) Così Inzitari, Moneta, cit., p. 398.
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6. – Occorre a questo punto compiere un’operazione di qualificazione


della moneta elettronica.
Al riguardo è bene avvertire che il contesto nel quale il giurista opera
è quello internazionale: dominato dall’autonomia dei privati, che possono
creare nuovi mezzi di pagamento (31). Pertanto appare inevitabile un certo
sfasamento fra i nuovi strumenti di pagamento creati dalle esigenze del-
l’economia con i mezzi offerti dall’informatica e le figure codicistiche.
Ciò premesso, la figura prevista dal codice più vicina alla moneta elet-
tronica, appare essere quella della delegazione di pagamento, integrata in
via contrattuale.
Con la moneta elettronica il debitore sostituisce a sé un altro soggetto:
nella disciplina attuale, la banca, la quale diviene obbligata verso il credi-
tore.
Esaminando i modelli contrattuali, si conferma che lo strumento di
pagamento costituito dalla moneta è utilizzabile dal cliente a seguito del-
la creazione di una disponibilità di spesa e sino ad esaurimento della stes-
sa. A seguito della creazione della disponibilità, il cliente vanta un credito
nei confronti della banca, che può spendere in moneta elettronica.
Nella moneta elettronica il rapporto di provvista è fissato con ciò che
in gergo si denomina « prepagato ». Come si è accennato, la moneta elet-
tronica è equiparata al deposito.
Alla base dell’operazione vi è un contratto fra la banca (delegato ed
emittente moneta elettronica) e il debitore (delegante e titolare della mo-
neta elettronica) in base al quale il delegato ha preventivamente accettato
l’incarico di pagare. In questo caso, il consenso del delegato, di cui all’art.
1269, comma 2°, del c.c., è già espresso nel contratto con il quale l’emit-
tente fornisce moneta elettronica e non deve quindi essere prestato in re-
lazione ad ogni singola operazione.
Il delegante si identifica con il PIN (Personal Identification Number)
nei confronti del delegato. Il PIN svolge in questo caso funzione analoga
a quella del documento di legittimazione, liberando il delegato (32).
Secondo un altro schema, viene inviato al creditore (ricevente la mo-

(31) Con riguardo ai contratti, la giurisprudenza italiana si è espressa chiaramente nel


senso della « permeabilità nel nostro ordinamento, oltre che alle esigenze economiche an-
che alle influenze di figure giuridiche già codificate all’estero » (Trib. Milano, 9 ottobre
1986) come ricorda Galgano, Diritto civile e commerciale, Padova, 1999, II, 2, pp. 495-496.
(32) Cfr. Mancini e Perassi, I trasferimenti elettronici di fondi, cit., p. 22 ove si afferma
che i tesserini magnetici, i codici segreti, le password sono da considerarsi titoli di legitti-
mazione reale.
1356 CONTRATTO E IMPRESA

neta elettronica) un file che costituisce la cosiddetta moneta elettronica,


che poi il creditore invia alla banca per richiedere la prestazione.
Il file inviato al creditore costituisce in questo caso documento di le-
gittimazione, in base al quale il creditore identifica l’avente diritto alla
prestazione. Il creditore, avendo ricevuto il file con la moneta elettronica,
richiede alla banca il pagamento e la banca che paga al soggetto così iden-
tificato è liberata.
La struttura del rapporto obbligatorio è dunque analoga a quella alla
base della carta di credito (33), e prevede la delegazione e l’utilizzo del do-
cumento di legittimazione.

7. – Un primo problema da affrontare è costituito dagli effetti liberato-


ri del pagamento mediante moneta elettronica nell’obbligazione pecunia-
ria.
Com’è noto, l’art. 1277 c.c. dispone che i debiti pecuniari si estinguo-
no con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento.
Occorre chiedersi se il pagamento con moneta elettronica estingua l’ob-
bligazione e, in particolare, interrogarsi sull’accettabilità del pagamento
elettronico al posto della moneta avente corso legale.
Come si è già illustrato, la moneta elettronica costituisce moneta con-
venzionale e non moneta legale. Essa non si può quindi considerare da-
naro contante che il creditore sia tenuto ad accettare.
Peraltro, la giurisprudenza italiana si è costantemente pronunciata nel
senso di una rigida distinzione fra moneta legale e altri mezzi di paga-
mento, negando a questi ultimi gli effetti liberatori della moneta legale, ai
sensi dell’art. 1277 c.c., nonostante il diverso avviso di parte della dottrina (34).
Se la moneta elettronica è un bene diverso dalla moneta legale, il pa-
gamento di un debito pecuniario con moneta elettronica deve considerar-
si datio in solutum: per la liberazione del debitore occorre quindi il con-
senso del creditore, ai sensi dell’art. 1197 c.c., il quale prevede che, con il
consenso del creditore, il debitore possa liberarsi eseguendo una presta-
zione diversa da quella dovuta, e che in questo caso l’obbligazione si
estingua con l’esecuzione della diversa prestazione. Tuttavia, secondo la
giurisprudenza più recente, alla luce del dovere di correttezza di cui al-
l’art. 1175 c.c., qualora la pratica costante e preesistente intercorrente fra

(33) Cfr. per tutti Galgano, Diritto civile e commerciale, Padova, 1999, II, 2, pp. 288-289.
(34) Cfr. per tutti Inzitari, La moneta, in Tratt. di dir. comm. e dir. pubblico dell’econo-
mia, cit., p. 64 ss. Ampiamente Martuccelli, op. cit., p. 77 ss.
SAGGI 1357

le parti o la pratica costante per il tipo d’affare cui il contratto appartiene


sia quella di un pagamento diverso, il creditore non potrebbe rifiutare il
pagamento, se non adducendo specifici motivi (35) (36). Quindi, argomen-
tando nella direzione indicata dalla giurisprudenza citata, anche il paga-
mento elettronico potrebbe considerarsi estintivo dell’obbligazione pecu-
niaria, non solo qualora vi sia il consenso del creditore ma anche quando
sussistano le circostanze sopra ricordate (37).
Diverso è il caso in cui l’obbligazione non sia, ab origine, un’obbliga-
zione pecuniaria: cioè il caso in cui sia il creditore a proporre quale mez-
zo di pagamento la moneta elettronica.
Ed è questo il caso più frequente nei pagamenti con moneta elettroni-
ca, in relazione ai quali la prassi commerciale è peraltro ancora in corso di
formazione. La volontà del creditore in tal senso chiaramente si manifesta,
fra l’altro, con la predisposizione non soltanto di schermate recanti le indi-
cazioni sulle modalità di pagamento, ma anche di opportuni collegamenti
telematici, anche con gli istituti bancari emittenti moneta elettronica.
In questo caso, la prestazione richiesta dal creditore a fronte della ces-
sione di un bene o di un servizio è proprio la moneta elettronica, che
quindi spesso non sostituisce, bensì è, la prestazione richiesta. Il debitore
allora esegue esattamente la prestazione dovuta.
Nella difficoltà di individuare una soluzione univoca, occorre, dun-
que, caso per caso indagare se si tratti di obbligazione pecuniaria o se una
diversa prestazione (il pagamento con moneta elettronica) sia stata con-
trattualmente concordata o se essa sia stata successivamente richiesta dal
creditore o se questi vi abbia prestato il suo consenso.
Un altro problema si collega a quello appena illustrato: se l’obbliga-
zione che prevede come prestazione la moneta elettronica sia produttiva
di interessi. Tuttavia, la soluzione di questo problema, chiarito che la mo-
neta elettronica non è, almeno per il momento, moneta legale, deriva dal-
la qualificazione dell’obbligazione: se sia obbligazione pecuniaria o me-
no. Se la prestazione dovuta è espressa in moneta legale, pagabile anche
in moneta elettronica, si tratta di obbligazione pecuniaria e quindi pro-
duttiva di interessi.

(35) Cfr. Cass. 24 giugno 1997, n. 5638 e Cass. 3 aprile 1991, n. 3470.
(36) Cfr. Galgano, Diritto civile e commerciale, 3a ed., Padova, 1999, vol. II, tomo I, p. 48
ss.
(37) Nello stesso senso anche Mancini e Perassi, I trasferimenti elettronici di fondi, cit.,
p. 16.
1358 CONTRATTO E IMPRESA

Peraltro, occorre precisare che difficilmente la prestazione dovuta è


espressa con riferimento esclusivo alla moneta elettronica. Nel caso in cui
così fosse, dalla affermata diversità fra moneta elettronica e moneta lega-
le, non potrebbe che derivare la non produttività di interessi della moneta
elettronica.
Un ulteriore problema è quello relativo alla determinazione del mo-
mento in cui si estingue l’obbligazione.
Ancora una volta, occorre distinguere se il pagamento mediante mo-
neta elettronica costituisca la prestazione richiesta o se invece costituisca
una datio in solutum.
Nel primo caso, occorrerà muovere dall’analisi delle convenzioni con-
trattuali che generalmente dispongono al riguardo.
Nel secondo caso, l’obbligazione è da considerarsi estinta, ai sensi del-
l’art. 1197 e dell’art. 1198, quando la diversa prestazione è eseguita o
quando il credito è riscosso. Nel caso di pagamento con moneta elettroni-
ca, l’obbligazione originaria è da considerarsi estinta quando la diversa
prestazione è stata eseguita: quindi, per esempio, con l’accreditamento
del valore monetario nel conto del creditore.
Peraltro, si ricorda che l’obbligazione del delegato è cumulativa e per-
tanto l’obbligazione del delegante non si estingue fino all’effettuazione
del pagamento da parte di questi.

8. – Problemi ulteriori riguardano la prova dell’avvenuta consegna della


moneta elettronica e l’imputabilità dell’atto di trasmissione della moneta.
Entrambi sarebbero risolti con l’utilizzo della firma digitale, ora discipli-
nata dal d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, « Testo unico delle disposizioni le-
gislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa ».
Giova infatti ricordare che, ai sensi della disciplina appena citata, la
moneta elettronica non è che un documento informatico il quale quindi è
suscettibile di essere digitalmente firmato, al fine di provarne la prove-
nienza e di attribuirvi la data di trasmissione.
L’utilizzo della firma digitale, com’è noto, consente di provare non so-
lo la provenienza del documento informatico, ma anche il momento del-
la trasmissione dello stesso, se si fa ricorso ad un sistema di validazione
temporale, ai sensi dell’art. 14 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445 e delle
regole tecniche dettate dal d.p.c.m. 8 febbraio 1999, richiamate espressa-
mente dall’art. 8 del d.p.r. citato (38).

(38) Per maggiori chiarimenti al riguardo si rinvia a Finocchiaro, La firma digitale, cit.
e in particolare al commento all’art. 12.
SAGGI 1359

Nel caso in cui, invece, non si utilizzi il sistema di firma digitale, il fat-
to che la moneta elettronica sia stata effettivamente trasmessa e la data
della trasmissione, potranno essere provati con l’utilizzo di appositi siste-
mi tecnico-informatici di sicurezza e di verifica, i quali saranno sottoposti
alla valutazione del giudice.
Non v’è dubbio, peraltro, che disposizioni al riguardo possano essere
contenute nel contratto fra l’emittente e il titolare di moneta elettronica,
nonché nel contratto fra questi e il ricevente moneta elettronica.
Altro problema, al quale peraltro sopra si è accennato, è quello relati-
vo alla identificazione dell’avente diritto alla prestazione. Il creditore è, in
taluni casi, identificato mediante appositi meccanismi di sicurezza che
operano nel collegamento fra creditore e banca.
Questi possono essere considerati documenti di legittimazione aventi
l’effetto di liberare il delegato (39).

9. – La moneta elettronica è un file che può essere facilmente seguito


nel suo percorso sulla rete. A differenza del contante non è tendenzial-
mente anonima.
Allo scopo di garantire una maggiore sicurezza, alcuni sistemi di mo-
neta elettronica fanno ricorso a metodi di identificazione dell’utente: ad
esempio mediante l’utilizzo della firma digitale o di un codice identificati-
vo. La tracciabilità, così come la possibilità di identificare le parti della
transazione, può attualmente essere richiesta dalle banche centrali a fini
di prevenzione degli illeciti (40).
Tuttavia, se l’identificazione dell’utente di Internet può costituire
un’importante misura di sicurezza, anche se non di per sé bastante, certa-
mente essa presenta il grave difetto di costituire anche una potenziale vio-
lazione della privacy dell’utente medesimo, potendosi ricostruire il suo
profilo attraverso la raccolta e l’elaborazione delle operazioni da questi
compiute sulla rete (41).
Si delinea dunque un contrasto fra tutela dell’utente, con riferimento

(39) In questo senso Mancini e Perassi, I trasferimenti elettronici di fondi, cit., p. 22.
(40) Banca d’Italia, Libro bianco sulla sorveglianza del sistema dei pagamenti, cit., p.
60; European Central Bank, Report on Electronic Money, cit., p. 26.
(41) Buttarelli, Banche dati e tutela della riservatezza, Milano, 1997, in particolare,
p. 577 ss.; Poullet, Internet et vie privée, in Società dell’informazione tutela della riserva-
tezza, Atti del Congresso svoltosi a Stresa il 16 e il 17 maggio 1997, Milano, 1998; Kang,
Information Privacy in Cyberspace Transactions, in Stanford Law Review, 1998, pp. 1193-
1294.
1360 CONTRATTO E IMPRESA

al trattamento dei dati personali che lo riguardano ed esigenze di sicurez-


za del sistema (42).
Al riguardo, de iure condendo, occorre chiedersi in primo luogo, se sia
sempre necessario che l’identificazione dell’utente coincida con l’identifi-
cazione personale dell’utente.
In certi casi, infatti, il controllo è volto a garantire piuttosto che l’iden-
tità del soggetto, la sua legittimazione ad effettuare alcune operazioni o ad
utilizzare determinati strumenti. Ad esempio, l’utilizzo del PIN non ga-
rantisce propriamente l’identità di un soggetto, bensì che questi è autoriz-
zato, per esempio, ad effettuare prelievi. Varie tecnologie, le cosiddette
PETs (Privacy Enhancing Technologies) consentono di identificare un sog-
getto senza rivelarne l’identità (43). In particolare, alcuni sistemi di mone-
ta elettronica utilizzano una tecnica nota come « blind signature » che do-
vrebbe garantire sia l’anonimato dell’utilizzatore che la sicurezza del si-
stema, interessi spesso contrapposti.
Conforme a questo orientamento è la recente direttiva europea sulle
firme elettroniche, 1999/93/CE la quale espressamente prevede che il cer-
tificato che consente di collegare un soggetto alla sua firma digitale possa
indicare, invece del nome del titolare, uno pseudonimo.
Occorre tuttavia osservare, in secondo luogo, che la tecnologia di per
sé, non può garantire pienamente il corretto trattamento dei dati persona-
li (44). Infatti, sebbene la maggior parte dei contratti conclusi su Internet
sia relativa a beni o a servizi di ammontare ridotto, che generalmente non

(42) Sulle contrapposte esigenze di rendere i pagamenti completamente anonimi e di


renderli, invece, ricostruibili mediante l’indicazione di un numero di serie, anche con rife-
rimento alla moneta elettronica, v. European Committee for Banking Standards, cit.,
p. 8.
(43) Sulle cosiddette PETs (Privacy Enhancing Technologies) si rinvia a Burkert, Privacy
enhancing technologies and the future role of data protection agencies, in Società dell’informa-
zione tutela della riservatezza, cit. Fra le PETs l’a. menziona la firma digitale e lo pseudoni-
mo digitale.
(44) In questo senso, cfr. Swire, The Uses and Limits of Financial Cryptography: A Law
Professor’s Perspective, in http://www.acs.ohio-state.edu/units/law/swire1/pscrypto.htm
(consultato il 28 settembre 2000) e anche in Hirschfeld (a cura di), Financial Cryptography,
Springer-Verlag, Berlin, 1997, pp. 238-258, Swire, Financial Privacy and the Theory of High-
Tech Government of Surveillance, in Washington University Law Quaterly, 1999, p. 461 e ss. e
Schultz, Electronic Money, Internet Commerce and the Right to Financial Privacy: A Call for
New Federal Guidelines, in University of Cincinnati Law Review, 1999, p. 779 e ss. Contro la
self-regulation in questo settore è Budnitz, Privacy Protection for Consumer Transactions in
Electronic Commerce: Why Self-Regulation Is Inadequate, in South Carolina Law Review,
1998, pp. 847-866.
SAGGI 1361

necessitano, per loro stessa natura, dell’identificazione personale dell’u-


tente, non tutte le transazioni in rete possono essere anonime o evitare l’i-
dentificazione personale dell’utente. Inoltre, l’utilizzo della crittografia
non è consentito in tutti gli Stati. Infine, le transazioni effettuate median-
te codici identificativi diversi dall’identificazione personale, non essendo
completamente anonime, consentirebbero comunque di costruire un pro-
filo dell’utente, ad esempio sulla base del PIN o dello pseudonimo, piut-
tosto che del nome e del cognome, generando anche in questo modo pro-
blemi di tutela del trattamento dei dati personali.

10. – La moneta elettronica appare oggi un bene sicuramente diverso


dalla moneta avente corso legale.
Si tratta di moneta convenzionale, di creazione e di fonte privatistica,
assimilabile per certi aspetti a figure note, quali la delegazione di paga-
mento, integrate dalla disciplina contrattuale. Nella disciplina codicistica,
i limiti alla diffusione e all’utilizzo della moneta elettronica sono dettati
dall’art. 1277 c.c. sulle obbligazioni pecuniarie e dall’art. 2004, che vieta
l’emissione di titoli di credito al portatore se non nei casi stabiliti dalla leg-
ge.
La disciplina della moneta elettronica è inoltre fortemente condizio-
nata dai vincoli posti dal legislatore europeo e dalle banche centrali, fina-
lizzati all’esercizio della vigilanza del sistema dei pagamenti e del control-
lo nell’emissione di moneta.
Oggi il legislatore europeo limita l’emissione di moneta elettronica a
importi di scarso ammontare.
Le banche centrali europee limitano l’emissione di moneta elettronica
e ne limitano la circolazione. Possono richiedere, inoltre, che la moneta
elettronica non circoli in modo anonimo.
Pur essendo questa l’attuale regolazione, quale appare dall’analisi ef-
fettuata, tuttavia, i futuri sviluppi del fenomeno sembrano orientati, se
non verso la confluenza fra moneta elettronica e moneta legale, verso una
sempre più ampia accettabilità sociale della moneta elettronica. Pertanto,
sembra necessario non fermarsi a considerare il fenomeno come oggi si
presenta ed è regolato, ma tenere ben presenti quelle che paiono essere le
future linee di sviluppo.

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