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CRIPTOVALUTE

DAVIDE PISANI
INDICE
CAPITOLO 1
1. Criptovalute: cosa sono? 2. Storia e origini

CAPITOLO 2
1. Come utilizzare le criptovalute?
1.1 Comprare azioni
1.2 Trasferire denaro
1.3 Ottenere una riserva alternativa di ricchezza
1.4 Investire in imprese o start-up innovative
1.5 Shopping online
1.6 Viaggiare
1.7 Effettuare scambi crittografici
1.8 Trading online

CAPITOLO 3
1. In quali criptovalute investire?
1.1 Scegli una buona piattaforma di scambio
1.2 Informati sul volume di scambio
1.3 Osserva l’andamento del prezzo
1.4 Informati sull’offerta massima
1.5 Verifica la capitalizzazione di mercato
1.6 Studia la tecnologia di settore
1.7 Valuta la solidità del progetto
1.8 Indaga sul team responsabile del progetto
1.9 Osserva la community

CAPITOLO 4
1. Come si investe nelle criptovalute?
1.1 Informati e sceglie la criptovaluta
1.2 Scegli la piattaforma su cui investire
1.3 Apri un Conto Demo
1.4 Effettua il tuo primo deposito
1.5 Scegli la giusta strategia di investimento

CAPITOLO 5
1. Volatilità e criptovalute: quali fattori determinano la crescita o
crollo dei prezzi ?
2. Gli strumenti dell’analisi tecnica: come usare i grafici?
2.1 Cos'è l’avidità di mercato?
2.2 Cosa sono i segnali di supporto e di resistenza?
2.3 Come sfruttare le Medie Mobili

CAPITOLO 6
1. Cos’è il Mining?
2. Origini ed evoluzione del Mining

CAPITOLO 7
1. Cos’è e a cosa serve una blockchain?
1.2 Le caratteristiche fondamentali della blockchain
2. Quali elementi compongono una blockchain?

CAPITOLO 8
1. L’avvento delle Stablecoin
2. Quante tipologie di Stablecoin esistono?

CAPITOLO 9
1. ICO: cosa sono e come funzionano le Initial Coin Offering
1.2 Investire in ICO è davvero conveniente?
1.3 Come capire se una ICO può avere successo

CAPITOLO 10
1. Cosa sono e come funzionano gli Smart Contracts
2. Quali vantaggi offrono gli Smart Contract?
3. Criticità e svantaggi
4. Previsioni per il futuro

CAPITOLO 11
1. Copytrading: a cosa serve e come funziona
2. Vantaggi e rischi del copytrading
3. Mirror Trading, Social Trading e Copytrading
4. Strategie di copytrading

CAPITOLO 12
1. Le criptovalute più interessanti
1.1 Uniswap (UNI)
1.2 Polkadot (DOT)
1.3 Reserve Rights (RSR)
1.4 Tron (TRX)
1.5 Stellar (XLM)
1.6 Eosio (EOS)
1.7 Iota (MIOTA)
1.8 Chainlink (LINK)
1.9 Hedera Hashgraph (HBAR)
1.10 Aave (AAVE)

CAPITOLO 13
1. Quali sono le criptovalute più affermate?
1.1 Bitcoin (BTC)
1.2 Ripple (XRP)
1.3 Litecoin (LTC)
1.4 Ethereum (ETH)

CAPITOLO 14
1. Quali criptovalute evitare?
1.1 DogeCoin (DOGE)
1.2 Monero (XMR)
1.3 Cardano (ADA)
1.4 BitCoin SV
1. Dove conservare le criptovalute?
1.1 E-Wallet eToro
1.2 E-Wallet Binance
1.3 Coinbase Wallet
1.4 Crypto.com Wallet
1.5 SpectroCoin Wallet
1.6 Kraken Wallet
1.7 Bittrex Wallet
1.8 Bibox Wallet
1.9 Poloniex Wallet
1.10 Ledger Nano X
1.11 Ledger Nano S
1.12 Trezor Wallet
1.13 Bitbox Wallet
1.14 Exmo Wallet
1.15 Keepkey Wallet

CAPITOLO 16
1. Come migliorare le strategie di investimento?
2. Esegui un’efficace analisi degli errori
2.1 Errori nella dimensione della posizione operativa (Position
Sizing)
2.2 Non affidarti alla volatilità
2.3 Controlla i grafici
2.4 Non mantenere la posizione aperta oltre il necessario
2.5 Non essere superficiale nella scelta del broker
3. Lavora sulle tue aspettative
4. Gestione psicologica ed emotiva nel trading online
5. Ascolta i consigli dei professionisti e confrontati con gli altri
investitori

CAPITOLO 17
1. Gestione del rischio: strumenti e linee guida
2. Leva finanziaria: cos’è e come funziona
2.1 Quando conviene usare la leva finanziaria?
3. La piramide del rischio e la diversificazione dei portafogli
4. Gli ordini condizionali: Stop Loss e Take Profit
4.1 Come funziona l’ordine condizionale Stop Loss
4.2 Come funziona l’ordine condizionale Take Profit
1. Quale futuro si prevede per il trading di criptovalute?
1.1 Speculazione
1.2 Commercio
1.3 Possibili sviluppi legali
2. Considerazioni finali

1. Criptovalute: cosa sono?


Il rapido sviluppo della rete internet e l’avvento delle nuove
tecnologie virtuali sono gli elementi protagonisti di una vera e propria
rivoluzione che, negli ultimi anni, sta attraversando l’intero settore
della finanza digitale. La crittografia, in particolare, è un innovativo
strumento che permette di rendere un qualsiasi messaggio, diffuso
attraverso canali digitali, comprensibile soltanto per quei soggetti che
posseggono la chiave di lettura necessaria per decifrarlo.

È esattamente in questo contesto che si sviluppa la criptovaluta,


termine che avrai sicuramente sentito nominare più volte nel corso
dell’ultimo decennio. Con una prima analisi lessicale si può
suddividere questa parola in due parti: cripto e valuta. Si può dunque
dedurre che si tratti di una particolare tipologia di moneta diffusa e
utilizzata grazie alla crittografia, ma cos’è precisamente una
criptovaluta e qual è la sua funzione all’interno del panorama
finanziario?

Secondo una prima definizione la criptovaluta può essere intesa


come uno strumento digitale di transazione utilizzato per acquistare,
vendere o scambiare beni e servizi, in grado di generare al
contempo nuova ricchezza; una delle sue principali caratteristiche è
data dal fatto di essere legata ad una chiave di sicurezza che rende
sicure queste transazioni, verificandole e mantenendo sotto controllo
la creazione di nuovo capitale virtuale. Le criptovalute esistono
soltanto in formato digitale, pertanto non è possibile utilizzarle in
forma cartacea e vengono generate, diffuse e scambiate soltanto
attraverso canali telematici.

Questo nuovo sistema di scambi virtuali ha ottenuto


immediatamente grande consenso tra le nuove generazioni della
digital economy: è infatti del tutto indipendente rispetto al
tradizionale sistema monetario imperniato sul ruolo degli intermediari
finanziari (come le banche o altri enti creditizi), non subisce
l’influenza dei cicli economici legati alle valute fisiche ed è slegato
dall’andamento dei tassi d’interesse. Per questi stessi motivi, le
autorità governative e statali guardano alle criptovalute con occhio
critico e diffidente, dal momento che lo sviluppo di un nuovo sistema
economico totalmente virtuale potrebbe facilmente eludere i più
classici sistemi di vigilanza e controllo, permettendo la diffusione di
nuove tipologie di riciclaggio illecito di denaro ed evasione fiscale.

Attualmente, a livello globale, le criptovalute non hanno ancora


ricevuto una vera e propria regolamentazione e la BCE ha chiarito
che non possono assolutamente essere considerate come monete
aventi corso legale: nella maggior parte dei Paesi sono infatti
considerate delle semplici commodities, ovvero strumenti di
investimento del risparmio in grado di generare interesse.

In Giappone, tuttavia, sono utilizzate come vero e proprio mezzo di


scambio alternativo allo yen e la loro enorme crescita e diffusione
lascia intendere che un simile meccanismo potrebbe presto essere
adottato anche da altri Stati.

2. Storia e origini
Se vuoi comprendere davvero cosa siano le criptovalute è
necessario analizzare le origini di questo nuovo strumento di
pagamento, nato alla fine del primo decennio degli anni 2000 e oggi
considerato come il cuore pulsante di quella che sarà la finanza
globale del futuro.

Per prima cosa devi sapere che il fenomeno dell’economia globale è


stato da sempre parte integrante della civiltà umana. Anche le
società primitive adottavano sistemi di scambio, come il baratto,
definiti economia naturale. Tratti comuni di tutte le tipologie di
economia che sono nate e si sono affermate nel corso del secoli
sono il fatto che la scelta della merce adibita a moneta di scambio
fosse dettata dalla praticità di utilizzo di quest’ultima nella vita
quotidiana e la presenza di un’autorità (governativa, religiosa o
militare) avente il compito di gestire la scelta e diffusione della
moneta utilizzata.

L’affermarsi della valuta di carta, ad esempio, è stata dettato dal fatto


che produrla richiede tecniche decisamente meno dispendiose
rispetto al continuare a diffondere monete in metallo prezioso:
questo mezzo di pagamento, tra l’altro, ha ancorato il prezzo della
moneta non al valore della materia di produzione, bensì al valore
che lo Stato (autorità controllante) da alla moneta e,
conseguentemente, alla fiducia che la popolazione, utilizzandola,
accorda alla stessa.
Le valute attualmente utilizzate, non più ancorate al valore dei
metalli preziosi o alle riserve auree presenti nei caveau nazionali,
sono state definite valute Fiat. La moneta digitale può essere
ritenuta un’ulteriore evoluzione dell’economia basata sugli scambi
monetari e, rimanendo fedele al tratti comuni dei precedenti sistemi,
anch’essa risponde alla necessità di utilizzare uno strumento di
pagamento quanto più versatile e pratico possibile.

Ad inaugurare la compravendita virtuale sono state le carte di credito


e debito, estremamente facili da trasportare e in grado di eseguire
pagamenti in qualsiasi luogo e a qualsiasi distanza. Le carte di
pagamento, inoltre, hanno offerto innegabili vantaggi a livello di
sicurezza e controllo delle transazioni: ogni movimento è infatti
tracciabile, pertanto gli enti di vigilanza possono avere immediata e
precisa contezza di ogni operazione eseguita. Attualmente il sistema
economico della moneta fisica e quello della moneta digitale
convivono perfettamente: l’uno e l’altro possono essere utilizzati
alternativamente.

L’avvento delle criptovalute ha alterato irrimediabilmente questo


equilibrio: si è infatti creato un terzo sistema economico del tutto
indipendente rispetto ai primi due, in grado di ottimizzare questi
ultimi e, probabilmente, di soppiantarli.

La nascita delle criptovalute si collega al lancio sul mercato del


Bitcoin, avvenuto nel 2008. Nonostante si tratti di un evento piuttosto
recente, attorno alla figura del creatore dei Bitcoin si è creato un
incredibile alone di mistero: costui è conosciuto con lo pseudonimo
di Satoshi Nakamoto, ma non si è mai stati in grado di scoprire chi
sia realmente.
Prescindendo dalle molteplici teorie e idee che si sono sviluppate
attorno alla nascita del Bitcoin, si è quasi del tutto certi che la data di
rilascio della nuova moneta virtuale non sia stata affatto casuale: nel
2008, infatti, l’economia globale era in piena crisi, pertanto la sfiducia
verso il sistema economico tradizionale ha permesso alle
criptovalute di attirare immediatamente largo consenso e
apprezzamento.
Poco tempo dopo l’avvento del Bitcoin, infatti, si è assistito ad un
repentino sviluppo di questa nuova metodologia di compravendita e
nel giro di pochi anni il mercato è stato invaso da centinaia di nuove
criptovalute. Queste monete,
comunemente denominate token, possono infatti essere generate
direttamente dai loro utilizzatori e investitori attraverso un processo
denominato Mining, che sfrutta la potenza della rete internet e dei
componenti hardware dei computer (come ad esempio schede
grafiche d’avanguardia) per moltiplicare le criptovalute già esistenti e
crearne di nuove.

Una delle più immediate conseguenze della diffusione delle


criptovalute si può osservare nel comportamento delle aziende:
moltissime realtà imprenditoriali hanno infatti deciso di investire in
moneta digitale, creando nuovi sistemi di finanziamento destinati alla
raccolta di capitale sotto forma di criptovaluta. Questi finanziamenti
sono stati comunemente definiti ICO (Initial Coin Offer).

CAPITOLO 2
1. Come utilizzare le criptovalute?
Come avrai già capito le criptovalute ad oggi non sono riconosciute
come una vera e propria valuta di scambio avente valore legale, ciò
nonostante è possibile sfruttarle esattamente come una qualsiasi
moneta Fiat: per inquadrare correttamente la natura e le possibilità
di utilizzo delle criptovalute devi dunque considerarle come denaro
reale privo di esistenza fisica.

C’è chi è convinto del fatto che nel prossimo futuro andranno a
sostituire completamente i contanti, infatti sempre più Paesi stanno
valutando l’idea di permettere ai propri cittadini di utilizzare le
criptovalute come alternativa della moneta cartacea o di quella
digitale contenuta in carte di credito e debito: non è tuttavia possibile
essere certi che la cripto-economy subentrerà al posto di quella
tradizionale, sostituendola, ma il suo attuale successo ed
espansione possono sicuramente far ritenere che continuerà a
svolgere un ruolo da assoluta protagonista nel settore finanziario.
Vediamo dunque come puoi attualmente usare le criptovalute nel
quotidiano.

1.1 Comprare azioni


Le criptovalute, presenti ormai da oltre 10 anni nel mercato globale
hanno ottenuto pieno accesso al settore commerciale e, in particolar
modo, nel settore delle compravendite digitali. Attraverso questi
canali puoi acquistare e rivendere qualsiasi tipologia di bene o di
servizio e, grazie a piattaforme intermediarie che consentono di
scambiare le criptovalute in moneta Fiat (e viceversa), hai
l’opportunità di accedere al mercato azionario e ottenere
partecipazioni societarie o titoli finanziari pagando gli stessi con le
criptovalute.

1.2 Trasferire denaro


Le criptovalute vengono frequentemente utilizzate per trasferire
piccole o grandi somme di denaro, dal momento che queste
transazioni sono caratterizzate da costi e commissioni
particolarmente bassi e di certo inferiori a quelli richiesti dagli scambi
e trasferimenti in valuta Fiat. Altro vantaggio del trasferire denaro
usando le valute digitali sta nel fatto che queste operazioni sono
estremamente veloci, se non istantanee: qualsiasi bonifico bancario,
invece, richiede diversi giorni per far giungere la valuta Fiat sul conto
destinatario.

1.3 Ottenere una riserva alternativa di ricchezza


I capitali depositati presso gli istituti bancari sono sempre esposti al
rischio di bancarotta o alla possibilità di essere resi inutilizzabili. I
conti correnti attivi presso qualsiasi ente finanziario, infatti, possono
essere bloccati e la loro disponibilità può essere negata al titolare
per svariati motivi: cattiva condotta finanziaria, sovra indebitamento
o fallimento dell’istituto di credito. Le criptovalute, a differenza delle
monete Fiat, vengono invece conservate in appositi portafogli digitali
(denominati wallet), i quali possono essere utilizzati esclusivamente
il possessore della chiave privata d’accesso.

Nessun ente o autorità esterna, pertanto, può agire in alcun modo


sui wallet, che continuano a rimanere a disposizione del loro titolare
anche se a quest’ultimo viene interdetto l’utilizzo dei tradizionali
canali di deposito.

1.4 Investire in imprese o start-up innovative


Con l’avvento degli ICO (strumenti finanziari dedicati alla raccolta
fondi) chiunque può diventare socio/investitore delle aziende di
nuova creazione. Ciò è possibile comprando con valuta Fiat i token
immessi nel mercato da parte delle società: vendendo le monete
digitali legate al proprio progetto, le imprese possono facilmente
ottenere i fondi di cui necessitano e chiunque detenga detti token è
entra a far parte a tutti gli effetti del gruppo di investitori che hanno
diritto a partecipare alla divisione dei profitti societari.

1.5 Shopping online


Moltissimi e-commerce hanno implementato nelle piattaforme
proprietarie il pagamento in criptovaluta, spesso offrendo anche
degli sconti extra a chi decide di utilizzarlo. Tra questi puoi trovare
negozi specializzati nella vendita di abbigliamento, videogiochi,
utensili di ogni genere e servizi di abbonamento o intrattenimento
digitale (come ad esempio le piattaforme che diffondono contenuti
digitali in streaming).

1.6 Viaggiare
Seguendo la scia degli e-commerce, sempre più compagnie aeree o
agenzie di viaggio stanno permettendo ai propri clienti di prenotare
biglietti, hotel o mezzi a noleggio eseguendo il pagamento in
criptovalute. Rinomate aziende come Destinia, Travala o TravelbyBit
hanno infatti da alcuni anni implementato le criptovalute tra i mezzi di
pagamento disponibili presso i propri siti ufficiali.
La diffusione degli ATM Bitcoin, inoltre, permette ai viaggiatori di
convertire le proprie criptovalute in moneta Fiat utilizzando gli
sportelli autorizzati e attualmente presenti in tutte le principali città
del mondo.

1.7 Effettuare scambi crittografici


Sono attualmente diffuse sul mercato moltissime tipologie di token,
ognuna delle quali presenta un valore differente. Puoi dunque
scambiare le tue criptovalute con altre differenti utilizzando un
sistema del tutto simile a quello delle conversioni in valuta Fiat: se
con queste ultime è ad esempio possibile convertire un determinato
quantitativo di Euro in Dollari, lo scambio crittografico ti consente di
trasformare i Bitcoin in Ethereum.

1.8 Trading online


Con il termine Trading online si intende un particolare modo di
investire in borsa: accedendo alle piattaforme exchange o ai broker
online autorizzati puoi dunque comprare titoli finanziari direttamente
dal tuo computer, smartphone o tablet, ottenendo profitti dalla
differenza data dall’acquisto e rivendita degli stessi.

CAPITOLO 3
1. In quali criptovalute investire?
Scegliere in quale criptovaluta investire non è un’operazione
semplice. Attualmente sul mercato sono presenti oltre 6.000 token,
estremamente diversi fra loro per valore, volume di scambi e
popolarità. Per essere certo di investire sulle criptovalute più
convenienti, dunque, devi considerare tutti gli elementi che troverai
nei prossimi paragrafi. Soltanto informandoti adeguatamente sulle
caratteristiche specifiche di ogni criptovaluta, infatti, potrai capire
qual è la più adatta per te e potrai effettuare un investimento
ragionato, potenzialmente in grado di generare un buon profitto.

1.1 Scegli una buona piattaforma di scambio


Le criptovalute sono spesso disponibili in svariate piattaforme
exchange e broker online, ma queste ultime non sono tutte
ugualmente convenienti, né godono sempre di una buona
reputazione. La prima che devi fare per capire se un intermediario
può essere ritenuto affidabile o meno è informarti sulla sua
regolamentazione: per operare nel mercato finanziario, infatti, è
necessario possedere delle licenze rilasciate dagli enti territoriali di
controllo e vigilanza.

Tra le licenze più ambite e rispettabili puoi trovare la licenza CySEC,


rilasciata dalla Cyprus Securities and Exchange Commissions: si
tratta di una commissione nata nel 2001 con lo scopo di
regolamentare il mercato finanziario; inizialmente operava solo in
territorio cipriota, ma dal 2004 ha adeguato i suoi criteri di
valutazione a quelli previsti dall’Unione Europea. La FCA, invece, è
la licenza rilasciata dalla Financial Conduct Authorithy, ossia
l’organismo indipendente che si occupa di regolamentare il mercato
finanziario del Regno Unito. Puoi annoverare nell’elenco delle
autorizzazioni più importanti anche la ASIC, rilasciata dalla
Australian Securities & Investments Commission, che consente di
operare nell’esclusivo mercato finanziario australiano.

I migliori siti exchange o broker online adottano criteri molto


stringenti per accettare le criptovalute nelle proprie piattaforme: se
dunque noti che un token non è disponibile pressi gli intermediario
ritenuti più sicuri e affidabili, potresti dedurre che quella particolare
criptovaluta non merita la tua fiducia.

1.2 Informati sul volume di scambio


Il volume di scambio della criptovaluta indica sia la quantità di
scambi effettuati su un dato mercato sia il valore complessivo delle
criptovalute scambiate in un dato periodo di tempo. Questo valore
viene generalmente misurato ogni 24 h: quando si ottengono valori
molto alti di scambio significa che il token è fortemente richiesto, in
caso contrario puoi facilmente comprendere che gli investitori
considerano la criptovaluta poco interessante.

La presenza di una domanda alta, inoltre, genera un incremento del


valore della criptovaluta, mentre quando il mercato non dimostra
interesse per un token quest’ultimo perde valore.

1.3 Osserva l’andamento del prezzo


Tra gli elementi che devi considerare per capire in quale criptovaluta
conviene maggiormente investire, trovi il suo prezzo. Questo fattore
può essere molto importante per comprendere il livello di credibilità e
fiducia che il mercato riconosce alla criptovaluta, ma non è il dato
principale su cui devi operare la tua scelta. Nonostante molti token
ormai diffusi e affermati presentino un prezzo molto alto, il panorama
delle criptovalute continua continuamente ad espandersi grazie al
lancio di nuove monete virtuali.
I token emergenti sono in grado di presentare un prezzo molto
conveniente, dal momento che sono stati immessi nel mercato da
poco, ma allo stesso tempo possono rivelarsi estremamente
promettenti e acquisire velocemente consenso e
apprezzamento. Devi dunque capire in base alle tue esigenze e
obiettivi personali se ti conviene di più investire in un token già
affermato (e puntare su profitti nel medio e lungo termine) o
scommettere su token emergenti (capaci di generare enormi
guadagni anche nel breve termine).

Ad ogni modo è sempre preferibile non prendere in considerazione


solo il prezzo che una criptovaluta presenta in un dato giorno,
essendo questi strumenti finanziari soggetti a variabili oscillazioni di
mercato: per valutare se il prezzo della criptovaluta che ti interesse
presenta un trend rialzista o se invece tende al ribasso, devi dunque
informarti sul suo trend storico (informandoti sulle oscillazioni di
prezzo subite dalla moneta negli ultimi anni).

1.4 Informati sull’offerta massima


L’offerta massima indica l’ammontare totale di criptovalute che
verranno immesse sul mercato: diversi progetti stabiliscono differenti
offerte massime e tali dati vengono pubblicati dagli aggregatori o dai
vari siti fornitori di informazioni sulle criptovalute (come ad esempio
CoinMarketCup).

L’offerta massima è un dato che influisce particolarmente sul prezzo


di mercato della relativa moneta, pertanto i token che presentano alti
livelli di offerta massima e un buon livello di domanda ed offerta
presentano un valore maggiore, quando invece l’offerta massima è
bassa e contestualmente diminuisce sia la domanda sia l’offerta, il
valore del token decresce.

Ciò non significa che devi necessariamente puntare su criptovalute


caratterizzate da un’offerta massima illimitata: tra le più comuni leggi
di mercato, infatti, la scarsità o non illimitata disponibilità di un bene
può renderlo maggiormente appetibile (come nel caso dei beni di
lusso) e aumentare il suo valore. I

1.5 Verifica la capitalizzazione di mercato


La capitalizzazione di mercato è una variabile finanziaria che può
aiutarti a comprendere quale sia l’effettiva forza di una data
criptovaluta: indica infatti il valore totale di tutti i token estratti (ad
esempio indica il valore complessivo di tutti i Bitcoin presenti sul
mercato). Maggiore è la capitalizzazione di mercato, maggiore è la
forza della criptovaluta.

Questa variabile viene calcolata moltiplicando il numero totale di


token disponibili per il loro prezzo in un dato momento. Le
criptovalute che presentano una capitalizzazione di mercato molto
alta si prestano perfettamente ad investimenti stabili e guadagni sul
lungo periodo, invece quelle con bassa capitalizzazione di mercato
si adattano ad operazioni più rischiose, potendo nel breve e medio
periodo generare sia ingenti guadagni sia forti perdite.

1.6 Studia la tecnologia di settore


Comprendere la tecnologia su cui si basa il settore delle criptovalute
può sicuramente aiutarti a capire non solo le caratteristiche di uno
specifico token, ma anche le sue potenzialità sul mercato. Le
criptovalute che possiedono tecnologie all’avanguardia o in grado di
aggiornare i propri codici e protocolli sono infatti quelle più
competitive, in grado di mantenere il passo dei token di nuova
generazione o di conquistare determinati settori di mercato.

Criptovalute che operano su tecnologie obsolete, invece, sono


destinate ad essere ben presto soppiantate da funzionalità e servizi
più efficienti e recenti offerti dai token emergenti.

1.7 Valuta la solidità del progetto


L’emissione di qualsiasi criptovaluta è preceduta dalla redazione di
uno specifico progetto: questo contiene lo scopo principale del token
(per quale motivo viene emesso), in quale settore intende operare e
affermarsi, quali sono le funzionalità e servizi che offre agli investitori
e quali sono gli obiettivi di mercato a breve, medio e lungo termine.

Grazie a queste informazioni potrai comprendere qual è il contesto


pratico in cui intende inserirsi la moneta e scoprire quali saranno i
suoi diretti competitors e con quali ostacoli di settore deve scontrarsi.

Un buon progetto, inoltre, dev’essere redatto in modo chiaro e


preciso: se ti trovi davanti ad un progetto che non presenta alcun
vantaggio pratico legato all’uso del token o che è troppo complicato
da comprendere, probabilmente ti trovi davanti ad un token truffa e
faresti meglio a rivolgere le tue attenzioni, e i tuoi investimenti,
altrove.

1.8 Indaga sul team a capo del progetto


Quando vuoi individuare la giusta criptovaluta su cui investire, devi
assolutamente informarti sulle personalità che compongono il team
che gestisce il progetto e su chi lo sostiene. La presenza di nomi ben
noti all’interno del panorama finanziario, infatti, indicano che la
criptovaluta può essere degna di fiducia: i colossi dell’industria e i
possessori di capitali d’alto profilo, infatti, hanno una reputazione da
mantenere e non rischierebbero mai di essere associati a progetti
scadenti o che nascondono delle truffe.

È molto importante che tra gli sviluppatori del token tu possa trovare
soggetti dotati di comprovata esperienza nel settore, dal momento
che le criptovalute ideate dai principianti hanno maggiore probabilità
di non ottenere alcun successo.

Un buon team, tra l’altro, stila una tabella di marcia molto precisa, la
quale ti permette di valutare le reali possibilità di sviluppo del token
in base ai piani e progetti che i suoi sviluppatori intendono mettere in
atto.

1.9 Osserva la community


Oltre a informarti sul team di sviluppatori, può rivelarsi molto
interessante anche osservare che tipologia di investitori popola la
community di seguaci della criptovaluta. Potrai in questo modo
ottenere recensioni provenienti dalle esperienze dirette di chi ha già
investito sul token di tuo interesse e comprendere se le loro
operazioni o strategie abbiano effettivamente ottenuto i risultati
sperati o se al contrario siano state infruttuose.
CAPITOLO 4
1. Come si investe nelle criptovalute?
Per iniziare a investire il tuo capitale in criptovalute limitando il più
possibile il rischio finanziario devi seguire un percorso ben specifico:
informarti e scegliere la criptovaluta, scegliere la piattaforma più
adatta alla tipologia di investimento che intendi effettuare, prendere
confidenza con le funzionalità e servizi della piattaforma prescelta,
effettuare un primo deposito e applicare una corretta strategia. In
questo capitolo analizzeremo uno ad uno tutti questi passaggi.

1.1 Informarti e scegliere la criptovaluta


Nel precedente capitolo ti abbiamo fornito tutti gli strumenti
necessari per capire qual è la criptovaluta più adatta alle tue
esigenze. Per capire su quale token investire, infatti, devi valutare
oltre all’affidabilità dello stesso anche il tipo di operazione che vuoi
mettere in atto. A secondo che tu voglia puntare a profitti nel breve,
medio e lungo termine devi infatti scegliere la criptovaluta che
possiede i requisiti e le caratteristiche più utili per i tuoi progetti.

1.2 Scegliere la piattaforma su cui investire


Prima di ogni altra cosa devi sapere che esistono due tipologie di
piattaforme su cui investire: gli exchange e i broker online. Entrambi
permettono di investire in criptovalute, ma i primi consentono di
entrare direttamente in possesso del token, mentre i secondi ti
consentono di speculare sulle oscillazioni di mercato delle
criptovalute, senza entrare direttamente in possesso delle stesse ed
operando attraverso degli strumenti derivati denominati CFD.

Gli exchange, inoltre, permettono di ottenere profitti soltanto con un


andamento rialzista, mentre con i broker è possibile guadagnare sia
al rialzo sia al ribasso. Dopo aver deciso se vuoi operare con una
piattaforma exchange o un broker, informati sulla sicurezza e
affidabilità della stessa indagando sulla sua regolamentazione e
consultando le opinioni e recensioni degli utenti che l’hanno già
utilizzata.

1.3 Apri un Conto Demo


Quasi la totalità delle piattaforme exchange, o almeno tutte quelle
più affidabili, offrono la possibilità di utilizzare un Conto Demo.
Questa tipologia di conto ti permette di prendere confidenza con
tutte le funzionalità e servizi offerti dalla piattaforma e, se sei un
investitore alle prime armi, può essere un ottimo strumento per
imparare delle buone strategie d’investimento. Per utilizzare un
Conto Demo non è necessario effettuare alcun tipo di deposito ed
avrai a tua disposizione una certa quantità di moneta virtuale, il cui
ammontare varia di piattaforma in piattaforma, che ti permetterà di
investire senza rischiare il tuo capitale.

Alcuni exchange e broker offrono un Conto Demo da utilizzare per


un tempo illimitato, rivolto per lo più ai novizi, altre invece pongono
dei limiti temporali al suo utilizzo (30 giorni o meno) per invogliare i
trader più esperti a testare velocemente la piattaforma per poi
portarli ad utilizzare un conto reale.

1.4 Effettua il tuo primo deposito


Per operare con il trading online ed ottenere profitti reali, devi
necessariamente effettuare un primo deposito sul tuo account. Al
momento della scelta della piattaforma da utilizzare, pertanto,
informati nel caso siano previsti dei limiti di deposito minimo e decidi
quale soluzione è quella più adatta alle tue esigenze. Alcuni siti,
infatti, prevedono limiti minimi di deposito piuttosto elevati, in altri è
possibile iniziare ad investire depositando appena 100 €.
Generalmente sono disponibili svariati metodi di pagamento, tra i
quali i più comuni sono i bonifici bancari, i versamenti con carte di
credito o debito (anche prepagate) e il trasferimento di contanti da
altri wallet terzi (come Neteller, Paypal o Skrill). I depositi eseguiti
con carte virtuali o wallet digitali sono istantanei, mentre scegliendo il
bonifico bancario è possibile che per iniziare a investire tu debba
attendere dai 3 ai 5 giorni lavorativi.

Altro elemento da considerare sono i costi e le commissioni previste:


in questo caso i broker a zero commissioni giocano a tuo favore,
permettendoti di eseguire operazioni di prelievo e deposito in modo
completamente gratuito (i guadagni della piattaforma sono infatti dati
dallo spread, una piccola differenza tra il prezzo di acquisto e
vendita reali e quelli applicati dalla piattaforma).

1.5 Scegli la giusta strategia di investimento


La scelta della strategia di investimento si basa su molteplici fattori:
devi considerare che tipo di investimento vuoi effettuare, in quanto
tempo preferisci realizzare profitti, quanto sei disposto a rischiare e il
tuo livello di esperienza nel trading online.

Sicuramente i trader professionisti possono mettere in atto strategie


di investimento molto più rischiose e speculative, poiché hanno
piena consapevolezza delle conseguenze che da esse possono
derivare; se invece fai parte di quel nutrito numero di persone che,
sempre più incuriosito dalle criptovalute, vuole iniziare a muovere i
primi passi in questo settore potresti sicuramente preferire delle
strategie più caute e sicure. Vediamo dunque quali sono alcune delle
strategia di investimento più utilizzate.

Investire sulle Top 10 crypto : analizzando i maggior indici di


mercato puoi facilmente notare che i primi posti nella classifica delle
monete con più alta capitalizzazione di mercato sono occupati più o
meno sempre dalle stesse criptovalute e scegliere di investire in
questo tipo di token può considerarsi un’operazione piuttosto sicura
e in grado di generare buoni profitti. Per contro, devi considerare che
questa strategia porta a realizzare guadagni per lo più nel medio e
lungo termine e che richiede un investimento iniziale piuttosto
elevato.
Investire sul potenziale valore futuro : se sei in grado di valutare
correttamente le potenzialità di una moneta appena immessa nel
mercato, questa potrebbe essere la strategia da adottare. I token
emergenti, infatti, presentano sempre un prezzo piuttosto basso e
pertanto puoi acquisirne un cospicuo numero anche senza investire
un grande capitale.

Se il loro progetto è solito e riescono a mantenere le tabelle di


marcia prefissate dal team di sviluppatori, potrai ottenere un
cospicuo guadagno nel momento in cui il loro valore decollerà sul
mercato. Devi comunque considerare sempre il fattore rischio (la
moneta può infatti non ottenere il successo sperato) e il fatto che un
simile investimento difficilmente genera guadagni immediati.

Puntare ai guadagni nel breve periodo : il modo migliore per


generare profitti nel breve e brevissimo periodo è quello di investire
sugli strumenti finanziari derivati, ossia i CFD. Tramite questi ultimi
non entrerai in possesso del token, ma potrai guadagnare grazie alle
sue oscillazioni di mercato.

Il maggior vantaggio di questa strategia è dato dal fatto che puoi


ottenere profitti investendo sia al rialzo sia al ribasso, ma devi
considerare che questo tipo di investimento è altamente speculativo,
pertanto se sei alle prime armi faresti meglio a scegliere dei token
piuttosto stabili e che subiscono poche oscillazioni di prezzo.

CAPITOLO 5
1. Volatilità e criptovalute: quali fattori
determinano la crescita o crollo dei prezzi ?
L’avvento della crisi economica dovuta alla pandemia globale e la
diffusione delle notizia secondo cui il governo Sud Coreano vorrebbe
reprimere il trading della principali criptovalute hanno recentemente
causato brusche oscillazioni di mercato e molti investitori, tra gli anni
2017 e 2019, hanno visto crollare improvvisamente il valore dei
propri token. La capacità delle criptovalute di aumentare o
decrescere nel proprio valore è definita volatilità ed è una delle
principali caratteristiche di questo particolare tipo di moneta.

I fattori che influenzano la volatilità del mercato sono molteplici,


pertanto prima di effettuare un investimento devi sempre informarti
sull’impatto che questi elementi potrebbero avere nel breve, medio e
lungo termine sul valore della criptovaluta che desideri acquistare.

Le principali indagini di mercato hanno evidenziato quali sono i


principali motivi che portano gli investitori ad acquistare o rivendere
le risorse crittografiche. Tra questi si possono menzionare le
caratteristiche scientifiche e tecnologiche proprie della criptovaluta, il
consenso sociale (ossia il livello di credibilità della moneta e la sua
capacità di conquistare la fiducia degli investitori) e i dati tecnici che
la caratterizzano e che determinano quanto sia effettivamente
pratico e conveniente utilizzarla nella vita quotidiana.
Tra i fattori che influenzano direttamente i prezzi, invece, si trovano
la regolamentazione dei governi (solo in pochissimi Paesi, ad
esempio, le criptovalute sono riconosciute come metodo di
pagamento alternativo alle valute Fiat), la diffusione di notizie
positive o negative (gli scandali e la scoperta di truffe fanno crollare i
prezzi, mentre l’avvento di migliorie a livello di codici e funzionalità
ne determinano l’aumento), il livello di difficoltà del mining (processo
tramite cui si creano nuovi token) e l’impatto degli scopi speculativi,
che nel breve termine sono la causa principale delle oscillazioni di
prezzo.

2. Gli strumenti dell’analisi tecnica: come usare i


grafici?
Per valutare il livello di volatilità di una determinata criptovaluta hai a
disposizione diversi strumenti tecnici, come i grafici che riportano
l’andamento della moneta in un determinato periodo di tempo. I più
utilizzati sono i cosiddetti grafici a candele giapponesi, colorati in
verde o in rosso a seconda che registrino un trend rialzista o al
ribasso. Questa tipologia di grafici mostra l’andamento del prezzo di
una criptovaluta nel periodo temporale impostato dall’utente:
possono riferirsi alle oscillazioni avvenute nell’ultima ora, nelle ultime
quattro o sei ore, nel corso di una giornata, mensili, annuali o
persino pluriennali.

Ulteriori dati che possiamo leggere nei grafici a candela giapponese


sono i prezzi di apertura e chiusura relativi al periodo temporale
analizzato, situati sulla base e sulla sommità della candela: in
particolare, nel caso di candela rossa (che segnala una perdita) il
bordo superiore riporta il prezzo di apertura e quello inferiore il
prezzo di chiusura; nel caso di candela verde (che riporta un
aumento di prezzo) il bordo superiore indica il prezzo di chiusura,
mentre quello inferiore mostra il prezzo di apertura.

È possibile trovare anche delle candele colorate in grigio e ciò


significa che sia all’apertura sia alla chiusura della sessione è stato
registrato un valore sostanzialmente stabile.

2.1 Cos'è l’avidità di mercato?


Considerando il fatto che tutti gli operatori osservano gli stessi
grafici, al mutare di questi ultimi cambia immediatamente anche il
comportamento dei traders: la volatilità del prezzo delle criptovalute,
infatti, è fortemente influenzata anche dallo stesso comportamento
dei suoi investitori e questo fattore è comunemente definito avidità
degli operatori o avidità di mercato.

Tutti gli investitori perseguono lo stesso obiettivo: ottenere profitto.


Nel momento in cui, attraverso l’analisi tecnica, si notano delle
condizioni di acquisto particolarmente favorevoli (o quando è stata
appena diffusa una notizia che potrebbe causare un improvviso
aumento dei prezzi), la maggior parte degli operatori è pronta ad
approfittarne e inizia ad acquistare nuovi token; in presenza di novità
sfavorevoli, invece, si verifica una vendita di massa che si traduce in
un improvviso crollo dei prezzi. Ad ogni modo l’analisi tecnica non è
una scienza sicura e affidabile: pur leggendo correttamente i grafici e
interpretandoli nel modo più realistico possibile, non puoi avere la
certezza che il valore di una data criptovaluta seguirà un andamento
rialzista o perderà valore e le tue strategie possono basarsi
unicamente su alcuni calcoli statistici. Per questo motivo è
essenziale affiancare all’analisi tecnica anche un’analisi
fondamentale, che mira a indagare su elementi come il bilancio
aziendale delle società cui fanno capo le criptovalute presenti sul
mercato.

2.2 Cosa sono i segnali di supporto e di


resistenza?
Per leggere e interpretare correttamente i grafici, devi comprendere
quali sono i segnali che nel breve e lungo periodo possono far
prevedere un andamento rialzista (bullish) o una tendenza ribassista
(bearish). Se il mercato è favorevole, infatti, il prezzo della
criptovaluta tenderà a toccare sempre nuovi picchi massimi, in caso
contrario si avranno invece livelli minimi di prezzo sempre più bassi.

Utilizzando i grafici a candela basta collegare tutti i livelli minimi e


massimi di prezzo con una linea retta per comprendere se, nel corso
del tempo, il trend di una determinata criptovaluta tende al rialzo o al
ribasso: la retta che unisce i livelli minimi è definita supporto, mentre
quella che collega i livelli massimi viene chiamata resistenza.

Nell’andamento che lungo periodo mostra tendenza ribassista,


quando il prezzo di una criptovaluta si trova in un dato momento
molto vicino al segnale minimo di supporto, è possibile che nel breve
periodo subirà un rialzo (aumentando il proprio valore), se invece si
trova nei pressi del livello massimo di resistenza è possibile che
possa subire una variabile decrescita. Nell’andamento rialzista di
lungo periodo, invece, il livello massimo di resistenza risulta più
facile da superare, pertanto è possibile che il prezzo della
criptovaluta continuerà a crescere.

I segnali di supporto e resistenza ti indicano dunque quali sono i


momenti migliori per aprire una posizione di trading: puoi infatti
puntare su un rimbalzo del prezzo (sfruttando il segnale di supporto)
o contare su un ulteriore incremento di prezzo (contando sulla
rottura e superamento di un segnale di resistenza).

2.3 Come sfruttare le Medie Mobili


Analizzare i grafici è un’attività molto complessa, che richiede un
certo dispendio di tempo e che spesso non riesce ad offrire dati o
segnali sufficientemente sicuri. Le medie mobili sono degli strumenti
di analisi tecnica che possono aiutarti a comprendere con maggiore
facilità l’andamento delle criptovalute che ti interessano: hanno infatti
la funzione di ridurre l’impatto dei picchi di prezzo casuali (destinati a
mutare nel breve o brevissimo tempo) ed esprimono il trend di
mercato attraverso una linea curva.

Esistono diverse tipologie di medie mobili: la media mobile semplice


(SMA) assegna uguale valore a tutti i dati, sia ai più recenti sia ai più
datati; la media mobile ponderata (WMA) assegna valore maggiore
ai dati più recenti: la media mobile esponenziale (EMA) assegna
valore esponenzialmente più alto ai dati più recenti. Tutte le medie
mobili vengono calcolate per un certo lasso di tempo suddiviso in
periodi e ogni punto della curva riporta il livello di prezzo rilevato dal
grafico a candela nel suo periodo di riferimento.
È dunque possibile calcolare medie mobili sul breve periodo (dette
medie mobili veloci) o sul lungo periodo (medie mobili lente).

CAPITOLO 6
1. Cos’è il Mining?
Il termine mining significa “estrarre” e indica il processo utilizzato per
la creazione delle valute digitali: minare una criptovaluta, pertanto,
vuol dire generare nuovi token all’interno della rete che gestisce la
moneta. Dal momento che la crypto-economy non si basa
sull’erogazione di valuta da parte di una banca centrale, l’unico
modo per generare nuovi token è affidarsi all’attività del mining,
eseguita da utenti che prendono il nome di Miners.
Per capire come funziona il mining devi considerare il fatto che le
rete su cui operano la criptovalute memorizza ogni transazione
effettuata dagli utenti tramite alcune strutture di dati che vengono
definite blocchi, i quali tracciano e conservano ogni movimentazione
eseguita. Per aggiungere i nuovi blocchi alla rete della criptovaluta, e
dunque alla catena di blocchi principale decentralizzata (denominata
blockchain), è necessario convalidarli: per farlo, un elaboratore li
deve confermare tramite un particolare codice.

Il blocco convalidato non può più essere modificato, entra a far parte
del database principale e può essere utilizzato con la stessa
semplicità e sicurezza offerte da una qualsiasi valuta Fiat. Trovare il
giusto codice di blocco non è un’operazione semplice, pertanto i
miners devono disporre di calcolatori dotati di una buona potenza e
in grado di rimanere connessi alla rete per lungo tempo.

Tutti i Miners che convalidano i blocchi sono ricompensati con una


certa quantità di criptovaluta e ricevono tutte le tasse delle
transazioni da loro immesse in un blocco.
Quando i Bitcoin vennero immessi nel mercato migliaia di Miners
mantenevano i loro computer accesi e collegati tutto il giorno, in
modo da guadagnare quanti più token possibile.

Per fare mining e creare nuovi token bisogna utilizzare degli appositi
software di calcolo e disporre di un PC mining dotato di scheda
video e scheda grafica di elevata potenza: il processo può infatti
essere eseguito solo su dispositivi di alto livello, poiché il calcolo dei
codici richiede uno specifico processore denominato GPU.

Oggi, tuttavia, è possibile creare token anche con computer di media


potenza, grazie ad un processo denominato mining pool:
quest’ultimo permette a diversi utenti di collegarsi e unire le capacità
dei propri pc per avviare il processo di mining e i token ricompensa
vengono suddivisi tra tutti i partecipanti.

2. Origini ed evoluzione del Mining


Con l’avvento dei Bitcoin nacque immediatamente la necessità di
trovare un modo di creare nuova moneta: fino a quel momento,
infatti, questo processo era stato prerogativa delle banche mondiali.

La decentralizzazione tipica delle criptomonete richiedeva dunque di


ideare un meccanismo di emissione dei token e si pensò di creare
un metodo che permettesse di distribuire Bitcoin premio a tutti gli
utenti che fornivano in rete la potenza elaborativa necessaria a
creare i blocchi, ampliando e fortificando la rete.

Inizialmente si poteva fare mining soltanto utilizzando il client


originario Bitcoin ed attivando la funzione Generazione Monete, che
utilizzava tutta la CPU libera per creare e cristallizzare i blocchi.

Al momento della loro immissione sul mercato i Bitcoin non avevano


molto valore, pertanto fare mining non consisteva una vera e propria
fonte di guadagno. L’aumento della domanda e dell’offerta sul
mercato, tuttavia, ha in breve tempo portato i Bitcoin a crescere
notevolmente di prezzo, pertanto anche minare le monete è divenuta
un’attività alquanto redditizia.

Gli anni d’oro del mining, tuttavia, sono durati ben poco: dal
momento che sempre più persone sfruttavano questo processo,
trovare i codici prima è ben presto divenuto quasi impossibile. Il
sistema, inoltre, si è evoluto e si è passati dall’usare la CPU del
computer ai software GPU e FPGA, ovvero dei dispositivi logici che
devono essere programmati e per farlo è necessario possedere
un’ottima preparazione e competenze specifiche.

Al giorno d’oggi, pertanto, il mining è un’attività che richiede un


grande dispendio di denaro per ottenere i componenti hardware e
software necessari e non garantisce, a conti fatti, un guadagno molto
elevato.

CAPITOLO 7
1. Cos’è e a cosa serve una blockchain?
Come abbiamo detto, ogni transazione eseguita in criptovalute viene
registrata a cristallizzata in un database decentralizzato di dati:
quest’ultimo è comunemente definito blockchain (blocco di nodi). Per
capire cos’è una blockchain, tuttavia, devi prima sapere la differenza
tra una normale rete internet e una rete peer-to-peer, ossia la
tipologia di connessione utilizzata per il trading di criptovalute.

Nelle tradizionali reti internet il tuo computer si connette ad un


server, che a sua volta trasmette informazioni al tuo dispositivo
attraverso la connessione: questo continuo scambio di pacchetti dati
ti consente di navigare liberamente nel web. Una rete peerto-peer,
invece, connette tra loro diversi dispositivi senza far passare i dati da
alcun server intermediario: in sostanza non esiste un’autorità
centrale in grado di controllare la rete e, fino a che i dispositivi
rimangono connessi alla rete, non è possibile che si rilevino degli
errori nella trasmissione dei dati (cosa che invece può avvenire nel
momento in cui un server intermediario non funziona correttamente).
In una rete peer-topeer, dunque, non vi è alcuna autorità centrale
che applichi la crittografia ai pacchetti di dati trasferiti e non vi è
alcun meccanismo che possa conservarli correttamente e in ordine
cronologico: questo compito, allora, è svolto dalla blockchain.

Adesso puoi facilmente comprendere che la blockchain è una catena


di blocchi che funziona come un libro mastro, in grado di conservare
e organizzare i dati applicando loro la crittografia e bloccandoli,
ovvero rendendoli immutabili. Il funzionamento della blockchain si
basa infine su tre specifici passaggi: creazione di una transazione,
validazione di quest’ultima tramite un codice Hash e verifica del
blocco.

1.2 Le caratteristiche fondamentali della


blockchain
Le blockchain sono dunque delle tecnologie di base che servono per
garantire certezza e affidabilità, necessarie per garantire gli
investitori che operano attraverso le criptovalute, e sono dotate di tre
caratteristiche fondamentali:
decentralizzazione, immutabilità e sicurezza.

Per comprendere cosa si intende per decentralizzazione devi


considerare che tutti i vecchi registri centralizzati, tipici della
transazioni in valuta Fiat, memorizzavano le informazioni relative alle
transazioni in un unico libro mastro, gestito dalle autorità centrali di
vigilanza e controllo: le blockchain, invece, fissano queste
informazioni nei vari nodi che compongono la rete.

Considerando dunque la blockchain un enorme database privo di un


nucleo centrale, puoi immaginarla come una rete composta da tutti
gli utenti ad essa connessi, che possono accedere a tutti i dati
cristallizzati senza la necessità che un terzo ente intermediario dia
loro alcuna autorizzazione: si tratta, in sostanza, di un sistema
completamente democratico (ogni utente possiede una propria copia
della blockchain, che viene aggiornata automaticamente ogni volta
che si cristallizza un nuovo blocco) .
Ogni nodo della blockchain ha sia una funzione attiva sia una
funzione passiva e può allo stesso tempo sia creare altri nodi, sia
convalidarli; ogni transazione è pertanto legittimata e conservata
dalla relazione che intercorre tra i vari nodi del sistema, basata sul
principio della fiducia distribuita. Essendo assente un’autorità
regolatrice centrale, le leggi che governano la blockchain vengono
stabilite a monte, prima che la stessa venga attivata e si
compongono di un algoritmo matematico che ha la funzione di crea i
codici necessari per validare i blocchi.

L’immutabilità della blockchain si deve invece all’utilizzo della


crittografia a chiave pubblica, un sistema che rende impossibile
modificare o eliminare i blocchi una volta che sono stati aggiunti al
database decentralizzato. Questa peculiare caratteristica determina
la completa affidabilità e legittimità dei dati registrati all’interno della
blockchain e l’insieme di queste informazioni è comunemente
conosciuta con il nome di Value Chain, catena di valore. La
sicurezza è dunque data dal connubio delle prime due caratteristiche
della blockchain: decentralizzazione e immutabilità.
2. Quali elementi compongono una blockchain?
Ora che hai compreso la natura e il ruolo della blockchain, puoi
approfondire l’argomento scoprendo gli elementi tecnici di cui essa si
compone: le transazioni, i nodi, il codice Has, il mining, i blocchi, i
meccanismi di consenso (Proof of Work e Proof of Stake) e le Fork.

Per transazioni si intendono i beni, informazioni o valori che vengono


scambiati tra due o più utenti attraverso la rete blockchain e che, per
essere immobilizzati nella stessa, devono necessariamente venire
convalidati, verificati e archiviati. Ogni transazione si compone sia
dei dati che la caratterizzano sia di una chiave crittografica pubblica
che consente di verificare l’identità degli utenti che l’hanno eseguita.

Con il termine nodi si indicano invece i server propri delle rete,


attraverso i quali vengono inviate e gestite le singole transazioni: in
ogni server viene mantenuta una copia aggiornata di tutta la catena.
Il codice necessario per convalidare le transazioni e immobilizzare i
nodi viene chiamato Hash: puoi considerarlo come una sorta di
impronta digitale che assicura la singolarità e autenticità del blocco,
rendendolo inviolabile. Viene generato da un gruppo di dati variabili
definiti input, successivamente processati attraverso la funzione
crittografica che rilascia un codice alfanumerico irreversibile (output)
e che non permette di risalire ai dati dell’input se non attraverso il
codice Hash.

Come hai visto nel precedente capitolo, il mining è il processo di


autenticazione dei blocchi eseguito dai miner. Questi ultimi sfruttano
la potenza di calcolo dei propri computer per trovare il codice Hash
associato ad ogni transazione ed eseguono la relativa certificazione.
Una volta che tale codice viene individuato da un miner, altri miner
devono controllarne la correttezza: solo nel caso in cui il codice
Hash si riveli valido, il miner che l’ha rilevato può ottenere la sua
ricompensa in token. I miner, pertanto, sono allo stesso tempo sia i
creatori dei blocchi sia i loro validatori.
I blocchi sono dati da un insieme di transazioni convalidate e si
compongono di due elementi principali: il body, ovvero l’area in cui
vengono immagazzinate le informazioni contenute nelle transazioni,
e l’hedger, che contiene i comandi di gestione. Può accadere che più
miners risolvano il codice di un determinato blocco
contemporaneamente o a distanza di pochi secondi: in questo caso
rispondo entrambi al requisito di verifica dell’algoritmo, ma verrà
immesso nella blockchain soltanto il blocco che forma la catena più
lunga (e che quindi contiene il maggior numero di
transazioni/informazioni).

I miners possono convalidare le transazioni attraverso due diversi


meccanismi di consenso: la Proof of Work (PoW) e la Proof of Stake
(PoS). La PoW è il tipo di validazione che al termine della procedura
consente di ricevere una ricompensa, richiede un dispositivo ad alta
potenza di calcolo e un buon dispendio di energia; con la PoS,
invece, i miners
contribuiscono soltanto a rendere il sistema più efficiente e possono
usare anche dispositivi di media potenza, risparmiando in energia.
LeFork sono delle vere e proprie scissioni della blockchain originaria,
che genera una catena di blocchi spesso ottimizzata rispetto alla
precedente. Queste operazioni sono spesso accompagnate
dall’emissione di nuovi token e avvengono per implementare la
sicurezza o aggiungere nuove funzionalità alla rete.

Uno degli esempi più famosi di Fork ha creato la divisione di


Ethereum in Ethereum Classic: il progetto originale di questo token
puntava a realizzare una rete immutabile, che non fosse influenzata
dai capricci del mercato o dell’utenza; tuttavia in seguito a un attacco
hacker che generò un furto di diverse migliaia di token il team di
Ethereum decise di creare una nuova catena in grado di resistere ad
ulteriori minacce. Parte degli investitori di Ethereum rimasero tuttavia
fedeli al progetto di lancio e i token che continuano ad essere creati
sulla blockchain originaria sono oggi conosciuti con il nome di
Ethereum Classic. Le Fork possono essere Hard (che indica una
scissione incompatibile con la catena precedente) o Soft (divisioni
che mantengono un collegamento con la blockchain originaria).
CAPITOLO 8
1. L’avvento delle Stablecoin
Uno dei principali problemi delle criptovalute è dato dalla loro
volatilità: il loro valore è infatti fortemente influenzato dalle continue
oscillazioni di mercato, pertanto può crescere o decrescere
notevolmente anche nell’arco di alcune ore. Le Stablecoin sono state
create per rimediare a questo problema e, recentemente, sono una
delle tipologie di criptovalute che sta destando maggiore interesse
tra gli investitori.

La principale caratteristica delle Stablecoin è quella di essere


ancorate a un altro asset finanziario: in questo modo, pur
mantenendo tutte le rivoluzionarie componenti e funzionalità delle
criptovalute tradizionali, risultano immuni alla volatilità tipica di
queste ultime. L’ancoraggio, inoltre avviene al di fuori della
blockchain (off-chain) ed è spesso gestito da autorità terze dotate di
regolamentazione.
Le Stablecoin sono strumenti particolarmente utili nelle economie
che si caratterizzano per un’alta inflazione: queste criptovalute,
mantenendo un valore stabile, proteggono infatti il potere d’acquisto
degli investitori. Sono inoltre molto utilizzate da tutti i traders che
intendono realizzare degli investimenti denominati, in gergo,
Hedging: queste operazioni mirano a realizzare una copertura dei
rischio finanziario.

2. Quante tipologie di Stablecoin esistono?


Le Stablecoin attualmente disponibili sul mercato si dividono
principalmente in tre macro-categorie, a seconda dell’assets cui
sono collegate. Ci sono infatti le Stablecoin legate ad una valuta
Fiat, come il Dollaro statunitense o l’Euro, le Stablecoin legate alle
commodities (materie prime, come l’oro o il petrolio), le Stablecoin
ancorate ad altre criptovalute e infine delle monete conosciute con il
nome di Fiat Stablecoin che non sono collegate ad alcun altro assets
e costituiscono una vera e propria novità del settore.
Le Stablecoin collegate alle valute Fiat consentono di ottenere delle
criptovalute il cui valore è ancorato a quello di una moneta reale. Per
emettere questo tipo di Stablecoin si realizza una raccolta fondi con
la valuta che si intende utilizzare per ancorare la crypto e il capitale
raccolto viene depositato prezzo un’autorità terza, che agisce come
custode.

Successivamente i token vengono emessi e diffusi su piattaforme


exchange, broker online o tramite vendita diretta. Il rapporto tra il
valore della Stablecoin e quello della valuta Fiat collegata è di 1:1,
dunque una singola criptomoneta presenta, ad esempio, lo stesso
valore di mercato di 1 dollaro.

Il problema principale di questo tipo di Stablecoin consiste nel fatto


che si elimina la decentralizzazione tipica delle criptovalute basate
su reti blockchain e si affida nuovamente la propria fiducia ad un
ente finanziario terzo (esattamente con accade nel sistema
economico tradizionale, imperniato sul ruolo delle banche centrali).
Le Stablecoin ancorate alle commodities, ossia alle materie prime,
legano il proprio valore ai metalli preziosi e in particolare all’oro. Il
valore della criptovaluta corrisponde al valore di un certo peso in oro
e il loro processo di emissione segue gli stessi passaggi elencati per
le Stablecoin legate a valute Fiat. Inizialmente viene infatti raccolto
del capitale e lo si utilizza per acquistare un certo quantitativo di oro,
che viene depositato e garantito attraverso l’emissione di un
certificato digitale.

Quest’ultimo attiva lo Smart Contract che consente l’emissione dei


token. Il principale vantaggio di questa tipologia di Stablecoin sta nel
fatto che possono sempre essere convertite nella commodity di
ancoraggio, tuttavia anche in questo caso si riscontra un sistema
centralizzato gestito dall’ente finanziario terzo che consente il rilascio
dei certificati di deposito.

Le Stablecoin ancorate ad altre criptovalute si basano su un


concetto decisamente più complesso: l’ancoraggio di un determinato
token ad una pluralità di criptovalute sembra in grado di diminuire
fortemente la volatilità del primo, poiché quest’ultimo non affida il suo
valore a quello di una sola crypto, ma alla combinazione di valori che
risulta dal gruppo delle criptovalute considerate. Tra queste, infatti,
alcune hanno andamento rialzista e altre presentano un trend al
ribasso: la Stablecoin mantiene pertanto più o meno inalterato il suo
valore perché le oscillazioni di prezzo delle criptovalute cui è
collegata si compensano a vicenda.

Le Fiat Stablecoin sono l’ultima novità del settore. In questo caso


viene totalmente scardinato il sistema delle blockchain,
caratterizzato dalla decentralizzazione e questi token vengono
emessi secondo gli stessi procedimenti adottati per le monete
tradizionali.

L’autorità centrale che emette le criptovalute si occupa anche della


loro parziale distruzione, eliminando il rischio di inflazione e tentando
di mantenere il loro valore quanto più vicino possibile a quello di una
determinata valuta Fiat (o a quello di un altro asset di riferimento).

CAPITOLO 9
1. ICO: cosa sono e come funzionano le Initial
Coin Offering
Una ICO, acronimo di Initial Coin Offering, è un metodo di
crowfounding (raccolta fondi) per i progetti basati su blockchain, noto
anche come vendita di token. Le start-up di criptovalute possono
dunque ottenere i finanziamenti necessari per avviare le loro attività
sotto forma di monete Fiat o criptovalute, offrendo in cambio agli
investitori dei token proprietari. Terminata questa fase di avvio del
progetto, i token vengono immessi in mercati più ampi.

Per comprendere meglio cos’è e come funziona una ICO può esserti
utile sapere in cosa si differenzia dalle classiche IPO, il metodo
tradizionale di raccolta fondi che avviene emettendo titoli azionari a
fronte di un investimento effettuato in valuta Fiat, e quali sono invece
le caratteristiche che hanno in comune.
ICO e IPO sono entrambe destinate ad un numero
potenzialmente illimitato di investitori e vengo presentate sul mercato
attraverso svariate attività di promozione e pubblicità.

Le ICO, tuttavia, offrono ai propri investitori strumenti finanziari del


tutto differenti rispetto ai titoli azionari: chi decide di offrire il proprio
capitale a queste imprese, infatti, riceve in cambio una certa quantità
della criptovaluta legata al progetto societario: i flussi finanziari
vengono dunque interamente regolati da una valuta virtuale che si
basa sul sistema di gestione decentralizzato tipico delle blockchain.

A differenza di quanto avviene per le IPO, inoltre, l’attività di


promozione delle ICO non è soggetta a limiti territoriali e i fondi
possono essere raccolti su base transfrontaliera. Infine il progetto
delle IPO è contenuto in un documento denominato Prospetto,
mentre la presentazione delle società che attivano le IPO avviene
tramite la pubblicazione di un cosiddetto White Paper.
Le ICO sono attualmente sfruttate principalmente per ottenere
finanziamenti destinati alle piccole e medie imprese (PMI) o a start-
up che basano i loro progetti sul sistema delle blockchain. La
maggior parte delle ICO utilizzano infatti la blockchain di Ethereum
(considerata più affidabile rispetto a quella ormai obsoleta dei
Bitcoin) e si basa sul meccanismo degli Smart Contract, ossia dei
protocolli che semplificano e garantiscono le attività di negoziazione,
eliminando la necessità di accettare le tradizionali clausole
contrattuali.

Negli ultimi anni le ICO hanno acquisito sempre maggiore credibilità


e successo: nel 2016 i fondi raccolti grazie alla vendita di token
raggiungevano appena i 90 milioni di dollari, ma già nel 2017 le
somme ottenute dalle start-up superavano i 6 miliardi di dollari.

1.2 Investire in ICO è davvero conveniente?


Prima di investire in una ICO devi considerare che questo tipo di
operazione non è molto adatta ai traders principianti, ma facendo
attenzione ad alcuni fattori essenziali può anche rivelarsi
estremamente redditizia. I token offerti nelle Initial Coin Offer, infatti,
vengono spesso immessi sul mercato anche per un valore 10 volte
superiore a quello previsto nella raccolta fondi. Se l’impresa, inoltre,
si basa su un progetto solido e interessante per il settore di
riferimento il valore dei token è inevitabilmente destinato ad
aumentare ulteriormente.

Il settore delle ICO, tuttavia, può nascondere delle verie e proprie


truffe, dal momento che questa tipologia di raccolta fondi non
possiede alcun tipo di regolamentazione e le imprese non sono
realmente vincolate ad utilizzare i fondi ottenuti per realizzare gli
scopi dichiarati nel progetto.

Per distinguere un’ICO valida da una truffa devi pertanto analizzare


attentamente il White Paper e assicurarti che lo stesso contenga
sufficienti informazioni tecniche, possibilmente basate su prototipi
già collaudati. Devi inoltre informarti sul gruppo cui fa capo la ICO e
controllare se nel team di sviluppatori o tra i consulenti e sostenitori
sono presenti personalità dotate di comprovata esperienza nel
settore: i soggetti che realizzano la ICO, infatti, devono essere
sempre riconoscibili poiché l’assenza di un simile tipo di trasparenza
potrebbe nascondere un chiaro tentativo di truffa. Il sito attraverso il
quale viene diffusa la ICO deve inoltre avere un aspetto
professionale: diffida sempre dai siti ricchi di popup pubblicitari e che
ti chiedono l’autorizzazione per inviarti notifiche non inerenti al
progetto che presentano.

Infine il Market Cap di una start-up affidabile (ossia il valore dato


dalla moltiplicazione tra il numero totale di token immessi sul
mercato e il valore del singolo token) generalmente non supera i 30
milioni di dollari.

1.3 Come capire se una ICO può avere successo


Il primo fattore in grado di determinare il successo di una ICO è la
presenza di un team esperto, composto da personalità già note
all’interno del settore di riferimento e che possibilmente hanno già
sviluppato altri progetti simili a quello pubblicizzato dalla start-up o
impresa in cui intendi investire.
Il progetto dev’essere poi strutturato attraverso un calendario (o
Road Map) piuttosto serrato e le varie fasi e attività previste dal
White Paper devono essere attuate senza lasciar trascorrere troppo
tempo l’una dall’altra: questo denota infatti una certa sicurezza e
chiarezza d’intenti da parte del team di sviluppo.

Al momento della stesura del White Paper, inoltre, una start-up o


azienda affidabile deve aver già sviluppato e testato almeno un
prototipo di soggetto, mettendo dunque l’eventuale investitore nelle
condizioni di valutare la validità e convenienza pratica del progetto.

Il White Paper deve poi contenere la promessa di distruzione dei


token rimasti invenduti: questo assicura una maggiore
remunerazione degli investitori ed evita che l’eccessiva disponibilità
di criptovaluta sul mercato causi inflazione.

Una ICO valida e ben strutturata è inoltre destinata a naufragare se


non viene supportato da un’ottima strategia di marketing: la
diffusione delle informazioni contenute nel White Paper deve essere
in grado di raggiungere un bacino quanto più ampio possibile di
possibili investitori, senza risultare una richiesta di fondi fine a se
stessa. La presenza di un team deputato all’assistenza legale,
inoltre, è sempre sinonimo di affidabilità e sicurezza, pertanto tutti i
progetti che mirano al reale successo devono dotarsi di personalità
in grado di offrire sostegno in tal senso.

CAPITOLO 10
1. Cosa sono e come funzionano gli Smart
Contracts
I contratti intelligenti, conosciuti con il termine inglese Smart
Contracts, sono un gruppo di clausole contrattuali redatte in
linguaggio informatico e incorporare in un software o in un protocollo
informatico che viene usato per concludere negozi: questi ultimi
vengono eseguiti automaticamente nel momento in cui si verificano
le condizioni previste nello Smart Contract. Le loro caratteristiche
tecniche e informatiche, ad ogni modo, non consentono di ritenerli
dei veri e propri contratti giuridici poiché non è possibile considerarli
una semplice versione informatizzata o digitalizzata di un negozio
concluso tramite i tradizionali strumenti e mezzi legalmente
riconosciuti.

Operano secondo la funzione condizionale che in gergo informatico


è conosciuta come una relazione if/then che viene inserita nei
protocolli o nei software: quest’ultima si attiva autonomamente solo
nel momento in cui vengono soddisfatti i requisiti e condizioni
richieste dal contratto, realizzando esclusivamente gli scopi e
obiettivi per cui lo stesso è stato programmato. Di fatto, lo Smart
Contract consente l’esecuzione di una volontà che è stata
precedentemente elaborata ed esplicitata dalle parti.

Uno Smart Contract può avere dunque funzione accessoria per un


più ampio disegno contrattuale: le parti hanno infatti la possibilità di
formalizzare o perfezionare tramite blockchain le clausole e gli
accordi precedentemente preparati off-chain. È inoltre uno strumento
perfetto per dare effettivo svolgimento al rapporto contrattuale,
esaurendolo nell’esecuzione automatica delle azioni in esso
previste.

2. Quali vantaggi offrono gli Smart Contract?


Uno dei maggiori benefici dati dall’utilizzo degli Smart Contract
tramite tecnologia blockchain è dato dal fatto che da questa unione
nasce un’innegabile certezza giuridica, prodotta attraverso
meccanismi di esecuzione automatizzati: le obbligazioni contrattuali
sono consultabili da tutti coloro che partecipano alla rete e sono
caratterizzate dalla massima chiarezza e trasparenza.

Le condizioni previste dagli Smart Contract vengono diffuse


attraverso la blockchain e sono presentate in modo tale da poter
essere comprese da qualsiasi tipologia di utente, semplificando la
loro diffusione e il loro utilizzo. Secondo le logiche tipiche della
decentralizzazione, inoltre, una volta sottoscritto lo Smart Contract
ogni transazione eseguita viene registrata nella catena di blocchi,
divenendo immutabile.
Grazie a questa tecnica di diffusione e sottoscrizione è dunque
possibile risparmiare notevoli quantità di tempo e risorse rispetto a
quelle necessarie per completare le fasi di una più tradizionale
esecuzione contrattuale: si accelerano pertanto le prestazioni da
parte di entrambi i contraenti e, riducendo al minimo la il rischio di
inadempimento, limitano notevolmente anche l’instaurarsi di dispute
e controversie.

La struttura tipica della blockchain contribuisce a conferire agli Smart


Contracts elevata stabilità, aumentando il grado di certezza di
esecuzione delle prestazioni. I contratti tradizionali, infatti, non sono
in grado di garantire autonomamente la sicurezza delle parti che lo
stipulano, in quanto le garanzie sono offerte dal fatto che esso sia
previsto e ritenuto vincolante da un elemento del tutto esterno alla
negoziazione:
l’ordinamento giuridico. È quest’ultimo, infatti, ad intervenire ogni
volta che si verificano situazioni che rendono l’una o l’altra parte
inadempiente, attivando i più tradizionali meccanismi processuali
che permettono di modificare, eliminare o dare forzata esecuzione
alle obbligazioni pattuite.

3. Criticità e svantaggi
L’immutabilità tipica degli Smart Contract può, in realtà, anche
essere definita uno dei loro punti critici. I contratti classici prevedono
sempre una via di fuga, una clausola di recesso o un’eccezione di
inadempimento, gli Smart Contract una volta sottoscritti non possono
invece essere eliminati in alcun modo.

Una delle soluzioni offerte per questo problema è messa a


disposizione soltanto dalle blockchain più avanzate (come ad
esempio quella di Ethereum), che consente di attivare una funzione
di autodistruzione dello Smart Contract, rimuovendo dalla catena di
blocchi i programmi non più utili o utilizzati, evitando che la
piattaforma si appesantisca con dati obsoleti e preservandone
l’efficienza.
La funzione di autodistruzione può essere attivata solo dall’utente
che opera dal nodo (server) che ha attivato lo Smart Contract,
attraverso l’invio di una transazione corrispondente ad un
determinato codice firmato digitalmente.
Un altro tipo di problematica che devi considerare se intendi sfruttare
gli Smart Contract risiede nel fatto che la completa digitalizzazione
del sistema contrattuale e l'accessibilità diffusa alle informazioni in
esso contenute può generare nuovi rischi di attacchi informatici e
minacce hacker. Un semplice errore nella programmazione del
codice dello Smart Contract, inoltre, può causare ingenti criticità
operative.

Sono infatti strumenti che possono essere efficientemente


programmati e gestiti soltanto da chi possiede idonee competenze a
livello informatico, pertanto un investitore principiante che si trova a
dover affrontare una qualsiasi problematica generata da uno Smart
Contract mal funzionante non potrebbe risolvere il problema
autonomamente, dovendo necessariamente ricorrere ad un terzo
intermediario. Questo terzo intermediario dovrebbe essere degno di
fiducia e questa necessità porta a far decadere tutti i vantaggi
collegabili all’automatizzazione delle operazioni o la sicurezza
derivanti dall’assenza di terze parti.
Ulteriore svantaggio degli strumenti finanziari basati sulla
decentralizzazione tipica delle blockchain sta nel fatto che non è
agevole comprendere a quale sistema giuridico bisogna fare
riferimento per cercare di risolvere eventuali problemi.

L’assenza di una regolamentazione che determini se l’autorità


giuridica territorialmente competente sia quella corrispondente al
Paese in cui è stato sviluppato e immesso nella rete lo Smart
Contract o se ci si debba invece rivolgere al giudice del luogo presso
il quale l’utente ha sottoscritto il contratto.

4. Previsioni per il futuro


Come hai potuto comprendere, gli Smart Contract presentano sia
lodevoli vantaggi sia alcuni rischi per tutti coloro che decidono di
utilizzarli. Attualmente le maggiori problematiche legate a questo
strumento finanziario sono ancora irrisolte, ma il punto di svolta che
potrebbe garantire un più ampio raggio d’azione degli Smart
Contract potrebbe trovarsi nell’ottenere una sorta di equilibrio tra la
decentralizzazione della blockchain e la sua giustiziabilità (intesa
come la possibilità di individuare con certezza i destinatari di
eventuali interventi o responsabilità normative).

Le maggiori ipotesi e teorie in tal senso propongono il passaggio dal


meccanismo permissionless (senza permesso) tipico delle attuali
blockchain, che possono essere utilizzate da qualunque tipologia di
utente, ad un meccanismo definito permissioned (dotato di
permesso): gli utenti non sarebbero più liberi di accedere alla rete
blockchain, ma dovrebbero soddisfare determinati requisiti che
permetterebbero di individuarli e riconoscerli come destinatari certi
delle responsabilità giuridiche che derivano dallo sviluppo o dalla
sottoscrizione di uno Smart Contract.

CAPITOLO 11
1. Copytrading: a cosa serve e come funziona
Il copytrading è una funzione estremamente interessante per i trader
neofiti: attraverso questo sistema, infatti, puoi mettere in atto
complesse strategia di investimento anche senza avere molta
esperienza in questo settore e senza dover necessariamente
seguire dei corsi sul trading online.

Grazie al copytrading puoi infatti copiare le operazioni messe in atto


dagli investitori più esperti, che hanno già ottenuto ottimi risultati in
termini di profitti e guadagni. Questo non significa che utilizzando
questa funzione potrai sicuramente realizzare ingenti guadagni, in
quanto anche i professionisti possono sbagliare, ma avrai
sicuramente la possibilità di studiare il loro comportamento e
apprendere nuove tecniche speculative che potranno aiutarti a
prendere confidenza con questa tipologia di investimenti.

Per operare con il copytrading devi prima di ogni altra cosa creare
un account personale su una delle piattaforme che mettono questa
funzione a disposizione dei propri utenti: la più celebre, ad esempio,
è eToro. Successivamente devi effettuare una ricerca per individuare
i trader che mettono in atto delle strategie che ti interessano e, a tal
proposito, potrai accedere ad alcune informazioni che li riguardano
come il Paese di provenienza, i risultati ottenuti nell’ultimo anno,
perdita e profitto massimo, assets sui quali investono, durata media
della detenzione del prodotto, il valore medio dei loro investimenti e
da quanti altri utenti vengono seguiti.

Grazie a queste informazioni sarà piuttosto semplice individuare


l’investitore che opera con strategie che possono rispecchiare le tue
esigenze e, utilizzando la funzione copytrading, potrai replicare
direttamente sul tuo account tutti i dati che ha impostato, compresi
gli ordini condizionali di Stop Loss e Take Profit.

Questi ultimi, in particolare, servono a chiudere


automaticamente una posizione nel momento in cui vengono
raggiunti i livelli massimi di perdita o di profitto che hai preimpostato.
Per utilizzare il copytrading generalmente le piattaforme richiedono il
pagamento di una commissione, ma offrono anche la possibilità di
uscire dagli investimenti copiati in qualsiasi momento e senza alcun
costo aggiuntivo.

2. Vantaggi e rischi del copytrading


Utilizzando il copytrading non devi necessariamente monitorare il
mercato, studiare il suo andamento e capire quale sia la migliore
strategia da adottare in un dato momento e in relazione ad un
determinato asset. Copiando le operazioni dei trader più esperti,
infatti, nel tuo account verranno automaticamente replicate tutte le
azioni messe in atto dall’investitore che hai scelto e, in sostanza, è
come se stessi affidando a lui il tuo capitale. Si tratta di un
meccanismo molto simile a quello dei fondi di investimento in valuta
reale affidati ai consulenti finanziari: sono loro a determinare le
strategie di mercato da adottare e chi ha affidato loro il proprio
capitale deve soltanto attendere che le operazioni mette in atto dai
consulenti creino profitto.

Devi comunque sempre ricordare che il copytrading non offre alcuna


garanzia di guadagno e che non è in alcun modo possibile
prevedere il risultato delle strategie messe in atto da un altro
investitore. Qualsiasi scelta egli faccia, sia che porti ad un guadagno
sia ad una perdita, viene infatti replicata nel tuo account, pertanto
anche se non è necessario controllare continuamente l’andamento
del mercato dovresti tenere sotto controllo i tuoi investimenti, in
modo da riuscire ad uscire dal trading copiato il prima possibile nel
caso in cui le strategia che hai scelto di seguire non dovesse
rivelarsi conveniente.

3. Mirror Trading, Social Trading e Copytrading


Se vuoi utilizzare il copytrading devi sapere che hai a tua
disposizione due principali tecniche: puoi operare sia attraverso
piattaforme che possiedono un broker integrato, sia tramite siti che
non ti consentono di replicare automaticamente le strategie di altri
investitori. Nel secondo caso, pertanto, dovrai essere tu a copiare
manualmente tutte le impostazioni e operazioni degli altri utenti.

Il copytrading, in realtà, non è altro che un’evoluzione del Mirror


Trading: attraverso questo sistema, molto utilizzato tra il 2008 e il
2015, gli investitori neofiti potevano frequentare diversi forum in cui i
professionisti spiegavano loro come attuare le migliori strategie e,
successivamente, metterle in atto manualmente nei propri account.

Negli ultimi anni questo sistema è stato sostituito, appunto, dal


copytrading che permette di visualizzare autonomamente i profili
degli investitori, senza che questi ultimi mettano volontariamente a
disposizione degli altri le proprie tecniche. Con l’avvento del Social
Trading, inoltre, alcune piattaforme hanno messo a disposizione dei
propri utenti un vero e proprio social network che permette loro di
comunicare direttamente, tramite chat private o partecipando a tread
di discussione pubblici.

4. Strategie di copytrading
Tramite il copytrading è possibile impostare moltissime strategie di
investimento e, scegliendole, devi basarti unicamente sui tuoi
obiettivi e sul livello di rischio che intendi sopportare. Puoi, ad
esempio, dare priorità alla tipologia di asset, alla dimensione
temporale delle posizioni aperte (che possono chiudersi nell’arco di
una sola giornata o rimanere aperte per più giorni) o ai risultati offerti
dalle performance passate. Altro importante dato da considerare è la
nazionalità del trader che scegli di seguire: copiando le strategie di
un investitore del tuo stesso Paese o zona finanziaria, è probabile
che tu possa beneficiare di strategie che si adattano perfettamente
al contesto economico in cui operi anche tu.

Devi inoltre considerare che le strategie più complesse hanno


spesso bisogno di un po' di tempo per generare profitti interessanti,
pertanto non ha alcun senso attivarle per poi chiuderle alla prima
oscillazione negativa.

Dopo aver attentamente osservato il modo in cui operano i trader


professionisti, potresti iniziare a investire
autonomamente alcune piccole somme di denaro, iniziando a
prendere decisioni senza necessariamente copiare quelle altrui e
utilizzare il copytrading unicamente come un’ottima risorsa di
confronto.

CAPITOLO 12
1. Le criptovalute più interessanti
Il variegato mondo delle criptovalute è in costante crescita e la
continua emissione di nuovi token può giustamente causare grande
confusione: scegliere la criptovaluta giusta su cui investire è
diventato sempre più difficile. In questo capitolo potrai trovare alcune
delle criptovalute più promettenti presenti sul mercato da un tempo
relativamente breve e che, grazie alle loro enormi potenzialità, sono
riuscite a catturare l’attenzione dei migliori investitori.

1.1 Uniswap (UNI)


Uniswap è una piattaforma exchange che si occupa di fare
incontrare domanda e offerta attraverso delle operazioni del tutto
automatiche, ricavando i relativi prezzi di scambio attraverso una
formula informatica. Il suo token proprietario, UNI, opera su
blockchain Ethereum ed è un ERC20 (categoria che comprende
tutte le criptovalute che utilizzano sia i codici sia gli indirizzi collegati
alla piattaforma Ethereum). Il progetto Uniswap (UNI) risulta molto
interessante per la sua semplicità di utilizzo, inoltre gode di tutti i
vantaggi offerti dalla finanza decentralizzata e la sua piattaforma
presente costi e
commissioni decisamente più economiche rispetto ai tradizionali
exchange o broker online non automatizzati. Attualmente la sua
capitalizzazione di mercato è pari a 11.769.693.991 €, ha un'offerta
circolante di 627.856.579 UNI e la fornitura massima è di
1.000.000,000 di token UNI.

1.2 Polkadot (DOT)


Il progetto Polkadot con token DOT, ideato dal co-fondatore di
Ethereum Gavin Wood, permette di far comunicare tra loro diverse
blockchain, offrendo ai suoi utenti un’ottima scalabilità e un’elevato
grado di sicurezza delle transazioni. Si rivela il network ideale per
tutti gli investitori che desiderano partecipare a progetti innovativi e
sempre differenti: la rete, infatti, rilascia ogni settimana nuovi
aggiornamenti e attualmente offre la possibilità di utilizzare oltre 460
applicazioni. Attualmente la sua capitalizzazione di mercato è pari a
136.445.471.305 €, ha un'offerta circolante di 987.579.315 DOT,
mentre la fornitura massima non è disponibile.
1.3 Reserve Rights (RSR)
Reserve Rights, con token RSR, è un ambizioso progetto blockchain
molto apprezzato nella community dei traders professionisti: è
sostenuto infatti da diversi colossi del mondo della finanza, tra i quali
è possibile menzionare il co-fondatore del rinomato metodo di
pagamento Paypal. Lo scopo del team di sviluppatori di Reserve
Rights è creare una moneta digitale, ossia la CRR (Coin Reserve
Rights), in grado di essere utilizzata come vera e propria alternativa
delle valute Fiat e che possa permettere di eseguire transazioni
senza affrontare alcun costo di commissione. Attualmente la sua
capitalizzazione di mercato è pari a 426.529.703 €, ha un'offerta
circolante di 13.159.998.943 RSR, mentre la fornitura massima è di
100.000.000.000 di token RSR.

1.4 Tron (TRX)


Il progetto Tron, con token TRX, si basa su una blockchain creata
con lo scopo di sviluppare un sistema di intrattenimento digitale
decentralizzato, che sfrutta gli Smart Contracts ed offre ottime
prestazioni ed elevata scalabilità. Tron punta ad eliminare i terzi
intermediari che traggono profitto dai contenuti ideati dai creatori
delle applicazioni dedicate all’intrattenimento, consentendo a questi
ultimi di condividere i propri progetti in modo del tutto gratuito e
decentralizzato. Il token TRK è utilizzato come metodo di pagamento
all’interno della piattaforma. Attualmente la sua capitalizzazione di
mercato è pari a 6.605.805.401 €, ha un'offerta circolante di
71.660.220.128 TRX, mentre l’offerta massima è di 1.000.000.000 di
token TRX.

1.5 Stellar (XLM)


Il progetto Stellar, con token Lumen (XLM) e gestito dalla Stellar
Development Foundation, è un protocollo decentralizzato open
source che permette di eseguire conversioni da criptovalute a
monete Fiat e viceversa. Il suo obiettivo è quello di consentire ai
propri utenti di eseguire transazioni internazionali in modo semplice,
rapido e sicuro, proponendosi come intermediario nella conversione
di qualsiasi coppia di valute. Attualmente la sua capitalizzazione di
mercato è pari a 8.207.515,793 €, ha un'offerta circolante di
24.299.908.803 XLM, mentre l’offerta massima è di 50.001.806.812
di token XLM.

1.6 Eosio (EOS)


La piattaforma Eosio, con token EOS e controllata dalla società
Block.One, è estremamente simile ed Ethereum, dal momento che
basa il suo funzionamento sugli Smart Contracts e permette di
sviluppare Dapps (applicazioni decentralizzate). Il suo scopo
primario è quello di riuscire a sviluppare un sistema del tutto
decentralizzato che sia in grado di supportare applicazioni su scala
industrale, azzerando qualsiasi costo di commissione ed offrendo
elevata scalabilità. Attualmente la sua capitalizzazione di mercato è
pari a 3.604.515.313 €, ha un'offerta circolante di 792.477.077 EOS,
mentre fornitura massima non è disponibile.

1.7 Iota (MIOTA)


Iota, con token MIOTA, nasce con l’intento di sviluppare un metodo
di pagamento decentralizzato che permette di eseguire transazioni
offline e abbattere i costi e le commissioni, operando su una
blockchain molto più snella rispetto a quella di BitCoin e che non
presenta limiti di scalabilità. Le transazioni tra due operatori sono
immediate e non necessitano di essere convalidate o verificate da
un altro utente.

Inizialmente il progetto non ha ottenuto grande successo, ma nel


tempo ha acquisito il consenso e il sostegno di colossi del settore
informatico-economico come Microsoft e Huawei. Attualmente la sua
capitalizzazione di mercato è pari a 3.442.197.619 €, ha un'offerta
circolante di 2.779.530.283 MIOTA, con offerta massima di
2.779.530.283 di token MIOTA.
1.8 Chainlink (LINK)
Il rivoluzionario progetto Chainlink, con token LINK e gestito dalla
SmartContract Chainlink Limited SECZ, nasce con lo scopo di
sviluppare un’eccellente interoperabilità tra le blockchain,
consentendo allo stesso tempo ad applicazioni esterne (utilizzate
dalle aziende che operano nella finanza reale) di sfruttare gli
SmartContract presenti nelle blockchain.

Opera, in sostanza, come vero e proprio ponte di collegamento tra le


finanza reale e quella informatica. Chainlink utilizza un sistema di
Oracoli in grado di recuperare dati esterni alla blockchain, mettendo
questi ultimi in collegamento con il database decentralizzato.
Attualmente la sua capitalizzazione di mercato è pari a
11.105.730.251 €, ha un'offerta circolante di 460.009.554 LINK, con
fornitura massima di 1.000.000.000 di token LINK.

1.9 Hedera Hashgraph (HBAR)


Hedera Hashgraph, con token HBAR, opera su una blockchain che
consente ai propri utenti di eseguire qualsiasi tipo di transazioni e
distribuire applicazioni. La caratteristica principale di questo progetto
sta nel fatto che il software sul quale operano gli utenti è controllato
da un gruppo di aziende. Tra gli attuali investitori si possono
menzionare nomi estremamente noti nel settore finanziario come
Google, IBM, LG, Boeing e Detusche Telekom.

Soltanto i nodi (server) che hanno ottenuto una necessaria


approvazione possono partecipare alla validazione delle transazioni,
e secondo Hedera Hashgraph questo sistema offre alle aziende il
massimo livello di sicurezza possibile. Attualmente la sua
capitalizzazione di mercato è pari a 4.974.514.925 €, ha un'offerta
circolante di 15.551.462.369 HBAR e una fornitura massima di
50.000.000.000 di token HBAR.

1.10 Aave (AAVE)


Il protocollo Aave, con omonimo token AAVE, opera su blockchain
Ethereum e permette di prestare o di ottenere in prestito criptovalute,
sfruttando la moneta proprietaria come riferimento per le transazioni
interne. Chi deposita il proprio capitale come forma di garanzia,
convertendolo in AAVE, riceve una riduzione delle spese di
transazione ed ottiene degli interessi sotto forma di AAVE (questo
token, infatti, non è minabile), mentre coloro che prendono in prestito
gli AAVE non devono sopportare alcuna spesa di transazione.

I titolari del token AAVE, inoltre, acquistano il diritto di partecipare


alla governance della blockchain. Attualmente la sua
capitalizzazione di mercato è pari a 3.101.023.024 €, ha un'offerta
circolante di 13.251.155 AAVE e una fornitura massima di
16.000.000 di token AAVE.

CAPITOLO 13
1. Quali sono le criptovalute più affermate?
Dopo aver preso visione dei progetti e delle criptovalute che
attualmente presentano il miglior potenziale di crescita, in questo
capitolo scoprirai quali token detengono posizioni leader nelle
maggiori classifiche di mercato e quali sono i vantaggi o i rischi nel
decidere di sceglierli per i tuoi investimenti.

1.1 Bitcoin (BTC)


Bitcoin, con token BTC, è la prima criptovaluta immessa sul mercato
nell’ormai lontano 2009 e tutt’ora occupa una posizione leader per
valore di capitalizzazione sul mercato e volume di scambi
giornaliero. Il successo dei Bitcoin sta nel fatto che questa valuta
crittografica è stata una vera e propria pioniera nel settore della
finanza decentralizzata e ad oggi continua ad offrire numerosi
vantaggi ai suoi investitori. Permette infatti di eseguire transazioni in
piena libertà, in qualsiasi momento e da ogni parte del mondo,
sottraendo queste ultime al controllo delle organizzazioni di vigilanza
nazionale. I costi necessari per eseguire le transazioni sono inoltre
personalizzabili, pertanto puoi scegliere quale tipo di prezzo
applicare alle tue operazioni a seconda della velocità con cui
desideri vengano convalidate.

Utilizzando Bitcoin come mezzo di pagamento puoi contare sul fatto


che non verranno mai resi pubblici i tuoi dati sensibili, pertanto non
corri il rischio di essere oggetto di frodi o truffe. Il più grande
svantaggio dei Bitcoin deriva sicuramente dal fatto che al momento
non sono ancora stati assoggettati ad un ben determinata
regolamentazione, pertanto non possono essere utilizzati come vera
e propria alternativa delle valute aventi corso legale: non tutti gli e-
commerce accettano infatti il pagamento in bitcoin ed è davvero
difficile che questa moneta venga accettata dai negozi fisici.

Bitcoin, come tutte le criptovalute, è infine soggetta alla volatilità di


mercato, pertanto il suo valore varia continuamente. Attualmente la
sua capitalizzazione di mercato è pari a 945.086.196.640 €, ha
un'offerta circolante di 18.881.075 BTC e una fornitura massima di
16.000.000 di token BTC.

1.2 Ripple (XRP)


Ripple, con token XRP, è una criptovaluta che dal momento del suo
lancio sul mercato, avvenuto nel 2013, si è
immediatamente proposta come diretta concorrente delle già
affermate BitCoin ed Ethereum. Il suo scopo primario è quello di
semplificare le transazioni e gli scambi di denaro che
quotidianamente avvengono tra gli utenti della rete. La principale
caratteristica del progetto Ripple è il fatto di non utilizzare una
piattaforma decentralizzata, bensì open source: questo vuol dire che
ogni sviluppatore può contribuire a modificarla, pur essendo
soggetto nei suoi interventi ad una regolamentazione ben precisa.

I token XRP, inoltre, non nascono come i Bitcoin e quindi non sono
soggetti al processo di mining: vengono semplicemente assegnati a
tutti coloro che mettono a disposizione della piattaforma le capacità
computazionali dei loro dispositivi. Il network di Ripple è in continua
evoluzione, grazie alla particolare sicurezza di transazione che offre
ai propri utenti: ogni operazione è infatti sottoscritta e garantita
tramite una crittografia di tipo ECDSA e ED25519.

A differenza di Bitcoin, infine, si caratterizza per un’elevata


scalabilità. Il maggior svantaggio di Ripple sta nel fatto che non tutti
gli enti finanziari hanno la possibilità di utilizzarlo, dal momento che
ancora diversi Paesi non accettano gli scambi in valute digitali.
Attualmente i dati relativi alla
capitalizzazione di mercato, volume di scambi e offerta massima non
sono disponibili.

1.3 Litecoin (LTC)


Litecoin, con token LTC, è stato immesso sul mercato nel 2011 ad
opera di Charlie Lee, un ex-dipendente del colosso informatico
Google. È stato immediatamente in grado di attirare l’attenzione dei
maggiori investitori di Bitcoin poiché, a differenza di quest’ultimo, era
in grado di garantire sia transazioni estremamente più veloci sia un
maggior volume di emissione della moneta (che si realizza
attraverso il classico processo di mining). Nonostante sia una
criptovaluta piuttosto datata presenta tutt’oggi un’ottima
capitalizzazione di mercato e un volume di scambio giornaliero
davvero notevole.

Le sue quotazioni, inoltre, sono in costante crescita e nonostante


l’avvento della pandemia globale abbia innescato una forte battuta
d’arresto per il settore delle criptovalute, LTC è riuscito a mantenere
il proprio prezzo stabile e, ad oggi, è dimostra nuovamente un trend
fortemente rialzista. Il progetto si dimostra infatti capace di
continuare a competere sia con i maggiori altcoin (denominazione
data a tutte le criptovalute che non sono Bitcoin) sia con i token
emergenti: i costanti aggiornamenti e implementazioni di nuove
funzionalità rendono infatti Litecoin una delle monete digitali
maggiormente in grado di tenere il passo con le evoluzioni
tecnologiche e informatiche e, pertanto, capace di continuare a
offrire ai propri investitori servizi all’avanguardia e altamente
efficienti.
Il maggior problema di Litecoin deriva dal fatto che è una delle
criptovalute maggiormente utilizzate nel dark web, pertanto il suo
brand è stato spesso associato a scambi o transazioni illecite e, nel
corso del tempo, ha ottenuto una reputazione parzialmente negativa.
Attualmente la sua capitalizzazione di mercato è pari a
13.024.432.631 €, ha un'offerta circolante di 69.036.395 LTC e una
fornitura massima di 84.000.000 di token LTC.

1.4 Ethereum (ETH)


Ethereum, con token ETH, è stata lanciata sul mercato nel 2014
dallo sviluppatore russo Vitalik Buterin ed è stata la prima
criptovaluta a riuscire a competere con BitCoin. La ragione del suo
successo risiede nel fatto che, pur operando in modo molto simile a
BitCoin e sfruttando il sistema delle blockchain, consente ai propri
utenti non solo di utilizzare il proprio token come sistema di
pagamento, ma anche di creare e pubblicare gli Smart Contracts. Il
network di Ethereum sfrutta la rete peerto-peer e consente a tutti gli
utenti di proporre modifiche e migliorie che vengono sottoposte al
controllo delle Ethereum Foundation (un’azienda no profit che ha
sede in Svizzera). Ulteriori vantaggi di Ethereum rispecchiano le
tipiche caratteristiche delle blockchain decentralizzate: è possibile
eseguire transazioni liberamente e in qualsiasi momento, garantisce
sicurezza e trasparenza e, a livello di costi, è molto più conveniente
ed economico rispetto a molti altri sistemi di pagamento.

Anche Ethereum infine condivide il maggior problema di BitCoin,


ovvero il fatto che molti Paesi ancora non hanno regolamentato le
criptovalute e non consentono di utilizzarle come alternativa alle
valute Fiat. Dopo lo scandalo DAO, che ha causato un furto di oltre
3,5 milioni di ETH il progetto originale ha subito un'hard fork: i
creatori di Ethereum hanno infatti scelto di ripartire da zero,
ottimizzando il codice di base della blockchain per permetterle di
resistere ad ulteriori minacce informatiche.
Molti investitori, ad ogni modo, sono rimasti fedeli al progetto
originale che, da quel momento, ha assunto il nome di Ethereum
Classic (ETC).
Attualmente la capitalizzazione di mercato di Ethereum è pari a
451.140.326.972 €, ha un'offerta circolante di 118.458.182 ETH,
mentre la fornitura massima non è disponibile.

CAPITOLO 14
1. Quali criptovalute evitare?
Le volatilità delle criptovalute colpisce non solo i token emergenti,
ma anche le monete apparentemente più diffuse: il verificarsi di un
problema operativo all’interno della blockchain, la notizia di uno
scandalo o la scoperta di una truffa sono tutte informazioni in grado
di compromettere anche i token apparentemente più solidi, pertanto
se vuoi evitare di mettere in atto delle strategie di investimento
fallimentari devi necessariamente tenere costantemente sotto
controllo le ultime news del settore. In questo capitolo ti sveliamo
quali criptovalute dovresti assolutamente evitare alla luce delle
ultime novità che le riguardano.

1.1 DogeCoin (DOGE)


DogeCoin, con token DOGE, fa parte della categoria di criptovalute
denominate Meme Coin: la loro principale caratteristica sta nel fatto
che devono il loro successo non alle innovazioni o servizi offerti
all’utenza, bensì alla fama dell’icona su cui si poggiano. Il simbolo di
DogeCoin, ad esempio, è una cagnolina di razza Shiba Inu che
durante gli anni precedenti è stata protagonista di innumerevoli
video, vignette e contenuti ironici divenuti in brevissimo tempo virali
nel web.

DogeCoin ha dunque cavalcato l’onda del successo di questo meme


per attirare l’attenzione e il consenso di una vasta community,
formata per lo più da investitori giovani e fortemente influenzati da
quei contenuti digitali che ottengono fama e popolarità grazie
all’ironia e all’ilarità. DogeCoin, infatti, ha ottenuto immediatamente
un notevole incremento di valore, ma la sua intensa crescita ha ben
presto iniziato a subire forti segnali d’arresto.
Ciò si deve al fatto che, pur essendo indubbiamente superiore a
molte altre valute attualmente in circolazione, non riesce a
competere con la tecnologia dei token emergenti, caratterizzati da
notevole velocità di transazione, costi di commissione minimi e da
funzionalità sempre più innovative. Oltre a questo devi considerare
anche il fatto che DogeCoin è una delle criptovalute meno utilizzate
nel mondo reale, così come conferma il suo bassissimo volume di
scambio giornaliero: in tutto il mondo è infatti accettata da poco più
di 1.700 aziende.

1.2 Monero (XMR)


Il progetto Monero, con token XMR, è stato lanciato sul mercato nel
2013 con lo scopo di permettere a tutti gli utenti di eseguire
transazioni completamente anonime. La sua particolare attenzione
della privacy vuole intaccare direttamente la blockchain di BitCoin
che, invece, rende sempre tracciabili le operazioni eseguite e
permette di risalire all’utente che le ha messe in atto grazie allo
pseudonimo utilizzato da quest’ultimo.
Monero è stata inizialmente apprezzata esattamente per questo
motivo: ha offerto al proprio pubblico una funzionalità del tutto
assente all’interno della più affermata blockchain di BitCoin. Questa
novità, tuttavia, non è stata vista di buon occhio da una buona fetta
di investitori, né dagli enti governativi e internazionali.

Le transazioni completamente anonime, infatti, consentono agli


utenti di operare in qualsiasi modo, mettendo in atto anche azioni
potenzialmente illegali, senza poter essere in alcun modo rintracciati
o perseguiti dalla legge. Non è un caso se il token XMR viene
associato per lo più agli scambi che avvengono nel deepweb, ai
ransomware, ai truffatori e alla criminalità organizzata. Il futuro della
moneta, pertanto, è fortemente messo a rischio dalla pessima
opinione della community che, nel corso degli anni, tende ad
aumentare sempre di più.
Nel 2018, in particolare, Monero si trovò al centro di un vero e
proprio crimine: in Norvegia fu rapita la moglie di uno degli uomini
più ricchi del Paese e, come riscatto, furono chiesti 9 milioni di token
XMR. Se sei interessato ad un investimento proficuo e a lungo
termine, pertanto, Monero è una di quelle criptovalute che non
dovresti prendere in considerazione per nessun motivo.

1.3 Cardano (ADA)


Cardano, con token ADA, è una criptovaluta che sfrutta una
blockchain di terza generazione. Può essere ritenuta un’evoluzione
di Ethereum in quanto ha ottenuto risultati mai visti fin ora in termini
di scalabilità, interoperabilità e sostenibilità (attraverso ICO e
Patrocini). Cardano è riuscita a contrastare efficacemente la crisi
economica globale che negli ultimi anni ha scosso violentemente il
mercato finanziario, tuttavia ha recentemente subito un significativo
crollo di prezzo e attualmente si trova in un’enigmatica fase di stallo.

Molti investitori stanno approfittando del momento per acquistare


grandi quantità di ADA, ma quest’operazione è da considerare
altamente speculativa e rischiosa, dal momento che i maggiori
analisti non riescono a prevedere con certezza il futuro della
criptovaluta.
Il principale motivo della fase ribassista sembra avere origini da
alcune recenti correzioni, a livello legislativo statunitense, che
interessano il settore delle criptovalute, ma non si riesce a reperire
alcuna notizia certa a riguardo. I gestori di Cardano affermano che
sono pronti ad implementare nuove innovative funzionalità sulla
piattaforma e, pertanto, se queste promesse venissero mantenute
probabilmente ADA tornerebbe a mostrare un trend rialzista.

Attualmente, tuttavia, la community si mostra ancora piuttosto


diffidente e, se sei un trader principiante, dovresti
assolutamente tenerti alla larga da questo tipo di operazioni.

1.4 BitCoin SV
BitCoin SV, con token BSV, è una criptovaluta nata da una fork di
BitCoin avente il principale scopo di riportare la criptovaluta alle sue
origini, in cui Satoshi Nakamoto (pseudonimo utilizzato dal creatore
di Bitcoin) la presentava non come uno strumento finanziario
speculativo, bensì solo come mezzo di pagamento alternativo alla
moneta Fiat. Nonostante il team di sviluppatori che ha creato BitCoin
SV sia riuscito a migliorare alcuni aspetti del protocollo originario di
BitCoin, come ad esempio la scalabilità e la velocità delle
transazioni, non è ancora riuscito a superare i principali ostacoli della
criptovaluta madre: BitCoin SV, al pari di BitCoin, non è ancora
riuscito ad ottenere una regolamentazione che gli consenta di essere
utilizzato come sistema di pagamento digitale alternativo a quelli
aventi corso legale, pertanto a conti fatti le innovazioni introdotte non
sono state in grado di apportare alcuna effettiva miglioria a livello
pratico.

Considera inoltre che non è semplice trovare il token BSV sulle


piattaforme exchange o sui broker online regolamentati, segno
innegabile che questa criptomoneta non gode di sufficiente fiducia.
Molte fork di BitCoin, dopotutto, si sono rivelate un vero e proprio
fallimento e BitCoin SV sembra non offrire alcuna reale garanzia sul
fatto che il futuro possa riservargli una sorte migliore.

CAPITOLO 15
1. Dove conservare le criptovalute?
Dal momento che le criptovalute sono un asset totalmente digitale,
privo di esistenza nel piano fisico, ti starai sicuramente chiedendo
com’è possibile possederle e conservarle. La risposta è davvero
semplice: così come le valute Fiat possono essere versate nei conti
correnti bancari, così le criptovalute vengono raccolte all’interno dei
Wallet, ossia del portafogli virtuali di proprietà dell’investitore.
Attualmente in commercio sono disponibili diverse tipologie di wallet,
ognuna corrispondente alle differenti esigenze di chi li utilizza.
Una prima importante distinzione può essere fatta tra Hardware
Wallet (conosciuti anche come portafogli freddi) e Software Wallet (o
portafogli caldi). I primi funzionano semplicemente come una
chiavetta USB, mentre i secondi sono dei portafogli digitalizzati e
presenti nelle varie piattaforme exchange o broker online (web
wallet) o sotto forma di software scaricabili sul pc (desktop wallet) o,
infine, nelle applicazioni mobile compatibili con i sistemi operativi
Android e iOS (mobile wallet).

Ogni wallet contiene due chiavi crittografiche differenti: la prima è


pubblica e viene inviata al chi deve inviare il denaro permettendogli
di inserire il corretto indirizzo di destinazione, la seconda è privata e
non dev’essere mai rivelata poiché è responsabile della privacy del
portafoglio. Ogni transazione eseguita tramite wallet richiede una
piccola commissione, necessaria per la conferma del pagamento:
puoi personalizzare questa spesa a seconda della velocità con cui
desideri completare l’operazione. Di seguito puoi consultare una lista
dei migliori wallet attualmente presenti sul mercato e decidere qual è
quello più adatto alle tue esigenze.

1.1 E-Wallet eToro


È il portafoglio digitale incluso nella piattaforma del broker online
eToro. Ti consente di effettuare transazioni con oltre 120 criptovalute
ed è compatibile con eToro X, pertanto se vuoi utilizzare l’uno o
l’altro servizio puoi sfruttare lo stesso wallet senza necessità di
trasferire i tuoi fondi. Questo portafoglio ti permette inoltre di
negoziare in CFD, ovvero negli strumenti finanziari derivati, che non
richiedono il pagamento di alcune commissione, bensì solo dello
spread applicato dal broker.

1.2 E-Wallet Binance


Anche in questo caso ti trovi davanti ad un portafoglio incluso nel
broker online Binance. Puoi utilizzarlo per eseguire qualsiasi
transazione sia su Binance Chain sia su Binance Smart Chain ed è
supportato dai principali browser come Chrome o Firefox.

Recentemente in questo E-Wallet è stata implementata


un’interessante estensione che consente di accedere alla rete
Ethereum e utilizzare le applicazioni decentralizzate (Dapps)
direttamente dal proprio browser.

1.3 Coinbase Wallet


La principale caratteristica di questo wallet, offerto dalla piattaforma
exchange Coinbase, sta nel fatto che è protetto da una polizza
assicurativa. Quest’ultima rimborsa l’utente nel caso dovessero
accadere incidenti di qualsiasi genere, come ad esempio degli
attacchi informatici o furti hacker. Grazie a questo portafoglio, inoltre,
puoi accedere a numerose applicazioni decentralizzate.

1.4 Crypto.com Wallet


Installando l’App di Crypto.com sul tuo smartphone o tablet puoi
avere immediatamente accesso al wallet offerto dalla piattaforma e
sfruttarlo per ricevere, inviare e scambiare criptovalute. Attualmente
questo wallet supporta le criptovalute Bitcoin, Ethereum, CRO, LTC,
XLM, XRP e altri token ERC-20 collegati alla blockchain di
Ethereum. Puoi inoltre scegliere di impostare, in fase di accesso, un
secondo livello di autenticazione, in modo da assicurarti il massimo
livello di sicurezza possibile.

1.5 SpectroCoin Wallet


SpectroCoin è un portafoglio di criptovalute digitale che può essere
utilizzato anche come piattaforma exchange. Offre la possibilità di
acquistare, rivendere e scambiare Bitcoin, Ethereum, Dash, NEM e
diverse altre crypto e può essere utilizzato sia tramite pc sia con
un’applicazione mobile per smartphone e tablet. Ciò che
contraddistingue SpectroCoin da altri wallet è il fatto di poter
richiedere la SpectroCoin Card, una carta di debito collegata al tuo
conto utente che ti consente di prelevare i token in esso depositati,
convertendoli in valuta Fiat.

1.6 Kraken Wallet


Kraken Wallet è il portafoglio digitale integrato nella piattaforma
exchange Kraken, pertanto utilizzandolo puoi avere accesso a tutte
le principali funzionalità di trading. Il maggior punto di forza di Kraken
Wallet è dato dal suo eccellente sistema di sicurezza: ogni
informazioni relativa all’utente viene criptata, pertanto questo wallet
non può in alcun modo essere ricondotto a te; utilizza due livelli di
sicurezza su ogni dispositivo e detiene il 95% dei fondi dell’utente su
dei cold wallet monitorati 24h su 24 e 7 giorni su 7. È un wallet
perfetto per i trader principianti, i professionisti potrebbero invece
trovare i suoi servizi piuttosto limitanti.

1.7 Bittrex Wallet


Bittrex è una piattaforma exchange che ti offre la possibilità di
conservare, acquistare, vendere e scambiare criptovalute grazie al
portafoglio integrato. Per accedere al wallet bisogna selezionare la
sezione Holdings, nella quale è possibile vedere tutti gli assets di cui
sei proprietario. Questo wallet ti fornisce un indirizzo privato, da
inviare agli utenti che devono eseguire un pagamento verso il tuo
account e ogni transazione richiede alcune piccole commissioni, che
fanno riferimento ai costi trattenuti dalla blockchain e sono dunque
indipendenti da Bittrex.

1.8 Bibox Wallet


Bibox è un exchange per criptovalute che ultimamente sta attirando
l’attenzione di molti investitori grazie ai suoi costi e commissioni
particolarmente economici. Ogni volta che si effettua l’acquisto di un
asset (come BitCoin, Ethereum, Ripple, EOS e Litecoin) puoi
scegliere se inviare i prodotti in un conto personale o nel wallet
integrato nella piattaforma: quest’ultimo ti consente di trasferire
liberamente le criptovalute, fornendoti un indirizzo personale da
comunicare a chi deve inviarti un pagamento.

1.9 Poloniex Wallet


La piattaforma Poloniex si caratterizza per il fatto che, per ogni
criptovaluta acquistata, crea automaticamente un wallet ad essa
dedicato. Si possono dunque avere molteplici wallet, tutti dotati di
indirizzo personale. In realtà Poloniex non è solo un sito exchange,
bensì anche una piattaforma di cambio: potete dunque utilizzarla per
inviare le vostre criptovalute sui wallet Poloniex e scambiarle con
altri assets.

1.10 Ledger Nano X


Ledger Nano X è uno degli hardware wallet più completi e sicuri
attualmente in commercio. Le sue dimensioni ridotte lo rendono
semplice da trasportare e può essere utilizzato come una qualsiasi
chiavetta USB. È compatibile con oltre 1000 criptovalute e il sistema
operativo proprietario, BOLOS, offre massima sicurezza attivando le
chiavi di accesso pubbliche e private fin dal primo utilizzo.

1.11 Ledger Nano S


Ledger Nano S è considerato l’hardware wallet più sicuro tra quelli
disponibili sul mercato. Oltre a disporre delle chiavi d’accesso
pubbliche e private, infatti, in fase di configurazione ti permette di
scegliere 24 parole segrete che servono a ricostruire in qualsiasi
momento il wallet, inserendole su un altro dispositivo o in fase di
backup. Condivide con il modello Nano X la facilità di utilizzo e
un’ottima portabilità, grazie alle sue dimensioni ridotte.

1.12 Trezor Wallet


Trezor Wallet è uno degli hardware wallet più apprezzati e utilizzati
dai trader di tutto il mondo. Il suo design minimalista e le opzioni di
personalizzazione in fase di configurazione lo rendono uno
strumento versatile e semplice da utilizzare. Può essere utilizzato su
qualsiasi pc desktop e sui dispositivi mobile come smartphone o
tablet, garantendoti massima sicurezza grazie ad un PIN di 4 cifre
che cambia la sua sequenza numerica ad ogni accesso.

1.13 Bitbox Wallet


Utilizzando l’harware wallet Bitbox hai la possibilità di conservare
ogni criptovaluta in un portafoglio ad essa dedicato. In fase di
configurazione e installazione è necessario installare sul dispositivo
desktop o mobile il software Bitbox e creare un profilo personale: i
dati sensibili vengono immediatamente criptati, garantendoti
massima affidabilità e sicurezza.

1.14 Exmo Wallet


L’exchange Exmo si caratterizza per il fatto che tramite questa
piattaforma è possibile acquistare un gran numero di criptovalute
emergenti e criptovalute di nuova generazione, oltre a BitCoin e tutti
i principali altcoin. Potrai inoltre operare con il trading Forex, ossia
scambiando ben 186 coppie di criptovalute. Ogni volta che si esegue
un’operazione di acquisto, le criptovalute vengono trasferite sul
wallet integrato entro un tempo massimo di 30 minuti. Per ogni
criptovaluta sono previsti specifici costi di trasferimento.

1.15 Keepkey Wallet


Keepkey Wallet è un portafoglio fisico che fin dal momento del suo
ingresso sul mercato è riuscito a stupire gran parte della community
di trader e investitori grazie alle sue funzionalità estremamente
avanzate, diventando un diretto competitore sia per Ledger sia per
Trezos. Le chiavi pubbliche e private vengono generate
automaticamente e casualmente ad ogni accesso, garantendoti un
eccellente livello di sicurezza; ti permette inoltre di disporre di 12
parole chiave che ti consentono di ricostruire il wallet in ogni
momento.

CAPITOLO 16
1. Come migliorare le strategie di investimento?
Operare con il trading di criptovalute non è affatto semplice e, se sei
un investitore principiante, prima di iniziare a rischiare il tuo capitale
devi assolutamente prestare la giusta attenzione a una serie di fattori
ed elementi che potrebbero essere essenziali per attuare una
corretta strategia di investimento. In questo capitolo potrai scoprire
quali sono gli aspetti essenziali che devi considerare per migliorare
le tu strategie di investimento ed eseguire transazioni efficaci,
ragionate e non casuali.

2. Esegui un’efficace analisi degli errori


Prima di decidere di investire su una criptovaluta piuttosto che su
un’altra, devi tenere a mente che i rischi maggiori di questo tipo di
operazioni sono dati dalla volatilità delle monete digitali,
dall’indefinibilità dei Market Mover (dati che influenzano il mercato
finanziario) e dalle novità che, a livello tecnico e informatico, rendono
il settore delle blockchain in continua evoluzione. Una buona fase di
studio e informazione è dunque essenziale, soprattutto per scoprire
quali sono gli errori più comuni nel trading online e capire come
evitarli.

2.1 Errori nella dimensione della posizione


operativa (Position Sizing)
Se sei un trader principiante devi sempre ricordare che anche la
migliore strategia di investimento non offre alcuna garanzia di
guadagno, pertanto non devi in nessun caso ignorare le regole del
Money Management che ti consentono di mantenere un adeguato
livello di rischio. Il trading con le criptovalute va infatti considerato
come un qualsiasi altro trading e richiede l’utilizzo delle stesse
formule: ad esempio la formula di Kelly impone di non investire mai
più del 2% del capitale totale presente sul tuo conto e, anche nei
momenti in cui il mercato si mostra particolarmente favorevole, non
si deve superare il 5% dello stesso. Iniziare a realizzare guadagni
modesti è infatti il primo passo per ottenere degli utili da reinvestire
successivamente.

2.2 Non affidarti alla volatilità


Le criptovalute sono gli assets più volatili del mercato, questo non
vuol dire che si può fare affidamento su questa loro peculiarità: nel
momento in cui un token scende di prezzo non è infatti detto che nel
breve o lungo termine possa riprendere un andamento rialzista.

Oltre ad informarti sul trend delle criptovalute, pertanto, è importante


acquisire una buona conoscenza del settore di riferimento e
comprendere se le peculiarità di un token possono permettergli di
reggere la competitività del mercato o se, al contrario, non
riusciranno a sostenere la concorrenza.

2.3 Controlla i grafici


L’analisi tecnica del mercato ti consente di mantenere
costantemente sotto controllo il trend delle criptovalute: non è
sufficiente consultarla solo al momento della scelta del token su cui
investire, ma dev’essere monitorata per tutto il periodo in cui
mantieni aperta la tua posizione.

Nonostante non sia uno strumento che può dare certezze assolute,
può sicuramente indicarti efficacemente quand’è consigliabile
chiudere la posizione o vendere una criptovaluta.
2.4 Non mantenere la posizione aperta oltre il
necessario
Anche questo errore è direttamente collegato alla volatilità delle
criptovalute: nel momento in cui una posizione genera eccessive
perdite, non è in alcun caso consigliato mantenerla aperta troppo a
lungo. L’analisi tecnica può aiutarti a comprendere se sono previsti
rialzi nel breve o medio termine, ma in caso di assenza di segnali
positivi a riguardo è meglio chiudere immediatamente la posizione
prima di incorrere in ulteriori perdite. Per questo motivo è sempre
consigliabile impostare l’ordine condizionale Stop Loss.

2.5 Non essere superficiale nella scelta del


broker
Attualmente sono disponibili moltissimi broker online e piattaforme
exchange, ognuno dotato di specifica regolamentazione. Informarti
sui costi e commissioni previsti per ogni singola transazione, ad
esempio, potrà evitarti spiacevoli sorprese. Controlla inoltre sempre
le licenze della piattaforma ed evita di operare con intermediari che
non offrono sufficienti garanzie.

3. Lavora sulle tue aspettative


Lavorare sulle tue aspettative vuol dire pianificare attentamente i tuoi
investimenti e scegliere la strategia più adatta ai profitti che pensi di
poter ottenere. Nei precedenti capitoli hai già visto cosa comporta
scegliere una strategia di investimento a breve, medio o lungo
termine: ognuna di queste tre figure espone a rischi e possibilità di
guadagno differenti. Quanto più alto è il guadagno prospettato, tanto
più elevato sarà il rischio al quale esponi il tuo capitale: investi
soltanto ciò che puoi permetterti di perdere, senza lasciarti
ingannare da allettanti, ma rischiose, aspettative di guadagno.

4. Gestione psicologica ed emotiva


Se vuoi iniziare ad operare con il trading online devi essere pronto a
gestire l’elemento psicologico collegato a questa attività: ogni
investitore, infatti, sperimenta una vasta gamma di emozioni e deve
essere in grado di controllarle senza venirne sopraffatto. Molti trader
di successo, come Warren Buffet o Larry White, hanno scritto interi
libri sull’argomento, mettendo in risalto il loro approccio al trading e
le tecniche psicologiche che hanno utilizzato.

Tra le emozioni che colpiscono ogni tipo di trader, sia il principiante


sia il professionista, puoi trovare: paura, ansia, avidità, speranza e
noia. Questo tipo di sentimenti spesso possono essere
correttamente gestiti solo ricorrendo ad alcune tecniche meditative
ed affrontando un analitico studio del Money Management. Devi
infatti imparare a praticare la pazienza, aspettando il momento
giusto per agire, e l’autodisciplina: non perdere mai di vista i tuoi
obiettivi e creali basandoli su fondamenti quanto più razionali
possibili.

5. Ascolta i consigli dei professionisti e


confrontati con gli altri investitori
Prima di iniziare a investire nel trading è estremamente importante
studiare: oltre a seguire i corsi universitari o Master specializzanti
che possono fornirti delle importanti nozioni sui diversi tipi di
strumenti finanziari e sul funzionamento del mercati, è essenziale
ascoltare i consigli e le esperienze offerti in prima persona dai
professionisti del settore.

A tal proposito hai a tua disposizione moltissime risorse sia online


sia offline come video-corsi, forum, guide, siti specializzati e manuali.
Potrebbe essere estremamente utile acquistare alcuni libri scritti dai
trader di successo, i quali contengono linee guida precise e
dettagliate sui vari aspetti del trading, oltre a varie strategie vincenti
adatte sia ai novizi sia a chi può permettersi di esporsi ad un livello
di rischio più alto.
Sfruttare la funzione Social trading offerta dalle varie piattaforme
exchange o broker online (come ad esempio eToro) ti permette
inoltre di comunicare in tempo reale con gli altri utenti della rete,
affrontando discussioni inerenti agli ultimi trend, acquisendo
informazioni altamente qualificate ed osservando il comportamento
della community in un dato periodo di tempo.

CAPITOLO 17
1. Gestione del rischio: strumenti e linee guida
La gestione del rischio, altrimenti conosciuta con il termine inglese di
Risk Management, è uno strumento essenziale sia per gli investitori
che possiedono modesti capitali sia per chi fa trading d’alto profilo. In
questo capitolo potrai scoprire quali sono gli elementi fondamentali
della gestione del rischio e quali sono i principali strumenti finanziari
che ti permettono di costruire una strategia di investimento solida e
sicura.

La prima regola di base per tutti i trader è quella di investire al rialzo


quando il trend di un asset è positivo e investire al ribasso quando
invece il mercato è sfavorevole. In particolare aprire una posizione al
rialzo è indicato con il termine Long, mentre le posizioni al ribasso
sono definite Short.

Al trader viene dunque richiesto di individuare con la maggiore


precisione possibile quale sarà l’andamento futuro della criptovaluta,
dal momento che in base ad un nuovo o ulteriore rialzo o un
successivo ribasso dipende, effettivamente, il suo guadagno. Il livello
di accuratezza della previsione determina il successo o il fallimento
di qualsiasi strategia: è dunque necessario non solo affidarsi sulla
propria capacità di previsione, ma anche sulle peculiari
caratteristiche del titolo oggetto dell’investimento (ogni asset, infatti,
ha comportamenti di mercato differenti).

2. Leva finanziaria: cos’è e come funziona


La leva finanziaria è uno strumento che ti permette di investire
usufruendo di un prestito da parte del broker online o piattaforma
exchange sul quale esegui l’operazione. Grazie ad essa potrai
investire moltiplicando per un dato numero l’importo reale del
capitale che possiedi: questo può pertanto garantirti inventi guadagni
e, al contempo, ti fa rischiare di perdere molto più di quanto hai
realmente investito.

La leva ha dunque l’effetto principale di moltiplicare il capitale


dedicato ad un investimento e la posizione (long o short) si basa sul
risultato di questa moltiplicazione: chiudendo la posizione riceverai i
guadagni o le perdite calcolate sul totale moltiplicato, in aggiunta al
capitale effettivamente impegnato.

Anche se questa moltiplicazione avviene virtualmente, l’importo


totale dell’investimento non viene creato dal nulla: per usufruire della
leva finanziaria, infatti, devi
necessariamente affidarti a un prestatore di denaro. I broker online
automatizzano totalmente il procedimento, a fronte del pagamento
delle commissioni overnight, ossia delle commissioni che vengono
applicate dalla piattaforma nel momento in cui la tua posizione
rimane aperta durante le ore notturne (il costi previsti per le
commissioni overnight, naturalmente, variano di broker in broker).

Puoi impostare la leva finanziaria direttamente in fase di ordine,


inserendo il valore per cui intendi moltiplicare il capitale investito: la
leva finanziaria x1 non applica alcuna moltiplicazione, x2 raddoppia il
tuo capitale, x5 lo moltiplica per cinque volte il suo ammontare e così
via. La formula necessaria per calcolare la leva finanziaria è dunque
una semplicissima moltiplicazione, ma a seconda dei broker utilizzati
può essere riportata in diverse formule.

Può essere infatti espressa in forma 1:x e, per ottenere il totale del
capitale investito dovrai utilizzare per la moltiplicazione soltanto il
numero inserito dopo i due punti. Ad esempio investendo 100 € con
leva 1:2, stai in realtà impegnando 200 €. La leva finanziaria può
anche essere espressa in numero fisso (come ad esempio 2x, 3x,
5x, 10x) e in questo caso il numero che dovrai usare per eseguire la
moltiplicazione è quello che precede la x.

Tutti i migliori broker online consentono di effettuare investimenti al


massimo della leva finanziaria consentita dall’ESMA, l’Autorità
Europea per gli investimenti finanziari sui mercati, pertanto è tuo
compito stabilire quale
moltiplicatore applicare ai tuoi investimenti, calcolando il livello di
rischio massimo che puoi sostenere.

L’ESMA, in particolare, può emettere delle normative temporanee,


che possono essere in seguito modificate, cancellate o assorbite
all’interno della legislazione vigente: controlla pertanto che tutte le
informazioni contenute nella regolamentazione dei broker cui ti affidi
siano aggiornate e corrispondenti con le ultime novità legislative.

Da alcuni anni, ad ogni modo, sembra che le limitazioni fissate per la


leva legale Europea siano divenuti stabili: in particolare per le coppie
maggiori del Forex il livello di leva massima è pari a 1:30; per le
coppie minori del Forex il livello massimo è 1:20; per l’oro il livello
massimo è stabilito all’1:20; le altre materie prime possono sfruttale
leva massima per 1:10; gli indici maggiori sono sottoposti al limite
1:20 e gli indici minori al limite 1:10. Le azioni e le criptovalute,
invece, sono state sottoposte a limiti decisamente più stringenti: le
prime possono sfruttare una leva finanziaria massima paria a 1:25,
mentre le criptovalute sono soggette al limite 1:2.

I broker che operano legalmente in Europa devono dunque


rispettare questi limiti; le piattaforme che operano fuori dai confini
europei, invece, possono superarle: è tuttavia altamente sconsigliato
operare con questi ultimi intermediari, poiché non venendo tutelati
dalla normativa europea gli investitori potrebbero facilmente
incorrere in scam e truffe finanziarie.

2.1 Quando conviene usare la leva finanziaria?


Dal momento che l’effetto della leva finanziaria comporta la
moltiplicazione dell’andamento del titolo su cui hai investito, il livello
di rischio della tua operazione è direttamente proporzionale alla leva
che hai impostato. Aumentando i potenziali guadagni, infatti, ti
esponi anche al rischio di perdite nettamente maggiori e,
considerando l’estrema volatilità delle criptovalute, ti conviene
utilizzare la leva finanziaria soltanto nel momento in cui disponi di
una strategia di investimento particolarmente sicura.

La leva finanziaria, in ogni caso, può essere usata in moltissimi


contesti. Per prima cosa puoi moltiplicare l’andamento di un titolo
statico, ovvero un titolo che attraversa un periodo privo di forti
oscillazioni di prezzo e che offrono un rischio di investimento
piuttosto basso.

In alternativa puoi praticare l’Hedging, ovvero metterti al riparo dai


rischi che derivano da altri investimenti: se ad esempio hai investito
in azioni USA (denominate in dollari) e vuoi coprirti dal rischio di
cambio, puoi aprire una posizione long EUR/USD e applicare una
lega alta, impiegando così una parte ridotta di capitale per
proteggerti da un’eventuale crollo delle azioni USA.
Al contrario devi assolutamente evitare di utilizzare la leva finanziaria
quanto i tuoi investimenti si basano su dati particolarmente instabili e
aleatori o sono dettati dall’istinto. Investire con il trading online,
infatti, è del tutto diverso rispetto al gioco nel casinò e le tue
operazioni possono risultare redditizie, a parte sporadici casi di
fortuna, soltanto se attui una strategia solida e precisa.

3. La piramide del rischio e la diversificazione dei


portafogli
Con il termine piramide del rischio si intende una classifica dei
principali tipi di titoli finanziari in relazione al loro livello di rischio
crescente: si tratta dunque di uno strumento molto utile per
diversificare il capitale da impegnare in diversi settori d’investimento.
Generalmente all’interno della piramide del rischio vengono
riconosciuti 4 livelli.

Il primo livello presenta un basso rischio e un basso rendimento: in


una diversificazione ottimale del capitale il livello di rischio assorbe il
50% di quest’ultimo. Ne fanno parte gli investimenti di lungo periodo
basati su titoli ritenuti altamente stabili e affidabili (come ad esempio
le azioni Amazon o la criptovaluta Bitcoin).

Il secondo livello comporta un rischio medio e un rendimento medio:


impiega il 30% del capitale da investire e può essere utilizzato negli
investimenti periodici. Ne fanno parte tutti i titoli dotati di alta
capitalizzazione di mercato e caratterizzati da un andamento
piuttosto regolare, privo di forti o improvvise oscillazioni. Il mercato,
infatti, tende a ripetere ciclicamente i propri andamenti, pertanto
anche di fronte ad un momentaneo crollo di prezzo questa tipologia
di titoli hanno ottime possibilità di recuperare la perdita e generare
profitto.

Il terzo livello presenta un rischio alto e un rendimento ugualmente


alto: a questa tipologia di investimenti non dovresti dedicare più del
15% del capitale totale a tua disposizione. Comprende tutte le
operazioni con titoli che presentano prezzi e volatilità
particolarmente elevati. Dal momento che questo titoli offrono
davvero poche garanzie di profitto, investire solo il 15% del tuo
capitale ti mette al riparo dalle maggiori perdite.

L’ultimo livello della piramide del rischio prevede investimenti molto


rischiosi, che possono generare rendimenti altissimi: l’ammontare
massimo di capitale da impiegare in questo tipo di operazioni non
deve mai superare il 5% del totale a tua disposizione. Il quarto livello
è utilizzato per lo più dai trader professionisti ed è altamente
sconsigliato a chi invece sta muovendo i primi passi nel settore.

Per sfruttare al meglio la piramide del rischio è altamente


consigliabile dotarsi di portafogli diversificati, nei quali destinare gli
investimenti relativi ai diversi livelli di gestione del rischio. In questo
modo avrai costantemente sotto controllo tutti i tuoi investimenti,
diversificati per livello di rischio e possibilità di rendimento, e sarà
estremamente più semplice gestirli efficacemente.

Puoi inoltre scegliere di diversificare i portafogli anche in relazione al


settore in cui hai eseguito l’investimento: quest’ulteriore partizione ti
consente di visualizzare non solo l’andamento dei tuoi investimenti
legati ad un determinato livello di rischio, ma anche di comprendere
l’andamento generale del settore di mercato nel quale hai scelto di
impiegare

i tuoi fondi.
4. Gli ordini condizionali: Stop Loss e Take Profit
Ulteriori strumenti estremamente utili per la gestione del rischio sono
gli ordini condizionali Stop Loss e Take Profit, messi a disposizione
in fase di acquisto o vendita da tutti i migliori siti exchange e broker
online. Si tratta di due strumenti complementari, dedicati sia
all’assicurarsi il massimo profitto possibile sia al limitare il più
possibile le perdite.

Si tratta di due funzioni strettamente complementari: il Take Profit è


rivolto all’assicurazione dei profitti e lo Stop Loss all’individuazione
della quantità di capitale che si è disposti a mettere a rischio con una
singola operazione.

4.1 Come funziona l’ordine condizionale Stop


Loss
Prima di effettuare un qualsiasi investimento una delle domande
fondamentali che devi porti è: quanto sono disposto a perdere? Le
tue previsioni e strategie, infatti, possono sempre rivelarsi sbagliate
e in caso di perdite è sempre meglio prevenire i danni, piuttosto che
curarli.

Lo Stop Loss ti consente allora di impostare una quotazione minima


che il titolo in cui hai investito non deve superare: nel caso il valore
del titolo crolli sino a questo importo, la posizione verrà
automaticamente chiusa e verrai messo al riparo da ulteriori perdite.

Prima di impostare il livello di Stop Loss, assicurati di aver studiato


bene l’andamento attuale del mercato, poiché chiudere in tempi
prematuri una posizione quando il trend prevede in breve un nuovo
rialzo può impedirti di realizzare il profitto preventivato.

4.2 Come funziona l’ordine condizionale Take


Profit
Grazie al Take Profit puoi chiudere automaticamente la tua posizione
nel momento in cui il valore del titolo raggiunge un determinato
prezzo (e dunque il tuo investimento realizza un livello di profitto
predeterminato). Le oscillazioni di mercato vedono il continuo
crescere e decrescere del valore degli assets e le più basilari
strategie di trading prevedono che dopo un nuovo picco di prezzo il
valore del titolo tenderà a subire un successivo ribasso. Chiudere la
tua posizione prima che ciò si verifichi equivale ad assicurarti il
massimo profitto possibile.

Prima di impostare il Take Profit devi dunque analizzare le quotazioni


del titolo in cui hai investito e prevedere quale valore massimo
possano raggiungere in un determinato periodo di tempo: piuttosto
che sperare in un rialzo sempre maggiore, infatti, è decisamente
preferibile assicurarsi un profitto considerato probabile ed evitare di
tenere la posizione aperta troppo a lungo, poiché oltre un certo limite
massimo del rialzo il trend tenderà nuovamente al ribasso.

CAPITOLO 18
1. Quale futuro attende le criptovalute?
Per comprendere quale futuro possano avere le criptovalute devi
analizzare principalmente gli scopi primari per cui vengono utilizzati,
ossia la speculazione ed il commercio, e quali risvolti possano
esserci a livello normativo in base alle più recenti previsioni
legislative.

1.1 Speculazione
Per quanto riguarda l’aspetto speculativo delle criptovalute è chiaro
che le continue oscillazioni di prezzo del mercato e la loro estrema
volatilità, nel tempo, potrebbero portare milioni di investitori a
bruciare una quantità incredibile di capitale. Il trading online, in
ragione delle migliaia di criptovalute attualmente disponibili sul
mercato, sta diventando sempre più difficile ed anche gli investitori
più esperti, prima di effettuare una qualsiasi operazione, devono
necessariamente affrontare una dettagliata fase di studio sia del
mercato sia dei token, datati ed emergenti. Le caratteristiche che
rendono una criptovaluta solida e degna di fiducia sono la storia ed
origini che la distinguono, la reputazione e l’utilizzo cui viene
destinata (come hai visto, infatti, alcune criptovalute con alta
capitalizzazione di mercato, venendo collegate al mercato nero,
perdono immediatamente valore).

Avere piena coscienza di questi tre fattori fondamentali può aiutarti a


prevedere nel miglior modo possibile che genere di futuro attende un
determinato token.

1.2 Commercio
Moltissimi token attualmente in commercio non si presentano al
grande pubblico esclusivamente come strumenti finanziari
speculativi, bensì come veri e propri mezzi di pagamento. Le
criptovalute, dopotutto, erano nate con il principale scopo di
semplificare le transazioni e aumentarne la trasparenza. Il principale
vantaggio di questa tipologia di valuta consiste nel fatto di non
dipendere da alcuna autorità centrale: sono infatti gli stessi utenti,
operando all’interno della blockchain, che convalidano qualsiasi
accordo. Proprio per questa loro peculiare caratteristica, moltissimi
investitori (circa il 75% su un sondaggio totale eseguito su un
campione di 30.000 votanti) vedono nelle criptovalute la valuta del
futuro, destinata a sostituire le monete Fiat.

La BCE, al contrario, non è affatto favorevole alla diffusione delle


criptovalute come mezzo di pagamento avente corso legale, dal
momento che eseguire appropriati controlli su questo genere di
transazioni risulta altamente complesso: la Banca Centrale Europea,
tuttavia, come ha affermato il Presidente del Consiglio Italiano Mario
Draghi non ha il potere di vietare la diffusione delle monete digitali,
né quello di sottoporle alla propria regolamentazione.

1.3 Possibili sviluppi legali


Ciò che maggiormente spaventa i fautori delle attuali normative è
l’anonimato che caratterizza le transazioni in criptovalute. La Corea
del Nord, infatti, ha da diversi mesi preannunciato che è intenzione
delle banche locali impedire le operazioni di trading di criptovalute
provenienti da conti anonimi, al fine di porre un freno alle attività di
riciclaggio e commercio criminale.

Il Consiglio Nazionale del Notariato italiano si è esposto in termini


simili, dichiarando che qualsiasi transazione avvenga per mezzo
delle criptovalute dev’essere segnalata all’Unità di Informazione
Finanziaria, dal momento che non è possibile verificare che due
conti appartengano effettivamente a due individui diversi e che tali
operazioni anonime potrebbero supportare l’incremento di evasione
fiscale.

Pur considerando questi aspetti negativi, si deve tuttavia prendere


coscienza del fatto che la sola esistenza di tali discussioni vale ad
affermare che le criptovalute, in ambito finanziario, esistono e sono
riconosciute, pertanto non è assurdo pensare che in un prossimo
futuro otterranno pieno riconoscimento anche a livello legale.

2. Considerazioni finali
Avvicinarsi al mondo delle criptovalute e del trading online equivale,
senza dubbio, ad acquisire una buona conoscenza in merito allo
strumento finanziario che sta rapidamente modificando gli equilibri
dell’attuale economia globale. Progetti estremamente avanzati, e
avallati da una comunità di investitori estremamente importanti, si
basano interamente sul mercato delle criptovalute: il Metaverso ne è
un esempio diretto.

Il trading online può dunque rappresentare un’ottima fonte di


guadagno, se utilizzato con coscienza e con la dovuta preparazione,
ma la crescente complessità del settore deve valere come costante
monito che gli investimenti in criptovalute, esattamente con tutti gli
investimenti in strumenti finanziari, possono comportare anche
gravissime conseguenze finanziarie, pertanto bisogna sempre
mantenere sotto controllo il proprio capitale e non rischiare mai un
importo superiore rispetto a quello che ci si può permettere di
perdere.

INDICE
INTRODUZIONE
1. Investimento e speculazione

CAPITOLO 1 – ETF: caratteristiche generali


1. Cosa sono gli ETF?
1.1 Come vengono creati gli ETF?
2. Storia e origini degli ETF
3. ETF e Fondi di investimento: elementi comuni e differenze
4. Differenze tra ETF, ETC ed ETN

CAPITOLO 2 – Categorie di ETF


1. Come distinguere gli ETF?
2. Classifica per asset
2.1 ETF valutari (o monetari)
2.2 ETF azionari
2.3 ETF Immobiliari
2.4 ETF obbligazionari
2.5 ETF indicizzati alla volatilità
2.6 ETF indicizzati sulle materie prime

CAPITOLO 3 – L’armonizzazione
1. ETF armonizzati e non armonizzati 1.1 Fiscalità degli ETF:
approfondimento

CAPITOLO 4 – La gestione dei dividendi


1. ETF a distribuzione ed ETF ad accumulazione

CAPITOLO 5 – La replica
1. ETF a replica fisica ed ETF a replica sintetica
1.1 ETF a replica fisica completa (full replication)
1.2 ETF a replica su campionamento (sampling)
1.3 ETF a replica sintetica unfunded (unfunded swap based)
1.4 ETF a replica sintetica funded (funded swap based)

CAPITOLO 6 – La gestione degli ETF


1. ETF indicizzati, ETF strutturati ed ETF Smart Beta
2. ETF strutturati
2.1 Gli ETF strutturati “short”
2.2 Gli ETF strutturati “leveraged”
3. ETF Smart Beta

CAPITOLO 7 – Come costruire un portafoglio


redditizio
1. Quali regole seguire per costruire un portafoglio ETF

CAPITOLO 8 – Panoramica sulle strategie


operative
1. Come scegliere la giusta strategia operativa
1.1 Prima strategia: Trend Following
1.2 Seconda strategia: Buy and Hold
1.3 Terza strategia: Piano di Accumulo di Capitale
1.4 Quarta strategia: Forza relativa per portafogli diversificati
1.5 Quinta Stategia: Valore
1.6 Sesta strategia: Intraday

CAPITOLO 9 – Come distribuire gli ETF


1. Caratteristiche principali degli asset ETF
2. Primo obbiettivo: Portafoglio per la protezione del capitale
3. Secondo obiettivo: Portafoglio ottimizzato per le entrate periodiche
4. Terzo obbiettivo: rendita a lungo o lunghissimo termine (pensione)
5. Quarto obbiettivo: massimizzare il rendimento

CAPITOLO 10– ETF: APPROFONDIMENTO


1. Come investire in ETF tematici?
1.1 ETF sull’energia rinnovabile
1.2 ETF sulla sicurezza informatica
1.3 ETF sulla mobilità elettrica
2. Quali sono i migliori indici da replicare?

CONCLUSIONI INTRODUZIONE
1. Investimento e speculazione
I concetti di risparmio e profitto affondano le loro radici nella nascita
delle economie di mercato e, da sempre, sono fondamentali per tutti
i lavoratori, siano essi dipendenti o liberi professionisti. In questo
contesto le parole investimento e speculazione vengono spesso
usate come sinonimi, ma entrambe indicano due attività finanziarie
profondamente diverse.
Con il termine investimento, infatti, si indica un particolare modo di
utilizzare il proprio capitale, basato sull’acquisizione di beni fisici o
prodotti finanziari che, nel lungo periodo, generano gradualmente
sempre maggior profitto.
La speculazione (conosciuta anche con il termine inglese “trading”),
invece, opera nel breve o brevissimo tempo e, tramite le operazioni
che la caratterizzano, permette di massimizzare il guadagno
sfruttando le oscillazioni e volatilità tipiche del mercato.

Investimento e speculazione, pertanto, differiscono prima di tutto per


la durata delle singole azioni: l’investitore opera in un’ottica
temporale decisamente maggiore rispetto a quella presa in
considerazione dallo speculatore/trader. Operando con il trading,
inoltre, si eseguono moltissime brevi transazioni di compravendita
sul mercato, mentre negli investimenti si compongono di un minor
numero di scelte, destinate ad essere mantenute nel tempo. Puoi
trovare importanti differenze anche in relazione al livello di rischio,
che risulta molto più elevato nelle speculazioni piuttosto che negli
investimenti. Il trader, inoltre, può ottenere profitti in ogni situazione
di mercato, sia chel’andamento dei titoli sia in rialzo sia che volga al
ribasso: l’investimento, al contrario, punta esclusivamente sui profitti
generati dai trend rialzisti.

Nel nostro Paese, purtroppo, l’educazione finanziaria è fornita


soltanto da corsi specialistici o da determinate facoltà universitarie,
pertanto la maggior parte dei lavoratori ignorano quanto sia
importante mettere a profitto i propri risparmi e, spesso, dopo aver
passato anni a lavorare tentando di conservare quante più risorse
possibili, a causa dell’inflazione monetaria ci si ritrova con un
capitale che, nel tempo, ha perso molto valore.
Gli investimenti, allora, mettono al riparo i risparmiatori dai rischi
economici che nel lungo termine possono rendere vani gli sforzi e i
sacrifici di una vita, adeguando gradatamente il valore del capitale a
quello del mercato e, allo stesso tempo, generando nuovi guadagni.

L’obiettivo di questo testo è quello di fornirti nozioni e indicazioni per


realizzare investimenti efficaci con gli ETF, spiegandoti nel dettaglio
cosa siano questi strumenti finanziari, quali vantaggi o rischi
comportano, e in che modo essi siano in grado di migliorare la tua
situazione economica.

CAPITOLO 1 – ETF: caratteristiche generali


1. Cosa sono gli ETF?
ETF è l’acronimo di Exchange Traded Fund, termine con cui si indica
una particolare tipologia di fondo d’investimento (o mezzo
d’investimento) a breve, medio o lungo termine basata sulla replica
di un indice oggettivo di riferimento denominato benchmark.
Quest’ultimo, in ambito finanziario, viene utilizzato per confrontare le
performance di un portafoglio (ossia dell’insieme di attività messe in
atto da chi decide di destinare ad investimento il proprio capitale)
con l’andamento di mercato. L’ETF, inoltre, può essere negoziato in
Borsa come un qualsiasi titolo azionario.
Gli ETF sono composti in sostanza un blocco di certificati azionari e
possiedono sia caratteristiche tipiche dei fondi di investimento
tradizionali, sia alcune peculiarità proprie delle azioni quotate:
possono infatti operare su numerosi asset, riducendo il livello di
rischio grazie a specifiche tecniche di portafogli (come il fondi di
investimento) diversificazione dei

e, al contempo, si dimostrano altamente flessibili e negoziabili in


tempo reale (come le azioni).
I dividendi (guadagni) generati dai titoli ETF possono essere
incassati periodicamente o definitivamente stabilizzati nel capitale
investito, incrementandone la base e generando ulteriori profitti.

1.1 Come vengono creati gli ETF?


Gli ETF nascono nel momento in cui una società di gestione (SGR),
denominata anche “market maker” o “specialist”, decide di creare
strumenti finanziari aventi lo scopo di replicare le performance di un
determinato indice di mercato ritenuto interessante e caratterizzato
da un alto potenziale di profitto.
Una volta che l’indice di mercato viene individuato, la SGR mette in
atto uno studio di fattibilità per comprendere se effettivamente detto
indice è replicabile (è infatti possibile incontrare problemi d’accesso
ai titoli o questi ultimi possono rivelarsi non liquidi). Effettuate tali
analisi la società di gestione stila un progetto contenente un insieme
di titoli azionari (il cui numero varia generalmente da 10.000 a
50.000 azioni) e lo propone alle autorità competenti (in Italia, ad
esempio, sono la CONSOB e la Borsa Italiana), che verificano la
regolarità dello stesso e concedono l’autorizzazione necessaria per
creare l’ ETF.
La SGR inizia pertanto ad acquistare i titoli che andranno a
comporre il portafoglio dell’ETF e trasferisce quest’ultimo presso una
banca depositaria, che rilascia alla società di gestione i certificati
rappresentativi dei titoli contenuti nel portafoglio. I certificati vengono
infine suddivisi in quote e immessi nel mercato.

Prima di spiegarti nel dettaglio quali sono le varie categorie di ETF e


in base a quali criteri vengono classificati, vogliamo spiegarti come
sono nati gli ETF e quali peculiarità li differenziano dai comuni fondi
di investimento o da altri strumenti finanziari come gli ETC (
Exchange Trades Commodities) e gli ETN (Exchange Trades Notes).

2. Storia e origini degli ETF


Gli ETF nascono nel gennaio 1993 con il nome di trakers, nel
momento in cui negli Stati Uniti venne lanciato sull’American Stock
Exchange (AMEX) il primo Spider, ossia uno strumento finanziario
che replica esattamente l’andamento di un benchmark e che
rispondeva al bisogno di numerosi dipendenti o professionisti di
proteggere il proprio capitale dal rischio economico dell’inflazione:
grazie agli ETF, inoltre, era possibile ottenere ulteriori guadagni. In
particolare questo primo Spider venne denominato SPDRs,
acronimo di Standard & Poor’s Depositary Receipts, e replicava
l’indice oggettivo S&P 500 (in seguito vedrai come funzionano e
benchmark e quali criteri devono essere utilizzati per scegliere quello
più conveniente).
Pochi anni dopo vennero immessi sul mercato anche i cosiddetti
Diamonds, che replicavano il benchmark Dow Jones Industrial, e i
Cubes, con indice di riferimento Nasdaq 100. L’incredibile successo
di questi particolari fondi di investimento diede l’avvio all’era degli
ETF, che ben presto vennero associati a tutti i principali indici
azionari USA; nonostante la loro ampia diffusione in territorio
statunitense, gli ETF approdarono in Europa soltanto nei primi anni
2000 e, in particolare, vennero lanciati a Francoforte, Londra, Zurigo
e Stoccolma.
In Italia le prime esperienze con i fondi di investimento furono
inaugurate nel settore immobiliare tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio
degli anni ‘80 con l’istituzione del fondo italolussemburghese
“Interitalia”, ma a causa della diffidenza dei nostri connazionali
vennero regolamentate soltanto nel 1983. Inizialmente i fondi di
investimento italiani erano costituiti per lo più da obbligazioni o titoli
di Stato e, per lungo tempo, queste strategie di mercato si
dimostrarono altamente proficue e convenienti: alla diffusione dei
titoli immobiliari, pertanto, seguì quella dei fondi bilanciati e dei fondi
azionari.
Con l’avvento degli anni 2000 e la contemporanea diffusione degli
ETF nei mercati europei, anche l’Italia aprì le porte a questo genere
di strumenti: nel 2002 fecero infatti il loro ingresso a Piazza Affari
(segmento MTF, Mercato Telematico dei Fondi); oggi il mercato
regolamentato nella Borsa italiana dedicato alla gestione degli ETF è
denominato ETFplus. Nel 2007 vennero resi infine disponibili anche
gli ETF Strutturati, caratterizzati dalla possibilità di avere accesso a
peculiari strategie di investimento come la leva finanziaria, e gli ETC,
basati sull’investimento diretto in materie prime o sui derivati di
queste ultime.

3. ETF e Fondi di investimento: elementi comuni


e differenze
Ogni tipologia di investimento offre diversi vantaggi o svantaggi,
pertanto nel momento in cui decidi di impegnare il tuo capitale devi
capire quale sia la strategia più adatta ai tuoi bisogni e avere ben
chiare in mente le caratteristiche e differenze di ognuna di esse.

Nel caso degli ETF e dei Fondi di investimento tradizionali devi


sapere che entrambi ti permettono di acquistare un paniere di titoli (e
quindi operare su un intero settore del mercato finanziario) e di
investire basandoti su obiettivi chiari e trasparenti (come l’obiettivo
crescita, l’obiettivo valore o l’obiettivo reddito), sfruttando una ben
determinata categoria azioni e obbligazioni (o altri assets che
vedremo in seguito).
Le principali differenze tra i due strumenti, invece, si basano sulla
proprietà dei titoli acquistati, sulle modalità di acquisto (o
accessibilità) e sui tempi di negoziazione (liquidità), sulle tipologie di
gestione, sui fattori che ne determinano il prezzo, sulla cadenza
delle informazioni relative ai portafogli (trasparenza), sulla liquidità e
sulle tariffe applicate.

Con i Fondi di investimento si acquistano i titoli veri e propri, che


generano profitto nel momento in cui il mercato presenta andamento
rialzista; grazie agli ETF è invece possibile generare profitto sia al
rialzo sia al ribasso delle attività sottostanti il titolo prescelto:
investendo in questi ultimi puoi ottenere guadagni a seconda
dell’andamento di mercato rialzista o ribassista dei titoli azionari
contenuti nell’ETF, negoziandone il relativo certificato. Gli ETF
possono infatti essere acquistati, venduti e scambiati esattamente
come le azioni quotate e pertanto partecipano all’intera giornata di
trading (Trading intraday); i titoli dei Fondi di investimento, invece,
non sono quotati in borsa (dunque non sono liquidi): da questo puoi
comprendere che gli ETF, a differenza dei Fondi di investimento,
presentano un maggior livello di accessibilità e possono essere
negoziati in qualsiasi momento, riducendo notevolmente il rischio
dato dalla differenza di prezzo registrata al momento dell’apertura
del mercato rispetto al prezzo di chiusura. A tal proposito, il prezzo
degli ETF è determinato in base alle logiche tipiche della
contrattazione, mentre il prezzo dei Fondi di investimento è
determinato dal NAV (Net Asset Value): quest’ultimo indica il
rapporto tra il valore totale delle azioni presenti nel mercato e
inserite all’interno del portafoglio del fondo, e il numero delle quote in
circolazione; viene utilizzato principalmente per emettere nuove
quote o per rimborsare gli investitori che chiedono il riscatto dei titoli
posseduti.
Chi investe in ETF può acquisire giornalmente le informazioni
relative al valore degli stessi, chi sceglie un Fondo di investimento
tradizionale, invece, riceverà le informazioni riguardanti il suo valore
a scadenza mensile, trimestrale, semestrale o annuale. Infine a
differenza degli ETF, caratterizzati principalmente da una gestione
passiva, i Fondi di investimento possono operare sia tramite
gestione passiva (tramite replica dell’indice di mercati) sia con
gestione attiva del capitale eseguita da operatori intermediari che
ricercano ulteriori rendimenti esterni a quelli derivanti dal benchmark:
per questo motivo solitamente presentano pertanto commissioni ben
più elevate rispetto ai classici ETF a gestione passiva.

4. Differenze tra ETF, ETC ed ETN


Gli ETF, ETC ed ETN sono tutti strumenti finanziari che replicano un
benchmark e operano in base alle oscillazioni di mercato dei titoli di
riferimento: vengono ricompresi nella macro categoria denominata
ETP, Exchange Traded Products.
Caratteristiche comuni ai tre strumenti sono: la possibilità di essere
scambiati in borsa come se fossero delle vere e proprie azioni; il
meccanismo di replica passivo dell’indice di riferimento; l’assenza di
commissioni per l’apertura, chiusura o risultato delle posizioni di
mercato aperte, le spese sono infatti applicate unicamente in base
alla durata del periodo temporale di trattenuta del titolo.

Gli ETN, a differenza degli ETF, non sono fondi di investimento, ma


di titoli di debito emessi dalla società proprietaria che replicano nel
tempo l’andamento delle titolo o delle relative attività sottostanti:
detta società è creata allo scopo di gestire i titoli emessi e gli
investitori, acquistando un ETN, acquisendo qualità di creditori della
stessa, vengono esposti direttamente al rischio di fallimento di
quest’ultima. Dal momento che gli ETF non vengono gestiti da una
società terza, ma consentono agli investitori di diventare diretti
proprietari (e gestori) del sottostante dei titoli scelti, non espongono
a questo tipo di rischio.
Gli ETN che replicano un benchmark di una o più materie prima
vengono invece definiti ETC.

CAPITOLO 2 – Categorie di ETF


1. Come distinguere gli ETF?
Ora che hai compreso cosa sono e come vengono creati gli ETF,
puoi facilmente distinguere anche le varie categorie attualmente
disponibili sul mercato.
Generalmente gli ETF vengono classificati in base a differenti
elementi e, tra questi, i più importanti sono gli asset con i quali è
possibile investire. Nei prossimi capitoli vedrai inoltre quali differenze
ci sono tra ETF sulla base dell’armonizzazione (ETF armonizzati o
non armonizzati), della politica di distribuzione (per accumulazione o
per distribuzione), del metodo di replicazione (fisica o sintetica), cosa
sono gli ETF strutturati (che hanno accesso a strategie short o con
leva finanziaria) e cosa si intende per ETF Smart Beta.
Occupiamoci adesso dei differenti asset con i quali è possibile
operare grazie agli ETF, analizzandoli uno alla volta per
comprendere quali caratteristiche li contraddistinguono.

2. Classifica per asset


La classificazione per asset è quella più utilizzata e conosciuta,
poiché permette di distinguere chiaramente quali tipologie di titoli
possono comporre un ETF.
Si è infatti soliti distinguere gli ETF in valutari (o monetari), azionari,
immobiliari, obbligazionari, legati alla volatilità di mercato e
indicizzati sulle materie prime.

2.1 ETF valutari (o monetari)


Questa tipologia di ETF non consiste in un reale mezzo di
investimento, bensì in uno strumento che permette di gestire e
ottimizzare il capitale versato su un conto corrente. Tramite gli ETF
valutari è infatti possibile replicare un paniere di titoli composto
prevalentemente da obbligazioni o titoli di stato a breve o brevissima
scadenza (sono definite tali le scadenze che vanno dai 12 ai 24
mesi).
Questo tipo di ETF non sono mai stati molto sfruttati, ma
l’introduzione della normativa Bail In ha portato molti investitori a
rivalutarli: la nuova legislazione, infatti, consente alle banche di
aggredire di patrimoni superiori a 100.000 € depositati presso i conti
correnti nel momento in cui si verificano delle insolvenze. Investendo
in ETF valutari è invece possibile mettere da parte delle risorse non
aggredibili, in grado di fruttare nel tempo nuovi profitti (anche se il
volume di questi ultimi non è molto elevato). Questi ETF possono
infine essere sottoscritti in qualsiasi tipo di valuta avente corso
legale.

2.2 ETF azionari


Gli ETF azionari sono una delle categorie più apprezzate e utilizzate,
per via dei numerosi vantaggi che offrono ai propri investitori. Tra
questi si possono menzionare commissioni molto convenienti ed
economiche (dovuti al fatto che grazie ad un unico strumento è
possibile acquistare o vendere un intero blocco di titoli), o la minore
volatilità rispetto alle azioni singole (che si traduce nella riduzione del
livello di rischio dell’investimento). Acquistando ETF, inoltre, è
possibile sfruttare titoli ampiamente diversi fra loro, classificandoli
per settore, per tema o per area geografica.

2.2.1 Gli ETF azionari classificati per settore consentono di operare


direttamente con titoli che appartengono ad un preciso settore
industriale o economico (come ad esempio il settore energia,
industria, informativa, beni di prima necessità, banche, finanza,
telecomunicazioni, etc.).
In fase positiva di mercato dovresti prediligere ETF azionari che
fanno parte dei settori ciclici e in costante sviluppo, come quelli legati
all’industria, edilizia o tecnologia; se il mercato si presenta
sfavorevole ti consigliamo invece di optare per gli ETF azionari
inerenti il settore delle utility, come i beni di consumo di base,
l’industria alimentare, i servizi di pubblica utilità o l’industria
farmaceutica.

2.2.2 Gli ETF azionari classificati per tema consentono agli investitori
di impegnare il proprio capitale in titoli legati alla tematiche
ambientali, energetiche o sociali. Tra questi possiamo trovare le
azioni delle società che operano nel settore dell’energia pulita e
rinnovabile, nell’acqua o nella finanza etica e sostenibile. Tra gli ETF
azionari tematici puoi trovare quelli cosiddetti “Megatrend”, che si
riferiscono al settore robotica, sicurezza informatica, Big Data,
automazione e ti consentono di investire in settori dotati di un
potenziale fortemente rivoluzionario e che, pertanto, spesso
generano ingenti profitti. Altri ETF tematici sono quelli definiti “SRI”,
legati all’investimento sostenibile e responsabile e che permettono di
investire in aziende che sviluppano prodotti e tecnologie alternative
per contrastare la diffusione di armi, la pornografia, il tabacco o lo
sfruttamento degli animali. Gli ETF tematici “ESG”, acronimo di
Environmental Social and Governance, sono invece legati a
tematiche umanitarie, ambientali o inerenti le condotte aziendali. In
ultimo vogliamo citare gli ETF “Pir Compliant”, legati a piani
individuali di risparmio che consentono di accedere a sgravi e
agevolazioni fiscali.

2.2.3 Gli ETF classificati per area geografica si distinguono tra ETF
azionari globali, composto da un paniere di azioni relative a società
di tutto ilmondo (a tal proposito, l’indice più famoso è l’MSCI); ETF
azionari relative a specifiche aree geografiche, come l’Europa, nord
America, Asia, Pacifico o Paesi emergenti. Per Paesi emergenti si
intendono il Medio Oriente, l’Africa, l’Asia, il centro America, il sud
America e l’Est Europa; ETF azionari dei singoli Paesi, che
investono direttamente nei listini nazionali (come il Ftse Mib italiano).

Tra gli ETF azionari globali si può inoltre operare un’ulteriore


distinzione: ETF large cap, che investono in azioni di società ad alta
capitalizzazione di mercato; ETF mid cap, che investono in azioni
con media capitalizzazione di mercato; ETF small cap, che
investono in società a bassa capitalizzazione di mercato.

Anche il mercato azionario cinese merita un piccolo


approfondimento: esso offre diverse classi di azioni, ossia le A
shares (tipiche delle società domiciliate in Cina, quotate nelle
principali borse come Shenzhen o Shanghai e negoziabili solo da
investitori locali o istituzionali), le B shares (tipiche delle società
domiciliate in Cina, ma quotate in valuta estera), le H shares (relative
a società domiciliate in Cina, ma quotate in valuta estera nella Borsa
di Hong Kong), le Red chips e le P chips (queste ultime due si
riferiscono a società non domiciliate in Cina, ma quotate sulla borsa
di Hong Kong).

2.3 ETF Immobiliari


Gli ETF immobiliari vengono trattati come asset a sé stanti, ma
appartengono alla sezione degli ETF azionari settoriali. Sono infatti
caratterizzati da panieri composti da titoli legati a società che
operano nel settore immobiliare e vengono utilizzati per lo più allo
scopo di ottimizzare la diversificazione dei portafogli. Attualmente è
possibile investire in ETF immobiliari sia sul mercato, europeo, sia
sui mercati USA, inglese, asiatico o globale.

2.4 ETF obbligazionari


Gli ETF obbligazionari sono la categoria che permette di investire
capitali minimi in numerosi titoli, realizzando la più ampia
diversificazione del portafoglio. Tra gli ETF obbligazionari si deve
dare particolare menzione ai Green Bond, dal momento che
attualmente fanno parte delle categorie di investimento più quotate.
Questi ultimi sono caratterizzati dal fatto che l’emissione dei titoli
avviene allo scopo diretto di finanziare progetti che si rivelino positivi
per l’ambiente e che, per questo motivo, rientrano nell’ambito della
cosiddetta finanza etica.
In generale gli ETF obbligazionari vengono suddivisi in relazione
all’area geografica di riferimento, alla scadenza (o duration), all’ente
emittente e alla valuta con cui vengono negoziati.

Le aree geografiche si distinguono in zona Europa, USA, area


globale e Paesi emergenti.
La differenziazione per durata serve sostanzialmente a calcolare il
livello di rischio: gli ETF a scadenza breve sono più adatti agli
investitori che mirano a ridurre il livello di rischio e la volatilità del
portafoglio; gli ETF a lunga scadenza sono invece utilizzati dagli
investitori più aggressivi, che operano su ampie oscillazioni di
mercato e accettano un più elevato livello di rischio. La durata
dell’obbligazione incide anche sui tassi di interesse: le lunghe
scadenze sono da prediligere in previsione di una riduzione dei tassi
di interesse, mentre le obbligazioni a scadenza breve vengono
sfruttate nel momento in cui le previsioni annunciano un nuovo
incremento degli interessi.

Le società emittenti si distinguono invece in governative o corporate.


Le prime emettono tipicamente Titoli di Stato, che si distinguono in
TdS Euro se i panieri sono composti da titoli emessi dai Paesi
europei; TdS Italia se i panieri si compongono di titoli italiani; TdS
USA se i titoli sono emessi dagli Stati USA; Tds non Euro se i panieri
si compongono da titoli emessi in valuta diversa dall’Euro; TdS
Emergenti se i panieri sono composti da titoli emessi da Panieri
emergenti e solitamente poco accessibili; TdS Mondo se i panieri si
compongono da titoli emessi da imprese di provenienti da tutto il
mondo e in particolar modo dai Paesi altamente sviluppati. Le
società corporate, invece, si riferiscono alle società private e
possono essere distinte tra Corporate, il cui paniere è messo da
società come banche e aziende con rating investment grade (ovvero
accompagnato dall’indicazione del livello di affidabilità) e High Yield,
il cui paniere è caratterizzato da uno speculative grade (ossia da un
grado superiore di rischio rispetto a quello previsto dall’investment
grade).
Gli ETF obbligazionari suddivisi per valuta si distinguono a loro volta
in ETF a valuta forte (come Euro o USD) o ETF a valuta debole
(caratterizzate da maggiore volatilità). Investire in questi ultimi,
naturalmente, è più rischioso, pertanto solitamente i panieri al loro
interno propongono soluzione miste tra valuta forte e valuta debole.

2.5 ETF indicizzati alla volatilità


Gli ETF volatili consentono di assumere una posizione sugli indici
VIX, ossia quegli indici che misurano la stima della volatilità implicita.
Quest’ultima viene calcolata dai prezzi delle opzioni riferiti all’indice
azionario americano S&P500, chiamato anche “indice della paura”
poiché aumenta durante le fasi di andamento ribassista del mercato.
La volatilità, pertanto, viene considerata come un vero e proprio
asset class.
Le principali motivazioni che spingono all’acquisto di ETF indicizzati
alla volatilità comprendono esigenze di protezione o, al contrario, di
speculazione.
Nel primo caso si preferisce investire in VIX poiché sono collegati al
ribasso del mercato, pertanto sono in grado di proteggere il
portafoglio da improvvise oscillazioni e crolli di prezzo; nel secondo
caso gli investitori mirano ad un guadagno nel breve e brevissimo
termine, sfruttando il ribasso del mercato per trarre profitto proprio
dalla momentanea debolezza dei prezzi. Lo svantaggio maggiore
degli ETF indicizzati alla volatilità è dato dal fatto che l’indice VIX
non può essere acquistato o rivenduto direttamente, ma occorre
negoziarlo tramite i Futures, ossia dei contratti derivati a scadenza
periodica.

2.7 ETF indicizzati sulle materie prime


Le materie prime sono state le vere e proprie protagoniste delle più
antiche forme di investimento che hanno favorito lo sviluppo del
mercato finanziario per come lo conosciamo oggi. In passato per
investire in materie prime era necessario assumere il ruolo di
intermediario tra chi offriva i beni fisici e chi invece intendeva
acquistarli, lucrando sulla differenza del minor prezzo concordato
nell’acquisto e il maggior prezzo proposto in fase di vendita. Questo
metodo di investimento presupponeva che le materie prime
venissero fisicamente spostate dal venditore al compratore, pertanto
l’intermediario doveva disporre di ambienti idonei alla loro
conservazione fino al momento in cui le avrebbe rivendute. Nel
momento in cui le materie prime sono divenute dei veri e propri
asset quotati in borsa gli investimenti sono stati nettamente
semplificati e resi più economici dall’avvento dei vari strumenti
finanziari, tra i quali spiccano gli ETF.

Attualmente il prezzo delle materie prime dipende da cinque fattori:


domanda e offerta (legate all’utilizzo che si fa di una data materia
prima); dinamiche tecniche (le materie prime che valgono di più sono
quelle che vengono maggiormente richieste dalle aziende per essere
impiegate nei processi di produzione); flussi finanziari (l’oro, ad
esempio, è caratterizzato da particolare stabilità); andamento del
mercato in relazione al trend di altre tipologie di asset e strumento
finanziario che si è scelto per negoziare (gli ETF indicizzati sulle
materie prime, ad esempio, vengono generalmente costruiti
attraverso replica fisica o replica sintetica, argomento che
affronteremo in seguito).

CAPITOLO 3 – L’armonizzazione
1. ETF armonizzati e non armonizzati
Come ti abbiamo anticipato nel capitolo precedente, gli ETF possono
essere armonizzati o non armonizzati: fanno parte della prima
categoria tutti gli ETF che vengono negoziati all’interno del mercato
europeo, i secondi invece sono per lo più quotati in Paesi esterni,
come ad esempio gli USA o l’Asia.

Tutti gli ETF definiti armonizzati soddisfano i requisiti richiesti da una


particolare normativa comunitaria, denominata Ucits IV
(Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities)
ed emanata dal Parlamento Europeo nel gennaio 2009. Quest’ultima
ha individuato gli organismi che gestiscono strumenti collettivi di
risparmio o investimento che possono operare liberamente
all’interno del mercato europeo, realizzando una migliore
armonizzazione dello stesso e ottimizzando le normative relative al
passaporto dei gestori con una maggiore libertà di stabilimento e
libertà di prestazione dei servizi a livello transfrontaliero. Le principali
caratteristiche dei fondi di investimento armonizzati sono la liquidità
(che dev’essere fornita almeno ogni 15 giorni), la sicurezza degli
assets (che vengono conservati in un conto separato presso la
banca denominata depositaria del fondo), diversificazione (poiché
sono previsti specifici limiti di concentrazione verso i singoli emittenti
o per gli strumenti finanziari utilizzati), gestione del rischio (il risk
management deve ottenere approvazione degli organismi di
controllo dei Paesi d’Origine) e trasparenza (è infatti prevista sia la
pubblicazione di un prospetto informativo e di un documento
denominato Kiid che descrive analiticamente gli obiettivi e scopi del
fondo, sia la pubblicazione semestrale del relativo bilancio).

La principale differenza tra ETF armonizzati e non armonizzati,


pertanto, consiste in una diversa gestione burocratica dei due tipi di
fondi. Nel caso tu voglia rivendere gli ETF armonizzati per ricavarne
profitto, agli stessi viene dunque applicata la stessa tassazione
prevista per le azioni (il 26% sulla plusvalenza), che viene trattenuta
dalla banca che opera come sostituto d’imposta o come
intermediario: in questo caso si parla di redditi di capitale da
plusvalenza.
Rivendendo ETF non armonizzati, invece, dovrai riportare nella
dichiarazione dei redditi l’intera plusvalenza e la tassazione verrà
applicata sull’aliquota marginale.

Per capire se un ETF è armonizzato o non armonizzato ti basta


consultare la relativa scheda presentata dalla banca.

1.1 Fiscalità degli ETF: approfondimento


Secondo la normativa italiana gli ETF sono sottoposti alla stessa
tassazione fiscale stabilita per gli OICR (Organismi di Investimento
Collettivo del Risparmio).

La compravendita degli ETF in borsa ha come primaria


conseguenza una costante discrepanza tra il prezzo reale dello
strumento e il NAV (Net Asset Value o Valore Netto all’Attivo),
pertanto i guadagni derivanti dalla negoziazione sono stati suddivisi
in due categorie di reddito: i redditi da capitale, che sono generati
dall’incremento del valore netto delle quote e dai dividendi percepiti,
e i redditi diversi, che sono generati dalle plusvalenze o
minusvalenze relative alla differenza tra i prezzi di negoziazione
dello strumento finanziario e il NAV delle rispettive quote. I primi (i
redditi di capitale) vengono determinati sulla base della differenza tra
il NAV dell’ETF all’atto di vendita e il NAV dello stesso ETF all’atto di
acquisto: questa discrepanza è anche denominata “delta NAV”.
Quando l’operazione viene conclusa nell’arco temporale di una
stessa giornata il NAV è pari a zero, mentre se la negoziazione si
protrae per più giorni si deve calcolare la media ponderata per il
numero totale delle quote dei NAV giornalieri. Anche la distribuzione
dei dividendi contribuisce alla formazione dei redditi di capitale.
La seconda tipologia di reddito (i redditi diversi) si ottiene invece
operando una sottrazione del NAV dalla differenza data dal prezzo di
venditadell’ETF e quello di acquisto. Se la negoziazione avviene in
più giorni si deve, anche in questo caso, calcolare il prezzo medio di
acquisto ponderato in relazione al numero di quote possedute
dall’investitore.
I due tipi di reddito possono essere soggetti a due diversi regimi di
tassazione, i quali vengono stabiliti in base a due principali fattori:
regime fiscale cui è sottoposto l’investitore e armonizzazione (o non
armonizzazione) dell’ETF.

In relazione al regime fiscale è possibile distinguere tre tipologie: il


regime del risparmio amministrato, nel quale l’investitore sceglie
personalmente i titoli con cui operare e delega alla banca i relativi
adempimenti fiscali (la banca in questo caso agisce come sostituto
d’imposta); il regime dichiarativo, nel quale l’investitore decide
personalmente con quali titoli operare ed effettua personalmente la
dichiarazione dei redditi; il regime del risparmio gestito, con il quale
si delegano alla banca sia le scelte dei titoli con cui operare sia gli
adempimenti fiscali.
Per quanto riguarda gli ETF armonizzati, operando in regime di
risparmio amministrato la banca che agisce come sostituto d’imposta
effettua automaticamente una ritenuta fiscale pari al 12,5% sia sui
redditi di capitale, sia sui redditi diversi (al netto delle minusvalenze):
l’investitore non deve pertanto eseguire ulteriori adempimenti in fase
di dichiarazione dei redditi.

Operando invece in regime dichiarativo la banca effettua la ritenuta


del 12,5% soltanto sui redditi di capitale e l’investitore dovrà indicare
all’atto della dichiarazione dei redditi eventuali redditi diversi
(soggetti ad aliquota marginale Irpef).

Operando infine in regime di risparmio gestito la banca effettua la


ritenuta del 12,5% sia sui redditi di capitale, sia sui redditi diversi:
entrambe le tipologie di reddito formano ogni anno il cosiddetto
risultato di fine periodo e possono essere compensabili (nel caso del
regime amministrato, invece, possono essere compensati con le
minusvalenze soltanto i redditi diversi).

Per quanto riguarda gli ETF non armonizzati, operando in regime


amministrato la banca applica una ritenuta pari al 12,5% solo sui
capital gains (ovvero sui guadagni in conto capitale) e solo a titolo di
acconto: gli stessi dovranno successivamente essere riportati nella
dichiarazione dei redditi e saranno soggetti ad aliquota marginale
Irpef.

Operando in regime dichiarativo la ritenuta d’acconto del 12,5% è


applicata dalla banca solo sui redditi di capitale (da riportare
successivamente nella dichiarazione dei redditi), ma non sui redditi
diversi, che non sono soggetti a imposte sostitutive e devono essere
anch’essi riportati nella dichiarazione dei redditi.

Operando infine in regime del risparmio gestito i redditi da capitale


sono soggetti alla ritenuta d’acconto del 12,5%, ma non sono
oggetto del risultato di fine periodo, contrariamente ai redditi diversi,
soggetti ad imposta sostitutiva del 12,5%.
CAPITOLO 4 – La gestione dei dividendi
1. ETF a distribuzione ed ETF ad accumulazione
Puoi distinguere gli ETF anche in base alla modalità prevista per
l’assegnazione dei dividendi: in base a questo fattore gli ETF
possono infatti essere denominati a distribuzione (i dividendi e le
cedole vengono distribuiti periodicamente agli investitori) o ad
accumulazione (i dividendi e le cedole non vengono distribuiti agli
investitori, ma reinvestiti nel fondo stesso).

Prendiamo per prima cosa in considerazione gli ETF a distribuzione:


questi vengono aggiornati periodicamente ogni tre o sei mesi ed ogni
operazione è del tutto automatizzata. Non devi dunque eseguire
alcuna operazione di vendita o acquisto, né preoccuparti di
aggiungere informazioni all’atto della dichiarazione dei redditi poiché
tutte queste attività vengono eseguite passivamente in background.
Questa tipologia di ETF sono generalmente gestiti da grandi imprese
in grado di siglare accordi con le autorità statali, pertanto è spesso
possibile usufruire di ulteriori sconti a livello di tassazione (alcuni di
questi accordi, ad esempio, offrono un rimborso sulla doppia
tassazione dei dividendi). Ogni tre o sei mesi (o alla scadenza di
distribuzione prevista specificatamente dall’ETF), otterrai un profitto
pari al totale dei dividendi o cedole accumulate. Per verificare
l’ammontare di questo profitto, puoi semplicemente consultare la
scheda relativa all’ETF in cui hai investito, scorrendo fino alla voce
“Distributions”. Qui vengono elencate: la Dividend Annuncement
Date, ossia la data di annuncio del dividendo; la Dividend Ex Date,
ossia la data in cui devi effettivamente possedere le quote ETF per
ottenere i dividendi al momento previsto per la distribuzione; la
Dividend Record Rate, ossia la data in cui i dividendi viene assegnati
a tutti gli investitori e la Dividend Payment Date, ossia il giorno in cui
i dividendi vengono effettivamente pagati.
Il maggiore vantaggio degli ETF a distribuzione consiste nella
gestione passiva degli stessi, che si traduce in costi di gestione
particolarmente economici, in un’elevata convenienza a livello di
tassazione e nella stabilità di profitto nel corso del tempo: questa
tipologia di ETF è perfetta per tutti coloro che hanno già raggiunto il
loro obiettivo di investimento e vogliono continuare ad avere una
rendita periodica stabile e sicura.
Gli ETF ad accumulazione, invece, permettono di sfruttare il
concetto di interesse composto per aumentare esponenzialmente il
capitale che hai investito. Questa tipologia di ETF sono stati ideati
allo scopo di abbattere la tassazione sul capitale che, crescendo nel
tempo, arriverebbe a richiedere costi decisamente elevati: con gli
ETF ad accumulazione, pertanto, non percepisci periodicamente i
profitti che dovresti inserire nella dichiarazione dei redditi e sui quali
dovresti pagare le tasse, ma reinvesti il 100% degli stessi nel
capitale, aumentando il valore delle tue quote. Se da un lato questo
tipo di investimento ti permette di non dover periodicamente pagare
le tasse sui profitti, d’altro canto non sei libero di sfruttare questi
guadagni per investirli in altri titoli: tutti i proventi derivanti dal fondo,
infatti, rimangono legati allo stesso e puoi ottenerli soltanto
decidendo di vendere le tue quote (a quel punto dovrai inserirli nella
dichiarazione dei redditi e pagare le relative tasse). Gli ETF ad
accumulazione sono dunque avendo ancora raggiunto il dedicati agli
investitori che, non

loro obiettivo di investimento, desiderano accrescere il loro capitale e


non sono interessati a ricevere i dividendi periodici.

Per quanto si è detto, puoi facilmente comprendere che una


strategie di investimento a lungo termine potrebbe basarsi dapprima
su investimenti in ETF ad accumulazione, per incrementare il proprio
capitale, e successivamente puntare sugli ETF a distribuzione, che
permettono di stabilizzare il capitale investito e ricevere
periodicamente le relative rendite.

CAPITOLO 5 – La replica
1. ETF a replica fisica ed ETF a replica sintetica
Il principale scopo degli ETF è quello di replicare l’indice benchmark:
acquistando questi strumenti finanziari, pertanto, ottieni un mezzo di
replica passiva in grado di allineare le performance del tuo
portafoglio a quelle total return (ossia calcolate in relazione al
rendimento totale) del benchmark di riferimento e minimizzare il più
possibile il differenziale di rendimento (denominato Tracking Error).
In questo capitolo vedrai quali sono le differenti tecniche di replica
utilizzate dagli ETF, quali vantaggi o svantaggi comportano e quali
sono i costi e i rischi ad esse riconducibili.

Prima di affrontare quest’argomento, tuttavia, vogliamo darti una


definizione di indice benchmark, in modo che tu possa comprendere
effettivamente cosa sia. Il benchmark è una rappresentazione
astratta del mercato cui si riferisce l’ETF: la società di gestione
dell’ETF non può pertanto acquistare in modo diretto l’indice di
riferimento, ma soltanto i titoli che lo compongono.
Sono attualmente previste diverse modalità di replica del
benchmark, comunemente conosciute come replica fisica e replica
sintetica. La replica fisica a sua volta può essere suddivisa in full
replication (replica fisica completa), e sampling (replica fisica su
campionamento); la replica sintetica può essere invece unfunded
swap-based o funded swap-based. Vediamo pertanto come
funzionano tutte queste tipologie di replica e su quali caratteristiche
si fondano.

1.1 ETF a replica fisica completa (full replication)


Questa tipologia di replica prevede l’acquisto di tutti i titoli compresi
nell’indice benchmark in proporzione pari ai pesi che gli stessi hanno
nell’indice: la performance del portafoglio, pertanto, risulta sempre
allineata in modo più fedele possibile a quella del benchmark di
riferimento.
In questo caso i titoli sono mantenuti presso il conto aperto in una
banca che opera come depositaria e rimangono di proprietà
dell’ETF. Il possessore dell’ETF non è in alcun modo esposto al
rischio di fallimento della banca e non deve eseguire alcun tipo di
operazione: è la società di gestione che si occupa di mantenere
invariati i pesi dei titoli dell’ETF, operando in modo da bilanciarli
costantemente con quelli dell’indice benchmark di riferimento. La
replica totale è efficace nel caso in cui l’ETF si compone di un
limitato numero di titoli liquidi e caratterizzati da costi di transazione
non eccessivamente elevati: il bilanciamento dei titoli, infatti, si
esegue effettuando periodicamente operazioni di vendita o riacquisto
e affrontando le spese derivanti dal pagamento dei dividendi o dal
reinvestimento dei proventi. Ognuna di queste operazioni genera
costi di transazione (che possono essere costituiti dallo spread
richiesto dai broker online o da vere e proprie commissioni dovute
alle negoziazioni).

1.2 ETF a replica su campionamento (sampling)


Scegliendo un ETF a replica su campionamento si effettua l’acquisto
di un gruppo di titoli che ricreano nel modo più fedele possibile il
paniere dell’indice benchmark: il numero di titoli effettivamente
contenuti nell’ETF è inferiore a quello del benchmark e punta ad
acquisire i titoli che si rivelano maggiormente influenti, in modo da
ottimizzare i costi di transazione (che risultano inferiori, dal momento
che si deve bilanciare un numero minore di titoli) e ottenere al tempo
stesso rendimenti quanto più possibile in linea con quelli del
benchmark completo.
La replica a campionamento risulta estremamente efficace nel
momento in cui i titoli acquistati si rivelano effettivamente quelli che
dettano l’andamento del benchmark (il livello di Tracking Error in
questo caso è minimo); se la valutazione dei titoli si rivela errata,
invece, si potrebbe incorrere in un’elevata discrepanza tra il valore
dell’ETF e quello dell’indice di riferimento (il livello di Tracking Error è
alto). Anche in questo caso i titoli che vengono acquistati sono di
proprietà dell’ETF e vengono depositati presso un conto bancario,
pertanto l’investitore non è esposto ad alcun rischio di controparte.
Per effettuare un campionamento efficiente possono essere adottati
differenti criteri: ad esempio vengono considerati il settore cui si
riferiscono i titoli, la relativa capitalizzazione di mercato o modelli di
sampling multifattoriali.
1.3 ETF a replica sintetica unfunded (unfunded
swap based)
Investire in ETF a replica sintetica unfunded significa ottenere uno
strumento finanziario che replica il trend del benchmark acquistando
un paniere di titoli tramite i fondi derivanti dalla sottoscrizione
dell’ETF. Questo paniere viene definito “subtitute basket” (paniere
sostitutivo) e viene acquistato o da parte del fondo della controparte
swap o sul mercato aperto. In sostanza la società che gestisce l’ETF
stipula un contratto, definito appunto swap, con un intermediario che
possiede effettivamente i titoli e che si impegna, a fronte del
pagamento di una commissione, a distribuire tra gli investitori i
proventi derivanti dall’ETF: quest’operazione basa dunque
sull’acquisto di strumenti derivati. Il paniere acquisito tramite ETF a
replica sintetica funge da collaterale (ossia da garanzia) per la
controparte dello swap, pertanto può contenere anche titoli differenti
rispetto a quelli inclusi nel contratto swap: deve ad ogni modo
risultare conforme ai requisiti di liquidità, tipologia e diversificazione
previsti dalla direttiva Ucits IV. Negli ETF basati su contratti swap il
rendimento del substitute basket non influenza i risultati dell’ETF,
poiché tale rendimento viene scambiato, tramite contratto swap, con
la performance del benchmark. I titoli del paniere sostitutivo
appartengono all’ETF e sono mantenuti in un conto aperto presso
una banca depositaria. Questa tipologia di replica viene utilizzata nel
momento in cui il paniere si compone di numero titoli o nel caso
questi ultimi si riferiscano a mercati poco liquidi ed ha lo scopo di
ridurre il più possibile l’eventualità di Tracking Error: a differenza di
quanto avviene con la replica fisica, infatti, la società di gestione non
deve eseguire alcuna attività di bilanciamento e i costi di transazione
vengono ridotti al minimo.

La principale differenza tra questa tipologia di replica e quella fisica


consiste nel fatto che gli investitori vengono esposti al rischio di
controparte costituito dalla differenza del valore del NAV dell’ETF e il
valore del paniere sostitutivo: nel caso in cui la controparte fallisse,
infatti, non sarebbe vincolata in alcun modo al pagamento dei
dividendi e gli investitori potrebbero subirne la relativa perdita. Le
direttive Ucits, per ridurre il più possibile il rischio di ingenti perdite,
hanno stabilito che il valore degli investimenti ETF che operano in
relazione agli strumenti derivati (e dunque anche con i contratti
swap) non può mai superare il 10% del NAV della controparte.

1.4 ETF a replica sintetica funded (funded swap


based)
Questi ETF stipulano un contratto swap con una controparte che
prevede il trasferimento a quest’ultima, da parte del fondo, dei
proventi derivanti dalle relative sottoscrizioni; l’ETF,
successivamente, percepisce in ritorno la performance total return
del benchmark. Contrariamente a quanto avviene con la replica
unfunded, pertanto, i proventi derivanti dalle sottoscrizioni dell’ETF
non vengono impiegati per acquistare un subtitute basket, ma
vengono trasferiti integralmente alla controparte swap e risultano
totalmente investiti nel contratto swap stesso. Anche in questo caso,
pertanto, gli investitori sono esposti al rischio di fallimento della
controparte: detto rischio viene tuttavia mitigato grazie ad alcune
garanzie offerte dalla controparte swap e mantenute presso una
banca depositaria, in un conto avente funzione di garanzia per fondo
ETF.

In questo caso la composizione del collaterale (ossia dei titoli offerti


in garanzia) non deve superare il 10% del NAV di controparte e deve
soddisfare i requisiti previsti dalle linee guida per la misurazione dei
rischi stabilite dal CESR (Committee of European Securities
Regulators), ossia dal comitato europeo per la regolamentazione dei
mercati degli strumenti finanziari che, dal 2011, è stato rinominato
ESMA (European Securitu and Markets Authority).
Questi requisiti prevedono criteri di liquidità (il collaterale deve
presentare sufficiente mobile), valutazione (il valore del collaterale
deve poter essere verificato almeno una volta al giorno da un
soggetto terzo e indipendente), di merito creditizio dell’emittente
(valutato in relazione alla qualità e qualità dei titoli offerti in
garanzia), di correlazione (si deve evitare la correlazione tra i titoli
posti in garanzia e la controparte swap), di diversificazione (i titoli
devono essere quanto più eterogenei possibile e non si deve
verificare una concentrazione di settore o aree geografiche), di rischi
operazionali (la controparte deve adottare adeguate misure legali
per le prevenzione dei rischi) e di verifica della banca depositaria
(quest’ultima dev’essere soggetta a controlli prudenziali). Il
collaterale, inoltre, dev’essere riscattabile dall’ETF in qualsiasi
momento senza che per eseguire tale operazione si debbe
preventivamente ottenere l’autorizzazione della controparte swap:
qualora si verificasse il fallimento della controparte, infatti, il fondo
ETF deve avere la possibilità di rivalersi immediatamente sul
collaterale, portandolo nelle sue disponibilità ed effettuando
successivamente la relativa liquidazione destinata agli investitori.

CAPITOLO 6 – La gestione degli ETF


1. ETF indicizzati, ETF strutturati ed ETF Smart
Beta
Fin ora abbiamo parlato degli ETF supponendo di operare con degli
strumenti finanziari a gestione passiva che si limitano a replicare gli
indici benchmark, ed effettivamente questa categoria comprende la
grande maggioranza degli ETF presenti sul mercato: questa
tipologia di ETF vengono anche denominati ETF indicizzati. Oltre a
questi, tuttavia, sono disponibili anche gli ETF definiti strutturati, che
mirano a conseguire profitti sia replicando l’andamento del
benchmark di riferimento sia consentendo agli investitori di accedere
a particolari strategie di investimento per realizzare maggiori profitti,
e gli ETF Smart Beta, che si caratterizzano per una gestione attiva
dei fondi.

2. ETF strutturati
Gli ETF strutturati caratterizzati da una sono degli strumenti di
investimento
tipologia di gestione mista, che presenta elementi in comune sia con
gli ETF indicizzati (passivi) sia con gli ETF Smart Beta (attivi).
Gli ETF strutturati possono pertanto essere considerati un prodotto
finanziario altamente complesso, il cui valore si determina
considerando diverse variabili che agiscono contemporaneamente.
A livello tecnico questa tipologia di ETF sono sempre considerati
degli OICR a replica passiva e, come gli ETF indicizzati, possono
essere scambiati in borsa in tempo reale: allo stesso tempo sono
anche in grado di replicare strategie complesse che fino ad alcuni
anni fa erano utilizzate esclusivamente dagli Hedge Fund (una
particolare categoria di fondi che realizzano profitti sia al rialzo sia al
ribasso e presentano un livello di rischio decisamente elevato). Le
principali tipologie di ETF strutturati sono gli ETF short e gli ETF
leveraged.

2.1 Gli ETF strutturati “short”


Gli ETF strutturati definiti “short” consentono all’investitore di aprire
una posizione che genera profitti in caso di andamento negativo del
mercato giornaliero in riferimento al benchmark replicato: in
sostanza, aumentano il proprio valore nel momento in cui il prezzo
dei titoli che costituiscono il portafoglio perdono valore e sono
considerati dei fondi speculativi al ribasso. A loro volta gli ETF
strutturati short possono adottare due diverse strategie operative
definite short con leva finanziaria e short senza leva finanziaria ed
entrambe possono operare sia per gli ETF azionari sia per gli ETF
obbligazionari: scegliendo titoli azionari o obbligazionari è pertanto
possibile assumere una posizione ribassista, utile sia per operazioni
puramente speculative sia in un’ottica improntata al risparmio.

Gli ETF short sono pertanto utilizzati principalmente per tre motivi:
strategia speculativa, che permette di trarre vantaggio dai trend al
ribasso del benchmark di riferimento; strategia protettiva, per ridurre
le perdite nel caso i titoli che compongono il portafoglio perdano
valore; strategia ribassista con leva consente di operare con la leva
finanziaria finanziaria, che senza utilizzare
strumenti derivati come i Futures o le Opzioni binarie. Devi ad ogni
modo tenere in considerazione che gli ETF short possono essere
bloccati nel caso in cui l’economia finanziaria attraversi momenti
caratterizzati da elevate oscillazioni o il mercato sia sottoposto ad
eccessivo stress: la CONSOB, ad esempio, nel 2020 ha vietato di
aprire posizioni short (e di implementare in questo modo le
operazioni ribassiste) in occasione delle forti turbolenze economiche
causate dall’avvento della pandemia globale dovuta al Coronavirus.
Qualora dovessero verificarsi dei blocchi delle posizioni short,
pertanto, non è possibile incrementare posizioni già aperte (queste
ultime si possono soltanto chiudere o mantere) e che, ad eccezione
del caso in cui una posizione short venga al fine di attuare una
strategia di protezione del proprio portafoglio, l’acquisto di nuovi ETF
short è vietato.

2.2 Gli ETF strutturati “leveraged”


Gli ETF leveraged sono dei particolari ETF che consentono di usare
il meccanismo della leva finanziaria e, pertanto, permettono di
realizzare dei rendimenti (o delle perdite) nettamente superiori
rispetto alla performance giornaliera del benchmark (in quanto il
valore di quest’ultima, per effetto della leva finanziaria, viene
moltiplicato).
Questa tipologia di ETF può a sua volta essere suddivisa in ETF
leveraged short ed ETF leveraged long: i primi mirano a realizzare
profitti in relazione all’andamento ribassista del mercato, mentre i
secondi generano valore quando il prezzo del benchmark di
riferimento aumenta.

3. ETF Smart Beta


Lo scopo primario degli ETF Smart Beta è quello di realizzare profitti
battendo il mercato e, per realizzarlo, utilizzano strumenti e strategie
tipiche della gestione cosiddetta attiva: in quest’ultima l’investitore è
chiamato a compiere personalmente molteplici scelte che mirano a
superare le performance del benchmark. La possibilità di ottenere un
maggiore profitto, naturalmente, lo espone anche a maggiori rischi.

I principali strumenti a disposizione della gestione attiva sono l’asset


allocation (ossia la distribuzione dei fondi disponibili tra i vari
investimenti) che permette nel tempo di diversificare e aggiornare il
proprio portafoglio a seconda delle tendenze di mercato, lo stock
picking (ossia la scelta dei singoli titoli da inserire nel portafoglio) che
valuta se un’attività di mercato è sottostimata o sovrastimata, e il
market timing (ossia la capacità di anticipare i mercati finanziari) che
consente di capire quanto aumentare o diminuire l’esposizione di
determinati asset in relazione alle previsioni di andamento del
mercato.

Gli ETF Smart Beta, pertanto, vengono costruiti utilizzando fattori


ben più complessi rispetto a quelli tipici della gestione passiva: gli
investitori devono infatti occuparsi sia di selezionare i titoli più
convenienti in base ai loro obiettivi e successivamente devono
costantemente eseguire azioni di bilanciamento e ponderazione per
riuscire a superare le performance del benchmark e ottenere il
maggior profitto.

Analizzando il rendimento degli ETF Smart Beta sono stati


individuati alcuni fattori che, nel corso del lungo periodo, offrono
ottime possibilità di sovraperformare l’indice benchmark. Tra questi
puoi trovare ad esempio il fattore “size”, che prende in
considerazione il valore della capitalizzazione di mercato delle
aziende: le piccole imprese, caratterizzate da una bassa
capitalizzazione di mercato, tendono ad essere molto più vulnerabili
rispetto alle aziende ormai affermate e investire in esse espone sia a
rischi notevolmente maggiori sia alla possibilità di ottenere profitti
nettamente superiori rispetto a quelli offerti alle operazioni a basso
rischio.

Un altro fattore ritenuto importante per la costruzione di un buon


portafoglio Smart Beta è il “value”, che prende in considerazione le
azioni sottostimate e caratterizzate da basso valore: queste ultime
fanno capo ad imprese generalmente sottostimate dal mercato in
quanto sono spesso gravate da debiti o presentano dividendi
eccessivamente volatili; anche in questo caso investire in queste
aziende può essere considerata un’operazione altamente rischiosa,
in grado tuttavia di generare enormi profitti nel momento in cui il
valore delle azioni torna a salire.
Il fattore denominato “momentum”, invece, prevede che le azioni che
presentano andamento rialzista continueranno nel breve periodo
(ossia in un arco temporale di massimo 12 mesi) a salire, mentre le
azioni che presentano andamento ribassista continueranno, sempre
nel breve tempo, a perdere valore: gli investitori, nel breve periodo,
tendono infatti a mantenere le posizioni già assunte, anche di fronte
a notizie o aggiornamenti che potrebbero preannunciare
un’inversione del trend azionario. Il fattore denominato “quality” si
pone, in un certo senso, in netto contrasto con il fattore size: tende a
preferire infatti le aziende più solide, rispetto a quelle emergenti
ancora e caratterizzate da grande fragilità sul mercato; è stato infatti
dimostrato che nonostante le aziende solide offrano solitamente dei
rendimenti più bassi, gli stessi non vengono colpiti anche in
occasione delle crisi di mercato (queste imprese si occupano per lo
più di fornire servizi essenziali, come il gas o la luce).

L’ultimo fattore che viene menzionato tra quelli più influenti nella
costruzione di un buon ETF Smart Beta è denominato “volatilità”:
quest’ultimo contraddice l’assunto finanziario secondo cui a fronte di
un maggior rischio si ottengono maggiori guadagni e afferma che le
azioni che si caratterizzano per bassa volatilità sono nel lungo
periodo in grado di garantire migliori profitti, esponendo l’investitore
ad un minor livello di rischio.

Per ottimizzare un portafoglio a gestione attiva è dunque essenziale


considerare i cinque fattori appena esposti, ma devi considerare che
essi possono spesso assumere un andamento fortemente
discordante e, pertanto, è necessario comprendere quali elementi
debbano effettivamente essere privilegiati e quali possono essere
mantenuti in secondo piano.
CAPITOLO 7– Come costruire un portafoglio
redditizio
1. Quali regole seguire per costruire un
portafoglio ETF
Se il mercato finanziario consentisse di individuare con assoluta
certezza quali siano gli asset destinati a realizzare i migliori profitti,
chiunque sarebbe in grado di ottenere in brevissimo tempo un
capitale che gli consentirebbe di smettere di lavorare e vivere solo di
rendita. L’imprevedibilità tipica del settore, invece, obbliga gli
investitori ad affrontare intense fasi di studio dell’andamento di
mercato e a costruire strategie che possano ridurre quanto più
possibile l’onnipresente rischio delle perdite di capitale. In questo
capitolo vogliamo spiegarti sei importanti regole da tenere sempre a
mente quando vuoi costruire un portafoglio efficiente, dotato di un
buon potenziale di rendita e un livello di rischio che, a seconda delle
tue esigenze ed obbiettivi, sei disposto a sopportare. La prima regola
viene definita “logica di portafoglio” e impone di considerare
l’assunto secondo il quale più è alto il profitto che si ha la possibilità
di realizzare, più aumenta il livello di rischio degli investimenti. Il
maggior profitto non dev’essere pertanto perseguito ad ogni costo,
poiché considerando soltanto questo fattore potresti assumere un
livello di rischio eccessivamente elevato. Devi invece mantenere
costantemente sotto controllo il rapporto rendimento/rischio e trovare
una soluzione che ti garantisca un guadagno conveniente senza
superare la soglia massima del rischio che sei disposto a correre.
Per applicare nel modo più corretto possibile la logica di portafoglio
devi calcolare in modo oggettivo sia il potenziale del rendimento sia
il livello di rischio.
Per capire quale sia l’asset potenzialmente più vantaggioso tra quelli
a tua disposizione devi applicare la formula matematica dedicata al
calcolo del Tasso Interno di Rendimento (TIR). Grazie a questa
operazione potrai mettere a confronto i TIR di tutti gli strumenti con i
quali potresti operare e individuare facilmente quelli più vantaggiosi:
più il TIR risulta elevato, più l’investimento può considerarsi
vantaggioso in relazione al suo rendimento. Se non vuoi calcolare
personalmente il TIR, puoi utilizzare la funzione dedicata presente in
un qualsiasi foglio di calcolo Excel. Per calcolare il livello di rischio
legato a ciascun investimento, invece, hai a tua disposizione
numerose formule: la formula Value at Risk (VAR) ti consente di
identificare la perdita massima in cui può incorrere un determinato
ETF in un dato arco temporale; la formula della volatilità storica ti
permette di calcolare il rendimento di un ETF nell’arco temporale da
te indicato; con il cosiddetto Indice di Sharpe puoi calcolare l’extra
rendimento di uno specifico ETF rapportandolo al rendimento e
volatilità di uno strumento finanziario senza rischio; l’Indice Beta
permette di misurare la volatilità di un ETF rispetto alla volatilità del
benchmark cui si riferisce; la formula drawndown infine ti permette di
misurare la decrescita del valore del portafoglio rapportandola al
livello massimo di crescita precedentemente raggiunto.
Operando un sapiente controllo del rapporto rendimento/rischio puoi
dunque comprendere il livello di efficienza di un investimento e
utilizzare queste informazioni per selezionare in modo efficace gli
strumenti finanziari più redditizi.

La seconda regola da rispettare nella costruzione di un portafoglio di


investimento ti impone di operare un’attenta selezione dei titoli in cui
investire, i quali devono presentare caratteristiche tali da permetterti
di raggiungere i tuoi obbiettivi.

La terza regola riguarda la diversificazione che, come abbiamo visto,


è un elemento essenziale per bilanciare nel miglior modo possibile
un ETF: i fondi costituiti da titoli ampiamente diversificati, infatti, sono
in grado di compensare e ridurre al minimo le eventuali perdite
poiché il ribasso di un determinato titolo può facilmente avvenire
contemporaneamente al rialzo di un altro dei titoli presenti nel
paniere. Per calcolare il coefficiente di correlazione di due asset si
deve utilizzare la relativa formula matematica che, sostanzialmente,
può portare a tre differenti risultati: coefficiente tra 0 e -1 (la
correlazione è inversa e rappresenta i titoli più qualificati per
diversificare al meglio il portafoglio), coefficiente 0 (la correlazione
negativa, coefficiente da 0 a +1 (i due asset sono correlati e
inserendoli entrambi nel portafoglio non si consegue un livello
soddisfacente di diversificazione).

La quarta regola si riferisce all’asset location, ossia al peso che devi


assegnare ad ogni asset class che compone il portafoglio in base
agli obiettivi di investimento che vuoi raggiungere. Per eseguire
un’efficiente asset location il primo passo consiste nel suddividere i
titoli in base al loro livello di rischio: gli asset liquidi e obbligazionari
comportano solitamente un rischio moderato, mentre gli asset
obbligazionari e relativi alle materie prime sono caratterizzati da un
rischio più elevato. Secondo la formula descritta da William
Bernstein il modo migliore per determinare il peso da attribuire agli
asset a rischio elevato è domandarsi quale percentuale di perdita
massima si è disposti a sopportare nell’arco di un anno e moltiplicare
tale numero per 2,5. Se desideri aumentare il livello di rischio puoi
moltiplicare la percentuale di perdita massima per 3, mentre se vuoi
diminuirlo ti basterà moltiplicarlo per 2. Se sei orientato sulla
costruzione di un ETF ad accumulazione, oltre alla percentuale dei
titoli azionari puoi considerare di inserire anche la commodity oro:
quest’ultima non offre dividenti e non stacca cedole, pertanto se vuoi
costruire un portafoglio che generi rendite periodiche puoi
tranquillamente evitare di aggiungere quest’ultimo asset.
Per quanto riguarda gli asset a rischio contenuto, invece, le migliori
strategie di costruzione di portafoglio suggeriscono di mantenere gli
asset liquidi e obbligazionari a breve termine in una percentuale tra il
5 e il 10% del capitale investito, il resto delle risorse dovrebbero
invece essere destinate a titoli obbligazionari a medio e lungo
termine.
I portafogli che contengono titoli ai quali è stata assegnata una
percentuale eccessivamente ridotta vengono frammentati o
atomizzati; quelli nei quali è denominati

presente una percentuale eccessiva di uno o più asset vengono


invece indicati con il nome di portafogli concentrati: al fine di attuare
una migliore strategia di ottimizzazione del portafoglio, entrambe
queste situazioni devono assolutamente essere evitate.
La quinta regola da seguire per ottenere un portafoglio efficiente è
quella di ribilanciarlo periodicamente. Per eseguire quest’operazione
bisogna mantenere più o meno uguali nel tempo le percentuali degli
asset stabilite con l’asset allocation iniziale, vendendo o
riacquistando le quote ETF che in un dato momento del mercato
consentono di realizzarla. Nel lungo periodo, inoltre, il
ribilanciamento del portafoglio consente anche di migliorare la
performance dello stesso. Tutte le operazioni di vendita ed acquisto,
tuttavia, richiedono dei costi di transazione e commissione, pertanto
è sconsigliato operare il bilanciamento del portafoglio con scadenze
periodiche inferiori ai 10 o 12 mesi.

La sesta regola ti impone infine di scegliere una giusta strategia


operativa, tema a cui dedichiamo il prossimo capitolo.

CAPITOLO 8 – Panoramica sulle strategie


operative
1. Come scegliere la giusta strategia operativa
Questo capitolo ti mostra come applicare le nozioni apprese fin ora e
costruire una corretta strategia operativa che ti consentirà di rendere
ottimizzare la rendita del tuo portafoglio ETF. La prima cosa che devi
tenere a mente è che tutte le strategie sono del tutto personalizzabili,
pertanto i nostri consigli servono a fornirti una solida base operativa
maggiore esperienza, completare con ulteriori variabili che
raggiungere più facilmente i tuoi che successivamente, acquisendo
sempre

potrai tranquillamente modificare e ti consentiranno di personali


obbiettivi

d’investimento. Ogni strategia operativa, tuttavia, non dev’essere


modificata improvvisamente, ma devi attentamente calcolare nel
breve, medio e lungo termine quali conseguenze può comportare ai
fini dell’efficienza del tuo ETF: spesso le strategie semplici e lineari
si rivelano infatti molto più efficienti rispetto a quelle eccessivamente
complesse, poiché gestire un numero limitato di variabili ti consente
di mantenere maggiormente sotto controllo i tuoi investimenti e
acquisire sempre maggiore praticità nel prevedere il comportamento
futuro del mercato.

Il primo fattore che devi considerare nello scegliere la strategia


operativa più adatta alle tue esigenze, pertanto, è il tuo livello di
esperienza come investitore: se sei un principiante potrai affidarti ad
esempio a strumenti di analisi tecnica semplici da interpretare, come
ad esempio i grafici a candela giapponesi (disponibili gratuitamente
in qualsiasi piattaforma exchange o broker online) che ti consentono
di monitorare l’andamento di mercato degli asset di tuo interesse
fornendoti utili informazioni sul prezzo di apertura e chiusura
giornaliero; se investimenti e nel trading hai già una certa esperienza
negli online, invece, potresti scegliere di

scaricare un software dedicato esclusivamente all’analisi dei dati


tecnici in tempo reale e monitorare le evoluzioni degli asset sotto
diversi punti di vista e per mezzo di svariati grafici e indicatori.
Attualmente sono disponibili online moltissime piattaforme dedicate
all’analisi tecnica del mercato, tra le quali possiamo menzionare per
efficienza e semplicità di utilizzo MetaStock, WordenTC2000,
eSignal, NinjaTrader, Wawe59 Pro2 e MarketMilk: queste
piattaforme ti consentono di osservare in tempo reale il trend di
mercato e ti offrono la possibilità di sfruttare sia diversi strumenti
gratuiti, sia di acquistare pacchetti che ti consentono di eseguire
un’analisi tecnica più approfondita e professionale. Molte
piattaforme, infine, sono dotate di funzioni che sfruttano l’intelligenza
artificiale e ti consentono di eseguire una simulazione della strategia
che intendi applicare e osservarne i probabili risultati a breve, medio
o lungo termine (questi dati, naturalmente, data l’imprevedibilità non
devono in alcun modo essere considerati affidabili, ma servono
soltanto per comprendere quali possibili evoluzioni possa avere il tuo
progetto di investimento).

1.1 Prima strategia: Trend Following


Si tratta di una strategia estremamente lineare, semplice da seguire
e tenere sotto controllo: è adatta sia ai principianti sia a tutti coloro
che intendono effettuare investimenti a basso o medio livello di
rischio.
Per attuare il Trend Following devi prima di ogni altra cosa affidarti
ad un grafico con timeframe settimanale, che ti mostra l’andamento
degli asset di tuo interesse degli ultimi 7 giorni, e monitorare le
medie mobili semplici nell’arco dello stesso periodo temporale.
Seguendo questa strategia, infatti, ogni lunedì mattina dovrai
decidere quale ETF acquistare, ogni fine settimana (e quindi lo
stesso lunedì mattina) dovrai decidere quale asset vendere. Per
scegliere i titoli da acquistare devi monitorare attentamente i grafici
settimanali e acquisire soltanto gli asset per i quali la media mobile
semplice a 15 periodi ha, nell’arco dell’ultima settimana, incrociato
dal basso verso l’alto la media mobile semplice a 30 periodi; devi
invece vendere gli asset per i quali la media mobile semplice
settimanale ha incrociato dall’alto verso il basso la media mobile
semplice a 30 periodi.
Questa strategia è ottimizzata per gli investimenti che generano
profitto nel lungo periodo e può essere applicata ad ogni principale
tipologia di ETF (azionario, valutario, obbligazionario, immobiliare e
indicizzato sulle materie prime).

1.2 Seconda strategia: Buy and Hold


Questa strategia, conosciuta anche come “Rendita”, consiste
nell’acquistare un determinato asset e mantenerlo nel portafoglio
quanto più a lungo possibile: scegliendo degli asset sufficientemente
stabili e poco soggetti a volatilità potrai ottenere profitti sempre
maggiori nel lungo periodo, ma è necessario monitorare
periodicamente l’andamento degli stessi poiché un improvviso
fallimento dell’azienda o news particolarmente negative relative alla
stessa potrebbero inficiare irrimediabilmente il suo valore di mercato
e rendere la sua ripresa praticamente impossibile anche nel lungo e
lunghissimo periodo. Per attuare efficacemente questa strategia,
dunque, dovrai ottimizzare momento del tuo ingresso nel mercato il
più possibile il
(approfittando di momentanee oscillazioni negative) e valutare
l’effettivo andamento dell’asset (rivendendolo se dovesse subire
crolli eccessivi e difficilmente recuperabili). In questo caso il grafico
timeframe da tenere sotto controllo deve avere cadenza mensile e le
operazioni d’acquisto e vendita devono essere effettuate ogni fine e
inizio del mese: acquista quando il grafico RSI a 5 periodi mantiene
valore inferiore a 30 e vendi le quote nel momento in cui, nel mese di
riferimento, le stesse abbiano subito una perdita superiore al 30%.
Questa strategia è ottimizzata per gli ETF obbligazionari ad alto
rendimento, per gli ETF obbligazionari governativi a breve scadenza
per cui si prevede una crescita dei tassi d’interesse, per gli ETF
obbligazionari governativi a lunga scadenza per cui si prevede una
diminuzione dei tassi d’interesse e per gli ETF azionari (questi ultimi
comportano tuttavia un maggior livello di rischio). In particolare, se
vuoi applicare la strategia Buy and Hold per acquisire ETF azionari ti
suggeriamo di scegliere titoli caratterizzati da alta capitalizzazione (e
dunque poco soggetti alla volatilità di mercato), che offrano dei
dividendi notevoli, possibilmente soggetti all’incremento nel lungo
termine, e un tasso di indebitamente moderato (Current Ratio>1) e
una conveniente redditività (ROE>5)

1.3 Terza strategia: Piano di Accumulo di Capitale


La strategia del Piano di Accumulo di Capitale (PAC) consiste nel
versare periodicamente delle somme di denaro su uno o più ETF e
si rivela ottimale per chi intende, nel lungo e lunghissimo periodo,
incrementare il più possibile il proprio capitale. Si tratta di una
strategia molto semplice da seguire, poiché consiste nel versare
periodicamente (mensilmente o bimestralmente, a seconda delle
proprie disponibilità) sempre la stessa somma di denaro e permette
di contrastare efficacemente le eventuali oscillazioni di mercato. I
migliori ETF cui applicare questa strategia sono gli ETF azionari
settoriali per i quali si prevedono buone probabilità di crescita nel
lungo periodo, gli ETF azionari legati ai Paesi in via di sviluppo e gli
ETF obbligazionari.
1.4 Quarta strategia: Forza relativa per portafogli
diversificati
Si tratta di una strategia che offre i migliori risultati nel momento in
cui il tuo portafoglio è stato costruito con un grado di diversificazione
ottimale: deve dunque contenere almeno 3 ETF differenti (come ad
esempio un ETF azionario, un ETF obbligazionario governativo a
breve scadenza e un ETC su materie prime stabili come oro, argento
o platino). Ogni mese (l’ultimo giorno utile dello stesso) devi valutare
quale paniere ha ottenuto i migliori risultati e acquistare soltanto
nuove quote dello stesso; allo stesso modo ogni 30 giorni devi
decidere se mantenere o rivendere le quote dello stesso. Ogni
operazione a cadenza mensile deve dunque andare a modificare
solo il portafoglio che ha ottenuto la migliore performance.

La strategia della Forza relativa può essere applicata, con alcune


opportune modifiche, anche ai portafogli settoriali.
In questo caso, infatti, le operazioni di compravendita non dovranno
essere dedicate ad un solo portafoglio, ma ai due portafogli che
hanno ottenuto le migliori performance mensili.

1.5 Quinta Stategia: Valore


La strategia del Valore non si basa sull’interpretazione dei grafici, ma
su una stima riguardante il prezzo del portafoglio: utilizzando
l’indicatore denominato “Shrilling Price – Earning Ratio” devi infatti
comprendere se gli asset risultano sottostimati o meno. Questa
strategia prevede un monitoraggio annuale dell’indice benchmark di
riferimento: le operazioni di compravendita devono essere incentrate
sul portafoglio che ha ottenuto le migliori performance in relazione al
tasso di crescita e volatilità. Per diminuire ulteriormente la volatilità
del portafoglio potresti decidere di effettuare il suo ribilanciamento a
cadenza semestrale e non annuale.

1.6 Sesta strategia: Intraday


Si tratta di una strategia puramente speculativa, da adottare soltanto
nel momento in cui sei in grado di sopportare il livello di rischio che
comporta il vero e proprio trading giornaliero. Quest’ultimo, infatti,
impone di aprire e chiudere una posizione nell’arco della stessa
giornata: per sfruttare al meglio le potenzialità di questa strategia
operativa ti suggeriamo di applicarla su ETF indicizzati, su materie
prime o short con leva.
Il successo della strategia si deve al raggiungimento di un punto di
rottura (breakout) che in passato ha costituito un punto di resistenza
o supporto per l’asset di riferimento. Devi dunque individuare i titoli
per cui prevedi, nell’arco temporale di massimo 24 ore, un
improvviso incremento di prezzo o il crollo dello stesso e puntare ad
ottenere profitti da tali oscillazioni giornaliere del mercato: la
posizione dev’essere chiusa immediatamente dopo che il punto di
rottura viene raggiunto. Essendo il Breakout Intraday una strategia
altamente speculativa, al fine di limitare il più possibile eventuali
perdite è buona prassi impostare sempre un ragionevole ordine
condizionale Stop Loss, nel caso in cui tu abbia effettuato delle
valutazioni errate e l’andamento di mercato volga in senso opposto a
quello che hai preventivato.

CAPITOLO 9 – Come distribuire gli ETF


1. Caratteristiche principali degli asset ETF
Prima di mostrarti alcune tecniche che ti consentono di costruire un
portafoglio efficiente e in grado di generare convenienti profitti,
vogliamo elencarti brevemente le principali caratteristiche delle
classi di asset ETF che puoi inserire all’interno del tuo paniere, in
modo da realizzare un prodotto finanziario completo, diversificato e
sufficientemente bilanciato.

Gli ETF azionari possono essere considerati quelli più soggetti alla
volatilità del mercato: inserendoli nel tuo portafoglio, pertanto,
potranno influenzare fortemente l’andamento dello stesso e
migliorare notevolmente (o peggiorare) la performance complessiva.
Gli ETF obbligazionari, al contrario, sono quelli meno volatili e sono
in grado di ottimizzare la stabilità di un portafoglio (a patto che, nel
caso all’interno dello stesso siano presenti anche ETF azionari,
vengano inseriti in percentuale sufficientemente alta e utile a
contrastare l’alta volatilità dei primi).
Gli ETF indicizzati su materie prime sono poco soggetti alla volatilità
e sufficientemente stabili: ti consentono di mettere al riparo il tuo
capitale nel momento in cui si prevedono forti

di mercato e, in particolare, recessioni degli ETF oscillazioni


azionari.
Gli ETF immobiliari sono molto utili per ottimizzare la

diversific azione del portafoglio, poiché seguono l’andamento del


mercato immobiliare ed edilizio, che è scarsamente correlato con
quello di tutti gli altri asset negoziabili: puoi dunque sfruttarli per
stabilizzare il portafoglio in presenza di ETF altamente soggetti alla
volatilità (come quelli azionari).
Gli ETF valutari, infine, si dimostrano particolarmente convenienti nei
momenti di crisi del mercato, poiché le operazioni di vendita di altri
asset in caduta libera genera immediatamente liquidità.

Nel costruire il tuo portafoglio devi realizzare una combinazione di


asset che risponda ai tuoi obbiettivi d’investimento, pertanto puoi
liberamente scegliere quali titoli inserire nel paniere a seconda del
rapporto rischio/rendimento che intendi ottenere e a seconda che tu
voglia realizzare profitti nel breve, medio o lungo periodo. Nel
prossimo paragrafo ti mostreremo alcuni esempi di costruzione del
portafoglio basati sui principali obbiettivi di investimento: protezione
del capitale, periodicità delle entrate, accumulo a lungo o
lunghissimo termine (pensione) e rendimento.
La definizione degli obbiettivi di investimento è una fase essenziale e
antecedente sia alla scelta della strategia operativa da adottare sia
alla costruzione vera e propria del portafoglio: le seconde, infatti, per
raggiungere le migliori performance devono essere determinate
proprio in base all’obbiettivo.

In base a cosa si decide il proprio obbiettivo? La risposta a questa


domanda non è univoca, ma strettamente personale. In questa sede
possiamo soltanto suggerirti di valutare attentamente tre fattori
fondamentali: l’ottica temporale nella quale intendi operare, il livello
di rischio che intendi sopportare e il rendimento che vuoi ottenere.
Considera sempre che gli ultimi due fattori sono strettamente
correlati, pertanto non alzare mai l’asticella del rendimento se le
somme del capitale che indendi destinare ai tuoi investimenti non
sono in grado di tollerare anche un rischio maggiore.

Dopo aver scelto attentamente i tuoi obbiettivi di investimento e la


strategia più adatta al loro raggiungimento, puoi occuparti della
costruzione vera e propria del portafoglio ETF. Considera che la
strategia prescelta dev’essere seguita in modo rigoroso e costante,
anche nel momento in cui il mercato ti metterà inevitabilmente sotto
pressione: l’emotività è uno dei maggiori nemici degli investimenti
efficienti, pertanto per non rendere vani tutti i tuoi sforzi devi tenere
costantemente sotto controllo sentimenti come l’ansia, la paura,
l’avidità e l’impulsività.

2. Primo obbiettivo: Portafoglio per la protezione


del capitale
Le espressioni “capitale garantito” e “capitale protetto” sono al centro
delle maggiori campagne pubblicitarie degli enti creditizi che cercano
costantemente nuovi clienti al fine di farli investire nei propri
strumenti finanziari. Il primo elemento da tenere a mente nella
costruzione di un portafoglio che possa proteggere il tuo capitale,
pertanto, è che non tutte le offerte presenti sul mercato sono
affidabili in tal senso. Prima di sottoscrivere un qualsiasi ETF devi
pertanto effettuare le tue personali valutazioni e studiarlo a fondo,
senza contare eccessivamente sulla bontà di prodotti già pronti e
preconfezionati.
La promessa di un alto rendimento presenta necessariamente il
contrappeso di un più alto livello di rischio e nessuno strumento
finanziario può offrirti la certezza di essere dotato di un “paracadute”
in grado di proteggerti dalle perdite: prima di farti ammaliare dalle
migliori pubblicità persuasive, ricche di promesse golose e
totalmente aleatorie, leggi attentamente il prospetto informativo
dell’ETF che ti interessa, poiché grazie ad esso potrai ottenere
informazioni obiettive e concrete sulle effettive potenzialità e
garanzie dello stesso.
Numerosi portafogli che mirano a proteggere il capitale sono costruiti
con tre differenti strumenti: obbligazioni a “zero coupon” (che alla
scadenza delle stesse ti consentono di ricevere un capitale di
rimborso superiore a quello investito all’atto di acquisto), strumenti
finanziari derivati e una conveniente commissione di collocamento
(si tratta di un credito che vanti nei confronti del fondo di
investimento sottoscritto e che ti sarà restituito tramite riduzione
progressiva della quota investita nei cinque anni successivi.
Leggendo il prospetto informativo si può facilmente notare che le
obbligazioni a zero coupon al momento della sottoscrizione dello
strumento di investimento hanno valore inferiore al prezzo dello
stesso; il prodotto derivato può inoltre non generare alcun profitto: in
che modo allora questo portafoglio è in grado di proteggere il
capitale? Prima di farti cogliere da un inutile allarmismo o dal timore
di aver subito una truffa devi considerare che le obbligazioni a zero
coupon, al momento della scadenza, garantiscono un rimborso
superiore rispetto alle somme che hai impiegato per acquistarle:
questo vuol dire che se al momento dell’acquisto valevano 90/100
(dove il valore 100 indica il prezzo a cui l’hai ottenute), alla loro
scadenza presenteranno un valore pari a 100/100, pertanto il tuo
investimento verrà del tutto coperto. Lo strumento derivato è la reale
variabile del portafoglio così costruito ed è l’asset che ti offre la
possibilità di realizzare il maggior profitto: nel caso in cui alla
scadenza dello strumento finanziario tale prodotto derivato non
dovesse aver generato alcun guadagno, il capitale iniziale risulta
comunque garantito dal rimborso derivante dell’obbligazione a zero
coupon.
Se non vuoi affidarti ad un prodotto finanziario preconfezionato, puoi
costruire il tuo personale portafoglio a capitale protetto inserendo i
primi due elementi della composizione che abbiamo appena visto,
ossia un’obbligazione a zero coupon e un ETF o paniere di ETF (da
scegliere in base ad un ottica di investimento di accumulazioneo in
grado di generare un’entrata periodica). In ogni caso devi ricordarti
che l’obbligazione copre il 100% del capitale investito solo nel
momento in cui viene portata a scadenza: se intendi venderla prima
che la scadenza sia intervenuta devi necessariamente fare i conti
con il prezzo corrente di mercato. Il prezzo a scadenza
dell’obbligazione, inoltre, è determinato secondo valore nominale e
non reale, pertanto potrebbe accadere che il tuo capitale iniziale, a
causa dell’inflazione sul lungo periodo, non venga coperto
interamente.

3. Secondo obbiettivo: Portafoglio ottimizzato per


le entrate periodiche
Uno degli obbiettivi più comuni tra tutti coloro che decidono di
destinare il proprio capitale ad un investimento è riuscire ad ottenere
dallo stesso una soddisfacente entrata periodica. Fino a qualche
decennio fa i migliori strumenti finanziari per realizzare questo scopo
erano i titoli di Stato (come i BOT o i BTP) e il mercato immobiliare,
tuttavia ad oggi i profitti offerti da questo settore sono praticamente
nulli o, comunque, estremamente bassi anche nel lungo periodo.
Attualmente la migliore alternativa disponibile sul mercato è
rappresentata dagli ETF a distribuzione periodica, che mettono al
riparo l’investitore dal rischio di fallimento e contemporaneamente
possono garantire un’entrata periodica regolare, conveniente e
soddisfacente. Questa tipologia di portafoglio è dunque adatto a tutti
coloro che hanno già ottenuto un capitale cospicuo (magari
seguendo precedentemente una strategia di accumulo) e che
intendono realizzare un’entrata extra.
Per costruire un portafoglio che sia in grado di generareun’entrata
periodica devi dunque concentrare i tuoi investimenti su ETF a
distribuzione, scartando a priori tutti gli ETF ad accumulo. Tra gli
ETF a distribuzione devi poi individuare quali presentano il miglior
rapporto tra i proventi erogati nel corso dell’ultimo anno e il valore
dell’ETF (questo parametro è comunemente denominato Dividend
Yield). Questi ultimi devono inoltre presentare caratteristiche
compatibili con il livello di rischio che sei disposto ad affrontare (a tal
proposito, gli ETF a replica fisica sono perfetti per ridurre
ulteriormente il rischio e devi dunque privilegiarli rispetto agli ETF a
replica sintetica). Questo portafoglio, nell’ottica della diversificazione,
è compatibile anche con gli ETF valutari (a patto che gli stessi
presentino un notevole volume di scambio giornaliero e un’alta
capitalizzazione di mercato). Dopo aver effettuato queste prime
valutazioni, devi scegliere quale asset class inserire nell’ETF:
potresti orientarti sia sugli ETF azionari sia sugli ETF obbligazionari,
tenendo presente che i secondi offrono maggiore stabilità e sono
meno soggetti alla volatilità di mercato. Le azioni societarie sono
infatti soggette alla politica aziendale e potrebbe accadere che in
presenza di crisi o turbolenze particolarmente forti del mercato
l’impresa decida, per un certo periodo di tempo, di non distribuire gli
utili.
Per selezionare i migliori ETF a distribuzioni da inserire nel tuo
portafoglio puoi inizialmente operare una suddivisione per tematica,
settore o qualsiasi altro fattore che abbiamo menzionato nel capitolo
2; successivamente ti conviene riportare le principali caratteristiche
di tutti gli ETF a distribuzioni individuati in un foglio di calcolo Excel e
operare un confronto diretto: a parità di condizioni, ad esempio, se
sei interessato a ricevere i dividendi con maggiore frequenza dovrai
privilegiare questo parametro. Dopo aver terminato una prima
scrematura nella lista di ETF individuati, sono assolutamente da
preferire gli ETF che presentano maggiore liquidità. Se infine intendi
inserire nel tuo portafoglio anche degli ETF azionari, la scelta
migliore è sicuramente quella di preferire gli High Dividend Yield di
Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, poiché rispetto ad altre
tipologie di ETF presentano maggiore stabilità e garanzia di regolare
distribuzione dei dividendi. Per ottimizzare l’efficienza di un
portafoglio che si pone l’obbiettivo di garantire un’entrata periodica, ti
conviene effettuare un parziale o totale ribilanciamento dello stesso
almeno una volta l’anno.

4. Terzo obbiettivo: rendita a lungo o lunghissimo


termine (pensione)
I portafogli cosiddetti pensione hanno ottenuto negli ultimi anni
sempre maggiore consenso e apprezzamento, dal momento che le
più recenti modifiche normative hanno alzato ulteriormente l’età cui
si può accedere alla pensione e introdotto il gap pensionistico, ossia
una differenza valutaria tra l’effettivo ammontare della pensione e
l’ammontare dell’ultimo stipendio percepito dal lavoratore (rendendo
il primo sensibilmente inferiore rispetto al secondo). Chi vuole
mantenere lo stesso tenore di vita conosciuto nel corso degli anni
lavorativi, pertanto, può sfruttare questa tipologia di portafoglio per
colmare la differenza di somme prevista dall’attuale erogazione della
pensione, o decidere di non raggiungere l’effettiva età pensionabile e
smettere di lavorare alcuni anni in anticipo.
Per realizzare questa tipologia di portafoglio gli ETF più convenienti
sono quelli ad accumulo, dal momento che presentano costi di
gestione estremamente bassi e nel lungo o lunghissimo periodo
offrono notevoli rendimenti.
I Piani di Accumulo, come hai già avuto modo di vedere, richiedono
un investimento frazionato, stabile e periodico in uno stesso
strumento finanziario: nel tempo, qualora la tua disponibilità
economica dovesse variare hai sempre la possibilità di modificare la
somma destinata al PAC (incrementandola o diminuendola) e, per
rendere il versamento ancora più agevole, puoi decidere di
automatizzarlo presso qualsiasi banca. I PAC possono comunque
essere messi in atto con diverse strategie, pertanto anche qui è
molto importante che tu abbia ben chiaro in mente il tuo obbiettivo e
lo scopo ultimo cui vuoi destinare quest’investimento (nel tempo, ad
esempio, puoi anche puntare a creare un considerevole capitale da
lasciare ai tuoi figli o nipoti). Una prima strategia consiste appunto
nell’investire mensilmente, bimestralmente, trimestralmente o
annualmente la stessa somma di denaro, senza tener conto
dell’andamento del mercato; una seconda strategia prevede invece
che le somme debbano essere versate nel PAC soltanto nel
momento in cui il mercato presenta un trend negativo (aumentando
la quantità di denaro da destinare al fondo); una terza strategia
prevede di effettuare investimento solo quando il mercato presenta
andamento positivo, mentre l’ultima strategia consiste nel non
ragionare in termini di prezzo, ma acquistando sempre lo stesso
numero di quote, indipendentemente dal valore delle stesse. Le
statistiche, ad ogni modo, dimostrano che la strategia di PAC più
efficiente è la prima.
Per scegliere quali titoli inserire all’interno del portafoglio pensione il
primo passo è naturalmente quello di scartare tutti gli ETF a
distribuzione, che non soddisfano i requisiti del tuo obbiettivo;
successivamente potresti scegliere, a seconda del tempo che hai a
tua disposizione prima di raggiungere la pensione, degli ETF
azionari (consigliati ai più giovani poiché questi titoli sono pur
sempre soggetti a una consistente volatilità di mercato), degli ETF
senza copertura di cambio o degli ETF con copertura di cambio
(altrimenti detti hedged). Se vuoi minimizzare il rischio il più possibile
e sei molto vicino alla pensione, una buona soluzione potrebbe
essere quella di scegliere sia ETF azionari sia ETF obbligazionari,
puntando in questo modo a massimizzare il rendimento grazie ai
primi e contrastare la volatilità del mercato grazie ai secondi. Ricorda
sempre che per ottimizzare l’efficienza di qualsiasi portafoglio ETF
che si compone di due o più titoli devi effettuare almeno a cadenza
annuale alcune operazioni di ribilanciamento.
I portafogli pensione basati sui PAC sono degli investimenti che
offrono numerosi vantaggi in termini di tempo da dedicare alla
gestione degli stessi (le operazioni da compiere mensilmente sono
davvero poche) e occasioni di mercato (il trend al ribasso può infatti
diventare una conveniente opportunità di investimento): sono inoltre
altamente personalizzabili e i versamenti periodici possono essere
facilmente automatizzati.

5. Quarto obbiettivo: massimizzare il rendimento


Dopo aver visto come costruire i portafogli più “prudenti”, è arrivato il
momento di soddisfare anche la curiosità di chi investe con
l’obbiettivo più antico del mondo: ottenere il miglior rendimento
possibile.
In questa sede vogliamo proporti una strategia basata sulle teorie di
Harry Brown, che nel tempo si sono rivelate non solo solide e
corrette, ma anche particolarmente semplici da mettere in atto. La
caratteristica principale di un portafoglio improntato a massimizzare
il rendimento sta nel fatto che bisogna costruirlo ottimizzando il più
possibile il fattore diversificazione (e, dunque, inserendo al suo
interno degli asset correlati in modo negativo o inverso): questo
consente infatti al portafoglio di diminuire il più possibile la volatilità
di mercato e mantenere soddisfacenti livelli di stabilità e/o
rendimento anche nel momento in cui il mercato attraversa un
periodo segnato da notevole stress o pericolose turbolenze.
Ogni asset da inserire nel portafoglio“rendimento” deve avere un
ruolo ben preciso ed essere in grado di fronteggiare con successo
qualsiasi condizione di mercato. Come hai visto nel momento in cui ti
abbiamo elencato le caratteristiche dei principale asset ETF, i titoli
valutari costituiscono un porto sicuro durante le fasi di crisi o panico
del mercato, l’azionario garantisce profitti (più o meno alti) durante le
fasi di rialzo del mercato, l’obbligazionario serve a stabilizzare i titoli
eccessivamente volatili e dotare il portafoglio di una buona
resistenza contro le principali oscillazioni, mentre le materie prime
servono a correre ai ripari nei periodi gravati da un aumento
dell’inflazione.
Contrariamente a quanto potresti pensare questo portafoglio non è
adatto soltanto agli investitori più esperti, in grado di valutare con
precisione e obiettività le diverse fasi del mercato: una simile
strategia è perfetta anche per gli investitori principianti, dal momento
che l’ampia diversificazione del portafoglio ha come primaria
conseguenza quella di ridurre al minimo la volatilità del mercato e,
pertanto, mette al riparo i neofiti da alcune operazioni istintive,
impulsive o semplicemente errate che, in altre situazioni, potrebbero
minare irrimediabilmente l’efficienza del portafoglio e causare ingenti
perdite.

Per costruire un portafoglio improntato alla vendita la prima


operazione da fare è suddividere il tuo capitale in quattro parti uguali
fra loro (ognuna deve rappresentare il 25% del capitale a tua
disposizione) e assegnare a ciascuna parte un determinato tipo di
asset: il primo 25% sarà destinato agli ETF valutari (come i titoli di
Stato a breve scadenza), il secondo 25% ospiterà ETF
obbligazionari (a scadenza medio-lunga), il terzo 25% sarà costituito
da ETF azionari e l’ultimo 25% sarà destinato agli ETF indicizzati
sulle materie prime.
Uno dei maggiori vantaggi di questa strategia è la sua capacità di
ottimizzazione del rapporto rischio/rendimento: eseguendo una
simulazione del portafoglio potrai infatti notare che a fronte di un
elevato rendimento, il corrispondente livello di rischio si mantiene
sempre più o meno costante e stabile anche nel lungo periodo.
Gestire il portafoglio rendimento non richiede un grande dispendio di
tempo ed energia, poiché basta effettuare periodicamente una
semplice ribilanciamento dei titoli in esso presenti. Se vuoi
ottimizzare ancora di più il rapporto rischio/rendimento, tuttavia,
potresti anche decidere di adottare una gestione attiva del
portafoglio (a patto che tu abbia una sufficiente esperienza nel
trading online) e seguire settimanalmente il trend delle asset class
che hai scelto, negoziando quote e titoli in modo da migliorare
costantemente le performance del portafoglio. Una gestione attiva
comporta, ad ogni modo, spese di commissione maggiori rispetto ad
una gestione passiva: un ottimo ribilanciamento del portafoglio,
tuttavia, dovrebbe permetterti di affrontarle senza intaccare
eccessivamente il rendimento.

CAPITOLO 10– ETF: APPROFONDIMENTO


1. Come investire in ETF tematici?
Come hai visto nel capitolo 2 gli ETF tematici ti consentono di
investire su alcuni trend o temi di grande attualità, che possono fare
al tuo portafoglio l’opportunità di generare ottimi rendimenti sia nel
breve sia nel medio e lungo periodo. Vogliamo dunque proporti un
breve catalogo dei temi attualmente più in voga, per i quali nel
prossimo futuro si prevedono interessanti evoluzioni.

1.1 ETF sull’energia rinnovabile


Questo tema è attualmente al centro di innumerevoli dibattiti e ogni
giorno è possibile leggere interessanti news che ne confermano una
costante evoluzione. Sempre più investitori, infatti, hanno deciso di
acquistare svariati titoli dedicati al tema della sostenibilità, come ad
esempio gli ETF in energia rinnovabile. Il successo di questa
tipologia di asset è dovuto all’importante impatto che le nuove
industrie green stanno avendo sulla qualità dell’ambiente,
dimostrando costantemente risultati e statistiche positive. Le
tradizionali fonti di energia sembrano infatti destinate ad essere del
tutto sostituite dalle energie rinnovabili e i maggiori indicatori di
mercato mostrano come questo settore/tema, nell’arco di appena
cinque anni, sarà sicuramente in grado di offrire agli investitori ampi
margini di rendimento. Vediamo adesso alcuni degli ETF più popolari
in tema di energia rinnovabile.

iShares Global Clean Energy UCITS ETF si compone dei 30


titoli azionari più ampi e liquidi a livello globale, legati all’economia
dell’energia pulita

MSCI ACWI IMI New Energy ESG Filtered replica le 40 maggiori


aziende globali che operano nel campo dell’energia rinnovabile e si
compone di titoli suddivisi per tematiche sociali, ambientali,
corporate governance, etc.

L&G Clean Energy UCITS ETF replica aziende che operano nel
campo dell’energia rinnovabile ed è adatto agli investitori che mirano
ad ottenere un rendimento sul lungo termine

1.2 ETF sulla sicurezza informatica


Il settore della finanza digitale, come puoi facilmente comprendere
dall’attuale enorme successo delle criptovalute, è in rapida
espansione e la creazione di nuove tecnologie comportano la
necessità di realizzare contemporaneamente sistemi di sicurezza e
controllo sempre più efficaci. Il tema della sicurezza informatica si
pone allora come assoluto protagonista e i maggiori indicatori
prevedono profitti interessanti già nell’arco dei prossimi 12 mesi.
Vediamo dunque alcuni degli ETF più popolari in tema di energia
rinnovabile.
L&G Cyber Security UCITS ETF si tratta di un fondo con
allocazione a lungo termine e caratterizzato da un alto potenziale di
crescita che replica le società impegnate nella fornitura di servizi e
tecnologie relative al settore della sicurezza informatica

iShares Digital Security UCITS ETF USD (Acc) replica società


che si occupano della trasmissione, gestione o protezione di dati
sensibili e si compone per lo più di titoli relativi ad aziende emergenti

First Trust Nasdaq Cybersecurity UCITS ETF (Acc) replica le


aziende che operano nella cybersecurity del settore tecnologico e
industriale

1.3 ETF sulla mobilità elettrica


La mobilità elettrica è strettamente collegata al tema delle energie
rinnovabili e, al pari di quest’ultima, è in costante espansione. Dal
momento che nel prossimo futuro le automobili o i mezzi di trasporto
in generale non dovrebbero più dipendere dai combustibili fossili,
moltissime aziende stanno aggiornando le loro tecnologie in tal
senso. Di seguito, ti mostriamo quali sono i più quotati ETF sulla
mobilità elettrica.

iShares Electric Vehicles and Driving Technology UCITS ETF


USD (Acc) replica società emergenti di tutto il mondo che si
occupano di offrire tecnologie e servizi collegati al settore della
mobilità elettrica; essendo un ETF costituito principalmente da titoli
azionari è dotato di un alto livello di rischio

Lyxor MSCI Future Mobility ESG Filtered (DR) UCITS ETF


(Acc) replica imprese di tutto il mondo che operano nel settore della
Future Mobility e realizzano veicoli e componenti meccaniche o
autonome correlate a questo settore

Xtrackers Future Mobility UCITS ETF 1C replica aziende


internazionali di piccola, media e grande capitalizzazione che si
espongono significativamente nei temi legati alla mobilità elettrica; il
fondo non è garantito, pertanto il capitale può considerarsi a rischio

1.4 ETF sull’invecchiamento della popolazione


A primo impatto questo tema potrebbe sembrare di scarsa rilevanza,
eppure moltissime aziende hanno incentrato il loro modello di
business prendendo in considerazione questo particolare fattore: tra
queste è possibile trovare, ad esempio, le aziende farmaceutiche e
le aziende real estate professionali. Attualmente è disponibile un
unico ETF tematico relativo all’invecchiamento della popolazione,
ossia l’iShares Ageing Population UCITS ETF, ma il suo valore di
oltre 830 milioni di Euro potrebbe farti comprendere come non si
assolutamente il caso di sottovalutare simili opportunità di
investimento. Il fondo replica aziende dei Paesi sviluppati e dei Paesi
emergenti che si occupano di fornire beni e servizi di prima
assistenza agli anziani o alle persone che hanno superato i 60 anni
di età.

2. Quali sono i migliori indici da replicare?


Per capire in quali ETF conviene maggiormente investire, è buona
prassi informarsi anche sulle caratteristiche specifiche dell’indice che
replicano. Di seguito di elenchiamo alcuni dei maggiori indici
mondiali, globalmente rinomati per affidabilità e sicurezza.

MSCI World replica i titoli azionari di oltre 20 Paesi sviluppati e


comprende per lo più ETF azionari statunitensi, giapponesi e inglesi;
i maggiori settori di riferimento sono l’IT (Information Technology),
finanziario e salute

MSCI Emerging Markets replica i titoli azionari di 27 Paesi


emergenti e comprende per lo più ETF azionari cinesi, taiwanesi e
sudcoreani; i maggiori settori di riferimento sono l’IT (Information
Technology), finanziario e beni al consumo voluttuari
S&P 500 è il principale mercato azionario statunitense e replica le
500 società USA (da qui, infatti, deriva la sua denominazione) che
presentano la maggiore capitalizzazione di mercato

FTSE MIB è il principale indice azionario italiano e replica le 40


società nazionali che vantano la maggiore capitalizzazione di
mercato (blue chips)

CONCLUSIONI
Giunti al termine di questo breve manuale sugli ETF speriamo di
averti fornito nozioni utili e interessanti, e che le tecniche o strategie
di investimento che ti abbiamo illustrato ti consentano di iniziare ad
operare sul mercato finanziario senza incorrere negli errori più
comuni.
Per concludere, vogliamo fornirti alcuni ulteriori strumenti che
possono incrementare la tua conoscenza del settore e aiutarti a
rimanere sempre aggiornato sulle ultime novità finanziarie ed
economiche sia italiane sia internazionali e globali. Ecco dunque una
lista di siti particolarmente utili e ricchi di strumenti tecnici e operativi
essenziali per ogni investitore responsabile.

Sito della Borsa italiana:


https://www.borsaitaliana.it/homepage/homepage.htm
Etfreplay: https://www.etfreplay.com/
MorningStar: https://www.morningstar.com/

Portfolio Visualizer:
https://www.portfoliovisualizer.com/test-market-timingmodel

Se vuoi invece approfondire la tua conoscenza del settore


finanziario, il libro “Criptovalute: Come guadagnare in maniera
intelligente con gli investimenti nelle criptovalute più promettenti ed
affermate. Investi in modo sicuro partendo da zero.” di Davide Pisani
(disponibile su Amazon in formato Kindle e cartaceo) potrà offrirti
una panoramica completa a interessante del settore relativo agli
investimenti in criptovalute.
INDICE
INTRODUZIONE
1. Elementi di base del mercato finanziario

CAPITOLO 1 L’Analisi Tecnica in generale


1. Cos’è e come funziona l’Analisi Tecnica?
2. Cosa non è l'Analisi Tecnica
3. Storia e origini dell’Analisi Tecnica

CAPITOLO 2 Le teorie di base dell’Analisi Tecnica


– Parte I
1. La teoria di Charles H. Dow

CAPITOLO 3 Le teorie di base dell’Analisi Tecnica


– Parte II
1. La teoria di Ralph N. Elliot

CAPITOLO 3 Le teorie di base dell’Analisi Tecnica


– Parte II
1. La Teoria di William D. Gann

CAPITOLO 4 Analisi Tecnica: cosa comprende?


1. Le sfere operative dell’Analisi Tecnica

CAPITOLO 5 L’analisi grafica – Parte I


1. La scala del grafico e il Timeframe
2. Candlestick e Candelieri
2.1 Come utilizzare le informazioni del Candlestick per il trading e
per gli investimenti
2.2 I principali pattern dei Candlestick

CAPITOLO 6 L’analisi grafica – Parte II


1. Altre tipologie di grafico
1.1 I grafici lineari
1.2 I grafici a barre
1.3 I grafici punto e figura

CAPITOLO 7 Pattern - Parte I


1. Pattern di inversione e pattern di continuazione
2. I pattern di inversione della tendenza
2.1 Pattern Testa e spalle
2.2 Il pattern Doppio massimo e Doppio minimo
2.3 Il pattern Triplo massimo e Triplo minimo
2.4 Il pattern Megafono (o Broadening Formation)

CAPITOLO 8 Pattern– Parte II


1. I pattern di continuazione di tendenza
1.1 Il pattern Triangolo
1.2 Il pattern Rettangolo
1.4 Il pattern a Bandiera (Flag) e il pattern Gagliardetto (Pennant)
1.5 Il pattern a cuneo (Wedge)

CAPITOLO 9 Indicatori e oscillatori– L'analisi


quantitativa
1. Cosa distingue gli indicatori dagli oscillatori?
1.1 Le Medie Mobili
1.2 Le Bande di Bollinger
1.3 L’oscillatore Stocastico
1.4 Momentum
1.5 Il Canale di Donchian (o Channel Price)
1.6 Supertrend
1.7 RSI (Relative Strenght Index)
1.8 MACD (Moving Average Convergence-Divergence)

CAPITOLO 10 Indicatori e Oscillatori – L’analisi


dell’ampiezza, volumetrica e del sentiment del
mercato
1. Quali elementi considerare?
2.1 I Principali indicatori di ampiezza
2.1 A/D Line
2.2 New High New Low
2.3 McClellan Oscillator
2.4 McClellan Summation Index
3. I principali indicatori di volume
3.1 MFI– Market Facilitation Index
3.2 On Balance Value
3.3 Chaiking Money Flow (CMF)
4. Il Principale indicatore di sentiment
4.1 Trader Commitment Report (COT)

CONCLUSIONI INTRODUZIONE
1. Elementi di base del mercato finanziario
Se vuoi iniziare a muovere i primi passi nel mercato finanziario e
imparare ad investire in modo intelligente e redditizio, devi
necessariamente capire cosa sia l’analisi tecnica e riuscire a
sfruttare gli strumenti che mette a tua disposizione per ottimizzare le
operazioni di trading.
Prima di iniziare a studiare questa disciplina, tuttavia, è
fondamentale avere ben chiari in mente alcuni concetti di base del
mercato finanziario, ossia di quel luogo sia fisico sia virtuale nel
quale si svolgono le negoziazioni e ogni operazione tipica di questo
settore.

Tra i principali strumenti finanziari negoziabili all’interno del mercato


finanziario puoi dunque trovare:

le Azioni, ossia le partecipazioni che ti consentono di essere il


titolare di una parte delle società quotate in borsa; vengono definite
anche quote societarie e sono solitamente soggette a una
valutazione di merito da parte di agenzie professionali specializzate.
Operando con le azioni devi essere in grado di effettuare analisi e
previsioni del loro andamento nel breve, medio e lungo periodo,
tenendo in considerazione i molteplici fattori che ne determinano le
variazioni di prezzo

le obbligazioni, altrimenti conosciute con il nome di Bond, sono dei


titoli di credito e vengono immessi nel mercato da parte di
un’impresa privata o governativa (come lo Stato) al fine di ottenere
fondi liquidi. Sono caratterizzate dal fatto che alla loro scadenza, che
può essere di breve, medio o lungo periodo, rimborsano al titolare
una percentuale variabile del prezzo d’acquisto (quest’ultima può
essere inferiore, pari o superiore rispetto alle somme effettivamente
versate). Sono utilizzate principalmente negli investimenti a lungo
periodo, dal momento che il loro progressivo incremento di valore è
in grado di proteggere il capitale investito e limitare le perdite

gli ETF, acronimo di Exchange Traded Fund, sono degli strumenti


finanziari dotati di un alto grado di eterogeneità e diversificazione
aventi lo scopo principale di replicare un indice definito benchmark e
sono adatti a qualsiasi tipologia di investitore (si può investire in ETF
anche non disponendo di un ingente capitale). Sul mercato sono
presenti svariate categorie di ETF, pertanto è possibile
personalizzare i propri investimenti a seconda delle proprie esigenze
ed obbiettivi nel breve, medio e lungo periodo

i Derivati sono degli strumenti finanziari che non rendono gli


investitori proprietari dell’asset cui si riferiscono, ma gli consentono
di ottenere guadagni a seconda dell’andamento di mercato di
quest’ultimo. Sono utilizzati per lo più negli investimenti di breve
periodo e nel Trading Intraday, ossia nelle operazioni di
negoziazione che aprono e chiudono posizioni nell’arco di una
stessa giornata. Tra tutti sono gli strumenti che maggiormente si
prestano alle operazioni speculative e che, a fronte di un maggior
possibile guadagno, espongono gli investitori anche ad un
consistente rischio di perdite.

il Forex Trading può infine essere definito come un segmento del


mercato finanziario, nel quale si svolgono tutte le operazioni di
compravendita e scambio di valute. Queste operazioni avvengono
contemporaneamente, pertanto nel momento in cui si acquista una
valuta, allo stesso tempo si effettua la vendita di un’altra. Nel Forex
trading, infatti, le valute vengono sempre scambiate in coppia e tale
tipo di negoziazione consente di generare guadagni (o perdite) in
base alla differenze di prezzo delle valute scambiate.
Spesso i termini “trading” e “investimento” vengono usati come
sinonimi, ma le due attività sono in realtà caratterizzate da elementi,
operazioni e scopi profondamente diversi.
Il mercato finanziario digitale, definito anche Trading Online, è infatti
composto da continue negoziazioni di strumenti finanziari che
avvengono tramite strumenti telematici e digitali; tutti coloro che vi
partecipano vengono definiti trader e agiscono per lo più in ottica
altamente speculativa.
La principale differenza tra un trader e un investitore sta nel fatto che
il primo mira ad un guadagno nel breve, brevissimo o medio termine,
mentre il secondo mette in atto operazioni che sono destinate a
generare profitto anche nel corso del lungo e lunghissimo tempo.
La divisione tra le due categorie, ad ogni modo, non può dirsi netta e
non è raro che un investitore operi al contempo come trader o
viceversa.

Elemento in comune di queste tipologie di investimento (o


speculazione) è il fatto che vengano entrambe attuate per mezzo di
piattaforme digitali definite Exchange o Broker, le quali consentono
di negoziare gli strumenti finanziari sopra elencati, seguirne
l’andamento dei prezzi in tempo reale ed eseguire valutazioni e
previsioni tramite diverse funzionalità e servizi integrati, dedicati
appositamente alle attività tipiche dell’analisi tecnica.
Quest’ultima è fondamentale per comprendere le dinamiche del
mercato finanziario e fornisce ad ogni trader o investitore gli
strumenti adatti per studiare approfonditamente il trend dei vari asset
finanziari di suo interesse, permettendogli dunque di effettuare
operazioni ragionate e non dettate dal semplice istinto. Prevedere il
probabile rialzo o ribbasso del valore di azioni, obbligazioni, ETF,
strumenti Derivati e degli asset finanziari in genere consente infatti di
agire di conseguenze, al fine di massimizzare i profitti e limitare le
perdite. I risultati dell’analisi tecnica, naturalmente, non possono
fornire dati certi e non garantisce alcun profitto né nel breve, né nel
medio e lungo termine: la volatilità tipica del mercato finanziario
impedisce di ottenere previsioni assolutamente affidabili, ma una
buona analisi tecnica è comunque in grado di fornire informazioni ed
elementi utili per l’efficace gestione dei propri investimenti attuali o
futuri.

L’analisi tecnica può essere effettuata grazie ad alcuni strumenti


definiti software tools , dotati di grafici e indici che mostrano in tempo
reale l’andamento del mercato finanziario e consentono
all’investitore di comprendere quali siano i momenti più adatti per
entrare nel mercato stesso (acquistando titoli) o uscirne (rivendendo
le proprie quote o asset). I software tools spesso sono integrati nella
piattaforma exchange o nel broker utilizzato per negoziare, in altri
casi possono essere installati separatamente (come ad esempio
eSignal, Visual Trader, MetaStock, NinjaTrader e ProRealTime) e
utilizzati in qualsiasi momento dal proprio pc. Prima di utilizzare
questi strumenti, tuttavia, è necessario elaborare un’efficace
strategia operativa, adattandola ai propri obbiettivi d’investimento e
regolandola a seconda del rapporto rendimento/rischio che si
intende ottenere o sopportare.

Utilizzare in modo efficace l’analisi tecnica non è un’operazione


semplice e presuppone una lunga e complessa fase di studio e
comprensione dei vari tool che la compongono. Questo manuale,
dunque, nasce esattamente allo scopo di aiutarti a comprendere il
funzionamento dei principali strumenti operativi dell’analisi tecnica e
per fornirti le nozioni e informazioni necessarie a sfruttarli nel modo
più fruttuoso e conveniente.

CAPITOLO 1 L’Analisi Tecnica in generale


1. Cos’è e come funziona l’Analisi Tecnica?
L’Analisi Tecnica è la disciplina che ti consente di osservare e
studiare l’andamento dei prezzi di mercato e utilizzare queste
informazioni per prevedere le sue future evoluzioni. Puoi dunque
sfruttarla per ottimizzare le tue strategie di trading e investimento,
applicandola a qualsiasi asset negoziabile.
In sostanza i dati riguardanti le oscillazioni del prezzo di ciascun
asset vengono immessi in diverse tipologie di grafici, in modo da
offrire una “fotografia” del trend degli stessi nel corso di un dato
periodo di tempo (settimanale, mensile, annuale, storico e così via).
Grazie alle rappresentazioni grafiche fornite dall’analisi tecnica è
dunque possibile comprendere nel breve, medio e lungo periodo il
comportamento del mercato, ossia le scelte che tutti gli investitori
compiono in un dato settore.
Sono moltissimi i fattori esterni che influenzano le scelte dei trader e
degli investitori e che, di conseguenza, modificano costantemente
l’equilibrio della domanda e dell’offerta degli asset causandone
l’incremento o la perdita di valore: tra questi, le news e innovazioni
che giornalmente vengono diffuse tramite i media sono gli elementi
che influenzano momento che maggiormente

la notizia di il pensiero degli uno scandalo o, operatori, dal

al contrario, dell’immissione sul mercato di un nuovo prodotto o


servizio sono in grado di modificare sia la reputazione sia
l’apprezzamento di un determinato strumento finanziario.

2. Cosa non è l'Analisi Tecnica


Prima di iniziare a studiare e utili zzare l’Analisi Tecnica devi
comprendere che questi strumenti non devono essere considerati un
sostituto del pensiero umano: i dati ottenuti tramite grafici, indicatori
e oscillatori sono infatti frutto di un’intelligenza artificiale e di una
combinazione di dati e fattori che, nel corso del tempo, può
improvvisamente mutare all’interno del mercato reale. Non è
pertanto sufficiente consultare l’Analisi Tecnica per comprendere le
scelte migliori da effettuare nella negoziazione degli asset, ma a
questi dati devi costantemente unire aggiornamenti e ulteriori dati
che puoi apprendere soltanto seguendo attentamente il settore
finanziario e tutte le novità che lo riguardano. Per farti un esempio, la
criptovaluta Monero al momento del suo ingresso sul mercato
momento ha immediatamente ottenuto

che consentiva a tutti i suoi grande successo, dal investitori di


eseguire

operazioni totalmente anonime (vantaggio che i Bitcoin, ad esempio,


non offrono): il valore della criptovaluta ha dunque subito un
improvvisa impennata e moltissimi investitori hanno deciso di
acquistarla, contando sul fatto che in futuro il suo valore sarebbe
cresciuto ulteriormente. A distanza di breve tempo, tuttavia, la
moneta digitale è stata correlata a negoziazioni e scambi illegali che
avvengono nel deepweb o ad operazioni criminali di vario genere per
le quali sono state chieste a titoli di riscatto ingenti somme di
Monero: questo ha fatto sì che la criptovalute perdesse
immediatamente popolarità e tutti gli investitori che non volevano
essere in alcun modo correlati a queste operazioni hanno venduto in
blocco le loro risorse Monero o gli strumenti derivati ad esse
correlati. Coloro che tramite l’utilizzo degli strumenti di Analisi
Tecnica e uno studio quotidiano delle news finanziarie hanno
immediatamente previsto il crollo della criptovaluta sono riusciti a
rivendere per tempo le loro risorse, hanno evitato di incorrere in
pericolose perdite di capitale; coloro che invece si sono affidati
soltanto a strumenti finanziari non aggiornati che prevedevano
ulteriori rialzi di Monero hanno mantenuto le loro risorse, salvo poi
trovarsi a venderle quando già era troppo tardi per recuperare
l’intero capitale investito.
Questo aneddoto dimostra pertanto che l’Analisi Tecnica non
dev’essere seguita come una sfera di cristallo che predice il futuro
andamento di mercato: tutti gli strumenti a tua disposizione devono
essere invece sapientemente sfruttati per dare una marcia in più allo
studio che tu, personalmente, devi effettuare. I dati offerti dai grafici
devono essere costantemente osservati con occhio critico e
confrontati con i molteplici fattori che, da un momento all’altro, hanno
il potere di invertire bruscamente l’andamento del mercato.

3. Storia e origini dell’Analisi Tecnica


Le prime rappresentazioni di Analisi Tecnica sono state elaborate in
Giappone, nel momento in cui i commercianti di riso hanno tentato di
sviluppare strumenti che consentissero loro di avere una chiara
visione dell’andamento dei prezzi del mercato.
I grafici cosiddetti “a candela” (Candlestick) sono stati i primi ad
essere diffusi e utilizzati per comprendere i trend finanziari di ogni
settore e tutt’oggi sono ampiamente utilizzati sia nelle attività di
investimento sia in quelle di trading: hanno infatti la capacità di
mostrare come il comportamento degli operatori finanziari può
essere influenzato da differenti fattori, tra i quali si possono
sicuramente menzionare anche i sentimenti di avidità, timore, ansia,
prudenza e opportunismo. Nel corso dei secoli il comportamento
degli investitori in relazione alle scelte operative d’acquisto e vendita
ha dimostrato di mantenersi più o meno costante, pertanto è stato
possibile perfezionare le tecniche di costruzione dei grafici a candela
e rendere i dati offerti da questi ultimi sempre più precisi ed accurati.
Grazie alle ricerche e pensieri dei grandi teorici che hanno
contribuito a rendere lo studio tecnico dell’andamento di mercato
una vera e propria disciplina, sono inoltre stati creati numerosi altri
strumenti di analisi: nel prossimo capitolo potrai dunque scoprire le
teorie che tutt’oggi sono considerate le vere e proprie fondamenta
dell’Analisi Tecnica.
CAPITOLO 2 Le teorie di base dell’Analisi Tecnica
– Parte I
1. La teoria di Charles H. Dow
La prima teoria fondamentale per la disciplina dell’Analisi Tecnica è
quella formulata da Charles H. Dow ormai oltre 100 anni fa,
raccogliendo i dati degli articoli scritti per il Wall Street Journal dal
1900 al 1902. In essi, infatti, Dow ha descritto analiticamente il suo
pensiero riguardo il comportamento del motivazioni o fattori che
secondo lui mercato, spiegando le hanno determinato il
comportamento finanziario in passato e quali, invece, sarebbero stati
determinanti per il comprendere futuro dello stato di fatto in cui
operano le imprese.

Secondo Dow il mercato azionario è il settore che maggiormente è in


grado di stabilire regole valide per l’intero mercato finanziario
globale, pertanto effettuando un attento studio dello stesso è
possibile prevedere quale andamento seguiranno i titoli negoziati in
borsa e quali saranno gli elementi che potranno maggiormente
influenzarlo. Sulla base di questa teoria, infatti, sono stati creati
l’indice Dow Jones Industrial e il Down Jones Index Rail Index,
utilizzati inizialmente per le pubblicazioni del Wall Street Journal con
la convinzione che potessero fornire dati concreti e affidabili in
merito al comportamento che il mercato azionario (in particolar modo
quello del settore industriale e dei trasporti) avrebbe seguito nel
prossimo futuro. Entrambi gli indici, nel corso del tempo, sono stati
modificati e migliorati, ma la Teoria di Dow si applica tutt’oggi agli
indici di borsa: essa contiene infatti sei principi di base dell’Analisi
Tecnica e, se vuoi inziare a sfruttare consapevolmente questa
disciplina, dovresti conoscerli.

Il primo principio della Teoria di Dow assume che all’interno del


mercato finanziario esistono tre tipologie di trend
(andamento/comportamento) e queste sono il trend primario, il trend
secondario e il trend minore.
Il trend primario consiste nella tendenza che il mercato segue sul
lungo periodo, ossia per oltre un anno; il trend secondario è spesso
conseguente rispetto al primario, inverso a quest’ultimo e
generalmente perdura per un periodo di tempo che va dalle tre
settimane ai sei mesi. Il trend minore, infine, è di breve durata
(inferiore alle tre settimane) ed è di solito direttamente correlato al
trend secondario.

Il secondo principio della Teoria di Dow sostiene che ogni trend (o


tendenza) si sviluppi secondo tre fasi ben distinte: la fase di
accumulazione, la fase di speculazione e la fase di distribuzione. La
prima fase (accumulazione) è quella che vede la vera e propria
nascita del trend e si identifica con l’ingresso nel mercato di
importanti investitori (altrimenti conosciuti come le “mani forti” del
mercato); è spesso difficile da individuare perché inizialmente può
essere facilmente confusa con una semplice correzione della
tendenza già in corso. La seconda fase (speculazione) è denominata
anche “partecipazione” e inizia nel momento in cui tutti gli investitori
avvertono che ha avuto inizio una nuova tendenza di mercato,
pertanto a loro volta effettuano il loro ingresso nel mercato causando
importanti oscillazioni dei prezzi. La terza e ultima fase
(distribuzione) indica il momento in cui una tendenza raggiunge il
massimo grado di sviluppo possibile e preannuncia la decadenza
della stessa: i grandi investitori, infatti, iniziano a liquidare le loro
quote ed uscire progressivamente dal mercato, seguiti a ruota da
tutti gli investitori minori. Quest’ultima fase può spesso essere
caratterizzata da un improvviso rialzo dei prezzi e gli investitori meno
esperti possono facilmente essere presi dall’euforia data dalla
prospettiva di ottenere ingenti guadagni, senza comprendere che si
trovano esattamente nella fase in cui i titoli devono essere dismessi
il più velocemente possibile, al fine di ottenere il maggior guadagno
da essi raggiunto e limitare le perdite nel momento in cui il prezzo
tornerà a scendere.

Il terzo principio della Teoria di Dow dimostra che il mercato


finanziario è fortemente influenzato dalle notizie che lo riguardano,
pertanto il trend dei titoli e asset negoziati segue quasi sempre la
scia delle news che li riguardano. Tali notizie possono inoltre
riguardare elementi che hanno influenza soltanto accidentale e non
strettamente correlata ai titoli quotati: ad esempio l’avvento di una
catastrofe naturale può avere un forte impatto sul comportamento
del mercato (così com’è stato dimostrato dal periodo di grande
stress e turbolenza economica e finanziaria scatenata dalla
pandemia globale giunta nel 2020).

Il quarto principio delle Teoria di Dow assume che indici di borsa


simili devono confermarsi a vicenda. Nel momento in cui due o più
indici sono esposti alle stesse condizioni economiche e riguardano
settori simili o affini, devono pertanto mostrare più o meno
contemporaneamente gli stessi risultati: il cambio di trend di un
indice dev’essere confermato dai dati offerti dall’indice simile o
affine. Presupponendo che non si incorra in errori di analisi e che
entrambi gli indici siano efficienti, è dunque possibile ottenere
conferme piuttosto affidabili riguardo le inversioni (o cambi in
generale) delle tendenze.

Secondo il quinto principio della Teoria di Dow i volumi di scambio


sul mercato devono riuscire a confermare la previsione di un cambio
o inversione di tendenza: nel momento in cui si sospetta la nascita di
un nuovo trend, infatti, i volumi di scambio devono risultare elevati e
seguire la stessa scia indicata dal trend; se i volumi di scambio
relativi al nuovo probabile trend si mantengono costanti o bassi,
invece, è possibile che la previsione dell’avvento di una nuova
tendenza sia errato o che la stessa non sia destinata a influenzare il
mercato tanto da portarlo a mutare il suo attuale comportamento.

Il sesto e ultimo principio della Teoria di Dow afferma che una


tendenza di mercato rimane attuale finché non viene confermata la
nascita di un nuovo trend e che quest’ultima può avvenire secondo
due diverse modalità: il nuovo trend interviene in modo netto e
improvviso quando il mercato raggiunge una forza tale da non poter
ulteriormente confermarsi crescere; in alternativa il nuovo trend può

progressivamente, dopo alcune correzioni che avvengono


internamente alla tendenza principale e che preannunciano con
sempre maggiore forza un nuovo comportamento del mercato.
CAPITOLO 3 Le teorie di base dell’Analisi Tecnica
– Parte II
1. La teoria di Ralph N. Elliot
Ralph N. Elliot è considerato il vero e unico successore di Charles H.
Dow dal momento in cui, nel 1930, rese pubblica la sua Teoria delle
Onde, sviluppata da uno studio incrociato della Teoria di Dow e della
Teoria del numero d’oro di Fibonacci. Nel corso del tempo la Teoria
di Elliot è stata applicata negli investimenti da un incredibile numero
di investitori sia nel mercato storico del Forex sia nei mercati
finanziari generali, pertanto si è guadagnata la nomina di seconda
teoria di base del mercato finanziario e, in particolare, dell’Analisi
Tecnica.

Il pensiero di Ralph N. Elliot si basa principalmente sui sentimenti


degli investitori (che possono essere ottimistici o pessimistici) e parte
dall’assunto secondo cui l’evoluzione dei mercati non avviene in
modo casuale, bensì segue dei cicli ben precisi durante i quali i trend
vengono fortemente influenzati dal comportamento umano, ossia
dalle scelte di negoziazione proprie degli investitori. Anche nei cicli di
mercato possono distinguersi varie fasi: le prime cinque vengono
denominate “Onde di tendenza” e insieme compongono la
cosiddetta “Onda d’impulso”, mentre le ultime tre prendono il nome
di “Onde di consolidamento” e considerate nel loro insieme formano
l’ulteriore “Onda correttiva”.

Le otto onde di tendenza formano il “Ciclo di base” del mercato


finanziario, ma a loro volta tutte le onde possono essere costituite da
uno o più cicli di minore durata. Un “Ciclo completo” di mercato,
invece, è formato da 34 onde, ognuna delle quali può essere
composta da un Ciclo di base completo. Per calcolare le onde di cui
si compone ciascun ciclo si deve utilizzare il Numero d’oro, ossia la
teoria del matematico L. Fibonacci.

Elliot ha suddiviso tutte le onde in 9 categorie, corrispondenti a cicli


di durata medio lunga (è infatti estremamente raro trovare le onde in
periodi di tempo di breve o brevissimo termine) e grazie a queste è
stato in grado di individuare le posizioni di ogni tipologia di onda che
si forma all’interno di una progressione di mercato.

I cicli di mercato, dal più grande al più piccolo, sono i seguenti:


Superciclo grande: caratterizzato da una durata pluri centenaria
Superciclo: di durata pluri decennale
Ciclo: che può durare uno più anni
Primario: che ha durata variabile da pochi mesi fino a due anni
Intermedio: della durata variabile di poche settimane fino a
qualche mese
Minore: che dura alcune settimane
Minuto: della durata di pochi giorni
Minuette: che dura appena qualche ora
Subminuette: che può durare pochi minuti

Le cinque sottoonde dell’Onda di impulso si sviluppano all’interno di


un canale di tendenza e vengono indicate con i numeri 1, 2, 3, 4 e 5.
Tra queste, le onde 1,3 e 5 sono in grado di sviluppare un’ulteriore
estensione a sua volta divisibile in altre cinque onde.

Le tre sottoonde dell’Onda Correttiva, invece, possono rientrare in


quattro differenti categorie:
la categoria “Zig Zag”, composta da varianti semplici, doppie o
triple
la categoria “Correzione Piatta”, composta da varianti standard,
irregolari o doppiamente irregolari
la categoria “Triangolo” che può essere di tipo ascendente,
discendente, chiuso o aperto
la categoria “doppio tre” o “triplo di tre”

Una volta compresa la nomenclatura delle Onde di Elliot, puoi


comprendere anche come leggerle. La Teoria delle Onde, infatti,
permette di individuare con sufficiente precisione il ciclo di una
tendenza, evidenziandone la nascita, la crescita, il momento della
maturazione e quello della correzione. Oltre a questo è possibile
identificare anche il range di movimento all’interno del quale il trend
andrà a svilupparsi, pertanto l’investitore che sfrutta questi grafici
può individuare il momento più idoneo per entrare o uscire dal
mercato, ottimizzando i guadagni e minimizzando le perdite. Durante
la fase di correzione, ad esempio, è conveniente aprire una
posizione di vendita; quando la fase di correzione termina ed ha
inizio una nuova tendenza si dovrebbero invece riaprire posizioni di
acquisto.

A seconda della complessità della strategia operativa utilizzata e


dell’esperienza propria del trader, è possibile aggiungere varianti più
o meno complesse ai grafici forniti dalla Teoria delle Onde, in modo
da ottenere una visuale della tendenza di mercato quanto più
verosimile e precisa possibile.

CAPITOLO 3 Le teorie di base dell’Analisi Tecnica


– Parte II
1. La Teoria di William D. Gann
La terza teoria di base dell’Analisi Tecnica è nota con il nome di
Teoria di Gann, poiché venne ideata tra la fine dell’800 e i primi anni
del ‘900 dal trader statunitense William D. Gann. Pur essendo una
teoria decisamente datata tutt’oggi dimostra di essere estremamente
valida ed efficace, pertanto è ancora adottata da un gran numero di
investitori.

Questa particolare teoria assume che il mercato finanziario si svolga


secondo geometrie ben precise e che l’andamento dei mercati possa
essere previsto e controllato poiché segue un equilibrio riconducibile
a tre principali figure: il cerchio, il triangolo e il quadrato. Queste
ultime possono essere efficacemente utilizzate per misurare le
varianti principali del mercato, ossia il tempo e il prezzo. Per
comprendere come bisogna sfruttare le geometrie del mercato è
necessario conoscere le 24 regole d’oro che nei momenti di
maggiore crisi economica hanno costituito una vera e propria ancora
di salvezza per moltissimi trader e investitori.
Tali regole impongono di: dividere il totale del capitale a propria
disposizione in dieci parti uguali; usare sempre l’ordine condizionale
Stop Loss; non rischiare mai più di 1/10 del capitale a propria
disposizione in una singola operazione; alzare lo Stop Loss ogni
volta che l’investimento genera capitale (in modo da proteggere il
capitale iniziale e sopportare eventuali perdite soltanto sul profitto
già conseguito); seguire sempre il trend attuale di mercato (senza
tentare di anticipare la sua evoluzione); negoziare solo nelmomento
in cui si è sicuri dell’operazione che si va a compiere (e astenersi da
qualsiasi compravendita nel caso si abbiano dei dubbi a riguardo);
negoziare soltanto titoli caratterizzati da una buona volatilità;
diversificare il proprio portafoglio in 4 o 5 differenti asset correlati
negativamente fra loro (che seguono dunque differenti logiche di
mercato); non impostare il Take Profit (al fine di non limitare i
possibili profitti); non uscire da una posizione in perdita a meno che
non si abbiano ragionevoli motivi per farlo; destinare parte dei profitti
ottenuti per creare un fondo risorse che potrà tornare utile nei
momenti di crisi o turbolenza del mercato; non acquistare dei titoli
azionari con il solo scopo di ottenere i dividendi; controllare
l’emotività nelle fasi di perdita, evitando di accumulare nervosismo
che possa istigare operazioni impulsive; non entrare e uscire più
volte in una stessa posizione; non accontentarsi di realizzare profitti
inferiori alle perdite; non disattivare lo Stop Loss nemmeno in caso di
ingenti guadagni (semmai, come già anticipato, bisogna alzarlo);
evitare di entrare e uscire continuamente dal mercato; investire
sempre sia sul trend rialzista sia sul trend ribbassista; effettuare
acquisti o vendite solo dopo aver eseguito un’efficace analisi tecnica
e non solo in base a prezzi momentaneamente alti o bassi; non
aggiungere fondi alla propria posizione senza aver prima consultato
gli indicatori; nel caso in cui si voglia incrementare la posizione è
preferibile scegliere titoli molto liquidi; non cercare il pareggio (se un
titolo appena acquistato è in perdita, non bisogna venderne un altro
allo scoperto per tentare di pareggiare profitti e perdite, bensì
rivendere il titolo in fase di ribasso); cambiare posizione soltanto se il
cambio della trend di mercato è stato verificato; non aggiungere
ulteriore capitale alle posizione aperte dopo aver ottenuto ingenti
profitti (un’improvvisa inversione del trend potrebbe generare perdite
tali da vanificare tutti gli sforzi compiuti in precedenza).
La strategia applicativa di maggior successo della Teoria di Gann è
stata sempre elaborata dal trader statunitense e prende il nome di
Ventaglio di Gann: egli, dopo aver elaborato delle proprie linee di
supporto e resistenza (che servono a individuare i punti di rottura,
ossia di inversione, di una tendenza), le ha utilizzate per
rappresentare graficamente “a ventaglio” la direzione del trend sui
cui si opera e, grazie a tale rappresentazione, è stato in grado di
misurarne la forza e gli eventuali sviluppi. I grafici di Gann sono
costruiti con una “linea della vita” con angolatura di 45 gradi, in
relazione alla quale vengono sviluppate a ventaglio tutte le ulteriori
linee che rappresentano i supporti e resistenze. Tutte le linee che
vengono disegnate sopra la linea della vita mostrano che il trend
rialzista è probabilmente destinato a durare nel tempo (ed è dotato
dunque di buona forza), le linee disegnate al di sotto della linea della
vita, invece, indicano che il trend è molto debole ed è destinato ad
essere seguito ancora per poco tempo.

La conseguente strategia operativa da applicare seguendo il


Ventaglio di Gann consiste nell’entrare nel mercato in posizione
short (a breve termine) quando si verifica un rimbalzo della
resistenza ed entrare nel mercato in posizione long (a lungo termine)
quando avviene la rottura della resistenza; allo stesso modo si deve
aprire una posizione short quando si verifica la rottura del supporto,
mentre bisogna aprire una posizione long quando avviene il rimbalzo
sul supporto.

Se vuoi adottare efficacemente la Teoria di Gann, inoltre, devi


considerare alcuni ulteriori fattori: nel momento in cui si verifica una
rottura di una linea da parte del prezzo e lo stesso non raggiunge più
la linea stessa, il prezzo tende a volgere verso la linea più vicina che
dovrà essere presa come punto di riferimento per i nuovi supporti e
resistenze; nel momento in cui una linea di resistenza viene rotta,
diventa supporto e allo stesso modo ogni supporto rotto diventa
resistenza; se infine una linea viene rotta e recuperata dal prezzo in
breve tempo la tendenza continua a mantenere la propria forza e a
considerarsi valida.
CAPITOLO 4 Analisi Tecnica: cosa comprende?
1. Le sfere operative dell’Analisi Tecnica
Adesso che hai appreso i concetti di base e le teorie su cui si fonda
l’Analisi Tecnica, puoi iniziare ad addentrarti nel cuore della
disciplina. Devi infatti sapere che quest’ambito di studio comprende
al suo interno diversi settori, che verranno affrontati uno alla volta nel
corso di questa trattazione, in modo da permetterti di comprendere
facilmente ogni tipologia di strumento e tecnica utilizzate per
eseguire un’efficace complessiva analisi dell’andamento e
comportamento dei mercati.

La prima sfera operativa dell’ Analisi Tecnica che ti presentiamo è


l’analisi grafica, ossia lo studio dell’andamento dei prezzi basato
sull’utilizzo di grafici che si differenziano l’uno dall’altro per
complessità, completezza e tipologia di informazioni che sono in
grado di fornire. L’analisi grafica consente di ottenere informazioni
sia sul trend attuale dei prezzi sia sull’andamento del mercato nel
prossimo futuro o a distanza di diversi anni mettendo in relazione il
fattore tempo e il fattore prezzo (che abbiamo visto essere gli
elementi fondamentali dell’Analisi Tecnica in generale), pertanto è
uno strumento estremamente utile per pianificare una strategia di
investimento che non preveda soltanto profitti nel breve termine, ma
che possa generare guadagni anche a distanza di tempo.

La seconda sfera operativa dell’Analisi Tecnica prevede l’uso degli


Indicatori e comunemente conosciuta con il nome di analisi
algoritmica. Quest’ultima opera attraverso formule matematiche che
ricevono dei dati in entrata (input), li rielaborano e li restituiscono
come linee (output) che oscillano sopra o sotto il dato iniziale (o in
relazione a un valore standard come lo 0). L’analisi algoritmica
costituisce una tecnica secondaria rispetto all’analisi grafica e viene
utilizzata principalmente per rendere ancora più completi e precisi i
dati offerti da quest’ultima.

Le terza sfera operativa dell’Analisi Tecnica consiste nella cosiddetta


analisi del sentiment, ossia lo studio del comportamento degli
investitori e delle scelte che compiono nella negoziazione degli
asset. L’andamento di mercato è infatti dettato dalla massa che si
muove in una certa direzione e, allo stesso modo, la massa influisce
sulle inversioni del trend: nel momento in cui si osserva una fase di
ottimismo ed euforia, nella quale la maggior parte degli investitori
compie scelte di acquisto, si potrebbe ragionevolmente pensare che
tale tendenza stia giungendo al suo maggior punto di resistenza e
che presto potrebbe verificarsi un’inversione che porterà i prezzi a
scendere sarebbe dunque quella di pessimistiche determinati e
caratterizzate da asset potrebbero nuovamente (la scelta più saggia,

vendere). Al contrario le fasi una forte sfiducia verso


improvvisamente causare

un’inversione nel senso opposto, pertanto più che vendere sarebbe


più saggio iniziare ad acquistare.

La quarta sfera operativa dell’Analisi Tecnica è l’analisi


dell’ampiezza, che permette di misurare la “salute” o forza di una
tendenza. Un trend è infatti definito salutare nel momento in cui è
spinto non dall’azione di poche grandi imprese, ma quando è mosso
da un gran numero di imprese di medie e piccole dimensioni. Per
comprendere il concetto di salute del mercato è sufficiente utilizzare
una metafora della guerra: un’operazione militare è efficace se
l’esercito si muove tutto insieme e non quando i generali (grandi
imprese) vanno all’attacco senza i loro soldati (piccole e medie
imprese).

Nella quinta sfera operativa dell’Analisi Tecnica si trova l’analisi


ciclica del mercato, che studia l’influenza che l’economia in generale
può avere sul mercato finanziario. Nei periodi di crisi economica,
infatti, le tendono a spendere persone (e dunque anche gli
investitori)

meno denaro, così come nei periodi di tranquillità economica sono


maggiormente predisposte ad effettuare acquisti e spese extra.
Questo fattore può influenzare negativamente o positivamente
l’andamento del mercato e questo è esattamente lo specifico settore
di studio dell’analisi ciclica di mercato.

La sesta e ultima sfera operativa dell’Analisi Tecnica prevede


l’utilizzo degli indicatori dedicati all’analisi volumetrica del mercato:
questi ultimi misurano il peso e l’ampiezza degli scambi che vengono
effettuati in relazione alle asset class (o ai singoli titoli).

Tutte le sfere ope rative che compongono l’Analisi Tecnica sono


collegate fra loro e possono essere utilizzate contemporaneamente
per rendere i dati restituiti dalle indagini e ricerche quanto più
verosimili possibile. L’analisi grafica, naturalmente, rimane l’area
operativa principale e tutti gli altri strumenti tecnici (come gli
oscillatori e gli indicatori) ruotano attorno ad essa. Nei prossimi
capitoli potrai capire quali strumenti corrispondono ad ognuna delle
fasi sopra elencate e comprendere come sfruttarli in modo efficiente
per migliorare le tue strategie di investimento.

CAPITOLO 5 L’analisi grafica – Parte I 1. La scala


del grafico e il Timeframe
Se vuoi impostare correttamente un grafico per studiare l’andamento
dei prezzi di mercato la prima cosa da fare è scegliere su che scala
andare ad operare. È possibile scegliere tra due principali tipologia
di scala: logaritmica, nella quale ad ogni unità del grafico
corrisponde a identici movimenti percentuali di variazione dei prezzi;
aritmetica o lineare, nella quale le variazioni di prezzo sono calcolate
non in percentuale bensì su base monetaria. Al fine di rappresentare
le variazioni di prezzo nel modo più fedele possibile è certamente
preferibile preferire la scala logaritmica, che limita il più possibile
eventuali distorsioni dell’andamento reale del prezzo sia nel breve
sia nel lungo termine (è infatti adatta ad essere utilizzata per
qualsiasi orizzonte temporale).

L’orizzonte temporale, detto anche Timeframe è invece il secondo


elemento da impostare per ottenere un grafico utile ai tuoi scopi:
esistono infatti tre diverse tipologie di timeframe e, per ottenere
risultati efficienti, devi utilizzare il modello corrispondente alla tua
strategia operativa. Se sei un trader che punta ad aprire e chiudere
posizione nello stesso giorno dovrai usare il Timeframe Intraday; se
preferisci operare in un orizzonte temporale più ampio dovrai usare il
Timeframe Multiday adatto alle posizioni settimanali, mensili,
bimestrali e così via.

2. Candlestick e Candelieri
I grafici a candela sono una particolare tipologia di grafici lineari e si
caratterizzano per il fatto che, essendo più sviluppati di questi ultimi,
offrono la possibilità di ottenere un maggior numero di informazioni.
Nonostante questi strumenti siano nati nel XVII secolo in territorio
Giapponese sono ancora oggi utilizzati dai trader di tutto il mondo
perché, imparando a leggerli, possono offrire grazie ad un solo
sguardo d’insieme quasi tutte le informazioni di cui si ha bisogno.
I grafici a candela, comunemente definiti candlestick, si compongono
di una serie di candelieri che mostrano l’andamento e la variazione
dei prezzi sui mercati finanziari.

Ogni candeliere è costituito da diversi elementi: puoi facilmente


notare il corpo solido (la candela vera e propria) e i due o stoppini di
candela posti nella parte superiore e in quella inferiore. Per quanto
riguarda i colori, una candela bianca o verde indica che è stato
registrato un aumento del prezzo, mentre la candela nera o rossa
evidenzia un calo di prezzo. Gli stoppini, invece, mostrano quanto il
prezzo si è spostato verso l’alto o verso il basso nel periodo preso in
riferimento dalla candela. Nel caso di una candela che prende come
riferimento l’orizzonte temporale giornaliero potrai leggere il prezzo
di apertura e quello di chiusura sulle estremità del corpo: se si è
verificato un aumento il prezzo della parte superiore sarà maggiore
rispetto a quella inferiore, se invece è avvenuta una perdita il prezzo
sulla base della candela sarà maggiore rispetto a quello posto
nell’estremità in alto.

Allineando più candele è possibile unire i singoli punti e formare un


grafico lineare: ad esempio quest’ultimo avrà il suo primo punto in
corrispondenza della base della candela, evidenziando il prezzo di
apertura; il secondo punto sarà posto sul livello più basso di prezzo
raggiunto nell’arco temporale osservato; il terzo punto sul livello di
prezzo più alto e il quarto punto sul prezzo di chiusura.

2.1 Come utilizzare le informazioni del


Candlestick per il trading e per gli investimenti
Osservare i grafici a candela permette di avere una visione chiara e
precisa dell’attuale trend di mercato e del sentimento degli investitori
che prevale in un determinato orizzonte temporale. A tal proposito
puoi osservare quattro peculiarità del trend di mercato: il sentimento
di mercato è totalmente ottimistico, pertanto gli acquirenti prevalgono
nettamente rispetto ai venditori e il prezzo dell’asset considerato
continua a salire finché non sarà più possibile per gli acquirenti
continuare ad acquisire nuovi titoli; al contrario nel momento in cui il
sentimento di mercato è per lo più pessimistico il numero dei
venditori è molto più elevato di quello degli acquirenti ed il prezzo
continua a scendere fino al momento in cui gli investitori non
riterranno nuovamente conveniente procedere con gli acquisti; lo
squilibrio presente tra la componente degli acquirenti e quella dei
venditori è direttamente proporzionale alla velocità del movimento
del mercato in una data direzione; quando l’interesse all’acquisto e
quello alla vendita si equivalgono i prezzi rimangono stabili perché le
operazioni dei primi compensano quelle dei secondi e viceversa.

Anche in questo caso il grafico a candela può essere estremamente


utile: osservando il corpo della candela puoi infatti comprendere
immediatamente quale delle situazioni precedentemente descritte si
stia verificando nell’arco temporale che hai considerato nel tuo
grafico: un corpo di candela molto lungo dimostra che il movimento
dei prezzi è avvenuto in modo molto veloce (pertanto si è verificata
una forte discrepanza tra l’interesse d’acquisto e quello di vendita); il
progressivo ridursi della lunghezza del corpo della candela indica
che una specifica tendenza (di acquisto o di vendita) sta esaurendo
la sua forza ed è possibile prevedere nel breve termine un nuovo
equilibrio o un’inversione di tendenza; quando i corpi di più candele
si mostrano identici significa che si sta attraversando un periodo di
equilibrio, durante il quale il prezzo degli asset non cambia o subisce
modificazioni minime; se puoi osservare una sequenza di candele
con dimensioni notevolmente diverse (prima lungo e poi molto corte
o viceversa) si è invece verificata un’improvvisa e sostanziale
inversione di tendenza. Vediamo ora quali ulteriori informazioni sono
in grado di offrirci gli stoppini ( o ombre di candela): in presenza di
ombre molto lunghe è possibile osservare una forte incertezza tra gli
investitori, infatti le loro negoziazioni portano il prezzo dell’asset a
salire o scendere sensibilmente per poi assestarsi gradualmente sui
prezzo di chiusura; le ombre corte indicano invece che il mercato è
sostanzialmente in equilibrio e i prezzi non si discostano in modo
eccessivo dal punto di apertura e quello di chiusura; le ombre
tendono a salire nel momento in cui si preannuncia l’arrivo di una
nuova tendenza, infatti un’alta fluttuazione dei prezzi indica che
l’equilibrio tra acquirenti e investitori si sta modificando; nel momento
in cui una tendenza può definirsi salutare e il movimento dei prezzo
segue velocemente una determinata direzione le candele mostrano
ombre molto piccole, proprio a conferma del comune sentimento che
sta muovendo in quel momento il mercato.

Dopo aver analizzato le indicazioni che ci offrono singolarmente gli


elementi di cui si compongono i Candlestick, ora pui facilmente
comprenderli nel loro complesso. Potrai dunque osservare che:
durante una tendenza dotata di notevole forza i candelieri mostrano
corpi molto lunghi e ombre molto corte; nel momento in cui una
tendenza si avvia al suo declino le ombre si allungano
progressivamente e i corpi diventano più corti; i punti di inversione
della tendenza si possono individuare in quei candelieri che
presentano i corpi più corti e contemporaneamente le ombre più
lunghe.

2.2 I principali pattern dei Candlestick


Con il termine pattern configurazioni/raffigurazioni si indicano
semplicemente delle
consolidate di grafici a candela disponibili ed una breve ricerca sul
web potrà confermarti che sono davvero molti. Imparare a
riconoscere questi pattern all’interno dei vari grafici ti consentirà di
individuare immediatamente in quale fase (forse, debole e fasi tra
queste intermedie) si trova una tendenza di mercato. Interpretare i
grafici memorizzando i pattern consolidati, tuttavia, non sempre
porta ai risultati sperati o rende le tue previsioni verosimili, pertanto
ricorda sempre di affiancare ad uno studio mnemonico anche un
ragionevole pensiero critico. I principali pattern dei candelieri si
possono riferire ad una singola candela (pattern singoli) o a più
candele, fino ad un massimo di tre contemporaneamente (pattern
multipli).

Tra i pattern singoli puoi trovare:


il Pinbar, caratterizzato da un’unica ombra; indica che nel mercato
si è verificata una brusca inversione di tendenza (spesso accade
quando dopo un lungo trend rialzista si verifica una grossa svendita
di titoli, o viceversa);

l’Hanging Man anche questo pattern indica un’improvvisa


inversione di tendenza ribassista ed è caratterizzato da un corpo
molto corso e una lunga ombra nella parte inferiore; può talvolta
essere osservata anche una seconda ombra sul lato superiore, ma
quest’ultima è generalmente di piccole dimensioni;

il pattern Marubozu è uno dei più facili da individuare e


interpretare, si compone infatti del solo corpo di candela e indica che
nell’arco di tempo osservato la tendenza di mercato si è mossa solo
in una stessa direzione e pertanto dimostra di essere ancora dotata
di notevole forza;

il Dojo si configura infine come una candela dotata di un corpo


piuttosto corto e due ombre della stessa lunghezza; in questo caso
si può semplicemente comprendere che sia gli acquirenti sia i
venditori hanno tentato di causare un’inversione di tendenza, ma dal
momento che una parte non è riuscitaa prevalere sull’altra il prezzo
di chiusura è tornato molto simile a quello di apertura.
Tra i pattern multipli, invece, puoi trovare:
il pattern Engulfing si osserva su due candele e delle due una è
nettamente più grande della seconda; indica un’improvvisa e
violenta inversione di tendenza;

i pattern Tre Corvi Neri e Tra Soldati Bianchi sono il segnale che
una tendenza continua ad essere seguita; nel primo caso si hanno
tre candele che proseguono al ribasso, mentre nel secondo caso le
tre candele seguono al rialzo;

il Three Inside Up mostra infine l’assestamento di una tendenza; si


compone di tre candele la prima delle quali è molto più grande
rispetto alla seconda e la terza è una candela Marubozu (in questo
caso i venditori sono riusciti ad espellere dal mercato gli acquirenti o
viceversa).

Il pattern Piercing si compone di due candele di tendenza


opposta, che annunciano un’inversione di tendenza e di una terza
candela che la conferma; prima di entrare nel mercato pertanto è
molto importante attendere il risultato della terza candela.

Interiorizzando tutte queste informazioni sui grafici a candela sarai


facilmente in grado di determinare con un primo e semplice colpo
d’occhio la situazione attuale del trend di mercato, comprendendo le
dinamiche di negoziazione che l’hanno determinata e potendo
prevedere il momento in cui si verificherà una prossima inversione di
tendenza (al rialzo o al ribbasso). Naturalmente ci vuole molta
pazienza e altrettanta pratica per interpretare velocemente un
grafico a candela, pertanto ti suggeriamo di esercitarti con dei trend
di mercato che sono già stati analizzati in passato e confrontare le
tue deduzioni con le spiegazioni offerte dagli esperti.

CAPITOLO 6 L’analisi grafica – Parte II 1. Altre


tipologie di grafico
D opo aver affrontato approfonditamente l’analisi dei grafici a
candela, che si posiziona al primo posto tra tutti quelli disponibili per
efficienza e comodità, puoi considerare di utilizzare anche altre
tipologie di grafico: tra tutte quelle disponibili puoi individuare altre
tre macro-categorie, che ne descrivono gli elementi generali e
comuni.

1.1 I grafici lineari


Come abbiamo detto i Candlestick sono una particolare tipologia di
grafico lineare e la categoria comprende molte altre formazioni,
adatte per lo più ai trader e investitori principianti che devono ancora
riuscire a prendere confidenza con tutte le notizie e figure tipiche dei
grafici a candela. Un grafico lineare è composto semplicemente da
una linea retta e continua che unisce i prezzi di chiusura delle
singole sessioni di mercato (che di solito corrispondono ad un
giorno). Prendere come riferimento il prezzo di chiusura e non quello
di apertura non è una regola fondamentale, ma il primo viene
considerato più significativo in quando mostra non le condizioni in
cui si apre il mercato, ma i risultati dovute alle lotte e negoziazioni tra
acquirenti e venditori avvenute nel corso della sessione. Si tratta
sicuramente di un grafico molto facile da comprendere, ma come
abbiamo già sottolineato non offre gran parte delle informazioni che
potrebbero rivelarsi cruciali per attuare al meglio le strategie
operative. Più informazioni si riescono a raccogliere dai grafici, più le
previsioni sulle inversioni delle tendenze possono essere precise ed
accurate. Basando le proprie scelte soltanto sui modelli più semplici
di grafici lineari si può invece facilmente cadere in diversi errori di
valutazione. Ad ogni modo le sue peculiarità lo rendono perfetto per
monitorare l’andamento dei fondi comuni.

1.2 I grafici a barre


I grafici a barre offrono l’opportunità di superare le mancanze dei
grafici lineari semplici, poiché offrono ai trader e investitori le
informazioni relative a tutti i prezzi raggiunti dagli asset nel corso di
un’intera sessione.
Questa tipologia di grafici si compongono di una barra verticale che
rappresenta il divario tra il prezzo minimo e il prezzo massimo
dell’intera sessione, di un segmento orizzontale a sinistra della barra
che indica il prezzo di apertura e un segmento orizzontale a destra
della barra che indica il prezzo di chiusura. Grazie a questa barra è
dunque possibile osservare sia la volatilità dei prezzi sia la
direzionalità del trend. È possibile sfruttare questi grafici sia per un
breve e brevissimo periodo (anche dunque per appena cinque
minuti), sia per l’intera sessione (giornata): nel caso tu stia attuando
del trading intraday potrai dunque suddividere la giornata in
molteplici sotto sessioni per le quali dovrai indicare tutti i prezzi di
apertura e quelli di chiusura. Per osservare l’andamento dei prezzi
nel lungo periodo ti suggeriamo di recuperare i grafici a barra storici,
in modo da avere una visione d’insieme del trend che ti interessa nel
corso degli anni.

3.3 I grafici punto e figura


I grafici punto e figura vengono utilizzati per rappresentare i trend
degli asset sfruttando soltanto la misura del prezzo e non quella del
tempo. Si compone di alcune colonne composte dai simboli X e O, in
quali corrispondono ad una sessione: la X indica una sessione che si
è conclusa in rialzo, mentre la O indica la chiusura in ribbasso.
Questa tipologia di grafico si basa sulla rilevanza dei dati di
variazione e direzione del prezzo, focalizzando l’attenzione
dell’investitore o del trader sui movimenti più influenti e rilevanti di
una data fase del mercato finanziario. Altro elemento di cui non si
tiene considerazione in questo grafico è il volume di scambio, dal
momento che per distribuirlo correttamente bisognerebbe per forza
misurare anche il tempo.
Facendo a meno della rigidità di una sequenza temporale è possibile
eliminare tutti i movimenti intermedi che, non essendo indicativi di
un’inversione di tendenza, renderebbero più complicato interpretare
correttamente il grafico.

CAPITOLO 7 Pattern– Parte I 1. Pattern di


inversione e pattern di continuazione
In questo capitolo affronterai il tema dei pattern di inversione e
continuazione da utilizzare in qualsiasi tipo di grafico (lineare, a
candela, a barre o punto e figura) per individuare immediatamente
quale movimento sta seguendo l’andamento di mercato nel periodo
di tuo interesse o cosa sia accaduto nel suo trend storico. I pattern
possono essere suddivisi in due macro-categorie: inversione e
continuazione.

I pattern di inversione indicano necessariamente un cambio di


tendenza, pertanto perché si possa definire tale deve figurare
immediatamente dopo un trend avente direzione opposta: se noti
qualsiasi raffigurazione del pattern di inversione dopo che si è già
verificato un cambio di tendenza, infatti, non puoi definirlo tale.
L’inversione può verificarsi sia al rialzo sia al ribbasso e il relativo
pattern si compone di due fasi ben precise: durante la fase di
costruzione il pattern si sta ancora formando, pertanto è necessario
attendere la conferma delle fase di attivazione per ottenere un chiaro
segnale di inversione di tendenza e soltanto dopo quest’ultima sarà
possibile interpretare l’andamento del mercato e operare di
conseguenza.
I pattern di continuazione, al contrario, mostrano che un trend già in
corso sta proseguendo nella medesima direzione e anche in questo
caso, per individuarlo, bisogna verificare quale sia il trend di
provenienza. La continuazione di un trend può avvenire in due modi:
l’andamento può continuare al rialzo o al ribbasso, oppure può
verificarsi una “pausa” nella quale si mantiene stabile , l’importante è
che non si verifichi alcun segnale che possa preannunciare
un’improvvisa inversione.

2. I pattern di inversione della tendenza


Dopo aver compreso la primaria differenza tra pattern di inversione e
pattern di continuazione affrontiamo alcune figure tipiche della prima
categoria: il testa e spalle; i doppi massimi-minimi; i tripli massimi-
minimi e il megafono (o broadening formation).
2.1 Pattern Testa e spalle
Il pattern Testa e spalle, conosciuto anche con il termine inglese di
Head and Shoulder, è uno dei segnali di inversione di tendenza
ritenuti più affidabili e sicuri, infatti è uno dei più utilizzati dagli
investitori e trader di tutto il mondo. Nel momento in cui si presenta
dopo un andamento ascendente verrà nominato Testa e spalle
ribassista, al contrario se interviene dopo un andamento discendente
sarà un Testa e spalle rialzista.
Tracciando su un qualsiasi grafico una linea (neckline) immaginaria il
Testa e spalle mostra tre formazioni a triangolo l’una successiva
all’altra e, delle tre, quella centrale mostra un picco di prezzo più alto
(o basso) rispetto ai due triangoli laterali: questi ultimi due saranno le
“spalle”, mentre i triangolo più lungo sarà la “testa” del pattern.

Il pattern Testa e spalle ribbassista si forma immediatamente dopo


un trend rialzista ed è composto da una prima spalla , generata da
un forte volume di scambi di direzione inversa al trend precedente e
da una successiva correzione in parziale rialzo (che non raggiunge il
prezzo fissato dal trend precedente) caratterizzata da volumi di
scambio minori; alla prima spalla segue la formazione della testa,
costituita da un nuovo superamento al ribbasso del prezzo
precedentemente raggiunto (che allunga il secondo triangolo fino a
fargli superare la prima spalla) e da una nuova correzione sempre
parzialmente al rialzo che sarà la base della seconda spalla;
quest’ultima segue l’andamento della prima spalla, ma presenta
volumi di scambio nettamente inferiori e termina anche in questo
caso con una nuova correzione. Al termine della formazione della
seconda e ultima spalla (e dunque a pattern completo) si verifica la
violazione al ribasso della neckline, che altro non è che un livello di
supporto, e da questo momento in poi la tendenza potrà definirsi
ribbassista. Se la rottura è supportata da un forte volume di scambi,
inoltre, aumenta la probabilità che il trend ribbassista sia destinato a
perdurare nel tempo (fino al nuovo rialzo).
Il pattern Testa e spalle rialzista segue la medesima formazione di
quello ribbassista, ma in direzione ascendente: potrai dunque
osservare la formazione della prima spalla, della testa e infine della
seconda spalla.

Se il Testa e spalle è in fase di formazione è importantissimo


attendere la conferma dell’inversione di tendenza data dalla rottura
della neckline prima di mettere in atto qualsiasi negoziazione (di
vendita o di acquisto): l’entrata nel mercato non deve avvenire prima
della violazione della linea di supporto.
Anche nel momento in cui il pattern viene confermato potrebbe
verificarsi un momentaneo assestamento del nuovo trend, indicato
da un breve rimbalzo di direzione opposta (questo movimento è
definito pullback): spesso è caratterizzato da una diminuzione dei
volumi di scambio e non inficia in alcun modo la validità del nuovo
trend.

2.2 Il pattern Doppio massimo e Doppio minimo


Si tratta di un’altra tipologia di pattern molto apprezzata e diffusa, dal
momento che consente di individuare il possibile momento in cui si
verificherà l’inversione del trend in corso, consentendo a trader e
investitori di prevedere in anticipo i nuovi movimenti del mercato ed
attuare la strategia più adatta al contesto. Questo pattern, pertanto,
deve verificarsi mentre il mercato sta ancora seguendo un
determinato andamento.
Come suggerito dal nome stesso del pattern, il Doppio massimo si
realizza con due picchi di prezzo posti più o meno allo stesso livello,
mentre il Doppio minimo si identifica con due picchi opposti ai primi,
anch’essi posti più o meno allo stesso livello (in direzione inversa
rispetto a quella seguita dai doppi massimi). Tracciando una linea
immaginaria che collega i due Doppi massimi si avrà una prima linea
di resistenza, mentre tracciando la linea che collega i Doppi minimi si
otterrà una linea di supporto.

Il pattern Doppio MassimoMinimo si configura all’interno di un


consolidato andamento rialzista, durante il quale vi sono moltissimi
acquirenti che continuando ad effettuare operazioni di acquisto
spingono il livello del prezzo sempre più in alto sino a formare un
nuovo picco (primo massimo); successivamente si realizza una
correzione sia a causa degli acquirenti che decidono di riscattare il
profitto generato fino a quel momento sia per la la diminuzione dei
volumi di scambio in occasione di un prezzo che molti reputano
troppo alto per continuare a comprare: a questo punto si configura
un rimbalzo piuttosto debole, non sufficiente ad invertire la direzione
dell’attuale tendenza e la “guerra” tra acquirenti e venditori continua,
causando un nuovo momentaneo rialzo del prezzo (secondo
massimo), che si mantiene tuttavia inferiore al picco raggiunto con il
primo massimo.
Superato il secondo massimo, la maggior parte dei compratori non è
più interessata a rientrare nel mercato o non è più in grado di
spingere la tendenza fino a raggiungere il primo massimo, pertanto
si verifica un netto calo del volume di scambio accompagnato da una
modifica del sentimento di mercato, che passa dall’ottica del profitto
all’ottica della non-perdita: come immediata conseguenza, le vendite
iniziano ad aumentare e il prezzo dell’asset di riferimento crolla
(primo minimo).
Il verificarsi di secondo minimo (e dunque di un ulteriore ribbasso dei
prezzi) conferma l’inversione di tendenza.

Per capire quando effettuare l’ingresso nel mercato, dobbiamo unire


idealmente i doppi massimi e i doppi minimi con una linea
immaginaria: nel caso dei doppi massimi otterremo una “M”, nel
caso dei doppi minimi una“W”. Il momento più adatto per entrare nel
mercato è quello in cui il prezzo rompe queste figure, al ribbasso nel
caso della M e al rialzo nel caso della W.

2.3 Il pattern Triplo massimo e Triplo minimo


Il pattern Triplo massimo e Triplo minimo si individua nel susseguirsi
di tre picchi (massimi o minimi) di prezzo posizionati su livello
sostanzialmente simile e più o meno equidistanti tra loro. Nel
momento in cui si verifica questa situazione è molto probabile che
immediatamente dopo si possa generare un’inversione di tendenza
(al ribbassso nel caso dei massimi o al rialzo nel caso di minimi).
I tre picchi massimi si verificano nel momento in cui il gruppo di
investitori o traders acquirenti è tanto forte da generare questi tre
picchi di prezzo, ma non abbastanza da superarli ulteriormente. Le
fasi di acquisto infatti si alternano a quelle di vendita dovute a parte
degli investitori che decidono di ritirare il profitto raggiunto (queste
ultime formano la “valle” tra i primi due picchi); lo schema si ripete
per due volte e successivamente si verifica la rottura del punto di
supporto, dunque da questo momento il prezzo tenderà al ribbasso e
si verificherà la conferma dell’inversione del trend. Con il graduale
convincimento dei venditori di effettuare le vendite, i tre picchi
massimi sono caratterizzati da un volume di scambi sempre minore,
pertanto questo è un ulteriore elemento fondamentale che bisogna
verificare per essere certi di essere davanti a questa tipologia di
pattern. L’ingresso nel mercato per il pattern Triplo massimo deve
avvenire nel momento in cui si verifica la rottura del supporto, e
dunque dopo il terzo picco.
Il pattern Triplo massimo al rialzo funziona in modo speculare,
pertanto l’ingresso sul mercato deve essere effettuato nel momento
in cui avviene il breakout del livello di resistenza (oltre il quale il
prezzo continuerà a salire, segnando l’inversione della tendenza).

2.4 Il pattern Megafono (o Broadening Formation)


Il pattern megafono, conosciuto anche con il termine inglese
Broadening Formation, si verifica per lo più in riferimento ai trend
rialzisti e si verifica quando una serie di massimi e minimi si
alternano all’interno di un range sempre più alto, che ricorda appunto
l’immagine di un megafono (un triangolo avente la sua punta più
lunga posizionata a sinistra e il suo lato più lungo nell’area
speculare, a destra).

Questo pattern è costituito da oscillazioni molto forti e, in particolare,


si compone almeno di tre massimi e due minimi che si verificano a
distanza sempre maggiore: questo implica che i volumi degli scambi
si intensificano sempre di più e che il mercato è dominato da
sentiment di acquirenti e venditori sempre più divergenti.
Nonostante la maggior parte delle volte il Megafono si verifichi al
rialzo, è possibile notare questo pattern anche nelle inversioni di
tendenza al ribbasso (il lato più lungo del triangolo sarà posizionato
a sinistra, mentre il suo cuneo superiore sarà a destra).

Quando entrare nel mercato? Ancora una volta bisogna individuare


la rottura del supporto, ossia della linea inferiore del megafono, che
si verifica nel momento in cui i grossi investitori fanno nuovamente il
loro ingresso sul mercato, causando una brusca inversione di
tendenza.

CAPITOLO 8 Pattern– Parte I


1. I pattern di continuazione di tendenza
Passiamo ora ai pattern che danno un segnale di continuazione,
ossia che confermano la tendenza già in corso. Tra questi i più noti
ed utilizzati sono: il triangolo, il rettangolo, il Flag (o bandiera), il
Pennant (o gagliardetto) e il Wedge (cuneo).

1.1 Il pattern Triangolo


Il pattern Triangolo è uno dei più semplici da individuare visivamente
e viene generalmente ricompreso tra le figure che indicano il
proseguire di una data tendenza. Può talvolta indicare anche l’arrivo
di un’inversione, ma questi casi sono decisamente più rari.
Il Triangolo mostra una fase del mercato durante la quale i prezzi si
comprimono sempre di più a causa del progressivo diminuire della
discrepanza tra le pozioni dei venditori e quelle dei compratori; ad un
certo punto, tuttavia, una parte prevale sull’altra ed allora si verifica
una sorta di esplosione del prezzo. È stato osservato che
quest’ultima, nella maggior parte dei casi, avviene seguendo la
tendenza già in corso, pertanto se il trend era rialzista i prezzi
esplodono al rialzo, se il trend era ribbassista i prezzi crollano
improvvisamente.
Per questo motivo non bisogna mai agire prima di ottenere la
conferma in merito alla direzione dei prezzi e quest’ultima può
essere data solo dal comportamento del mercato immediatamente
successivo alla linea di breakout (data dal massimo livello di
compressione possibile dei prezzi).

Nel pattern triangolo è possibile osservare tre tipologie di


raffigurazione possibili: nel Triangolo Discendente i livelli massimi del
prezzo diminuiscono progressivamente e i livelli minimi rimangono
per lo più simili (questa figura è tipica di un trend ribbassista); nel
Triangolo Ascendente i livelli massimi del prezzo rimangono simili,
mentre i livelli minimi aumentano (si verifica solitamente nel trend
rialzista; il Triangolo Simmetrico infine il livello massimo del prezzo
diminuisce e allo stesso tempo il livello minimo aumenta (è la figura
più controversa, perché non permette di capire quale direzione
prenderanno i prezzi fino a che non si realizza la rottura della linea di
breakout).

Il pattern del Triangolo, in ogni sua configurazione, rappresenta una


chiara e innegabile compressione della volatilità; per quanto riguarda
invece i volumi di scambio, questi ultimi dovrebbero crescere
esponenzialmente con l’avvicinarsi al punto di rottura della linea
breakout, pertanto quanto più si è vicini alla rottura, tanto più cresce
il volume di scambio.
Può accadere, ad ogni modo, che la reale rottura della linea di
breakout avvenga prima che la volatilità dell’asset considerato
raggiunga il livello massimo di compressione: questo implica che il
trend viene consolidato (o in rari casi invertito) ancora prima che il
triangolo sia stato completato: tracciando due linee immaginarie per
visualizzare il triangolo, pertanto, si raffigurazione del momento in
cui è può avere una chiara

avvenuta la rottura e comprendere quale direzione ha preso


l’andamento di mercato. Individuare il breakout non è semplice e
spesso può accadere di entrare nel mercato in occasione di un falso
breakout, registrando conseguentemente delle piccole perdite: il
trend, tuttavia, non dovrebbe risentirne e riprendere in breve tempo il
suo percorso, permettendoti di recuperare.

1.2 Il pattern Rettangolo


Il pattern Rettangolo consiste in due rette parallele statiche
(rispettivamente una linea di supporto e una di resistenza), in cui il
prezzo rimbalza più volte per un certo periodo di tempo. All’interno di
questo rettangolo sono i volumi di scambio a fare la differenza e
indicare quando la figura geometrica sta per terminare: inizialmente i
volumi sono molto alti e, progressivamente, diminuiscono. Quanto
più basso è il volume di scambio, pertanto, più il rettangolo è
prossimo a finire e conseguentemente si verificherà la rottura della
linea di supporto o della linea di resistenza. Solitamente il trend
ribbassista tende a proseguire al ribbasso e il trend rialzista
prosegue nella medesima direzione: può tuttavia accadere che al
termine del rettangolo avvenga un’inversione della tendenza. Nel
trend rialzista si ha il rischio di inversione nel momento in cui i volumi
di scambio raggiungono i minimi livelli quando il prezzo è in calo; per
il trend ribbassista si verifica l’esatto opposto. Se il triangolo rialzista
termina con prezzo in crescita o il trend ribbassista termina con
prezzi in caso è invece altamente probabile che l’andamento di
mercato prosegua il suo corso attuale.

1.4 Il pattern a Bandiera (Flag) e il pattern


Gagliardetto (Pennant)
Questi due pattern nascono entrambi da una linea (o candela) molto
lunga e decisa, ossia da una situazione in cui il mercato ha mostrato
volumi di scambio tali da rendere il trend quasi perpendicolare e con
prezzi a crescita costante. Nel momento in cui i prezzi iniziano ad
oscillare, possono verificarsi o il pattern Pennant (nel quale
l’oscillazione dei prezzi diminuisce progressivamente fino a
raggiungere un punto minimo che costituisce la chiusura di una
bandiera triangolare) o il pattern Flag (nel quale i prezzi continuano
ad oscillare all’interno di due rette parallele). Anche questa volta
l’ingresso nel mercato dev’essere fatto immediatamente dopo la
rottura delle figure e, in particolare, al termine della candela
(sessione) che la determina: soltanto dopo questo momento si potrà
infatti avere la certezza che il trend continuerà a seguire il suo corso
o meno.
1.5 Il pattern a cuneo (Wedge)
Il pattern a cuneo (in inglese wedge), preannuncia la ripresa di un
trend dopo una breve fase di pausa. Figurativamente questo pattern
è molto simile al Triangolo, ma vi sono due differenze sostanziali tra i
due: nel Triangolo una delle due linee che evidenziano il trend è
inclinata in senso opposto allo stesso (oppure è piatta), mentre nel
Wedge sono entrambe inclinate in modo opposto rispetto al trend; il
cuneo è molto più lungo del triangolo e impiega molto più tempo a
giungere a compimento.
I cunei rialzisti (e dunque discendenti) si inclinano verso il basso e
delineano una pausa nel trend primario; i cunei ribassisti (e dunque
ascendenti) si inclinano invece verso l’alto. L’ingresso nel mercato
dev’essere fatto alla chiusura dell’ultima sessione che chiude il
pattern oppure a tre quarti di completamento della figura, perché
anche in questo caso il breakout (e dunque la chiara dimostrazione
della direzione che prenderà il trend) può avvenire con un certo
anticipo.
In alcuni casi il cuneo può anche costituire un pattern di inversione,
poiché nel momento in cui in un trend rialzista il wedge volge verso
l’alto può indicare che presto i prezzi tenderanno al crollo; quando
nel trend ribbassista il cuneo volge verso il basso, invece, potrebbe
verificarsi un forte rimbalzo al rialzo.

CAPITOLO 9 Indicatori e oscillatori– L’analisi


quantitativa
1. Cosa distingue gli indicatori dagli oscillatori?
Con questo capitolo stai entrando nel vivo dell’analisi quantitativa,
caratterizzata da strumenti matematici come gli indicatori e gli
oscillatori. Spesso questi nomi vengono utilizzati in modo alternativo,
ma si tratta di categorie che presentano ben specifiche
caratteristiche.
Gli indicatori, ad esempio, può muoversi liberalmente all’interno del
grafico e utilizza come fattori sia il movimento dei prezzi sia le
formule matematiche di riferimento: con gli indicatori è possibile
ottenere qualsiasi risultato.
Gli oscillatori, invece, ci muovono all’interno di un’area delimitata da
valori massimi e minimi prefissati e la formula di calcolo utilizzata
mette in relazione il valore considerato con uno dei due valori
prefissati: può restituire soltanto risultati compresi nell’area delimitata
da valori minimo e massimo.
Gli indicatori si suddividono in due grandi categorie: i Leading (che
offrono segnali di rialzo o ribbasso immediati e tempestivi) e i
Lagging (che sono in grado di fornire informazioni precise solo dopo
il verificarsi di un determinato evento che comporta il rialzo o il
ribbasso dei prezzi). Come più volte abbiamo ripetuto, anche questi
segnali non possono essere ritenuti al 100% affidabili e devono
essere sempre confrontati con altristrumenti dell’analisi tecnica.
Gli oscillatori si occupano invece di individuare i livelli di
“ipercomprato” (eccesso di domanda), di “ipervenduto” (eccesso di
offerta) e le “divergenze”.
Con il termine ipercomprato si identifica il momento in cui i prezzi
crescono al punto tale da far ragionevolmente prevedere una futura
discesa verso il basso (e dunque un inversione ribassista del trend);
con il termine ipervenduto si identifica il momento in cui il prezzo ha
raggiungo un livello talmente basso che può ragionevolmente
prevedersi una prossima inversione rialzista.
Le divergenze sono invece dei propri elementi di contrasto: si
verificano nel momento in cui i prezzi continuano a riscontrare
minimi e massimi successivi a quelli già raggiunti, ma l’oscillatore
ancora non supera i valori minimi e massimi nei quali opera. Ora che
hai visto quali sono le caratteristiche tipiche degli indicatori e quali
elementi invece sono propri degli oscillatori, andiamo ad analizzare
nel dettaglio i principali strumenti che vengono ricompresi in queste
categorie.

1.1 Le Medie Mobili


Le Medie Mobili servono ad evidenziare nel breve, medio e lungo
periodo in che fase del mercato si trova il trend di riferimento e
vengono rappresentate sul grafico con una curva: se il trend si trova
al di sopra delle medie mobili può considerarsi al rialzo, se si trova al
di sotto delle medie mobili può considerarsi al ribbasso; se i prezzi
non si stabilizzano al di sotto o al di sopra della curva, vuol dire che il
trand non si è ancora consolidato.
Le medie mobili possono essere semplici (SMA), ponderate (WMA)
o esponenziali (EMA). Le prime (SMA) eliminano i rumori del grafico
(ossia le spinte speculative che possono alzare o diminuire
velocemente i prezzi) ed offrono una visione pulita dello stesso,
evidenziando il vero e proprio trend dominante: le seconde (WMA)
compaiono sul grafico come una linea che rappresenta la media
ponderata di alcuni valori scelti arbitrariamente dall’investitore o dalla
piattaforma su cui si opera, il risultato finale della ponderazione è
dato dalla moltiplicazione dei valori considerati per un fattore di
ponderazione; le terze (EMA) evidenziano la tendenza media di un
grafico, calcolata sulla base dei prezzi di chiusura di ogni sessione
avvenuta in un determinato periodo di tempo.

1.2 Le Bande di Bollinger


Questo indicatore viene utilizzato per individuare le fasi di mercato in
cui la volatilità si espande o si contrae e per prevederne i futuri
sviluppi. Si compongono di tre linee: la prima è data dalla media
mobili a 20 periodi, la seconda e la terza si calcolano aggiungendo e
sottraendo il doppio dei periodi considerati. In relazione alla prima
linea le altre due si allargano o restringono, pertanto da questi
movimenti si può osservare il livello di volatilità dell’asset d’interesse.

1.3 L’oscillatore Stocastico


Serve a prevedere con sufficiente anticipo un’inversione di tendenza,
evidenziando i momenti in cui si verifica un’eccesso di domanda
(l’ipercomprato) o un eccesso di offerta (l’ipervenduto). Nelle
piattaforme di trading è per lo più rappresentato da quattro linee
denominate %K line (di colore blu), %D line (di colore rosso, a volte
tratteggiata) e altre due bande parallele posizionate in relazione
all’80% e al 20% del prezzo dell’asset di riferimento. Quando lelinee
superano la banda all’80% ci si trova in una fase di ipercomprato,
quando sono inferiori alla banda posta al 20% il mercato evidenzia
una fase di ipervenduto.

1.4 Momentum
Si tratta di uno degli oscillatori più facile da utilizzare per individuare
a che velocità si muovono i prezzi di un asset e anticiparne
inversione di tendenza.
È composto da una linea stabile impostata al valore 0 e da una linea
mobile che oscilla intorno alla prima, assumendo valori sia negativi
sia positivi. Il fatto che in questo particolare oscillatore/indicatore non
siano previste le ulteriori linee che indicano i momenti di
ipercomprato e ipervenduto rappresenta una piccola difficoltà
operativa, poiché tali fasi possono essere individuate soltanto
osservando l’andamento della linea mobile nel tempo.
Grazie al Momentum, ad ogni modo, è possibile osservare quanto
forti siano le spinte rialziste o ribbassiste che operano sul mercato:
se il momentum segue valori molto elevati rispetto allo 0 vuol dire
che la domanda (e dunque gli acquisti) sono molto forti e potrebbe
verificarsi il momento dell’ipercomprato; viceversa se segue valori
molto bassi vuol dire che prevale l’offerta (e dunque le vendite),
prtanto potrebbe verificarsi il momento dell’ipervenduto. Un
momentum che viaggia senza discostarsi eccessivamente dalla linea
0 indica che il valore dei prezzi è piuttosto stabile.

1.5 Il Canale di Donchian (o Channel Price)


Anche quest’indicatore, esattamente come le Bande di Bollinger
viene utilizzato per misurare la volatilità dei prezzi dell’asset
considerato. Viene configurato utilizzando soltanto due elementi: il
livello minimo e il livello e massimo di prezzo registrato dall’asset
durante un periodo di osservazione (si prendono in osservazione
solitamente i 20 periodi, ossiale 4 settimane precedenti all’analisi).
L’andamento delle due barre (superiore per il livello massimo dei
prezzi e inferiore per il prezzo minimo) formano un canale che
“ingloba” il trend analizzato e ne evidenzia il livello di volatilità;
alcune piattaforme aggiungono anche un’ulteriore banda che
rappresenta la media delle prime due. Rispetto alle oscillanti Bande
di Bollinger il Canale di Donchian è più statico e mostra le linee
secondo una formazione lunga e orizzontale, piuttosto che curva. La
rottura delle linee superiori e inferiori segnano il momento in cui
conviene fare il proprio ingresso posizione long o una posizione
short. nel mercato, aprendo una

1.6 Supertrend
Diversamente dagli indicatori già osservati, il Supertrend aiuta ad
ottimizzare il momento di uscita dal mercato; è applicabile su
qualsiasi periodo temporale e per qualsiasi strumento finanziario e
tiene in considerazione la volatilità del mercato. Il Supertrend si
calcola partendo dal valore medio della volatilità dei prezzi in un
determinato periodo di tempo, valore che viene successivamente
moltiplicato per un coefficiente scelto in sulla base del periodo cui si
riferisce l’analisi.
In questo indicatore può osservarsi una linea che muta di colore a
seconda dell’andamento del mercato: il segmento rosso indica un
trend ribbassista (il Supertrend è sopra i prezzi medi), mentre quello
verde indica un trend rialzista (il Supertrend è sotto il prezzi medi).
La linea Supertrend può in sostanza essere considerata una linea
dinamica che funziona da supposto in fase ribbassista e da
resistenza in fase rialzista. Il miglior momento per chiudere una
posizione o uscire da un’operazione si identifica con il cambio di
colore della linea del Supertrend.

1.7 RSI (Relative Strenght Index)


L’RSI è un oscillatore classico e molto semplice da interpretare: si
riferisce alla media dei prezzi di apertura e chiusura delle sessioni
(nell’arco temporale analizzato) e si muove tra due linee che
identificano i valori 0 e 100, più ulteriori due linee interne che
segnano il valore 30 e il valore 70. Quando l’RSI supera la linea del
30 si verifica una fase di ipervenduto, mentre quando supera la linea
del 70 si entra in fase di ipervenduto. L’investitore o il trader è libero
di selezionare qualsiasi periodo di tempo che desidera analizzare,
ma il più utilizzato comprende 14 sessioni.

1.8 MACD (Moving Average Convergence-


Divergence)
In ultimo vogliamo porre la tua attenzione su uno degli indicatori
considerati più efficaci, al punto che molti trader basano le loro
operazioni e strategie unicamente sulle informazioni offerte dal
MACD (anche se, a nostro avviso, è sempre meglio affiancare
quest’analisi a quella di altri strumenti algoritmici). Questo particolare
indicatore mette a confronto due diverse medie mobili allo scopo di
trovare un segnale di trading: utilizzando una media mobile di lungo
periodo (ad esempio 26 sessioni) ed una media mobile di breve
periodo (ad esempio 10 sessioni) è possibile scoprire se entrambe le
medie si avvicinano o divergono; nel primo caso si ha un chiaro
segnale che il trend sta attraversando la sua fase finale e quindi
potrebbe avvenire in breve tempo un inversione di tendenza, nel
secondo caso il trend si conferma ancora molto forse e si può
ragionevolmente dedurre che proseguirà in modo costante.
Passando all’aspetto grafico del MADC, possiamo individuare due
diverse linee che oscillano ad una terza linea stabile con valore 0: la
prima linea è denominata MACD Line, è evidenziata generalmente in
verde o in nero e indica la differenza, periodo dopo periodo delle due
medie calcolate sulle 26 sessioni e sulle 10 sessioni; la seconda
linea è denominata Signal Line, è evidenziata in rosso o in rosso
tratteggiato e si riferisce ad una media mobile esponenziale
calcolata su 9 periodi. La distanza tra la MACD Line e la Signal Line
indica la forza o debolezza del trend analizzato.
I segnali di trading, invece, si ottengono nel momento in cui le due
linee MADC e Signal si incrociano: se la MACD Line incrocia la
Signal line dal basso verso l’alto in un trend ribassista si ha il
segnale d’acquisto; quando la MACD Line incrocia la Signal line
supera dall’alto verso il basso in un trend rialzista si ottiene il
segnale di vendita.

CAPITOLO 10 Indicatori e Oscillatori – L’analisi


dell’ampiezza, volumetrica e del sentiment del
mercato
1. Quali elementi considerare?
Nell’analisi volumetrica, ciclica e dell’ampiezza il principale elemento
preso in considerazione dagli oscillatori e indicatori è il volume di
scambi giornaliero, ossia il numero degli asset che viene scambiato
all’interno di un’intera sessione di mercato. Unendo quest’ultimo al
fattore prezzo è possibile quante azioni (o asset in generale) sono
state scambiate nella stessa giornata ad un determinato prezzo. Per
quanto riguarda gli indicatori e oscillatori del sentiment di mercato,
invece, il fattore principale che viene preso in considerazione l’
“umore” prevalente tra tutti gli investitori o trader.

2. I Principali indicatori di ampiezza


In questa categoria trovi gli indicatori denominati A/D Line, New High
New Low, McClellan Oscillator e McClellan Summation Index.

2.1 A/D Line


L’oscillatore Accumulazione/Distribuzione è utilizzato principalmente
per tre motivi: per confermare i cambiamenti di prezzo, per misurare
gli acquisti e le vendite e per individuare i segnali di cambiamento
del trend.
Secondo il primo scopo, l’indicatore A/D Line si determina in base
alle modifiche del volume e prezzo degli scambi e può essere
utilizzato su qualsiasi asset: il volume è considerato come un
coefficiente di peso con cui misurare il cambiamento del prezzo,
pertanto più il volume di scambio è alto, più ampia è la modifica del
prezzo. I cambiamenti di prezzo vengono dunque misurati e
confermati in relazione ai cambiamenti che riguardano il volume.
Secondo il primo scopo si definisce “Accumulazione” la fase rialzista
di un trend, caratterizzata da un forte volume di scambio dovuto
all’acquisto di titoli; il termine “Distribuzione” indica invece che il
volume di scambio è in diminuzione e che il trend sta esaurendo la
sua forza (pertanto il prezzo dei titoli tende a scendere ed è
preferibile venderli).
Nel terzo e ultimo scopo si sfruttano le fasi di Accumulazione e
Distribuzione per prevedere una prossima inversione di tendenza:
quando più un trend risulta debole (e quindi quanto più la
distribuzione/vendita del titolo è alta), maggiore è la probabilità che
si verificherà a vere un nuovo rialzo dei prezzi poiché molti investitori
troveranno nuovamente conveniente acquistare il titolo; l’inversione
al rialzo, naturalmente, viene indicata dall’eccessivo rialzo dei prezzi
e dalla conseguente uscita dal mecato di molti investitori.

2.2 New High New Low


L'indice New High New Low è un indicatore di ampiezza basato su
un altro indice, il cosiddetto Record High Percent, ossia sui nuovi
livelli di prezzo massimi e sui nuovi minimi riferiti ad un periodo di 52
settimane. Il Record High Percentuale è uguale ai nuovi massimi
divisi per i nuovi massimi più i nuovi minimi. L'indicatore New High e
New low, invece, è una Media mobile semplice a 10 giorni del
Record High Percent ed è pertanto una versione più blanda di
quest’ultimo. In generale, un trend è considerato forte (rialzista)
quando l'indice New High New Low è superiore a 50 (valore riferito
alla MSA), il che significa che i nuovi massimi superano i nuovi
minimi. Al contrario, un trend è considerato debole (ribassista)
quando l'indice New High New Low è inferiore a 50, il che significa
che i nuovi minimi superano i nuovi massimi. Questo indicatore può
muoversi verso i suoi estremi superiori o rimanere vicino ai suoi
estremi inferiori quando il trend è fortemente rialzista o ribassista.
Risultati costanti al di sopra di 70 di solito coincidono con una forte
tendenza al rialzo, mentre i risultati costanti al di sotto di 30 di solito
coincidono con una forte tendenza al ribasso.
2.3 McClellan Oscillator
L'oscillatore McClellan è un indicatore di ampiezza del mercato che
si basa sulla differenza tra l’aumento e la diminuzione del valore di
scambio su un mercato finanziario. L'indicatore viene utilizzato per
mostrare forti spostamenti dei prezzi, chiamati spinte di ampiezza e
aiuta ad analizzare la forza del trend di un asset attraverso i fattori di
divergenza o la conferma.

La formula dell'oscillatore McClellan può essere applicata a

qualsiasi asseto gruppo di asset.


Quando il trend è in rialzo e l'oscillatore è si abbassa, questo avverte
che anche l'indice potrebbe iniziare a calare. Quando il trend è in
calo e l'oscillatore è in aumento, questo indica che l'indice potrebbe
iniziare a salire presto. Questi segnali sono denominati divergenza.
Un cambiamento significativo, come lo spostamento di 100 punti o
più, da un valore negativo a un valore positivo è chiamato spinta di
ampiezza. Può indicare che nel mercato è in corso una forte
inversione da downtrend a uptrend.

2.4 McClellan Summation Index


Il McClellan Summation Index è una versione a lungo termine
dell'oscillatore McClellan, sviluppato da Sherman e Marian
McClellan. L'interpretazione è simile a quella dell'oscillatore
McClellan, ad eccezione del fatto che il Summation Index è più
adatto ai trend in fase primaria o intermedia e alle relative inversioni.
Il McClellan Summation Index può essere considerato come la
somma di tutti i valori giornalieri dell'oscillatore McClellan.

Il Summation Index sale quando l'oscillatore McClellan è positivo e


scende quando l'oscillatore McClellan è negativo. Valori positivi
prolungati nell'oscillatore McClellan fanno sì che il Summation Index
tenda a salire. Al contrario, valori negativi prolungate fanno sì che il
Summation Index tenda a diminuire.
A causa della sua natura cumulativa, il Summation Index si rivela
molto più lento del McClellan Oscillator. L'indice attraversa la linea
statica a valore 0 (ossia la linea statica attorno alla quale si muovono
tutti gli indicatori e oscillatori) meno volte, forma meno divergenze e
produce meno segnali. Mentre l'oscillatore McClellan può essere
utilizzato per il trading a breve e medio termine, il Summation Index
è generalmente utilizzato per il trading a medio e lungo termine.

Il McClellan Summation Index mostra principalmente tre segnali: con


il primo segnale il Summation Index generalmente consiglia
l’acquisto quando il suo valore è positivo e le vendite quando
presenta valore negativo; con il secondo segnale i grafici possono
evidenziare divergenze rialziste e ribassiste utili per anticipare le
inversioni; con il terzo segnale i grafici possono identificare il
movimento direzionale per definire un andamento del mercato
finanziario rialzista o ribassista.

3. I principali indicatori di volume


In questa categoria trovi gli indicatori denominati MFI (Market
Facilitation Index), OBV (On Balance Value) e Chaikin Money Flow.

3.1 MFI– Market Facilitation Index


Il Market Facilitation Index (MFI) è un indicatore di volatilità che mira
a determinare la volontà del mercato di muovere il prezzo. I soli
valori assoluti dell'indicatore non sono di alcuna utilità per il trader in
quanto non forniscono alcun segnale di trading, si rivela invece
molto utile se sfruttato come strumento per analizzare l'efficienza dei
movimenti di prezzo combinando prezzo e volume. Calcolando il
movimento del prezzo per unità di volume, quest’indicatore può
aiutarti a decidere quando un trend è abbastanza forte per poter
negoziare in sicurezza, quando si sta formando un nuovo trend o
quando è preferibile non entrare nel mercato. Permette infatti di
determinare se il mercato è liquido e se gli investitori e trader che
partecipano al settore di mercato sono attivi. Se il volume degli
scambi di mercato cala, allora gli operatori che usano l'MFI possono
vedere che il volume e l'efficienza del movimento dei prezzi stanno
diminuendo.

I segnali dell’indice MFI possono essere interpretati grazie a quattro


barre di diverso colore (verde, marrone, blu e rosa) che indicano
quattro diverse fasi del mercato denominate “Green Market”, “Fade”,
“Fake” e “Squat”.
Il segnale Green Market, rappresentato dalla barra verde, indica che
sia l'MFI che il volume di scambio sono in aumento. Questo
suggerisce che il mercato è già in movimento e i trader dovrebbero
entrare in posizione nella stessa direzione in cui il mercato sta
tendendo, mentre le operazioni opposte dovrebbero essere chiuse.
Un periodo verde si verifica quando un numero crescente di trader
entra nel mercato e il sentimento supporta l'attuale movimento del
prezzo, spingendolo così ulteriormente in quella direzione. Il segnale
Fade, rappresentato da una barra marrone, riflette la fine di un trend
e si verifica quando sia l'MFI che il volume sono in declino (il
mercato perde interesse nel movimento corrente dei prezzi e cerca
segni di uno sviluppo futuro). Gli investitori sono attualmente
indifferenti, ma questa barra è un chiaro segnale che presto si
svilupperà una nuova tendenza.

Il segnale Fake, rappresentato da una barra blu, rappresenta un


periodo durante il quale l’indice MFI sta salendo, mentre il volume
sta scendendo. Suggerisce che il mercato sta seguendo un
determinato trend che, tuttavia, non è supportato dal volume. A
causa della mancanza di interesse da parte dei trader/investitori,
essi non stanno realmente supportando l'attuale movimento del
prezzo aprendo nuove posizioni. Questo indica che il prezzo si sta
muovendo come risultato del tentativo di un certo gruppo (broker e
dealer) di operatori di mercato di controllare e manipolare il mercato
a loro vantaggio. Una tale condizione anticipa spesso con
un'inversione del prezzo.

Il segnale Squat, rappresentato da una barra blu, riflette una


situazione in cui l'MFI scende, ma il volume aumenta. Durante
questo periodo si svolge una battaglia tra acquirenti e venditori che
determina chi avrà il controllo del prossimo trend. Il volume di
scambio aumenta man mano che sempre più trader entrano nel
mercato, ma essendo le due controparti relativamente alla pari, il
prezzo non cambia in modo significativo. Alla fine, una delle parti
contendenti supererà l'altra. Poiché questa situazione di solito si
verifica prima di una significativa inversione del trend, dovresti
prestare molta attenzione alla direzione che il prezzo assume dopo
essere uscito da questo momentaneo rallentamento.

3.2 On Balance Value


L'On-Balance Volume (OBV) rappresenta il totale corrente del
volume e come tale mostra in che modo quest’ultimo può influenzare
prezzo attuale di un dato asset. L'OBV aumenta o diminuisce
durante ogni giorno di trading a seconda che il prezzo di chiusura sia
più in alto o più in basso rispetto al valore di chiusura del giorno
precedente. Se uno strumento di trading chiude ad un prezzo più
alto, ciò implica che gli acquirenti hanno superato i venditori e il
volume di questo asset durante quel giorno viene aggiunto all'OBV.
Se uno strumento di trading chiude ad un prezzo più basso, questo
implica che i venditori hanno superato i venditori e il volume
dell’asset durante quel giorno viene sottratto dall'OBV. Se uno
strumento di trading chiude senza significative variazioni di prezzo
rispetto al giorno precedente, anche l'OBV rimarrà invariato. L’OBV è
dunque considerato un indicatore anticipatore, poiché aumenta o
diminuisce prima che lo faccia il prezzo.
Un nuovo picco al rialzo del prezzo nell'OBV indica che gli acquirenti
sono forti e i venditori sono deboli, quindi è probabile che il prezzo
dello strumento di trading aumenti; allo stesso modo un nuovo picco
al ribbasso del prezzo nell'OBV indica che i venditori sono forti e gli
acquirenti sono deboli, quindi è probabile che il prezzo scenda. Se
l'OBV aumenta o diminuisce contemporaneamente al prezzo, ciò
significa che il trend sottostante è stabile e tenderà a proseguire: in
questo caso si dovrebbe entrare nel mercato nella stessa direzione
indicata dal trend.
I segnali di acquisto e vendita più affidabili vengono forniti quando
l'OBV crea una divergenza rispetto al prezzo. Nel caso in cui il
prezzo sale, poi scende, quindi giunge di nuovo a un massimo più
alto e l'OBV segna un massimo più basso, questo produce una
divergenza ribassista, quindi un segnale affidabile per aprire una
posizione di vendita (short). Nel caso in cui il prezzo scende, poi
risale, cadendo infine ad un nuovo minimo inferiore e l'OBV segna
un minimo superiore, questo produce una divergenza rialzista, un
segnale affidabile per aprire una posizione d’acquisto (long). Le
divergenze a lungo termine (calcolate su diverse settimane) sono più
affidabili di quelle a breve termine (calcolate su pochi giorni).

3.3 Chaiking Money Flow (CMF)


L'indicatore Chaikin Money investitori/trader, avvisandoli

Flow si rivolge ai piccoli nel momento in cui i grandi investitori stanno


accumulando e comprando crypto, o aprendo posizioni di vendita.
Generalmente, il CMF indica il flusso di denaro dietro le criptovalute.

L'indicatore Chaikin Money Flow (CMF) è stato creato per misurare


la forza di un trend combinato con il volume dietro di esso. Il CMF
parte dal presupposto che non tutte le tendenze di prezzo nascono
nell stesso modo e a seguito delle stesse spinte di mercato. Il
volume di trading, inoltre, è un fattore molto utile per misurare la
forza di una tendenza. Una tendenza al rialzo con un volume debole
o in rallentamento è un segno di una tendenza al rialzo che si sta
indebolendo. D'altra parte, un volume forte e in crescita è un segno
salutare di una forte tendenza al rialzo. Il CMF è stato progettato per
mescolare queste variabili in un indicatore di facile lettura, che si
sviluppa sotto il grafico del prezzo e aiuta i trader a identificare i
volumi di acquisto e di vendita nel mercato.

Il CMF si mostra come una linea, separata dal grafico del prezzo
della criptovaluta, che oscilla tra un valore minimo pari a -100 e un
valore massimo pari a +100. L’operare in un intervallo prestabilito lo
rende un indicatore che fa parte della categoria degli oscillatori. Il
fattore più importante dell'indicatore CMF è dato dalla linea dello
zero. Quando il CMF è sopra lo zero, si dice che il trend delle
criptovalute è in rialzo. Quando il CMF è sotto lo zero, allora la
tendenza è considerata in ribbasso. Ci possono essere casi in cui il
prezzo si sta muovendo più in alto, ma con un volume più debole. In
queste situazioni, il CMF evidenzia segnali più bassi, avvisando

il trader del rallentamento del trend.


4. Il Principale indicatore di sentiment
In questa categoria puoi trovare diversi indicatori, ma in questa sede
vogliamo spiegarti soltanto il Trader Commitment Report (COT),
considerato su scala globale l’indicatore più importante e affidabile
del settore.

4.1 Trader Commitment Report (COT)


Ogni venerdì la Commodity Futures Trading Commission (CFTC)
rilascia il TOC Report che mostra tutte le posizioni degli asset di tutti
i principali attori dei mercati finanziari. In questo rapporto i trader e
gli investitori vengono distinti in categorie commerciali e non
commerciali che possono principali:

Commercial Hedgers – essere suddivise in tre gruppi

le posizioni più grandi sono solitamente detenute da istituzioni


commerciali o hedgers che sono interessati ad acquistare e
mantenere asset. I commercianti sono considerati gli
investitori/trader i più attivi e informati: ai fini del COT rappresentano
il gruppo più importante.

Grandi Trader– il gruppo di media grandezza è tipicamente


costituito da hedge fund, banche e Commodity Trading Advisors
(CTA). In media non hanno l'intenzione di conservare gli asset e
fanno trading solo per il profitto.
Piccoli speculatori– in questo gruppo di trader rientrano i piccoli
speculatori, hedger e trader al dettaglio che non hanno una
posizione sufficientemente rilevante per essere riportata nel COT.
Vengono anche chiamati "dumb money" e solitamente
rappresentano il gruppo più disinformato.

I cambiamenti nelle posizioni dei principali trader – Commercial


Hedgers e Grandi Trader sono importanti dettano i trend del
mercato. I commercianti si posizionano spesso in direzione opposta
rispetto al trend: comprano quando il mercato è in calo e vendono
quando il mercato è in aumento. Sono operatori esperti, pertanto
spesso agiscono con molti mesi di anticipo. I Grandi Trader sono
quelli che muovono veramente i mercati e danno forza alle
tendenze; tipicamente operano con sistemi di trend following basati
sul volume (le tendenze sono iniziate solo dai Hedgers). I Grandi
Trader, inoltre, di solito non Commercial entrano tutti

insieme e piramidano le loro posizioni. I piccoli trader si sbagliano la


maggior parte delle volte(il che comporta all’80-90% dei casi il loro
fallimento) e la loro posizione netta è solitamente svantaggiata se il
mercato inizia a muoversi contro di loro.

I movimenti del prezzo sono dunque correlati negativamente alle


operazioni dei Commercials e positivamente alle operazioni dei
Grandi Trader, quindi monitorare le loro posizioni può servire da
conferma per i segnali di trading dati dagli altri indicatori tipici
dell’Analisi Tecnica.

CONCLUSIONI
Se sei arrivato fin qui, sicuramente avrai appreso diverse nozioni e
informazioni sull’Analisi Tecnica che potranno aiutarti nei tuoi trading
e investimenti. Ti suggeriamo, ad ogni modo, di esercitarti a lungo
finché non avrà interiorizzato e memorizzato ogni elemento tipico dei
grafici o dei loro pattern, e di far pratica con indicatori e oscillatori
sfruttando disposizione dai vari le funzionalità o strumenti messi a
broker online e piattaforme exchange:
purtroppo sono ormai pochissimi i siti che offrono gratuitamente
queste risorse e, pur riuscendo a trovarli, potresti usufruire soltanto
di grafici e indici molto semplici che non forniscono altro se non
poche informazioni di base, decisamente poco funzionali ai fini di un
trading o un investimento ragionato e responsabile.

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