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INTRODUZIONE AL DIRITTO DEL MERCATO FINANZIARIO – 1

LA DISCIPLINA LEGISLATIVA DEL MERCATO FINANZIARIO – 2

ANCORA SUI TESTI UNICI – 3

ATTIVITA’ BANCARIA – 4

ATTIVITA’ FINANZIARIA – 5

ATTIVITA’ DI GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO – 6

GLI STRUMENTI FINANZIARI E I CRITERI DI COMPORTAMENTO – 7

ANCORA SUI CRITERI DI COMPORTAMENTO E SULLA PRESTAZIONI DI SINGOLI SERVIZI – 8

SULLA TRASPARENZA BANCARIA – 9

SULLA TRASPARENZA BANCARIA: GLI ALTRI MOMENTI DI TUTELA DELLA CLIENTELA – 10

LE COMMISSIONI SUGLI AFFIDAMENTI IN CONTO CORRENTE – 11

TRASPARENZA E CONSUMATORI – 12

LA DIRETTIVA SUI MUTUI AI CONSUMATORI – 13

LA DISCIPLINA DEI SERVIZI DI PAGAMENTO – 14

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA PT.1 – 15

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA PT.2 – 16

MANIPOLAZIONE DEL MERCATO E DIFFERENZA TRA INSIDER TRADING E AGIOTTAGGIO

FINANZIARIO – 17

ARBITRIO BANCARIO E FINANZIARIO – 18

COSTITUZIONE BANCHE – 19

BANCHE POPOLARI E BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO – 20

GRUPPO BANCARIO – 21

OBBLIGAZIONI PECUNIARE E MODALITA’ – 22

ACCORDI DI BASILEA E GESTIONE DEL RISCHIO – 23

OPA, OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO – 24

CRISI DELLE BANCHE E RIMEDI PROCEDURALI – 25

IL RUOLO DELLA CONSOB – 26


INTRODUZIONE AL DIRITTO DEL MERCATO FINANZIARIO – 1

Il Diritto del mercato finanziario si occupa delle regole che disciplinano l’attività svolta da
operatori specializzati nell’intermediazione di prodotti finanziari riconducibili a prodotti bancari,
prodotti assicurativi e strumenti finanziari. Tale intermediazione avviene in luoghi, detti mercati,
secondo modalità prestabilite: attività, operatori e mercato sono sottoposti al controllo delle
autorità pubbliche.
Essa è una materia che confina con il Diritto commerciale per quanto riguarda il profilo societario
degli intermediari finanziari e con il Diritto amministrativo per quanto attiene alla configurazione e
alle funzioni delle autorità di vigilanza.
Vi sono diverse modalità di investimento del risparmio con in relativi rischi connessi ad esso.
Alcune delle modalità sono: deposito bancario, sottoscrizione di obbligazioni, sottoscrizione di una
polizza assicurativa.
Nel deposito bancario, per evitare il rischio di insolvenza è necessaria una vigilanza finalizzata a
garantire la stabilità della Banca.
Nella sottoscrizione di obbligazioni, per evitare il rischio di insolvenza è necessario assicurare al
cliente chiarezza e trasparenza delle informazioni.
Nella sottoscrizione di una polizza assicurativa, per evitare il rischio di insolvenza è necessario
garantire la stabilità dell’investimento assicurativo.
In Italia, le autorità di controllo per ogni tipologia di intermediario sono la Banca d’Italia, Consob e
IVASS.
Per le Banche presiede la Banca d’Italia specializzata in stabilità. Egli accerta che le disposizioni
emanate come leggi al livello statale ed europeo vengano rispettate dai soggetti vigilati.
Per gli intermediari finanziari presiede la Consob specializzata in trasparenza. La principale attività
è la sorveglianza dei mercati mobiliari, ma egli vigila anche sulla correttezza e trasparenza dei
comportamenti degli intermediari finanziari.
Per le compagnie di assicurazioni presiede l’IVASS specializzata in stabilità. Egli possiede
autonomia contabile, gestionale, organizzativa, patrimoniale e deve garantire la stabilità del
mercato assicurativo.
Tali attività hanno come oggetto il risparmio del pubblico ossia la quota parte di ricchezza non
spesa, ma accantonata per il soddisfacimento delle esigenze future.
I principi fondamentali del diritto del mercato finanziario pongono al vertice del sistema normativo
i fondamenti della Costituzione italiana e assume, anche, rilievo importante il TUF.
Il TUF, si limita a stabilire le linee guida, le regole fondamentali, le griglie essenziali della complessa
disciplina dei mercati finanziari. Le norme specifiche sono delegate al potere regolamentare del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, Banca d’Italia e Consob.
Per quanto concerne la Costituzione italiana, l’art. 47 comma 1 enuncia che, la Repubblica
incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme nonché disciplina, coordina e controlla
l’esercizio del credito.
Essa tratta di risparmio reinvestito ovvero immesso nel circuito dell’economia nazionale e deve
essere tutelato.
Vi sono, inoltre, due art. che enunciano significati differenti all’art. 47 della Costituzione italiana
per quanto concerne la tutela del risparmio ovvero art. 41 e art. 43.
L’art. 41 dichiara che, la libertà dell’iniziativa economica privata, salvo la possibilità che la legge la
indirizzi e la coordini per fini sociali.
L’art. 43 dichiara che, ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire,
mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, enti pubblici o comunità di lavoratori o di
utenti di determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscono a servizi pubblici essenziali
o a fonti di energia o a situazioni di monopolio e abbiano carattere di preminente interesse
generale.
Risparmio ed esercizio del credito costituiscono attività di impresa liberamente esercitabili da
privati. Vengono sì indirizzato allo Stato, ma non a generici fini sociali, bensì al fine di tutelare il
risparmio e di controllare il credito a beneficio dell’economia del paese.
In Italia, vi sono, inoltre, altre autorità di vigilanza in ambito economico-finanziario ovvero COVIP e
AGCM.
La COVIP è l’autorità amministrativa che vigila sui fondi pensione complementari.
L’AGCM è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ed ha competenze sulla tutela della
concorrenza. Essa supervisiona le concentrazioni di potere e lobbying, intese e abusi di posizione
dominante. Inoltre, giudica e sanziona i casi di conflitto di interessi e pubblicità ingannevole.

LA DISCIPLINA LEGISLATIVA DEL MERCATO FINANZIARIO – 2

L’attività bancaria è disciplinata dalla legge bancaria del 1936, preceduta da alcune disposizione
del 1926-1928. Tuttavia, non è stato reso possibile disciplinare la regolamentazione in materia di
diritto delle borse.
La legge del 20 marzo 1913 aveva escluso normative riguardo all’organizzazione del mercato e
degli intermediari ammessi e non vi era nell’ordinamento alcuna disciplina in ordine agli obblighi
di informativa, raccolta del risparmio, alla sua sollecitazione.
Tale problematica si è risolta a partire dagli anni ’70 e soprattutto con la legge n. 1/1991.
La legge bancaria del 1936 con accentramento allo Stato delle scelte economiche anche sul
credito, ha avuto applicazione in un contesto economico di libero mercato.
Accanto alla legge bancaria, negli anni, è cresciuta una regolamentazione specialistica per
accompagnare i cambiamenti del mercato e dell’economia che, nel tempo, l’ha reso complicata.
La disciplina preesistente è stata semplificata attraverso l’introduzione del TUB e del TUF.
Materia determinante per il cambiamento è stata la legislazione comunitaria che ha spinto i paesi
membri ad armonizzare le legislazioni.
La spinta più decisiva all’ammodernamento e al cambiamento della legislazione finanziaria è
giunta dall’azione dell’Unione Europea. Si è voluta creare un’Europa delle banche e i legislatori
nazionali hanno dovuto provvedere al recepimento delle direttive o all’applicazione diretta dei
regolamenti.
Alcuni principi che sono stati recepiti nei due testi unici e che informano l’attività finanziaria sono:
principio della banca universale, principio del passaporto europeo, principio del mutuo
riconoscimento, principio della vigilanza esercitata dal Paese di origine della Banca, principio di
libera prestazione dei servizi.
Nel principio della Banca universale, ogni tipo di attività bancaria può essere svolta da qualsiasi
Banca. La scelta della tipologia di azione da svolgere è demandata agli organi di vertice che
assumeranno le loro determinazioni secondo un giudizio imprenditoriale che rifletta le condizioni
del mercato come interpretate secondo principi di rischio d’impresa. A tal fine, si accredita alla
Banca la qualifica di intermediario universale che può essere attivo in tutti i segmenti dell’attività
finanziaria.
Nel principio del passaporto europeo, una volta che la Banca o la SIM abbia ricevuto
l’autorizzazione in uno Stato membro, essa potrà svolgere quell’attività in qualsiasi altro Stato
membro senza richiedere una nuova autorizzazione. Il regime del passaporto europeo è uno dei
vantaggi del mercato unico europeo poiché gli operatori dell’industria del risparmio gestito
possono scegliere di insediarsi nel Paese europeo più conveniente servendo tutto il mercato unico.
Il principio del mutuo riconoscimento comprende una serie di attività, sia bancarie sia finanziarie,
che possono essere svolte dalle Banche comunitarie negli Stati membri esportando la disciplina
nazionale. Esso mette in concorrenza il diritto della Nazione ospitante con quello della Nazione
ospite obbligando l’ospitante a intervenire uniformandosi al diritto comunitario.
Nel principio della vigilanza esercitata dal Paese di origine della Banca (home country control), la
Banca o la SIM autorizzata in un Paese membro che si istalla in un altro Paese comunitario, viene
vigilata per quanto riguarda la stabilità dall’autorità del proprio Paese e non dal Paese ospitante.
Nel principio di libera prestazione dei servizi, la Banca o la SIM autorizzata in un Paese membro
possono esercitare l’attività bancaria in Paesi comunitari senza stabilire una nuova filiale,
utilizzando mezzi diversi, anche telematici, senza chiede una nuova autorizzazione. Tale attività sta
intensificando attraverso lo sviluppo dei servizi di home banking e trading online.
La produzione legislativa comunitaria si articola su tre tipologie di disposizioni: direttive,
regolamenti, raccomandazioni.
Le direttive sono atti normativi che prevedono un termine entro il quale gli Stati membri devono
recepirli nei loro ordinamenti.
I regolamenti sono immediatamente esecutivi nei singoli Stati membri senza necessità di alcun
recepimento.
Le raccomandazioni non hanno alcuna efficacia vincolante, ma si limitano a individuare consigli e
orientamenti la cui diffusione negli Stati membri è ritenuta opportuna dall’Unione Europea.
Il fine di armonizzare la disciplina finanziarie dei Paesi dell’UE è stata perseguita per molti anni, ma
con risultati alterni. Per ragioni di mediazione politica, il legislatore comunitario ha spesso
adottato il criterio della minima armonizzazione lasciando liberi i legislatori nazionali, in sede di
recepimento, di dettare direttive più stringenti. Ciò ha indotto l’adozione dell’opposto principio
della massima armonizzazione, ma essa presuppone, oltre a una mediazione più lunga, una
disponibilità degli Stati a devolvere integralmente, nella materia oggetto di intervento, la propria
sovranità agli organi comunitari.
L’insoddisfacente perfezionamento dell’armonizzazione anche nel settore finanziario ha condotto
a un ripensamento delle modalità di intervento comunitario.
Nel 2000, è stato creato un Comitato di saggi incaricato di valutare le cause della mancata
integrazione nella prestazione di servizi finanziari e di proporre soluzioni che consentano di
rendere uniforme la prassi attuale, in modo da eliminare barriere e ostacoli allo sviluppo dei
mercati finanziari e di assicurare una maggiore cooperazione nell’attuazione della normativa
primaria.
Il rapporto finale introdotto nel Trattato di Lisbona prevede di articolare l’iter procedurale della
definizione normativa in quattro fasi: emanazione della normativa primaria, emanazione della
normativa di attuazione, cooperazione accresciuta, verifica del recepimento.
Il TUB e il TUF formano la base legislativa della disciplina dell’attività bancaria e dell’attività
finanziaria. Entrambi sono nati dopo il recepimento di direttive, entrambi sono derivati
dall’esercizio di una delega che la legge ha conferito al Governo, essi hanno avuto nelle rispettive
autorità di controllo gli estensori di molte delle disposizioni che li compongono.
Il contenuto dei due testi unici è influenzato dal diritto comunitario ovvero entrambi i testi recano
una disposizione secondo cui le autorità di vigilanza esercitano i poteri loro conferiti in armonia
con le disposizioni comunitarie, applicano i regolamenti e le decisioni dell’UE e provvedono in
merito alle raccomandazioni in materia.
Le disposizioni legislative in entrambi i testi si fermano alla determinazione di disposizioni di
principio, la definizione del contenuto è lasciata all’attività di regulator svolte dalle autorità. Ciò
assicura da un lato la maggiore aderenza del sistema normativo all’evoluzione dei mercati e della
finanza, ma dall’altro sottrae al Parlamento materie importanti.
La legge bancaria ha un’impronta pubblicistica mentre il TUB ha un contenuto più ampio
occupandosi di Banche, intermediari finanziari non bancari e dei rapporti con la clientela.

ANCORA SUI TESTI UNICI – 3

Il TUB è diviso in 12 titoli mentre il TUF è diviso in 6 parti.


Le tipologie di vigilanza dove si intende circoscrivere il rischio che il cliente incontra nell’affidare il
suo risparmio alle banche o imprese di investimento sono: vigilanza prudenziale e vigilanza di
trasparenza.
I modelli teorici su cui si basa la vigilanza sono: modello istituzionale, modello funzionale, modello
per finalità, modello integrato.
Nel modello istituzionale, la vigilanza è esercitata su ciascuna categoria di operatori finanziari o su
ciascun mercato ed è affidata ad un distinto soggetto per l’intero complesso di attività.
Nel modello funzionale, la vigilanza viene esercitata in funzione delle singole attività
indipendentemente dalla natura del soggetto che le svolge.
Nel modello per finalità, la vigilanza viene esercitata da più autorità competenti per specifici
obiettivi di regolamentazione.
Nel modello integrato, la vigilanza è svolta da un’unica autorità con competenza su tutti i mercati.
L’Italia, sta lentamente virando verso un modello misto che condivide parti dei vari sistemi. Si è
seguito un approccio istituzionale per le assicurazioni vigilate dall’IVASS. Per la prestazione di
servizi di investimento si è scelto il metodo per finalità.
Con la l.n. 77/1983, si è stabilito che questi nuovi operatori fossero soggetti alla potestà della
Banca d’Italia e della Consob.
L’art. 5 del TUF enuncia che, la Banca d’Italia è competente per il contenimento del rischio e la
stabilità patrimoniale, la Consob è competente per la trasparenza e la correttezza dei
comportamenti, ciascuna autorità vigila sull’osservanza delle disposizioni, entrambe le autorità
operano in maniera coordinata al fine di ridurre gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno
reciproca comunicazione sui provvedimenti assunti e su eventuali anomalie.
L’attività di vigilanza della Banca d’Italia e della Consob si articola su tre livelli: regolamentare,
informativa e ispettiva.
La vigilanza regolamentare riguarda il compito di disciplinare con regolamento una serie di attività,
alcuni dei quali sono: l’adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, organizzazione
amministrativa e contabile, modalità di deposito e sub-deposito di strumenti finanziari e del
denaro di proprietà della clientela.
La vigilanza informativa riguarda la possibilità da parte della Banca d’Itala e della Consob di
chiedere ai soggetti abilitati la comunicazione di dati, notizie e trasmissione di atti e documenti.
La vigilanza ispettiva riguarda la possibilità da parte della Banca d’Italia e della Consob di
effettuare ispezioni e di richiedere documenti e il compimento di determinati atti presso i soggetti
abilitati comunicandosi le ispezioni disposte.
Le Banche, per l’attività bancaria devono rispettare i principi di trasparenza stabiliti dalla Banca
d’Italia mentre per le attività di servizi di investimento devono seguire le regole stabilite dalla
Consob.
Con la legge del 10 ottobre 1990 n. 287 è stata costituita l’Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato (AGCM). Essa ha la potestà di applicare agli intermediari bancari le regole antitrust in
materia di divieto di intese lesive della concorrenza, abuso di posizione dominante e divieto di
operazioni di concentrazione. Tuttavia, tale legge, attribuiva il ruolo di autorità garante solo alla
Banca d’Italia ed essa è stata cancellata con una legge a tutela del risparmio nel 2005.
A seguito di una nuova legge, l’art. 20 della legge n. 287/1990 è stata riscritta. Nel caso in cui
l’intesa, l’abuso di posizione dominante o la concentrazione riguardano imprese operanti in settori
sottoposti alla vigilanza di più autorità, ciascuna di esse può adottare provvedimenti di propria
competenza. Per la richiesta di acquisizione del controllo di una Banca fanno seguito un
provvedimento della Banca d’Italia per il profilo prudenziale e un provvedimento dell’AGCM per il
profilo concorrenziale.
Con il nuovo art. 20, vi sono due provvedimenti distinti che devono essere entrambi positivi per
dare vita all’operazione.
Per eliminare il problema del conflitto di interesse tra autorità di vigilanza stabilità e autorità di
vigilanza concorrenza è opportuno attribuire a due autorità diverse due differenti competenze.

ATTIVITA’ BANCARIA – 4

L’attività bancaria comprende la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito.
Ad oggi, di operazioni creditizie, il TUB parla riferendosi a quelle definite “speciali” con riferimento
alle diverse categorie. Tali disposizioni sono le uniche che il TUB dedica all’attività di erogazione
del credito. Tuttavia, manca una definizione generale dell’attività creditizia ovvero l’erogazione del
fido ossia concessione di un credito sotto qualunque forma a qualsiasi soggetto sia esso impresa o
famiglia.
Per i contratti di fido, si fa riferimento al Codice Civile. Essa tratta di garanzie rilasciata dalla Banca.
Valenza giuridica ha anche il procedimento che conduce la Banca alla decisione dell’erogazione del
fido ossia l’istruttoria.
L’istruttoria ha lo scopo principale che l’affidato abbia le capacità economico-finanziarie di
restituire quanto ricevuto al momento stabilito, ma ha anche lo scopo di accertare che
l’erogazione avvenga nel rispetto delle norme di legge.
L’art. 11 comma 1 del TUB definisce la raccolta del risparmio come l’acquisizione di fondi con
l’obbligo di rimborso sia sotto forma di depositi sia sotto altre forme.
Nella definizione dell’art. 11, vi è una precisazione secondo cui la raccolta del risparmio deve
essere fatta fra il pubblico. Come pubblico non si intende una categoria predeterminata.
La raccolta può avvenire attraverso la stipulazione di contratti di deposito o attraverso la
sottoscrizione di titoli. Qualunque sia lo strumento con la quale viene effettuata tale raccolta, il
comma 2 dell’art. 11 del TUB attribuisce che tale raccolta deve essere esclusivamente effettuata
dalle Banche e vieta a qualsiasi altro soggetto di svolgere la funzione di raccolta.
Nella legge bancaria, la raccolta del risparmio fra il pubblico rientrava fra le attività riservate ed
era sanzionata in capo a chi la svolgeva senza autorizzazione. Se il risparmio veniva raccolto da un
soggetto che non lo dava a prestito a terzi, ma lo investiva in altro modo, non si ledeva alcuna
esclusiva e non scattava alcuna specifica sanzione. Da ciò nacque la norma di chiusura che
definisce chi può svolgere l’attività bancaria, con quali limiti e vieta ad ogni altro soggetto di
effettuare la raccolta.
A presidio di tale riserva è posta la norma penale: i soggetti che la violano sono penalmente
perseguibili per lo svolgimento abusivo dell’attività di raccolta.
Con una legge del 1991, in Italia la disciplina antiriciclaggio si applica sia alle banche sia a chi svolge
attività riconducibili a quelle bancarie, le c.d. finanziarie.
Con il d.lgs. n. 140/2010, l’intero titolo V del TUB è stato modificato e il precedente sistema
abbandonato.
Oggi, si ha una sola attività rilevante riservata agli intermediari finanziari iscritti in un apposito albo
tenuto dalla Banca d’Italia. Sugli iscritti, la Banca d’Italia attiva una vigilanza di carattere generale
avente ad oggetto il governo societario, adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio nelle
sue diverse configurazioni, organizzazione amministrativa e contabile, controlli interni e sistemi di
remunerazione e incentivazione.
Le società finanziarie che svolgono attività di micro-credito iscritte in un apposito albo possono
concedere a persone fisiche, società di persone, srls, associazioni o società cooperative
finanziamenti per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o micro-impresa che abbiano
un ammontare non superiore 25 mila euro e non siano assistiti da garanzie reali, siano finalizzati
all’avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all’inserimento nel mercato del lavoro, siano
accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti
finanziari.
L’esercizio professionale nei confronti del pubblico del servizio di consulenza in materia di
investimenti è riservato, come tutti i servizi e attività di investimento, a determinati soggetti. Tale
attività non pregiudica la possibilità per i consulenti finanziari, persone fisiche e società di
consulenza finanziaria di prestare la consulenza in materia di investimenti.
La normativa di settore riconosce la possibilità di prestare tale attività senza detenere somme di
denaro e strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. Tali soggetti sono detti consulenti
indipendenti.
I consulenti indipendenti non sono legati da alcun intermediario. Essi hanno una maggiore libertà
nello scegliere gli strumenti da proporre e sono pagati dai clienti che beneficiano del servizio loro
offerto. Tali consulenti offrono un servizio che prevede una selezione di prodotti finanziari più
adeguati al tipo di rischio e di obiettivo di investimento per il cliente.
La disciplina della professione di consulente finanziario è contenuta in una serie di leggi e altri atti
emanati dalla Consob, Banca d’Italia e Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Lo svolgimento dell’attività è riservato a coloro che sono iscritti in apposto albo, previo
superamento di un esame di abilitazione, e sono anche in possesso di esperienza pluriennale in
qualità di: agenti di cambio, negoziatori abilitati, funzionari di banca addetti alla
commercializzazione di prodotti finanziari, responsabili di controllo interno.
La consulenza dipendente, ossia le SGR, colloca gli asset creati dalla propria organizzazione.
Un ruolo specifico fra i soggetti finanziatori è riconosciuto dal c.d. Confidi (consorzi e cooperative
di garanzia collettiva per i fidi di piccole e medie imprese) il cui sostegno agevola l’accesso alle
imprese per i finanziamenti. Per tali soggetti la disciplina distingue fra coloro che possono decidere
di mantenersi iscritti nell’elenco omnibus e coloro che possono essere iscritti in un apposito
elenco tenuto da un organismo ad hoc.
Il Confidi assicura un’attività di consulenza e di aiuto all’accesso al credito, opera attraverso una
prima fase di screening sulle capacità economico-finanziarie dell’imprenditore, aiuta la
predisposizione di piani di sviluppo e progetti, introduce l’imprenditore in Banca assistendolo e
preparando la richiesta di fido da inoltrare. A tale attività, si affianca il finanziamento ovvero la
prestazione di una fideiussione a garanzia del fiso concesso.
Anche le Banche trarrebbero vantaggi dal sistema in termini di garanzia e conoscenza delle singole
imprese che il Confidi può assicurare e sul quale fondare un’istruttoria più completa e affidabile.
Vi sono stati interventi normativi che hanno spinto Confidi di piccole dimensioni a fondersi con
altre di dimensioni maggiori o a trasformarsi in Banche di garanzia, ma con risultati non sperati.
L’art. 10 comma 3 TUB dispone che, le Banche, oltre all’attività bancaria vera e propria, esercitano
ogni altra attività finanziaria secondo la disciplina propria di ciascuna.
La nozione di attività bancaria non ha una definizione specifica nel nostro ordinamento. Tuttavia,
l’oggetto della sua funzione di intermediazione riguarda la moneta, strumenti finanziari, prodotti
assicurativi.
Oltre all’attività bancaria e finanziaria, le Banche possono svolgere attività ad esse connesse o
strumentali.
È strumentale quell’attività che, svolta dalla Banca, le consente di esercitare meglio l’attività
finanziaria.
È connessa quell’attività che, svolta dalla Banca, viene svolta meglio di quanto lo sarebbe se non
fosse esercitata in connessione con l’attività finanziaria.
Un ulteriore settore di attività delle Banche è quella relativa ai servizi, alcuni dei quali sono: servizi
di custodia, servizi di pagamento e servizi di incasso.

ATTIVITA’ FINANZIARIA – 5

L’art. 18 comma 1 del TUF enuncia che, l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei
servizi di investimento è riservato alle imprese di investimento e alle Banche.
La prestazione dei servizi di investimento insieme alla gestione collettiva del risparmio
rappresenta la principale attività che gli intermediari finanziari svolgono nel mercato finanziario.
Attività e servizi hanno ad oggetto strumenti finanziari. Alcune attività per i servizi di investimento
che hanno come oggetto strumenti finanziari sono: negoziazione per conto proprio, gestione di
portafogli, consulenza in materia di investimenti, gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.
La negoziazione per conto proprio,si intende l’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari
in contropartita diretta e in relazione a ordini dei clienti nonché l’attività di market maker. Il
market maker è un soggetto disposto a negoziare in contropartita diretta acquistando e vendendo
strumenti finanziari a prezzi da esso definiti.
La gestione di portafogli, si intende la gestione di portafogli di investimento che includono uno o
più strumenti finanziari.
La consulenza in materia di investimenti, si intende la prestazione di raccomandazioni
personalizzate ad un cliente, dietro su richiesta, riguardo una o più operazioni relative ad un
determinato strumento finanziario.
La gestione di sistemi multilaterali di negoziazione, si intende la gestione di sistemi multilaterali
che consentono l’incontro di interessi multipli di acquisto o di vendita di terzi relativi a strumenti
finanziari in modo da dare luogo alla stipulazione dei contratti.
Per l’attività di negoziazione, la legge, ha introdotto nel TUF la disciplina della gestione di
portafogli online per la raccolta di capitali per il finanziamento di startup innovative e delle offerte
al pubblico di strumenti finanziari attribuendo alla Consob il potere di individuare le regole
applicabili e di vigilare sui gestori dei portali.
L’attività di raccolta di capitali effettuata via internet tramite portali volta ad agevolare il
finanziamento di progetti prende il nome di crowdfunding.
Il crowdfunding indicala possibilità per le imprese di raccogliere capitali di rischio tramite la rete
internet effettuando un appello al pubblico risparmio rivolto ad un elevato numero di destinatari
ai quali è conferita la possibilità di effettuare investimenti anche di modesta entità.
Tale modalità di raccolta ha subito un crescente sviluppo ed è stata utilizzata anche per la
realizzazione di vere e proprie offerte di capitali di rischio, il c.d. equity crowdfunding. Esso è
finalizzato alla sottoscrizione di strumenti finanziari.
Tuttavia, tale modalità di raccolta pone un problema di tutela degli investitori accentuato dal fatto
che si propone la sottoscrizione di strumenti finanziari particolarmente rischiosi, in quanto
dipendono da progetti imprenditoriali innovativi dall’esito incerto.
Il TUF aggiunge alla descrizione dei servizi di investimento la definizione dei servizi accessori,
alcuni dei quali sono: custodia e amministrazione di strumenti finanziari, locazione di cassette di
sicurezza, servizi connessi all’emissione e al collocamento di strumenti finanziari.
Per i servizi accessori, gli intermediari finanziari devono utilizzare le stesse regole di condotta che
presiedono lo svolgimento dei servizi e delle attività di investimento.
ATTIVITA’ DI GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO – 6

I fondi comuni rappresentano un’opportunità di investimento offerte agli investitori che fanno
confluire i propri risparmi in una gestione collettiva che, in virtù della grande massa di denaro,
riescono a realizzare investimenti più favorevoli rispetto al singolo patrimonio individualmente
gestito.
La gestione collettiva del risparmio si articola in una duplice forma: promozione, istituzione e
organizzazione di fondi comuni di investimento e gestione di organismi di investimento collettivi
del risparmio (OICR) di propria o altrui istituzione.
Una SGR può cumulare in sé entrambe le funzioni e promuove, istituisce e gestisce un fondo
comune di investimento. La creazione di tali fondi deve essere garantita e sorvegliata dalla stessa
SGR.
In base al servizio prestato, la SGR, si divide in due tipologie: società promotrice e società gestore.
La società promotrice promuove, istituisce e organizza i fondi comuni di investimento e
amministra i rapporti con i partecipanti.
La società gestore gestisce il patrimonio di OICR di propria o altrui istituzione mediante
l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o immobili.
I fondi comuni concorrono con le società di investimento a capitale variabile ovvero le SICAV, a
formare la categoria degli organismi di investimento collettivo del risparmio.
I fondi comuni costituiscono un tipo di organismo di investimento collettivo a schema contrattuale
in cui il rapporto di partecipazione dell’investitore all’organismo è regolato da un documento
contrattuale.
La SICAV è una società per azione a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia
ed ha per oggetto sociale esclusivo l’investimento collettivo del risparmio raccolto mediante
l’offerta al pubblico di proprie azioni. Essa è composta da un modello di organismo collettivo a
schema statutario in cui il rapporto di partecipazione dell’investitore all’organismo è disciplinato
dallo statuto della stessa SICAV.
L’art. 33 comma 1 TUF individua i soggetti abilitati a prestare il servizio di gestione collettiva del
risparmio ovvero le società di gestione del risparmio (SGR), le società di investimento a capitale
variabile (SICAV) e le società di gestione armonizzate.
Le SGR oltre ad esercitare il servizio di gestione collettiva possono prestare anche il servizio
individuale di portafogli di investimento. Le SGR, per svolgere la loro attività, devono ottenere
un’autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, che le iscrive in apposito albo.
Il fondo è un patrimonio autonomo, suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di
partecipanti, raccolto tra una pluralità di investitori, gestito per l’interesse dei partecipanti e in
autonomia dai medesimi.
L’autonomia del fondo è funzionale ad assicurare la tutela degli interessi degli investitori
partecipanti al fondo ed evitare che tale fondo possa subire azioni da parte di terzi. Non sono
ammessi azioni su tale patrimonio da parte dei creditori della SGR o nell’interessa della stessa, dai
creditori della banca depositaria o sub-depositaria. I creditori dei partecipanti possono
promuovere azioni solo sulle quote di partecipazione dei singoli investitori e non sulla totalità del
patrimonio del fondo. Il regime di autonomia patrimoniale del fondo è bilaterale.
Nelle quote di pertinenza, l’investitore, a fronte del proprio apporto economico al fondo riceve
una o più quote che individuano l’entità della propria partecipazione rappresentate da certificati
nominati o al portatore. Le quote dei fondi sono strumenti finanziari e attribuiscono diritti di
natura patrimoniale. Il regolamento del fondo prevede l’esistenza di diverse classi di quote
ciascuna delle quali dotate di propri diritti di natura patrimoniale e amministrativa.
Il patrimonio del fondo può essere raccolto tra una pluralità di partecipanti oppure si può
costituire un fondo caratterizzato da un singolo partecipante.
La funzione di gestione e la realizzazione della politica di investimento del fondo sono affidate ad
una società di gestione del risparmio.
Nella ripartizione dei compiti tra i diversi attori del servizio di gestione collettiva del risparmio, il
legislatore affida alla Banca depositaria la custodia degli strumenti finanziari e delle disponibilità
liquide che compongono il patrimonio dei fondi comuni di investimento e assume una funzione di
tutela degli investitori.
Alla Banca depositaria sono affidate anche funzioni di controllo sull’operato della società di
gestione. La Banca si profila come soggetto terzo garante del comportamento della società di
gestione del risparmio nei confronti dei partecipanti al fondo. Essa, nell’esercizio delle sue funzioni
di Banca depositaria, accerta la legittimità delle operazioni di emissione e di rimborso delle quote
del fondo, accerta la correttezza del calcolo del valore delle quote del fondo, esegue le istruzioni
delle società di gestione del risparmio se non sono contrarie alla legge o al regolamento o alle
prescrizioni degli organi di vigilanza.
A fronte di un’istruzione contraria alla legge, al regolamento o alle prescrizioni delle autorità, la
Banca può rifiutarsi di porle in essere. Il rifiuto non costituisce un’ipotesi di inadempimento degli
obblighi derivanti dal rapporto contrattuale con la società di gestione del risparmio. Il rifiuto evita
il configurarsi di una responsabilità della Banca nei confronti dei partecipanti per danni derivanti
dal compimento dell’operazione illegittima.
La Banca d’Italia autorizza l’esercizio delle sue funzioni di Banca depositaria e sentita la Consob
disciplina le condizioni per l’assunzione del relativo incarico e le modalità di sub-deposito dei beni
del fondo.
La ripartizione dei compiti tra società di gestione e Banca depositaria è definita dal regolamento
del fondo comune di investimento che, individua le caratteristiche e il funzionamento del fondo e
disciplina i rapporti che si instaurano con i partecipanti.
Il regolamento ha natura negoziale, in quanto viene predisposto unilateralmente dalla società di
gestione e contiene le condizioni generali del contratto di investimento. Il contenuto del
regolamento e le relative modalità di approvazione e di modifica sono disciplinate dalle leggi.
La normativa primaria contiene un’elencazione delle previsioni del regolamento del fondo
riconducibili a quattro categorie: attività di investimento, regole di funzionamento del fondo,
regime dei proventi, regime delle spese.
L’attività di investimento descrive le politiche di investimento ossia le modalità che le SGR si
prefiggono di seguire nell’allocazione del patrimonio del fondo gestito.
Nelle regole di funzionamento del fondo, il legislatore chiede di specificare la denominazione e
durata del fondo, le modalità di sottoscrizione e rimborso delle quote di partecipazione, emissione
dei certificati rappresentativi, liquidazione del fondo e pubblicità del valore delle quote. Essa tratta
di informazioni che illustrano all’investitore le modalità di costituzione del rapporto con la SGR.
I proventi indicano i risultati della gestione ovvero le eventuali modalità di ripartizione e
distribuzione dei medesimi.
Il regime delle spese distingue le spese a carico del fondo e le spese a carico della società di
gestione del risparmio.
L’approvazione del regolamento del fondo implica un controllo pubblico preventivo sulla struttura,
sul contenuto, un giudizio sulla sua completezza e sulla conformità alla disciplina di settore.
La regolamentazione del settore individua differenti tipologie di fondi e il TUF affida alla
regolamentazione secondaria la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondi.
Alcuni dei criteri in base ai quali è possibile operare una tassonomia dei fondi sono: conformità
alla disciplina europea, forma assunta, destinazione delle quote, oggetto dell’investimento, livello
del rischio dell’investimento.
La classificazione basata sulla forma assunta dal fondo di investimento consente di distinguere tra
fondi aperti e fondi chiusi.
Nei fondi aperti il partecipante può richiedere il rimborso in qualsiasi momento. Nella categoria
dei fondi aperti, sulla base del criterio della conformità alla disciplina europea, si distinguono:
fondi aperti armonizzati e fondi aperti non armonizzati.
Nei fondi aperti armonizzati, si può investire il patrimonio nei beni indicati dalle direttive europee
come i valori mobiliari (quotati e non quotati), derivati (quotati e non quotati), depositi bancari.
Nei fondi aperti non armonizzati, si può investire il patrimonio negli stessi beni dei fondi aperti
armonizzati, ma con rischi meno stringenti.
I fondi chiusi consentono ai partecipanti il rimborso delle quote solo alle scadenze
predeterminate. Assumono forma chiusa i fondi il cui patrimonio sia investito in beni immobili,
diritti reali immobiliari, partecipazioni in società immobiliari, crediti e altri titoli rappresentativi di
crediti.
In ragione della limitata possibilità di rimborso anticipato, al fine di consentire agli investitori di
beneficiare di un’occasione di disinvestimento prima della scadenza predeterminata, la normativa
di settore richiede che i certificati dei fondi chiusi che abbiano un ammontare minimo di
sottoscrizione inferiore a 25 mila euro siano ammessi a quotazione. Inoltre, la loro governance
prevede che i partecipanti si riuniscano in assemblea per adottare le delibere vincolanti per la
società di gestione.
Nella categoria dei fondi chiusi rientrano i fondi immobiliari ossia quegli organismi che investono
esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari, partecipazioni in
società immobiliari. I fondi immobiliari investono il proprio patrimonio in misura non inferiore ai
due terzi del valore del fondo nei suddetti beni. Per evitare sovra o sottovalutazioni sono fissate
particolari cautele.
Nei fondi immobiliari non sussiste alcun divieto di effettuare operazioni di acquisto o vendita di
beni con i soci della società di gestione dei fondi immobiliari o delle società facenti parte del
gruppo rilevante cui essa appartiene.
Il regolamento del fondo riservato gode di ampia autonomia nel determinare la politica di
investimento ed è assoggettato a minori limiti di concentrazione del rischio e di carattere
prudenziale previsti per le categorie ordinare di fondi aperti e fondi chiusi. Il fondo riservato è uno
speciale fondo aperto e uno speciale fondo chiuso.
La partecipazione a tali forme di fondi è riservata solo a investitori qualificati come investitori
istituzionali, fondazioni bancarie e persone fisiche e giuridiche dotate di competenze esperienza in
operazioni in strumenti finanziari. Gli elementi che accomunano tali diversi soggetti sono la loro
esperienza e competenza in operazioni finanziari.
I fondi garantiti si possono istituire in forma aperta o chiusa. Essi si caratterizzano per il fatto di
offrire all’investitore la garanzia della restituzione del capitale investito ovvero un riconoscimento
di un capitale minimo.
Allo scopo di preservare l’organismo da eventuali rischi di stabilità, l’offerta di garanzia
presuppone che una SGR abbia stipulato apposite convenzioni con Banche o imprese di
investimento o imprese di assicurazioni.
I fondi speculativi comportano un profilo di rischio elevato per i partecipanti per cui la disciplina
secondaria prevede stabilisce alcune garanzie a tutela degli investitori. Il regolamento del fondo
deve menzionare la rischiosità dell’investimento.
La disciplina secondaria enuncia che, i fondi speculativi sono destinati a investitori facoltosi che
possano sostenere eventuali perdite derivanti da investimenti rischiosi.
L’importo minimo di sottoscrizione è di 500 mila euro e l’importo non può essere frazionato.
Un’altra tipologia di fondi sono i fondi pensioni ossia una forma di previdenza complementare. La
COVIP autorizza la costituzione di tali fondi e ne controlla l’attività.
I fondi pensione si dividono in due fasi: fase di raccolta e fase di erogazione.

GLI STRUMENTI FINANZIARI E I CRITERI DI COMPORTAMENTO – 7

I servizi di investimento hanno ad oggetto unificante gli strumenti finanziari caratterizzati


dall’essere liberamente trasferibili.
La direttiva MIFID ha seguito il vigente TUF che ha raccolto nella categoria degli strumenti
finanziari i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario.
Per i valori mobiliari si intendono i titoli negoziabili sul mercato dei capitali, certificati di deposito
azionario, obbligazioni e altri titoli di credito.
Per strumento del mercato monetario si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati
nel mercato monetario quali i buoni del tesoro, certificati di deposito e carte commerciali.
Tali strumenti seguono il requisito della negoziabilità.
La Direttiva MiFID è entrata in vigore il 1° novembre del 20007 in tutti gli Stati dell’UE.
La Direttiva MiFID ha introdotto importanti novità nell'ambito della disciplina dei mercati, dei
servizi e degli strumenti finanziari, allo scopo di creare a livello europeo un mercato finanziario più
integrato e concorrenziale e, nel contempo, rafforzare la tutela per l'investitore. Tale tutela si è
realizzata attraverso obblighi informativi a carico della banca, valutazione di appropriatezza o
adeguatezza dei servizi di investimento offerti al cliente o richiesti da quest'ultimo, esecuzione
degli ordini del cliente alle migliori possibili condizioni (best execution), gestione degli ordini,
periodica rendicontazione, informativa sui conflitti di interesse.
Con lo scopo di rafforzare la tutela degli investitori, il 3 gennaio del 2018 è entrata in vigore la
normativa MiFID II. Tale intervento normativo persegue le stesse finalità della Direttiva MiFID I e
introduce ulteriori elementi mirati a innalzare il livello di protezione della clientela e il livello di
trasparenza sui prodotti finanziari.
I contratti derivati sono contratti incorporati in strumenti finanziari il cui valore deriva dal prezzo
di un bene sottostante o dal valore di un parametro di riferimento. Essi sono contratti di natura
finanziaria che consistono nella negoziazione a termine di un’entità e nella relativa valorizzazione
autonoma del differenziale.
Il contratto derivato crea un differenziale dato dal raffronto tra il valore dell’entità negoziata al
momento della stipulazione e il valore di quella stessa entità al momento dell’esecuzione. Tutti i
contratti derivati presentano l’incertezza connessa alle fluttuazioni che le entità di riferimento
possono assumere nel tempo.
Le tipologie di derivati sono: derivati finanziari, derivati su merci, derivati creditizi, derivati
economici e derivati esotici.
I derivati finanziari assumono a proprio parametro entità finanziari come i valori mobiliari, tassi di
interesse, tassi di rendimento.
I derivati su merci assumono a proprio parametro merci. Essi rientrano nella definizione normativa
solo se è soddisfatta almeno una delle relative condizioni come nel caso in cui la loro liquidazione
avviene fisiologicamente in contanti.
I derivati creditizi sono definiti per il loro oggetto o per il loro effetto ossia quello del trasferimento
del rischio di credito. Il tipo più frequento di derivato creditizio è il credit default swap in cui il
protection seller corrisponde al protection buyer un certo indennizzo nel caso di deterioramento
del profilo creditizio di una certa entità di riferimento.
I derivati economici assumono a proprio parametro indici economici ovvero indici para-economici.
Il regolamento di tali derivati avviene attraverso pagamento del differenziale in contanti o a
discrezione di una delle parti.
I derivati esotici sono concepiti dal legislatore come una categoria aperta che comprende
qualunque tipologia di contratti connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure.
La causa dei derivati consiste nella negoziazione di un rischio e nella sua monetizzazione. Il rischio
negoziato può anche essere estraneo alla sfera giuridica dei contraenti. Un soggetto X trasferisce
al soggetto Y il rischio di ribasso dell’azione, ma il soggetto X non è titolare di tale azione e del
rischio correlato ad essa. Inoltre, gli strumenti derivati disciplinati dal TUF non soggiacciono al
regime giuridico del gioco e della scommessa poiché non producono uno spostamento irrazionale
di ricchezza governato dalla buona o dalla cattiva sorte, ma consentono una negoziazione e una
monetizzazione di un rischio calcolato razionalmente sulla base delle informazioni disponibili.
Essi hanno una duplice funzione: speculativa e copertura.
La funzione speculativa si realizza quando vi è soltanto la volontà delle parti di speculare sul prezzo
futuro di un indice, di un bene, di un titolo.
La funzione di copertura postula che, una parte che corre un rischio e voglia coprirsi da tale rischio
stipula un derivato con un intermediario esperto.
Un’altra categoria di derivati sono i titoli c.d. spazzatura nei quali il rischio è molto elevato. Il
rendimento dei titoli è direttamente proporzionale al rischio.
Mediante la trasparenza, ossia l’informativa, gli intermediari devono offrire alla clientela in ordine
ai rischi insiti ai vari titoli.
La conoscenza del rischio è fondamentale per l’investitore che si accinge a compiere un impiego
del proprio risparmio attraverso l’acquisto di strumenti finanziari per cui è fondamentale
l’importanza della trasparenza intesa come informativa e conoscenza.
Prescindendo dalle distinzioni derivanti dalla tipologia di investimento, nel rapporto Banca/SIM-
cliente, ai fini della consapevolezza del cliente, è oggetto sia da parte del TUB sia da parte del TUF
di specifica e decisiva attenzione riguardo l’informativa.
Il sistema di tutela degli investitori si muove dal presupposto che le parti coinvolte in un servizio di
investimento non abbiano lo stesso potere contrattuale e occorrono disposizioni per ottenere un
riequilibrio delle posizioni.
La struttura di tali regole, dettate da norme di fonte primaria e norme di fonte secondaria, si
articola su due livelli: il primo livello include norme di portata generale mentre il secondo livello
racchiude norme di dettaglio applicabili a singoli servizi di investimento e accessori.
Nell’ambito del primo livello sono individuati i criteri generali di comportamento e le norme che
disciplinano i contratti di investimento. I criteri generali di comportamento sono riferiti sia ai
rapporti contrattuali tra i soggetti abilitati e i clienti sia all’organizzazione e alle procedure interne
degli intermediari.
L’art. 21 TUF stabilisce che, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento, i soggetti
abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio
l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati.
La diligenza richiesta dalla norma è quella di carattere professionale commisurata alla natura
dell’attività svolta.
La correttezza va intesa come sinonimo di buona fede oggettiva e di lealtà nella prestazione del
servizio al fine di assicurare la massima tutela dell’interesse del cliente.
L’art. 21 prescrive regole di diligenza, correttezza e trasparenza al fine di integrare i doveri degli
intermediari tenuti a rispettare tutti gli obblighi espressamente prescritti da norme di rango
primario e secondario e quelli generali di comportamento.
Il suddetto articolo, inoltre, assegna la funzione di richiedere che gli intermediari si comportino in
modo da non turbare l’ordinato svolgimento dei mercati finanziari rispettando le regole di corretta
operatività.
La scelta tra differenti opportunità di investimento è un problema di raccolta e valutazione di
informazioni e dati sull’effettivo valore dello strumento finanziario nel quale si vuole investire e
sulla situazione economico-finanziaria del cliente. Tali informazioni e dati consentono di valutare il
rendimento in relazione al rischio che tale investimento comporta.
Le informazioni finanziarie sono complesse e concentrate presso i soggetti a cui si riferiscono. Esse
presentano costi di accesso e costi di comprensione che gravano sui soggetti che intendano
acquisirle e avvalersene.
L’art. 21 TUF prescrive un flusso di informazioni biunivoco tra cliente e intermediario obbligando
gli intermediari ad acquisire tutte le informazioni necessarie dai clienti e ad operare in modo che
essi siano sempre informati.
Il Regolamento Intermediari emanato dalla Consob individua le condizioni affinché le informazioni
possano dirsi corrette, chiare e non fuorvianti prescrivendo regole funzionali a garantire una
probabile comprensione dell’informazione.
L’obiettivo della disciplina è di consentire agli investitori di comprendere la natura del servizio e
del tipo di strumento finanziario in modo da potere assumere decisioni di investimento in maniera
consapevole mentre sull’intermediario grava un obbligo informativo qualificato e di risultato.
La disciplina regolamentare sulle modalità e i tempi di adempimento dell’obbligo informativo
stabiliscono che le informazioni devono essere rese su supporto cartaceo, salvo che il cliente
manifesti il proprio consenso per un formato differente, mentre per i tempi dipende tra le
informazioni da rendere in fase precontrattuale e le informazioni contestuali alla conclusione del
contratto.
Tuttavia, gli obblighi di comportamento sono diversi a seconda del tipo di contratto di
investimento e delle caratteristiche soggettive del cliente.
Il criterio di graduazione che tiene conto della tipologia del servizio di investimento distingue i
suddetti servizi in: servizi a valore aggiunto, servizi esecutivi e servizi di mera esecuzione.
Ai servizi a valore aggiunto si applica la regola dell’adeguatezza.
Ai servizi esecutivi si applica la regola dell’appropriatezza.
I servizi di mera esecuzione non trovano applicazione né la regola di adeguatezza né la regola di
appropriatezza.
Con il Regolamento Intermediari sono stati fissati parametri rigorosi nell’indagine sull’adeguatezza
che non possono essere superati neppure da un consenso scritto da parte del cliente
all’esecuzione dell’operazione valutata come inadeguata. La regola dell’adeguatezza ha natura
inderogabile.
Ai fini della valutazione, l’intermediario deve acquisire dal cliente le informazioni relative alla sua
conoscenza ed esperienza nel settore di investimento, situazione finanziaria, obiettivi di
investimento.
Sulla base delle informazioni ricevute, l’intermediario esprime un giudizio sull’adeguatezza
dell’operazione consigliata. Il rifiuto del cliente di fornire le informazioni richieste obbliga
l’intermediario ad astenersi dal compimento dell’operazione. Nel caso in cui le informazioni
fornite risultino non aggiornate, incomplete o inesatte, all’intermediario è vietato utilizzare tali
documenti ed è tenuto a richiedere tempestivamente un’integrazioni di tali documenti al cliente o
a sospendere lo svolgimento del servizio comunicando la motivazione di tale sospensione.
Per i servizi esecutivi, si profila l’esigenza di un minor livello di tutela dell’investitore e si
impongono minori obblighi a carico dell’intermediario, in quanto è più ridotta la conoscenza delle
informazioni dell’investitore da parte dell’intermediario.
Nella prestazione dei servizi diversi dalla consulenza e dalla gestione di portafogli, i soggetti
abilitati sono tenuti ad acquisire dal cliente solo le informazioni relative alla sua conoscenza ed
esperienza in materia di investimenti riguardo al prodotto o servizio proposto o chiesto al fine di
determinare se il servizio o il prodotto in questione è appropriato per il cliente, il c.d. test di
appropriatezza.
Il giudizio di non appropriatezza non pregiudica la possibilità per l’intermediario di dare corso
all’operazione ritenuta inappropriata.

ANCORA SUI CRITERI DI COMPORTAMENTO E SULLA PRESTAZIONI DI SINGOLI SERVIZI – 8

Per i servizi di mera esecuzione, si intendono quei servizi la cui prestazione per conto della
clientela non viene in alcun modo qualificata o accompagna da un’attività dell’intermediario di
natura consulenziale e non è richiesta la preventiva acquisizione delle informazioni.
Tali servizi vengono distinti in: servizi di esecuzione di ordini e servizi di ricezione e trasmissione di
ordini.
Il loro svolgimento avviene solo se ha per oggetto specifici strumenti finanziari, alcuni dei quali
sono: azioni ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato, strumenti del mercato
monetario, obbligazioni o altri titoli di debito, altri strumenti finanziari non complessi.
Inoltre, il servizio viene svolto su iniziativa del cliente.
Il cliente è informato che, nello svolgimento del servizio, l’intermediario non è tenuto a valutare
l’appropriatezza e non beneficia della protezione offerta da egli stesso. Il cliente è solo tutelato
dall’esistenza di conflitti di interesse.
La regola della best execution è la regola in forza del quale l’intermediario è tenuto a garantire al
cliente l’esecuzione degli ordini di negoziazione in un contesto normativo in cui esistono più sedi
di negoziazione. Il presupposto è che sia possibile eseguire l’ordine su più mercati, anche non
regolamentati.
La concentrazione degli ordini in mercati regolamentati garantisce sicurezza al cliente, in quanto è
un mercato regolamentato e controllato.
In relazione al servizio di esecuzione degli ordini, l’osservanza della regola di best execution si
caratterizza nella definizione di strategie di esecuzione degli ordini, la c.d. execution policy. Essa
tiene conto della selezione delle sedi di negoziazione e del loro concreto utilizzo in funzione delle
tipologie di strumenti finanziari o di operazioni da compiere.
Ogni intermediario elabora e adotta una propria execution policy personalizzandola sulla base
delle proprie caratteristiche operative e di business per il raggiungimento del miglior risultato per
il cliente.
La regola della best execution non trova applicazione se il cliente impartisce istruzioni specifiche in
merito alla selezione delle sedi di esecuzione.
Il regolamento impone che gli intermediari devono offrire al cliente informazioni sulla strategia di
esecuzione degli ordini specificando se tale strategia prevede la possibilità che gli ordini vengano
eseguiti al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione e gli
intermediari devono ottenere il consenso preliminare dal cliente prima di procedere all’esecuzione
di ordini al fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione.
Qualora il cliente impartisca istruzioni specifiche, l’intermediario è tenuto ad attenersi.
Le regole di comportamento sono graduate in maniera differente in base alla tipologia di servizio e
delle caratteristiche soggettive del cliente al fine di assicurare un equilibrio tra l’esigenza di tutela
degli investitori e l’obiettivo del contenimento dei costi degli intermediari.
Vi sono tre categorie di investitori: controparti qualificate, clienti professionali, clienti al dettaglio.
Le controparti qualificate dipendono dalle caratteristiche soggettive dei clienti e dalla tipologia di
servizio prestato.
Alcune categorie che rientrano sotto il profilo soggettivo sono: banche, imprese di assicurazioni,
SGR.
L’art. 6 del TUF enuncia che, la categoria delle controparti qualificate, si configura solo in relazione
alla prestazione dei servizi di negoziazione per contro proprio, di esecuzione di ordini per conto del
cliente e di ricezione e trasmissione di ordini.
Nella categoria dei clienti professionali, rientrano gli investitori che possiedono esperienza,
competenza e conoscenza per assumere le proprie decisioni in materia di investimenti e valutare i
rischi.
I clienti possono essere considerati professionali di diritto, in quanto valutati in tal modo dal
legislatore dopo una valutazione delle caratteristiche e del rilascio della relativa idoneità a far
parte di tale categoria.
A seconda della loro natura, essi possono dividersi in: privati e pubblici.
Compente alla Consob, sentita la Banca d’Italia, l’individuazione dei clienti professionali privati di
diritto.
Compente al Ministero dell’Economia, sentita la Consob e la Banca d’Italia, l’individuazione dei
clienti professionali pubblici di diritto.
Alla categoria dei clienti professionali viene riconosciuto un livello di protezione intermedio e non
si applicano le disposizioni del Regolamento Intermediari riguardo gli oneri, costi, servizi e
informazioni sull’intermediario.
La categoria dei clienti al dettaglio sono soggetti che non rientrano né sotto il profilo di cliente
professionale né sotto il profilo di controparte qualificata. Tali clienti, essendo in possesso di
minore esperienza e competenza in materia di investimenti necessitano di un livello di protezione
più elevato in fase precontrattuale in fase di esecuzione del contratto.
Il meccanismo di classificazione della clientela riduce l’efficacia delle dichiarazioni auto qualificanti
dei clienti ed è centrato su parametri rigorosi affidati alla valutazione dell’intermediario. Tale
meccanismo, si presenta dinamico, in quanto il cliente, può richiedere, salvo alcune eccezioni, il
passaggio da una categoria ad un’altra.
Al cliente è esclusa la possibilità di una classificazione come controparte qualificata su richiesta
mentre è possibile la classificazione come cliente professionale su richiesta. Quanto al passaggio
alla categoria inferiore, per il declassamento di una controparte qualificata o di un cliente
professionale al livello di cliente retail, occore un accordo scritto con l’intermediario.
La prestazione di un servizio o di un’attività di investimento costituisce oggetto di un contratto
regolato dall’art. 23 del TUF e dal Regolamento richiamato.
La disciplina primaria e secondaria di settore trova applicazione nei confronti del c.d. contratto
quadro ovvero destinato a regolare in via generale le singole operazioni di investimento o
disinvestimento poste in essere. Tale articolo persegue la tutela della parte debole del contratto.
L’art. 21 del TUF enuncia che, l’intermediario ha l’obbligo di perseguire al meglio gli interessi del
cliente.
L’esigenza di tutela del contraente debole si riflette nella forma dei contratti relativi alla
prestazione dei servizi di investimento i quali devono essere redatti per iscritti e una copia dello
stesso deve essere consegnata al cliente.
Il Regolamento Intermediari, a integrazione dei doveri generali di trasparenza e informazione,
impone all’intermediario di indicare nel dettaglio tutti gli elementi idonei a consentire al cliente un
investimento consapevole.
Le disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, non si
applicano ai servizi e alle attività di investimento e nemmeno al collocamento di prodotti
finanziari, salvo si tratti di operazioni di credito al consumo.
Nei servizi di investimento, i soggetti abilitati, possono agire in nome proprio e per conto del
cliente solo previo consenso scritto dal cliente.
La struttura delle regole di comportamento applicabili alla prestazione dei servizi di investimento
si articolano su due livelli: portata generale e portata speciale.
La disciplina della negoziazione per contro proprio e dell’esecuzione di ordini per contro dei clienti
si caratterizza sotto il profilo della gestione degli ordini.
Agli intermediari è fatto divieto di usare scorrettamente le informazioni relative ad ordini in attesa
di esecuzione. Di fondamentale importanza è la disciplina che regolamenta la possibilità di
aggregazione degli ordini. La relativa disciplina assicura che ci sia parità di trattamento tra gli
investitori i cui ordini siano fatti oggetto di aggregazione e di evitare pregiudizi derivanti da
possibili conflitti di interesse tra gli stessi investitori o tra investitori e intermediari.
L’art. 24 del TUF formula norme speciali per il servizio di gestione di portafogli seguendo specifiche
regole. Alcuni elementi che il contratto di gestione di portafogli deve indicare sono: tipi di
strumenti finanziari, obiettivi di gestione, se il portafoglio del cliente può essere caratterizzato da
effetto leva, il parametro di riferimento.
Il parametro di riferimento individua il benchmark al quale rapportare il rendimento del
portafoglio per valutare la convenienza per il cliente. La funzione del benchmark è quella di
effettuare una previsione di redditività del portafoglio basata sulla stima dei dati storici dei
rendimenti attesi. Esso valuta l’operato del gestore.
Per quanto concerne l’assetto normativo, la disciplina in materia di adeguatezza enuncia che, il
gestore deve astenersi dal compiere operazioni non adeguate per il cliente mentre per la
consulenza in materia di investimenti, esso è l’unico contratto di investimento per il quale non è
prevista la forma scritta obbligatoriamente.
La prestazione di servizi di investimento può avvenire anche al di fuori delle sedi del soggetto
abilitato e con tecniche di comunicazione a distanza. Essa integra elementi identificativi del
collocamento quando sia svolta con carattere di professionalità e abbia ad oggetto strumenti
finanziari.
Le tecniche di comunicazioni a distanza consistono in tecniche di contatto con la clientela diverse
dalla pubblicità che non comportano la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto
offerente o di un suo incaricato. La pubblicità è caratterizzata da una rilevanza informativa.
L’offerta fuori sede indica la promozione e il collocamento presso il pubblico di strumenti
finanziari, servizi di investimento o altri prodotti finanziari fuori dalla sede e dalle eventuali
dipendenze dell’intermediario o dell’emittente.
L’offerta fuori sede è riservata a soggetti autorizzati alla prestazione del servizio fuori sede a
diretto contatto con i clienti ovvero i promotori finanziari. Essi sono persone fisiche iscritte in
apposito albo che esercitano l’attività in qualità di dipendenti, agenti o mandatari.
Per tutelare i clienti è stato riconosciuto lo ius poenitendi da esercitare entro sette giorni dalla
conclusione del contratto. L’art. 30 comma 6 del TUF stabilisce che durante tale periodo è
legalmente sospesa l’efficacia del contratto di investimento. L’investitore può esercitare il diritto
di ripensamento comportando l’inefficacia del contratto.
Lo ius poenitendi deve essere menzionati nei moduli o formulati, pena nullità del contratto. Tale
diritto, essendo attribuito da una norma speciale, non può essere applicato a tutti i contratti di
investimento, ma solo in quelli previsti dalla legge.
Il potere di recesso può sorgere per previsione legislativa ovvero il recesso legale oppure in altri
casi è il regolamento negoziale che prevede, al verificarsi di certe condizioni, che una parte abbia il
diritto di recedere dal contratto ovvero il recesso convenzionale.
La facoltà di recesso è ammessa fin quando il contratto non ha avuto un principio di esecuzione
mentre contratti ad esecuzione continuata o periodica a tempo indeterminato le parti possono
sciogliere il rapporto in qualunque momento attraverso la disdetta.
L’offerta a distanza, si svolge con modalità che non comportano l’istaurazione di un rapporto fisico
e simultaneo tra investitore e il soggetto abilitato. Tale tipologia di offerta è regolata dalla Consob
in conformità con la disciplina fuori sede e quella della commercializzazione a distanza di servizi
finanziari ai consumatori.

SULLA TRASPARENZA BANCARIA – 9

La legge sulla trasparenza bancaria si applica sia alle Banche sia agli intermediari finanziari che
svolgono attività di finanziamento come stabilisce l’art. 106 del TUB.
Le norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari risale dalla legge n. 154 del 1992
confluita nel TUB nel 1993.
La caratteristica di tale regolamentazione è che i clienti delle Banche negli altri paesi d’Europa
sono tutelati dal Codice Civile. Un’altra caratteristica è che prevede una disciplina uniforme per
tutti i clienti.
Quest’ultima caratteristica è stata attenuata dalle Istruzioni di vigilanza sulla trasparenza e la
Banca d’Italia ha diviso la clientela in: consumatori, clienti al dettaglio, altra clientela.
Nel 1992 il rapporto tra Banca-cliente era molto arretrato. Il cliente non veniva messo in grado di
sapere quali condizioni economiche la Banca applicasse al loro rapporto e nemmeno quali fossero
le condizioni economiche durante lo svolgimento del contratto. La Banca applicava le condizioni
che riteneva più opportuno.
La novità di maggiore impatto della legge sulla trasparenza per le Banche è stata la necessità di
indicare nel contratto i tassi e ogni altra condizione applicata nel rapporto. Oltre alla trasparenza,
il legislatore volle disciplinare la pubblicità.
La trasparenza si applica a chi è già cliente mentre la pubblicità si applica per qualsiasi soggetto
anche chi non è ancora cliente.
L’intento del legislatore per entrambe le discipline è stato identico. Nel materiale pubblicitario e
nei contratti devono essere inserite le condizioni economiche del rapporto.
Il comma 1 dell’art. 116 del TUB regola la disciplina sulla pubblicità.
Il comma 4 dell’art. 117 del TUB regola la disciplina sui contratti.
Gli strumenti principali della pubblicità sono i fogli informativi cioè quella documentazione,
disponibile sui siti internet delle singole Banche, nella quale sono riportate le condizioni che
vengono praticate dalle singole Banche per ogni prodotto.
Il foglio informativo rappresenta lo strumento per la c.d. informativa precontrattuale ossia quella
fase di trattativa che precede la conclusione del contratto.
Un ulteriore strumento è il messaggio pubblicitario ovvero un messaggio che pubblicizza il
prodotto bancario attraverso radio, TV, giornali.
Le Istruzioni di vigilanza sul tema pubblicitario consentono alle Banche di non inserire nel
messaggio le condizioni economiche, ma di indicare il documento dove il cliente può trovarlo.
Quando il prodotto è un finanziamento consistente in un credito ai consumatori per il quale è
previsto il TAEG, nel messaggio pubblicitario, obbligatoriamente, deve essere riportato: TAN,
TAEG, durata dell’offerta per entrambi i tassi.
All’inizio, la disciplina della trasparenza era una ovvero il capo I con l’aggiunta di un capo II. Oggi, vi
sono tre blocchi di trasparenza suddivisi in: capo I (operazioni bancarie e finanziarie), capo II
(credito ai consumatori), capo II-bis (servizi di pagamento).
Essa tratta di tre blocchi fra loro autonomi. L’art. 115 comma 3 enuncia che, le disposizioni del
presente capo I, a meno che non siano espressamente richiamate, non si applicano ai contratti di
credito disciplinati dal capo II e ai servizi di pagamento disciplinati dal capo II-bis.
Nella fase precontrattuale, il legislatore del 1992, ha individuato tre caratteristiche per tutelare il
cliente: conclusione del contratto, esercizio dello ius variandi, rendiconto periodico.
Come stabilito dalle norme di vigilanza e dalle leggi, i fogli informativi servono per consentire al
soggetto interessato di valutare le offerte delle Banche. Il soggetto sceglie una Banca fra quelle di
cui ha visto i fogli informativi e, con essa apre una trattativa che, se si conclude positivamente
condurrà all’accordo.
Concluso l’accordo, la legge prevede il diritto al cliente di chiedere e ottenere da parte della Banca
una copia del contratto per la stipula completo sia di clausole contrattali sia delle condizioni
economiche e gli viene consegnato alla fine della fase informativa precontrattuale affinché il
cliente possa compiere un’ultima valutazione che potrebbe condurlo a tentare di trovare un’altra
Banca che gli riconosca condizioni migliori.
Le condizioni definitive costituiscono l’esito di un’istruttoria le cui spese potrebbero non essere
pagate dal cliente che poi non stipulasse il contratto. Le disposizioni consentono che la Banca
consegna al cliente la copia del contratto per la stipula dopo il pagamento delle spese di
istruttoria. Terminati gli ultimi controlli, se il cliente si reputa soddisfatto, torna in Banca e stipula il
contratto ponendo fine alla fase precontrattuale.
Il contratto deve essere formalizzato per iscritto e una copia dello stesso deve essere consegnata
al cliente.

SULLA TRASPARENZA BANCARIA: GLI ALTRI MOMENTI DI TUTELA DELLA CLIENTELA – 10

Lo ius variandi consiste nella possibilità data a una parte del rapporto bancario, ossia la Banca, di
modificare le condizioni che sono state pattuite al momento della stipula del contratto.
La disposizione è riferita alle condizioni economiche.
Nella relazione alla L.154/1992, tale diritto, è stato giustificato con la circostanza che, gli
intermediari finanziari intermediano un bene dal valore volatile ed è corretto consentire ad essi di
potere modificare le condizioni che hanno assunto sulla base di valori che il mercato non ha reso
più attuali.
Lo ius variandi rappresenta un vantaggio per gli intermediari senza alcuna tutela per il cliente.
Alcune condizioni pattuite in tale diritto sono: la variazione decisa dalla Banca è applicata
immediatamente, se la variazione si riferisce ad una massa di clienti la comunicazione avviene
mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il cliente ha 15 giorni di tempo per decidere se
continuare con il nuovo rapporto peggiorativo o recedere.
Cosi strutturato, lo ius variandi, poteva essere utilizzato dal sistema bancario per fini
opportunistici. Tale articolo è stato modificato numerose volte nel corso del tempo.
Nella versione vigente, il comma 1 recita che, nei contratti a tempo indeterminato può essere
convenuta, con clausola specificatamente approvata dal cliente, la facoltà di modificare
unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto quando sussista un
giustificato motivo. Negli altri contratti di durata, la facoltà di modifica unilaterale, può essere
convenuta solo per le clausole non aventi ad oggetti i tassi sempre che sussista un giustificato
motivo.
Il legislatore ha autorizzato le Banche ad utilizzare il diritto dello ius variandi introducendo nel
contratto una clausola che arrechi la doppia approvazione del cliente. Tale clausola è il
presupposto per l’esercizio del diritto di modificare le condizioni pattuite.
In riferimento alle modifiche peggiorative per il cliente, il legislatore parla di una modifica
unilaterale senza precisare in quale direzione.
Nella disposizione si oppongono due osservazioni: una di ordine letterale e una di ordine logico e
sistemico.
Quella di ordine letterale enuncia che, le variazioni previste dall’articolo sono inefficaci ove non
rispettino le prescrizioni e se sfavorevoli per il cliente.
Quella di ordine logico e sistemico enunci che, se la modifica è positiva per il cliente viene
applicata immediatamente.
Alla disciplina sono assoggettate le condizioni fisse e non variabili. La misura di un tasso o di una
commissione può essere fissata in misura prestabilita in contratto. Nel contratto possono essere
indicati i parametri con i quali quantificare tale misura.
Nei contratti di durata a tempo indeterminato, la variazione può riferirsi sia ai tassi sia alle
commissioni mentre nei contratti a tempo determinato, la variazione può riferirsi solo alle
commissioni. Un’operazione bancaria a tempo indeterminato è l’apertura di credito mentre
un’operazione a tempo determinato è il mutuo.
Per quanto concerne il mutuo, di norma, il tasso fisso è maggiore del corrispondente variabile per
mutui della stessa durata. Non è corretto consentire alla Banca di utilizzare il diritto dello ius
variandi per modificare i tassi nei mutui. Qualora per la Banca il tasso fisso fosse vantaggioso egli
lo manterrebbe. Qualora per la Banca il tasso fisso fosse svantaggioso egli lo modificherebbe.
Il legislatore ha negato la possibilità di modificare i tassi nei mutui a tasso fisso.
Il presupposto che ha fatto cambiare verso allo ius variandi è stato il giustificato motivo. Si può
considera un giustificato motivo quando sia comune alle parti ovvero si tratta di un motivo
oggettivo che le parti devono accettare anche se una di esse sarà svantaggiato.
Tale pratica viene processata all’interno della Banca mediante uffici competenti che forniscono
all’organo competente una memoria nella quale siano indicati: il motivo che si intende sfruttare, il
perché lo si valuta giustificato, quale sia il nesso causale tra il motivo e la condizione che si intende
modificare, la congruità della modifica rispetto all’entità del motivo.
L’intervento legislativo che ha cambiato verso allo ius variandi e introdusse il giustificato motivo è
stato promosso dal Ministero dello sviluppo economico poiché faceva parte di una serie di
disposizioni volte a migliorare l’economia nazionale.
Il Ministero ha emanato nel 2007 una circolare interpretativa nella quale dava alcuni suggerimenti
su quali fattispecie potessero integrare un giustificato motivo. Tuttavia, ha aggiunto un’altra
interpretazione al di fuori dell’ambito del giustificato motivo precisando che le modifiche
disciplinate dall’art. 118 del TUB non possono comportare l’introduzione di nuove clausole.
Le nuove clausole possono essere inserite nei contratti in essere mediante un apposito atto
integrativo.
Successivamente, la Banca d’Italia ha inserito nelle Istruzioni sulla trasparenza che, fra i
presupposti per attivare lo ius variandi non sono necessari solo la clausola ad hoc espressamente
approvata per iscritto e la presenza di un giustificato motivo, ma anche la non novità della
modifica.
Il comma 2 regola la formalizzazione della modifica nei riguardi del cliente e la possibilità di
reazione che al cliente è consentita per tutelarsi ovvero qualunque modifica unilaterale delle
condizioni contrattuali deve essere comunicata al cliente con un preavviso minimo di due mesi in
forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente e la
modifica si intende approvata, qualora il cliente non receda dal contratto senza spese, entro la
data prevista per la sua applicazione.
Il comma 3 enuncia che, le variazioni contrattuali per le quali non sono state osservate le
prescrizioni del presente articolo sono inefficaci se sfavorevoli per il cliente. Le modifiche
migliorative per il cliente potrebbero essere applicate immediatamente.

LE COMMISSIONI SUGLI AFFIDAMENTI IN CONTO CORRENTE – 11

L’art. 117-bis del TUB regola la remunerazione delle operazioni di fido in conto corrente. Tale
remunerazione è sorta alla fine dell’800, la c.d. commissione di massimo scoperto.
Le Banche addebitavano, una commissione, sui conti correnti a remunerazione della punta
massima di utilizzato registratasi nel trimestre di riferimento.
La commissione di massimo scoperto applicata in quegli anni avrebbe remunerato l’impegni della
Banca per mettere a disposizione del cliente una somma di denaro accordata. Essa si sarebbe
giustificata solo se il massimo scoperto si fosse registrato nell’ambito del fido concesso e non
anche se fosse andato oltre tale limite.
La commissione avrebbe remunerato il maggior onere per il picco massimo che la Banca subiva,
ma a tal fine sarebbe stato a fronte di un surplus di utilizzo e avrebbe avuto senso solo se applicata
sullo sconfinamento.
Una volta verificato uno sconfinamento, sulle somme sconfinate, si applicava un interesse
maggiore rispetto a quello previsto per l’apertura di credito. Inoltre, al cliente veniva comunicata
solo la percentuale applicata al picco massimo.
Successivamente, si è individuato nella commissione di massimo scoperto la causa dei crescenti
costi dei conti correnti e dell’apertura di credito poiché la commissione veniva applicata anche sui
conti che andavano in rosso.
Nel 2009, attraverso un intervento legislativo, si introduce la possibilità di applicare una
commissione sull’affidamento calcolata sull’importo e sulla durata del fido concesso. Infine, è
stato consentito, alle Banche che lo desiderano, di mantenere la commissione di massimo
scoperto, ma devono stabilire le modalità che devono essere seguite affinché la commissione
possa essere legittima.
L’introduzione dell’art. 117-bis del TUB ha eliminato la commissione di massimo scoperto,
riconfermata la commissione sull’affidamento e introdotta una commissione di istruttoria veloce
in aggiunta alla remunerazione che le Banche possono pretendere dal cliente in caso di
sconfinamento.
Il comma 1 dell’art. 117-bis del TUB enuncia che, i contratti di apertura di credito possono
prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione omnicomprensiva, calcolata in
maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata
dell’affidamento e un tasso di interesse sulle somme prelevate. L’ammontare della commissione
non può superare lo 0,5% per trimestre della somma messa a disposizione del cliente.
Il comma 2 dell’art. 117-bis del TUB enuncia che, a fronte di sconfinamenti in assenza di
affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e apertura di credito
possono prevedere a carico del cliente una commissione di istruttoria veloce.
Il comma 3 dell’art. 117-bis del TUB enuncia che, le clausole che prevedono oneri diversi o non
conformi rispetto a quanto stabilito dai commi 1 e 2 sono nulle. La nullità della clausola non
comporta la nullità del contratto.
Il legislatore, come tutela per il cliente, ha introdotto l’informazione precontrattuale, la
conclusione del contratto, l’esercizio dello ius variandi e la rendicontazione del rapporto.
La rendicontazione del rapporto, regolata dall’art. 119 del TUB, impone alla Banca, almeno una
volta l’anno o al momento della chiusura, a inviare una comunicazione periodica al cliente
informandolo di ciò che è avvenuto nel corso del periodo considerato.
L’ultimo comma dell’art. 119 del TUB, riconosce al cliente e a chi subentra nell’amministrazione
dei suoi beni, il diritto di ottenere dalla Banca una copia della documentazione dei rapporti
intrattenuti negli ultimi 10 anni entro 90 giorni dalla richiesta. Al cliente vengono addebitati i costi
per la produzione della relativa documentazione.
L’art. 127 del TUB stabilisce quali siano le spese a carico del cliente e quali siano effettuati dalle
Banche gratuitamente.
Per quanto attiene ai sevizi bancari e alle commissioni, il legislatore ha espresso che, alcuni servizi
le Banche devono porle in essere gratuitamente, per altri servizi le Banche possono addebitare
una commissione, tale commissione a seconda dei casi e termini deve essere uguale ai costi
sostenuti per svolgere il servizio.

TRASPARENZA E CONSUMATORI – 12

All’inizio, la disciplina della trasparenza era una ovvero il capo I con l’aggiunta di un capo II. Oggi, vi
sono tre blocchi di trasparenza suddivisi in: capo I (operazioni bancarie e finanziarie), capo II
(credito ai consumatori), capo II-bis (servizi di pagamento).
Essa tratta di tre blocchi fra loro autonomi. L’art. 115 comma 3 enuncia che, le disposizioni del
presente capo I, a meno che non siano espressamente richiamate, non si applicano ai contratti di
credito disciplinati dal capo II e ai servizi di pagamento disciplinati dal capo II-bis.
La disciplina della trasparenza relativa al capo II è dedicata al credito al consumo o ai consumatori.
Il credito al consumo è caratterizzato dall’essere un fido di importo basso, rischio unitario basso e
da un’istruttoria veloce, priva di garanzie, basata su documenti prodotti dal consumatore come la
busta paga o la dichiarazione dei redditi.
Tale configurazione del fido concessa ai consumatori da un finanziatore sotto forma di dilazione di
pagamento, di prestito o altra facilitazione finanziaria può avere un importo massimo fino a 75
mila euro.
Nell’ambito del credito al consumo sono esclusi i finanziamenti destinati all’acquisto o alla
conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato e di
quelli garantiti da ipoteca su beni immobili aventi una durata superiore a cinque anni. Nel caso in
cui un consumatore chiede un finanziamento per ristrutturare la propria casa, può essere
concesso, ma senza garanzia ipotecaria.
Un’altra caratteristica del credito al consumo è la sottoscrizione di un contratto al di fuori dei locali
commerciali dell’impresa proponente ossia soggetti che vendono ai consumatori cercandoli presso
il loro domicilio. Tuttavia, i consumatori possono esercitare il diritto di ripensamento ovvero il
diritto che essi hanno per chiedere la risoluzione del contratto. Tale presidio è stato esteso a tutti i
contratti di credito ai consumatori anche quando essi siano stati conclusi presso a filiale
dell’intermediario.
Le forme di finanziamento che rientrano nel credito al consumo sono: prestito non finalizzato,
apertura di credito in conto corrente, carta di credito revolving, prestito finalizzato.
La disposizione enuncia che, il contratto si perfeziona al momento della stipula, ma può essere
risolto entro 14 giorni dal consumatore ovunque esso sia stato stipulato. Qualora il consumatore
esercita tale diritto entro 30 giorni dalla conclusione del contratto deve restituire il capitale, gli
interessi pagati fino al momento in cui il contratto ha avuto efficacia e restituisce al finanziatore
ogni spesa che egli ha sostenuto.
Nel caso in cui il consumatore si indebita con la Banca e non riesce a conseguire dal fornitore il
bene acquistato con i soldi concessogli dalla Banca, la disciplina vigente propone i contratti di
credito collegati.
I contratti di credito collegati sono contratti che hanno indicato nel testo il bene o il servizio
specifico al cui acquisto sono destinati. Il fido è funzionalizzato ad un certo scopo specificato nel
testo negoziale. Tale tipologia di credito consiste, in quanto l’ammontare del fido concesso viene
consegnato al fornito e non passa per il consumatore. Realizzato l’accredito al fornitore, il
consumatore rimborserà le rate.
L’inadempimento del fornitore si riflette sulla restituzione del fido concesso secondo le modalità
stabilite dall’art. 125 sexies del TUB.
L’art. 125 sexies del TUB enuncia che, nei contratti di credito collegati, in cado di inadempimento
del fornitore di beni o di servizi, il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione
in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito. La risoluzione del
contratto di credito comporta l’obbligo per il finanziatore di restituire al consumatore le rate già
pagate e ogni altro onere applicato. Il finanziatore chiederà il rimborso al fornitore dell’importo
concesso.
Il coinvolgimento della Banca in caso di inadempimento del fornitore avviene per un danno grave
ovvero un danno che impedisce alla cosa o al servizio di svolgere la funzione o finalità che gli sono
proprie. Il fornitore deve coinvolgere la Banca in caso di reclami del consumatore. La Banca deve
verificare i requisiti del fornitore prima di convenzionarlo. Per eliminare il rischio di
coinvolgimento in cado di inadempimento, la Banca può chiedere al fornitore di stipulare a sue
spese una polizza assicurativa.
Un’altra tipologia di norma è la trasparenza consumeristica ossia quella prospettiva della disciplina
sulla trasparenza volta a superare profili formalistici per raggiungere obiettivi concreti. Per i
consumatori, la trasparenza si sta modificando in consulenza.
L’art. 124 comma 5 del TUB afferma che, il finanziatore o l’intermediario del credito forniscono al
consumatore chiarimenti adeguati in modo che essi possano valutare che il contratto di credito
proposto sia adatto alle loro esigenze e alla loro situazione finanziaria.
La Banca d’Italia, dopo aver sintetizzato il contenuto dell’art. 124 comma 5 del TUB, ha disposto
che il finanziatore assolve a tale obbligo adottando procedure interne volte ad assicurare che il
consumatore possa rivolgersi nei normali orari di lavoro al finanziatore o a soggetti da esso
incaricati per ottenere gratuitamente informazioni riguardo alla documentazione precontrattuale,
caratteristiche essenziali del prodotto, effetti che possono derivargli dalla conclusione del
contratto.
Le procedure assicurano facilità di accesso alle spiegazioni e prevedono che il consumatore possa
ottenerle oralmente o attraverso tecniche di comunicazione a distanza. Per specifici aspetti
tecnici, il personale incaricato indirizza il consumatore verso l’utilizzo di strumenti di
autovalutazione e di modelli di simulazione disponibili su internet.
Un’ulteriore direttiva sul credito ai consumatori riguarda il tentativo di ridurre il rischio di sovra
indebitamento del consumatore regolato dall’art. 124-bis del TUB. Tale articolo enuncia che, il
finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni fornite da egli
stesso e, ove necessario, consultando una banca dati. Se le parti convergono di modificare
l’importo del credito dopo la conclusione del contratto, il finanziatore aggiorna le informazioni
finanziarie del consumatore e valuta il merito creditizio prima di procedere ad un aumento
dell’importo.
Di fondamentale importanza sono i commi 2 e 3 dell’art. 125 del TUB.
Il comma 2 enuncia che, se il rifiuto della domanda di credito di basa su informazioni presenti in
una banca dati, il finanziatore informa il consumatore gratuitamente della consultazione di tale
banca dati e degli estremi riportati. Tale norma consente al cliente di tutelare i propri interessi.
Il comma 3 enuncia che, il finanziatore informa preventivamente il consumatore la prima volta che
segnala informazioni negative a una banca dati.

LA DIRETTIVA SUI MUTUI AI CONSUMATORI – 13

In precedenza, dal credito ai consumatori è stato escluso il finanziamento per l’acquisto o il


mantenimento di beni immobili.
Dopo la direttiva n. 2014/17/EU, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi e beni
immobili residenziali, hanno introdotto il finanziamento per l’acquisto o la conservazione di beni
immobili. Tuttavia, tale direttiva non è definitiva e deve ancora completarsi.
L’art. 46 della direttiva precisa che essa si applica ai contratti di credito non garantiti finalizzati alla
ristrutturazione di un bene immobile residenziale con un importo totale del credito superiore a 75
mila euro. Sul finanziamento delle ristrutturazioni sono disponibili due categorie: fino ad un
importo di 75 mila euro si applica la direttiva sul credito ai consumatori mentre per un importo
superiore a 75 mila euro si applica la direttiva sui mutui ai consumatori.
Per quanto concerne la tutela dei consumatori è stata introdotta l’armonizzazione minima che,
non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni più stringenti per tutelare i
consumatori e impone ai legislatori degli Stati membri di impedire che i consumatori possano
rinunciare ai diritti loro conferiti dalla direttiva.
Per guidare i consumatori, soprattutto quelli che sottoscrivono per la prima volta un credito
ipotecario, sono necessarie informazioni chiare e generali sulla procedura per la concessione del
credito. Da ciò è stato reso necessario l’introduzione dell’art. sull’educazione finanziaria dei
consumatori. Le informazioni a loro fornite solo a titolo gratuito diversamente dalla consulenza
specifica che tratta il prodotto del consumatore e i relativi rischi connessi ad esso.
L’art. 7 del TUF individua le norme di comportamento da osservare nell’apprestamento dei mutui
imponendo che gli intermediari agiscano in maniera onesta, equa, trasparente e professionale,
basandosi sulle informazioni del consumatore che ha comunicato e sui rischi cui è esposto per
tutta la durata del contratto di credito.
La struttura remunerativa del personale interessato non deve pregiudicare la capacità di agire nel
miglior modo per il consumatore. Se la retribuzione dell’addetto ai mutui varia in funzione dei
mutui che stipula, egli avrebbe un significato incentivo per non dedicarsi agli interessi del cliente.
La direttiva impone che gli addetti ai mutui abbiano e mantengono un livello di conoscenza e
competenza adeguata per mettere a punto, offrire o concludere contratti di credito e gli Stati
membri devono stabilire i requisiti minimi di conoscenza e competenza.
Un argomento di fondamentale importanza riguarda l’informativa ai consumatori. Alcuni dei punti
che essa tratta sono: informazione di base da includere nella pubblicità, divieto delle pratiche di
commercializzazione abbinata, pratiche di commercializzazione aggregata, foglio europeo
standardizzato.
L’informazione di base da includere nella pubblicità, oltre a includere l’annuncio pubblicitario,
deve includere il materiale informativo.
Il divieto delle pratiche di commercializzazione abbinata consiste nel vietare di commercializzare
un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziaria distinti,
qualora il contratto di credito non sia disponibile per il consumatore separatamente.
Nelle pratiche di commercializzazione aggregate è possibile la commercializzazione di un contratto
di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti in cui il contratto
di credito viene messo a disposizione del consumatore anche separatamente.
Il foglio europeo standardizzato fornisce al consumatore informazioni personalizzate per
confrontare i crediti disponibili sul mercato, valutare le implicazioni e prendere una decisione sulla
possibilità di concludere un contratto di credito.
La Banca, prima di stipulare un contratto di credito, effettua una valutazione del merito creditizio.
Essa deve svolgere una valutazione sul consumatore considerando le prospettive di adempimento
da parte di esso. La valutazione non deve basarsi sul valore del bene immobile dato in garanzia,
ma sulla capacità del consumatore di produrre reddito per restituire quando ricevuto.
Il credito viene erogato quando i risultati della valutazione indicano che gli obblighi derivanti dal
finanziamento saranno mantenuti dall’affidato. Il consumatore viene informato che verrà
consultata una banca dati. Se la richiesta di credito è respinta la Banca informa il consumatore del
rifiuto.
Il legislatore ha espresso che la capacità di reddito del consumatore deve esistere al momento
dell’istruttoria e permanga lungo tutta la durata del finanziamento.
Le Banche, per tutelarsi, cedono i crediti derivanti dai mutui mediante operazioni di
cartolarizzazione.
Le Banche possono fornire insieme all’erogazione del fido un servizio di consulenza. Tale servizio
deve essere preventivamente dichiarato e pubblicizzato dalla Banca.
La consulenza può essere dichiarata indipendente quando la Banca prende in considerazione un
numero ampio di contratti disponibili sul mercato ed essi non sono remunerati per tali servizi di
consulenza dai consumatori.
Anche per i mutui è consentita al consumatore l’estinzione anticipata del prestito.

LA DISCIPLINA DEI SERVIZI DI PAGAMENTO – 14

Il sistema finanziario assolve al fondamentale compito di garantire l’efficiente funzionamento dei


servizi di pagamento.
Il pagamento è l’atto solutorio di una obbligazione pecuniaria consistendo in un trasferimento di
moneta con il quale il soggetto debitore estingue una obbligazione nei confronti del soggetto
creditore.
Il trasferimento di denaro, nella società moderna, avviene attraverso la moneta scritturale ovvero
la smaterializzazione del denaro il quale si prescinde dalla cessione della moneta circolante e si
ricorre a strumenti di pagamento alternativi. Tra questi vi sono quelli fondati su mezzi cartacei
come gli assegni e quelli basati sulla movimentazione di fondi mediante trasferimenti elettronici.
Il sistema dei pagamenti è un articolato assetto istituzionale, tecnico-operativo e infrastrutturale
che assicura la circolazione della moneta e la fiducia del pubblico nella sua efficacia.
In relazione alla moneta, che rappresenta lo strumento di intermediazione negli scambi, si
preannuncia un’intermediazione di soggetti specializzati al fine di favorire le transazioni e
assicurare la rapidità, economicità e la sicurezza dei pagamenti.
Anche nel mercato interno, inteso come spazio senza frontiere interne, in cui è assicurata la libera
circolazione di merci, persone, servizi e capitali, i servizi di pagamento rivestono una grande
importanza. Essi incidono sul mercato finale di beni e servizi, in quanto l’adeguatezza dei sistemi di
pagamento è uno dei fattori da cui dipende la funzionalità degli scambi e lo sviluppo del
commercio.
Al fine di completare l’unificazione del mercato interno è stato creato un sistema di pagamenti
unico al livello europeo. Con l’introduzione della moneta unica nel 2002 è stato necessario creare
un circuito europeo per i pagamenti di importo rilevante. Le transazioni all’ingrosso comprendente
le transazioni interbancarie e quelle commerciali di importo elevato e connesso con le funzioni
della Banca Centrale, si era dotato di un sistema comune target, adesso target 2, che consente il
trasferimento di denaro al livello pan-europeo con regolamento lordo in tempo reale.
Il pagamento di importo non rilevante, disposti da famiglie e imprese, rimanevano al livello
nazionale. Da ciò nacque il progetto di realizzazione SEPA con l’obiettivo di eliminare le distinzioni
tra pagamenti cross-border e pagamenti nazionali nell’ambito dell’area euro.
Per realizzare il mercato unico dei pagamenti sono intervenuti l’European Paymente Council,
Sistema Europeo delle Banche Centrali ed Eurosistema.
Al fine di fornire la base legale per la realizzazione dell’area unica dei pagamenti è intervenuta la
direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento. Alcuni obiettivi sono regolamentare
l’accesso al mercato dei servizi di pagamento e assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti.
Essa si estende ai servizi di pagamento prestati nell’UE per tutte le operazioni senza alcuna
limitazione di importo.
La direttiva (2007/64/CE) è stata accolta nell’ordinamento nazione tramite il d.lgs. n. 11/2010. Tale
d.lgs. contiene l’elencazione di una serie di attività costituenti il servizio di pagamento.
I servizi di pagamento sono di tre tipologie: credit trasfer, debit trasfer, carte di pagamento.
Costituiscono anche servizi di pagamento l’emissione e/o l’acquisizione di strumenti di pagamento
e la rimessa di denaro ossia un servizio di pagamento fornito senza l’apertura di un conto di
pagamento. La rimessa, si caratterizza, in quanto rappresenta un’operazione singola e il rapporto
con il prestatore di servizi di pagamento si esaurisce una volta conclusa l’operazione.
Il conto di pagamento è un contro intrattenuto presso un prestatore di servizi di pagamento da
uno o più utilizzatori di servizi di pagamento per l’esecuzione di operazioni di pagamento. Essa
consiste in un rapporto di durata tra il cliente e il soggetto abilitato che fornisce continuamente la
prestazione.
Il soggetto specializzato nel fornire tale servizio è denominato prestatore di servizi di pagamento.
Le categorie di prestatori di servizi di pagamento che possono fornire tale servizio in tutta l’UE
sono: istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, Banche, Poste Italiane, BCE, BCN.
Per eliminare gli ostacoli giuridici all’ingresso al mercato è stata istituita un’autorizzazione unica
per tutti i prestatori di servizi di pagamento che non siano collegati alla raccolta di depositi o
all’emissione di moneta elettronica ed è stata introdotta la figura degli IP che svolgono attività più
limitate e specializzate che determinano rischi più ristretti.
Il modello regolatorio prevede la necessità di un’autorizzazione amministrativa rilasciata nel Paese
di origine per assicurare l’interesse pubblico al buon funzionamento dei sistemi di pagamento.
Alcune condizioni richieste per il rilascio dell’autorizzazione sono: forma di società di capitali, sede
legale e direzione generale nel territorio della Repubblica, capitale versato non inferiore a quello
stabilito dalla Banca d’Italia, requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
Qualora dalla verifica di tali condizioni non risulti il regolare funzionamento del sistema dei
pagamenti, la Banca d’Italia nega l’autorizzazione.
Gli IP, oltre a svolgere la prestazione di servizi di pagamento, possono svolgere attività accessorie
come la concessione del credito consentita solo nei limiti e con le modalità stabilite dalla Banca
d’Italia. Essi detengono le somme di denaro della clientela in conti di pagamento utilizzati
esclusivamente per la prestazione di servizi di pagamento. Tali somme non la costituiscono
raccolta del risparmio e nemmeno la moneta elettronica.
Nel pagamento intermediato, il trasferimento di denaro, si articola in un procedimento complesso
scomponibile in diverse fasi.
La prima fase è chiamata credit trasfer. Il credit trasfer è l’operazione originata dal pagatore che
presenta al proprio prestatore di servizi di pagamento un ordine di bonifico nei confronti del
beneficiario.
La seconda fase ossia il momento della ricezione è quello in cui l’ordine trasmesso dal pagatore
viene accettato da prestatore di servizi di pagamento di cui si avvale il pagatore. Le operazioni
hanno un orario limite: alla fine della giornata operativa, gli ordini, si considerano ricevuti nella
giornata operativa successiva e il prestatore alla data di ricezione addebita il conto del cliente.
Il prestatore di servizi di pagamento non può rifiutare di eseguire l’operazione, salvo nei casi e
modi previsti dalla legge. Tali regole sono orientate a garantire la certezza dei tempi di esecuzione
e l’affidabilità del sistema.
Nella terza fase, l’ordine è inoltrato alla Banca del beneficiario il quale espleta compensazione e
regolamento. Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore assicura che dal momento della
ricezione dell’ordine, l’importo dell’operazione venga accreditato sul conto del prestatore di
servizi di pagamento del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva.
Nell’ultima fase, il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario accredita il conto di
pagamento del beneficiario e lo allinea alla data di valuta.
La disciplina impone che per le operazioni di credit trasfer e debit trasfer non vengano trattenute
spese.
L’ordine di pagamento, una volta ricevuto dal prestatore di servizi di pagamento del pagatore, non
può essere revocato dall’utilizzatore.
Nel debit trasfer a stabilire l’irrevocabilità dell’ordine è nel momento della trasmissione al
beneficiario o per la prestazione del consenso.
Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore, verificate le condizioni richieste per effettuare il
pagamento, procede addebitando il conto del proprio cliente. Il pagatore non può revocare
l’ordine di pagamento dopo averlo trasmesso al beneficiario.
Nel credit trasfer, il prestatore di servizi di pagamento del pagatore, risponde per la mancata o
inesatta trasmissione dell’ordine al prestatore del beneficiario e per il mancato o inesatto
pagamento allo stesso.
Nel debit trasfer, il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario è responsabile della corretta
trasmissione dell’ordine ricevuta dal prestatore di servizi di pagamento del pagatore.
La disciplina sulla trasparenza mira ad assicurare la conoscibilità delle condizioni relative al servizio
garantendo un elevato livello di informazione dell’utilizzatore sia per il contratto sia per
l’operazione di pagamento.
L’ambito di applicazione della disciplina sulla trasparenza comprende sia i servizi di pagamento
regolati dal contratto quadro sia le operazioni di pagamento che non rientrano nel contratto
quadro. Il contratto quadro viene definito come il contratto che disciplina la futura esecuzione di
operazioni di pagamento. Essa riguarda obblighi informativi preventivi e successivi rispetto alla
conclusione del contratto o alla singola operazione ed inerenti alle spese. Inoltre, trova specifica
congettura l’ipotesi della modifica unilaterale delle condizioni disciplinari ed economiche del
contratto quadro e il recesso.

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA PT.1 – 15

La crisi finanziaria del periodo 2007-2009, originatasi negli Stati Uniti e poi diffusasi in Europa, ha
costituito un risultato fortemente negativo.
Le numerose insolvenze bancarie hanno posto in essere gravi carenze nella gestione dei rischi,
profonde lacune nella regolamentazione e supervisione del settore finanziario unite ad uno scarso
livello di preparazione nel fronteggiare situazioni di difficoltà.
La necessità di superare le inefficienze emerse nel corso della crisi finanziaria hanno indotto gli
organi comunitari ad intervenire numerose volte per cercare situazioni istituzionali e regole più
efficaci. Il processo ha avuto un’accelerazione negli ultimi anni attraverso la gestione delle crisi
bancarie che hanno interessato la regolamentazione prudenziale e l’attività di vigilanza al livello
europeo. Tali iniziative si collocano nel quadro del progetto di Unione Bancaria.
Il primo processo di riforma al livello comunitario inizia con innovazioni di semplificazione e
razionalizzazione della produzione normativa in campo finanziario in funzione dell’integrazione dei
mercati finanziari. Le azioni presenti nel piano sono: convergenza della normativa, coordinamento
e omogeneità delle pratiche di vigilanza, cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni.
Le competenze di vigilanza prudenziale su una Banca o un Gruppo bancario avente operatività
transfrontaliera erano attribuite all’autorità del Paese di origine mentre la vigilanza sulle filiazioni
erano demandate alle autorità locali. Tale assetto istituzionale non si è rivelato ottimale in
relazione allo sviluppo più sostenuto dell’integrazione degli operatori e dei mercati. Da ciò, è stata
progettata una nuova architettura istituzionale di vigilanza bancaria per il rafforzamento della
vigilanza macro-prudenziale e micro-prudenziale attribuendo i poteri di vigilanza a entità europee,
il c.d. Comitato Europeo per il Rischio Sistemico. Esso ha la funzione di vigilanza macro-
prudenziale.
Il compito del Comitato Europeo per il Rischio Sistemico è quello di identificare le aree potenziali
di rischio sistemico ovvero un rischio che può avere conseguenze negative per il mercato interno e
l’economia reale. Esso agisce attraverso le autorità europee e nazionali. Tale processo di riforma è
costituito dal Meccanismo di Vigilanza Unico introdotto nel 2013 con un Regolamento volto ad
una logica di accentramento delle funzionali di vigilanza tra Paesi membri aderenti all’area Euro.
Il Meccanismo di Vigilanza Unico consiste nell’affidamento della responsabilità di supervisione
bancaria sulle Banche dei paesi dell’area Euro alla BCE. La divisione delle competenze tra BCE e
Autorità Nazionali è definito nel regolamento.
La sede organizzativa per l’esercizio della vigilanza sulle Banche rilevanti è rappresentata da
strutture create dalla BCE al livello centrale. Tra i compiti vi sono il processo di revisione e
valutazione prudenziale sull’intermediario/Gruppo significativo sul quale il team esercita la
vigilanza. Esso comprende aree: sistema di valutazione del rischio, revisione dell’ICAAP e
dell’ILAAP, metodologie di qualificazione delle necessità di capitale e di liquidità.
Nel caso delle Banche meno rilevanti, i controlli sono affidati alle Autorità Nazionali.
Il potere sanzionatorio è distribuito tra BCE che applica sanzioni di natura pecuniaria e Autorità
Nazionali che applicano sanzioni diverse da quelle pecuniarie. Le Autorità Nazionali hanno una
competenza sanzionatoria nei confronti delle Banche meno rilevanti.
La BCE dispone anche del potere di chiedere alle Banche di adottare provvedimenti per rimuovere
qualsiasi ostacolo alla realizzazione di soluzioni tempestive per evitare ulteriori danneggiamenti
della propria situazione tecnica.
La disciplina europea di gestione della crisi è contenuta nella direttiva 2014/59/EU sul risanamento
e risoluzione della crisi. Tale disciplina esplica che, una rete di autorità di risoluzione nazionali
collaborano tra loro con una disciplina comune di poteri e strumenti applicabili e dell’istituzione di
fondi di risoluzione delle crisi bancarie su base nazionale. Tuttavia, la nuova direttiva non è stata
ritenuta idonea per gli Stati membri che condividevano una moneta comune e sono vigilati dalla
BCE.
La collaborazione e il coordinamento tra le autorità nazionali non si è rivelata ottimale
specialmente per la gestione di insolvenze bancarie di ampie dimensioni e con operatività cross-
border. Da qui nasce l’esigenza di creare un nuovo assetto che ponga la supervisione bancaria e
l’attività di risoluzione allo stesso livello ossia l’Unione Bancaria.
Nacque, così, il Comitato unico di risoluzione a cui sono attribuiti poteri di risoluzione.
Il Comitato unico di risoluzione è formato da un presidente e da quattro membri eletti dai
rappresentati delle autorità di risoluzione nazionale. Partecipano anche i rappresentanti della BCE
e della Commissione europea in qualità di osservatori.
L’accentramento decisionale al livello europeo della risoluzione delle crisi non poteva considerarsi
efficace senza la disponibilità delle risorse finanziarie a supportare il processo di risoluzione di una
Banca in crisi ed è stato costituito un fondo allo scopo di garantire la disponibilità di un sostegno
finanziarie alle Banche in risoluzione. Il fondo per la gestione della crisi interviene
indipendentemente dalla localizzazione della Banca e del gruppo bancario insolvente.
Il fondo unico europeo è suddiviso in compartimenti nazionali destinato a fondersi in un periodo di
8 anni. Non è possibile utilizzare il fondo a copertura delle perdite o per la sua ricapitalizzazione.
Esso è alimentato da contribuzioni annuali ex ante delle Banche. La misura della contribuzione è
calcolata sulla base dell’ammontare delle passività al netto dei fondi propri e dei depositi garantiti
di ciascuna Banca corretti per il profilo di rischio.
Nel caso in cui tali contribuzioni non siano accessibili in tempi celeri o sufficienti a coprire i costi, il
Fondo può fare ricorso ad altre forme di finanziamento come i prestiti con istituzioni, intermediari
finanziari o terze parti.
Qualora una Banca si trovasse in uno stato di insolvenza, i sistemi di garanzia dei depositi bancari
hanno la funzione di intervenire per il rimborso dei depositanti. In Italia, operano due sistemi di
garanzia dei depositi: Fondo Interbancario di tutela dei depositi cui aderiscono tutte le Banche
italiane e il Fondo di Garanzia dei Depositi del Credito Cooperativo cui partecipano tutte le Banche
di Credito Cooperativo.
Per il rafforzamento dei sistemi di garanzia e depositi è stata introdotta la Direttiva comunitaria
2009/14/CE.
La Direttiva 2009/14/CE abbandona il principio di coassicurazione, vigente nel precedente quadro
normativo, che comportava per i depositanti in perdite rimborsi fino ad un certo ammontare.
Nella nuova direttiva, i depositanti hanno diritto a ricevere l’intero importo senza subire perdite.
I sistemi di garanzia dei depositi intervengono per il rimborso dei depositanti nei casi di
liquidazione coatta amministrativa delle Banche autorizzate in Italia. Per le succursali di Banche
comunitarie operanti in Italia, i rimborsi hanno luogo nei casi in cu sia intervenuto il sistema di
garanzia dello Stato di appartenenza. L’attività dei sistemi di garanzia dei depositi si svolge in
collegamento con la Banca d’Italia.
I poteri dell’autorità si dividono in due categorie: la prima categoria include il potere di
riconoscimento, approvazione degli statuti, verifica dell’equivalenza della tutela mentre nella
seconda categoria la Banca d’Italia ha il potere di coordinare l’attività dei sistemi di garanzia con la
disciplina delle crisi bancarie e con l’attività di vigilanza in generale.
La Commissione europea ha presentato nel luglio del 2010 una nuova direttiva, modificativa della
direttiva del 1994, allo scopo di accrescere la protezione dei consumatori e la fiducia nei servizi
finanziari. La tecnica legislativa utilizzata è stata quella di intervenire sul testo originario della
direttiva 94/19/CE.
L’accordo sul testo è stato raggiunto nel 2013 e il testo finale è stato approvato nel 2014.
La direttiva mira a semplificare e armonizzare la portata della copertura e le previsioni riguardanti
il rimborso dei depositi, migliorare l’accesso dei sistemi di garanzia alle informazioni riguardanti le
Banche partecipanti, introdurre meccanismi di collaborazione tra i sistemi di garanzia operanti in
Paesi diversi.
Il sistema di funding è costituito da una solida riserva basata su un meccanismo di contribuzioni
regolari da parte delle Banche partecipanti. Sono previste anche altre forme di finanziamento
come i contributi straordinari ex post che le Banche sono tenute a versare nell’ipotesi in cui i mezzi
finanziari disponibili risultino insufficienti a rimborsare i depositanti di una Banca in liquidazione
oppure contribuzioni ai sistemi di garanzia da parte delle Banche in base al proprio profilo di
rischio.
I fondi disponibili per gli interventi possono essere utilizzati per il rimborso dei depositanti, per il
finanziamento di operazioni di risoluzione, prevenire l’insolvenza delle Banche.

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA PT.2 – 16

Con la crisi finanziaria è stato determinato un cambiamento della politica comunitaria in materia
di aiuto di Stato al settore bancario ed è iniziata la fase della regolamentazione speciale.
Attraverso apposite comunicazioni con la Commissione è intervenuta per emanare linee guida sui
criteri di compatibilità degli aiuti di Stato nel settore bancario.
Le linee guida mirano ad assicurare che l’applicazione di strumenti pubblici finalizzati alla stabilità
finanziaria sia tal da ridurre al minimo le distorsioni competitive tra le Banche e gli Stati membri
delineando le condizioni di accesso agli aiuti di Stato e i requisiti.
La Commissione ha emanato nel 2013 una comunicazione sull’applicazione degli aiuti di Stato a
supporto delle Banche. Tale comunicazione riscrive le regole degli aiuti attraverso interventi
abrogativi, di aggiornamento delle precedenti comunicazioni e introduzione di nuovi principi e
fattispecie.
Uno dei principi della disciplina comunitaria afferma che, gli aiuti agli Stati dovrebbero essere
limitati al minimo necessario e un appropriato contributo al costo della ristrutturazione dovrebbe
essere fornito dalla stessa Banca e dai suoi azionisti. Il sostegno dello Stato dovrebbe essere
concesso in termini che diano luogo ad un adeguato burder sharing da parte di coloro che hanno
investito nella Banca.
Le misure di supporto pubblico vengono realizzare quando sussiste una carenza di capitale. Le
misure pubbliche per fronteggiare carenze di capitale possono consistere in operazioni di
ricapitalizzazione o in misure a supporto di attività deteriorate. A tal fine, gli Stati membri sono
tenuti, per ottenere l’autorizzazione agli aiuti, a presentare un progetto di aumento di capitale nel
quale devono essere indicate le misure di aumento di capitale realizzate in via autonoma dalla
Banca e le misure di burder sharing in modo da determinare la parte residua di capitale carente
che deve essere coperta mediante gli aiuti di Stato. Inoltre, può essere effettuata una procedura
attraverso la quale la Commissione può eccezionalmente concedere agli Stati membri
un’autorizzazione, su base temporanea, per misure di aiuti di salvataggio prima dell’approvazione
del piano di ristrutturazione per preservare la stabilità finanziaria. Tali misure, mirano a
stabilizzare temporaneamente il passivo di bilancio di Banche che presentano problemi di
liquidità, ma non abbiano carenze di capitale.
La procedura di autorizzazione può essere quella ordinaria, su base individuale, o uno schema di
misure di liquidità per un periodo massimo di 6 mesi. Se la Banca presenta carenze di capitale e
problemi di liquidità, si applica la procedura ordinaria con l’obbligo di presentazione di un piano di
ristrutturazione o di liquidazione.
In Italia, la Direttiva sul risanamento e la risoluzione bancaria è stata accolta nel 2015.
Le misure nazionali sono: il d.lgs. 180/2015 che disciplina gli strumenti di risoluzione e il d.lgs.
181/2015 che apporta alcune modifiche al TUB e al TUF.
Successivamente a tali disposizioni entrati in vigore, il Governo ha emanato un decreto legge
183/2015 per disciplinare alcuni aspetti fondamentali.
L’art. 78 del d.lgs. 180/2015 riguardante i fondi di risoluzione prevede che, per permettere di
realizzare gli obiettivi della risoluzione, la Banca d’Italia istituisce uno o più fondi di risoluzione,
alimentati con contributi versati dalle Banche aventi sede legale in Italia e dalle succursali italiane
di Banche extracomunitarie.
I fondi di risoluzione sono alimentati da contributi ordinari e straordinari, prestiti e altre forme di
sostegno finanziario, somme versate dall’ente sottoposto a risoluzione o dall’ente-ponte, interessi
e altri utili.
La disciplina del d.lgs. 180/2015 è di recente applicazioni, infatti, il Fondo Nazionale di Risoluzione
non è stato alimentato da contributi delle Banche Obbligate. Ciò ha imposto alla Banca d’Italia di
utilizzare lo strumento del prestito. Per realizzare l’operazione del prestito, la Banca d’Italia ha
chiesto ad alcune Banche Obbligate di anticipare il versamento di contributi futuri. La conseguenza
di tale azione è che il Fondo Nazionale di Risoluzione nasce indebitato. Tuttavia, sono sorti alcuni
problemi riguardo ai rapporti tra la disciplina del Fondo Nazionale di Risoluzione e il Single
Resolution Found iniziato il primo gennaio del 2016.
Il versamento delle risorse nel Single Resolution Found è stato disciplinato da alcuni Stati dell’UE
attraverso un trattato internazionale denominato IGA.
Il Single Resolution Found deve raggiungere in 8 anni (entro il 2024) una dotazione totale che si
stima intorno ai 55 milardi di euro in modo da garantire una liquidità almeno pari all’1%
dell’importo dei depositi protetti di tutte le Banche dei 26 Paesi firmatari. Il Parlamento italiano ha
dato esecuzione all’accordo sul trasferimento.
Nell’art. 2 del d.lgs. 183/2015, il legislatore italiano ha disposto che, dopo l’avvio al Meccanismo di
Risoluzione Unico, le Banche, pur obbligate a versare contributi al Single Resolution Found, sono
obbligati a versare anche altri contributi al Fondo Nazionale di Risoluzione nel caso in cui quelli già
presenti non siano sufficienti alla copertura delle obbligazioni, perdite, costi e altre spese a carido
del fondo.

MANIPOLAZIONE DEL MERCATO E DIFFERENZA TRA INSIDER TRADING E AGIOTTAGGIO


FINANZIARIO – 17

Nel mercato finanziario vi sono situazioni in cui gli operatori del mercato possono adottare
condotte abusive come: abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato.
L’abuso di informazioni privilegiate, il c.d. insider trading, consiste nell’operatività di soggetti sui
mercati finanziari finalizzata allo sfruttamento di informazioni non ancora di pubblico dominio e
che, se diffuse sul mercato, provocherebbero una variazione del prezzo dei titoli oggetto
dell’informazione stessa.
La manipolazione del mercato è la manipolazione dell’andamento di un titolo sul mercato
finanziario ovvero l’aggiotaggio su strumenti finanziari. Esso tende a cambiare il prezzo o la
percezione del valore fondamentale di un tiolo da parte degli operatori del mercato. Tale
comportamento può realizzarsi in due modi: manipolazione operativa e manipolazione
informativa.
La manipolazione operativa si attua sui mercati finanziari attraverso il compimento di operazioni di
negoziazione che mirano a falsare il meccanismo di fissazione del prezzo degli strumenti finanziari.
La manipolazione informativa consiste nella diffusione di informazioni false.
Vi sono delle differenze fra i due abusi: un agente che manipola l’andamento di un titolo, ovvero il
market manipulator, può avere interesse a rendere manifesta sul mercato la propria condotta
mentre un agente che effettua operazioni di negoziazioni con la finalità di sfruttamento del valore
di un’informazione privilegiata, ovvero l’insider trader, cerca di non rendere percepibile la propria
presenza sul mercato. L’insider trader opera da price taker.
Un ulteriore differenza consiste, in quanto l’insider opera nella direzione che il valore
dell’informazione in sui possesso determina nell’andamento dei prezzi dei titoli mentre per il
manipulator la direzione dell’operatività è collegata alla tipologia di condotta manipolativa.
Nell’ordinamento italiano essi possono costituire sia dei reati sia degli illeciti amministrativi.
Con il termine insider trading viene definita la compravendita di strumenti finanziari da parte di un
insider ossia una persona che dispone di informazioni privilegiate e vengono utilizzate per
ottenere un profitto.
Vi sono tre tipologie di condotte: insider trading, tipping, tuyautage.
L’insider trading consiste nel porre in essere operazioni su strumenti finanziari sulla base di
informazioni non ancora di pubblico dominio. Inoltre, l’insider non può comunicare senza
giustificato motivo o consigliare ad altri di effettuare operazioni sulla base delle informazioni di cui
è in possesso.
Il tipping consiste nella comunicazione a terzi di tali informazioni in assenza di giustificato motivo.
Il tuyautage è la raccomandazione a terzi di porre in essere operazioni senza rilevare loro le
informazioni possedute.
La norma distingue due categorie di soggetti: insiders e tippee.
Gli insiders sono colore che vengono in possesso di informazioni privilegiate in ragione della
partecipazione al capitale di una società.
I tippee sono coloro che ottengono informazioni dagli insiders.
In Italia, l’organo preposto al controllo delle transazioni sul mercato borsistico è la Consob.
L’abuso di informazioni privilegiate è disciplinato dal TUF secondo il quale compie tale reato
chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di
organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, acquista/vende/compie altre
operazioni direttamente o indirettamente per conto proprio o per conto di terzi su strumenti
finanziari utilizzando le informazioni privilegiate, comunica informazioni privilegiate ad altri al di
fuori dell’orario di esercizio del lavoro/professione/funzione/ufficio, raccomando o induce ad altri
ad acquistare/vendere/compiere operazioni su strumenti finanziari.
Con l’entrata in vigore della legge Comunitaria del 2004 sono intensificate le pene per le condotte
degli insider primari punibili con la reclusione da 1 a 6 anni e una multa fino a 3 milioni di euro, il
fatto commesso dagli insider secondari è un illecito amministrativo e si è stabilito di punire con
sanzione amministrativa pecuniaria le condotte di insider trading, tipping e tuyautage. Infine, è
stato esteso il rilievo.

ARBITRIO BANCARIO E FINANZIARIO – 18

L’Arbitrio Bancario e Finanziario si occupa di risolvere le controversie che nascono tra i clienti e le
Banche o altri intermediari bancari o finanziari al di fuori delle sedi giudiziarie. Esso è un organo
indipendente e imparziale composto da un collegio di cinque membri nominati dalla Banca d’Italia,
dalle associazioni degli intermediari e dalle associazioni che rappresentano i clienti finali in modo
da assicurare la natura super partes.
Le decisioni non sono inderogabili come quelle giuridiche. Tuttavia, se non vengono rispettate, la
notizia dell’inadempimento verrà resa pubblica come forma di tutela e avviso.
Chiunque può rivolgersi a tale organo se è entrato in relazione con una Banca o un intermediario e
si ha avuto una controversia relativa a conti correnti, prestiti, mutui con importo inferiore a 100
mila euro o per l’accertamento di diritti, doveri e facoltà.
L’ABF non può operare se la controversia è antecedente al 2009, se è sottoposta all’autorità
finanziaria, se riguarda servizi diversi da quelli bancario-finanziari o se riguarda servizi di
investimento.
Se si intende presentare ricorso nei confronti di un intermediario estero aderente alla rete Fin-
Net, ci si può rivolgere all'ABF per ottenere il supporto di cui si ha bisogno.
Fin-Net è una Rete tra gli organismi di Alternative Dispute Resolution (ADR) attivi nel settore
bancario, finanziario e assicurativo degli Stati membri, promossa dalla Commissione europea a
partire dal 2001.
Attualmente la rete Fin-Net ha 60 membri in 27 paesi; tali sistemi operano nell'Unione europea
nonché in Islanda, Liechtenstein e Norvegia; l'ABF partecipa alla rete Fin-Net dal 2011.
Un documento noto come "memorandum d'intesa" descrive le modalità di collaborazione tra i
sistemi aderenti alla Rete per risolvere in ambito extragiudiziale le controversie finanziarie
transfrontaliere.

COSTITUZIONE BANCHE – 19

L’autorizzazione per la costituzione delle Banche e per lo svolgimento dell’attività bancaria è


disposta dall’art. 14 del TUB ed è la Banca d’Italia ad autorizzare l’esercizio dell’attività.
Alcuni requisiti richiesti dall’art. 14 del TUB sono: forma di SPA o SCARL, sede legale e direzione
generale in Italia, capitale versato non inferiore a quello stabilito dalla Banca d’Italia,
presentazione di un programma delle attività iniziali, possesso in capo ai soci dei requisiti di
onorabilità, possesso in capo a chi svolge funzioni amministrative/direzione/controllo i requisiti di
professionalità, onorabilità, indipendenza.
Rilasciata l’autorizzazione, la Banca viene iscritta in apposito albo. La mancanza dei requisiti
determina la decadenza d’ufficio che, deve essere dichiarata entro 30 giorni dall’organo
amministrativo. In caso contrario, subentra la Banca d’Italia.
L’autorizzazione è negata dalla Banca d’Italia quando dall’analisi dei documenti non è garantita la
sana e prudente gestione mentre l’autorizzazione decade se l’avvio dell’attività non avviene entro
1 anno dal rilascio. Tale autorizzazione vale, anche, per i servizi di investimento.
Ottenuta l’autorizzazione, la Banca può stabilire filiali nella sede dello Stato e in altri Paesi membri
senza richiedere una nuova autorizzazione. La Banca d’Italia può impedire la formazione di filiali se
rileva l’inadeguatezza delle strutture.
In caso di Banche extra-europee o Banche italiane extra-europee è necessaria un’autorizzazione
specifica per ogni caso, rilasciata dalla Banca d’Italia insieme al Ministero degli Esteri.

BANCHE POPOLARI E BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO – 20

In seguito alla seconda Direttiva della CEE, le Banche possono essere costituite in due forme:
società per azione e società cooperative a responsabilità limitata.
Nelle società cooperative a responsabilità limitata rientrano le Banche Popolati e le Banche di
Credito Cooperativo. Essi sono solo vigilate dalla Banca d’Italia.
Le Banche Popolari nascono nella seconda metà dell’ottocento e si caratterizzano, in quanto
erogano credito a favore di piccole e medie imprese commerciali e industriali.
Il valore nominale delle azioni delle Banche Popolari non può essere inferiore a due euro. Il limite
del possesso delle azioni è dello 0,50% del capitale sociale. La Banca, quando rileva il superamento
di tale limite, contesta al detentore la violazione del divieto.
Le azioni eccedenti devono essere alienate entro un anno dalla contestazione. Trascorso il termine
di un anno, i relativi diritti patrimoniali maturati fino all’alienazione delle azioni eccedenti vengono
acquisiti dalla Banca.
Ogni socio ha un voto, a prescindere dal numero delle azioni possedute. Il numero minimo dei soci
è 200 e, qualora tale numero diminuisca, essa, dovrà essere reintegrata entro 1 anno. In caso
contrario, la Banca è posta in liquidazione.
Uno dei principi che si applica alle Banche Popolari è la porta aperta ovvero la massima semplicità
per le operazioni di acquisizione delle azioni e del diritto di recesso.
Le Banche Popolari, su autorizzazione della Banca d’Italia, possono trasformarsi in SPA o fondersi
con altre Banche Popolari dando vita a SPA. A tal fine, devono garantire il diritto di recesso ai soci.
Tali Banche devono destinare almeno il 10% degli utili netti annuali alla riserva legale.
Nelle Banche del Credito Cooperativo, la nomina dei membri degli organi di amministrazione e
controllo spetta a competenti organi sociale salvo le previsioni degli art. 153 e 37-bis del TUB.
Il valore nominale minimo di ciascuna azione è di 25€ mentre il valore massimo è di 500€. Ogni
socio ha un voto qualunque sia il numero delle azioni possedute.
Il numero minimo dei soci è di 500 e, qualora tale numero diminuisca, essa, dovrà essere
reintegrata entro 1 anno. In caso contrario, la Banca è posta in liquidazione.
Per essere soci di una Banca del Credito Cooperativo è necessario risiedere ovvero operare con
carattere di continuità nel territorio di competenza della Banca.
L’art. 35 del TUB stabilisce che tali Banche esercitano il credito prevalentemente a favore dei soci.
Il vantaggio dei soci consiste nelle migliori condizioni offerte dalla Banca del Credito Cooperativo
rispetto alle altre Banche.
La Banca d’Italia può autorizzare, per determinati periodi alle singole Banche del Credito
Cooperativo, ad una operatività a favore di soggetti diversi dai soci.
Essi non possono trasformarsi in SPA, ma possono effettuare fusioni in cui risultino Banche
Popolari o SPA, previa autorizzazione della Banca d’Italia.
Le Banche del Credito Cooperativo devono destinare almeno il 70% degli utili netti annuali a
riserva legale. La quota di utili non è utilizzata per la rivalutazione delle azioni o assegnata ad altre
riserve o distribuita ai soci, ma viene destinata ai fini di beneficienza o mutualità.

GRUPPO BANCARIO – 21

Un Gruppo Bancario è composto dalla Banca Capogruppo e dalle società bancarie, finanziarie e
strumentali da essa controllate. La Capogruppo può essere una Banca o una società finanziaria o
una società di partecipazione finanziaria mista con sede in Italia.
La storia del gruppo nasce da esigenze operative e da situazioni di crisi o di verificata
inadeguatezza delle regole.
L’art. 60 del TUB definisce Gruppo Bancario quella società composta dalla Banca italiana
Capogruppo e dalle società bancarie finanziarie e strumentali da essa controllate oppure dalla
società finanziaria o da società di partecipazione finanziaria mista come Capogruppo italiana e
dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da essa controllata quando nell’insieme delle
società da essa partecipate vi sia almeno una Banca italiana controllata.
Il Gruppo Bancario è iscritto in apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia. Le società appartenenti al
Gruppo hanno specificato negli atti e nella corrispondenza l’iscrizione nell’albo del Gruppo
Bancario. La condizione essenziale per un rapporto di controllo tra la Capogruppo e le altre società
consiste nella volontà della Capogruppo di influire nelle scelte delle società controllate nonostante
segua una strategia comune per l’interesse di tutto il Gruppo che potrebbe non coincidere con le
strategie delle singole società.
La Capogruppo di un Gruppo Bancario ha il compito di emanare direttive alle società del Gruppo
impartite dalla Banca d’Italia. Essa è soggetta ad una specifica disciplina concernente i requisiti di
professionalità e di onorabilità dei relativi esponenti aziendali, le modifiche statutarie, la vigilanza
consolidata e le situazioni di crisi.
Sugli organi, il TUB, stabilisce che le stesse persone possono essere nominati in più società del
Gruppo quando è ritenuto opportuno per un migliore svolgimento delle procedure.
La Banca d’Italia può nominare un Commissario ad hoc per compiere determinati atti.
L’autorità giudiziaria competente è quella in cui risiede la Capogruppo mentre per i ricorsi verso i
provvedimenti amministrativi, connessi o concernenti le procedure è competente il TAR del Lazio.
La disciplina delle crisi sul Gruppo Bancario si fonda sull’esigenza di valutare la crisi sulla base
dell’impatto che ha sul Gruppo. La procedura di gestione della crisi è in capo alla Capogruppo.
In caso di crisi della Capogruppo, la Banca d’Italia può disporre lo scioglimento degli organi con
funzioni di amministrazione e controllo delle Banche quando vi siano gravi violazioni o irregolarità,
risultino gravi inadempienze nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento da parte della
Capogruppo, una delle società bancarie del Gruppo è sottoposta a procedura concorsuale.
La procedura si avvale di Commissari straordinari e possono richiede alle società del Gruppo i dati,
informazioni e altri elementi utili per adempiere al loro mandato.

OBBLIGAZIONI PECUNIARE E MODALITA’ – 22

Le obbligazioni più diffuse sono quelle pecuniarie cioè quelle obbligazioni in cui la prestazione ha
ad oggetto una somma di denaro. Il Codice Civile dedica alle obbligazioni pecuniarie una disciplina
specifica agli art. 1277 e segg. c.c. Le caratteristiche relativa al loro oggetto è il denaro.
La moneta ha un valore nominale che corrisponde al valore numerico e un valore reale che
corrisponde al suo potere di acquisto.
Il valore reale del denaro tende a variare nel tempo, generalmente a diminuire, e l’applicazione del
principio normalistico determina l’insensibilità dei debiti pecuniari alle fluttuazioni del potere di
acquisto.
Secondo il principio normalistico, il debitore estingue un debito corrispondendo alla scadenza la
stessa quantità di pezzi monetari previsti al momento in cui l’obbligazione è sorta nonostante il
potere di acquisto del denaro sia diminuito nel corso del tempo. Il rischio del deprezzamento
monetario ricade sul creditore.
Nella prassi vengono utilizzati una serie di strumenti in grado di riequilibrare i rapporti tra debitore
e creditore ovvero le clausole di salvaguardia o di indicizzazione che hanno il compito di bloccare i
debiti pecuniari a parametri al cui variare viene rideterminata la somma corrispondente oppure
attraverso un intervento legislativo che provvede a rimedi contro gli squilibri derivanti dal
deprezzamento monetario.

ACCORDI DI BASILEA E GESTIONE DEL RISCHIO – 23

Fare impresa significa affrontare e gestire il variare di fattori economici, ambientali e sociali. La
gestione di tali fattori può portare l’organizzazione al successo o all’insuccesso. Le scelte gestionali
generano l’assunzione di un margine di incertezza. Tale incertezza è connessa al concetto di rischio
e di attività di impresa. La capacità che un’impresa ha di generare profitti viene intesa come una
remunerazione per l’imprenditore che ha assunto e gestito i rischi. Il rischio viene identificato
come un elemento determinante per la permanenza di un’impresa sul mercato e le decisioni
assunte rivestono un’importanza fondamentale.
All’interno delle imprese, si sta diffondendo una figura che si specializzi nella gestione dei rischi
dell’azienda, la c.d. innovazione manageriale.
L’innovazione manageriale è finalizzata al contenimento dei costi, incremento dei ricavi e al
miglioramento della qualità della gestione. Il Risk Management rappresenta un esempio di
innovazione manageriale.
L’attività di gestione dei rischi svolta dal Risk Management, si delinea in un modello sequenziale le
cui decisioni finali sono prese in considerazione di un’analisi preliminare delle singole eventualità
negative. Il modello è strutturato in tre fasi: identificazione dei rischi, valutazione dei rischi,
gestione dei rischi.
Nella gestione dei rischi per l’impresa, un’importante innovazione si è creata nel settore del
sistema bancario riguardante gli accordi di Basilea.
L’accordo prevede che le Banche devono tenere a disposizione un certo ammontare di patrimonio
con il quale si possa far fronte all’eventualità che alcuni prestiti non vadano a buon fine, per
mantenere una stabilità e l’assetto di tutto il sistema bancario.
Dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, l’accordo Basilea 1, i suoi emendamenti e Basilea 2 non
erano sufficienti a limitare il rischio per le Banche. A tal fine, è stato creato un nuovo accordo,
Basilea 3, da far approvare in tutti gli Stati. Tale accordo è stato creato con l’obiettivo di tutelare la
solidità bancaria col fine di garantire la solidità dell’intera economia tutelando i risparmiatori.

OPA, OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO – 24

Per OPA, ossia offerta pubblica di acquisto, si intende ogni offerta, invito ad offrire o messaggio
promozionale finalizzato all’acquisto in denaro di prodotti finanziari.
Il soggetto che intende effettuare un’offerta pubblica di acquisto deve formulare una
comunicazione alla Consob il quale verrà allegato un documento che conterrà le informazioni
necessarie per consentire al pubblico di elaborare un giudizio sull’offerta.
La comunicazione è resa nota al mercato e all’emittente e indica: l’offerente e i soggetti
controllanti, persone che agiscono in accordo con l’offerente in relazione all’offerta, emittente,
categorie e quantitativo di prodotti finanziari, corrispettivo offerto per ciascuna categoria di
prodotti finanziari.
Vi sono diverse tipologie di OPA, quali: volontaria, obbligatoria, residuale, consensuale, ostile.
L’OPA volontaria, si verifica quando è l’offerente a prendere iniziativa proponendo un prezzo e
stabilisce il numero di azioni che intende rilevare. Esistono due sottocategorie di OPA volontaria,
ovvero totalitaria e parziale, e dipende se l’acquirente voglia in tutto o in parte acquistare le azioni
della società.
L’OPA obbligatoria è imposta dalla legge e si verifica quando una società acquista più di un terzo
dei titoli di un’altra società. La legge impone di acquistare la restante parte delle azioni.
L’OPA residuale, si verifica quando il 90% delle azioni di una società quotata in borsa sono in
possesso di un unico soggetto. Il 10% di capitale rimanente non è un flottante sufficiente a
garantire una negoziazione in regola. Chi detiene nove-decimi delle azioni è obbligato per legge a
cederne una parte entro 4 mesi o ad acquistare le azioni restanti acquisendo il 100%. Il prezzo di
acquisto delle restanti azioni è stabilito da un esperto nominato dal Presidente del tribunale nel
luogo dove la società emittente ha sede.
L’OPA consensuale, si verifica quando l’azienda oggetto della scalata è favorevole che la scalata si
compia.
L’OPA ostile, si verifica quando il CDA della società si esprime in assemblea in maniera contraria
alla scalata. Nel caso in cui ci sia un’OPA ostile, l’azienda può chiamare in soccorso il cavaliere
bianco il quale presenterà una controfferta volta a competere con lo scalatore non gradito. Essa
può rendere l’OPA più costosa aumentando il prezzo delle azioni.

CRISI DELLE BANCHE E RIMEDI PROCEDURALI – 25

Le procedure di gestione delle crisi bancarie e dei Gruppi Bancari sono disciplinari dal titolo IV del
decreto legislativo 385/1993. La disciplina speciale applicabile alle Banche e ai Gruppi Bancari ha
come primo obiettivo la tutela del risparmio specialmente per l’impatto sociale delle crisi sui
diversi soggetti coinvolti.
La disciplina prevede diverse procedure di gestione della crisi in base al grado di criticità della
situazione aziendale. Sono escluse procedure diverse da quelle disciplinate dal TUB.
Qualora la crisi non presenta caratteri di irreversibilità, la Banca può essere sottoposta ad
amministrazione straordinaria. Essa è disposta con decreto del Ministero dell’Economia e delle
Finanze emanato su proposta della Banca d’Italia a cui spetta, anche, la nomina degli organi
straordinari. Per ragioni di urgenza, in presenza degli stessi motivi per l’avvio alla procedura di
amministrazione straordinaria, la Banca d’Italia può nominare uno o più Commissari che
assumono poteri di amministrazione dell’intermediario per un massimo di due mesi attuando una
gestione provvisoria.
Qualora la crisi presenta caratteri di irreversibilità, l’intermediario viene assoggettato a
liquidazione coatta amministrativa con provvedimento disposto dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze emanato su proposta della Banca d’Italia il quale nominerà, anche, gli organi di
Liquidator.
Le procedure che riguardano Banche comunitarie sono disciplinate dalla normativa dello Stato di
origine.

IL RUOLO DELLA CONSOB – 26

Il ruolo della Consob è quello di assicurare la trasparenza dei prodotti finanziari nel mercato
garantendo che tutti gli operatori abbiano accesso alle informazioni per effettuare investimenti in
maniera consapevole. La Consob vigila sugli intermediari cosicché mantengano un corretto
comportamento attraverso l’emanazione di norme finalizzate alla protezione degli investitori.
Inoltre, garantisce la qualità dei prezzi affinché riflettano realmente l’andamento del mercato,
favorisce le contrattazioni e certificare le modalità esecutive dei contratti siglati.
Infine, gestisce i rapporti con autorità nazionali e internazionali controllando che essi agiscano in
maniera onesta nel loro compito per garantire un corretto funzionamento dei mercati.
La Consob applica, anche, sanzioni qualora i regolamenti non vengono rispettati.
Nonostante essa sia un organismo autonomo, collabora con numerose autorità istituzionali sia sul
territorio italiano sia sul territorio estero.

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