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ROBERTO VACCANI

COME SI TIENE UNA RIUNIONE

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LA RIUNIONE Ho passato tutto il giorno in riunione!, Se potessi schivare quella riunione?!, Unaltra riunione!!!, Il Direttore in riunione e non so quando potr uscire (vivo? N.d.R.), Bisogna convocare subito una riunione!, Siamo ammalati di riunionite acuta!!!, Lo decideremo in riunione: queste sono alcune frasi ricorrenti che rappresentano un chiaro sintomo di quanto lo strumento riunione sia uno dei brani celebri del repertorio organizzativo. Soprattutto chi riveste ruoli direttivi e gestionali di alto livello trascorre mediamente 1/3 della propria vita lavorativa in riunione. Le riunioni pi sono di alto livello gerarchico o specialistico, pi costano. Costano perch 1/3 della remunerazione dellalta dirigenza stanziato per attivit di riunione, ma possono costare soprattutto perch una pessima conduzione di riunione pu produrre decisioni strategiche scadenti (o non decisioni strategiche urgenti), con notevole scapito per landamento organizzativo nel suo insieme. quindi facilmente intuibile lutilit dei tentativi di razionalizzare con strumenti e metodi di efficacia ed efficienza la tenuta di riunioni, al fine di renderle massimamente vincenti rispetto allobiettivo organizzativo che si prefiggono. Fa parte della mia esperienza lavorativa il constatare come in molte organizzazioni convivono troppe riunioni inutili, da abolire o quantomeno minimizzare, con la quasi assenza di riunioni utili da promuovere e sistematizzare, in definitiva ci si riunisce troppo ed inutilmente o poco utilmente. La confusivit e la frequente impropriet di uso dello strumento riunione dipende dal fatto che raramente le riunioni sono attentamente progettate e studiate nel loro significato di strumento, spesso ineliminabile, di integrazione organizzativa. Come tali le riunioni (sarebbe meglio parlare di frequenza sistematica o serie di riunioni) andrebbero definite nelle loro finalit generali e di conseguenza andrebbero definiti i soggetti aziendali pertinenti a parteciparvi, i luoghi ed i tempi sistematici di incontro, le tappe di verifica dei risultati. In altri termini, se pure con le riunioni ci si rivolge ad un insieme di persone, ad un soggetto sociale, ci si dovrebbe comportare come ci si comporta nellattribuzione di un mandato organizzativo individuale: definizione di obiettivi, tempi, strumenti, verifiche ecc. Ma la realt organizzativa ci dice che le attivit di riunione, i sistemi o i reticoli di riunione nascono in modo naturale, spontaneo ed a volte selvaggio, seguendo una regola che frequentemente guida, di fatto, i cambiamenti organizzativi, la regola per cui la ragione dellurgenza e dellimprevisto anticipa la ragione dellimportanza e del programmato. In altri termini, i processi di cambiamento organizzativo si impongono di fatto e, non di rado, solo successivamente vengono razionalizzati e sistematicamente governati. Cos succede che le prime riunioni nelle organizzazioni vengono indette sotto la pressione di eventi inattesi e fronteggiabili con il concorso di pi persone e ruoli (... indispensabile vederci subito). In queste condizioni il clima di riunione spesso influenzato da alta emotivit, atteggiamenti conflittuali e rigurgiti gerarchici.

In queste situazioni stare in riunione, oltre che pesantemente penoso, risulta scarsamente producente, eppure, nonostante la legittima resistenza degli individui ad essere coinvolti in tormentate riunioni, queste ultime vengono regolarmente indette in occasioni demergenza, sintomo, questo, di una loro ineliminabile utilit. Solitamente dopo aver praticato per qualche tempo in modo precario, episodico e non programmato lo strumento riunione, le organizzazioni si impongono una razionalizzazione; nasce cos un sistema programmato di riunioni dislocate in diversi livelli ed aree organizzative investite di missioni organizzative specifiche; nascono comitati, coordinamenti, gruppi di lavoro, commissioni specialistiche, gruppi di progetto, gruppi di controllo qualit ecc. forse utile riaffermare che lo strumento riunione per molte organizzazioni non rappresenta una scelta di modello di funzionamento facoltativo ma una necessit. In tutte quelle organizzazioni o ambiti organizzativi che producono decisioni non proceduralizzabili e frutto del concorso di pi professionalit lo strumento riunione risulta insostituibile. inoltre chiaro che per caratteristica di prodotti o servizi alcuni sistemi organizzativi avranno bisogno di un complesso e ricco reticolo di riunioni (organizzazioni che producono prodotti non standardizzabili di artigianato industriale, alta tecnologia, servizi sociali, servizi alberghieri, servizi culturali, servizi sanitari, servizi sindacali, servizi politici ecc.) mentre altre organizzazioni potranno ridurre a maggior essenzialit il volume di riunioni necessarie (organizzazioni che producono servizi o beni standardizzabili, industria di serie, servizi bancari, servizi assicurativi, servizi anagrafici ecc.). Comunque in unepoca contrassegnata da notevole instabilit e precariet di mercato, la complessit di governo di intere organizzazioni non pu pi essere presidiata soltanto da ruoli individuali di integrazione gerarchica, spinti dal principio di efficienza, a troppe semplificazioni, arrotondamenti, grossolanit, pressioni autoritarie, incongruenti con la misura e la raffinatezza richiesta dalla gestione dellinstabile e del complesso. Nelle organizzazioni divenute pi complesse si impone quindi una gestione pi efficace, multifunzionale e pluriprofessionale. In altri termini una gestione pi collegiale, pi orizzontale e meno verticale. Lo strumento riunione rappresenta appunto un sistema di integrazione orizzontale, luogo aziendale di concorso pi corale a decisioni divenute pi complesse. LE FINTE RIUNIONI Fino ad ora e nel proseguimento dello scritto propongo convenzionalmente di assumere la seguente definizione di riunione: si intende per riunione di lavoro unattivit finalizzata ad un risultato specifico coerente agli obiettivi organizzativi (prodotti di riunione) e che scaturisce dal confronto e dalla elaborazione di informazioni, idee, modelli professionali di pi persone costituenti un piccolo gruppo (nel contesto italiano non pi di 10-12 individui). Accettando questa convenzione non risultano riunioni di lavoro le riunioni di casta, comitati o coordinamenti o gruppi che sotto altre dizioni, di fatto, vengono indetti con il prevalente scopo di commemorare la omogeneit organizzativa e lo status dei loro membri. Poich pu non essere elegante esplicitare il loro reale scopo queste finte

riunioni vengono convocate con compiti pretestuosi scarsamente incidenti la vita organizzativa. Possono rappresentare per dei gruppi di pressione in grado di sollecitare ulteriori privilegi di casta o di esercitare diritti di veto e blocco organizzativo. A mio parere non si pu parlare di riunioni neppure per le riunioni ecumeniche indette con lo scopo di tenere buone o rappacificare tra loro diverse parti o diversi ruoli aziendali, esse rappresentano una specie di termostato delle conflittualit e delle rivendicazioni organizzative; tali riunioni, pur legittime, risultano tese a sostenere in margini pilotabili i processi sociali involutivi e fanno parte dei sistemi di regolazione dei climi sociali aziendali. E neppure si possono chiamare riunioni le chiamate a rapporto gerarchiche, tese unicamente a passare ordini indiscutibili o rampogne dai gerarchi ai sottoposti (classica la rampogna ... dovete partecipare ed essere motivati!!!). Ancora, a mio modo di vedere, non sono riunione le visite pastorali, una sorta di adunata contemplativa per esporre ogni tanto agli occhi gratificati dei dipendenti i personaggi illustri dellorganizzazione. Questi tipi di riunione tradiscono spesso il loro vero scopo prestando pi attenzione organizzativa allallestimento di cene o rinfreschi di fine riunione piuttosto che allo scopo decorosamente pretestuoso della riunione stessa. N sono riunioni i riti collettivi previsti dalle organizzazioni per commemorare se stesse o alcuni apparati o alcuni valori. Lobiettivo di queste riunioni improprie (spesso delle vere e proprie adunate vista la numerosit delle persone convocate) pu essere quello legittimo di rinsaldare lappartenenza organizzativa, di ratificare formalmente decisioni prese da altri organismi dotati di sostanziale potere decisorio, oppure quello di festeggiare anniversari. Ai riti collettivi non richiesta contribuzione, basta esserci, non importa se la storia fatta da altri, il rito assolve limpotenza al grido di Cero anchio. TIPOLOGIE DI RIUNIONI Passate in rassegna alcune non riunioni rispetto ai concetti qui esposti si pu ora tentare una classificazione di tipologie di riunioni. Unipotesi di classificazione tendente a distinguere le riunioni per metodologia e tecniche di gestione differenti suggerisce la seguente tripartizione: riunioni gerarchiche; riunioni di coordinamento; riunioni miste. Per riunione gerarchica si pu intendere quella riunione che ha lo scopo di dibattere e validare informazioni, prescrizioni e decisioni, proposte da chi ricopre un ruolo gerarchico rispetto agli altri convenuti alla riunione. Questo tipo di riunione centrata prevalentemente su di un contenuto precodificato (informazione, prescrizione, decisione che sia) e sul ruolo centrale della gerarchia. In questo tipo di riunione il circuito di comunicazione prevalente vede la centralit di riferimento in chi ricopre la funzione gerarchica, vede primari i contributi espressi dalla

gerarchia, di secondo ordine i contributi di ritorno alla gerarchia da parte dei sottoposti, di terzo ordine gli eventuali contributi scambiati dai sottoposti tra loro. Il grafico seguente tende a raffigurare il reticolo di comunicazioni specifico di una riunione gerarchica (Fig. 1):
Fig. 1

= CONTRIBUTI PRIMARI = CONTRIBUTI DI SECONDO ORDINE = CONTRIBUTI DI TERZO ORDINE CONDUTTORE

I fattori vincenti di tale tipo di riunione sono rappresentati dalla centralit gerarchica e dallorganizzazione del messaggio emesso dalla gerarchia. Per riunione di coordinamento si intende quella tipologia di riunione che ha come obiettivo la raccolta di informazioni, la loro elaborazione, la proposizione di orientamenti o decisioni operate dai partecipanti alla riunione in modo dialettico e paritario (orizzontale). Mentre in una riunione gerarchica il conduttore rappresenta il protagonista sia dei contenuti sia dei processi di comunicazione, in una riunione di coordinamento i protagonisti dei contenuti e dei processi sono i partecipanti ed il coordinatore ha il compito di predisporre le condizioni organizzative metodologiche e di clima migliori perch i partecipanti si approprino e si responsabilizzino allobiettivo della riunione. Il fattore vincente in una riunione di coordinamento costituito dalla capacit organizzativa e comportamentale del coordinatore di far lavorare il gruppo dei partecipanti senza intervenire nel merito dei contenuti di lavoro.

Il conduttore di una riunione gerarchica ha gi deciso o decide verificando il consenso mentre il coordinatore di una riunione di coordinamento fa decidere favorendo il consenso. In una riunione di coordinamento i contributi primari sono rappresentati dagli scambi di comunicazione-influenza tra i partecipanti, i contributi di secondo ordine sono rappresentati dalle comunicazioni del coordinatore verso i partecipanti ed i contributi di terzo ordine sono le eventuali comunicazione dei partecipanti dirette al coordinatore. Il grafico seguente cerca di rappresentare il reticolo di comunicazioni specifico di una riunione di coordinamento (Fig. 2).
Fig. 2

= CONTRIBUTI PRIMARI = CONTRIBUTI DI SECONDO ORDINE = CONTRIBUTI DI TERZO ORDINE CONDUTTORE

Come si nota anche la sola rappresentazione grafica della rete dei rapporti evidenzia la maggior complessit della riunione di coordinamento rispetto alla riunione gerarchica. Come si vede e meglio si vedr in seguito la riunione di coordinamento e la riunione gerarchica sono profondamente diverse e, come tali, necessitano di modelli operativi e punti dattenzione notevolmente distinti. Le riunioni di tipo gerarchico sono suggeribili per la trattazione di tematiche rispetto alle quali le informazioni, le competenze per la loro elaborazione ed il controllo del rispetto delle decisioni prese accentrabile nelle mani della gerarchia (es. attribuzioni di risorse economiche, attribuzioni di risorse tecnologiche, attribuzioni di missioni organizzative ecc.). Le riunioni di coordinamento sono suggeribili per la trattazione di tematiche rispetto alle quali le informazioni, le competenze professionali utili per la loro elaborazione ed il

controllo del rispetto delle decisioni prese diffuso tra i soggetti che si devono coordinare (es. piani di lavoro dquipe, coordinamenti interfunzionali, progetti integrati di pianificazione, consulti multiprofessionali ecc.). Per riunione mista si pu intendere quella riunione che ha come obiettivo la raccolta di informazioni, la loro elaborazione e la proposta di orientamenti o decisioni da parte sia dei sottoposti sia del responsabile gerarchico (solitamente il conduttore della riunione). Queste riunioni sono il connubio (e non la confusione) dei due tipi di riunione precedentemente citati. Infatti onde cautelare il lavoro della riunione da influenzamenti, inquinamenti, soggezioni gerarchiche ed al fine di raccogliere informazioni ed elaborazioni originali e genuine dei partecipanti, la riunione mista viene condotta per buona parte con la metodologia della riunione di coordinamento e solo da un certo punto in poi (come vedremo in seguito, solo ad avanzato stadio di elaborazione del gruppo) prende i connotati di riunione gerarchica. In questo senso valgono le riflessioni fatte in precedenza sulle prerogative di specificit e di prevalenza di messaggi sia delle riunioni gerarchiche sia delle riunioni di coordinamento. IL RUOLO DI CONDUZIONE E COORDINAMENTO ED IL POTERE 80% Quando si guarda con occhio critico un gruppo di lavoro orizzontale, ossia un gruppo nel quale nessuno dei partecipanti riveste un ruolo di supremazia gerarchica o funzionale (stabilito dalla organizzazione di appartenenza), si sta guardando un gruppo organizzativo di pari. La prospettiva di osservazione di un gruppo di pari o orizzontale , suggeribilmente, quella di guardare il gruppo nel suo insieme mettendo in primo piano le influenze reciproche poich ci si basa sullipotesi che nel gruppo di pari ognuno abbia la medesima potenzialit di influe nzare i restanti membri del gruppo. Da ci possibile desumere che i processi di funzionamento di gruppo orizzontale sono preminentemente frutto di azioni corali di adattamento negoziazione e non di azioni individuali di ruolo. Un gruppo di pari si pu osservare come si osserva un complesso musicale composto da pi strumentisti senza direttore dorchestra, uniti dalla reciproca capacit di integrare i messaggi musicali per sintonia intuitiva. Ma un gruppo condotto o integrato da una figura specifica di capo, insegnante, coordinatore, leader riconosciuto, padre spirituale, sacerdote, santone, oracolo, messia ecc. non pu essere letto come si leggerebbe un gruppo di pari. Si tratta in questi casi di gruppi eterodiretti ossia condotti per certi versi da individui ricoprenti ruoli specifici di conduzione. Bene, la maggior parte delle riunioni tenute nei fatti in ambito organizzativo rientrano in questa categoria.

I gruppi eterodiretti e con essi la maggior parte delle riunioni lavorative vanno osservati come si osserverebbe un complesso musicale condotto da un conduttore dorchestra; una volta constatata la capacit professionale degli orchestrali, la maggiore attenzione va rivolta allabilit del conduttore rappresentante il vero artefice della prestazio ne dello strumento orchestra. Capi, conduttori, insegnanti ecc. hanno attribuita per ruolo la facolt di influenzare i sottoposti, coordinati, discenti ecc. in proporzione notevolmente maggiore di quanto possono esserne influenzati e di quanto gli individui che loro si riferiscono possano influenzarsi fra di loro. Questa una caratteristica di cui godono (spesso) e soffrono (meno spesso) tutti i detentori, a qualsiasi titolo, di leaderismo sociale o di potere organizzativo di influenza sociale che dir si voglia. A scopo provocatorio ed esemplificativo si pu parlare di potere dinfluenza 80% nel senso che, fatto metaforicamente 100 il potere dinfluenza a disposizione di un gruppo eterodiretto, l80% nel bene e nel male a di-sposizione di chi lo conduce. Continuando la metafora proviamo ad analizzare le ragioni ed i fattori costituenti questo strapotere 80% che va oltre i limiti delle ragionevoli differenze tra esseri umani. Possiamo immaginare che questo 80% sia composto da un 40% di potere funzionale. Per potere funzionale si intende quella attribuzione dinfluenza di ruolo utile al raggiungimento dellobiettivo per cui il ruolo nato; perci funzionale, per lobiettivo del comando, che ci sia qualcuno che comandi; funzionale per lobiettivo dinsegnamento che un insegnante abbia influenza sui discenti; funzionale per lobiettivo di coordinamento che chi coordina abbia potere sui coordinati. Il potere 40% funzionale non solo legato ad un aspetto formale ma nelle organizzazioni caratterizzato da un aspetto professionale specifico: si presume che un buon capo sappia condurre meglio di altri, che un buon insegnante abbia una professionalit dinsegnamento specifica, che un coordinatore di riunione sappia progettare le riunioni e condurle professionalmente meglio di altri. Nel caso, poi, che lunicit di comando e di coordinamento sia funzionale, chi la detiene pu avvalersi di mezzi oggettivi (risorse organizzative) e procedurali di influenza. Diciamo che il potere 40% funzionale a praticare il mestiere di leaderismo sociale attribuito ad alcuni ruoli organizzativi, fatta salva la verifica della capacit personale di sostenerli. Ma laltro 40% di potere da dove arriva? Laltro 40% di potere un potere fantastico o psicologico ma non per questo meno operante, la grossolana somma metaforica del potere dinfluenza attribuito fantasticamente dagli individui ai ruoli di leaderismo sociale che rappresentano simbolicamente il simulacro dellautorit. Dipendenti, discenti, sottoposti, discepoli, fan s, attribuiscono ai loro leader sociali le loro fantasie di rapporto con lautorit in genere. E poich uno dei pilastri di sostegno della nostra personalit costituito dalla dinamica di rapporto con lautorit (dinamica mai risolta fino in fondo), le figure concrete

che esercitano ruoli di leaderismo sociale non possono sfuggire dal vedersi attribuire oltre al potere funzionale uno spostamento, una proiezione simbolica e psicologica dei problemi di rapporto con lautorit dei sottoposti, un potere fa ntastico ma foriero di atti concreti nelle strategie di relazione degli individui. Non tutti gli individui operano spostamenti fantastici di rapporto con lautorit uguali e con tutti i tipi di autorit; senza dilungarsi si pu dire che chi ha avuto pi f ortune nello sperimentare rapporti con numerose e diverse figure concrete di autorit tende a controllare le proprie fantasie e pregiudizi ed operare spostamenti minimi (basse percentuali) di pluspotere dinfluenza; al contrario chi ha avuto pochi stereotipati rapporti con figure concrete di autorit tende a spostare molta percentuale di pluspotere carismatico mediante fantasie positive (annullandosi nel fanatismo di dipendenza davanti a figure autoritarie) o mediante fantasie negative (cadendo preda di fanatismi controdipendenti persecutori o di fanatismi diavolizzanti e criminalizzanti lautorit). Succede cos che i ruoli concreti di leaderismo sociale oltre al potere 40% funzionale percepiscono mediamente una (comoda/scomoda) rendita di potere 40% in qualit di simulacro dellAUTORITA. Sono cos comprensibili alcuni fenomeni per i quali ai ruoli leaderistici vengono attribuite propriet fantastiche e magiche oltre lumano e vengono rivolte a loro attenzioni particolari, domande impossibili (Chi s ono io?) pregiudizi di unicit e di eccellenza (Lei sar senza dubbio anche un grosso intenditore di vini?, Lei usa delle penne particolarissime! Chiss dove le compra?,Dicono che dorme solo 3 ore per notte..., Lei mi fa questa domanda perch mi vuol giudicare!!?, un mostro di sadismo!!, un maestro di perfidia, Le faccio un indovinello ma Lei lo indoviner subito, Non Le sto a dire quello che Lei avr gi capito?!). Gli individui ricoprenti ruoli leaderistici che perseguono la fama personale puntano molto sul 40% fantastico aggregando cos le porzioni soggettive ed i soggetti che hanno pi problemi di rapporto con il potere: cos facendo svilupperanno intorno a s energie di dipendenza e di controdipendenza. Gli individui che rivestono ruoli leaderistici che privilegiano il successo rispetto agli obiettivi puntano a minimizzare il 40% fantastico ed utilizzare a pieno il 40% funzionale; costoro aggregheranno le parti soggettive ed i soggetti che hanno meno problemi di rapporto con lautorit, sviluppando cos energie di autonomia e di collaborazione. Sono ora possibili due riflessioni. In primo luogo lattribuzione di potere fantastico non pu essere sottovalutata per il semplice fatto che essa si basa su fantasie psicologiche e non su dati di realt. Le fantasie nei rapporti diventano realt relazionali e, come tali, influenzano notevolmente le strategie concrete del rapporto stesso. Facciamo un esempio. Se una persona ha una fantasia di persecuzione o di valutazione da parte mia tanto da leggere in modo fantasioso i miei messaggi innocui (Ti trovo bene. Perch, dovrei forse stare male? oppure Come sei elegante!. Pensi di essere solo tu quello che sa vestire?) anche la mia relazione concretamente influenzata dalle sue fantasie e non sempre produttivo il tentativo di risolvere il problema affrontandolo con la sua diretta esplicitazione (Guarda che tu hai delle fantasie di persecuzione nei miei confronti!. Sono talmente fantasie che hai centrato subito il problema!): potremmo complicare la situazione. Le fantasie influenzano concretamente i rapporti, perci il potere 40% fantastico esiste .

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Una seconda riflessione ci porta a dire che in tutte le situazioni governate da ruoli e figure di leaderismo sociale (nelle organizzazioni si pu dire che questa sia la regola) i climi sociali ed i modelli di relazione prevalenti sono influenzati per l80% dai loro stili di comando. In altri termini i capi hanno gli atteggiamenti ed i comportamenti relazionali dei dipendenti che si meritano per l80%, gli insegnanti le classi che si meritano per l80%, i coordinatori i coordinati che si meritano, i trascinatori di folla i discepoli che si meritano. Un capo depresso influenzer climi sociali di depressione (con un capo depresso proibito ridere e, a lungo andare, ci si intristisce), un capo autoritario instaurer dei climi sociali difensivi da caserma, un capo autorevole e vincente faciliter climi liberali e dinamici, un capo dipendente e debole instaurer climi difensivi e disorientanti. Mi sono dilungato (anche troppo) sulla tematica del potere 80% poich ritengo che per ragioni di scarsa visibilit immediata del fenomeno, di pudore organizzativo e di rifiuto di responsabilizzazione, costituisca una problematica troppo trascurata se non addirittura rimossa o mistificata, con esortazioni ambigue del tipo Siamo qui a titolo paritario, In questa occasione dimentichiamo le differenze gerarchiche, Siamo tutti uguali, Non sentitevi in soggezione, esortazioni - non a caso - proferite da chi detiene ruoli leaderistici e non da chi li subisce. Ma tempo di ritornare al problema della gestione delle riunioni ricordando che se ne era parlato come di un gruppo eterodiretto e perci condotto da un ruolo di leaderismo sociale (un potere 80%)... Sarebbe perci fuorviante adottare per la progettazione e la lettura dello strumento riunione solo dei modelli interpretativi di dinamica di gruppo orizzontale. Le dinamiche di una riunione sono caratterizzate prevalentemente dalla dinamica leaderistica del conduttore o del coordinatore. Per questa ragione i modelli che fanno vincente o perdente una riunione sono a mio parere, modelli di progettazione e gestione del ruolo di conduzione. Per questa ragione ho intenzione di centrarmi su modelli organizzativi e relazionali che agevolino la progettazione e la conduzione di riunione da parte del conduttore o del coordinatore. MODELLI ORGANIZZATIVI E COMPORTAMENTALI PER LA CONDUZIONE DI RIUNIONI Nella mia esperienza di formazione al comportamento organizzativo, allinterno della quale la conduzione delle riunioni assume una particolare importanza, ho maturato la convinzione che le abilit di comportamento organizzativo, siano esse la presa di decisione, la tenuta di conferenze, gli stili di comando, la tenuta di riunioni, la tenuta di negoziazioni ecc., si acquisiscono su di un doppio binario di strumentazione: una strumentazione organizzativa ed una strumentazione relazionale. In altri termini per diventare abili in attivit di comportamento richieste dalle or ganizzazioni non bastano modelli, consapevolezze e capacit relazionali e psicologiche ma necessitano anche modelli, consapevolezze e capacit organizzative.

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Per questa ragione vorrei qui esporre i modelli organizzativi e comportamentali che uso in attivit di addestramento manageriale finalizzate alla conduzione delle riunioni. mia convinzione che la modellistica che si riferisce ai comportamenti in genere, per essere utilmente usata, deve essere essenziale ed orientativa. Essenziale per non distogliere troppa attenzione allazione in tempo reale. Orientativa per permettere di guidare ma non reprimere loriginalit e la specificit personale degli individui. Gli schemi comportamentali troppo articolati e prescrittivi hanno la meritata sorte di rimanere, estetici ed impotenti, tumulati sui testi di usurai del comportamento razionale, segregati nei manuali ossessivi del come si fa, rigorosi ed articolati quanto inapplicabili. In questo senso intendo descrivere solo la modellistica confortata dai risultati utili emersi dalla attivit applicativa quotidiana nelle organizzazioni. MODELLO ORGANIZZATIVO PER LA GESTIONE DELLE RIUNIONI DI COORDINAMENTO Nel trattare il modello mi riferir prevalentemente alle riunioni di coordinamento chiamate precedentemente pure e mi limiter ad aprire parentesi di trattazione solo nei punti di sostanziale differenziazione tra riunione di coordinamento puro e riunione mista. Centrer principalmente lattenzione sui fattori di successo legati alla progettazione ed alla gestione del ruolo di conduzione. In sintesi i fattori vincenti di progettazione e gestione di ruolo possono essere ridotti ai seguenti (Fig. 3):
Fig. 3 FATTORI DI PRESIDIO PROGETTUALE

DEFINIZIONE DEL COMPITO DI RIUNIONE

DEFINIZIONE DEI TEMPI DI RIUNIONE DEFINIZIONE DEGLI STRUMENTI

FATTORI DI PRESIDIO GESTIONALE

GESTIONE DEL COMPITO DI RIUNIONE

GESTIONE DEL TEMPO DI RIUNIONE

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GESTIONE DEGLI STRUMENTI DI RIUNIONE

GESTIONE DEI RAPPORTI CON E TRA I PARTECIPANTI

Analizziamo un fattore di presidio alla volta. Definizione del compito di riunione

Non si pu parlare di riunione utile dal punto di vista organizzativo se non la si interpreta anche come un momento produttivo di informazioni, idee, elaborazioni, pareri, orientamenti, decisioni. La riunione organizzativa rappresenta un temporaneo quanto prezioso reparto di produzione nel quale linsieme organizzato di individui portatori di semilavorati esperienziali e professionali in grado di produrre proposte, idee, decisioni mirate. Una riunione senza chiarezza di compito un reparto di produzione non finalizzato composto da un organico di reparto senza finalit comune, nel quale gli individui pi riflessivi restano disorientati ed inattivi ed i pi attivisti si disputano la definizione, spesso arbitraria, del compito di produzione mancante. Queste ragioni sconsigliano di indire riunioni senza chiarezza di compito. rischioso indire un comitato solo perch c un comitato quindicinale o una riunione di coordinamento solo perch si deve fare un coordinamento. La riunione organizzativa, come del resto ogni atto organizzativo, non pu essere un semplice insieme di spazio, tempo e personale non finalizzato. Cos , per un coordinatore rischioso infilarsi in una riunione senza essersi chiarito (e quindi poter chiarire agli altri) il compito della riunione. La confusione del coordinatore di riunione rispetto al compito diventa confusione 80% per tutti i partecipanti della riunione. Ed spesso alibistico per un coordinatore dire che la riunione andata male perch i partecipanti non avevano chiaro il compito se lui stesso non se lo era chiarito. Ma entriamo pi nel dettaglio nella definizione del compito. Il compito di riunione inquadrabile sotto due aspetti. Laspetto del contenuto (tema ) e dellobiettivo (o veste di trattazione).Per contenuto si intende il tema, largomento di trattazione. Solitamente gli ordini del giorno di riunione riportano i contenuti da trattare. Si tratta di definire in modo puntuale e mirato il contenuto poich a contenuto fumoso corrisponde una riunione fumosa, a contenuto generico corrisponde una riunione generica, a contenuto mirato corrisponde una riunione mirata. Non raro vedere degli ordini del giorno ben definiti dal punto di vista dei contenuti. invece raro trovare su ordini del giorno o nelle presentazioni dei coordinatori di riunione

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una chiara definizione dellobiettivo della riunione o meglio della veste di trattazione di cui si devono sentire investiti i partecipanti. Lobiettivo non va confuso con il contenuto; il contenuto risponde alla domanda: Di che cosa si parla? Lobiettivo risponde alla domanda: Per quale finalit?. A parit di contenuto si possono perseguire obiettivi diversi e quindi porre i partecipanti in vesti di trattazione diversa. Facciamo un esempio. A parit di contenuto di riunione posso assumere pi vesti di trattazione, eccone alcune: veste dascolto, veste di dibattito non finalizzato, veste di espressione di pareri consultivi non vincolanti, veste di espressione di pareri consultivi vincolanti, veste decisoria, veste rivendicativa. chiaro come ad obiettivi o vesti diverse di trattazione corrispondono posizioni, posture psicofisiche di trattazione diverse, modi di contribuire diversi, energie psicofisiche diverse ed, in definitiva, risultati di riunione diversi. Allobiettivo dascolto per esempio corrisponde una possibile postura psicofisica dei partecipanti di bassa responsabilizzazione rispetto al contenuto. Allobiettivo di condivisione decisoria corrisponde una possibile postura psicofisica dei partecipanti di alta responsabilizzazione analitica e propositiva rispetto al contenuto. Allobiettivo rivendicativo corrisponde una possibile postura psicofisica responsabilizzazione pi critica che propositiva rispetto al contenuto di trattazione. di

Quindi a parit di contenuto e ad indefinitezza di obiettivo o veste di trattazione si possono verificare disorientamenti di riunione o conflitti tra prospettive di vesti diverse vissute dai partecipanti. Ecco alcune esemplificative affermazioni e conflitti di veste possibili in una ipotetica riunione che ha per contenuto di trattazione analisi della qualit di un processo di produzione. Partecipante (a): Voglio proprio sentire cosa hanno da raccontarci quelli della programmazione sul problema degli scarti (veste dascolto). Partecipante (b): Non mi sembra produttivo questo atteggiamento passivo di ascolto, discutiamone almeno tra di noi visto che siamo direttamente implicati nel problema degli scarti! (veste di dibattito). Partecipante (c): Mi sembra che potremmo fare anche qualche cosa di pi, per esempio, esprimere i nostri orientamenti alla direzione! (veste consultiva non vincolante). Partecipante (d): Pi che esprimere pareri facoltativi potremmo dichiarare orientamenti vincolanti per la direzione, visto che siamo noi che, per ragioni diverse, possiamo influenzare la quali/quantit degli scarti! (veste consultiva vincolante).

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Partecipante (e): Ma proprio perch siamo anche noi in grado di controllare gli scarti possiamo prendere vere e proprie decisioni sulle aree che ci competono come ruolo! (veste decisoria). Partecipante (f): Ma che decisioni! I problemi che influenzano gli scarti li sappiamo, potremmo rielencarli e costringere la direzione a fare la sua parte, spetta a lei muoversi per prima! (veste rivendicativa). Ho descritto a mo desempio alcuni frequenti conflitti derivanti dalla ambiguit di veste di riunione in presenza di un non ambiguo contenuto di riunione. Si spendono molte riunioni e si spengono inesorabilmente solo per chiarire la veste di trattazione con la quale convocare la riunione successiva. Per tali ragioni suggeribile che il coordinatore delle riunioni si chiarisca, gi in fase di progettazione, sia il contenuto sia la veste di trattazione in modo da poter illustrare ai partecipanti della riunione il terreno non ambiguo di lavoro. Definizione dei tempi di riunione

Il dato progettuale della definizione dei tempi di una riunione sconta, nel nostro costume, un fenomeno di rigurgito della cultura preindustriale. Tale cultura, nei suoi aspetti positivi e negativi, continua a convivere con la cultura industriale che caratterizza lo sviluppo del nostro contesto nazionale. Cercher di spiegarmi. Nella cultura industriale il tempo si declina sui parametri convenzionali dellorologio (ore, minuti, secondi) e come tale vissuto come risorsa da minimizzare (Il tempo denaro, si usa spesso dire). Nella cultura preindustriale il tempo si misura su cicli naturali (giorno-notte, stagionianni) e rappresenta una condizione data pi che una risorsa ( tempo di mangiare); nella cultura industriale finalizzata alla produzione il tempo un fattore di produzione; nella cultura preindustriale finalizzata al presidio della convivenza il tempo un aspetto dello scenario come lo spazio. Nella cultura industriale il tempo una risorsa minimizzabile e si misura a minuti. Nella cultura preindustriale il tempo una risorsa che si misura a quarti di giornata. Cos , nelle nostre organizzazioni, in genere quando si tratta di produrre atti o servizi diretti il tempo industriale la fa (fin troppo) da padrone (tempi e metodi, specifiche di produzione, procedure tempificate). Ma quando, nelle stesse organizzazioni, si entra in riunione la dimensione del tempo preindustriale o addirittura levantino (tempo come storia o come dimensione atmosferica) prende drammaticamente il sopravvento. Si assume cos come dato culturale la concezione di una fatalistica incontrollabi lit del tempo. Alcune riunioni si protraggono nel tempo fino allo spossamento fisico dei partecipanti, tanto da lasciar decidere pi ad eventi fisiologici (fame, sonno) che alla

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ragione. Si parla di decisioni che hanno avuto bisogno di tempo per maturare, come le pesche. Si rimandano le decisioni quasi a delegare la loro lievitazione al tempo, come nei riti magici tribali si decider alla terza luna. Non voglio con questo dire che nella gestione delle riunioni il tempo lunica variabile vincente, sarebbe come dare uno schiaffo di efficientismo ad uno strumento efficace come la riunione. Voglio solo recuperare il tempo come uno dei fattori critici di governo delle riunioni che, come altri fattori pu essere razionalizzato e governato al fine di favorire decisioni di riunioni appropriate nel rispetto di tempi programmabili. Vorrei tentare di dare al tempo di riunione una dimensione di risorsa e non solo di tempo atmosferico o naturale. Un altro pessimo esempio dato dallutilizzo del tempo come messaggio di potere con la regola: chi ha poco potere non trasgredisce al vincolo dei tempi; chi ha molto potere trasgredisce al vincolo dei tempi. Per questa regola chi ha un potere quasi azzerato arriva in anticipo; alcune volte per effetto ansioso e anticipatorio (frequente in chi non avendo potere non controlla psicologicamente la situazione) si presenta alla riunione il giorno prima, prestandosi come oggetto di scherno a colleghi e segretarie presenti. Sempre per la regola sopra citata chi ha poco potere si presenta con puntualit. Chi ha una discreta dotazione di potere si presenta con 1/2 ora di ritardo. Chi ha molto potere arriva con ore di ritardo dopo aver magari tormentato la riunione con telefonate dal tono: Sono al casello dellautostrada, sto arrivando. Chi ha moltissimo potere non si presenta neppure alla riunione sicuro che in sua assenza tutti parleranno di lui e delle ipotesi della sua assenza. Cos che il suo silenzio nellassenza si tramuter in aumento di potere carismatico e fantastico. I per sonaggi che hanno deciso di investire in quel famoso pluspotere fantastico e carismatico 40% sanno bene che il silenzio nel tempo non uguale per tutti. Il silenzio di chi ha poco potere diminuisce il potere. Il silenzio di chi ha molto potere aumenta il potere (effetto 80% da oracolo). Se un individuo ha poco potere e sta zitto 1 ora 1 giorno 1 anno, anche quando parler sar facilmente zittito e, come si dice in gergo colorito, non se lo filer nessuno. Ma se un individuo ha molto potere sociale e carismatico (capi, medici, psicologi, sciamani, leaders politici ecc.) e sta zitto, il suo potere tende ad aumentare. Si potrebbe dire che aumenta pi nel silenzio che nella parola. Lo sanno bene i capi, i professionisti, gli attori in generale abili ad usare le pause ed i silenzi pi della parola. Essi hanno scelto di investire per comodit o per professione in pluspotere magico e carismatico. I discorsi dai pulpiti di alcuni gerarchi creano pathos pi nei silenzi che nelle parole.

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Gli attori istrionici creano pluspotere magico nelle pause tra parola (Gassman), quelli che vogliono essere ancora pi istrionici cercano di creare pluspotere nelle pause tra le sillabe (Carmelo Bene). Tralasciando luso del tempo come dato naturale e luso del tempo come messaggio di potere, insieme disfunzionali ad una buona tenuta di riunione, vorrei dedicare alcune riflessioni progettuali al fattore tempo visto come risorsa di riunione. Mi sono convinto, come risultato di numerose sperimentazioni organizzative, che il fattore tempo programmabile. Pur con lelasticit umana che vale per tutti i capitoli progettuali di una riunione, il tempo orientativamente programmabile non solo nel suo aspetto complessivo di tempo totale di riunione ma anche nei suoi aspetti intermedi di tempi interni di riunione. Si pu addirittura affermare che se non riesco a definire orientativamente i tempi interni di riunione non riesco neppure a definire con ragionevole realisticit il tempo totale. Cos come, non riuscendo a definire i tempi interni di un processo lavorativo, non riesco a definirne il tempo totale. Ma che modello mi pu venire in aiuto per programmare i tempi interni? Mi posso aiutare con la seguente riflessione. In ogni riunione di coordinamento che debba produrre qualche risultato avvengono tre processi di lavoro legati da una consequenzialit logico temporale che richiedono caratteristiche specifiche di rapporto con il tempo. Questi tre momenti sono: il momento informativo di raccolta per sommatoria dei contributi individuali rispetto al contenuto; il momento elaborativo di organizzazione, selezione, priorizzazione, sviluppo del materiale raccolto nel momento informativo; il momento decisorio di definizione delle scelte, orientamenti, decisioni, pareri scaturiti dal momento elaborativo.

chiaro che per contenuti complessi ed articolati questi tre momenti o fasi di riunione possono essere scanditi in pi riunioni. Si pu ora riflettere sulle caratteristiche di queste tre fasi di riunione (Fig. 4). Il momento informativo di raccolta di dati individuali per sommatoria un momento proceduralizzabile in quanto posso chiedere realisticamente ai partecipanti, con un giro di tavolo in un tempo vincolo limitato, di fornire informazioni-riflessioni sintetiche rispetto al tema della riunione. In quanto il momento informativo proceduralizzabile mi consentito presidiare con buona previsione la variabile tempo. Il momento decisorio di raccolta dei consensi individuali sulle decisioni da prendere un momento altrettanto proceduralizzabile verificando a giro di tavolo il consenso o con procedure decisorie come il voto.

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Essendo un momento proceduralizzabile riesco a presidiare con prevedibilit il tempo. Si pu dire che i momenti informativi e decisori di una riunione potendo essere tenuti sotto controllo temporale sono i due momenti di pi spiccata efficienza nella tenuta di riunioni di coordinamento. Il momento elaborativo un momento non proceduralizzabile, bizzarro, legato al capriccio delle stimolazioni reciproche dei partecipanti, il momento della creativit e quindi delle trasgressioni di pensiero e dazione. il momento a pi alto potenziale emotivo e di coinvolgimento della riunione. assurdo in questa fase tentare di proceduralizzare eccessivamente la comunicazione. Nel momento elaborativo la partecipazione non proporzionale al numero dinterventi. I partecipanti possono partecipare attivamente tramite lascolto oppure aver bisogno di intervenire a ripetizione in breve periodo di tempo. Poich nel momento elaborativo non mi posso avvalere di proceduralizzazioni di lavoro ma, se mai, di alcuni schemi metodologici di elaborazione, non riesco a presidiare la dimensione temporale. Il momento elaborativo, infatti, rappresenta la fase a pi spiccata efficacia della riunione.
Fig. 4

FASI FASE

20% MOMENTO INFORMATIVO (PROCEDURALIZZABILE PRESIDIO IL TEMPO ) 60% MOMENTO ELABORATIVO (NON PROCEDURALIZZABILE NON PRESIDIO IL TEMPO) 20% MOMENTO DECISORIO (PROCEDURALIZZABILE PRESIDIO IL TEMPO )

+
EFFICIENZA

+
EFFICACIA

Questa diversa dominabilit funzionale del fattore tempo mi suggerisce una tripartizione dei tempi interni pi parsimoniosa nei momenti proceduralizzabili e pi abbondante nel momento elaborativo. A scopo generico ed orientativo, potendo contare su 100 minuti di riunione si possono stanziare 20 per il momento informativo, 60 per quello elaborativo e 20 per quello decisorio. In termini pi precisi, si prenda un ordine del giorno, si prenda in considerazione il primo contenuto e si moltiplichi intuitivamente il tempo di informazione individuale per il numero dei partecipanti, poniamo 3 minuti per 8 persone (24), lo si triplichi per avere una indicazione realistica del tempo elaborazione (72) e si aggiungano altri 24. Avremo cos un realistico orientamento del tempo totale (circa 2 ore) e dei tempi interni di una riunione imperniata sul primo contenuto dellordine del giorno.

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Generalizzando si pu dire che lo schema temporale finalizzato: 1 informazione 3 elaborazione 1 decisione (usato con misura umana ed orientativa e non con piglio burocratico) aiuta ad ancorare le riunioni a tempi prevedibili. Cos facendo potremmo accorgerci che alcuni ordini del giorno, troppo ricchi sono inaffrontabili in una sola riunione. Sono convinto che una serie di riunioni monotematiche ben condotte risulta pi economica del continuo riaggiornamento di riunioni ingolfate da troppi contenuti, caotiche e perci conflittuali, producendo decisioni estorte e perci inattendibili e poco rispettate. Si tenga inoltre presente che il vero cuore del carciofo della riunione, il sostanziale momento partecipato (e quindi motivante ed impegnante) costituito dalla fase elaborativa. In genere si pensa che il momento in cui gli individui giocano il loro potere dinfluenza sia il momento decisorio (spesso espresso e drammatizzato col voto). Ma non dobbiamo dimenticarci che stiamo parlando di un piccolo gruppo e non di un grande gruppo (spesso costretto a sostituire le inabilit elaborate con la grossolana mannaia del voto). Del resto quando dei grandi gruppi si propongono davvero un lavoro partecipato si scompongono in piccoli gruppi (commissioni - comitati) dove possibile recuperare il momento elaborativo. Il momento decisorio non che la ratifica e non la causa della partecipazione al lavoro che si potuta giocare solo nel momento elaborativo. Mi capitato di uscire con la bocca amara da riunioni nelle quali ero in accordo con le decisioni prese, ma non mi era stato possibile documentare e sostenere le mie ragioni nel momento elaborativo. Daltro canto mi capitato di uscire soddisfatto da riunioni in posizione di minoranza perch mi era stato possibile documentare nel momento elaborativo le ragioni delle mie scelte. Si pensi a quante volte il disagio indifferenziato che si prova durante una riunione dovuto al fatto che il momento elaborativo stato compresso nel tempo o confuso e intrecciato con il momento informativo e decisorio o, ancora, saltato a pi pari passando dal momento informativo direttamente a quello decisorio. Credo che nella capacit di programmare il rapporto tra tempi di riunione e fasi della riunione di coordinamento risieda una gran parte della forza vincente di una buona tenuta di riunione. Definizione degli strumenti

Gli strumenti che pi frequentemente si possono usare in riunioni di coordinamento sono: scritti per organizzare e completare il momento informativo (documenti, tabelle, lucidi descrittivi preconfezionati)

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per scrivere

utili ad ufficializzare i contenuti ed i processi di lavoro durante una riunione (lavagna a fogli mobili, verbale).

Per quanto attiene gli scritti sono possibili alcune riflessioni. In primo luogo se si vuole che il materiale scritto contribuisca ad un reale rifornimento del momento informativo (o di una prima riunione informativa) necessario favorire dei tempi acquisizione individuali. Parlo di tempi acquisizione e non di tempi lettura poich i primi sono almeno di tre volte superiori ai secondi. Perch il materiale informativo venga metabolizzato e quindi utilizzato occorre studiarlo e comprenderlo (prenderlo con - come letimologia suggerisce, a pari dignit delle informazioni precedentemente possedute); la lettura fa conoscere ma non ancora comprendere. La sola lettura paragonabile ad una veduta aerea di una citt. Lacquisizione paragonabile alla visita della citt. In definitiva per studiare un documento occorre orientativamente il triplo del tempo lettura. Molti mi chiedono se pi opportuno dare prima i documenti informativi o darli durante la riunione. Io suggerisco di dare prima la documentazione solo se il coordinatore stima che la motivazione dei partecipanti ai temi trattati cos alta da garantire lo studio preparatorio individuale degli scritti. Se ci non fosse il coordinatore potrebbe trovarsi dei partecipanti alla riunione che, invece di essere omogeneizzati dal materiale preparatorio, sono ancor pi eterogeneizzati dal fatto che alcuni hanno letto il materiale (e magari arabescato con levidenziatore per far vedere quanto sono bravi), altri lo hanno studiato, altri non hanno potuto/voluto leggerlo. Quando non sono garantite le condizioni motivazionali di acquisizione preventiva del materiale informativo buona cosa ritagliare il momento di acquisizione in sede di riunione affiancando a momenti di analisi individuale anche momenti di chiarimento con lausilio di tecnologia come la lavagna luminosa. Si tenga presente che lucidi e lavagna luminosa non sostituiscono ma affiancano la documentazione scritta che va data in dotazione a ciascun partecipante poich i lucidi non stabilizzano il messaggio e non permettono percorsi di rilettura a ritroso ed allacciamenti che solo gli scritti possono consentire. Si tenga inoltre presente che la lettura, o meglio, lacquisizione un processo individuale non delegabile, un lavoro mentale inscindibilmente legato alla specificit della nostra esperienza. In questo senso la lettura in collettivo (qualcuno legge, altri ascoltano) non un momento di lavoro mentale utile ma rappresenta un rito collettivo, comprensibile in quanto rito, tempo sprecato se inteso come dimensione lavorativa. Quando qualcuno richiesto di leggere in pubblico, in onore allestetica della partecipazione (pi che alla sostanza), chi ascolta - pi che essere attento ai contenuti attento alla prestazione di lettura di chi legge; lo si capisce dai soffici gesti sadici di gradimento allorquando chi legge si impappina. Ma nemmeno chi legge (sapendo del rito teatrale in atto) attento al contenuto. Il lettore dedica pi attenzione ai significanti letterali, alle convenzioni di linguaggio, a legger bene insomma, piuttosto che ai significati contenuti nello scritto. In definitiva nella lettura collettiva non legge sostanzialmente nessuno. Passiamo ora agli strumenti per scrivere in fase di riunione. Sulla base dei riscontri organizzativi (e non solo formativi) in merito alla tenuta delle riunioni di coordinamento,

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la lavagna di carta a fogli mobili (o un suo surrogato) rappresenta uno strumento vincente ineliminabile. Riporto qui di seguito alcuni requisiti positivi della lavagna a fogli mobili: costituisce un efficace strumento di concretizzazione del lavoro svolto in fase di riunione; permette di fermare visibilmente e collettivamente tutto il materiale emerso e gli spunti creativi cos da stimolare incroci di contributi, idee, intuizioni, sistematizzazioni. In tal modo si d prendibilit fisica al lavoro. Questa riappropriazione del prodotto premia il gruppo che altrimenti potrebbe provare delusioni di perdita di materiale creativo nelletere; rappresenta una costrizione funzionale a dare seriet al lavoro. Parlando a ruota libera i partecipanti si possono abbandonare a toni polemici, a divagazioni, a superficialit. Il vinco lo utile di dover formalizzare ufficialmente e per scritto i contributi costringe i partecipanti a smussare le punte, mediare i contributi, a responsabilizzarsi e suonare note pi impegnate sul pentagramma del lavoro mentale; rappresenta un calmiere della polemicit individuale che tende ad amplificarsi, al detto verba volant e a smorzarsi, tanto inchiodata, dal motto scripta manent. Lo scrivere impone unimplicita autocensura individuale costringendo i gruppi a stare ancorati ai contenuti minimizzando le polemiche ed i processi umorali; costituisce un utile strumento di controllo dei tempi e delle divagazioni dei partecipanti nelle mani del coordinatore con domande semplici come: Come sintetizzerebbe lei?, Rispetto allobiettivo della riunione come scriverebbe in sintesi il suo contributo? ecc. Il coordinatore pu riportare i partecipanti in pertinenza alloggetto della riunione e minimizzare le divagazioni con interventi indiretti e funzionali, evitando cos di ricorrere ad interventi diretti apeso 80%; rappresenta un evidenziatore del percorso di lavoro del gruppo rendendo pi evidenti ed impopolari le frequenti ripetizioni e le contraddizioni con quanto scritto in precedenza; un utile riferimento per la stesura a posteriori del verbale di ri unione potendo sostituire il ruolo del verbalizzatore, costretto spesso a perdere la partecipazione viva alla riunione in quanto assorbito nellopera di contabilizzazione degli interventi.

In definitiva la lavagna a fogli mobili, se ben gestita dal coordinatore di riunione, rappresenta un monitor funzionale alla articolazione e seriet del lavoro di riunione. Va per preso atto che lintroduzione delluso della lavagna si scontra, ancora una volta, con la cultura preindustriale molto legata al detto e poco allo scritto. Con la cultura del non formalizzato della parola spesso non finalizzata ma finalizzata a se stessa, preda di un filosofeggiare nel quale si legano e si confondono quelli che parlano per dire, quelli che parlano per esserci, quelli che usano il vocabolario come preservativo della comunicazione.

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Ma, in quanto esistono, queste resistenze verso luso di strumenti scritti in sede di riunione vanno prese in considerazione, tanto da suggerire un cauto, se pur fermo, atteggiamento di utilizzo della lavagna a fogli mobili, onde evitare posizioni di rigetto emotivo. Resta assodato che una riunione di coordinamento tenuta senza lavagna tende a dilatarsi nel tempo e nello spazio contenutistico di lavoro, a perdere molto materiale, a soffermarsi su ridondanti ripetizioni, a disancorarsi dallobiettivo. In mancanza di lavagna questi fenomeni potrebbero solo parzialmente essere limitati dal conduttore, ma a prezzo di interventi diretti sulle persone a peso 80%, con effetti intuibili in termini di processi di gruppo e di clima di lavoro. Un altro strumento scritto rappresentato dal verbale di riunione. Non intendo soffermarmi sulle procedure specifiche di verbalizzazione ma vorrei ricordare lobiettivo della verbalizzazione e con esso intuitivamente i suggerimenti di composizione. Il verbale di riunione serve a rendere pubblico il lavoro svolto nella riunione di coordinamento. Il verbale serve, quindi, a chi non cera in riunione per coglierne lessenza. Non serve invece ai partecipanti della riunione per esporsi al pubblico e rivedersi citati pi volte. Riassumendo: la definizione del compito di riunione (contenuto e obiettivo-veste), la definizione dei tempi (tempo totale e tempi: informativo, elaborativo, decisorio), la definizione degli strumenti (per informarsi e per scrivere) rappresentano i tre fattori vincenti da presidiare in fase di progetto. Con un po di dimestichezza bastano 5 minuti di attenzione progettuale per organizzare un pomeriggio di lavoro. Mi sembra un tempo irrisorio se si pensa che pochi minuti ben investiti in progetto mi possono far risparmiare ore e scariche adrenaliniche di riunione. Il contratto di riunione

Possedere idee chiare in merito ai fattori progettuali permette a chi ricopre la funzione di coordinamento di riunione di stabilire un contratto di lavoro trasparente. Aprire una riunione di coordinamento fissando in modo essenziale e non ambiguo il contenuto, la veste, i tempi orientativi, gli strumenti informativi e di lavoro costituisce una comunicazione forte di orientamento ed ancoraggio di lavoro. Soprattutto nelle riunioni di coordinamento che vedono la funzione di conduzione in veste di tutela del contenitore ed i partecipanti in veste di gestione protagonistica dei contenuti la dichiarazione chiara dei fattori progettuali stabilisce confini, dona visibilit al terreno di lavoro e toglie spazio ad ambiguit e ad alibi divagatori. Dal punto di vista dei suggerimenti progettuali le riunioni di coordinamento puro non si differenziano dalle riunioni miste. Ma passiamo ora ai fattori di presidio gestionale nelle riunioni di coordinamento: - gestione del compito di riunione; - gestione del tempo di riunione; - gestione degli strumenti di riunione; - gestione dei rapporti con e tra i partecipanti.

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La gestione del compito di riunione

In termini di gestione del compito la riunione di coordinamento puro e quella di coordinamento mista si differenziano. Tratter prima quella di coordinamento pura. In tale riunione chi riveste il ruolo di coordinatore non dovrebbe, a nessun titolo, intervenire sul tema ma dovrebbe facilitare la condivisione delle informazioni e/o lelaborazione e/o la decisione del gruppo. Se sussistono le condizioni precedentemente citate per una riunione di coordinamento pura chi coordina dovrebbe evitare di farsi catturare dalla trattazione dei temi e contenuti della riunione, il suo intervento 80% sui contenuti rischierebbe di influenzare lautenticit e la genuinit di espressione dei partecipanti, producendo cos forzature e soluzioni poco attendibili e quindi poco praticate. Il coordinamento di tale riunione dovrebbe invece sforzarsi di garantire modelli di lavoro di gruppo altamente economici rispetto alle finalit. Si potrebbe sinteticamente dire che chi coordina una riunione di coordinamento pura dovrebbe astenersi dalla trattazione del tema ma essere una funzione di tutela dellobiettivo o veste di trattazione della riunione. Per fare ci gli si chiede particolare attenzione al metodo di lavoro che il gruppo adotta. Per poter dare dei suggerimenti generali vale la pena di riprendere quella distinzione in fasi (informativa, elaborativa, decisoria) che era servita per definire i tempi interni di riunione. Poich molte riunioni, o serie interdipendenti di riunioni, come risultato finale sono richieste di produrre consigli, decisioni, progetti ecc., si tratta, per chi coordina, di tutelare lordine e la economicit dei processi di presa di decisione di gruppo. Il modello economico di fondo che noi tutti usiamo, spesso inconsapevolmente, quando prendiamo delle decisioni autonome, di tipo cronologico e logico; prima raccogliamo tutte le informazioni che riteniamo utili rispetto allo scopo decisorio, poi elaboriamo le informazioni ricevute con criteri e metodi di elaborazione (selezione ed integrazione delle informazioni) che ci aiutano a valutare i vincoli e le opportunit delle diverse possibilit di scelta, ed infine scegliamo una delle possibilit di scelta e decidiamo. Facciamo un esempio alla portata di tutti. Immaginiamo di dover scegliere come passare un pomeriggio ottobrino in una grande citt ricca di sale cinematografiche. Soddisfiamo la nostra necessit informativa aprendo il giornale, non ad una pagina qualunque, ma alla pagina degli spettacoli cinematografici (informazione selezionata in merito alla nostra necessit decisoria). Scorriamo le informazioni degli spettacoli, ora a nostra disposizione, mettendo in atto una elaborazione mentale mediante alcuni criteri di classificazione e di selezione delle informazioni. Cito alcuni criteri comuni di elaborazione della andata al cinema: caratteristiche dello spettacolo: comico, drammatico, avventuroso, poliziesco, fantascientifico ecc; gradimento degli interpreti; gradimento della regia; pareri dei critici; mezzi necessari per raggiungere la sala cinematografica e tempi di trasferimento; orari della proiezione;

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prezzo del biglietto.

Tramite la elaborazione delle informazioni attuata mediante luso combinato dei criteri antecedentemente citati scegliamo tra le alternative appetibili quella che ci pare relativamente pi ricca di opportunit rispetto ai possibili vincoli. Fortunatamente questa procedura di lavoro mentale cronologico e logico che usiamo tutte le volte che decidiamo autonomamente ed economicamente, sia che si tratti di decisioni semplici sia che si tratti di decisioni interconnesse, tipiche di un progetto, avviene alla frontiera della consapevolezza, quasi per un plastico automatismo acquisito dalla nostra esperienza che ha verificato infinite volte quanto sia vincente una decisione logicamente e cronologicamente istruita. Noi, come individui, abbiamo imparato a pensare in modo ordinato sulla scorta di innumerevoli esperienze andate a buon fine, tanto da non doverci quasi mai porre il problema del metodo che usiamo per pensare e decidere. M a quando pi individui economicamente ben pensanti si trovano a dover lavorare in un gruppo ed a produrre un lavoro mentale collettivo? In questo caso, se il gruppo non possiede una notevole dimestichezza al lavoro collegiale, occorre che una funzione di coordinamento tuteli un funzionale lavoro della mente gruppo. cos che un abile coordinatore di una riunione dovrebbe mantenere economico il lavoro collettivo, tutelando logica e cronologia dei momenti informativi, elaborativi e decisorio, mantenendo il gruppo in cordata, una tappa del processo decisionale dopo laltra. In caso contrario possibile che un gruppo di persone individualmente ben pensanti cada in processi di lavoro collegiale mal pensante. probabile infatti che alcuni partecipanti al lavoro del gruppo si collochino in postura informativa (desiderando raccogliere e scambiare informazioni), altri si pongano in postura elaborativa (ritenendo soddisfatto il rifornimento informativo, motivati a definire criteri ed a maturare proposte alternative), altri ancora tendano a collocarsi in postura decisionale (dando per scontate le informazioni non ancora comuni ed i modelli di elaborazione). In questo modo la ideale mente di gruppo opera un lavoro sconnesso, non logico n cronologicamente utile, polemico e conflittuale in quanto gli individui che necessitano di scambi informativi si contrappongono a quelli che sono gi in clima elaborativo, insieme entrano in contrapposizione con quelli che si situano in fase decisoria. Cos, spesse volte n i consapevolmente, gruppi formati da individui soggettivamente ben ragionanti si impigliano in sragionamenti collettivi accesi e conflittuali punteggiati da affermazioni del tipo: Proprio adesso, dopo tre ore di discussione, tiri fuori questa informazione!? Ma se allinizio siete voluti partire senza ascoltarmi, con le vostre decisioni gi in tasca e portate da casa?!, Ma poi io vorrei sapere sulla base di che criterio di elaborazione tiri fuori la tua decisione come un coniglio fuori dal cappello del prestigiatore?!, Ci mancano sufficienti informazioni per decidere!?, assurdo voler decidere comunque senza aver sufficientemente elaborato i criteri di scelta!?, Continuiamo ad aggiornare la riunione senza mai dare un ordine alla discussione!?.

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Per queste ragioni spesso indispensabile una funzione di coordinamento che mantenga ordine (in senso orientativo e non fiscale) tra i momenti informativi, elaborativi e decisori, utilizzando i tempi interni alla riunione gi precedentemente citati in fa se di progetto della riunione di coordinamento. In concreto compito del coordinatore della riunione tutelare il primo momento informativo della riunione, per esempio mediante un primo giro di tavolo che permette di accumulare pi informazioni possibili utili allargomento, o tema, della riunione, questo sia al fine di raccogliere il maggior capitale informativo possibile sia per verificare lomogeneit delle informazioni possedute dai partecipanti alla riunione. In questo momento utile raccogliere le informazioni dei diversi partecipanti alla riunione per sommatoria divisa dei contributi in modo che ognuno possa esprimersi liberamente senza ancora entrare in dibattito elaborativo ma contribuendo a sommare, senza ancora operare alcuna selezione, informazioni ritenute utili al compito di riunione. In questa fase chi coordina deve tutelare il gruppo dai rischi di passaggio precoce al momento elaborativo. Facciamo un esempio. Una riunione appena incominciata. Dando inizio al primo giro di tavolo due partecipanti hanno espresso i loro pareri individuali ed hanno portato il loro contributo informativo, un terzo partecipante si dichiara in disaccordo con il contributo del secondo ed entra in dibattito con lui. Se chi coordina la riunione non interviene su questo processo, chiedendo di finire la capitalizzazione delle informazioni prima di entrare in dibattito (elaborazione), possibile che la riunione finisca in elaborazione precoce con il materiale informativo di soli due partecipanti, in pi un passaggio alla elaborazione originato da un ... sono in disaccordo rischia di dare una nota polemica ed eccessivamente emotiva al processo di elaborazione nel suo complesso. Durante il momento elaborativo compito di chi coordina la riunione quello di aiutare il gruppo a meglio esplicitare e scegliere i criteri ed i modelli di elaborazione che si intendono usare con domande del tipo: Proviamo a definire esplicitamente i criteri di selezione e di classificazione delle informazioni in possesso?, Sarebbe bene chiarire formalmente i criteri e le logiche di priorit, utile chiarire i modelli di riferimento che usiamo per elaborare le proposte alternative. Sempre nella fase elaborativa il coordinatore dovrebbe aiutare il gruppo e non scivolare in fase decisionale prima di avere sufficientemente elaborato alternative valide. Non infrequente che i gruppi (come gli individui) non stazionino convenientemente in area elaborativa e per ansia di decisione (per vedere al pi presto il risultato delle loro fatiche) tendono a saltare delle fasi significative di elaborazione e ad innamorarsi di una possibile decisione senza prendere in considerazione altre possibilit di scelta. Il gruppo pu quindi confondere il risultato decisorio pi veloce con quello pi opportuno. Per ovviare a questo fenomeno chi coordina la riunione dovrebbe sollecitare il gruppo a ricercare pi alternative possibili e su ogni alternativa cercare di individuare i vincoli e le opportunit collegate.

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anche possibile un fenomeno contrario al precedente che si realizza quando il gruppo (come gli individui) per non essere costretto a responsabilizzarsi in termini decisori indugia in fase elaborativa usando lelaborazione leziosa come alibi per allontanare il momento del rischio decisorio. In questo caso la funzione di coordinamento dovrebbe tendere a stringere lelaborazione avanzata suggerendo al gruppo di formulare chiaramente alternative decisionali sulle quali scegliere successivamente quella ritenuta pi conveniente. Ma il vero momento cruciale di una riunione di coordinamento rappresentato dalla fase di passaggio tra il momento informativo ed il momento elaborativo. Si pu affermare che quando il coordinatore di una riunione di coordinamento riuscito a portare il gruppo in elaborazione ha superato la met del guado ed ha una certa garanzia di non ritorno del gruppo a possibili rigetti del compito. La fase di passaggio tra il momento informativo e quello elaborativo cruciale in quanto il processo sociale indotto dai due diversi compiti costringe il gruppo a passare da un clima lavorativo tiepido ad un clima lavorativo caldo-arroventato. I compiti di tipo informativo per sommatoria inducono un tasso di conflittualit molto basso nel gruppo, in quanto sono ispirati da una regola implicita di lavoro che lascia ogni partecipante libero di esprimere informazioni e pareri in modo diviso e distinto dagli altri contributi. In questa fase informativa si accumula materiale di lavoro senza selezionare o definire priorit, ogni contributo ha di ritto di cittadinanza al pari di ogni altro. Essendo quindi una fase nella quale si dividono e non si condividono i contributi induce un tasso di conflittualit tendente a zero. Il vero gradino da superare in termini di clima lavorativo nel gruppo costituito dal passaggio dal momento informativo a quello elaborativo. I compiti elaborativi inducono un tasso di conflittualit inevitabile in quanto si tratta di selezionare, giudicare, classificare, dare priorit, confrontare modelli elaborativi, esprimere pareri, confrontare alternative ecc. Non si tratta pi, come nei compiti informativi, di dividere contributi; nel momento elaborativo si tratta di contrapporre, negoziare, condividere informazioni, pareri e modelli di analisi. Poich pi o meno consapevolmente i partecipanti hanno sentore di questo passaggio cruciale possibile che coralmente mettano in campo resistenze o manovre dilatorie per rimanere nel terreno poco conflittuale del momento informativo. In altri termini, in genere quando i gruppi di lavoro si trovano a passare dal momento informativo a quello elaborativo tendono a puntare i piedi. Le resistenze rispetto al momento elaborativo si caratterizzano attraverso domande alibistiche e/o attraverso elaborazioni truccate. Le domande alibistiche come tutte le tesi alibistiche, in genere, partono da un fenomeno di dettaglio per ingigantirlo a mo di problema, tanto che un coordinatore poco esperto, non conoscendo il fenomeno sottostante, si pu stupire di una sorta di rimbecillimento di gruppo che fa assurgere a problemi capitali dei fattori di dettaglio o si accanisce su falsi problemi o, ancora, ostenta incomprensioni poco credibili.

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In questa fase tutti i piccoli o grandi sbagli commessi dal conduttore vengono fatti pagare con interessi di strozzinaggio. Interventi canonici di questa fase sono del tipo: Ma io non ho capito bene lo scopo di questa riunione!, Ma, lei che coordina la riunione: chi la manda e con quale mandato?!, Perch avete convocato noi e non altri?!, A questa riunione invece di convocare noi dovevate convocare ..., Chi ci garantisce che le nostre proposte verranno prese in considerazione?, Non si capisce bene quello che lei ha scritto sulla lavagna!, Ma quanto tempo abbiamo per questa riunione?!. Ma anche quando una buona conduzione di coordinamento, comprendendo il fenomeno in atto, sia capace di arginare adeguatamente i rallentamenti alibistici, i partecipanti alla riunione possono avere in serbo ancora una carta da giocare, quella della elaborazione truccata. Vediamo in che cosa consiste. Consiste nella ripetizione, pi o meno infiorettata ed articolata, delle informazioni e dei pareri espressi in fase informativa. Questo fenomeno rischia di far prendere una posizione centrifuga ai partecipanti della riunione in quanto, continuando a ripetere il proprio verso, ogni partecipante si irrigidisce e si radicalizza sulle proprie affermazioni fino a prendere connotati caricaturali e parodistici da commedia dellarte, assumendo un atteggiamento maniacale che in gergo teatrale viene definito tormentone. Qual il fenomeno che genera tale atteggiamento? una postura psicologica difensiva dei partecipanti alla riunione che, solitamente, in assenza di stimoli alternativi, tendono a valutare positivamente il proprio contributo contro quello degli altri. In queste condizioni la mente collettiva del gruppo in preda a bisticci interni centrifughi ed esplosivi. Il problema centrale del conduttore di riunione dunque quello di convertire la mente di gruppo dalla esplosione alla implosione, dal lavoro centrifugo al lavoro centripeto, dalla divergenza difensiva alla convergenza disponibile. In termini psicologici si tratta di indurre ragionevolmente i partecipanti della riunione a considerare positivamente anche i contributi degli altri e non solo i propri. A tal fine io suggerirei di non limitarsi alle esortazioni partecipative che sanno spesso di incitazione moralistica (e come tali fastidiosamente digerite). Io uso spesso chiedere come preludio al momento elaborativo: Lasciando valido il vostro contributo in termini informativi, quali degli altri contributi vi sembra importante e significativo rispetto allobiettivo della riunione?. Con questa domanda suggerisco un brevissimo giro di tavolo durante il quale ogni partecipante spinto a prendere in considerazione positiva il contributo altrui esplicitando le sue preferenze. Questa procedura facilita dei processi collaborativi pi plastici e meno difensivi in quanto ogni partecipante stato funzionalmente costretto ad inviare messaggi di alleanza nei confronti degli altri convenuti.

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Solitamente con simili orientamenti un gruppo di lavoro che non abbia notevoli disturbi organizzativi capaci di vanificare qualsiasi lavoro collegiale (notevoli fattori rivendicativi, meccanismi premianti incongruenti con la partecipazione, climi autoritari ecc.) entra facilmente in fase elaborativa. Poich la fase elaborativa caratterizzata da bassi livelli di proceduralizzabilit data la creativit, limprevedibilit, l intuitivit e la funzionale trasgressivit che la caratterizzano, non possibile suggerire prescrizioni orientanti che non siano possibile fonte di vincoli controproducenti. In questa fase emergono le doti di animazione poco strutturata di chi svolge funzioni di coordinamento. possibile solo rivolgere ai coordinatori alcuni suggerimenti generici. In primo luogo consigliabile, per chi coordina, saper distinguere le trasgressioni di gruppo funzionali al lavoro da quelle disfunzionali. Nei confronti delle prime lintervento del coordinatore sconsigliato, sulle seconde il coordinatore dovrebbe intervenire riorientando il gruppo. Cito alcune trasgressioni, a mio parere, funzionali al lavoro: piccoli intermezzi divagatori che con battute e spunti umoristici innalzano il clima partecipativo e conviviale della riunione senza distogliere troppo il gruppo dalla centratura sul compito; interruzioni tra partecipanti alla riunione che servono a chiarire concetti ed informazioni; animosit di scambi tra partecipa nti, ricchi per di dati e testi a supporto delle diverse idee. Elenco ora alcune trasgressioni che mi sembrano disfunzionali al lavoro: lunghe divagazioni che portano fuori tema; frantumazione di gruppo in pi sottogruppi di dibattito; polemicit personal i che non portano informazioni e dati utili al lavoro ma degradano il dibattito dai conflitti professionali a quelli personali. Un altro consiglio utile per il conduttore quello di aiutare il processo di elaborazione rilanciando al gruppo domande e proposte che garantiscono generalmente un economico processo di elaborazione. Ad esempio: dato un problema selezionare le informazioni pi significative da quelle secondarie; tenere distinte le analisi dei sintomi di un problema/fenomeno da quella delle cause; esplicitare i modelli/criteri di elaborazione dei dati e delle informazioni; non passare ad ipotesi di soluzioni senza aver concordato sulla diagnosi di sintomi e cause; non sposare la prima soluzione che nasce dal dibattito, elaborare almeno tre soluzioni alternative, visto che solitamente quando si prospettano due proposte una delle due una finta proposta che con la sua precaria fattibilit serve a rinforzare lunica soluzione realmente sostenuta; prima di scegliere una delle alternative di decisione, istruire per ogni ipotesi considerata lanalisi dei vincoli e delle opportunit ad esse inerenti.

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In una riunione di coordinamento pura sconsigliabile che il coordinatore, utilizzando la sua visione complessiva e distaccata dal dibattito, cerchi di anticipare il gruppo nel fare sintesi e sistematizzazioni essenziali del lavoro; il gruppo potrebbe rifiutarle anche se identiche a quelle che il gruppo avrebbe espresso da solo. In questo caso il gruppo non rifiuta il contenuto ma il processo di appropriazione che il coordinatore mette in atto nei confronti del lavoro faticosamente condotto dal gruppo. I partecipanti non gradiscono in tal caso che il coordinatore rapini a facile prezzo il risultato della spesa adrenalinica sostenuta da loro. Se lelaborazione convenientemente condotta dai partecipanti nel momento decisorio non resta al coordinatore che sollecitare i convenuti a stendere formalmente la decisione o gli orientamenti presi. Per quanto riguarda la gestione delle riunioni di coordinamento miste, nelle quali la funzione di coordinamento non agisce solo sulle condizioni del lavoro dei partecipanti ma interviene anche nel merito della trattazione del compito, sono possibili alcuni suggerimenti. Chi coordina la riunione dovrebbe intervenire in fase informativa solo in coda al contributo dei partecipanti (per non influenzare col potere 80%) e non caricare valorialmente il suo contributo informativo, limitandosi alla neutralit delle informazioni o rendendo il suo contributo problematico al fine di non influenzare notevolmente il taglio della discussione. In fase elaborativa i contributi di chi coordina non dovrebbero forzare il dibattito, in altri termini non dovrebbero chiudere lelaborazione ma aprirla in modo problematico a pi alternative possibili. In fase decisoria la riunione mista pu prendere pi spiccatamente un accento centrato sul coordinatore, fino a giungere ai casi in cui la riunione di coordinamento mista in fase decisoria prende un accento chiaramente gerarchico con interventi del coordinatore del tipo: Vi ringrazio per la collaborazione e per le alternative di decisione definite insieme. Ci penser sopra e vi far sapere appena possibile quale delle diverse soluzioni riterr di attuare. La gestione del tempo di riunione

Sia nelle riunioni di coordinamento puro sia in quelle miste il coordinatore, oltre a definire orientativamente i tempi, deve anche darsi il carico di gestirli. Deve impegnarsi, con tutta lelasticit consigliabile nei fenomeni sociali, ad usare la sua influenza per far s che i tempi di lavoro stabiliti vengano rispettati. Si ricorda comunque che il tempo rappresenta una risorsa, un mezzo e non il fine della riunione; come tale sempre da considerarsi una variabile prioritariamente dipendente dalla gestione efficace dellobiettivo della riunione. Il rispetto burocratico dei tempi non giustifica una decisione mal concertata e quindi foriera di guai organizzativi. Di converso da ricordare che il tempo, oltre ad essere una risorsa, spesso uno dei fattori che fanno vincenti le decisioni (una decisione presa fuori tempo pu perdere gran parte della sua efficacia).

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Quando il coordinatore richiama al rispetto dei tempi suggeribile finalizzare lintervento sul tempo alla fase di riunione con frasi del tipo: Abbiamo assolto sufficientemente la fase di raccolta di informazioni; ora meglio massimizzare il tempo per lelaborazione; Abbiamo dedicato sufficiente tempo alla analisi delle diverse alternative; suggerirei di utilizzare il restante tempo per la presa di decisione; Abbiamo ancora tempo sufficiente per approfondire maggiormente i diversi profili del problema; Lurgenza della decisione da prendere ci costringe a farci tutti carico del controllo dei tempi del dibattito. La citazione del tempo per il tempo con frasi del tipo: Abbiamo poco tempo, Sono gi passate tre ore dallinizio della riunione, Manca mezzora alla fine della riunione, Stiamo perdendo tempo, Utilizziamo bene il tempo, finisce con lessere una esortazione burocratica o un monito penalizzante (potere 80%!!!) che produce poca efficacia e pu originare disturbo o abbattimento di clima della riunione. Il richiamo al tempo finalizzato e qualificato percepito come un messaggio orientativo, il richiamo al tempo per il tempo vissuto come sanzione. La gestione degli strumenti di riunione

Si rimanda a quanto precedentemente detto sulla definizione degli strumenti di rifornimento informativo, lassunzione di accorgimenti pertinenti problemi di distribuzione di materiale di consultazione, di lettura individuale o collegiale ed i tempi di studio o tempi lettura. Vale invece la pena di soffermarsi a considerare luso appropriato della lavagna. Non mi stancher mai di sottolineare lessenziale forza vincente delluso corretto della lavagna a fogli mobili. Ricordo che la lavagna costringe il gruppo a passare dal livello della comunicazione (e del lavoro) verbale a quello della comunicazione scritta, dal detto al fatto. Questo fenomeno fa della lavagna un insostituibile setaccio che lascia depositati sul foglio bianco solo i contributi che i partecipanti si sentono di poter pubblicamente sostenere, depurati il pi possibile da eccessi polemici ed emotivi. In altri termini un gruppo richiesto di formalizzare su di un foglio bianco il proprio lavoro entra nello stesso processo di depurazione e ponderazione del messaggio e del lavoro nel quale entriamo tutte le volte che, a titolo individuale, dobbiamo formalizzare scrivendo una lettera, uno studio, una relazione. E, come spesso accade, scrivendo ci impegniamo maggiormente in lavori mentali corretti tanto da accorgerci, a volte, di apprendere consapevolezze nuove. Cos un gruppo sollecitato a dare il meglio proprio quando deve formalizzare per iscritto il proprio lavoro. Va inoltre rammentato che luso della lavagna va prioritariamente e funzionalmente accentrato da parte del coordinatore, si ricorda che la lavagna di carta rappresenta il

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mass media del gruppo e, come nel sociale pi ampio, chi possiede il mass media influenza enormemente i fenomeni sociali. In termini di uso della lavagna a fogli mobili consigliabile servirsene per comunicare ufficialmente i capitoli di progetto della riunione (contratto dapertura di riunione). In questo senso suggerirei di scrivere il compito della riunione sia in termini di contenuto sia in termini di veste di trattazione aggiungendo anche la divisione orientativa dei tempi interni, fatto, questo, che permette indirettamente di passare i concetti di ordine cronologico del lavoro (prima si raccolgono le informazioni poi si elabora ed infine si passa alla decisione), concetti per nulla acquisiti in modo diffuso. La lavagna risulta utilizzabile, quindi, per elencare lessenza e la sintesi dei diversi contributi in fase informativa. consigliabile che il coordinatore si faccia suggerire le sintesi dagli stessi partecipanti evitando di fare sintesi personali in modo tale che i partecipanti incollino sulla lavagna la loro responsabilit non filtrata dal coordinatore. Nel momento elaborativo la lavagna pu servire per evidenziare i criteri di accorpamento, selezione, analisi, integrazione del materiale emerso in fase informativa. Pu inoltre servire per visualizzare le varie alternative di decisione accostate ai relativi vincoli ed opportunit. Infine la lavagn a serve per stendere la decisione presa. Come si vede, cos usata, la lavagna a fogli mobili pu sostituire la verbalizzazione della riunione che con semplici ritocchi formali pu trasferirsi dalla lavagna al verbale ufficiale. In tal modo si evita quindi di caricare di specifici compiti di verbalizzazione i partecipanti alla riunione, che verrebbero cos distolti dalla partecipazione sostanziale. Lo sanno bene quei coordinatori che usano anestetizzare alcuni partecipanti ritenuti minaccianti affidando loro compiti di verbalizzazione. La gestione dei rapporti con e tra i partecipanti

La gestione dei rapporti con i partecipanti alla riunione richiama la problematica degli stili e dei climi di relazione instaurati dal coordinamento della riunione. A questa tematica verr dedicato un intero capitolo nel seguito della trattazione ma bene fin dora affermare che vivamente sconsigliato usare, in veste di coordinatore della riunione, il potere 80% per indirizzare evidenti messaggi premianti o punenti individualizzati ai partecipanti. Messaggi forti del tipo: Sono pienamente in accordo con lei, Sono in disaccordo con lei o messaggi deboli come piccoli ammiccamenti di consenso o visibile non ascolto, indirizzati dal coordinatore ai partecipanti, influenzano notevolmente il lavoro del gruppo ed indirettamente anche la trattazione dei contenuti. Non solo: con le sponsorizzazioni (+ 80%) o con le controsponsorizzazioni (- 80%) il coordinatore disequilibra notevolmente il suo rapporto con i singoli partecipanti ma squilibra anche i rapporti tra i partecipanti. Non indifferente al ruolo del coordinatore il rapporto che si instaura tra un partecipante pluridecorato (+ 80%) ed un partecipante sottodecorato (- 80%). Con questa logica di modello premiante pubblico ed individualizzato gli insegnanti hanno le classi che si meritano, i coordinatori hanno i coordinati che si meritano, i capi hanno i dipendenti che si meritano per l80%. Non so se avete mai potuto notare nei dibattiti televisivi luso intenzionale (o la scarsa professionalit di coordinamento) messi in luce da alcuni coordinatori di dibattito che sponsorizzano visibilmente alcuni interventi e controsponsorizzano altri convenuti.

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Avete potuto notare che i partecipanti supportati dal coordinatore si tranquillizzano, prendono sicurezza e assumono facilmente posture di autorevolezza (anche indipendentemente dai contenuti che spesso sono banali e discutibili; ma recitati cos bene!!). Contemporaneamente avrete constatato come i convenuti desponsorizzati dal conduttore/coordinatore tendono facilmente ad irritarsi e scaricare la loro aggressivit sul modo di trattare i contenuti che, in tal modo, vengono espressi con atteggiamento eccitato e poco autorevole, che pu anche scadere nella polemica difensiva. Questo processo presta spesso il destro al conduttore e ai suoi sponsorizzati per ammonire pacatamente il, o i, malcapitati dicendo loro di ...Non eccitarsi e di mantenere il controllo in un dibattito cos civile!! .... Ad occhio distratto il, o i, malcapitati possono sembrare i violentatori del dibattito. Ad occhio pi attento essi appaiono invece come i veri violentati dal potere 80% e dai suoi adepti. Il coordinatore quindi, depositario per ruolo di un alto potere di influenza, dovrebbe minimizzare al massimo i suoi messaggi premianti e punenti rivolti individualmente ai partecipanti alla riunione. La gestione della riunione gerarchica

I problemi organizzativi in una riunione gerarchica sono relativamente limitati se li si confronta con quelli delle riunioni di coordinamento o delle riunioni miste. La semplicit del reticolo di comunicazioni prevalentemente unidirezionale (comunicazioni ad una via) abbassa i livelli di imprevedibilit da governare per chi si trova a condurre tale riunione. Il problema centrale che pone una riunione gerarchica agli individui dotati di sensibilit di relazione cos sintetizzabile: come fare a non appesantire con stili autoritari e verticali un copione gi strutturalmente verticale? Una riunione strutturalmente gerarchica gestita con stili verticali diventa autoritaria. Una riunione strutturalmente gerarchica gestita con stili orizzontali diventa autorevole. Come si pu facilmente comprendere le riunioni gerarchiche pongono soprattutto problemi di stile relazionale pi che di organizzazione di ruolo, come si visto nelle riunioni di coordinamento. In merito agli stili di relazione orizzontali rimando ad approfondimenti successivi. Tuttavia possibile avanzare suggerimenti anche rispetto alla struttu ra organizzativa del messaggio ossia del contenuto che caratterizza, in genere, le riunioni gerarchiche. Le riunioni gerarchiche hanno, generalmente, lobiettivo di trasmettere decisioni e/o prescrizioni in merito a vincoli e/o opportunit organizzative. E sse rappresentano, perci, una sede in cui vengono trasmessi i risultati di un processo decisionale. In termini di stile di relazione sociale, diverso comunicare prescrittivamente solo le decisioni prese anzich supportarle anche rendendo trasparente il processo decisionale che le ha originate. La sola dichiarazione delle decisioni prese rinforza la relazione prescrittiva (verticale).

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La descrizione di tutto il processo decisionale (dalle informazioni, ai criteri di elaborazione assunti, alle decisioni prese) rinforza la comunicazione persuasiva (orizzontale). Chi ricopre funzioni di comando e di gestione di risorse umane dovrebbe essere consapevole del fatto che la fretta decisionista nei confronti dei propri collaboratori guadagna in efficienza organizzativa ma perde in efficacia di relazione, poich tende ad indurre resistenze, aggressivit, sudditanze passive o di comodo che non tardano a produrre effetti indesiderati a scapito anche della stessa efficienza. Al contrario, un dirigente che investe tempo per consapevolizzare i propri collaboratori in modo trasparente dellintero processo decisionale che ha istruito riesce a legare lefficienza del comando allefficacia della persuasione, minimizzando, cos, resistenze ed aggressivit relazionali non de siderate.

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