Sei sulla pagina 1di 29

PARTE SECONDA

L’AMMINISTRAZIONE AZIENDALE
CAPITOLO I

IL GOVERNO AZIENDALE
E I PROCESSI DECISIONALI
di Stefano Adamo

SOMMARIO: 1. Il governo aziendale. – 2. I processi decisionali aziendali. – 3. Modelli


e logiche decisionali. Il supporto del sistema delle rilevazioni.

1. Il governo aziendale

Come evidenziato precedentemente, le attività poste in essere dal


soggetto aziendale, a livello volitivo e direttivo (controllo strategico
e controllo operativo) danno vita al governo dell’impresa rivolto al
perseguimento delle finalità e degli obiettivi aziendali. Esso, nella sua
dimensione operativa, coincide con l’amministrazione aziendale, che
consiste nella conduzione delle operazioni e nello svolgimento di ogni
altra attività necessaria a tal fine.
Già si è visto che, nella sua interpretazione più ampia, l’ammini-
strazione si articola in tre settori interdipendenti e cioè1:
1. la gestione, processo vitale dell’impresa, riguardante la combi-
nazione e lo svolgimento delle varie operazioni aziendali;
2. la rilevazione, processo operativo di controllo preventivo, con-
comitante e successivo sviluppato mediante un complesso di de-
terminazioni quantitative, monetarie e non monetarie, atte a fa-
vorire la razionalità delle decisioni amministrative. In tale ottica
emerge chiaramente come la rilevazione, da un lato, costituisca

1
Trattasi della tripartizione zappiana che identifica nell’amministrazione d’azienda un sistema
unitario costituito da sub-sistemi interattivi. G. ZAPPA, Le produzioni nell’economia delle imprese,
vol. I, Giuffrè, Milano, 1956, p. 93 e ss. Osserva il Cassandro come tale distinzione si riferisca “più
che all’azienda obiettivamente considerata come sistema di forze, all’attività degli organi azienda-
li”. P.E. CASSANDRO, Le aziende. Principi di ragioneria, IV ed., Cacucci, Bari, 1968, p. 50.
152 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

il riflesso (di tipo contabile) della gestione e, da altro, rappresenti


lo strumento (contabile ed extra-contabile) che guida il soggetto
aziendale nei processi decisionali aziendali;
3. l’organizzazione, intesa quale parte dell’attività amministrativa
rivolta a rendere efficiente la struttura aziendale in funzione del-
le finalità aziendali e delle mutevoli condizioni di operatività
dell’impresa.
I tre settori denotano stretti legami che giustificano l’interazione di-
namica dei cicli economico-produttivi, le cui relazioni si evidenziano
nel seguente schema:

Si è precedentemente precisato come il governo aziendale trovi


espressione nel potere di comando e nel potere di gestione ricondu-
cibili, secondo varie modalità, al soggetto economico che, attraverso
un’adeguata tecno-struttura, attua il controllo strategico e il controllo
operativo. Al contempo, si è pure evidenziata l’esigenza che l’eserci-
zio dell’attività di governo richieda caratteristiche e qualità ben preci-
se dei soggetti ai quali gli stessi poteri sono affidati (imprenditorialità
e managerialità).
Sotto altro profilo, la complessità aziendale determina una note-
vole mole di operazioni implicanti trasformazioni tecniche, vincoli e
relazioni di natura personale ed ambientale, per il cui assolvimento si
rende necessario un sistema di decisioni atto a favorire, attraverso le
operazioni gestionali, la continua creazione di valore economico per il
raggiungimento delle finalità istituzionali.
Non si manca, peraltro di ribadire come le manifestazioni aziendali
trovino nell’elemento umano il proprio fondamento, poiché si ritiene
che “la migliore spiegazione della dinamica aziendale, più che nella
realtà dei fatti che contraddistinguono le operazioni gestionali,
possa essere ricercata nelle condizioni soggettive che sovrintendono
Cap. I – Il governo aziendale e i processi decisionali 153

a tali operazioni e, quindi, in definitiva, nelle astrazioni poste a fonda-


mento delle idee che alimentano il sistema delle decisioni”2.
In effetti, le vicende connesse alla gestione aziendale trovano la
loro origine e si sviluppano grazie all’azione comune dei soggetti che,
a vari livelli, operano nell’azienda con il comune obiettivo di con-
seguire le condizioni di equilibrio economico necessarie per il fun-
zionamento duraturo dell’azienda stessa. A tal fine, ciascun individuo
operante nell’azienda apporta nel sistema aziendale il proprio baga-
glio di idee utilizzabili in funzione del migliore raggiungimento degli
obiettivi gestionali.
Affinché le idee possano essere verificate nella loro validità al fine
di divenire azione efficace ed efficiente, si rende necessario prevede-
re dei percorsi atti a rendere razionale ogni atto dell’amministrazione
aziendale, ciò in ossequio sia ai caratteri propri dell’istituto aziendale,
sia in relazione alla rilevanza sociale insita nella stessa configurazione
istituzionale. Tali percorsi si inquadrano attraverso l’attuazione di un
‘sistema decisionale’ atto a fungere da anello di collegamento tra il
pensiero e l’azione. Il “sistema decisionale” prelude, infatti, il “siste-
ma delle operazioni”, a sua volta rappresentato dalla combinazione dei
vari fattori della produzione3.
Ne consegue che il “sistema decisionale”, rappresentando l’attività
di determinazione delle operazioni, assume assoluto rilievo nel proces-
so aziendale costituendone, di conseguenza, una fase fondamentale.

2. I processi decisionali aziendali

L’attività economica di impresa si caratterizza, tra gli altri, aspetti


per l’esigenza che i soggetti a cui è demandato il governo della stessa
si trovino costantemente ad effettuare decisioni e scelte di convenien-
za economica4.
In relazione a ciò, si procede seguendo un percorso (decisionale)
caratterizzato da un “processo unitario in modo da evidenziarne i ca-
ratteri comuni alle diverse situazioni e quelli distintivi”, prescinden-
do, quindi, dalla connessione diretta tra la decisione stessa e l’oggetto

2
U. BERTINI, ‘Il sistema aziendale delle idee’, in Scritti in onore di Carlo Masini, Tomo primo,
Egea, Milano,1993, p. 465.
3
U. BERTINI, ‘Il sistema aziendale delle idee’, cit., p. 467.
4
E. ARDEMANI, L’economia delle imprese, III ed., Giuffrè, Milano, 1989, p. 37.
154 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

a cui questa è, nelle varie ipotesi, riferita5. L’unitarietà del processo


decisionale non impedisce, tuttavia, la possibilità di delimitare i vari
campi di applicazione, la cui definizione deriva dai fini perseguiti e
dalla natura dell’attività svolta6.
Tale impostazione trova, in campo aziendale, più precisa defini-
zione nel momento in cui la globalità del processo decisionale risulta
configurata da varie fasi.
In primo luogo, il giudizio di convenienza economica, inteso come
“ricerca delle vie più efficaci per la formazione, il mantenimento e il
potenziamento dell’equilibrio economico aziendale”7. Tale fase pre-
lude la definitiva decisione aziendale, coincidente con l’atto di scelta
dell’alternativa, la quale, successivamente si completa con la conse-
guente attività operativa.
Da quanto appena esposto, risulta evidente come il concetto di de-
cisione si differenzi dal concetto di scelta, in quanto la decisione rap-
presenta una proposta di scelta. In ogni caso, si può affermare che la
decisione si concretizzi con una scelta operata tra più linee di azione
alternative, effettuata al fine di raggiungere, attraverso l’utilizzo dei
mezzi disponibili, gli obiettivi prefissati. La scelta, che può consistere
anche in un atto di astensione, è, pertanto, un momento applicativo
della decisione, quantunque il confine tra i due significati appaia no-
tevolmente esiguo.
Il processo di formulazione delle scelte implica, in definitiva, la
presenza di una serie di fasi conseguenti:
a) situazioni problematiche;
b) definizione obiettivi;
c) individuazione della presenza di alternative;
d) determinazione dei possibili effetti economico-finanziari deri-
vanti dalle varie alternative;
e) applicazione di un criterio per la scelta dell’alternativa.

Premesso che all’origine di ogni processo decisionale, si pongo-


no delle situazioni problematiche, intese nel significato di situazioni
indeterminate, la definizione degli obiettivi, globali e parziali, inte-
si quali modalità concrete attraverso cui la specifica impresa realizza
la sua finalità, si identifica in relazione alle risorse disponibili ed al

5
R. FERRARIS FRANCESCHI, ‘La problematica dello scopo nel processo decisionale: prime consi-
derazioni’, in Scritti in onore di Domenico Amodeo, Cedam, Padova, 1987, p. 401.
6
P. MIOLO VITALI, Il sistema delle decisioni aziendali, Giappichelli, Torino,1993, p. 16.
7
R. CORTICELLI, I giudizi di convenienza economica in economia aziendale, Cursi, Pisa, 1973,
p. 78.
Cap. I – Il governo aziendale e i processi decisionali 155

contesto ambientale. L’armonizzazione tra i numerosi obiettivi, che


possono essere tanto interdipendenti quanto antagonisti, appare neces-
saria, concretizzandosi in un sistema diretto ad operare una corretta
selezione, in funzione dell’indirizzo di fondo dell’azienda8.
Circa l’individuazione delle alternative, si è già evidenziato come
la pluralità di queste sia elemento indispensabile perché possa esserci
decisione. L’ampiezza delle alternative, ciascuna delle quali può na-
scondere una serie di decisioni derivate, è tale da rendere difficolto-
sa la totale ricognizione da parte del soggetto decisore. In ogni caso,
osserviamo come “ragioni operative” inducano a ridurre le possibili
vie di azione. Ovviamente la soluzione nell’ambito delle alternative
possibili comporta l’intervento di elementi soggettivi, legati ad inter-
pretazioni, esperienze ed ipotesi personali del decisore.
Da ciò discende l’esigenza di valutare in termini economici le con-
seguenze attese per ciascun corso di azione, differenziando le diverse
situazioni, in relazione al grado di conoscenza singolarmente ottenibile
e, quindi, agli stati di incertezza che sempre permeano ogni decisione.
La fase concernente l’applicazione del criterio di scelta comporta
la valutazione delle varie metodologie applicabili ai fini della formu-
lazione del giudizio di convenienza. A tal fine, giova ricordare come
siano noti in dottrina differenti modelli teorici di riferimento per la
definizione dei processi decisionali. Tali modelli non possono, peral-
tro, considerarsi precisi schemi da applicare in ogni situazione concre-
ta, bensì devono intendersi quali linee orientative generali sulle quali
innestare i singoli aspetti specifici per operare le conseguenti scelte.
Ciò in relazione al fatto che essi costituiscono una rappresentazione
semplificata e generalizzata della realtà9.
Ulteriori fasi in aggiunta a quelle precedentemente indicate, potreb-
bero essere rappresentate dall’accettazione della scelta da parte del
management, dalla sua attuazione e dalla successiva attività di con-
trollo, con ciò generando una sovrapposizione tra l’attività decisio-
nale, intesa quale processo di formulazione di una scelta, e l’attività
operativa, riconducibile al già citato sistema delle operazioni e, cioè
all’azione vera e propria.

8
P. MIOLO VITALI, Il sistema delle decisioni cit., p. 32.
9
S. FACCIPIERI, ‘I processi di decisione nell’impresa’, in P. Saraceno (a cura di), Economia e
direzione dell’impresa industriale, Isedi, Milano, 1981, p. 130 e ss.
156 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

3. Modelli e logiche decisionali. Il supporto del sistema informativo

Ciò chiarito, rileviamo come i modelli decisionali maggiormente


conosciuti negli studi economico-aziendali rispondano alle seguenti
logiche:
– logica della razionalità assoluta;
– logica della razionalità limitata;
– logica incrementale;
– logica quasi-causale.
Le prime due logiche, in particolare, correlano, in maniera diversa,
il comportamento del soggetto decisore con le condizioni ed i vincoli
dell’ambiente.
Più precisamente, le prime due concezioni di razionalità legano la
loro definizione agli studi di March e Simon10.
Infatti, nel momento in cui il riferimento è rivolto ad un soggetto
decisore onnisciente in grado di individuare tutte le possibili alterna-
tive, determinandone le conseguenze, senza, quindi, essere influenza-
to dalle condizioni e dai vincoli dell’ambiente in cui l’azienda opera,
si parlerà di “razionalità assoluta”. La razionalità limitata costituisce,
peraltro, una “correzione” della concezione precedente, in quanto in-
dica come l’ipotesi ottimizzante di un soggetto decisore onnisciente
ed assolutamente razionale, cioè in grado di predefinire perfettamente
l’intero processo decisionale, non possa trovare riscontro nella realtà.
In conseguenza di ciò, deriva una conoscenza parziale della situazio-
ne decisionale, la cui definizione degli obiettivi appare funzione delle
aspettative dei soggetti interni (imprenditore, soci, dipendenti, ecc.)
ed esterni (clienti, fornitori, finanziatori, ecc.) all’azienda, assumendo,
pertanto, carattere dinamico in ragione degli adattamenti conseguenti
alla variazione dei fattori influenti gli obiettivi stessi.
La fase di individuazione delle alternative appare, quindi, condi-
zionata dai vincoli posti in sede di aspettative dei decisori, limitan-
do il campo di identificazione delle alternative a quelle ritenute più
soddisfacenti per il “livello di aspirazione” dato11. In tale fase risulta,
quindi, decisiva la profonda conoscenza dell’azienda e dell’ambiente
in cui la stessa opera.

10
J.G. MARCH-H.A. SIMON, Organizations, John Wiley & Sons Inc., New York, 1958.. In argo-
mento, inoltre: R. FERRARIS FRANCESCHI, ‘La problematica’, cit., p. 403 e ss.; P. MIOLO VITALI, Il
sistema delle decisioni cit., p. 51 e ss.
11
P. MIOLO VITALI, Il sistema delle decisioni cit., p. 52 e ss.
Cap. I – Il governo aziendale e i processi decisionali 157

Alternativa alle precedenti logiche appare la teoria proposta da


Lindblom12, secondo cui in contesti ambientali scarsamente control-
labili, l’imprevedibilità di certe situazioni comporta una conseguente
precarietà nella definizione e risoluzione dei problemi. Tale modello,
riferito essenzialmente all’amministrazione di tipo pubblico, appare
idoneo per situazioni caratterizzate da problematiche non agevolmen-
te definibili con una molteplicità di obiettivi rilevanti, ma contraddit-
tori e non misurabili.
Infine, si considera l’ultimo modello richiamato, denominato della
“logica casuale”, ritenuto valido per quelle situazioni in cui la formu-
lazione aprioristica del processo decisionale appare oggettivamente
difficoltosa e nebulosa. Ne deriva la necessità di basare il processo su
una razionalità “a posteriori”, attuata attraverso processi di conoscen-
za a posteriori delle soluzioni più valide13.

I SISTEMI INFORMATIVI
Giova precisare che nessuno dei modelli indicati può assumere va-
lidità assoluta, in quanto l’utilizzo della logica più adeguata alla spe-
cifica realtà soggiace alla valutazione delle interrelazioni instaurabili
con gli ambienti in cui l’unità economica opera14. Si rileva, inoltre, in
funzione della differente incidenza prodotta dalla variabile temporale,
la necessità di avvalersi di schemi logici e modelli differenti per l’a-
nalisi delle decisioni di breve periodo rispetto a quelle di lungo perio-
do. Appare, tuttavia, innegabile che, quantunque anche altri elementi
debbano pur sempre essere tenuti presenti risultando, talvolta, decisivi
nella scelta, nelle decisioni di convenienza economica gli aspetti valu-
tativi di efficacia ed efficienza assumono un rilievo indiscutibile.
Ai fini della formulazione del giudizio di convenienza, risulta,
perciò, determinante l’esistenza di un adeguato sistema informativo
(sistema di rilevazioni), la cui articolazione sia tale da fornire agli
organi decisionali le “informazioni rilevanti” per una corretta valuta-
zione delle alternative15.
La gestione organizzata delle informazioni si pone, dunque, come
fattore fondamentale nell’amministrazione aziendale e quale impre-
scindibile presupposto dell’attività decisoria di impresa. Ne discende

12
C.E. LINDBLOM, ‘La scienza del sapersela cavare’, in H.I. Ansoff, La strategia di impresa,
Etas, Milano, 1974
13
Per approfondimenti: P. MIOLO VITALI, Il sistema delle decisioni cit., p. 58 e ss.
14
P. MIOLO VITALI, Il sistema delle decisioni cit., p. 51.
15
Sul punto, si rinvia per tutti a: L. MARCHI, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano,
1993.
158 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

che un processo decisionale amministrativamente razionale deve svi-


lupparsi su una conoscenza sempre più “multidimensionale”, basata
sulla raccolta di informazioni, endogene ed esogene all’azienda, quan-
titative e qualitative, che devono comunque sempre tener presente
l’intero sistema aziendale16.
La disponibilità di informazioni appare, quindi, fondamentale sia
per le scelte strategiche ed operative (esigenze informative interne),
sia per i soggetti esterni variamente interessati alle sorti aziendali (esi-
genze informative esterne). Da ciò ne consegue la presenza di un ef-
ficiente sistema informativo fondato su strumenti di programmazione
controllo idonei a supportare i processi decisionali.
In questi termini, il sistema informativo può essere considerato
come un processo che, attraverso l’impiego di una serie di risorse or-
ganizzative, di natura diversa (risorse tecniche, umane, metodologi-
che, finanziarie, etc.), tra loro coordinate e integrate, opera la trasfor-
mazione di un input iniziale (dati grezzi, ossia elementi informativi
scaturenti da un determinato fenomeno amministrativo osservato) in
un output finale (informazione) allo scopo di soddisfare esigenze co-
noscitive17.

Gli elementi che concorrono a costituire tale sistema informativo


possono essere raggruppati in cinque principali categorie e precisa-
mente:
a) il patrimonio di dati, i quali rappresentano l’input del processo
di trasformazione che porta a produrre come output l’informa-
zione;
b) l’insieme di regole e procedure, volte a regolarizzare l’acquisi-
zione e il trattamento dei dati grezzi, necessari alla successiva
produzione di informazioni;
c) la struttura tecnologica, ovvero l’insieme di strumenti di sup-
porto dei processi di raccolta, conservazione, trasferimento,
elaborazione, distribuzione e rappresentazione dei dati e delle
informazioni;

16
S. ADAMO-M. TURCO, ‘L’amministrazione economica d’impresa e il sistema delle rilevazioni
aziendali’, in S. Adamo, Le rilevazioni di esercizio delle imprese. Scritture complesse e sintesi
periodiche, Cacucci, Bari, 2013, p. 31.
17
L. MARCHI, I sistemi informativi aziendali, III ed., Giuffrè, Milano, 2003.
Cap. I – Il governo aziendale e i processi decisionali 159

d) le risorse umane, ossia le persone responsabili della progettazio-


ne, realizzazione e gestione delle procedure, del governo e della
conservazione del patrimonio di dati e dell’impiego dei mezzi
tecnici;
e) i principi generali e i valori, che caratterizzano la cultura azienda-
le e che orientano il sistema condizionandone i comportamenti.

Le informazioni derivanti dal sistema informativo ed orientate


esternamente al complesso aziendale possono derivare da obblighi di
legge (come il bilancio di esercizio) che impongono alle aziende di
fornire, nel rispetto di specifici vincoli formali e contenutistici, de-
terminate informazioni (informazioni obbligatorie) o da scelte auto-
nome del management (informazioni facoltative), tese a diffondere
informazioni su particolari aspetti della gestione ritenuti strategici per
lo sviluppo della dinamica aziendale (si pensi, ad esempio, alla divul-
gazione di notizie su particolari risultati economici raggiunti per inco-
raggiare la sottoscrizione di nuovi titoli azionari o obbligazionari)18.

18
S. ADAMO-M. TURCO, ‘L’amministrazione economica’, cit., p. 33.
CAPITOLO II

L’ATTIVITÀ ORGANIZZATIVA
di Francesco Giaccari

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Le funzioni aziendali. – 2.1 Le funzioni caratteristi-


che. – 2.2 Le funzioni integrative o ausiliarie. – 3. I processi aziendali. – 4. La
digitalizzazione dei processi gestionali.

1. Premessa

È già stato sottolineato come, nella sua dimensione oggettiva, la


componente organizzativa risulti decisiva al fine di combinare effica-
cemente ed efficientemente le altre due componenti del sistema azien-
dale (componente personale e componente mezzi).
Pur evidenziando i caratteri di unitarietà e correlazione esistenti tra
le diverse attività è possibile pervenire a delle scomposizioni astratte
dell’unità economica aziendale, ciò al fine di migliorare la comprensio-
ne e l’analisi del fenomeno aziendale.
In tal senso, si distinguono due principali modalità in base alle quali
l’attività organizzativa può espletarsi e cioè:
– l’impostazione per funzioni;
– l’impostazione per processi.
L’impostazione per funzioni identifica i singoli sub-sistemi opera-
tivi in base ai quali risorse, fattori produttivi utilizzati e competenze
risultano accomunati da un punto di vista tecnico. Da ciò la possibilità
di distinguere, tra le altre possibili, le seguenti funzioni:
– pianificazione strategica;
– marketing;
– produzione e logistica;
162 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

– ricerca e sviluppo;
– finanza;
– organizzazione e personale;
– controllo gestionale.
Come già accennato, dette funzioni possono essere a loro volta va-
riamente raggruppate tra1:
a) funzioni caratteristiche od operative;
b) funzioni integrative o ausiliarie.
Le prime sono direttamente rivolte al raggiungimento degli obiet-
tivi aziendali, assumendo caratterizzazione specifica in funzione del
settore di attività; sono tali il marketing, la produzione e logistica, la
ricerca e sviluppo.
Le seconde, invece, svolgono prevalentemente un’attività di sup-
porto al governo aziendale, anche se ciò non deve far pensare a fun-
zioni meno importanti delle precedenti. Queste, invero, si riferiscono
ad attività alquanto disomogenee rivolte, per esempio, all’acquisizio-
ne dei fattori produttivi ed alla loro razionale utilizzazione (come nel
caso della finanza e in quello della organizzazione e della gestione del
personale), in altri casi, esse sono finalizzate alla produzione di infor-
mazioni sull’andamento futuro della gestione e sulla sua compatibi-
lità con gli obiettivi aziendali, nonché sull’andamento della gestione
passata e dei risultati ottenuti (pianificazione strategica e controllo di
gestione).
Ne deriva che un’azienda rivolta ad attuare il proprio processo pro-
duttivo deve porre in essere una serie di operazioni che vanno dalla
ricerca e dallo studio di nuovi prodotti, alla loro realizzazione ed alla
vendita. Tutto ciò non può prescindere, chiaramente, da una ulteriore
serie di operazioni gestionali quali: il reperimento di mezzi finanziari;
l’acquisizione, l’addestramento e l’organizzazione del personale; la
disponibilità di una serie di informazioni di tipo economico-finanzia-
rio e di altra natura2.
Lo studio aziendale per processi fonda la propria impostazione
sugli obiettivi delle operazioni, che, quindi, seppure tecnicamente di-
verse risultano accomunate dall’identità del fine per il quale vengono
effettuate. In effetti, per ‘processo’ si intende un insieme di attività

1
G. FERRERO, Impresa e management, II ed., Giuffrè, Milano, 1987, p. 177.
2
Da ciò la presenza di inevitabili relazioni di interdipendenza tra le stesse funzioni: G. FERRERO,
Impresa, cit., p. 192.
Cap. II – L’attività organizzativa 163

interdipendenti, svolte utilizzando input di varia natura che vengono


‘trattati’ per ottenere un determinato output3.

I due approcci, oltre a risultare utili ai fini della conoscenza del si-
stema aziendale, hanno comportato dei riflessi sulle modalità organiz-
zative aziendali, al punto da favorire nella concreta realtà la diffusione
di veri e propri modelli organizzativi.

2. Le funzioni aziendali

Al fine di meglio analizzare e comprendere il sistema aziendale, nei


suoi aspetti gestionali, è opportuno fare riferimento anche a quelle che
si denominano funzioni aziendali. Con tale espressione si intendono
indicare i sub-sistemi operativi in base all’omogeneità delle operazio-
ni da un punto di vista tecnico.
In proposito, è tradizionalmente diffusa l’impostazione secondo cui
si distinguono le seguenti principali funzioni aziendali:
Esaminiamo brevemente le caratteristiche principali di ciascuna
delle funzioni sopra citate.

2.1. Le funzioni caratteristiche


Come poc’anzi evidenziato le funzioni caratteristiche assumono
caratterizzazione specifica in relazione alla stretta connessione con
l’attività operativa svolta dall’azienda. Nello specifico trattasi del
marketing (mkt) della ricerca e sviluppo (r&s) e della produzione e
logistica.
La funzione di marketing
La funzione di marketing può definirsi come una funzione com-
plessa rivolta a regolare i rapporti tra azienda ed ambiente esterno,
nel senso di favorire l’analisi dell’ambiente in cui l’azienda opera, ciò
al fine di conoscere meglio le esigenze del mercato, per pervenire a
combinazioni aziendali in grado di soddisfare tali esigenze rendendo
disponibili i prodotti o servizi adeguati.
A tal fine, l’impresa, svolgendo specifiche azioni, attua delle vere
e proprie strategie di marketing che trovano in appositi strumenti pre-
visionali (piani) la definizione dell’obiettivo di mercato che si intende

3 L. MARCHI-S. MARASCA, ‘Il sistema delle operazioni e la dinamica dei processi’, in L. Marchi

(a cura di), Introduzione all’economia aziendale. Il sistema delle operazioni e le condizioni di equi-
librio aziendale, V ed., Giappichelli, Torino, 2003, p.84.
164 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

raggiungere (cosiddetto target market) e l’insieme delle variabili atte


a favorire il raggiungimento dell’obiettivo stesso.
Quindi, i piani di marketing, seguendo una sequenza di fasi, si pro-
pongono di individuare i percorsi in grado di favorire l’attuazione delle
strategie aziendali in funzione del prodotto offerto e/o del mercato scelto.
Preliminarmente, l’analisi dell’ambiente comporta la necessità di
distinguere le variabili sulle quali l’impresa determina un controllo da
quelle variabili svincolate in misura più o meno totale da tale possibi-
lità di controllo. Infatti, sfuggono totalmente al controllo dell’impresa
tutti i fattori che abbiamo identificato come costitutivi dell’ambien-
te generale e cioè: l’ambiente naturale, la cultura, l’ambiente sociale,
la variabile demografica, la tecnologia, la sfera politico-legislativa e
l’ambiente economico. Pur non essendo totalmente soggette al control-
lo dell’impresa, altre variabili possono essere comunque influenzate
dalle scelte aziendali; è il caso della concorrenza esistente e potenziale,
dei fornitori, dei clienti e degli intermediari.
Le variabili che, invece, risultano completamente dipendenti dall’im-
presa sono costituite dai seguenti elementi:
– prodotto;
– prezzo;
– distribuzione;
– promozione.
L’insieme di tali elementi costituisce il cosiddetto marketing mix4.
Brevemente, il prodotto, da intendersi in senso lato, va sempre più
assumendo una definizione ampia comprendendo, oltre al beneficio
specifico richiesto dal cliente, anche ulteriori aspetti connessi a caratte-
ristiche e attributi del prodotto ed al servizio di assistenza (pre-vendita
e post-vendita) al cliente.
Ovviamente, le strategie aziendali fondate sul prodotto non posso-
no prescindere, tra gli altri aspetti, dal cosiddetto ciclo di vita, ossia
dal percorso che ordinariamente un prodotto rivela circa la capacità
di positivi riflessi economico-finanziari. Si distinguono in tal senso le
seguenti fasi5:
1. progettazione, che coincide con la fase di ideazione e successiva
realizzazione del prodotto da offrire. Si tratta della fase prepara-
toria alla presentazione del prodotto sul mercato, che comporta il

4
G. PELLICELLI, Il marketing, Utet, Torino, 1988, p. 68 e ss.
5
G. PELLICELLI, Il marketing, cit., pp. 226-288.
Cap. II – L’attività organizzativa 165

sostenimento di costi e, quindi, impieghi finanziari spesso anche


consistenti;
2. introduzione e lancio, è la fase in cui il prodotto risulta appunto
«introdotto» sul mercato, ciò attraverso i relativi canali distribu-
tivi e con il sostegno di apposite campagne pubblicitarie. Que-
sto è normalmente il momento di maggiore sforzo economico-
finanziario per l’impresa che a fronte di costi connessi al lancio
non riscontra ancora volumi remunerativi di ricavi;
3. sviluppo, è la fase in cui l’impresa penetra nel mercato, poten-
do fruire dell’assenza di concorrenti e godendo, quindi, di un
«vantaggio competitivo» che le consente di operare con effetti
fortemente positivi in termini economico-finanziari. Tuttavia, è
anche il momento in cui l’impresa deve prepararsi al possibile
confronto-scontro con i concorrenti;
4. maturità, fase in cui l’impresa vive pienamente il confronto con
i concorrenti, cercando di mantenere con appropriate politiche
la propria quota di mercato. Evidentemente, la lunghezza di tale
fase di maturità coincide con una fase di tranquillità sul piano
economico-finanziario. Giunta a tale punto, l’impresa deve po-
ter cominciare a vedere verso il futuro prossimo, nel senso di
stabilire il percorso da seguire in termini di rilancio o meno del
prodotto, ciò con relative campagne promozionali e/o migliora-
mento del prodotto;
5. declino, è la fase che chiude il ciclo, ciò sia per scelta aziendale,
sia per cambiamenti dei gusti del mercato o superamento tecno-
logico dei prodotti offerti che escono fuori-mercato.
Figura n. 15

Vendite Vendite
e profitti

Profitti
0

Ideazione e Introduzione Sviluppo Turbo- Matu- Declino


Perdite progettazione lenza rità
investimenti del prodotto

tempo

Fonte: G. PELLICELLI, Il Marketing, UTET, Torino, 1988.


166 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

L’altra variabile del marketing mix è quella del prezzo, elemento a


cui i processi decisionali dei clienti sono tradizionalmente sensibili,
quantunque di recente le imprese abbiano puntato anche su strategie
di differenziazione del prodotto al fine di apparire più competitive ri-
spetto alla concorrenza.
In ogni caso, le politiche di prezzo consistono nei vari metodi di
determinazione del prezzo, compresi gli aspetti connessi (per esempio,
condizioni di pagamento, offerte speciali, ecc.) i quali trovano in alcu-
ni fattori il relativo riferimento:
– costi, ossia identificazione di una configurazione di costo (costo
pieno, costo incrementale, ecc.) atta ad individuare il livello infe-
riore al di sotto del quale la fissazione del prezzo risulterebbe, se
praticata per periodi medio-lunghi, decisiva in senso negativo;
– domanda, nel senso di considerare i livelli della domanda, in termi-
ni di analisi dell’andamento e correlate politiche di fissazione dei
prezzi;
– concorrenza, che influenza la fissazione del prezzo, ciò in fun-
zione di politiche aggressive delle imprese concorrenti.
I tre fattori richiamati troveranno evidentemente diverso «peso» in
relazione ai diversi settori di attività e delle singole specificità, anche
se una razionale determinazione dovrebbe sempre scaturire dalla com-
binazione delle tre variabili considerate.
La variabile distribuzione consiste nel percorso seguito dal bene offer-
to dall’impresa per raggiungere il destinatario finale, ossia il cliente. Tale
percorso assume la denominazione di canale distributivo il quale, oltre
ai due estremi (produttore e cliente), può trovare ulteriori soggetti (inter-
mediari) che possono allungare la «lunghezza» del percorso distributivo.
A tal proposito, è possibile distinguere canali distributivi di diffe-
rente «lunghezza» (canale diretto, canale corto, canale lungo). La scelta
del canale distributivo, collocandosi nell’ambito della strategia azienda-
le, deriva dalla considerazione congiunta di numerosi elementi quali la
disponibilità di risorse umane e finanziarie, il numero e la distribuzione
geografica dei consumatori, le caratteristiche del prodotto (deperibilità,
complessità del prodotto, ecc.), la preesistenza di reti distributive.
Ultima variabile del marketing mix è quella relativa alla promozio-
ne che identifica l’insieme degli strumenti promozionali rivolti varia-
mente a creare l’immagine dell’impresa e far conoscere i prodotti. Gli
obiettivi della promozione possono essenzialmente identificarsi con
attività atte a stimolare la domanda, ciò alternativamente sia mediante
azioni di difesa o aumento della domanda dei propri clienti, sia attra-
verso azioni aggressive rivolte a sottrarre clienti ai concorrenti. Anco-
Cap. II – L’attività organizzativa 167

ra un ulteriore obiettivo è quello di informare per convincere e per fare


conoscere l’azienda ai potenziali clienti.
In tale ultimo senso, la creazione dell’immagine aziendale è dive-
nuta un elemento fondamentale in direzione dell’istituzione di un rap-
porto di fiducia con i clienti. Peraltro, la creazione dell’immagine azien-
dale deriva dalla combinazione di elementi interni ed esterni all’azienda,
riconducibili a fattori e comportamenti connessi alla comunicazione, ai
rapporti interni del personale e del personale verso l’esterno, all’ampiezza
dei servizi offerti, ecc.
In relazione a ciò, gli strumenti promozionali, utilizzati normal-
mente in combinazione, sono rappresentati da forme di vendita me-
diante personale; pubblicità; vendite promozionali6.
La funzione ricerca e sviluppo
Allorquando abbiamo considerato i fattori produttivi delle aziende,
si è visto come nell’ambito di questi assuma sempre più rilievo quella
parte di fattori di natura intangibile che contribuiscono in maniera de-
terminante alla sopravvivenza e sviluppo dell’impresa.
Tra questi, si è visto come alcuni derivino dal funzionamento azien-
dale, nel senso che risultano «prodotti» dell’’attività dell’impresa,
ossia ricchezza, valore creato dall’impresa che rimanendo all’inter-
no dell’impresa diviene esso stesso fattore atto a cedere utilità per la
combinazione produttiva7.
Ciò ricordato, ecco che nell’ambito dell’impresa si è sviluppata una
funzione rivolta alla produzione del fattore produttivo «conoscenza»,
rilevando variamente in funzione del ruolo che l’impresa stessa in-
tende assumere nei confronti dell’ambiente (atteggiamento passivo,
anticipativo o innovativo).
In sostanza, la funzione di ricerca e sviluppo assolve al fondamen-
tale compito di consentire all’azienda il miglioramento delle proprie
capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato, ma so-
prattutto di influire sullo stesso attraverso i risultati ottenibili dallo
svolgimento di tale attività (invenzioni, conoscenze di processo, ecc.).
Da ciò discendono conseguenti vantaggi sul piano dell’efficacia e
dell’efficienza aziendale, in termini di produttività tecnica, dei rendi-
menti e di redditività.
Evidentemente, solo laddove l’impresa intenda assumere un atteg-
giamento attivo, rivolto all’individuazione di nuovi prodotti (inno-

6
G. PELLICELLI, Il marketing, cit., pp. 489-490.
7 Trattasi in buona parte dell’insieme di conoscenze e di competenze che danno vita al patrimo-
nio tecnologico e scientifico dell’azienda. A. GILARDONI, ‘Ricerca e sviluppo’, in L. Guatri (a cura
di), Trattato di economia delle aziende industriali, Tomo terzo, Egea, Milano, 1988, p. 175.
168 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

vazione di prodotto) o nuove combinazioni produttive (innovazioni


di processo) rivelerà un’attività di ricerca e sviluppo nel vero senso
della parola.
Ciò evidenziato, ai fini di una corretta analisi, si rende necessario
separare il concetto di ricerca dal concetto di sviluppo, in quanto, men-
tre la prima attività riguarda l’insieme degli studi e delle elaborazioni
volte ad incrementare le risorse di conoscenze scientifiche e tecniche
in possesso dell’azienda, l’attività di sviluppo costituisce la prosecu-
zione logica dell’attività di ricerca, consentendo di selezionare le idee
innovative mediante la sperimentazione e la conseguente realizzazio-
ne, in termini di industrializzazione e commercializzazione8. Peraltro,
nell’ambito della stessa attività di ricerca è utile distinguere9:
a) la ricerca di base, che, assumendo un carattere essenzialmente
esplorativo, si dirige all’acquisizione di nuove conoscenze scien-
tifiche e tecnologiche che servono di base per eventuali successi-
ve analisi e sperimentazioni;
b) la ricerca applicata, che è un’attività che si rivolge a specifici
obiettivi di applicazione innovativa in termini di prodotto e/o di
processo, i quali, in relazione al grado di profondità e «produ-
zione» della ricerca della conoscenza, denotano la presenza di
comportamenti alternativamente difensivi, di inseguimento e di
avanguardia.
Il concetto di sviluppo che come già ricordato dà luogo alla speri-
mentazione/realizzazione del progetto derivante dall’attività di ricer-
ca, può distinguersi in relazione ai diversi obiettivi di adattamento/
miglioramento ovvero di sviluppo vero e proprio.
La funzione produzione e logistica
È la funzione fisicamente più evidente nell’ambito di un’impresa in
quanto concerne l’insieme di attività di trasformazione delle materie
acquistate dall’impresa in prodotti, con l’obiettivo di soddisfare le
aspettative del mercato.
La funzione produttiva basandosi sull’impiego di risorse tecniche,
umane e informative deve garantire la predisposizione e razionale uti-
lizzazione della capacità produttiva necessaria allo svolgimento effi-
cace ed efficiente dell’attività tecnica in senso stretto10.

8
L. PUDDU, La ricerca e sviluppo nel sistema d’impresa, Giuffrè, Milano, 1980, p. 21.
9
L. PUDDU, La ricerca, cit., pp. 22 e ss.
10 In argomento: S. PIVATO, ‘Impianti, produzione logistica’, in L. Guatri (a cura di), Trattato di

economia delle aziende industriali, cit., p.113 e ss. Inoltre: M. SCICUTELLA, Produzione e logistica
nella gestione d’impresa, Cacucci, Bari, 1993.
Cap. II – L’attività organizzativa 169

È palese, dunque, che sul tipo e le caratteristiche del sistema produt-


tivo incidano la proprietà e la responsabilità del progetto, i volumi di
produzione ed il grado di personalizzazione rispetto al cliente. Ciò si-
gnifica che i principali processi assegnati alla funzione produzione che
vanno dalla progettazione del prodotto alla progettazione dei processi
produttivi e di acquisto alla trasformazione tecnica in senso stretto fino
a comprendere una serie di attività ausiliarie quali la gestione dei ma-
teriali, la programmazione ed il controllo della produzione, il controllo
qualità, i processi di manutenzione, avranno differente ampiezza.
Da un punto di vista operativo la fase a monte del processo produt-
tivo riguarda la progettazione del prodotto e del sistema produttivo.
Per quanto concerne il primo le informazioni fondamentali provengo-
no dall’area marketing che individua ed interpreta le esigenze e le op-
portunità del mercato e delinea le caratteristiche che il prodotto deve
avere per poter essere competitivo. Questi imput, infatti, permettono
di definire le specifiche tecniche ed estetiche del prodotto, le soluzioni
tecnologiche e costruttive e la relativa convenienza economica. Na-
turalmente il passaggio successivo è la determinazione dei metodi di
produzione e delle tecnologie utilizzabili, dei cicli di fabbricazione e
delle attrezzature necessarie per ottenere quel determinato prodotto.
Tale processo di progettazione ed ingegnerizzazione non si limita a
predisporre il sistema di produzione ma si occuperà di definire11
– il grado di automazione degli impianti, in funzione dell’impiego
di tecnologie che oltre ad eseguire fasi della progettazione in
senso stretto permettono di simulare il comportamento e le pre-
stazioni del prodotto e del sistema produttivo;
– le modalità di impiego delle risorse tecniche e delle risorse uma-
ne;
– la disposizione fisica dei reparti e degli impianti in funzione del-
la sequenza delle operazioni da eseguire. Con riferimento a tale
ultima attività è importante ricordare che i modelli principali di
layout degli impianti sono12:
a) layout per processo, nel quale gli impianti sono disposti se-
condo un criterio di omogeneità delle tecnologie ed è quindi
più adatto per produzioni diversificate in lotti medio piccoli;
b) layout per prodotto, nel quale le risorse tecniche ed umane
sono disposte sulla base della sequenza di operazioni previste

11
M. SCICUTELLA, Produzione e logistica, cit., p. 29 e ss.
12
S. PIVATO, ‘Impianti, produzione logistica’, cit., p. 144 e ss.
170 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

dal ciclo di fabbricazione e quindi più adatto a produrre in


grandi volumi a flusso continuo o in serie.

Analoga importanza ai fini della progettazione del sistema produt-


tivo riveste, inoltre, l’analisi e la definizione dei processi di acquisto
e gestione degli approvvigionamenti poiché da essi dipendono il con-
trollo sui costi di produzione e sulla qualità del prodotto ed il livello di
prestazioni logistiche che andremo ad analizzare.
In definitiva, obiettivo fondamentale della logistica è quello di met-
tere in relazione la funzione produzione con le vendite in modo da
garantire la consegna dei prodotti richiesti nei tempi e nei quantitativi
effettivi, mantenendo i costi logistici al più basso livello.
Ciò avviene solo se i flussi fisici di materiali prodotti vengono ge-
stiti in modo coerente con la domanda di mercato. Il criterio di fondo
si basa, infatti, sul presupposto che la durata del ciclo di fabbricazione
sia pari o inferiore al tempo che il mercato è disposto ad attendere
tra il momento dell’emissione dell’ordine ed il ricevimento effettivo
(tempo di attesa del mercato)13.
È evidente, dunque, che nell’attuale sistema competitivo per operare
sul mercato diviene fondamentale una corretta politica delle scorte che
deve essere in grado di consentire la rilevazione e valorizzazione delle
disponibilità fisiche, di individuare i lotti ed i tempi di riordino, di
garantire un adeguato livello di servizio al cliente, di ridurre gli oneri
di gestione.

2.2. Le funzioni integrative o ausiliarie


Trattasi di una serie di funzioni che, pur non rivelando specifica ca-
ratterizzazione in relazione all’attività operativa, rivestono particolare
importanza ponendosi, a vario livello, a supporto dei processi decisio-
nali degli organi di governo aziendale.
Esse possono ricondursi alle seguenti:
– organizzazione e gestione del personale
– finanza;
– amministrazione e controllo;
– pianificazione strategica
La funzione organizzativa e di gestione del personale

13 Per approfondimenti sul sistema logistico: M. SCICUTELLA, Produzione e logistica, cit., p. 143

e ss. Inoltre: A. MAIZZA, Le relazioni sistemiche tra Industria e Distribuzione. Ruolo e valore della
logistica, Cacucci, Bari, 2002.
Cap. II – L’attività organizzativa 171

Tale funzione si occupa di uno dei più importanti fattori produttivi


presenti nel sistema aziendale, e cioè, il fattore lavoro, ciò sia a livello
direzionale, sia a livello esecutivo. In particolare, tale funzione ha il
compito di studiare e fornire all’azienda la sua struttura organizzativa,
suddividendo le mansioni tra il personale e coordinando il suo operato.
La gestione del personale, invece, provvede all’acquisizione delle ri-
sorse umane occorrenti ed alla loro gestione, cioè, all’addestramento,
alla formazione, all’incentivazione, alle relazioni sindacali, ecc.
L’esame delle variabili organizzative (struttura, stili direzionali, mec-
canismi operativi) è stato condotto nei paragrafi precedenti di questo
capitolo. In questa sede, appare, invece, opportuno considerare la gran-
de influenza che sul piano organizzativo assume l’impatto tecnologico.
In effetti, gli strumenti informatici e l’utilizzo degli elaboratori hanno
favorito il ridisegno delle strutture aziendali che, con l’implementazio-
ne delle «reti telematiche» (interne ed esterne all’azienda) generano
rilevanti effetti sul piano della gestione e razionalizzazione dei flussi
informativi. Sul piano organizzativo, l’informatizzazione dei sistemi
informativi produce effetti positivi sia in termini di razionalizzazio-
ne interna dei fattori produttivi (maggiore produttività, miglioramento
qualità dei processi, ecc.) sia a livello di collegamento con il mercato
(canali distributivi, vendite e promozione, ecc.), divenendo quindi uno
strumento strategico fondamentale per l’impresa.

LA FUNZIONE FINANZA
Tradizionalmente il ruolo assegnato alla finanza aziendale è quel-
lo del reperimento delle risorse finanziarie sul mercato dei capitali
attraverso l’osservazione del costo, la composizione delle forme di
finanziamento, l’adozione di tecniche connesse alla gestione della li-
quidità e della distribuzione dei dividendi.
In una visione più avanzata, la finanza non si occupa solo della
ricerca delle fonti di finanziamento più adeguate ma anche della ge-
stione dei flussi finanziari.
Gli obiettivi, dunque, della funzione finanza riguardano14:
1. la scelta di una struttura finanziaria che sia la più conveniente
sotto vari profili (sincronia dei flussi, onerosità delle fonti di fi-
nanziamento, ecc.).
2. la politica dei dividendi, nel senso di legame tra politica dei di-
videndi e struttura finanziaria;

14
R.A. BREALEY-S.C. MYERS-S. SANDRI, Principi di finanza aziendale, Mc Graw-Hill-Italia,
Milano, 1999.
172 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

3. la valutazione degli investimenti in capitale fisso; ovvero la con-


venienza economica ad effettuare un investimento. Deve eviden-
ziarsi che tale valutazione richiede delle riflessioni sulla dimen-
sione temporale del flusso finanziario ovvero la determinazione
del valore finanziario nel tempo essendo questo il solo fattore di
confronto tra due investimenti.
4. la gestione del capitale circolante, intesa come analisi finanzia-
ria degli investimenti nel magazzino e dei crediti. Obiettivo della
funzione finanza nel problema della determinazione del livello
delle scorte è quello di rendere minimi i costi di acquisizione e
di utilizzo delle scorte stesse. La gestione finanziaria dei crediti,
invece, richiede il raggiungimento di un equilibrio tra il reddito
generato dall’espansione delle vendite collegate alla concessio-
ne di dilazioni di pagamento alla clientela ed i costi connessi al
tardivo rientro dei fondi in forma liquida;
5. le scelte in termini di strumenti di finanziamento, che comporta
un’analisi tecnica delle varie forme di investimento con riferi-
mento alla natura ed agli effetti prodotti da ciascuno sulla strut-
tura economico-finanziaria dell’impresa.

È evidente, dunque, come l’insieme di queste scelte incida sulla


dinamica finanziaria dell’impresa ponendo un problema di efficace
gestione dell’equilibrio finanziario. È evidente, peraltro, che la com-
plessità delle problematiche richiede che la funzione si possa avvalere
di un processo di programmazione e controllo del governo della ge-
stione finanziaria attraverso la predisposizione di piani operativi, pro-
grammi della gestione caratteristica, di tesoreria e piani e rendiconti
finanziari.
La funzione di pianificazione strategica
La variabilità dei risultati nel tempo e l’impossibilità di prevedere
con precisione il futuro, sempre più incerto in funzione del dinamismo
ambientale, definisce il rischio di impresa.
Da ciò deriva l’esigenza per l’azienda di procedere ad un’adeguata
funzione previsionale, in grado di anticipare e controllare i fatti di ge-
stione, ciò attraverso un’apposita attività di definizione delle strategie
aziendali e di elaborazione dei piani e programmi, atti a concretizzare
le strategie stesse15.

15
Ciò si riconduce alla “fondamentale, complessa, responsabile decisione dell’alta direzione,
volta a materializzare la strategia aziendale, avviandone razionalmente il processo di implemen-
tazione nel sistema operativo aziendale”. G. BRUNI, Contabilità per l’Alta Direzione, Il processo
informativo funzionale alle decisioni di governo dell’impresa, 2^ ed., Etas, Milano, 1999, p. 236.
Cap. II – L’attività organizzativa 173

L’assolvimento di tale funzione, denominata di pianificazione, è,


peraltro, connesso alla natura dell’azienda ed al livello di razionalità
amministrativa raggiunto. Vi sono aziende, invero, la cui natura con-
sente agevolmente lo svolgimento della pianificazione, altre in cui tale
attuazione appare più difficoltosa. In sostanza, la funzione di pianifi-
cazione aziendale sarà sicuramente più agevole nelle aziende in cui
l’organizzazione amministrativa assume elevata efficacia.
In particolare, con l’espressione pianificazione strategica si indivi-
dua una funzione atta a riflettere, attraverso appositi strumenti (piani
e preventivi), il moto futuro dell’azienda nella sua interezza, serven-
do da guida per l’azione amministrativa e da controllo sull’efficienza
economica dell’azienda16. Ciò anticipando le possibili minacce che
possono prospettarsi per l’impresa in futuro e cercando di identificare
nel contempo le opportunità che le si offrono17.
In ogni impresa, la pianificazione strategica si articola in un proces-
so costituito da più fasi che partendo dall’analisi dell’ambiente, passa
attraverso la definizione delle aree di attività e degli obiettivi azienda-
li, per giungere all’individuazione delle strategie da adottare e relativi
piani operativi18.
Più precisamente, l’analisi dell’ambiente in cui l’azienda opera com-
porta lo studio dell’ambiente interno ed esterno all’impresa, ciò con
l’obiettivo di anticipare da un lato le tendenze dell’economia, della con-
correnza (ambiente esterno) ed identificare i punti di forza e di debo-
lezza dell’impresa, analizzando le risorse e le capacità presenti in essa
(ambiente interno).
Sulla base di tale analisi, gli organi di pianificazione meglio defi-
niscono il campo di attività in cui l’azienda ritiene opportuno operare,
prefissando gli obiettivi da raggiungere, ciò considerando le opportu-
nità e minacce rilevate e programmando l’impiego delle risorse secon-
do caratteri di efficacia ed efficienza.
La definizione delle strategie aziendali poggia su alcuni elemen-
ti fondamentali quali l’identificazione delle combinazioni prodotti-
mercati in cui l’azienda intende operare, la scelta delle risorse (tec-
niche e umane) da utilizzare e l’allocazione delle stesse. È evidente
che gli obiettivi che si pongono sono obiettivi riguardanti il futuro

16
P.E. CASSANDRO, La pianificazione aziendale, V ed., Cacucci, Bari, 1978, p. 35 e ss.
17
«L’azione amministrativa, come l’azione umana in genere, procede per scelte, e una scelta
non può consapevolmente farsi senza cercare preventivamente fra le possibili vie che si offrono
all’operatore quella che è più conveniente sotto l’aspetto economico. Il che non può attuarsi senza
le previsioni». P.E. CASSANDRO, La pianificazione aziendale, cit., p. 5, nota 1.
18
G. BRUNI, Contabilità, cit., pp. 237-251. Utili approfondimenti in: M. GALEOTTI-S. GARZELLA
(a cura di), Governo strategico dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2013.
174 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

dell’azienda, quindi, non sono limitati a singole operazioni o settori


o sistemi19.
La definizione delle particolari combinazioni produttive dà luogo
al business o aree strategiche d’affari (ASA) e rende possibile l’indi-
viduazione degli attori con cui l’impresa si confronta nel gioco com-
petitivo relativamente ad un certo business, valutando i punti di forza
e di debolezza dei concorrenti.
Per «missione» di un business si intende il percorso strategico fon-
damentale, espresso in fasi corrispondenti al ciclo di vita del prodotto,
di un ideale «ciclo evolutivo» che caratterizza quel business.
In relazione a ciò, l’impresa può sviluppare tali strategie e prende-
re, in funzione di ciascuna di esse, le relative decisioni in merito alle
diverse posizioni in cui essa si trova.
Nel momento in cui nel disegno strategico dell’impresa sono pre-
senti più ASA, le conseguenti scelte mirano a combinare i vari bu-
siness in modo equilibrato e coordinato, intendendo tale equilibrio,
soprattutto, in senso economico-finanziario.
Come già ricordato, sul piano pratico, la funzione di pianificazione
si attua attraverso un’azione amministrativa tesa a costituire un siste-
ma di conoscenze prospettiche sulla vita dell’azienda, concretandosi
nei cosiddetti piani di impianto o strategici, diretti a predeterminare le
strutture aziendali, sulle quali si svilupperà la gestione, e i piani opera-
tivi (budget) che mirano a predeterminare l’andamento delle operazio-
ni aziendali per un concreto periodo di tempo sulla base della struttura
aziendale già esistente20.
La funzione di controllo interno
Si tratta di un’area di vitale importanza per la corretta funzionalità
di ogni impresa. Essa si sostanzia in un sistema di procedure e azioni
volte a favorire processi decisionali razionali che tengano in debito
conto i principali rischi aziendali21.
Gli obiettivi di tale funzione possono ricondursi a vari livelli:
– Strategici, in termini di controllo della conformità delle scelte
del management alle direttive dell’organo volitivo.

19
Su tali aspetti, si veda per tutti: V. CODA, L’orientamento strategico dell’impresa, Utet, To-
rino, 1988.
20
P.E. CASSANDRO, La pianificazione aziendale, p. 35 e ss.
21
In argomento: P. BASTIA, ‘Il sistema di controllo interno nella governante delle imprese ita-
liane’, in D.M. Salvioni, Corporate governance e sistemi di controllo della gestione aziendale, F.
Angeli, Milano, 2004, p. 69 e ss. S. BERETTA, Valutazione dei rischi e controllo interno, Università
Bocconi Editore, Milano, 2004, p- 35 e ss.
Cap. II – L’attività organizzativa 175

– Operativi, quale presidio dell’efficacia ed efficienza delle attivi-


tà operative aziendali.
– Reporting, per il controllo dell’attendibilità e affidabilità dati
amministrativi.
– Conformità, a livello di controllo della conformità delle azioni
aziendali a leggi e regolamenti vigenti.
In sostanza i sistemi di controllo interno permettono la verifica che le
procedure aziendali consentano un efficiente monitoraggio dei fattori di
rischio, nonché la pronta emersione e una corretta gestione delle criticità.
Premesso che la verifica di conformità delle azioni aziendali alle
norme di legge e statutarie genera l’attivazione di un’attività di con-
trollo giuridico-formale denominata compliance, per il resto, assumo-
no rilievo le seguenti attività di funzione:
1) Controllo di gestione.
2) Controllo amministrativo-contabile.
Il controllo di gestione, attività volta alla “produzione” di informa-
zioni (specialmente di tipo economico-finanziario) con le quali ana-
lizzare e rendere noti i risultati della gestione. Tale attività ha come
destinatario principale il management aziendale, ovvero coloro che,
all’interno dell’azienda, devono prendere le decisioni e rispondere dei
risultati ottenuti22.
Il controllo amministrativo-contabile attiene, invece, l’adozione
di procedure volte a garantire la rilevazione completa, tempestiva e
attendibile dei fatti di gestione. ciò al fine, di produrre dati e informa-
zioni utili per le scelte gestionali e per la salvaguardia del patrimonio
aziendale, nonché per la redazione dei documenti informativo-conta-
bili a valenza pubblica (i bilanci annuali e consolidati). Ciò comporta
l’esigenza di prevedere un vero e proprio sistema informativo23.

3. I processi aziendali

Come già precisato, per ‘processo’ si intende un insieme di attività


interdipendenti, svolte utilizzando input di varia natura che vengono

22
U. BERTINI, Il sistema d’azienda. Schema di analisi, Giappichelli, Torino, 1990, p. 127. In
argomento si rinvia, tra gli altri a: M. BERGAMIN BARBATO, Programmazione e controllo in un’ot-
tica strategica, Utet, Torino, 1987; G. BRUNI, Contabilità, cit.; L. BRUSA, Sistemi manageriali di
programmazione e controllo, Giuffrè, Milano, 2000.
23
Sui sistemi informativi aziendali, si rinvia, tra gli altri a: L. MARCHI, I sistemi informativi
aziendali, cit.
176 Parte Seconda – L’amministrazione aziendale

‘trattati’ per ottenere un determinato output24. Ne deriva che il concet-


to di attività è più ristretto di quello di processo, in quanto per attività
si intende un insieme di operazioni svolte in successione25.
Il processo aziendale si sviluppa, quindi, secondo un insieme di at-
tività interdipendenti, svolte utilizzando input di varia natura utilizzati
per ottenere un dato output. A tal riguardo, si evidenzia immediata-
mente che nell’ambito di un processo è possibile rinvenire operazioni
ed attività funzionalmente differenti, con ciò rivelandosi la natura in-
terfunzionale. Si distinguono, quindi, vari processi quali ad esempio i
processi di finanziamento e i processi produttivi26.
Da ciò discende, quindi, che nell’ambito di un processo le varie fun-
zioni aziendali si intrecciano e si combinano con la comune finalizzazio-
ne del raggiungimento degli scopi aziendali. Ad esempio, nell’ambito
dei processi produttivi è riscontrabile il processo di approvvigionamen-
to dai fornitori che interessa contestualmente più funzioni aziendali
(funzione produttiva, funzione commerciale, funzione amministrativa,
ecc.).
La logica di fondo dell’impostazione per processi è basata sul con-
cetto pregnante che obiettivo preminente è l’orientamento al cliente
finale ed alla sua soddisfazione. Da ciò si suppone che ogni attività
aziendale, anche quelle svolte esclusivamente all’interno dell’unità
economica, denoti la presenza di un fornitore e di un cliente. In defi-
nitiva, un processo aziendale può raffigurarsi come una catena in cui
ogni anello assume contestualmente la natura di fornitore (dell’anello
che lo segue) e di cliente (dell’anello che lo precede), ciò dovrebbe fa-
vorire lo svolgimento di attività di qualità, corrispondendo alle aspet-
tative del «cliente», inteso in senso lato27.

4. La digitalizzazione dei processi gestionali

L’evoluzione tecnologica ha progressivamente contraddistinto l’e-


conomia determinando decisivi cambiamenti nell’organizzazione e
nelle attività aziendali. La meccanizzazione della produzione, favo-
rita dalla scoperta della macchina a vapore verso la fine del XVIII

24
L. MARCHI-S. MARASCA, ‘Il sistema delle operazioni’, cit., p.84.
25
P. MIOLO VITALI (a cura di), Corso di economia aziendale, vol. I, Giappichelli, Torino, 2000,
p. 206.
26
L. Marchi (a cura di), Introduzione all’economia aziendale. Il sistema delle operazioni e le
condizioni di equilibrio aziendale, V ed., Giappichelli, Torino, 2003, p. 147 e ss.
27
Per una schematica esposizione dei processi aziendali si veda: P. MIOLO VITALI (a cura di),
Corso, cit., pp. 201 e ss.
Cap. II – L’attività organizzativa 177

secolo e l’avvio della produzione di massa, un secolo dopo, attraverso


l’impiego crescente e diffuso dell’elettricità e del petrolio (quali fonti
energetiche) hanno rappresentato due fasi della cosiddetta ‘rivoluzio-
ne industriale’.
Nella seconda metà del XX secolo, con l’avvento dell’informatica
e del progressivo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, si sono perfezionati i livelli di automazione dei pro-
cessi produttivi all’ICT che ha rappresentato la premessa per la nascita
di un nuovo modello aziendale: la cosiddetta Industria 4.0.28
I caratteri di tale modello sono comunemente identificati con la di-
sponibilità di grandi quantità di dati disponibili in rete liberamente fru-
ibili (open big data), grazie anche all’adozione di strumenti tecnologi-
ci in grado di favorire l’interconnessione a una rete e il potenziamento
dell’interazione tra esseri umani e macchine (comandi vocali, touch
screen, ecc.) Da tale base informative specifiche tecniche (analytics)
dovrebbero estrarre i dati delle informazioni utili e l’implementazione
di intelligenze artificiali, con macchine con apprendimento automati-
co (machine learning). A ciò si aggiunga la realizzazione di sistemi
complessi connessi all’utilizzo della robotica, la stampa 3D, le intera-
zioni tra macchine, ecc.29.

28
A. MAIZZA, Management d’impresa. I processi gestionali tra digitalizzazione e iper-competi-
tività. vol. I, I Liberrimi, Lecce, 2016, p. 179 e ss.
29 Nel nostro Paese nel 2016 è stato avviato il piano Industria 4.0, divenuto nel 2017 Impresa

4.0, avente l’obiettivo di favorire investimenti nelle tecnologie e nei servizi atti a favorire la digita-
lizzazione dei processi gestionali.

Potrebbero piacerti anche