Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1:
L’AZIENDA
L’economia
aziendale
è
la
disciplina
che
studia
l’azienda.
Al
suo
interno
contiene
tre
discipline,
anch’esse
rivolte
verso
l’azienda:
1. L’organizzazione
aziendale:
ha
il
compito
di
mettere
sotto
osservazione
i
centri
operativi
dell’azienda,
e
di
capire
sia
quali
sono
i
compiti
che
ciascuno
di
questi
centri
compie,
sia
quali
sono
le
relazioni
che
sussistono
tra
i
diversi
centri
operativi
dell’azienda
stessa.
2. La
gestione
aziendale:
si
occupa
di
tutte
le
operazioni
aziendali,
ossia
operazioni
che
svolge
l’azienda
per
funzionare
(es:
lavoro
da
svolgere,
assunzione
personale,
vendita,
finanziamenti,
acquisto
materie
prime).
L’insieme
di
tutte
queste
operazioni
forma
la
gestione.
Gestione
che
studia
inoltre
quali
sono
le
operazioni
che
l’azienda
compie
nell’arco
della
sua
vita,
individuando
sia
logica
che
sta
dietro
queste
operazioni
e
sia
gli
obiettivi
delle
operazioni
stesse.
In
realtà
le
operazioni
sono
sicuramente
l’aspetto
visibile
della
gestione
aziendale.
Per
esempio
possiamo
visualizzare
un
finanziamento,
ma
dietro
ad
ogni
operazione,
che
non
nasce
dal
nulla,
si
trova
sempre
una
decisione.
In
realtà
però,
neanche
le
decisioni
sono
il
processo
iniziale,
perché
prima
della
decisione
troviamo
il
pensiero.
La
gestione
dunque
è
un
processo
di
idee-‐
decisioni-‐operazioni
che
caratterizzano
la
vita
aziendale.
Il
suo
compito
è
di
capire
quali
sono
le
giuste
idee-‐decisioni
e
operazioni.
3. L’analisi
della
gestione:
come
la
gestione
aziendale,
è
centrata
sulle
operazioni
ma
si
differenzia
perché
non
è
volta
a
capire
la
logica
delle
operazioni,
ma
i
risultati
e
gli
effetti
economici
che
queste
operazione
portano.
Si
tratta
di
esaminare
le
operazioni
per
coglierne
il
contenuto
economico,
in
termini
di
risultati,
obiettivi,
ed
elementi
informativi
che
possono
essere
utili
per
le
assunzioni
di
decisioni
future.
Questa
analisi
delle
operazioni
può
avvenire
utilizzando
due
sistemi
metrici:
-‐ Metrica
dei
valori
contabili,
ossia
analizzare
le
operazioni
gestionali
utilizzando
delle
quantità,
dei
valori
contabili.
Svolgendo
l’analisi
di
tali
valori,
entriamo
nell’ambito
della
ragioneria.
La
ragioneria
dunque
è
quella
parte
dell’economia
aziendale
che
analizza
la
gestione
aziendale
utilizzando
come
strumento
quantitativo
i
valori
contabili,
espressi
in
termini
monetari
(bilancio).
-‐ L’analisi
non
fondata
su
valori
contabili,
viene
ricondotta
alla
disciplina
della
statistica
aziendale,
disciplina
che
dunque
analizza
la
gestione
utilizzando
delle
metriche
di
analisi
differenti
dai
valori
contabili.
Il
grado
di
soddisfazione
della
clientela
per
esempio
si
misura
con
indagini
di
mercato
e
non
quantità
monetarie.
“Oggi
hanno
maggiore
importanza
le
analisi
che
non
utilizzano
i
valori
contabili
come
metrica”.
Approfondimento:
Perché
è
necessaria
fare
l’analisi
della
gestione?
1. Per
controllare
la
gestione
aziendale
e
per
capire
se
la
gestione
va
nel
senso
voluto
e
se
ottiene
i
risultati
prefissati.
2. Per
ottenere
delle
informazioni
che
sono
necessarie
per
i
processi
decisionali.
(Es:
se
devo
mettere
in
mercato
un
prodotto
e
stabilire
in
prezzo
di
vendita
devo
sapere
quanto
mi
costa
quel
prodotto)
3. Informativa
esterna,
ossia
le
aziende
hanno
necessita
ed
obbligo
giuridico
di
fornire
delle
informazioni
all’esterno
che
riguardano
la
situazione
dell’azienda
ed
il
suo
andamento.
Ovviamente
tali
dati/informazioni
per
essere
fornite
devono
prima
essere
analizzate
tramite
l’analisi
della
gestione.
1
IL
MANAGEMENT
L’economia
aziendale
è
una
materia
tipicamente
italiana.
Esiste
oggi
una
disciplina
molto
simile
in
Europa,
il
Management,
che
sostituisce
l’economia
aziendale.
Management:
Concetto
che
comprende
tutte
quelle
tecniche-‐metodologie
di
organizzazione
del
lavoro,
ricerca
di
soluzioni
migliori
e
coordinamento
di
attività
operative.
In
sostanza
gestisce
l’insieme
di
risorse
in
vista
del
raggiungimento
di
determinati
obiettivi
e
svolge
questa
attività
passando
per
un
processo
azionale,
composto
dalla
pianificazione,
l’organizzazione,
la
guida
ed
il
controllo,
il
tutto
svolto
in
modo
razionale
e
circolare
(dal
controllo
si
ripassa
alla
pianificazione
e
cosi
via).
1. Pianificazione:
stabilire
preventivamente
che
cosa
si
fa
e
come
questo
dev’essere
fatto.
Divisa
a
sua
volta
in:
-‐ Indagine
prospettica:
analisi
delle
condizioni
esterne-‐interne
all’azienda,
pensando
all’oggi
e
al
domani
per
capire
come
agire.
Sarebbe
inutile
mettere
sul
mercato
un
prodotto
se
il
mercato
non
è
ancora
pronto
per
quel
prodotto,
o
se
ancora
non
sono
in
grado
io
di
realizzarlo.
-‐ La
pianificazione
strategica:
una
volta
conosciute
le
condizioni
esterne-‐interne,
devono
esser
fissati
gli
obiettivi
e
definite
le
strategie.
Esempio
obiettivo:
fissare
quanti
prodotti
riuscirò
a
vendere
nell’anno.
Devo
definire
inoltre
le
strategie,
ossia
pensare
alle
linee
di
fondo
da
seguire
per
raggiungere
il
mio
risultato.
-‐ Programmazione:
una
volta
delineati
obiettivi
e
linee
di
fondo,
bisogna
capire
cosa
fare:
bisogna
tradurre
la
strategia
in
un
insieme
di
operazioni
che
vanno
compiute.
Il
programma
operativo
è
il
contenuto
del
piano
strategico.
Il
programma
operativo
stabilisce
ciò
che
l’azienda
deve
fare.
2. Organizzazione:
una
volta
stabilite
le
azioni
da
fare
bisogna
predisporre
le
risorse
necessarie
per
svolgere
queste
operazioni.
Bisogna
organizzare
il
lavoro
definendo
i
soggetti
(centri
operativi)
che
dovranno
compiere
il
lavoro
e
come
questi
debbano
relazionarsi
tra
di
loro.
Questi
centri
devono
svolgere
il
programma
di
azione.
3. La
guida:
l’azienda
adesso
ha
un
programma
operativo,
ha
una
struttura
organizzativa
idonea
a
svolgere
quelle
attività.
Ora
ci
vuole
un
qualcosa
che
dia
l’impulso;
La
guida
fa
funzionare
la
struttura
organizzativa
con
continuità.
4. Il
controllo:
abbiamo
ora
anche
il
conducente
della
“macchina”
che
comincia
ad
operare.
Il
controllo,
che
può
agire
durante
o
alla
fine
del
lavoro,
serve
per
vedere
se
davvero
stiamo
seguendo
la
strada
giusta,
analizzando
i
fatti
concreti
per
vedere
se
ci
sono
i
risultati
e
se
questi
combaciano
con
gli
obiettivi
fissati
in
precedenza.
Tra
aziendale
e
management
ci
sono
molti
elementi
in
comune
se
non
uguali
come
organizzazione
e
controllo.
Non
c’è
però
un
esatta
corrispondenza
tra
le
due
materie
in
quanto
l’aziendale
tenderà
sempre
più
al
concetto
di
Management;
ciò
indica
la
superiorità
dell’economia
inglese-‐europea.
2
CHE
COS’È
L’AZIENDA?
Staticamente
ci
verrebbe
da
dire
che
l’azienda
è
un
complesso
di
risorse,
beni
e
persone
che
svolgono
un
attività
economica.
All’interno
dell’azienda
esiste
una
struttura,
costituita
dalla
rete
di
relazioni
stabili
proprio
tra
le
persone
e
le
risorse,
necessarie
per
lo
svolgimento
di
un
attività
economica.
Azienda
–
Struttura
Dinamicamente
invece,
diremo
che
l’azienda
è
un
insieme
di
operazioni
che
si
svolgono
in
contemporanea
e
in
successione.
Vedendolo
l’azienda
sotto
quest’altro
punto
di
vista
emerge
però
un
altro
concetto
oltre
a
quello
della
struttura:
il
sistema.
Tutte
le
operazioni
che
vengono
compiute
nell’ambito
dell’azienda,
non
sono
slegate
tra
loro
bensì
sono
legate,
fanno
parte
di
un
unico
insieme,
il
sistema
di
operazioni.
Azienda
–
Sistema
La
struttura
determina
il
sistema
permettendo
e
condizionando
le
operazioni.
Il
sistema
a
sua
volta
incide
però
sulla
struttura,
modificandola.
SCOPO
FINALE
DELL’AZIENDA
Un
aspetto
da
chiarire
è
il
fine,
lo
scopo
ultimo,
l’obiettivo
dell’azienda.
L’azienda
sappiamo
che
è
formata
dal
personale,
dai
fornitori,
dai
clienti,
dagli
azionisti,
ed
ogni
elemento
ha
un
proprio
interesse.
Il
fornitore
per
esempio
ha
l’interesse
di
vendere
parte
della
sua
produzione
ad
una
azienda.
I
clienti
che
comprano
i
servizi
dell’azienda
hanno
l’obiettivo
di
chiedere
prodotti
utili
e
funzionali,
che
siano
venduti
ad
un
prezzo
contenuto.
Gli
azionisti
invece
hanno
l’obiettivo
di
avere
un
guadagno
sempre
crescente.
Anche
lo
stato
per
esempio
ha
come
obiettivo
che
l’azienda,
essendo
un
contribuente
versi
le
imposte
e
i
contributi
regolarmente,
ed
anche
quello
di
dare
posti
di
lavoro
alla
popolazione.
I
fini
quindi
vengono
attribuiti
in
questo
caso
non
proprio
all’azienda
ma
ai
soggetti
che
compongono
l’azienda.
Questi
fini
però
in
alcuni
caso
sono
contrapposti
tra
loro
(i
fornitori
magari
vogliono
vendere
un
materiale
ad
il
prezzo
comodo
a
loro,
questo
va
a
discapito
dei
clienti
che
vorrebbero
prezzi
più
contenuti).
Il
vero
scopo
dell’azienda
è
quello
di
trovare
una
soluzione
di
equilibrio
tra
l’insieme
di
finalità
descritte
prima.
Si
parla
di
equilibrio
economico
a
valere
nel
tempo
(significa
che
questo
equilibrio
dev’essere
mantenuto
in
prospettiva
futura
costantemente,
non
deve
mantenersi
solo
per
un
periodo
di
tempo
limitato).
Il
fine
ultimo
dell’azienda
è
quello
di
creare
e
mantenere
le
condizioni
che
consentono
all’azienda
stessa
di
esistere
e
di
svilupparsi.
Approfondimento:
Equilibrio
Economico
La
condizione
di
equilibrio
economico
consente
l’esistenza
la
sopravvivenza
dell’azienda.
Quando
l’azienda
è
in
equilibrio
economico?
Quando
con
la
sua
attività
è
capace
di
ripagare
tutti
i
fattori
produttivi
per
svolgere
la
sua
attività
(procurandoseli
–
trasformandoli
-‐
utilizzandoli)
e
ripagare
anche
il
soggetto
economico;
quando
un
azienda
è
in
grado
di
ripagare
i
fattori
produttivi
che
acquista
a
valore
di
mercato,
e
quando
ottiene
risultati
che
lascino
un
reddito,
ossia
un
margine
di
guadagno
adeguato
rispetto
alle
aspettative
del
soggetto
economico,
si
troverà
in
equilibrio
economico.
Tale
equilibrio
indurrà
il
soggetto
ad
impiegare
i
propri
capitali
in
quell’azienda,
o
a
mantenerli.
Approfondimento:
Soggetto
economico
Gruppi
o
singole
persone
che
comandano
una
società
di
capitali.
Sono
coloro
che
investono
all’interno
delle
aziende.
3
Startup
Con
il
termine
Startup
intendiamo
il
periodo
iniziale
riguardante
l’avvio
di
una
nuova
azienda.
Questa
azienda
negli
anni
iniziale
produce
ovviamente
delle
perdite,
perché
investe
per
crescere
sul
mercato,
quindi
prima
di
raggiungere
l’equilibrio
economico
ci
mette
un
periodo
di
tempo
che
va
spesso
dai
3
ai
5
anni.
Inizialmente
dunque
l’azienda
non
si
trova
in
equilibrio
economico,
ma,
guardando
in
prospettiva
futura
si
può
vedere
che
con
il
passare
del
tempo
l’equilibrio
arriverà.
Dunque
l’equilibrio
non
va
valutato
nell’istante,
ma
va
valutato
sulla
sua
prospettiva
futura,
in
un
arco
temporale
sufficientemente
esteso.
MODELLO
DI
AZIENDA
Il
modello
che
costruiremo
e
analizzeremo
è
il
modello
di
azienda
sistemistica,
che
parla
di
sistema
di
azienda.
L’azienda
sarà
vista
come
un
sistema,
composta
al
suo
interno
da
un
complesso
di
parti,
dette
sub-‐sistema,
che
legate
creano
una
struttura.
L’Azienda
di
per
se
è
un
sub
sistema
dell’intero
sistema
economico.
-‐ L’azienda
è
un
sistema
economico:
l’azienda
è
un’entità
che
svolge
un’attività
economica
(quella
di
combinare
i
fattori
per
ottenere
prodotti
o
servizi),
che
inserisce
l’azienda
stessa
nel
sistema
economico
generale.
È
un
sub
sistema
rispetto
al
sistema
economico
totale
perché
interagisce
con
le
altre
parti
del
sistema
economico,
tramite
una
relazione
bidimensionale.
L’azienda
agisce
sul
sistema
economico,
ed
è
a
sua
volta
influenzata
dal
sistema
economico
stesso.
Cerca
di
avere
vita
propria
ma
allo
stesso
tempo
è
condizionata
dal
sistema
economico
generale.
Esempio:
Se
l’economia
di
un
paese
andrà
male,
probabilmente
anche
l’azienda
non
avrà
grandi
successi.
-‐ L’azienda
è
un
sistema
aperto:
L’azienda
non
vive
tutto
dentro
i
suoi
confini;
al
contrario
vive
di
relazioni
con
altri
soggetti,
fornitori,
clienti,
finanziatori
e
sindacati.
Non
è
un
sistema
autarchico
che
fa
tutto
autonomamente.
La
relazione
con
l’esterno
è
fondamentale.
(Relazione
bidimensionale
di
cui
si
parlava
prima,
io
do
qualcosa
a
te
e
tu
dai
qualcosa
a
me)
-‐ L’azienda
è
un
sistema
dinamico:
l’azienda
crea
una
struttura
che
rimane
stabile
nel
tempo
e
che
consente
lo
svolgimento
delle
operazioni.
La
struttura,
concetto
in
se
statico,
nell’azienda
si
trasforma
in
un
concetto
dinamico:
c’è
la
struttura
ma
c’è
anche
il
cambiamento
della
struttura.
Parte
fondamentale
infatti
è
il
cambiamento
della
struttura,
la
capacità
di
modificarla,
perché
qualsiasi
struttura,
anche
quella
più
efficace,
moderna,
che
fa
guadagnare
di
più,
non
può
rimanere
valida
e
vincente
per
sempre,
perché
il
contesto
ambientale
la
modifica,
e
quindi
quello
che
oggi
funziona,
un
domani
può
non
essere
più
vincente
e
non
funzionare
più.
Bisogna
saper
far
funzionare
la
struttura
ma
bisogna
anche
saperla
cambiare.
-‐ L’azienda
è
un
sistema
sociale:
L’azienda
è
un
entità
creata
dall’uomo,
gestita
e
fatta
funzionare
dalle
persone,
intese
come
singoli
o
gruppi.
Ogni
singola
persona
porta
all’interno
dell’azienda
la
propria
personalità.
Facendo
riferimento
ad
un
azienda
non
ci
si
può
limitare
solo
all’aspetto
economico,
altrimenti
non
si
sarà
mai
in
grado
di
affrontare
bene
tutte
le
problematiche
e
gli
ostacoli.
L’azienda
è
un
sistema
sociale
che
coinvolge
le
persone.
Le
problematiche
non
si
affrontano
solo
per
via
economica
ma
anche
sotto
altri
aspetti
come
la
psicologica,
il
rapporto
tra
chi
gestisce
l’azienda
etc.
4
Modello
di
Azienda:
Com’è
all’interno
e
come
all’esterno
Per
dare
più
concretezza
a
questo
modello
di
azienda
dobbiamo
concepirlo
andando
a
vedere
l’azienda
al
suo
interno,
ma
anche
sul
come
si
relaziona
con
l’esterno.
Dobbiamo
dunque
concepire
questo
modello
sistematico
dell’azienda
come
se
fosse
diviso
in
due
parti:
il
sotto-‐sistema
interno
(riguardante
la
produzione),
e
il
sotto-‐sistema
esterno
composto
dalle
relazioni
appunto
con
l’esterno
(relazioni
azienda-‐ambiente).
Essendo
l’azienda
un
sistema,
ciò
significa
che
le
due
parti
non
sono
separate
tra
loro
ma
sono
sub
sistemi,
molto
legati.
Le
relazioni
con
l’esterno
permettono
ciò
che
avviene
all’interno
e
viceversa.
1. Sotto
sistema
interno
dell’azienda:
svolge
un
attività
di
produzione.
Questo
sistema
ha
il
compito
di
combinare
un
insieme
di
fattori
produttivi
(elementi
che
servono
per
ottenere
determinati
prodotti).
“E’
un
processo
che
trasforma
certi
input
in
determinati
output”.
Ogni
azienda
svolge
un
processo
di
produzione,
che
cambia
da
azienda
ad
azienda.
Se
non
c’è
la
produzione
non
c’è
azienda.
La
produzione
è
l’attività
centrale
dell’azienda,
attività
tramite
la
quale
l’azienda
si
“gioca”
la
sua
capacità
di
realizzare
l’equilibrio
economico.
-‐ Esempio
produzione
azienda
di
tipo
industriale:
compra
materie
prime,
utilizza
macchinari,
e
trasforma
le
materie
prime
in
prodotti,
che
sono
fisicamente
tangibili
(trasformazione
fisico-‐chimica
delle
materie
prime
in
prodotti).
-‐ Esempio
produzione
azienda
di
tipo
commerciale:
compra
e
vende
beni;
un
negozio
o
un
supermercato
compra
e
vende
beni.
La
trasformazione
qui
c’è,
ma
non
è
più
fisico-‐chimica
bensì
è
economica:
la
merce
comprata
nonostante
sia
uguale
a
quella
venduta,
è
diversa
sul
piano
economico
perché
è
cambiato
il
valore
economico.
-‐ Esempio
produzione
azienda
che
produce
servizi:
Es:
Trenitalia,
Enel,
Telecom,
in
questo
caso
viene
realizzando
un
prodotto
che
produce
dei
servizi.
Per
comprendere
pienamente
il
sotto
sistema
della
produzione
bisogna
analizzare
ed
esaminare
diversi
fattori
di
produzione.
Ragionando
in
termini
di
categorie
di
fattori
produttivi,
vediamo
che
tutti
questi
fattori,
che
in
realtà
sono
infiniti,
possono
essere
ricondotti
in
diverse
categorie:
Materiali
e
servizi,
Impianti,
Lavoro
ed
infine
Denaro.
I
primi
tre
fattori
sono
detti
specifici
(es:
legno
utile
solo
per
chi
fa
le
porte
per
esempio),
il
denaro
invece
è
un
fattore
produttivo
detto
generico,
che
va
bene
per
tutte
le
aziende.
Ogni
categoria
ha
una
propria
economia
che
va
analizzata,
cosi
come
un
proprio
ciclo
di
vita:
-‐ Materiali
e
servizi:
sono
fattori
di
produzione
che
vengono
assorbiti
nel
prodotto
e
che
quindi
si
consumano
nel
singolo
processo
produttivo
(utilizzati
solo
per
un
solo
singolo
ciclo
di
produzione).
Una
volta
utilizzati
non
li
troviamo
più
cosi
com’erano.
Per
esempio
se
produco
mobili
in
legno,
acquisto
del
legno,
che
ritrovo
nel
prodotto
finale,
ma
non
è
lo
stesso
legno
di
come
lo
ho
comprato.
Questa
categoria
di
fattori
produttivi,
avrà
ovviamente
determinati
costi,
che
sono
detti
variabili.
La
spesa
per
i
materiali
è
variabile,
dipende
dai
volumi
di
produzione.
Se
produco
dieci
tavoli
dovrò
utilizzare
1
quintale
di
legna.
Se
ne
produco
100
devo
acquistarne
10
di
quintali.
I
costi
sono
in
proporzione
in
conformità
a
quanto
acquisto
e
voglio
produrre.
5
Ciclo
di
vita
materiali:
si
inizia
con
l’acquisto
dall’esterno
di
questi
fattori
(es:
legna),
poi
si
passa
all’immagazzinamento
di
questi
fattori,
che
precede
la
combinazione
produttiva;
infine
vi
è
l’utilizzo.
I
servizi,
quali
l’energia,
sono
legati
al
fatto
che
l’azienda
non
fa
tutto
da
sola
ma
qualcosa
la
fanno
le
altre
aziende
per
lei.
Anche
per
i
servizi
però
vi
è
una
trasformazione
che
però
non
è
palesemente
visibile
come
accade
per
i
materiali.
Ciclo
di
vita
servizi:
si
inizia
con
l’acquisizione
del
servizio
e
si
passa
direttamente
all’utilizzo.
Per
i
servizi
manca
l’immagazzinamento
e
inoltre
l’acquisto
e
l’utilizzo
avvengono
insieme.
(L’energia
la
acquisto
e
la
utilizzo
contemporaneamente).
-‐ Impianti:
Comprende
tutti
quei
fattori
di
produzione
che
non
sono
soggetti
ad
un
rapido
consumo
e
quindi
partecipano
a
più
atti
produttivi
che
si
realizzano
nel
tempo,
come
per
esempio
accade
per
i
macchinari
di
un
azienda.
Questa
tipologia
di
fattori
produttivi
che
partecipa
a
più
atti
di
produzione
ed
ha
un
ruolo
durevole
nell’azienda
assume
un
ruolo
strumentale.
Mentre
i
materiali
sono
l’oggetto
della
produzione,
gli
impianti
sono
lo
strumento,
ossia
il
mezzo
mediante
il
quale
avviene
questa
trasformazione.
Una
volta
che
l’azienda
ha
acquistato
un
determinato
complesso
di
impianti,
per
un
certo
periodo
di
tempo
rimane
condizionata
a
tali
impianti,
utilizzandoli
dunque
per
parecchio
tempo.
Le
spese
di
questi
impianti
non
sono
variabili
come
i
materiali
ma
sono
fissi,
indipendente
dai
volumi
produttivi
dell’azienda.
Se
acquisto
un
certo
macchinario,
e
lo
uso
al
10%
o
al
60%
il
prezzo
rimane
sempre
quello.
(Se
ho
impianto
e
non
lo
sfrutto
vado
a
perderci.
Se
faccio
100
prodotti,
li
vendo
e
ammortizzo
il
prezzo
del
macchinario.
Se
ne
faccio
10
vado
a
perderci).
Il
ciclo
vitale
degli
impianti:
all’interno
dell’azienda
prevede
la
fase
dell’acquisizione
detta
anche
fase
di
investimento,
la
fase
dell’utilizzo,
quando
l’azienda
usa
l’impianto
per
svolgere
i
processi
di
produzione,
la
fase
di
manutenzione,
che
deve
mantenere
nel
tempo
la
capacità
produttiva
dell’impianto,
e
infine
la
fase
di
rinnovo,
quando
l’impianto
non
è
più
idoneo
e
va
sostituito
con
impianti
all’avanguardia.
-‐ Lavoro
dell’uomo:
L'uomo
fa
parte
dell’azienda,
lavora,
controlla,
e
guida
l’azienda.
Anche
questa
categoria
costituisce
un
fattore
di
rigidità
dell’azienda,
cosi
come
gli
impianti.
L'azienda
si
dota
di
un
certo
numero
di
persone
che
lavorano,
ognuno
con
la
sua
mansione.
Queste
persone
vincolano
l’operato
dell’azienda,
sia
sul
piano
qualitativo
che
quantitativo.
Il
fattore
lavoro
umano
non
può
essere
modificato
rapidamente
ne
sul
piano
qualitativo
che
quantitativo.
Sul
piano
della
quantità
ci
sono
difficolta
sia
a
ridurre
il
personale
sia
ad
aumentarlo.
Sul
piano
della
qualità,
perché
ogni
persona
ha
le
sue
capacità
di
lavoro,
ed
è
difficile
modificare
queste
capacità
in
breve
tempo.
(se
utilizziamo
nuovi
macchinari
o
pc
non
è
facile
iniziare
ad
usarli
bene).
Per
quel
che
riguarda
i
costi
di
questa
categoria,
essi
sono
costanti:
le
spese
annue
che
sostiene
per
pagare
i
lavoratori
sono
stabili
ed
indipendenti
dai
volumi
di
produzione
dell'azienda.
Ciclo
vitale
del
lavoro:
fase
iniziale
di
selezione
e
assunzione
del
personale,
segue
la
fase
di
formazione
dei
lavoratori,
poi
quella
di
utilizzo
ed
infine
quella
della
cessazione
del
rapporto
del
lavoro.
-‐ Denaro:
Non
è
un
fattore
specifico
ma
generico.
Il
denaro
non
entra
nel
processo
produttivo
dell’azienda,
non
viene
trasformato
dall’azienda,
eppure
è
presente
in
tutti
i
processi
produttivi.
Senza
la
circolazione
dei
soldi
non
potrebbero
avvenire
i
processi
6
descritti
precedentemente.
Il
denaro
è
un
fattore
indispensabile
per
la
realizzazione
della
produzione.
Il
denaro
circola
all’interno
dell’Azienza,
muovendosi
sia
tramite
i
flussi
in
entrata
sia
tramite
quelli
in
uscita,
consentendo
lo
svolgimento
di
tutte
le
operazioni
della
produzione.
Flussi
in
uscita:
Acquisizione
dei
fattori
produttivi
di
tipo
specifico,
materie
prime,
impianti,
lavoro.
Flussi
in
entrata:
Legati
alla
vendita
dei
prodotti.
Normalmente
i
flussi
in
uscita
devono
avvenire
prima
dei
flussi
di
entrata,
prima
acquisto
i
fattori,
poi
li
combino,
poi
vendo
e
poi
incasso.
La
combinazione
entrata-‐uscita
seppur
connessa
all’attività
produttiva
(acquisto-‐combino
i
fattori-‐vendo)
determina
un
bisogno
di
denaro,
un
fabbisogno
di
finanziamento,
uguale
alla
quantità
di
denaro
di
cui
l’azienda
ha
bisogno
per
far
fronte
alle
prime
uscite
iniziali
che
anticipano
le
prime
entrate.
L’azienda
ha
necessità
di
procurarsi
del
denaro,
senza
il
quale
non
può
iniziare
il
suo
lavoro;
Tale
denaro
entra
come
il
primo
fattore
di
produzione,
con
il
quale
l'azienda
compra
i
vari
fattori
produttivi.
Questo
fabbisogno
avviene
con
operazioni
di
finanziamento,
tramite
le
quali
l’azienda
ottiene
il
denaro.
Quest'ultimo
può
arrivare
chiedendolo
al
titolare
dell’azienda,
o
ai
soci,
oppure
da
soggetti
esterni
all’azienda:
i
finanziatori
esterni
come
la
banca.
Tramite
il
finanziamento
abbiamo
quindi
dei
nuovi
flussi
di
entrata:
i
soldi
entrano
nell’azienda
con
finanziamenti,
e
successivamente
entreranno
anche
con
le
vendite
dei
prodotti.
Se
le
entrate
non
riguardano
solo
la
vendita
ma
anche
i
finanziamenti,
anche
le
uscite
a
loro
volta
si
arricchiranno:
non
vi
saranno
solo
uscite
per
comprare
i
fattori
produttivi,
ma
anche
uscite
connesse
ai
finanziamenti,
quali
la
restituzione
dei
finanziamenti,
comprensivi
di
interessi.
Ecco
dunque
altri
nuovi
flussi
di
uscita.
-‐ Risorse
immateriali:
“Intangibles”
(categoria
aggiuntiva):
Se
andiamo
a
vedere
come
operano
le
aziende
oggi,
ci
accorgiamo
che
esistono
degli
elementi
immateriali,
intangibili
che
sono
sicuramente
rilevanti
nell’operatività
nell’azienda,
ma
non
catalogabili
nelle
quattro
categorie
precedenti,
come
per
esempio
la
tecnologia,
ossia
un
insieme
di
conoscenze
tecnico-‐scientifiche.
Un’azienda
con
una
tecnologia
sviluppata
può
sorpassare
un'altra
azienda.
La
tecnologia
è
un
elemento
che
entra
nella
produzione
dell’azienda
e
che
molto
spesso
sul
mercato
fa
la
differenza.
Un
altro
elemento
immateriale
può
essere
l’immagine
che
un
prodotto
ha
sul
mercato,
ossia
il
marchio.
Spesso
il
mercato
è
meglio
disposto
a
comprare
un
prodotto
e
pagarlo
di
più
solo
per
il
marchio,
come
accade
nel
settore
della
moda
(grandi
marche).
Esempio:
marchio
coca-‐cola,
ci
sono
prodotti
simili
più
economici,
eppure
il
mercato
compra
sempre
la
coca-‐cola.
Altro
elemento
può
essere
la
motivazione
del
personale.
In
un’azienda
dove
si
trova
un
personale
motivatissimo,
con
forte
spinta
al
lavoro,
si
otterranno
più
risultati
rispetto
ad
un'altra
azienda
demotivata.
Chicca
da
dire
al
prof.
“L'economia
moderna
è
caratterizzata
sempre
più
dall’immaterialità”.
7
2. Sotto
sistema
esterno
dell’azienda:
riguarda
le
relazioni
sistema-‐ambiente.
Per
svolgere
l’attività
di
produzione
(acquistare-‐combinare-‐
vendere
i
prodotti)
l’azienda
instaura
una
serie
molto
articolata
di
relazioni
con
vari
soggetti
sterni.
Questo
perché
l’azienda
è
inserita
in
un
ambiente,
che
interagisce
con
le
altre
parti
dell’ambiente
stesso.
Tale
ambiente
è
il
sistema
economico
sociale,
che
comprende
vari
soggetti,
e
che
si
caratterizza
sotto
vari
profili:
-‐ Profilo
politico,
che
produce
norme
che
vanno
rispettate.
-‐ Profilo
economico,
al
suo
interno
c’è
un’economia
che
spinge
o
ostacola
l’attività
dell’azienda.
-‐ Profilo
sociale,
perché
le
società
che
ruotano
intorno
all’azienda
sono
portatori
che
entrano
sia
in
conflitto
sia
in
collaborazione
con
l’azienda,
e
quindi
sono
in
grado
di
condizionarla.
-‐ Profilo
naturale,
l’ambiente
è
caratterizzato
dalla
natura,
dalla
demografia,
dalla
presenza
o
assenza
di
determinate
materie
prime
esterne,
che
possono
portare
vantaggi
o
svantaggi
all’azienda.
Le
relazioni
che
l’azienda
instaura
con
soggetti
esterni
possono
essere
di
differente
genere,
possono
essere
relazioni
di
scambio
o
di
condizionamento.
Di
scambio
quando
risultano
bi-‐direzionali
(qualcosa
che
esce
e
qualcosa
che
entra
nell’azienda;
io
pago
ed
entrano
materie
prime).
Di
condizionamento,
uni-‐direzionali:
o
l’azienda
condiziona
il
comportamento
di
qualche
soggetto
esterno,
o
è
condizionata
dalle
scelte
di
qualche
soggetto
che
fa
parte
dell’ambiente
(es:
lo
stato
emana
una
nuova
norma
di
sicurezza
sul
lavoro,
allora
l’azienda
è
obbligata
a
rivedere
la
sicurezza
interna.
Processo
che
parte
dall’esterno
ed
entra
nell'azienda,
senza
però
uscire).
Le
relazioni
inoltre
possono
essere
di
contenuto
economico,
o
no.
Le
prime
guidate
dal
ragionamento
della
convenienza
economica,
mentre
le
altre
seguono
altri
criteri
di
valutazione
(norma
della
sicurezza
per
esempio,
non
guidata
dalla
convenienza
economica).
Categorie
di
relazioni
che
vengono
instaurate
con
i
soggetti
esterni:
-‐ Fornitori:
Per
acquistare
dei
fattori
di
produzione.
La
relazione
instaurata
è
di
scambio,
l’azienda
da
il
denaro
ed
ottiene
il
fattore
di
produzione,
ed
anche
di
contenuto
economico,
in
quanto
si
cerca
di
massimizzare
la
convenienza
economica.
-‐ Banche-‐Finanziatori:
Soggetti
che
non
fanno
parte
dell’azienda
ma
che
prestano
dei
soldi
all’azienda.
Relazione
di
scambio,
denaro
e
denaro,
di
contenuto
economico,
in
quanto
la
banca
presta
il
denaro
cercando
di
guadagnare
con
gli
interessi.
-‐ Clienti:
I
soggetti
con
cui
l’azienda
si
relazione
per
vendergli
i
propri
prodotti
o
i
servizi.
Relazione
di
scambio
di
contenuto
economico,
l’azienda
vuole
massimizzare
il
guadagno
vendendo,
e
il
cliente
vuole
un
prodotto
funzionale.
-‐ Lavoratori:
duplice
relazione
instaurata:
con
il
singolo
lavoratore,
molto
simile
al
rapporto
con
il
fornitore,
io
ti
pago
e
tu
lavori;
con
l’insieme
dei
lavoratori,
qui
non
c’è
uno
scambio,
ma
c’è
un
condizionamento.
I
lavoratori,
diventati
sindacati,
cercano
di
condizionare
l’azienda
affinché
tenga
dei
comportamenti
più
vicini
agli
interessi
dei
lavoratori,
come
il
salario,
la
sicurezza
e
gli
orari
di
lavoro.
Contenuto
solo
in
parte
economico
(salari)
perché
spesso
segue
altre
finalità
(sicurezza
sul
lavoro,
orario
di
lavoro).
-‐ Azionisti:
i
soci
delle
società,
i
soggetti
che
detengono
il
capitale
dell’azienda,
ossia
un
finanziamento
dell’azienda
che
si
differenzia
perché
è
stabile
(l’azienda
non
deve
restituirlo)
e
che
l’azienda
non
ripaga
su
base
contrattuale
ma
ripaga
mediante
gli
utili
che
residuano
dopo
aver
pagato
tutti
i
fattori
produttivi
(qualora
risultino
utili).
Gli
azionisti
partecipano
al
rischio
dell’azienda,
si
può
guadagnare
tanto,
poco,
o
8
perdere
tutto.
Essendo
azionisti
possono
anche
entrare
nel
merito
delle
decisioni
che
vanno
prese
per
l’azienda.
In
base
alla
percentuale
di
quote
si
ha
un
maggiore
potere
decisionale.
Con
gli
azionisti
avviene
una
relazione
di
scambio,
io
ti
do
del
denaro
e
ottengo
una
prospettiva
di
remunerazione
di
denaro.
La
relazione
è
anche
di
condizionamento,
in
quanto
gli
azionisti
entrando
nella
società
hanno
potere
decisionale
e
possono
condizionare
l’azienda.
-‐ Concorrenza:
si
tratta
di
altre
aziende
che
operano
sullo
stesso
mercato,
entrando
in
competizione
con
l’azienda.
Tali
aziende
cercano
di
competere
sul
mercato
battendo
la
concorrente
tramite
le
leve
competitive
(prezzi,
pubblicità);
le
aziende
dunque
si
relazionano
in
modo
indiretto
con
le
aziende
concorrenti,
tramite
le
leve.
Se
abbasso
i
prezzi
le
aziende
nemiche
se
ne
accorgono
e
prendono
provvedimenti.
-‐ Stato:
l’azienda
è
in
relazione
con
lo
stato
perché
paga
le
tasse.
-‐ Gruppi
sociali:
operano
per
perseguire
determinate
finalità,
esempio:
gruppi
ambientalisti,
naturalisti,
animalisti.
Non
fanno
parte
dello
stato,
ma
sono
gruppi
presenti
nella
società
che
hanno
un
peso
per
l’azienda,
impedendogli
determinate
attività
o
condizionandola
nei
suoi
modi
di
fare.
(esempio:
cosmetici,
sfruttamento
cavie
animali).
Relazioni
tutte
strutturate:
si
ripetono
nel
tempo
con
gli
stessi
soggetti
e
con
le
stesse
modalità.
Relazioni
all’interno
del
Mercato
Reale
e
del
Mercato
Finanziario
La
relazione
con
l’esterno
non
è
qualcosa
di
indistinto.
Su
ogni
fronte
si
instaura
una
certa
logica
di
ragionamento.
Un
primo
fronte
è
rappresentato
dal
mercato
dei
beni
reali,
ossia
il
luogo
in
cui
si
svolge
la
competizione,
basata
sulla
domanda.
Ragionando
sul
mercato
reale
di
un’azienda,
se
produco
mobili,
il
mercato
sarà
costituito
dai
soggetti
che
comprano
i
mobili.
Ragionando
sul
mercato
dei
beni
reali,
l’azienda
trova
la
concorrenza,
i
fornitori
e
i
clienti.
Questo
è
il
primo
gruppo
in
cui
si
istituisce
un
sistema
fitto
di
relazioni
tra
l’azienda
e
i
clienti-‐fornitori.
Il
legame
tra
questi
soggetti
è
caratterizzato
dal
mercato
reale.
In
questo
gruppo
qual
è
la
logica
prevalente?
La
competizione.
Questi
soggetti
devono
sempre
cercare
di
essere
migliori
degli
altri
perché
solo
in
questo
modo
massimizzano
il
loro
obiettivo
economico.
Quando
un
azienda
ha
più
prodotti
può
avere
più
mercati
reali.
Oltre
ai
mercati
reali
possiamo
individuare
un
altro
fronte
rappresentato
dai
mercati
finanziari,
in
cui
sono
scambiati
dei
capitali.
L’azienda
è
presente
su
questo
mercato
perché
ha
un
fabbisogno
di
finanziamento.
Quali
soggetti
incontra?
Banche,
azionisti.
L’azienda
va
sul
mercato
finanziario
perché
ha
bisogno
di
soldi
e
deve
trovare
sul
mercato
gente
disposta
a
dargli
i
suoi
soldi
e
investirli.
In
che
modo
l’azienda
riesce
a
convincere
gli
investitori
a
dargli
i
soldi?
Essendo
affidabile,
essendo
un’azienda
con
pochi
rischi.
L’azienda
compete
secondo
logiche
differenti,
sul
mercato
reale
e
su
quello
finanziario.
Però
in
entrambi
i
mercati
dovrà
essere
competitiva.
Perché
se
non
guadagna,
gli
investitori
non
investono.
Se
non
ottiene
i
soldi
non
produce
e
perde
competitività
sul
mercato
reale.
Sono
due
mercati
che
agiscono
l’uno
sull’altro.
Un
altro
fronte
è
quello
riguardanti
i
lavoratori
e
gruppi
sociali.
Qui
prevale
la
logica
della
relazione,
l’azienda
deve
dimostrare
di
essere
valida
perché
capace
di
perseguire
obiettivi
sociali.
9
AZIENDA
INSERITA
NEL
MERCATO
REALE,
FINANZIARIO
E
NEL
CONTESTO
SOCIALE
Mercato
reale:
è
il
contesto
in
cui
l’azienda
si
scontra
nella
realtà
concreta,
contro
le
forze
competitive,
che
ostacolano
l’azienda.
A
proposito
di
ciò
è
necessario
citare
le
5
forze
della
teoria
di
Porter
secondo
la
quali
l’azienda
si
scontra
con
dei
soggetti
che
determinato
il
suo
successo-‐insuccesso.
1. Clienti
di
un
azienda,
non
essendo
soddisfatti
possono
diventare
azionisti.
2. Fornitori,
che
sono
spesso
visti
dall’azienda
come
un
minaccia:
fornendo
beni
o
servizi,
essi
conoscono
i
processi
produttivi
dell’azienda
stessa
e
possono
mettere
in
difficoltà
l’azienda.
Hanno
il
potere
di
influenzare
i
prezzi,
minacciandola
di
fornire
lo
stesso
materiale
ad
un
azienda
concorrente
a
condizioni
più
vantaggiose.
3. Concorrenza,
aziende
con
cui
l’azienda
si
scontra.
Aziende
che
si
scontrano
in
settori
simili
ma
anche
diversi,
offrendo
pero
al
soggetto
la
stessa
soddisfazione.
(Smartphone-‐Tablet).
4. Prodotti
sostitutivi,
altre
aziende
offrono
prodotti
simili
a
condizioni
più
vantaggiose
(sottomarche).
5. Barriere
all’entrata,
ossia
tutte
le
barriere
che
derivano
da
un
processo
evoluto
nel
tempo
tramite
quelle
aziende
che
controllano
il
mercato;
La
Startup
per
esempio
fa
molta
difficoltà
a
carburare.
Se
però
si
aggrega
ad
un
azienda
che
si
trova
già
a
buon
punto
può
saltare
questi
ostacoli.
I
leader
del
mercato
sono
quei
soggetti
che
controllano
il
mercato,
presenti
da
molto
tempo
nel
settore.
Sono
spesso
loro
i
oggetti
che
possono
essere
attaccati
dalle
piccole
aziende:
si
parla
dei
famosi
“attacchi
al
leader”,
da
parte
di
aziende
piccole
o
start-‐up
che
attaccano
i
leader
cercando
di
rubare
a
loro
il
potere
all’interno
di
un
mercato.
Mercato
finanziario:
questi
mercati
sono
simili
a
quello
reale,
solo
che
in
questi
mercati
vengono
scambiati
prodotti
finanziari.
In
questo
caso
non
ci
si
scontra
con
i
clienti
o
fornitori,
ma
direttamente
con
le
concorrenti
dell’azienda
stessa,
che
possono
essere
lo
stato
o
altre
aziende.
Bisogna
cercare
di
offrire
un
prodotto
finanziario
caratterizzato
da
un
basso
caso
di
rischio
che
riesce
a
soddisfare
e
ripagare
coloro
che
investono.
Ci
sono
delle
tecniche
che
servono
proprio
a
misurare
il
grado
di
rischio
di
un
azienda.
Qui
non
ci
sono
le
5
forze
competitive
ma
ce
solo
la
concorrenza.
Contesto
sociale:
i
protagonisti
sono
soggetti
che
hanno
interessi
non
solo
economici
ma
appunto
sociali-‐ambientali
e
in
ambito
di
sicurezza.
In
questo
caso
l’azienda
deve
effettuare
delle
strategie
sociali
per
essere
competitiva.
Queste
possono
riguardare
per
esempio
utilizzo
di
prodotti
o
beni
per
esempio
a
km
zero,
che
non
inquinano,
ecc.
“se
ho
consenso
sociale
ma
non
ho
reddito
comunque
l’azienda
muore”.
“Ilva
che
produce
ma
non
ha
contesto
sociale
sta
andando
male”.
Azienda
ha
bisogno
di
consensi
di
natura
sociale.
10
CLASSIFICAZIONE
DELLE
AZIENDE
Le
Aziende
possono
essere
convenzionalmente
divise:
-‐ Rispetto
alla
produzione:
troviamo
la
divisione
tra
aziende
manifatturiere
e
non
manifatturiere;
Le
prime
danno
vita
a
prodotti
tangibili
derivanti
da
processi
di
trasformazione,
mentre
le
seconde
danno
vita
a
prodotti
sia
tangibili
che
intangibili,
acquisiti
però
all’esterno.
Le
aziende
non
manifatturiere
possono
inoltre
dividersi
in
aziende
commerciali,
fornendo
prodotti
tangibili
acquisiti
da
fornitori,
oppure
aziende
di
servizi,
fornendo
prodotti
intangibili
che
soddisfano
i
bisogni
della
clientela
tramite
consumo
di
beni
immateriali.
-‐ Rispetto
alla
dimensione:
troviamo
la
divisione
tra
piccole,
medie
e
grandi
aziende.
Tali
aziende
si
differenziano
secondo
aspetti
quantitativi
e
qualitativi.
Prendendo
per
esempio
una
piccola
azienda,
quantitativamente
ha
meno
addetti
e
meno
fatturato
di
una
grande
azienda,
mentre
qualitativamente
la
piccola
impresa
ha
il
vantaggio
che
il
proprietario
conosce
tutti
i
suoi
dipendenti,
mentre
in
una
grande
azienda
ciò
non
accade.
-‐ Rispetto
alla
forma
giuridica:
vi
è
una
distinzione
a
livello
giuridico
tra
aziende
pubbliche,
e
private.
Le
prime
derivano
da
iniziative
di
enti
pubblici,
mentre
le
altre
private
da
enti
specifici.
Le
aziende
private
si
distinguono
in
aziende
individuali,
nate
da
un
iniziativa
del
privato,
società
di
persone,
nate
dall’unione
di
una
o
più
persone
che
condividevano
gli
stessi
obiettivi,
società
di
capitale,
associazioni
ed
infine
fondazioni.
E’
importante
focalizzarsi
bene
a
livello
giuridico
sulle
società
di
persone,
in
quanto
in
queste
società
la
responsabilità
dei
soci
è
illimitata,
in
quanto
in
caso
obbligazioni
sociali
verso
dei
creditori,
oltre
a
pagare
con
il
patrimonio
della
società,
pagano
anche
loro
stessi
con
i
loro
patrimoni
personali.
Inoltre,
quando
si
fa
riferimento
a
questa
tipologia
di
società
è
bene
ricordare
che
ogni
singolo
socio
ha
la
qualità
di
amministratore
della
società
stessa.
In
caso
di
società
di
capitali
(S.r.l),
al
contrario,
la
responsabilità
dei
soci
è
limitata,
infatti
in
caso
di
obbligazioni
sociali
verso
dei
creditori,
è
l’azienda
in
prima
persona
a
rispondere
con
il
proprio
patrimonio,
poiché’
l-‐azienda
in
questo
caso
è
dotata
di
personalità
giuridica.
I
soci
rispondono
solo
in
maniera
limitata,
non
interferendo
con
il
loro
patrimonio
personale.
In
tal
caso
però,
i
soci
non
hanno
potere
amministrativo,
ma
hanno
il
diritto
di
nominare
tramite
la
votazione
l’amministratore
delegato
tramite
un
consiglio
di
amministrazione.
IL
SOGGETTO
ECONOMICO
E
IL
SOGGETTO
GIURIDICO
Quando
parliamo
delle
società,
dobbiamo
distinguere
il
soggetto
economico
dal
soggetto
giuridico:
-‐ Il
soggetto
economico:
consiste
nella
persona
o
nel
gruppo
che
di
fatto
governa
e
gestisce
l’azienda;
Parlando
di
un
impresa
non
tutti
hanno
il
diritto
di
scegliere,
ma
solo
alcuni
singoli
possono
farlo:
i
proprietari,
oppure
i
Top
Management.
Il
proprietario
dell’azienda,
fa
riferimento
al
gruppo
di
capitalisti
che
detengono
la
maggioranza
del
patrimonio
aziendale.
Maggioranza
=
50%
+
1.
Può
bastare
anche
il
singolo
10%
di
una
persona
a
detenere
la
proprietà
di
un
azienda.
Con
tanti
azionisti
che
hanno
il
5%,
e
uno
ne
ha
10%,
quello
con
10
sarà
il
soggetto
economico.
Successivamente
troviamo
il
ruolo
del
top
management,
ossia
dirigenti
dotati
di
caratteristiche
di
imprenditorialità,
con
una
grande
capacità
organizzativa
e
strategica,
che
affiancano
o
spesso
sostituiscono
le
figure
dei
proprietari
nel
ruolo
di
soggetto
economico.
Pertanto:
non
tutti
i
soggetti
che
si
occupano
della
gestione
sono
i
reali
proprietari
dell’azienda.
Chicca
dell’assistente:
“Le
società
che
vanno
bene
spesso
sono
gestite
dai
manager”
11
-‐ Il
soggetto
giuridico:
è
il
soggetto
dell’azienda
in
capo
al
quale
si
formano
tutti
i
diritti
e
gli
obblighi
che
derivano
dalla
gestione
dell’azienda.
Il
soggetto
giuridico
può
essere
una
persona
normale
o
una
persona
giuridica
(la
società
stessa)
.
Nel
caso
ci
sono
controversie
giudiziarie,
in
tribunale
si
fa
leva
sul
soggetto
giuridico,
in
caso
di
problemi
giuridici
non
si
va
dal
manager
ma
dal
soggetto
giuridico.
Il
soggetto
giuridico
è
diverso
in
ogni
azienda.
In
un’azienda
individuale:
è
una
persona
fisica,
titolare
di
diritti
ed
obblighi;
è
un
soggetto
che
si
prende
tutte
le
responsabilità.
In
caso
di
debiti
i
creditori
non
intaccano
il
patrimonio
dell’azienda
ma
della
singola
persona
fisica.
Nessuna
autonomia
patrimoniale
dell’azienda.
In
una
società
di
persone:
soggetto
giuridico
coincide
con
la
figura
dei
singoli
soci.
In
caso
di
debiti
non
risponde
solo
l’azienda
ma
anche
i
soci
con
i
propri
patrimoni.
Autonomia
patrimoniale
imperfetta:
patrimoni
mischiati.
In
una
società
di
capitali:
il
soggetto
giuridico
è
attribuita
all’azienda
dalla
legge.
Nelle
azienda
caratterizzate
da
un
elevato
grado
di
rischio
si
sceglie
la
forma
di
società
di
capitali
perché
se
sorgono
complicazioni
o
debiti
vi
è
un
autonomia
patrimoniale
perfetta:
i
soci
rispondono
in
maniera
limitata.
I
creditori
possono
ricevere
solo
dal
patrimonio
della
società.
In
una
società
pubblica:
la
personalità
giuridica
viene
attribuita
all’ente
pubblico
stesso.
In
un
associazione
(riconosciute):
dotate
di
personalità
giuridica,
poiché
riconosciute
dallo
stato
o
dalla
regione
in
cui
operano.
In
associazioni
(non
riconosciute)
:
i
soci
rispondono
in
maniera
illimitata
in
caso
di
problemi.
Nell
fondazioni:
personalità
giuridica
riconosciuta
dallo
stato.
Sono
i
soggetti
che
destinano
il
patrimonio
ad
uno
scopo
di
pubblica
utilità.
LE
AGGREGAZIONI
AZIENDALI
Le
aggregazioni
aziendali
riguardano
qualsiasi
tipo
di
unione
tra
aziende
distinte
sotto
il
profilo
giuridico
ed
economico.
Tali
unioni
possono
avvenire
mediante
accordi
aziendali:
vasta
gamma
di
intese
formalizzate
contrattualmente.
Sulla
base
c’è
un
contratto
che
decide
l’accordo
stesso.
Gli
accordi
inoltre
possono
essere
formali,
con
contratto,
oppure
informali
senza.
(gentlemen,
accordi
tra
gentiluomini).
In
ogni
caso
però,
da
ogni
accordo
deriva
una
serie
di
obblighi
comportamentali.
Le
condizioni
secondo
le
quali
si
verificano
gli
accordi
sono:
-‐ Pluralità
di
aziende
indipendenti:
aziende
dotate
di
personalità
giuridica,
la
società
deve
rispondere
con
il
proprio
capitale.
Vi
è
una
volontà
tra
le
due
parti.
Le
aziende
indipendenti,
ossia
soggetti
economici
indipendenti,
esse
sono
ognuno
dotato
di
un
proprio
patrimonio;
se
A
si
accorda
con
B,
B
non
può
influenzare
A,
a
livello
strategico
ma
solo
a
livello
contrattuale.
A
rimane
indipendente
con
soggetto
economico
e
giuridico.
-‐ Accordi
formali:
relazioni
di
origine
contrattuale
(franchising);
-‐ Accordi
di
tipo
tecnologici:
condivisione
di
conoscenze
tecniche-‐scientifiche;
-‐ Accordi
Informali:
con
relazioni
di
natura
produttiva/finanziaria/personale.
Quelli
di
tipo
produttivo
si
riferiscono
all’economie
di
scala,
economie
che
si
verificano
quando
l’azienda
aumenta
la
capacità
produttiva
ed
abbatte
i
costi
degli
strumenti
che
ha
acquistato.
Di
tipo
finanziaria,
due
società
si
alleano
per
batterne
un
altra
sul
mercato,
o
personale,
legami
di
parentela,
molto
spesso
i
soggetti
prendono
il
controllo
di
una
società
perché
parenti.
12
Motivazione
degli
accordi
aziendali:
-‐ Conseguimento
di
economie
di
scala:
le
aziende
coinvolte
nell’aggregato
riescono
ad
ottenere
un
abbattimento
dei
costi
legato
all’aumento
della
capacità
produttiva.
-‐ Integrazione
verticale:
accordi
che
coinvolgono
aziende
che
svolgono
attività
diverse
ma
complementari,
ossia
effettuano
fasi
diverse
di
un
processo
produttivo
per
l’ottenimento
di
un
prodotto.
-‐ Economie
di
raggio
d’azione:
accordi
tra
aziende
che
svolgono
attività
diverse
e
non
complementari,
che
sfruttano
il
medesimo
know-‐how
per
la
realizzazione
di
prodotti
diversi.
GRUPPI
DI
IMPRESE
Gruppi
di
imprese:
si
tratta
di
imprese
giuridicamente
autonome
(rispondono
con
il
proprio
patrimonio)
ma
condotte
da
un
unico
soggetto
economico.
(Per
esempio:
vi
è
una
società
madre
che
gestisce
tutto,
le
altre
società
devono
attenersi
a
ciò
che
decide,
anche
se
ogni
azienda
resta
comunque
autonoma
nelle
strategie
per
esempio).
Fonte
del
potere
di
controllo:
-‐ Contrattualistica:
accordo
di
subordinazione
tra
aziende
che
si
riuniscono
in
un
gruppo;
-‐ Vincolistica:
rapporti
commerciali
e
finanziari;
-‐ Partecipativa:
diritti
di
controllo
della
proprietà
aziendale;
Le
partecipazioni
possono
essere
di
diversi
tipi:
• Semplice:
A
società
madre
controlla
direttamente
società
B,
detenendo
il
51%
delle
azioni
di
quella
società,
è
il
soggetto
economico;
• Controllo
indiretto:
A
controlla
B,
B
controlla
C,
indirettamente
A
controlla
C.
[A
controlla
B
e
anche
C
direttamente,
nonostante
lo
controlli
già
B.
Fatta
per
fare
confusione
a
livello
fiscale
Motivazioni
alla
formazione
di
un
gruppo:
-‐ Economico
strategiche:
ci
si
aggrega
per
crescere
(integrazione
verticale),
in
questo
caso
si
hanno
vantaggi
di
costo;
-‐ Fiscali:
dirottamento
degli
utili
verso
società
poste
in
paradisi
fiscali;
-‐ Mimetiche:
la
localizzazione
della
capogruppo
si
trova
in
luoghi
dove
le
istituzioni
non
controllano.
13
ORGANIZZAZIONE
AZIENDALE
L’organizzazione
aziendale
consiste
nel
modello
o
lo
schema
di
funzionamento
dell'azienda
che
individua
le
varie
parti
dell'azienda
e
che
disciplina
i
rapporti
tra
queste.
Questo
schema
di
funzionamento
dell'azienda
è
relativamente
stabile
e
si
modifica
a
lungo
termine.
Ogni
azienda
ha
una
sua
organizzazione
differente
e
tale
organizzazione
dev’essere
funzionale
per
il
raggiungimento
degli
obiettivi.
L'esigenza
di
organizzazione
è
direttamente
proporzionale
alla
dimensione,
infatti
al
crescere
della
dimensione
aziendale
cresce
anche
il
numero
di
operazioni
(molto
spesso
devono
essere
fatte
in
punti
fisicamente
distanti).
Le
variabili
dell’organizzazione
aziendale
sono
essenzialmente
tre:
1. Struttura
organizzativa
2. Meccanismi
o
sistemi
di
funzionamento
3. Elementi
immateriali
dell’organizzazione
-‐ La
struttura
organizzativa
è
divisa
in:
compiti
(insieme
delle
operazioni
di
cui
si
occupa
il
singolo
organo.),
relazioni
(rapporti
tra
i
vari
organi
utili
per
il
raggiungimento
della
"mission"
aziendale.
Sono
relazioni
gerarchiche
che
individuano
organi
sovraordinati
e
subordinati
per
lo
sviluppo
verticale
e
lo
sviluppo
orizzontale
–
azienda
come
una
piramide,
può
svilupparsi
sia
verticalmente
che
orizzontalmente)
ed
organi.
Gli
organi
si
dividono
in
organi
line
(organi
posti
nella
linea
di
comando
che
definisce
il
potere
decisionale
all'interno
dell'azienda)
e
organi
staff
(organi
specialistici
che
hanno
il
compito
di
assistere
gli
organi
di
line
fornendo
le
conoscenze
necessarie
per
l'assunzione
delle
decisioni
aziendali).
Gli
organi
inoltre
sono
dei
centri
di
consumo:
divisi
in
centri
di
costo
(attività
si
occupa
di
sostenere
costo;
un
reparto
produttivo
dell’azienda,
è
un
centro
di
costo,
la
sua
operatività
può
essere
misurato
in
maniera
economica,
calcolando
i
fattori
che
vengono
consumati
per
quell’attività),
centri
di
ricavo
(la
loro
attività
determina
il
conseguimento
di
ricavi.
L’ufficio
vendita
di
un
azienda
per
esempio,
ha
il
compito
di
procurare
dei
ricavi)
ed
infine
centri
di
profitto
(con
la
loro
attività
determinano
sia
dei
costi
che
dei
ricavi).
-‐ Meccanismi
di
funzionamento:
sono
sistemi
inseriti
nell’organizzazione
dell’azienda
che
con
continuità
danno
impulsi
al
funzionamento
dell’azienda
stessa.
Quali
sono
questi
meccanismi?
I
sistemi
di
pianificazione
(attivano
i
processi
decisionali
dell’azienda,
sono
meccanismi
che
impongono
all’azienda
di
assumere
determinate
decisioni
con
determinate
scadenze
e
determinate
modalità.
Stabiliscono
per
esempio
quale
sarà
il
budget
dell’azienda
per
il
prossimo
anno),
i
sistemi
informativi
(acquisizione
di
informazioni
per
renderle
disponibili
all’assunzione
di
determinate
decisioni)
,
i
sistemi
di
controllo
(verificano
che
gli
obiettivi
prefissati
vengano
raggiunti)
ed
i
sistemi
di
incentivazione
(vengono
fissati
incentivi
che
stimolano
i
soggetti
che
operano
per
il
raggiungimento
degli
obiettivi).
-‐ Elementi
immateriali:
“Non
si
vedono
ma
fanno
la
differenza”.
Un
primo
elemento
immateriale
può’
essere
la
cultura
interna
che
ogni
azienda
ha.
Tale
cultura
è
un
sistema
di
idea
forti,
radicate
e
condivise,
ritenute
essenziali
dalla
maggioranza
dei
soggetti
che
operano
all’interno
dell’azienda
stessa.
Cultura
che
non
si
impone
ma
si
forma
nel
tempo,
legata
a
risultati
positivi
che
l’azienda
raggiunge.
Un
altro
elemento
è
quello
della
leadership.
In
un
organizzazione
possono
esserci
delle
leadership
forti,
soggetti
in
grado
di
trainare
i
lavoratori
verso
il
raggiungimento
degli
obiettivi.
Un
altro
aspetto
è
lo
stile
direzionale:
si
favorisce
la
partecipazione
dei
vari
soggetti
nella
presa
di
decisioni,
soggetti
molto
più
coinvolti
nella
vita
dell’azienda,
differenza
totale
con
la
leadership.
14
Definizioni
importanti:
Organigramma:
documenti
relativi
all’aspetto
organizzativo
dell’azienda.
È
un
prospetto
che
ci
da
una
rappresentazione
della
struttura
organizzativa
dell’azienda,
indicando
e
qualificando
gli
organi,
mostrando
inoltre
le
relazioni
presenti
tra
gli
organi
stessi.
Mansionario:
documento
che
indica
agli
organi
compresi
nell’organigramma,
e
quali
sono
i
compiti
e
le
attività
di
cui
devono
occuparsi.
STRUTTURE
ORGANIZZATIVE
TIPO:
Ogni
azienda
ha
una
sua
struttura
organizzativa
principale.
Nonostante
ciò
possiamo
individuare
dei
modelli
tipo.
-‐ Struttura
elementare:
la
troviamo
nelle
aziende
di
piccole
dimensioni
nelle
quali
c’è
una
fortissima
presenza
sul
piano
gestionale
dell’imprenditore.
Normalmente
tutto
ruota
attorno
ad
uno-‐due
soggetti,
imprenditori
capo
dell’azienda,
che
rappresentano
gli
organi
essenziali
della
struttura
dell’azienda.
Sono
aziende
mono
o
bi
funzionali
dal
punto
di
vista
organizzativo,
nel
senso
che
hanno
molto
sviluppate
una
o
due
funzioni,
mentre
tutte
le
altre
rimangono
in
secondo
piano
e
sono
poco
sviluppate.
Di
solito
la
funzione
o
le
due
funzioni
che
si
sviluppano
sono
o
la
produzione
o
la
commercializzazione.
(sono
la
gran
parte
delle
aziende
italiane)
-‐ Struttura
funzionale:
le
diverse
aree
organizzative
vengono
suddivise
orizzontalmente,
in
base
alla
funzione
svolta
da
ogni
organo
(es:
direzione
marketing,
direzione
produzione,
direzione
ricerca,
etc.).
In
questo
modo
non
si
creano
problemi
di
sovrapposizione
(ogni
organo
ha
un
suo
spazio
di
operatività
entro
il
quale
decide,
senza
interferenze
esterne
di
altri
organi).
Inoltre
questo
tipo
di
struttura
favorisce
la
specializzazione
crescente
nel
tempo,
poiché
ogni
soggetto
inserito
in
ogni
organo
è
specializzato
nella
sua
mansione
e
la
sua
capacità
aumenta
nel
tempo.
-‐ Struttura
a
matrice:
si
sviluppa
in
orizzontale
e
in
verticale.
Lo
sviluppo
orizzontale
è
per
funzioni.
In
posizione
NON
sotto
ordinata
delle
funzioni,
si
ha
uno
sviluppo
verticale
per
combinazione
prodotto-‐mercato.
Le
unità
operative
aziendali
si
pongono
tra
gli
incroci
verticali
e
orizzontali
(quindi
decisioni
prese
da
due
soggetti,
che
devono
mettersi
di
comune
accordo
per
la
decisone).
Nelle
caselle
troviamo
le
unità
decisionali.
-‐ Struttura
divisionale:
caratterizza
le
aziende
multi
business
(produzione/commercializzazione
prodotti
diversi).
La
struttura
viene
divisa
per
livelli.
A
un
primo
livello
vengono
considerate
tutte
le
attività
generali
dell’azienda.
Al
secondo
livello
si
trovano
le
funzioni
e
attività
caratteristiche,
necessarie
alla
realizzazione
di
uno
specifico
prodotto
e
la
messa
in
vendita
su
un
determinato
mercato,
quindi
classificate
secondo
il
concetto
di
combinazione
prodotto-‐mercato.
Al
terzo
livello,
le
attività
caratteristiche
che
fanno
capo
a
una
specifica
divisione,
vengono
organizzate
secondo
una
logica
funzionale.
I
punti
di
debolezza
di
questo
tipo
di
struttura
sono
due:
-‐ L’elevato
costo
(bisogna
investire
in
più
divisioni
e
sostenere
costi
che
molto
spesso
tendono
a
duplicarsi).
La
bassa
specializzazione
(le
diverse
aree
si
occupano
contemporaneamente
di
più
funzioni).
Inoltre
le
divisioni
si
dividono
eccessivamente
tra
di
loro,
creando
quasi
una
-‐ Situazione
di
indipendenza,
e
mancanza
di
relazioni
e
sinergie.
15
ASPETTO
ORGANIZZATIVO
DELL'AZIENDA
L'azienda
svolge
un
sistema
di
operazioni
che
danno
vita
all'azienda
stessa,
queste
ultime
sono
molteplici
e
differenti
tra
di
loro.
Dalla
gestione
di
queste
operazioni
scaturiscono:
- Esigenze
di
Coordinamento:
operazioni
legate
insieme
tra
di
loro;
- Esigenze
di
Specializzazione:
per
raggiungere
efficacia
ed
efficienza
in
modo
da
esigenze
di
maturare
una
specializzazione;
- Esigenze
di
Analisi;
- Esigenze
di
Controllo;
Il
problema
organizzativo
azienda
è
di
Individuare
le
sub
unità
aziendale
per
i
singoli
segmenti
OPERAZIONE
E
ATTIVITÀ
Le
attività
sono
formate
da
operazioni
che
si
ripetono
oppure
sequenziali.
Le
operazioni
sono
un
singolo
momento
aziendale
mentre
le
attività
sono
un
insieme
delle
operazioni
svolte
in
maniera
consequenziale
all'interno
dell’azienda
unite
da
un
legame
specifico
(temporale).
Ci
sono
tre
distinte
logiche
secondo
cui
è
condotta
la
segmentazione
di
sub
attività
aziendali:
1) FUNZIONI:
insieme
di
attività
che
sono
tra
di
loro
omogenee
e
questa
omogeneità
va
vista
nella
comunanza
di
conoscenza,
competenze
e
risorse
in
comune
-‐>
massimizzano
le
conoscenze
di
specializzazione,
ciò
consente
di
fare
una
maturazione
ovvero
di
svolgere
una
determinata
attività
al
meglio.
Le
funzioni
tipiche
di
una
azienda
sono:
- Funzioni
Caratteristiche:
relative
ad
attività
che
caratterizzano
la
specifica
azienda
ossia
la
produzione,
il
marketing,
la
ricerca
&
sviluppo
(il
marketing
comprende
la
relazione
con
i
clienti
e
quindi
il
rapporto
dell'azienda
con
il
mercato)
- Funzioni
integrativi:
comprendono
quelle
attività
che
sono
necessarie
alla
vita
dell'azienda
ma
che
non
sono
specifiche
della
singola
azienda
ma
sono
trasversali
e
riguardano
in
modo
uguale
ogni
azienda
(sono
comuni
alla
maggior
parte
delle
aziende,
quindi
liberamente
trasferibili)
ossia
finanza
(operazioni
di
finanziamento)
e
personale
(gestione
del
fattore
lavoro).
- Funzioni
di
supporto:
riguardano
attivitàa
non
indispensabili
(l'azienda
può
esistere
anche
senza
fare
queste
attività)
che
vengono
svolte
perché
servono
a
supportare
un
migliore
svolgimento
delle
altre
funzioni
aziendali,
ossia
programmazione,
controllo
e
sistemi
informativi.
16
2. PROCESSI
OPERATIVI:
insieme
di
attività
che
devono
essere
svolte
in
sequenza
e
finalizzate
alla
realizzazione
di
un
risultato
che
costituisce
l'imputato
di
un
altro
processo
operativo
(l'interno
e
o
l'esterno
dell'azienda).
I
processi
tipici
di
una
azienda
si
distinguono
in:
- Processi
di
finanziamento:
mettere
insieme
risorse
finanziarie
(input)
necessarie
all
investimento
per
l'acquisizione
di
fattori
pluriennali
e
così
via;
- Processi
di
acquisizione/utilizzo
fattori
correnti:
insieme
di
attività
finalizzate
ad
ottenere
i
fattori
produttivi
nei
tempi
e
nelle
quantità
rischiato
per
i
successivi
processi
di
produzione;
- Processi
di
acquisizione/utilizzo
del
fattore
lavoro:
attività
che
hanno
come
obiettivo
quello
di
acquisire
risorse
di
personale
necessarie
quantistica
mente
allo
svolgimento
del
processo
di
produzione;
- Processi
di
acquisizione
dei
fattori
pluriennali:
garantiscono
all'azienda
la
struttura
di
fattori
pluriennali
più
idonea
a
svolgere
il
processo
di
produzione
e
successivamente
di
vendita;
- Processi
di
produzione:
attività
finalizzate
a
realizzare
prodotti
in
termini
di
quantità
e
tipologia,
che
saranno
in
grado
di
effettuare
il
successo
processo
della
vendita;
- Processi
di
vendita:
hanno
come
obbiettivo
quello
di
collocare
suo
mercato
i
prodotti
per
alimentare
il
processo
esterno
all'azienda,
ossia
quello
di
consumo
da
parte
dei
clienti
dei
prodotti
della
azienda
3. DIVISIONI:
sono
combinazioni
di
processi
e/o
di
funzioni,
ossia
qualcosa
di
più
complesso
rispetto
alle
funzioni
e
processi
perché
comprendono
più
funzioni
o
più
processi
e
questi
ultimi
vengono
individuati
all'interno
dell'azienda
riconoscendo
quali
sono
le
combinazione
prodotto-‐mercato
che
caratterizzano
l'azienda.
Il
successo
di
una
azienda
si
basa
sulla
sul
fatto
di
ottenere
un
vantaggio
competitivo
sul
mercato,
ovvero
di
essere
vincete
sulle
singole
combinazioni
prodotto-‐mercato.
Tutto
ciò
non
dipende
tanto
dalle
funzione
o
dai
processi
ma
dipende
dal
fatto
che
l'azienda
deve
presidiare
il
mercato.
17
CAP
2:
LE
OPERAZIONI
AZIENDALI
In
questo
capitolo
parleremo
del
sistema
delle
operazioni
aziendali.
Noi
sappiamo
che
l’azienda
vive
svolgendo
un
insieme
di
operazioni.
Ci
occuperemo
dunque
di
analizzare
le
operazioni
fondamentali
che
l’azienda
deve
svolgere.
L’azienda
durante
il
suo
percorso
svolge
moltissime
operazioni.
In
estrema
sintesi
queste
operazioni
possono
essere
divise
in
quattro
categorie
fondamentali:
quelle
di
finanziamento,
quelle
d’investimento,
quelle
di
produzione
e
quelle
di
vendita.
-‐ Finanziamento:
Questa
operazione
riguarda
il
fattore
produttivo
generico
denaro.
Il
finanziamento
è
l’operazione
con
la
quale
l’azienda
si
procura
il
denaro
per
svolgere
la
sua
attività.
Tramite
il
finanziamento
l’azienda
ottiene
i
capitali
da
soggetti
interni
all’azienda
o
esterni,
dagli
azionisti
(interni)
o
dai
finanziatori
(esterni)
.
I
primi
danno
capitali
all’azienda
a
tempo
indeterminato,
non
è
prevista
infatti
una
remunerazione
contrattuale,
ma
quest’ultima
avviene
sulla
base
degli
utili
di
questa
azienda,
che
possono
esserci
cosi
come
non
esserci.
I
secondi,
come
per
esempio
le
banche,
danno
anche
loro
capitali
all’azienda,
ma
si
differiscono
dai
capitali
prestati
dagli
azionisti
perché
in
questo
caso
è
prevista
contrattualmente
una
restituzione
di
questi
soldi
in
una
determinato
periodo,
con
in
più
gli
interessi.
PRIMO
CASO
DI
FINANZIAMENTO:
Gli
azionisti
finanziano
l’azienda
(Finanziamento
di
capitale
di
rischio).
Tale
finanziamento
costituisce
un
conferimento
di
capitale,
che
è
il
primo
flusso
di
entrata
dell’azienda.
All’interno
dell’azienda
ora
si
trova
del
denaro.
Il
valore
del
denaro
interno
all’azienda
è
detto
cassa-‐liquidità.
L’entrata
di
denaro
è
rappresentata
dalla
freccia,
la
cassa
è
rappresentata
dai
soldi
“fissi”
entrati
nell’azienda.
Un
terzo
valore
importante
che
si
aggiunge
ai
valori
di
finanziamento
e
cassa-‐liquidità
è
il
capitale.
Qualora
abbiamo
un’
entrata
di
100,
anche
la
cassa
sarà
uguale
a
100,
ed
il
capitale
sarà
sempre
uguale
a
100
ma
diviso
in
percentuali
a
seconda
degli
azionisti.
Troviamo
infine
come
ultimo
valore
l’uscita:
un
flusso
contrario
che
dall’azienda
va
verso
gli
azionisti;
ciò
riguarda
i
dividendi,
la
quota
degli
utili
che
l’azienda
deve
dare
a
i
soci
in
proporzione
della
quota
azionaria.
Tale
operazione
però
riguarda
solo
la
fase
terminale
dell’azienda.
SECONDO
CASO
DI
FINANZIAMENTO:
I
finanziatori
(banche)
finanziano
l’azienda
(Finanziamento
di
capitale
di
credito).
Nel
momento
in
cui
viene
aperto
il
finanziamento
avremo,
come
visto
prima
con
il
finanziamento
da
parte
degli
azionisti,
un
flusso
di
denaro
proveniente
da
un
soggetto
esterno
all’azienda.
Abbiamo
quindi
anche
in
questo
caso
un
entrata,
che
però
è
diversa
da
quella
precedente
perché
ora
i
soldi
in
entrata
sono
frutto
di
un
prestito.
Successivamente
al
prestito
si
forma
dentro
l’azienda
una
consistenza
di
cassa,
valore
cassa-‐liquidità
(come
prima).
Oltre
a
questi
due
valori
avremo
un
altro
valore
che
rappresenta
il
rapporto
di
debito
tra
l’azienda
ed
il
finanziatore:
il
valore
che
si
forma
è
un
debito,
ossia
un
obbligo
di
dare
una
certa
somma
di
denaro,
in
certe
condizioni
ad
un
terzo
soggetto
detto
finanziatore.
Il
valore
sarà
chiamato
Debito
di
finanziamento.
Durante
la
vita
del
finanziamento
ci
sarà
sempre
un
uscita,
dovuta
alla
restituzione
del
finanziamento.
Questa
operazione
in
uscita
non
conclude
l’operazione
di
finanziamento,
in
quanto
l’azienda
non
deve
pagare
solo
i
soldi
prestati
ma
anche
una
percentuale,
ossia
gli
interessi.
Gli
interessi
costituiscono
un
nuovo
flusso
di
uscita.
18
-‐ Investimento:
E’
un
operazione
con
cui
l’azienda
si
procura
i
fattori
produttivi
specifici:
materiali,
servizi,
impianti,
lavoro.
Dobbiamo
distinguere
in
questo
caso
i
fattori
produttivi
durevoli
e
quelli
correnti.
I
primi
permangono
a
lungo
nell’azienda
(impianti),
i
correnti
hanno
un
rapido
utilizzo
(materiali,
servizi
e
lavoro).
Tramite
l’investimento,
l’azienda
è
in
grado
di
procurarsi
tali
fattori,
ma
sempre
grazie
all’operazione
di
finanziamento
fatta
precedentemente.
Chi
sono
i
soggetti
di
questa
operazione
di
investimento?
I
fornitori.
L’azienda
con
l’investimento
si
procura
un
fattore
produttivo
specifico
(es.
metallo).
Troviamo
dunque
un
flusso
di
entrata
reale
all’interno
dell’azienda
in
quanto
prima
non
aveva
la
materia
prima,
ora
ce
l’ha.
Tale
valore
si
chiamerà
costo
di
acquisizione
(valore
del
fattore
che
l’azienda
acquista).
Ovviamente
la
freccia
di
flusso
in
entrata
dal
fornitore
all’azienda
non
esaurisce
l’operazione,
perché
il
fornitore
vuole
qualcosa
in
cambio;
troviamo
dunque
un'altra
freccia,
a
volte
contemporanea
(non
sempre
il
pagamento
è
contemporaneo
all’acquisto,
esiste
infatti
la
dilazione
del
pagamento,
spesso
si
paga
dopo
un
tot.
di
giorni)
a
quella
di
entrata,
ma
stavolta
in
uscita,
che
corrisponde
al
denaro
che
va
dall’azienda
al
fornitore.
[Operazione
di
scambio
bi-‐direzionale
studiata
precedentemente].
La
motivazione
del
flusso
in
uscita
in
questo
caso
è
diversa
da
quella
del
finanziamento:
questa
uscita
è
causata
da
un
investimento,
fatto
per
acquistare
dei
fattori.
Nel
caso
in
cui
però
entrano
dei
materiali
dal
fornitore,
che
non
pago
subito
avrò
un
debito;
Motivazione
del
debito
differente
da
quello
dei
finanziamenti
perché
anche
in
questo
caso
nasce
da
un’operazione
di
investimento.
Viene
chiamato
debito
di
funzionamento
o
di
regolamento.
In
tal
caso
il
valore
del
costo
di
acquisizione
è
dato
non
dall’uscita
di
denaro
ma
dal
debito
di
regolamento.
-‐ Produzione:
L’operazione
di
produzione
è
relativa
alla
combinazione
dei
fattori.
La
produzione
collega
l’azienda
con
qualche
soggetto
esterno?
No.
La
produzione
è
un
operazione
interna
all’azienda.
Mentre
le
operazioni
di
finanziamento
e
investimento
sono
operazioni
di
gestione
esterne
perché
collegano
l’azienda
con
soggetti
esterni
(come
accadrà
anche
per
l’operazione
di
vendita),
le
operazioni
di
produzione
avvengono
all’interno
dell’azienda.
Tale
operazione
consiste
nella
trasformazione
dei
fattori
produttivi
in
prodotti.
Troviamo
in
questo
caso
due
frecce:
la
prima
che
rappresentata
l’entrata
dei
fattori
all’interno
dell’azienda,
e
la
seconda
che
rappresenta
i
fattori
che
vengono
trasformati
in
prodotti.
La
seconda
freccia
rappresenta
i
fattori
produttivi
che
vengono
consumati
per
ottenere
i
prodotti.
Dobbiamo
allora
introdurre
il
valore
del
Costo
di
utilizzo
dei
fattori,
ossia
il
valore
dei
fattori
consumati
nel
processo
di
produzione.
Ovviamente
il
costo
di
utilizzo
di
un
fattore
potrà
al
massimo
coincidere
con
il
costo
di
acquisizione
di
quel
fattore.
Se
i
fattori
che
stiamo
utilizzando
sono
delle
materie
prime,
allora
noi
compreremo
il
fattore,
e
successivamente
lo
metteremo
in
produzione,
almeno
in
parte.
Avrò
quindi
che
il
costo
di
utilizzo
sarà
uguale
al
costo
di
acquisizione
meno
i
materiali
che
ho
conservato
(rimanenza
di
fattori).
(Esempio:
se
acquisto
10
pezzi,
ne
metto
a
produrre
7,
me
ne
rimangono
3).
Parlando
però
di
servizi
e
non
di
materiali,
cosi
come
se
parliamo
di
lavoro,
non
abbiamo
una
distinzione
tra
costo
di
acquisizione
e
costo
di
utilizzo,
perché
i
servizi
e
il
lavoro
non
possono
essere
conservati
in
magazzino
(tra
l’altro
i
due
costi
coincidono).
Se
sommiamo
il
costo
di
tutti
i
fattori
produttivi
utilizzati
in
un
certo
periodo,
ossia
il
costo
di
utilizzo
dei
fattori
relativi
per
esempio
ad
un
anno,
avremo
come
risultato
il
costo
della
produzione,
ossia
il
valore
somma
della
produzione
avvenuta
in
un
determinato
arco
temporale,
in
questo
caso
di
un
anno.
La
produzione
dà
come
risultato
dei
prodotti,
interni
all’azienda,
pronti
per
essere
immagazzinati
per
la
futura
vendita.
Il
valore
dei
prodotti
è
rappresentato
dalla
freccia
che
esce
dall’azienda
verso
l’esterno
ed
è
detto
valore
della
produzione.
19
-‐ Vendita:
Tramite
l’operazione
della
vendita,
l’azienda
trasferisce
i
prodotti
ai
clienti.
Immaginando
nuovamente
il
disegno
con
le
frecce,
avremo
una
freccia
in
uscita
che
dall’azienda
va
verso
i
clienti
(vendita
dei
prodotti),
i
quali
però
pagano
il
prodotto
e
quindi
fanno
nascere
una
nuova
freccia
verso
l’interno
all’azienda
che
rappresenta
l’entrata.
Anche
in
questo
caso
l’entrata
è
diversa
da
quelle
descritte
precedentemente:
non
è
più
un
entrata
grazie
ai
finanziamenti,
ma
è
un
entrata
con
causa
diversa;
in
questo
cosa
la
causa
è
la
vendita.
Quando
si
parla
di
vendita
non
si
può
non
parlare
di
ricavo
di
vendita,
che
consiste
nel
valore
pari
all’ammontare
del
denaro
che
entra
nell’azienda
dopo
che
l’azienda
si
è
privata
dei
suoi
prodotti
vendendoli
ai
clienti.
Anche
nell’operazione
della
vendita
non
è
detto
che
le
due
frecce
coincidono.
Il
cliente
infatti
può
non
pagarci
subito;
quando
ci
troviamo
di
fronte
a
questa
situazione
troviamo
la
nascita
del
credito
di
funzionamento
o
regolamento:
credito
che
nasce
da
un
operazione
di
vendita.
Ora
bisogna
ragionare
sul
valore
della
produzione
(il
valore
dei
prodotti
ottenuti)
e
i
ricavi
di
vendita.
Dobbiamo
capire
se
tali
valori
sono
uguali
o
differenti
e
perché’.
I
valori
sono
differenti.
Perché?
Esempio:
Se
ho
a
che
fare
con
dei
beni
tangibili
e
produco
10
penne,
posso
venderne
10
al
massimo,
oppure
di
meno,
ma
non
di
più.
Dal
punto
di
vista
dell’oggetto
quindi
questi
due
valori
possono
essere
coincidenti
o
al
massimo
il
ricavo
può
essere
più
basso
(non
riesco
a
venderle
tutte
e
10).
Qualora
il
ricavo
di
vendita
è
più
basso
nasce
un
altro
valore:
il
magazzino
dei
prodotti
–
rimanenze.
Questo
valore
è
formato
dai
beni
già
realizzati
ma
non
ancora
venduti.
Abbiamo
visto
anche
un
altro
magazzino
precedentemente,
che
però
si
collocava
all’inizio
della
produzione,
era
il
magazzino
nel
quale
si
collocavano
le
materie
prime
che
ancora
dovevano
essere
trasformate.
Il
valore
della
produzione
è
uguale
ai
ricavi
di
vendita
+
le
rimanenze
dei
prodotti.
Se
invece
non
produco
materiali
ma
servizi
che
non
posso
immagazzinare,
li
produco
e
lo
vendo
contemporaneamente.
(Esempio:
ho
un
azienda
di
trasporti
da
Roma
a
Firenze,
organizzo
un
pullman
di
100
posti,
produco
100
servizi
di
trasferimento
ad
ogni
singola
persona;
se
ho
solo
70
clienti
su
100,
i
30
posti
in
più
non
li
ho
venduti
e
non
posso
più
venderli
successivamente.
Ecco
perché
non
esiste
il
magazzino.
Di
conseguenza
c’è
un
unico
flusso
che
parte
dalla
produzione
e
va
dai
clienti
finali,
non
c’è
rimanenza
di
prodotti.)
Valore
della
produzione
=
ricavi
di
vendita.
I
ricavi
di
vendita
sono
un
dato
oggettivo,
il
valore
della
produzione
e
le
rimanenze
non
sono
misurate
in
modo
oggettivo
ma
è
sufficiente
dare
un
valore
alle
rimanenze
dei
prodotti
per
poter
determinare
il
valore
della
produzione.
[Dividendo
immaginariamente
il
rettangolo
che
riguarda
la
produzione
in
due
parti:
nella
parte
sinistra
abbiamo
i
fattori
di
produzione,
detti
input,
e
a
destra
abbiamo
i
prodotti
ossia
gli
output.
Un
azienda
crea
ricchezza
se
con
la
sua
attività
realizza
prodotti
che
hanno
valore
superiore
a
quanto
consuma
per
realizzarli.
La
contrapposizione
tra
il
valore
input
e
il
valore
output
indica
la
capacità
dell’azienda
di
creare
ricchezza.]
20
CAP
3:
IL
CONTROLLO
ECONOMICO
–
GENERALE
DEI
PROCESSI
DI
PRODUZIONE
SCHEMA
DEL
SISTEMA
DEI
VALORI
EMERSI
NELLE
OPERAZIONI
AZIENDALI:
-‐ Entrata:
finanziario,
flusso
-‐ Interessi
passivi:
economico,
flusso
-‐ Debiti
di
finanziamento:
finanziario,
stock
(il
debito
ce
l’ho
oggi
non
durante
l’anno)
-‐ Cassa:
finanziario,
stock
-‐ Capitale:
economico,
stock
-‐ Dividendi:
economico,
flusso
-‐ Costo
acquisizione
dei
fattori:
economico,
flusso,
-‐ Uscite:
finanziario,
flusso
-‐ Debiti
di
funzionamento:
finanziario,
stock
-‐ Costo
della
produzione
(somma
di
costi):
economico,
flusso
-‐ Costo
di
utilizzazione
dei
fattori:
economico,
flusso
-‐ Crediti
di
funzionamento:
finanziario,
stock
-‐ Rimanenze
di
prodotti:
economico,
stock
-‐ Rimanenze
fattori:
economico,
stock
-‐ Ricavi
di
vendita:
economico,
flusso
-‐ Valore
della
produzione:
economico,
flusso
Valori
finanziari
o
valori
economici:
Per
valori
finanziari
si
intendono
quei
valori
che
possono
essere
espressi
in
termini
quantitativi
solo
mediante
il
metodo
monetario.
Sono
valori
economici
quei
valori
che
si
possono
esprimere
quantitativamente
mediante
altre
unità
di
misura
oltre
quella
monetaria.
Valori
flusso
o
valori
stock:
Questa
nuova
distinzione
dei
valori
serve
per
distinguere
i
valori
che
esprimono
un
flusso,
cioè
che
esprimono
il
passaggio
da
una
parte
all’altra
e
che
per
poter
essere
quantificati
hanno
bisogno
di
un
periodo
di
tempo
determinato,
e
i
valori
stock
che
trovano
riferimento
ad
un
istante
e
non
ad
un
periodo
di
tempo
determinato.
21
ANALISI
DELLA
GESTIONE
AZIENDALE
Il
controllo
aziendale,
che
consiste
nel
verificare
se
gli
obiettivi
della
gestione
sono
stati
conseguiti,
può
essere
ripartito
nel
controllo
economico,
finanziario
e
patrimoniale.
Analizziamo
quindi
le
operazioni
di
gestione
svolte
da
un’azienda,
osservandole
sotto
questi
tre
diversi
punti
di
vista:
1. Controllo
economico-‐reddituale:
si
propone
di
andare
a
capire
se
l’azienda
produce
ricchezza.
Il
concetto
che
sintetizza
la
capacità
di
produrre
ricchezza
è
il
concetto
di
reddito.
[Riguarda
tutti
i
valori
descritti
nello
schema:
economici
–
flusso]
2. Patrimoniale:
Tramite
questa
visione,
viene
esaminata
la
consistenza
patrimoniale
dell’azienda
ossia
ciò
che
l’azienda
ha
a
disposizione
misto
a
quelle
che
sono
le
obbligazioni
dell’azienda
(rate
finanziamento).
Il
capitale
dell’azienda
è
dato
da
ciò
che
l’azienda
ha
a
disposizione,
unito
a
quelli
che
sono
gli
obblighi
dell’azienda
stessa
.
Concetto
che
sintetizza
la
consistenza
patrimoniale
dell’azienda:
capitale
netto.
[Riguarda
tutti
i
valori
descritti
nello
schema:
stock]
3. Monetario
o
Finanziario:
L’osservazione
qui
è
concentrata
sulla
dinamica
monetaria
della
gestione;
si
propone
di
capire
la
condizione
della
liquidità
dell’azienda
cioè
la
capacità
di
far
fronte
alle
uscite.
L’azienda
deve
avere
costantemente
un
certo
livello
di
liquidità
senno
non
può
andare
avanti.
Concetto
di
sintesi:
flusso
di
cassa
detto
anche
cash
flow
(Il
flusso
di
cassa
è
la
ricostruzione
dei
flussi
monetari
(differenza
tra
tutte
le
entrate
e
le
uscite
monetarie)
di
una
azienda
nell'arco
di
un
determinato
periodo
preso
in
analisi)
[Riguarda
tutti
i
valori
descritti
nello
schema:
finanziari
–
flusso
(entrate
ed
uscite)]
IL
REDDITO
“Il
reddito
è
la
variazione
del
capitale
netto
prodotta
dalle
operazioni
di
gestione”
“Il
reddito
è
l’accrescimento
che
in
un
determinato
periodo
di
tempo,
il
capitale
di
un’impresa
subisce
in
conseguenza
alla
gestione”
I
caratteri
del
reddito
sono
i
seguenti:
-‐ Il
reddito
è
una
variazione:
essendo
una
variazione
può
essere
incrementare
o
decrementare.
È
detto
utile
il
reddito
positivo,
e
perdita
quello
negativo.
Tale
variazione
si
associa
alle
operazioni
di
gestione,
ciò
significa
che
non
è
reddito
una
variazione
del
valore
del
capitale,
se
tale
variazione
è
determinata
da
nuovi
apporti
di
capitale;
-‐ Il
reddito
deve
poter
essere
individuato
nel
tempo:
il
reddito
è
un
fenomeno
che
ha
senso
nel
tempo,
o
meglio,
in
un
intervallo;
-‐ Il
reddito
presuppone
la
presenza
di
un
capitale:
affermare
che
il
reddito
presuppone
la
presenza
di
un
capitale
non
significa
che
il
reddito
derivi
direttamente
dal
capitale,
anzi,
secondo
l’innovazione
Zappiana,
di
Zappa,
si
ritiene
che
avvenga
il
contrario,
ossia
è
il
capitale
ad
essere
prodotto
dal
reddito;
Il
capitale
può
quindi
essere
considerato
intimamente
collegato
al
reddito
in
quanto
condizione
e
strumento
materiale
della
produzione
aziendale.
Il
capitale
non
avrebbe
significato
come
fonte
di
reddito
se
non
fosse,
insieme
al
fattore
lavoro,
reso
operante
dall’uomo
nell’ambito
del
sistema
d’azienda.
Anche
il
reddito
come
il
capitale
è
un
valore,
nonostante
sia
astratto
e
indeterminato.
Capitale:
stato
complessivo
delle
attività
e
delle
passività
che
concorrono
alla
formazione
dei
redditi
futuri.
Il
capitale
è
l’aspetto
statico
dell’investimento,
espresso
in
due
istanti,
quello
iniziale
e
quello
finale
del
periodo
prescelto,
ed
è
rappresentato
dai
valori
stock.
Reddito:
aspetto
dinamico
dell’investimento,
espresso
dai
valori
flusso,
che
fa
ovviamente
riferimento
ad
un
determinato
intervallo
di
tempo.
-‐ Il
reddito
è
in
relazione
di
causa-‐effetto
con
la
gestione:
Il
reddito
è
il
risultato
della
gestione
aziendale;
22
Il
reddito
non
è
un
concetto
istantaneo,
deve
riferirsi
necessariamente
ad
un
certo
periodo
di
tempo.
L’azienda
produce
un
reddito
X
in
un
determinato
anno
preso
in
considerazione;
non
posso
dire
improvvisamente
che
il
giorno
Y
del
mese
K
di
un
anno
preso
casualmente,
il
reddito
è
X.
Il
reddito
consiste
nella
contrapposizione
tra
i
ricavi
netti
(valore
dei
prodotti
venduti)
e
i
costi
netti
(valore
dei
fattori
realizzati).
Se
l’arco
temporale
del
reddito
è
tutta
la
vita
dell’azienda
ossia
da
quando
nasce
a
quando
finisce,
si
parlerà
di
reddito
globale
o
totale.
Il
reddito
totale
può
essere
determinato
quindi
facendo
la
differenza
tra
i
ricavi
conseguiti
ed
i
costi
sostenuti
monetariamente
durante
l’intera
vita
dell’azienda.
Quando
parliamo
invece
di
reddito
di
esercizio
o
di
periodo
ci
si
riferisce
al
reddito
relativo
ad
un
periodo
limitato
che
convenzionalmente
è
quello
di
un
anno.
Il
reddito
di
periodo
esprime
la
remunerazione
spettante
ai
proprietari,
o
meglio
ai
portatori
di
capitale
proprio,
dell’azienda,
a
seguito
dello
svolgimento
dell’attività
aziendale.
Se
tale
remunerazione
è
positiva,
verrà
chiamata
utile
di
periodo,
qualora
fosse
negativa
invece
sarà
detta
perdita
di
periodo.
LOGICA
DI
DETERMINAZIONE
DEL
REDDITO
(PRIMO
ANNO
DI
ATTIVITÀ)
Costi:
Ricavi:
Costi
di
acquisizione
riguardanti
materiali,
Ricavi
servizi,
lavoro
e
impianti
Costi
finanziari
ossia
le
rate
con
gli
interessi
che
Ricavi
l’azienda
deve
pagare
a
terzi
che
la
hanno
finanziata
Costo
della
produzione
Se
contrapponiamo
tali
elementi,
se
facciamo
questa
differenza
tra
i
costi
e
i
ricavi
non
otteniamo
il
reddito,
inteso
come
misura
di
ricchezza
creata
dall’azienda.
Alcuni
fattori
che
abbiamo
realizzato
non
sono
ancora
stati
venduti
ed
altri
fattori
acquistati,
quali
per
esempio
le
materie
prime,
non
sono
stati
ancora
utilizzati.
Questo
problema
dei
fattori
acquisiti
ma
non
utilizzati
riguarda
solo
i
materiali,
in
quanto
per
il
lavoro
e
per
i
servizi
l’acquisto
avviene
contemporaneamente
all’utilizzo.
A
questo
punto
dobbiamo
necessariamente
suddividere
il
costo
di
acquisizione
in
due
parti
:
una
parte
che
è
diventata
costo
di
utilizzazione,
che
riguarda
i
materiali
che
io
ho
utilizzato
nel
processo
produttivo,
ed
un'altra
che
riguarda
le
rimanenze
di
materiali,
quelli
che
ancora
devo
utilizzare.
Costo
di
acquisizione
=
costo
di
utilizzo
+
rimanenze
materiali.
Conoscendo
il
costo
di
acquisizione,
ed
il
valore
delle
rimanenze,
basta
sottrarre
quest’ultime
per
arrivare
al
valore
del
costo
di
utilizzo.
*[Il
costo
utilizzazione
coincide
con
quello
di
produzione]
Il
costo
della
produzione
che
abbiamo
trovato,
si
contrappone
però
al
valore
della
produzione
e
non
al
ricavo
di
vendita.
Vi
è
una
differenza
tra
i
due
valori
contrapposti
legata
al
fatto
che
i
prodotti
che
realizzo
in
parte
vengono
venduti
ed
in
parte
vanno
in
magazzino.
23
Devo
quindi
suddividere
questa
volta
il
valore
della
produzione
in
due
parti,
la
parte
relativa
ai
prodotti
che
ho
venduto
e
quella
relativa
a
quelli
che
ancora
non
ho
venduto.
Valore
produzione
=
prodotti
venduti
(ricavi
di
vendita)
+
rimanenze
prodotti
immagazzinati.
Se
dal
costo
di
produzione
sottraggo
le
rimanenze
dei
prodotti
ottengo
il
costo
del
venduto,
ossia
il
costo
dei
fattori
relativo
ai
prodotti
venduti.
Questo
valore
è
omogeneo
rispetto
ai
ricavi
di
vendita.
Esempio
pratico
riguardante
il
primo
anno
di
attività:
Abbiamo
acquistato
100
materiali.
A
fine
anno
abbiamo
20
rimanenze.
In
totale
abbiamo
realizzato
10
unità
di
prodotto
e
ne
abbiamo
vendute
7
al
prezzo
unitario
di
9
EUR.
Costo
acquisizione:
100
materiali
/
materie
prime
Ricavi
di
vendita:
7
x
9
=
63
EUR
Costo
di
utilizzo:
100
(costo
di
acquisizione)
-‐20
(rimanenze
materiali)
=
80
(costo
utilizzo
totale)
Se
ho
10
unità,
e
ho
speso
80
di
costo
di
utilizzo
significa
che
ogni
unità
ha
costo
di
utilizzo
=
8
Quanti
prodotti
abbiamo?
10
–
7
(venduti)
=
3
che
è
il
numero
dei
prodotti
rimasti
(rimanenze)
Valore
della
rimanenza
(quanto
mi
sono
costate
a
me
le
rimanenze)
=
3
x
8
(costo
di
utilizzo
di
ogni
unita)
=
24
(costo
di
utilizzo
riguardante
3
prodotti
che
io
non
ho
venduto)
80
-‐
24
=
56
(costo
di
utilizzo
che
io
ho
venduto
effettivamente)
Se
63
erano
i
ricavi
di
vendita,
e
se
56
è
costo
effettivo
dei
prodotti
che
ho
venduto,
il
reddito,
ossia
il
mio
guadagno
è
un
utile
(perché
positivo)
di
7
durante
il
primo
anno
di
attività.
REDDITO
CONSIDERATO
DURANTE
UN
QUALSIASI
ANNO
X
(NON
PRIMO
ANNO
DI
ATTIVITÀ)
Costi:
Ricavi:
Costi
di
acquisizione
riguardanti
materiali
+
Ricavi
di
vendita
dei
prodotti
esistenze
iniziali
dei
materiali
(dell’anno
precedente)
Costi
finanziari
ossia
le
rate
con
gli
interessi
che
l’azienda
deve
pagare
a
terzi
che
la
hanno
finanziata
Costo
della
produzione
+
esistenze
iniziali
prodotti
anno
precedente
24
Lo
schema
di
prima
non
basta
perché
dall’anno
X
l’azienda
può
utilizzare
i
fattori
sia
comprati
durante
quell’anno
X,
sia
le
rimanenze
dell’anno
precedente.
I
20
materiali
rimasti,
facendo
riferimento
all’esempio
precedente,
l’azienda
nell’anno
X
può
riutilizzarli.
Allo
stesso
modo
i
prodotti
che
l’azienda
può
vendere
non
sono
più
solo
quelli
che
l’azienda
produce
nell’anno
X,
ma
anche
quelli
prodotti
nell’anno
precedetene
che
non
aveva
venduto.
[I
valori
dell’anno
precedente
sono
detti
valori
ripresi]
Consumo
materie
prime
anno
X
=
costo
di
acquisizione
materie
anno
X
+
esistenza
iniziali
materiali
anno
precedente
(X-‐1)–
rimanenze
dei
materiali
avanzati
durante
anno
X.
Confronto
rimanenze
materiali
anno
X
con
esistenze
iniziali
nel
magazzino
(anno
X-‐1):
Variazione
magazzino
materiali:
se
il
magazzino
dei
materiali
aumenta,
significa
che
ho
consumato
di
meno
rispetto
a
quanto
ho
acquistato,
si
avrà
quindi
un
incremento
positivo
del
magazzino
materiali.
Il
costo
di
acquisto
sarà
logicamente
più
alto
dei
consumi
dei
materiali:
se
compro
500,
ed
il
magazzino
da
100
passa
a
110,
aumentando
di
10,
vuol
dire
che
utilizzo
490,
dunque
il
costo
di
acquisto
è
superiore
a
quello
di
utilizzo.
Al
contrario
se
il
magazzino
si
è
ridotto
significa
che
ho
consumato
più
materiali
di
quelli
che
ho
acquistato.
In
questo
caso
si
avrà
un
decremento
di
magazzino
che
dovrà
essere
sommato
al
costo
di
acquisto
dei
materiali
per
ottenere
il
costo
di
utilizzo
dei
materiali.
Se
a
inizio
anno
il
magazzino
era
100
e
a
fine
anno
è
85,
dopo
che
ho
acquistato
500,
vuol
dire
che
ho
utilizzato
tutti
e
500
più
i
15
che
ho
preso
dal
magazzino.
Quindi
il
costo
di
utilizzo
totale
sarà
515,
più
alto
del
costo
di
acquisizione
che
era
500.
Variazione
magazzino
prodotti:
In
un
determinato
anno
X
io
ho
disponibili
per
la
vendita,
oltre
ai
prodotti
relativi
all’anno
X,
anche
i
prodotti
già
realizzati
nell’anno
precedente
(
rimanenze
prodotti
anno
X-‐1).
Anche
parlando
dei
prodotti,
la
variazione
può
essere
sia
incrementativa
che
decrementativa.
Variazione
incrementativa
del
magazzino:
nell’anno
X
ho
prodotto
di
più
di
quanto
ho
venduto.
Dovrò
sottrarre
dai
costi
di
produzione
la
variazione
dei
prodotti
che
ho
portato
in
magazzino.
Se
ho
un
decremento
invece
vuol
dire
che
ho
venduto
di
più
di
quanto
ho
prodotto
in
quell’anno,
e
quindi
il
costo
dei
prodotti
venduti
sarà
superiore
al
costo
di
produzione
di
tali
fattori.
Dovrò
sommare
al
costo
di
produzione
la
variazione
decrementativa.
Esempio
pratico
Primo
anno
acquistiamo
100
materiali.
Fine
anno,
in
magazzino
ho
rimanenze
finali
di
materiali
uguali
a
20.
Consumo
effettivo
materiali
=
80.
Anno
X,
acquisto
150
materiali,
+
esistenze
iniziali
anno
precedente
(20)
à
materiali
disponibili
anno
X
=
150+20
=170.
Materiali
rimanenza
fine
anno
=
35.
Consumo
materiali
effettivo
è
170-‐35
=
135.
Variazione
del
magazzino:
aumentato
da
20
a
35.
Incremento
del
magazzino
+15.
Ho
consumato
di
meno
di
quanto
ho
comprato.
(ho
consumato
135
su
150).
Devo
quindi
sottrare
15
a
150
per
ottenere
il
consumo
effettivo
dei
materiali
=
135.
25
REDDITO
RELATIVO
AGLI
IMPIANTI
Il
costo
dell’acquisto
degli
impianti
non
lo
consideriamo
come
costo
di
esercizio,
come
facciamo
con
i
materiali,
ma
come
un
investimento
pluriennale
considerato
come
capitale-‐patrimonio
dell’azienda.
Se
compriamo
un
impianto
a
100,
ovviamente
a
fine
anno
avrà
perso
una
percentuale
di
valore,
e
varrà
per
esempio
90.
Per
calcolare
il
reddito
relativo
agli
impianti
non
inseriamo
il
costo
di
acquisizione
degli
impianti
ma
la
quota
di
ammortamento
degli
impianti,
che
nel
nostro
esempio
è
10,
ossia
la
quota
che
rappresenta
il
valore
che
l’impianto
ha
perso
sino
a
quel
determinato
periodo.
IL
CAPITALE
Abbiamo
detto
precedentemente
che
il
reddito
fa
riferimento
al
capitale.
Ma
di
che
tipo
di
capitale
si
tratta?
Si
tratta
del
capitale
netto,
o
patrimonio
netto,
vale
a
dire
la
disponibilità
dei
mezzi
propri
che
devono
avviare
e
poi
permanere
per
tutto
il
tempo
dell’azienda.
“Il
capitale
è
un
sistema
di
valori
che
esprime
i
rapporti
attivi
e
passivi
dell’azienda”
(Valori
finanziari
ed
economici,
esclusivamente
stock)
I
rapporti
attivi
sono
anche
detti
attività,
mentre
quelli
passivi
sono
detti
passività
e
riguardano
l’insieme
di
obblighi
che
gravano
sull’azienda.
Capitale
lordo:
totale
delle
attività/passività
Capitale
netto:
Capitale
lordo
-‐
passività.
Esempio:
Capitale
lordo(investito)
=
100;
debiti
=
70;
netto
=
30.
Se
in
un
momento
di
vita
dell’azienda
si
verifica
che
le
passività
superano
di
valore
il
lordo,
il
netto
avrà
segno
negativo
e
prenderà
il
nome
di
deficit
patrimoniale.
Rapporti
attivi:
ciò
che
l’azienda
ha
a
disposizione
Rapporti
passivi:
obbligazioni
dell’azienda
(aspettative
di
entrata)
(aspettative
di
uscita)
Cassa
Debiti
finanziamento
Crediti
finanziari
Debiti
funzionamento
Crediti
funzionamento
Rimanenze
prodotti
Rimanenze
materiali
26
Il
capitale
e
le
sue
configurazioni:
-‐ Il
capitale
di
bilancio
o
di
funzionamento:
E’
un
capitale
che
si
determina
nel
normale
funzionamento
dell’azienda.
Consiste
nell’insieme
degli
elementi
che
formano
il
capitale
dell’azienda
analizzati
con
la
prospettiva
di
determinare
il
reddito
dell’azienda.
L’aspetto
che
caratterizza
tale
visione
di
capitale
si
basa
sul
fatto
che
è
un
capitale
strumentale
alla
determinazione
del
reddito.
-‐ Il
capitale
economico:
è
un
capitale
che
si
determina
quando
ipoteticamente
l’azienda
è
oggetto
di
operazioni
di
carattere
straordinario,
che
avvengono
al
di
sopra
dell’azienda
stessa,
quali
la
fusione,
la
cessione
ecc.
Il
capitale
economico
viene
scambiato
da
un
azienda
ad
un'altra,
o
si
unisce
in
caso
di
fusione.
E’
un
capitale
in
funzione
del
reddito
prospettico.
Quanto
vale
quest’azienda
in
funzione
del
reddito
che
quest’azienda
produrrà
in
futuro?
Quando
compro
un
azienda
non
mi
interessa
il
reddito
passato-‐presente
ma
solo
quello
in
prospettiva
futura.
-‐ Capitale
di
liquidazione:
è
un
capitale
che
si
determina
quando
ipoteticamente
si
ha
esclusivamente
la
cessazione
dell’attività.
Ogni
elemento
aziendale
non
fa
più
parte
dell’azienda
in
funzionamento
ma
diventa
un
elemento
singolo,
un
elemento
in
quanto
tale.
Es:
Se
ho
dei
materiali
rimasti,
il
loro
valore
sarà
uguale
a
quello
che
posso
ottenere
vendendoli
rapidamente
sul
mercato,
senza
preoccuparmi
di
quanto
ho
speso
io
per
produrli.
In
questa
valutazione
va
segnalato
che
alcuni
elementi
del
capitale
possono
perdersi,
azzerarsi.
In
particolare
gli
elementi
immateriali
del
capitale,
nell’ipotesi
di
liquidazione
si
perdono.
Se
ho
un
marchio
che
ho
realizzato
o
comprato,
che
ha
un
valore
durante
il
funzionamento
dell’azienda,
tale
valore
si
perde
in
caso
di
liquidazione;
venendo
meno
l’azienda
il
marchio
si
perde.
Il
capitale
di
funzionamento:
Il
capitale
di
funzionamento
rappresenta
le
fonti
di
finanziamento,
ovvero
i
flussi
che
raggiungono
l’azienda
per
alimentare
la
propria
attività,
e
sono
dati
dal
capitale
proprio
e
dal
capitale
di
finanziamento.
Le
passività
possono
anche
essere
chiamate
capitale
di
terzi
o
capitale
di
finanziamento.
Il
capitale
di
funzionamento
è
quindi
il
sistema
di
valori
positivi
o
negativi
che
esprimono
il
valore
delle
condizioni
patrimoniali
di
un’azienda
oppure
si
può
dire
che
è
il
capitale
proprio
misurato
in
sede
di
un
sistema
contabile
con
il
fine
della
determinazione
del
reddito.
27
CAP
4:
PROCESSI
DI
FINANZIAMENTO
DELL’ATTIVITÀ
AZIENDALE
“I
processi
di
finanziamento,
sono
i
processi
necessari
all’azienda
per
l’ottenimento
delle
fonti
necessarie
per
l’attività
aziendale”
I
processi
di
finanziamento
possono
essere
visti
in
prospettiva
statica,
facendo
riferimento
ad
un
istante
preciso
ed
in
prospettiva
dinamica,
facendo
riferimento
ad
un
mese
per
esempio.
Il
finanziamento,
che
indica
la
provenienza
delle
fonti
necessarie
per
l’attività
aziendale,
viene
definito
un
afflusso
di
capitale.
Vengono
definiti
deflussi
di
capitale
invece
gli
investimenti,
in
quanto
indicano
come
spendo
le
fonti
acquisite.
Il
deflusso
può
essere
causato
da
nuovi
investimenti
o
da
rimborsi
di
capitale.
L’afflusso
può
derivare
da
nuovi
finanziamenti
o
dal
realizzo
di
investimenti
(vendita
di
investimenti).
Investimenti:
possono
essere
strutturali
(statico)
o
correnti
(dinamico).
Strutturali
quando
l’investimento
avviene
in
un
elemento
attivo
del
capitale,
un
qualcosa
a
disposizione
dell’azienda,
che
è
destinato
a
permanere
nell’azienda
a
lungo
termine.
Se
un
azienda
acquista
un
impianto,
si
parlerà
di
un
investimento
strutturale.
L’acquisto
di
materie
prime,
che
sono
destinate
ad
essere
utilizzate
in
tempi
rapidi
(si
parla
di
mesi
non
di
anni)
fa
parte
degli
investimenti
di
tipo
corrente.
Gli
elementi
strutturali
si
dividono
in:
-‐ Impianti
Gli
elementi
correnti
si
dividono
in:
-‐ Materiali
-‐ Crediti
-‐ Debiti
-‐ Cassa
FABBISOGNO
DI
FINANZIAMENTO
O
FABBISOGNO
FINANZIARIO
“Il
fabbisogno
di
finanziamento
consiste
nell’ammontare
dei
capitali
di
cui
l’azienda
ha
bisogno
per
svolgere
la
propria
attività
aziendale”
Anche
qui
abbiamo
una
visione
sia
statica
che
dinamica.
Visione
statica
(valori
stock):
fabbisogno
legato
al
fatto
che
dev’esserci
uguaglianza
di
importi
tra
investimenti
e
finanziamenti,
cioè
tra
impieghi
e
fonti.
Visione
dinamica
(valori
flusso):
fabbisogno
di
finanziamento
legato
a
come
varia
l’entità
degli
investimenti
per
effetto
delle
operazioni
di
gestione.
L’azienda
compie
delle
operazioni,
acquista
e
vende,
tali
operazioni
vanno
a
modificare
gli
investimenti,
determinando
una
variazione
degli
investimenti
stessi.
Solitamente
si
parla
di
fabbisogno
di
finanziamento
con
una
visione
dinamica,
facendo
riferimento
al
futuro.
Fabbisogno
di
finanziamento
lordo
per
l’anno
successivo:
devo
domandarmi
quali
investimenti
strutturali
ho
programmato
di
fare
e
successivamente
quali
investimenti
correnti
andrò
a
fare.
Il
fabbisogno
di
finanziamento
in
prospettiva
futura
deve
tener
conto
però
anche
dei
rimborsi
di
finanziamenti
(mutui
che
scadono).
Es:
Investimenti
strutturali
=
100;
Investimenti
correnti
=
20;
Rimborsi
capitale
=
30;
Fabbisogno
di
finanziamento
lordo
=
150.
28
-‐ Fabbisogno
finanziario
strutturale
(visione
statica):
legato
ad
investimenti
che
ci
sono
e
che
non
possono
essere
ridotti;
-‐ Fabbisogno
finanziario
per
elasticità
(visione
prospettica):
legato
ad
investimenti
non
strutturali,
i
investimenti
che
ci
sono
e
che
possono
modificarsi
nel
tempo.
-‐ Fabbisogno
finanziario
per
la
crescita:
ulteriore
fabbisogno
per
coprire
lo
sviluppo
degli
impieghi
legato
ad
i
processi
di
crescita
dimensionale
dell’azienda.
Il
fabbisogno
di
finanziamento
va
necessariamente
coperto.
Bisogna
quindi
individuare
le
fonti
di
finanziamento
che
permettono
all’azienda
di
procurarsi
i
capitali
sufficienti
a
coprire
questo
fabbisogno.
Le
fonti
di
finanziamento
sono
di
due
tipi:
interne
o
esterne.
Parlando
delle
fonti
di
finanziamento
ci
siamo
occupati
solo
delle
fonti
esterne,
ossia
dei
capitali
che
provengono
da
soggetti
esterni
all’azienda,
i
finanziatori
oppure
gli
azionisti.
L’azienda
però
ha
dei
ricavi,
che
sono
la
principale
fonte
di
afflusso
monetario,
nonché
fonte
interna
dei
finanziamenti.
-‐ Le
fonti
interne:
sono
risorse
finanziarie
generate
dall’azienda
stessa
mediante
la
sua
operatività,
dunque
sono
costituite
dall’autofinanziamento.
-‐ Autofinanziamento:
deriva
dalla
combinazione
entrata-‐uscite
monetarie
dell’azienda
stessa.
Pensando
all’autofinanziamento
positivo,
ossia
come
mezzi
finanziari
per
coprire
il
fabbisogno
è
necessario
partire
dalle
entrate,
costituite
dai
ricavi
di
vendita.
Ricavi
di
vendita
sono
la
causa
principale
delle
entrate
aziendali.
(Rapporto
capitale
investito
(impieghi)
–
ricavi
di
vendita
più
o
meno
sta
a
1-‐
4).
Autofinanziamento
lordo:
ricavi
di
vendita.
In
realtà
però
non
tutta
la
somma
dei
ricavi
di
vendita
può
essere
destinata
alla
copertura
del
fabbisogno.
L’azienda
produce
entrate,
ma
per
realizzare
le
entrate
l’azienda
deve
sostenere
delle
uscite
indispensabili.
Bisogna
quindi
togliere
dai
ricavi
di
vendita
i
costi
monetari
(acquisto-‐utilizzo
di
fattori
produttivi
per
i
quali
abbiamo
un’uscita
di
denaro,
esclusi
quelli
che
sono
destinati
ad
essere
investimenti,
entrano
stabilmente
nella
struttura
del
capitale
attivo)
per
ottenere
l’autofinanziamento
netto.
Per
calcolare
l’autofinanziamento
netto
possiamo
anche
partire
dal
reddito
netto;
se
sommiamo
quest’ultimo
con
i
costi
NON
monetari
(es:
trattamento
di
fine
rapporto,
ammortamento),
avremo
di
nuovo
l’autofinanziamento
netto.
Reddito
netto
=
ricavi
(entrate)
–
costi
(divisi
in
monetari
e
NON).
Se
aggiungiamo
al
reddito
i
costi
non
monetari,
in
pratica
andiamo
a
vedere
quale
parte
del
reddito
è
anche
un
flusso
di
cassa.
Costi
monetari:
costi
per
la
quale
c’è
un’uscita
di
denaro.
Costi
non
monetari:
ci
sono
i
consumi
ma
non
c’è
uscita
di
denaro.
Vi
è
infine
una
terza
configurazione
dell’autofinanziamento,
detto
autofinanziamento
in
senso
stretto.
Se
dall’autofinanziamento
netto
togliamo
i
costi
non
monetari
otteniamo
il
reddito
netto.
Reddito
netto
-‐
i
dividendi
(parte
distribuita
ai
soci)
=
autofinanziamento
in
senso
stretto
(parte
del
reddito
che
non
viene
distribuita
ai
soci).
Esempio:
reddito
100,
distribuiamo
70
a
i
soci,
30
non
vengono
distribuiti
e
formeranno
l’autofinanziamento
in
senso
stretto,
incrementando
in
modo
stabile
il
capitale
apportato
dagli
azionisti
(capitale
iniziale
+
quota
redditi
non
distribuita).
Riserva
di
utili:
incrementi
del
capitale
apportato
dagli
azionisti-‐soci,
determinati
dal
fatto
che
una
parte
del
reddito
non
viene
distribuita
ma
trattenuta
all’interno
dell’azienda.
29
Esempio:
Reddito
netto
=
300.
I
dividendi
distribuiti
ai
soci
sono
180.
Quindi
120
non
li
distribuiamo
ai
soci.
Questo
120
costituisce
l’autofinanziamento
in
senso
stretto.
Questo
120
(riserva
di
utili.
Componente
del
capitale
netto),
non
distribuito,
va
ad
aggiungersi
alla
componente
del
capitale
del
finanziamento
che
si
riferisce
agli
azionisti-‐soci.
-‐ Fonti
esterne:
di
due
tipi:
capitale
di
apporto
(azionisti)
e
capitale
di
debito
(finanziatori).
Elenchiamo
alcune
differenze
tra
questi
due
diversi
capitali:
-‐ Differenze
capitali
punto
di
vista
soggettivo:
i
soggetti
sono
diversi,
da
un
lato
ci
sono
gli
azionisti,
dall’altro
i
finanziatori.
Gli
azionisti
sono
coinvolti
nella
gestione,
mentre
i
finanziatori
sono
esterni,
non
coinvolti
nella
gestione
dell’azienda.
-‐ Differenza
vincolo
di
destinazione:
in
entrambi
i
casi
si
tratta
di
destinare
un
certo
ammontare
di
capitale,
di
risorse
finanziarie
all’azienda.
La
differenza
sta
che
nel
caso
degli
azionisti
la
destinazione
è
stabile.
Finché
è
in
vita
l’azienda
quei
capitali
rimangono
vincolati
all’azienda
stessa.
Nel
caso
dei
finanziatori
invece
questa
distinzione
non
è
stabile
ma
è
prevista
una
scadenza
entro
la
quale
dovrà
esserci
la
restituzione
di
questi
capitali.
Se
compro
le
azioni
di
un
azienda,
queste
azioni
mi
rimarranno.
Se
invece
sono
un
finanziatore,
una
banca,
e
finanzio
l’azienda
per
5
anni,
c’è
una
scadenza,
il
tempo
è
limitato.
Non
sono
vincolati
stabilmente.
Capitale
di
debito
a
breve
oppure
medio-‐lungo
termine.
-‐ Differenza
di
remunerazione:
sia
gli
azionisti
che
i
finanziatori
destinano
dei
capitali
all’azienda
con
l’intento
di
conseguire
dei
guadagni.
Nel
caso
del
capitale
di
debito,
il
contratto
di
finanziamento
prevede
costantemente
la
remunerazione,
compresi
gli
interessi.
La
remunerazione
in
questo
caso
è
un
obbligo
stabilito
contrattualmente.
Questa
rata
obbligatoria
spesso
non
è
fissa
ma
variabile.
Varia
in
base
a
come
l’azienda
sta
andando
(tasso
d’interesse
=
tasso
euribor
(variabile)
+
spread
4%
(variabile)).
Nel
caso
del
capitale
apportato,
gli
azionisti
guadagnano
in
base
al
reddito
prodotto
dall’azienda.
L’azionista
guadagna
se
l’azienda
va
bene,
ci
perde
se
l’azienda
va
male.
L’azionista
rischia.
Un'operazione
di
finanziamento
viene
fatta
facendo
degli
studi,
delle
ipotesi
su
ciò
che
succederà
in
futuro.
Solo
valutando
tali
ipotesi
si
deciderà
se
finanziare
o
meno
l’azienda.
Finanziamento
soggetto
a
rischi:
tale
ipotesi
potrebbero
verificarsi
cosi
come
previste
oppure
non
verificarsi.
Sotto
questo
aspetto
di
rischi
i
due
capitali
sono
diversi:
finanziamento
con
capitale
di
debito,
rischio
del
finanziatore.
Dal
lato
dell’azienda
lo
chiamiamo
rischio
finanziario.
Il
rischio
del
finanziatore
quando
fa
un
operazione
di
finanziamento
è
quello
di
non
avere
indietro
i
capitali
prestati
o
di
non
avere
indietro
la
remunerazione
che
lui
aveva
prestabilito.
Tale
rischio
diventa
concreto
quando
l’azienda
non
è
in
equilibrio
economico.
Con
l’ipoteca
all’azienda,
in
caso
la
banca
non
viene
pagata,
può
prendersi
l’immobile
così
da
guadagnare
ugualmente.
(A
garanzia
del
finanziamento
viene
ipotecata
l’azienda).
Rischio
dell’azionista
e
del
finanziatore
derivano
entrambi
dal
rischio
aziendale.
L’azionista
però
subisce
totalmente
gli
andamenti
dell’azienda
senza
garanzie,
che
invece
ha
il
finanziatore.
-‐ Differenza
di
potere:
il
capitale
di
apporto
conferisce
il
potere
di
incidere
sulla
gestione
aziendale,
incidendo
sulla
nomina
dei
soggetti
che
amministrano
l’azienda.
Tale
potere
non
c’è
per
i
finanziatori
che
rimangono
esterni
totalmente
alla
gestione
dell’azienda.
30
-‐ Il
capitale
di
apporto:
detto
anche
capitale
proprio
viene
apportato
dai
soci
e
prende
anche
il
nome
di
capitale
sociale.
Tale
capitale
consiste
nella
somma
conferita
nel
momento
iniziale
o
durante
la
vita
della
società
o
anche
durante
la
vita
dell’azienda
(quando
ci
sono
degli
aumenti
di
capitale).
Il
capitale
sociale
è
ripartito
tra
i
vari
soci
e
giuridicamente
è
composto
dalle
quote
o
dalle
azioni.
Le
azioni
sono
parte
del
capitale
sociale
attribuite
ai
soci
nell’ambito
delle
società
per
azioni
(S.p.a.).
Le
quote
invece
sono
attribuite
ai
soci
nell’ambito
delle
altre
tipologie
di
società,
quali
quelle
a
responsabilità
limitata
(s.r.l.)
o
società
di
persone.
La
differenza
tra
quote
e
azioni
non
è
solo
di
termine
ma
è
sostanziale:
le
azioni
sono
tutte
di
pari
importo,
un
socio
può
avere
un
numero
maggiore
di
azioni
rispetto
agli
altri,
ma
tutte
le
azioni
hanno
lo
stesso
valore.
Le
quote
invece
hanno
tendenzialmente
un
valore
differente
una
dall’altra
perché
riflettono
la
quota
di
partecipazione
al
capitale
sociale
della
società
(su
tre
soci
uno
possiede
il
50%
delle
quote,
uno
30%
e
uno
20%,
ma
l’importo
delle
quote
è
diverso).
Il
capitale
proprio
o
sociale,
si
compone
anche
delle
riserve
di
utili
e
di
capitali.
Va
ripreso
dunque
il
concetto
di
autofinanziamento
in
senso
stretto:
autofinanziamento
che
deriva
dagli
utili
conseguiti
dalla
società
per
effetto
della
gestione.
Nel
caso
in
cui
non
vengano
distribuiti
sotto
forma
di
dividendi
tra
i
soci,
questi
vanno
a
comporre
le
riserve
di
utili.
Le
riserve,
inoltre,
possono
avere
origine
diversa
dagli
utili,
come
ad
esempio
le
riserve
da
capitale,
che
rappresentano
un
incremento
del
valore
del
capitale
conferito
dai
soci
non
derivanti
da
utili
ma
da
operazioni
dirette
sul
capitale
conferito,
come
ad
esempio
la
riserva
sovrapprezzo
azioni
(emissione
di
azioni
da
parte
di
una
società
sopra
la
pari,
ossia
per
un
importo
superiore
al
capitale
sociale).
Esempio:
CAPITALE
=
100
AZIONI
X
VALORE
UNITARIO
AZIONI
=
1.
Durante
la
vita
dell’azienda
per
coprire
il
fabbisogno
viene
deciso
di
ricorrere
ad
un
nuovo
apporto
di
capitale
e
vengono
emesse
altre
20
azioni.
Le
azioni
ora
sono
120.
Le
20
nuove
azioni,
non
vengono
fatte
pagare
1
ad
azione,
ma
1,5
perché
l’azienda
è
già
avviata
e
sta
andando
bene.
Paga
1,5,
ottenendo
comunque
azioni
che
valgono
1.
Nell’azienda
quindi
non
entra
20
ma
30.
20
incrementano
il
capitale,
10
che
rappresenta
0,5
x20,
il
sovrapprezzo,
non
è
attribuibile
al
capitale
sociale
ma
è
una
riserva
di
capitale.
-‐ Capitale
di
debito:
Per
prima
cosa
bisogna
distinguere
i
debiti
in
due
tipologie:
debiti
di
finanziamento
e
debiti
di
funzionamento.
La
prima
tipologia
deriva
da
operazioni
specifiche
di
finanziamento,
l’azienda
viene
finanziata
da
soggetti
esterni,
avrà
quindi
delle
scadenze
e
la
remunerazione
avverrà
con
modalità
definite.
I
debiti
di
funzionamento
invece
derivano
da
acquisto
di
fattori
produttivi
specifici
quando
il
pagamento
delle
materie
viene
rinviato
nel
tempo.
Debiti
di
finanziamento
possono
essere
a
breve
termine
(destinati
a
chiudersi
con
la
restituzione
della
somma
finanziata
in
un
breve
arco
temporale,
convenzionalmente
1
anno),
o
a
medio-‐lungo
termine
(restituzione
è
prevista
dopo
il
primo
anno.
Medio
3-‐5
anni,
lungo
oltre
i
5
anni).
Una
distinzione
tra
debiti
di
finanziamento
e
funzionamento
riguarda
ovviamente
i
soggetti:
i
debiti
di
finanziamento
sono
debiti
che
vengono
da
soggetti
esterni,
quali
le
banche,
società
di
leasing
(finanziamenti
per
specifici
beni),
società
non
bancarie
ma
finanziarie,
obbligazionisti,
mentre
i
debiti
di
funzionamento
avvengono
con
i
fornitori,
con
coloro
dai
quali
acquistiamo
i
fattori
produttivi.
31
Differenza
Azionisti
con
Obbligazionisti:
Un’importante
differenza
che
sussiste
tra
azioni
e
obbligazioni
risiede
nel
fatto
che,
mentre
nel
caso
delle
azioni
l’investitore
è
socio
dell’azienda
di
cui
ha
acquistato
i
titoli
azionari
(e
il
suo
tornaconto
è
legato
all’andamento
della
società
stessa
ed
al
modo
in
cui
questa
viene
gestita),
nel
caso
delle
obbligazioni
l’investitore
non
ha
diritti
societari
ed
è
sostanzialmente
un
creditore
che
ha
il
diritto
di
ricevere
un
ritorno
economico
indipendentemente
dall’effettiva
gestione
dell’azienda
(salvo
l’eventualità
che
si
verifichi
una
situazione
di
insolvenza
tale
da
compromettere
il
rimborso
del
capitale
prestato
ed
il
versamento
degli
interessi
dovuti).
COME
L’AZIENDA
COPRE
IL
FABBISOGNO
Solitamente
è
raro
che
la
copertura
del
fabbisogno
derivi
da
un'unica
fonte.
L’azienda
spesso
lo
copre
ricorrendo
ad
un
mix
di
fonti
di
finanziamento.
Troviamo
qui
sotto
tre
logiche
che
ci
consentono
di
rispondere
al
fabbisogno
di
finanziamento.
Le
scelte
dei
vari
finanziamenti
partono
dall’analisi
di
questi
tre
diversi
aspetti:
1. Accesso
ai
canali
di
finanziamento:
i
canali
di
finanziamento
sono
molteplici
(l’azienda
può
ottenere
il
capitale
da
vari
soggetti).
Ogni
singola
azienda
ha
un
accesso
limitato
ai
canali
di
finanziamento,
non
ha
accesso
a
tutti
i
canali,
e
l’importo
che
può
ottenere
dai
canali
accessibili
non
è
illimitato
bensì
definito.
Per
l’accessibilità
a
determinati
canali
bisogna
considerare
diversi
aspetti
quali:
-‐ L’area
territoriale
dove
sorge
l’azienda:
Es:
se
la
mia
azienda
sorge
a
Siena
avrò
la
banca
dell’Umbria
o
il
monte
dei
paschi
che
mi
finanzia,
se
la
mia
azienda
si
trova
in
puglia
sarà
più
facile
esser
finanziato
dalla
banca
pugliese
piuttosto
che
dal
monte
dei
paschi
di
Siena).
-‐ La
dimensione
aziendale:
una
grande
azienda
avrà
più
canali
di
finanziamento.
-‐ La
tipologia
di
azienda
sia
dal
punto
di
vista
giuridico
che
economico:
dal
punto
di
vista
giuridico
un’impresa
individuale,
ad
esempio,
avrà
meno
possibilità
di
ottenere
grossi
finanziamenti
rispetto
a
una
S.p.A.
(piccola
S.r.l.,
o
grande
S.p.a.,
i
canali
di
finanziamento
saranno
differenti).
Anche
l’attività
economica
è
determinante
per
l’ottenimento
di
finanziamenti.
Ad
esempio
se
un’attività
economica
è
molto
rischiosa,
i
finanziamenti
non
sono
immediati.
-‐ Periodo
di
vita
dell’azienda:
una
start-‐up,
appena
nata
sarà
finanziata
più
difficilmente
di
un
azienda
solida,
che
si
trova
in
un
settore
funzionante,
e
che
verrà
finanziata
più
facilmente
perché
ha
anche
meno
rischi.
Abbiamo
detto
che
la
quantità
che
può
arrivare
dai
canali
accessibili
non
è
illimitata.
Tale
limite
di
quantità
che
può
essere
ottenuta
è
influenzata
da
dei
vincoli
all’ottenimento
dei
finanziamenti:
-‐ Vincoli
di
mercato
congiunturali
del
canale
di
riferimento:
gli
andamenti
congiunturali
determinano
la
maggiore
o
minore
liquidità
del
canale
di
finanziamento.
(Esempio:
negli
ultimi
anni
vi
è
stata
una
riduzione
di
90
miliardi
per
quanto
riguarda
il
canale
di
finanziamento
banche-‐aziende,
oggi
le
aziende
hanno
più
difficoltà
nell’ottenere
capitale).
-‐ Vincoli
di
mercato
istituzionali:
vincoli
derivanti
da
regole
giuridiche
che
regolamentano
un
determinato
canale.
-‐ Vincoli
di
rischio:
quando
si
concede
un
finanziamento
bisogna
considerare
il
rischio
(di
default)
di
una
determinata
azienda.
In
questo
caso
si
tiene
presente
il
profilo
di
rischio,
ossia
il
limite
entro
il
quale
è
possibile
concedere
un
finanziamento.
-‐ Vincoli
personali:
attengono
alla
persona
che
investe
il
proprio
capitale
nella
specifica
azienda.
32
2. Composizione
delle
fonti
di
finanziamento:
È
una
composizione
di
fonti
di
finanziamento
diverse
tra
di
loro;
bisogna
esaminare
la
composizione
sotto
questi
punti
di
vista:
-‐ Costo
delle
fonti:
riguarda
un
mix
di
composizione
dei
costi
che
variano
per
ogni
fonte
di
finanziamento;
ovviamente
il
costo
delle
fonti
dev’essere
più
vantaggioso
possibile
per
l’azienda.
-‐ Analisi
della
struttura
finanziaria:
riguarda
l’equilibro
che
dev’essere
mantenuto
a
seguito
delle
operazioni
di
finanziamento
tra
impieghi
e
finanziamento.
-‐ Analisi
dell’effetto
“Leva
finanziaria”:
I
debiti
vengono
remunerati
in
base
a
uno
specifico
tasso
di
interesse
«i»,
ossia
il
costo
annuale
espresso
in
percentuale
del
finanziamento
esterno
(capitale
di
debito).
Esso
è
dato
dal
rapporto
tra
gli
INTERESSI
PASSIVI
e
l’ammontare
dei
DEBITI.ROI
(return
on
investments),
redditività
per
l’azienda,
che
scaturisce
dagli
investimenti
=
Reddito
operativo/Capitale
investito.
RO E
( return
on
equ
i ty ),
esprim
e
l a
redit ività̀
p
er
gli
az ion
isti
=
R
edit o
N
eto
/C
ap
itale
N
eo
t
Se
ROI
>
i
allora
ROE>ROI
Se
ROI
<
i
allora
ROE<ROI
[Vedi
tabella
reddito
slide
7
di
nardo]
[vedere
pag.
190
libro
aziendale]
-‐ Analisi
del
grado
di
elasticità
finanziaria
Approfondimento
Leva
Wikipedia:
Per
verificare
che
ci
sia
un
corretto
rapporto
nell'ambito
delle
fonti
di
finanziamento
si
ricorre
allora
al
calcolo
della
leva
finanziaria
secondo
la
seguente
formula:
Leva
=
Capitale
proprio
+
Capitale
di
terzi
/
Capitale
proprio
=
Totale
fonti
di
finanziamento
/
capitale
proprio.
Se
la
leva
finanziaria
assume
valore
pari
a
1
significa
che
l'azienda
non
ha
fatto
ricorso
a
capitale
di
terzi
(non
ha
debiti);
se
la
leva
finanziaria
assume
valori
compresi
fra
1
e
2
significa
che
il
capitale
proprio
è
maggiore
del
capitale
di
terzi;
se
la
leva
finanziaria
assume
valori
superiori
a
2
significa
che
il
capitale
di
terzi
è
maggiore
del
capitale
proprio.
Non
esiste
una
ricetta
magica
per
valutare
in
senso
assoluto
la
salute
di
un'azienda
in
base
al
suo
rapporto
d'indebitamento,
ma
si
può
genericamente
affermare
che,
in
media,
se
il
rapporto
assume
valori
compresi
fra
1
e
2
l'impresa
è
in
uno
stato
di
corretto
equilibrio
nell'ambito
delle
fonti
di
finanziamento,
mentre
se
il
rapporto
assume
valori
superiori
a
2
l'impresa
è
da
considerarsi
sottocapitalizzata
(capitale
proprio
insufficiente),
per
cui
occorre
effettuare
un
processo
di
ricapitalizzazione
(aumento
del
capitale
di
rischio,
cioè
emissione
di
azioni).
33
3. Costo
delle
fonti
di
finanziamento:
le
fonti
di
finanziamento
si
dividono
in
debiti
o
capitale
netto.
Il
costo
delle
fonti
-‐
debiti,
è
dato
dal
tasso
di
interesse
EURIBOR
(tasso
fisso
del
mercato
finanziario)
+
SPREAD
(calcolato
in
funzione
del
rating*
dell’azienda
nell’ottica
del
finanziatore)
*è
una
graduatoria
in
cui
vengono
inseriti
dei
parametri
di
riferimento
entro
i
quali
un’azienda
viene
classificata
in
grado
alla
sua
capacità
di
restituire
il
capitale
o
gli
interessi,
o
comunque
in
grado
alla
sua
capacità
di
evitare
o
meno
il
rischio
di
default
(es:
le
aziende
con
un
rischio
molto
basso
hanno
un
rating
AAA,
AA+,
etc.)
Il
costo
del
capitale
proprio
consiste
nella
Remunerazione
che
l’azienda
deve
garantire
in
prospettiva
agli
azionisti;
è
proprio
questa
remunerazione
che
invoglia
gli
azionisti
ad
investire
nell’azienda
o
a
rimanervi.
Dal
punto
di
vista
dell’azionista
la
remunerazione
è
data
dai
dividendi
(quota
di
utile
ripartita
dell’azienda
agli
azionisti).
Qual
è
la
remunerazione
che
interessa
agli
azionisti?
Una
remunerazione
prospettica,
non
conta
tanto
il
dividendo
del
passato,
ma
conta
il
dividendo
atteso,
quello
futuro,
che
l’azionista
pensa
di
ottenere
dopo
l’investimento
del
capitale.
Oltre
al
guadagno
dato
dai
dividendi
vi
è
anche
il
capital
gain,
guadagno
in
conto
capitale,
che
consiste
nella
crescita
del
valore
del
capitale
conferito
all’azienda.
(Es:
Compro
un
azione
dell’azienda
X,
pagata
5
euro,
la
remunerazione
che
ottengo
consiste
nel
dividendo
che
andrò
a
percepire,
magari
0,50
cent,
e
la
variazione
che
si
realizza
nel
tempo
del
titolo
azionario,
dopo
un
anno
l’azione
magari
vale
sul
mercato
5,20
euro,
dunque
la
remunerazione
sarà
di
0,50
di
dividendo,
+
un
guadagno
in
conto
capitale
di
0,20.)
La
remunerazione
del
capitale
proprio
visto
dall’azienda
è
invece
legata
solo
ed
esclusivamente
al
dividendo.
Non
vi
è
un
modo
oggettivo
per
capire
quanto
costa
il
capitale
proprio,
poiché
non
esiste
un
accordo
contrattuale
che
lo
dice,
si
tratta
di
un
valore
variabile.
Pur
stando
così
le
cose,
esiste
però
un
limite
di
remunerazione
del
capitale.
Se
le
aspettative
di
remunerazione
sono
superiore
a
questo
limite
gli
azionisti
hanno
convenienza
ad
investire
o
a
mantenere
i
loro
soldi,
se
la
remunerazione
attesa
sarà
invece
inferiore,
gli
azionisti
non
avranno
convenienza
e
se
già
hanno
investito
avranno
convenienza
a
venderle.
Dobbiamo
capire
qual
è
quel
limite,
cosi
l’azienda
saprà
che
deve
mantenersi
ad
un
livello
pari
o
superiore
a
questo
limite
così
da
garantirsi
gli
azionisti,
non
facendoli
scappare
dall’azienda.
Tale
limite
discriminante
che
esprime
la
convenienza
dell’azionista
o
meno
è
un
costo
opportunità,
nel
senso
che
scaturisce
da
una
valutazione
di
convenienza
economica
comparata:
io
azionista
ho
convenienza
ad
acquistare
il
capitale
proprio
di
una
certa
azienda
solo
se
la
remunerazione
che
ottengo
è
migliore
delle
mie
possibili
alternative
di
investimento,
è
una
relazione
comparativa,
se
non
impiego
i
miei
capitali
nell’azienda
X
posso
utilizzarli
in
altri
investimenti.
Compro
nell’azienda
X
se
l’investimento
è
migliore
degli
altri
che
potrei
fare
(
immobili,
azioni
di
un'altra
azienda
più
conveniente,
dei
titoli
di
stato,
tengo
i
soldi
sul
conto
ecc.).
Le
alternative
di
investimento
sono
esattamente
comparabili?
Un
azienda
mi
da
un
aspettativa
del
5%,
un'altra
azienda
il
6%,
investo
nella
seconda
azienda.
Tale
confronto
esclusivamente
numerico
non
può
essere
fatto
perché
gli
investimenti
non
sono
confrontabili.
Comprare
le
azioni
dell’azienda
X
è
diverso
da
comprare
delle
azioni
dell’azienda
Y.
La
differenza
si
trova
nel
rischio.
Quando
investo
dei
capitali
compro
una
certa
aspettativa
di
rendimento,
ma
non
ho
la
certezza
di
avere
il
rendimento,
ho
solo
una
probabilità
che
può
essere
più
o
meno
rischiosa.
Tale
confronto
tra
attese
di
rendimento
deve
tener
conto
del
differente
profilo
di
rischio
dell’investimento
del
capitale
dell’azienda
X
rispetto
all’azienda
Y.
“La
decisione
riguardante
l’investimento
in
azienda
da
parte
dell’azionista,
è
relativa
al
costo-‐opportunità,
ossia
riuscire
ad
ottenere
una
remunerazione
migliore
rispetto
alle
altre
alternative
di
investimento.
Il
costo-‐opportunità
è
dato
dalla
remunerazione
priva
di
rischio
(es.
Bond,
titoli
di
Stato)
+
il
premio
per
il
rischio
(ossia
una
%
che
si
somma
per
tenere
conto
del
rischio
di
un
determinato
investimento)”
34
PROCESSI
DI
FINANZIAMENTO
Gli
obiettivi
delle
scelte
di
finanziamento
sono
essenzialmente
tre:
1. Equilibrio
finanziario:
le
scelte
di
finanziamento
devono
essere
finalizzate
alla
realizzazione
di
un
equilibrio
finanziario,
equilibrio
che
nasce
da
un
confronto
di
due
elementi
che
devono
stare
in
equilibrio,
elementi
che
in
questo
caso
sono
i
flussi
finanziari,
e
i
processi
di
finanziamento.
Mantenere
gli
equilibri
tra
la
struttura
degli
investimenti
con
quella
dei
finanziamenti.
2. Autonomia
finanziaria:
l’azienda
deve
proporsi,
mediante
le
scelte
di
finanziamento,
di
mantenersi
autonoma,
cioè
non
condizionata
nè
limitata
nelle
proprie
decisioni
dalla
variabile
finanziaria
(posizione
di
forza
sul
mercato
finanziario,
non
subire
la
necessità
di
piegare
le
scelte
aziendali
a
delle
imposizioni
che
possono
derivare
dai
finanziatori)
(certi
finanziamenti
vengono
a
volte
concessi
a
patto
che
l’azienda
modifichi
il
suo
comportamento,
ciò
significa
perdita
di
autonomia
dovuta
a
vincoli
di
carattere
finanziario).
3. Elasticità
finanziaria:
l’azienda
ha
costantemente
quella
liquidità
che
gli
consente
di
far
funzionare
il
circuito
produzione-‐investimento
senza
che
si
creino
situazioni
che
mettono
l’azienda
in
tensione
finanziaria
(uscite
superano
la
liquidità
dell’azienda
stessa).
Riserve
di
liquidità:
prima
componente
legate
alle
quote
di
finanziamenti
già
ottenuti
e
non
ancora
utilizzati
(ho
100
dalla
banca,
e
ne
utilizzo
60,
c’è
una
liquidita
di
40
che
posso
utilizzare
in
caso
di
bisogno),
seconda
componente
legata
alla
presenza
di
elementi
rapidamente
utilizzabili
all’interno
del
patrimonio
aziendale
(vendendoli
sul
mercato
per
ottenere
liquidità).
Elementi
non
vincolati
all’operatività
dell’azienda
(non
posso
vendere
gli
impianti
ma
posso
vendere
altri
investimenti-‐titoli)
Controlli:
1. Analisi
del
fabbisogno
finanziario:
verificare
come
si
evolve
la
variazione
del
fabbisogno
di
finanziamento,
dovuta
da
un
lato
dall’operatività
dell’azienda,
dall’altro
la
crescita
del
fabbisogno
dovuta
alla
crescita
dell’azienda
dovuta
alla
crescita
degli
investimenti;
2. Analisi
delle
fonti
di
finanziamento;
3. Analisi
correlazione
fonti-‐impieghi:
questa
correlazione
deve
mantenersi
in
condizioni
di
equilibrio
finanziario;
4. Analisi
della
liquidità:
è
necessario
che
l’azienda
verifichi
costantemente
la
sua
situazione
riguardante
la
liquidità,
ciò
avviene
mediante
una
metodologia
di
analisi
che
si
traduce
nel
concetto
di
cash
flow
che
utilizza
come
strumento
di
analisi
il
rendiconto
finanziario;
Cash
flow(flusso
di
cassa):
è
la
ricostruzione
dei
flussi
monetari
(differenza
tra
tutte
le
entrate
e
le
uscite
monetarie)
di
una
azienda/progetto
nell'arco
del
periodo
di
analisi.
Esso
rappresenta
una
misura
dell'autofinanziamento
aziendale
e
può
essere
calcolato
a
partire
dal
conto
economico
dell'impresa.
L'obiettivo
è
definire
la
generazione
di
cassa
di
una
società
e
di
conseguenza
l'attribuzione
di
tali
flussi
di
cassa
ai
soci.
Il
flusso
prende
in
esame
le
variazioni
numerarie
(entrate
e
uscite)
le
quali
possono
essere:
1. in
entrata,
si
parla
allora
di
cash
inflow;
2. in
uscita,
si
parla
allora
di
cash
outflow.
In
ragioneria,
il
documento
aziendale
che
viene
utilizzato
per
la
rilevazione
e
l'analisi
della
gestione
aziendale
è
il
rendiconto
finanziario,
che
a
differenza
del
conto
economico
e
dello
stato
patrimoniale
non
è
documento
obbligatorio
per
legge
per
la
redazione
del
bilancio
aziendale.
35
CAP
5:
PROCESSI
LEGATI
ALL’ATTIVITÀ
COMMERCIALE
DELL’AZIENDA
-‐
MARKETING
L’attività
commerciale
dell’azienda
viene
ricondotta
al
concetto
di
marketing.
Il
concetto
di
Marketing
comprende
tutti
quei
processi
medianti
i
quali
l’azienda
è
presente
sul
mercato
reale,
nel
quale
colloca
i
propri
prodotti.
Il
marketing
segue
un
preciso
percorso,
diverso
da
azienda
ad
azienda.
Perché
il
marketing
ha
un
ruolo
differente
nelle
varie
aziende?
Perché
vi
è
un
evoluzione
del
marketing
che
avviene
in
base
alle
problematiche
dell’azienda
e
alla
sua
capacità
di
risposta.
Il
percorso
del
Marketing
si
articola
in
4
distinte
fasi:
1. Orientamento
al
prodotto:
Accade
quando
vi
è
un’
azienda
che
nasce
perché
un
qualche
soggetto
individua
che
c’è
uno
spazio
di
mercato,
un
bisogno
non
soddisfatto,
un
mercato
libero.
Questo
soggetto
ha
le
risorse
e
le
competenze
per
realizzare
il
prodotto
idoneo
a
soddisfare
quello
spazio
di
mercato
vuoto.
Un’azienda
che
nasce
concentrata
sul
prodotto,
una
volta
creato
il
prodotto
deve
necessariamente
venderlo.
L’Attività
di
marketing
assume
quindi
un
ruolo
marginale,
è
sufficiente
produrre
quel
bene
in
un
mercato
libero
a
bassa
competitività,
così
da
andare
incontro
la
domanda
dei
clienti.
L’azienda
è
dunque
focalizzata
sulla
produzione.
2. Orientamento
alle
vendite:
Con
l’entrata
di
nuovi
produttori,
il
mercato
si
riempie,
e
l’offerta
inizia
a
superare
la
domanda.
Alcune
aziende
non
venderanno
più
tutto
ciò
che
hanno
prodotto.
Le
aziende
dovranno
quindi
iniziare
a
preoccuparsi
della
vendita;
la
vendita
inizia
a
diventare
un
problema
da
risolvere,
l’azienda
ha
in
magazzino
dei
prodotti
che
deve
vendere,
tanto
che
si
inizia
a
parlare
di
non
utilizzo
della
capacita
produttiva
(esubero
di
prodotti
invenduti).
In
questo
caso
l’azienda
può
aumentare
le
spese
in
pubblicità,
oppure
effettuare
un
sistema
di
incentivi
all’acquisto
come
sconti,
promozioni,
o
riduce
direttamente
il
prezzo
di
vendita
dei
suoi
prodotti.
In
questa
situazione
la
competitività
sul
mercato
diventa
alta
ed
è
proprio
in
questa
fase
che
dev’esserci
una
prima
risposta
da
parte
dell’azienda
agli
andamenti
del
mercato.
3. Orientamento
al
mercato:
è
una
fase
provocata
da
un
ulteriore
crescita
della
competizione.
La
risposta
data
mediante
un
orientamento
alle
vendite,
non
è
sufficiente
(anche
i
miei
competitori
possono
fare
sconti
o
pubblicità
come
faccio
io).
Quindi
in
questo
caso
l’azienda
deve
capire
le
condizioni
che
le
permettano
di
riempire
gli
spazi
di
mercato
senza
perdere
competitività.
E’
necessario
vendere
i
prodotti
a
prezzi
che
siano
almeno
sufficienti
a
coprire
i
costi
che
l’azienda
ha.
4. Orientamento
al
marketing:
In
questo
caso,
le
aziende
mature
sul
mercato,
utilizzano
il
marketing
come
leva
competitività
per
l’ottenimento
del
vantaggio
sul
mercato
sui
diretti
concorrenti.
E’
una
scelta
strategica
determinante;
si
individuano
i
percorsi
di
crescita
dell’azienda
che
portano
la
stessa
ad
entrare
in
nuovi
mercati.
Queste
definizioni
definiscono
4
modi
distinti
con
cui
l’azienda
affronta
le
problematiche
di
marketing.
Queste
situazioni
sono
il
frutto
del
risultato
del
combinarsi
di
due
elementi:
la
competitività
del
mercato
(bassa
o
alta
competitività),
e
all’importanza
del
processo
di
marketing
(molta
rilevanza
alle
funzioni
commerciali
o
poca).
36
TENDENZE
DEL
MARKETING
Il
marketing
ha
un
ruolo
diverso
a
seconda
della
storia
dell’azienda.
Le
aziende
sono
influenzate
da
due
tendenze
di
Marketing:
1) Micro
marketing:
Le
aziende
nelle
relazioni
con
i
clienti
istaurano
relazioni
non
con
gruppi
di
clienti
bensì
con
il
singolo
cliente,
instaurando
relazioni
del
tipo
uno
a
uno,
per
ottenere
una
maggiore
capacita
di
rispondere
alle
esigenze
manifestate
dai
consumatori
(personalizzazione
del
prodotto).
2) CRM
(Custom
Relationship
Management):
è
un
aspetto
rilevante
nel
quale
le
aziende
investono
sempre
di
più.
Si
parla
di
un
investimento
riguardante
i
sistemi
informatici
aziendali.
Nasce
l’idea
di
utilizzare
tutte
le
occasioni
di
contatto
con
i
clienti
per
accumulare
informazioni
specifiche
sul
singolo
cliente.
Tali
informazioni
sono
un
fattore
chiave,
importantissimo,
per
anticipare
la
concorrenza
sulle
preferenze
dei
consumatori.
NEL
MARKETING
LE
INFORMAZIONI
SONO
FONDAMENTALI:
ogni
occasione
diventa
utile
per
raccogliere
informazioni.
(Es:
tessere
fedeltà
spesa/tessere
benzina,
tessere
con
un
chip
che
procura
informazioni
riguardanti
la
frequenza
del
consumatore,
gli
orari,
e
mediamente
le
spese
che
effettua).
Le
informazioni
opportunamente
organizzate
sono
fondamentali
in
quanto
procurano
informazioni
utili
ai
fini
gestionali
dell’azienda
(organizzazione
attraverso
sistemi
informatici
e
statistici).
Metodi
di
produzione
delle
informazioni:
1) Statistiche
di
vendita:
le
informazioni
vengono
raccolte
in
modo
sistematico
all’interno
dell’azienda.
Vengono
raccolti
dati
statistici
e
periodici
riguardanti
le
vendite
(volumi,
prezzi,
aree
geografiche,
studio
dei
singoli
prodotti)
.
Sono
fondamentali
per
la
produzione
e
per
il
controllo
dell’attività
di
marketing;
2) Ricerche
di
mercato:
Sono
ricerche
“speciali”
che
spesso
non
vengono
effettuate
direttamente
dall’azienda
(richiederebbero
ingenti
investimenti)
.
Sono
analisi
che
periodicamente
vengono
svolte
sul
mercato.
Si
svolgono
in:
-‐ Domanda
del
mercato
(attuale
e
prospettica)
-‐ Comportamenti
di
acquisto
-‐ Posizionamento
del
prodotto
rispetto
ai
prodotti
concorrenti
(
Un
prodotto
può
essere
collocato
in
posizioni
differenti
rispetto
ai
concorrenti
dai
clienti)
-‐ Customer
Satisfaction
(soddisfazione
del
cliente
riguardo
al
prodotto.
Oggi
è
fondamentale
perché
gioca
un
ruolo
determinante
nel
riacquisto)
37
PROCESSI
DI
MARKETING
I
processi
di
marketing
si
dividono
in
due
fasi:
1) Pianificazione:
è
un’attività
necessaria
per
la
presa
delle
decisioni
riguardanti
il
marketing.
Con
essa
si
decide
come
devono
essere
utilizzate
le
leve
di
marketing
(marketing
mix)
e
quali
risultati
bisogna
raggiungere
tramite
le
vendite.
Il
risultato
del
processo
della
pianificazione
consiste
nel
piano
di
marketing
o
piano
delle
vendite.
Tale
processo
di
pianificazione
si
divide
a
sua
volta
in
diverse
parti
che
si
succedono
tra
loro:
-‐ Situazione
attuale:
bisogna
capire
che
cos’era
l’azienda
sul
mercato
nell’anno
precedente,
ma
soprattutto
cos’è
oggi
l’azienda,
studiandone
il
fatturato,
i
prodotti
venduti,
la
tipologia
di
clienti,
l’area
geografica
ecc.
-‐ Definizione
dei
mercati-‐obiettivo:
In
questa
fase
si
deciderà
quindi
in
quali
mercati
andranno
offerti
i
nostri
prodotti.
Con
tale
procedimento
possiamo
aggiungere
dei
mercati
obiettivo
oppure
eliminarli.
Bisogna
fare
quindi
uno
sforzo
previsionale
sull’andamento
futuro
di
un
intero
mercato,
ciò
si
fa
con
le
ricerche
di
mercato,
più
frequentemente
con
lo
studio
del
trend
di
mercato
(Il
Trend
è
semplicemente
la
direzione
nel
quale
i
prezzi
si
muovono:
ALTO,
BASSO,
O
PIATTO.),
e
con
la
raccolta
di
informazioni
dai
venditori
dei
prodotti
che
sono
in
contatto
direttamente
con
i
clienti.
-‐ Previsione
vendita:
previsione
dell’andamento
della
quota
di
mercato
di
un’azienda.
Bisogna
capire
se
le
quote
di
mercato
sono
stabili
o
in
variazione.
-‐ Quota
di
mercato:
individuazione
delle
combinazioni
prodotto-‐mercato
ottimali
per
il
raggiungimento
dell’obiettivo
prefissato
dall’azienda.
-‐ Marketing
MIX:
combinazione
delle
leve
decisionali
che
le
imprese
usano
per
raggiungere
gli
obiettivi.
2) Controllo:
E’
basato
su
statistiche
di
vendita
e
verifica
che
i
dati
siano
speculari
a
ciò
che
è
stato
previsto
nel
piano
di
marketing.
Questo
confronto
fa
nascere
lo
scostamento
che
evidenzia
la
differenza
tra
il
venduto
e
ciò
che
era
stato
pianificato.
Gli
scostamenti
vanno,
attraverso
il
controllo,
analizzati
e
motivati
infatti
bisogna
chiedersi
a
cosa
è
dovuto
questo
scostamento.
(dovuto
alla
concorrenza,
dovuto
a
problematiche
interne
all’azienda
o
da
fattori
esterni
indipendenti
dall’azienda)
Inoltre
troviamo
una
fase
di
attuazione,
che
si
trova
tra
le
due
fasi,
anche
se
non
è
una
vera
e
proprio
fase.
LEVE
DECISIONALI:
(4
P)
1. Product
(prodotto)
2. Price
(prezzo)
3. Place
(luogo)
4. Promotion
(comunicazione)
38
Approfondimento
sul
mercato-‐obiettivo:
L’azienda
deve
decidere
se
affrontare
il
mercato
con
una
politica
di:
-‐ Aggregazione:
affrontare
il
mercato
con
un
solo
prodotto
che
propone
indistintamente
a
tutti
i
clienti
che
formano
quel
mercato;
-‐ Segmentazione:
nonostante
il
mercato
sia
formato
da
clienti
con
uno
stesso
bisogno,
che
acquistano
un
prodotto
o
servizio
unico,
l’azienda
guarda
ad
un
determinato
mercato
non
omogeneo,
dove
è
possibile
individuare
un
insieme
di
gruppi
di
clienti
omogenei
tra
di
loro
ma
non
omogenei
rispetto
agli
altri
gruppi
di
clienti.
L’azienda
riesce
quindi
ad
individuare
nel
mercato
questi
“diversi”
gruppi
di
clienti
e
quindi
affronta
il
mercato
con
diversi
prodotti,
ognuno
per
il
diverso
gruppo
di
clienti.
Fattori
che
portano
l’azienda
ad
effettuare
una
politica
di
segmentazione:
Si
possono
far
emergere
le
disomogeneità
tra
i
vari
gruppi
attraverso:
• Classificazione
dei
clienti:
la
segmentazione
del
mercato
avviene
in
base
a
caratteristiche
specifiche
dei
clienti
(età,
capacità
economica,
area
geografica,
ecc.)
• Classificazione
dei
prodotti:
la
segmentazione
del
mercato
avviene
sulla
base
delle
caratteristiche
dei
prodotti
come
la
dimensione
ed
il
prezzo,
la
qualità
dei
materiali
ecc.
La
segmentazione
fa
decidere
all’azienda
dove
competere
sul
mercato.
Approfondimento
sulla
differenziazione
del
prodotto:
E’
un
modo
in
cui
l’azienda
compete
sul
mercato.
Fa
riferimento
alle
differenti
caratteristiche
(solitamente
uniche)
di
un
prodotto
rispetto
ad
un
altro
e
definisce
come
un
azienda
entra
in
competizione
su
un
determinato
segmento
di
mercato.
L’azienda
mette
sul
mercato
un
prodotto
che
la
rende
differente
da
un’altra
azienda.
La
differenziazione
produce
in
molti
casi
prezzi
più
altri
per
la
realizzazione
del
prodotto.
Allo
stesso
tempo
però
il
prodotto
differente
da
quello
delle
aziende
concorrenti
dev’essere
differente
ma
allo
stesso
tempo
apprezzato
dal
cliente
e
quindi
deve
avere
una
differenza
con
gli
altri
prodotti
in
positivo.
Il
prezzo
quindi
non
è
più
decisivo
perché
un
prodotto
che
vale
di
più
è
legittimato
ad
avere
un
costo
maggiore
rispetto
ad
uno
più
economico
ma
inferiore
per
caratteristiche.
39
MERCATO
OBIETTIVO
&
STIMA
Il
mercato
obiettivo
dev’essere
stimato,
ossia
bisogna
capire
quanto
vale
questo
mercato,
quant’è
la
sua
consistenza
economica.
Possiamo
fare
ciò
analizzandolo
secondo
i
seguenti
aspetti:
-‐ Domanda
potenziale:
è
costituita
dal
volume
di
vendite
che
possono
essere
provocate
su
quel
mercato
in
un
determinato
periodo
di
riferimento
ipotizzando
che
tutti
i
clienti
che
compongono
quel
mercato
facciano
operazioni
di
acquisto.
(mercato
potenziale
=
massimo
potenziale
che
possiamo
prendere
dal
mercato.
-‐ Domanda
reale:
Rappresenta
quanto
poi
concretamente
si
andrà
a
vendere
su
quel
mercato,
quanti
clienti
potenziali
diventano
clienti
reali.
(quota
dei
clienti
potenziali
che
diventa
quota
dei
clienti
effettivi).
Se
una
domanda
reale
sta
al
30%
del
mercato
reale
vuol
dire
che
l’azienda
attuando
politiche
commerciali
forti
può
trovare
molti
spazi
e
crescere
molto.
Se
sta
al
90%
non
ci
sarà
molto
la
possibilità
di
espandere
questo
mercato.
-‐ Domanda
nuova
-‐
sostitutiva:
a
fronte
di
un
tot
di
100
di
domanda,
vedere
quanto
di
questa
domanda
rappresenta
un
primo
acquisto
e
quanto
un
riacquisto.
Vendere
ad
un
cliente
nuovo
è
diverso
a
livello
comportamentale
che
vendere
ad
un
cliente
che
ha
già
acquistato
un
prodotto.
Modelli
di
previsione
della
domanda
-‐ Modello
causale:
vanno
ad
esaminare
le
cause
che
sono
alla
base
del
numero
che
andiamo
a
cercare.
Esaminano
le
cause
che
determinano
dati
statistici
relativi
ad
un
determinato
mercato,
con
il
confronto
tra
l’anno
N
e
l’anno
N-‐1.
Vanno
a
cercare
le
cause
che
incidono
sulla
domanda
di
mercato,
cercando
di
tradurre
le
azoni
di
queste
cause
in
numeri.
Vengono
utilizzati
dei
parametri
di
valutazioni
quali
il
reddito,
le
stime
demografiche,
l’età
e
cosi
via.
-‐ Modello
delle
serie
storiche:
adesso
non
mi
basta
più
sapere
i
data
relativi
all’anno
precedente
ma
vado
a
studiare
i
dati
relativi
agli
ultimi
10-‐15
anni,
e
sempre
tramite
metodologie
statistiche
cerco
di
coglierne
la
tendenza
di
fondo.
Ipotizzando
che
il
trend
rimanga
costante
nel
tempo.
Si
utilizza
l’estrapolazione
dei
dati
tramite
rette
lineari
che
restituiscono
un
trend
di
un
determinato
arco
temporale
precedente.
In
base
a
questo
si
prendono
delle
decisioni
ipotizzando
che
il
trend
rimanga
costante
nel
tempo.
-‐ Modello
dell’elasticità
di
fattori
macroeconomici:
Si
utilizzano
fattori
macroeconomici
come
per
esempio
il
PIL
per
capire
la
tendenza
di
un
determinato
mercato
correlandola
con
gli
andamenti
di
quel
fattore.
-‐ Modelli
qualitativi:
E’
basato
su
opinioni
di
soggetti
che
conoscono
molto
bene
l’andamento
di
mercato.
40
MARKETING
MIX
Utilizza
le
leve
di
marketing
per
prendere
le
decisioni
necessarie.
Sono
qualificate
come
le
famose
4
P
di
cui
abbiamo
parlato
precedentemente.
1) Prodotto:
definire
che
cosa
si
propone
al
mercato,
l’oggetto
che
l’azienda
mette
sul
mercato.
L’azienda
deve
prendere
delle
scelte
riguardo
ad
alcuni
aspetti:
-‐ Attributi
del
prodotto
:
si
fa
riferimento
agli
elementi
che
qualificano
il
prodotto
che
sono
in
grado
di
influenzare
le
decisioni
di
acquisto
die
clienti
quali
design,
marchio,
i
servizi
complementari
del
prodotto
(prodotto
non
solo
oggetto,
ma
contenitore
di
un
insieme
di
servizi
per
esempio
una
macchina,
contiene
altri
servizi
complementari
come
l’assicurazione
per
i
primi
anni,
o
il
finanziamento)
,
immagine
del
prodotto
sul
mercato,
confezione
del
prodotto
ecc.
-‐ Differenziazione
del
prodotto:
bisogna
decidere
se
produrre
un
prodotto
differenziato
o
no.
-‐ Portafoglio
prodotti:
L’azienda
deve
considerare
il
cosiddetto
portafoglio
prodotti,
ossia
la
pluralità
di
prodotti
che
si
rivolgono
a
differenti
esigenze
e
quindi
a
differenti
mercati.
Da
qui
derivano
le
“linee
di
prodotto”,
che
distinguono
i
prodotti
in
base
alla
qualità
e
pertanto
si
rivolgono
a
diversi
segmenti
di
mercato
(fascia
alta,
media,
bassa).
Inserendo
sul
mercato
un
determinato
prodotto
è
obbligatorio
considerare
anche
il
suo
ciclo
di
vita
prodotto
(introduzione,
sviluppo,
maturazione
e
declino)
2) Prezzo:
Comprende
il
risultato
di
più
variabili.
E’
il
corrispettivo
richiesto
dall’azienda
per
l’acquisto
di
un
determinato
bene.
Solitamente
di
parla
di
Prezzo
base,
che
consiste
nel
normale
prezzo
di
vendita
del
prodotto.
Oltre
al
prezzo
base
pero
ci
sono
altri
elementi
riconducibili
al
prezzo
stesso:
-‐ Il
sistema
degli
sconti
:
è
uno
degli
altri
elementi
riconducibili
al
prezzo
base.
Si
riferisce
allo
sconto
effettuato
al
prezzo
base.
-‐ Termini
di
pagamento:
questi
possono
essere
non
immediati
e
non
in
contante.
Dilazione
del
pagamento:
i
clienti
pagano
con
finanziamento,
a
rate.
-‐ Promozioni:
promozioni
oppure
offerte
che
si
limitano
a
certi
periodi
dell’anno,
che
hanno
lo
scopo
di
favorire
il
processo
di
vendita.
Le
decisioni
sul
prezzo
da
praticare,
dipendono
da
scelte
o
constatazione
della
modalità
competitiva,
ossia
dalla
Price
competition
o
NON
Price
competition;
Riferendoci
alla
prima
modalità,
l’azienda
decide
di
utilizzare
il
prezzo
come
arma
principale
di
competizione.
L'obiettivo
dell'azienda
è
infatti
quello
di
creare
un
offerta
commerciale
che
sia
la
più
conveniente
per
i
clienti
stessi.
Nella
seconda
invece
entrano
altri
elementi
in
gioco
per
ottenere
il
vantaggio
competitivo,
come
ad
esempio
la
differenziazione
del
prodotto
(in
questa
situazione
non
è
il
prezzo
ad
essere
competitivo
bensì
la
qualità
del
prodotto
che
si
sta
offrendo
ai
clienti).
In
questo
caso
il
“Premium
Price”
(Il
premium
price
è
una
politica
di
prezzo
che
si
basa
sul
principio
secondo
il
quale
un
prezzo
più
alto
fa
pensare
che
il
prodotto
offra
una
migliore
qualità
o
comunque
qualcosa
in
più,
cioè
un
“premio”
al
cliente)
dev’essere
fissato
in
modo
tale
che
il
cliente,
pur
sostenendo
un
costo
di
acquisto
superiore
rispetto
alla
media,
riesca
a
percepire
come
“unico”
il
bene
che
ha
acquistato.
41
Valutazione
del
prezzo
(com’è
fissato
il
prezzo):
-‐ Prassi
aziendale:
aggiungendo
un
margine
di
guadagno;
(spendo
100
e
vendo
a
150)
-‐ Elasticità
della
domanda:
se
ad
una
piccola
variazione
del
prezzo
a
scendere
corrisponde
una
notevole
acquisto
dai
clienti,
o
viceversa.
Abbasso
il
prezzo
di
0,10
se
vedo
che
più
clienti
comprano
i
miei
prodotti;
-‐ Posizionamento
del
prodotto:
il
prezzo
del
prodotto
viene
comprato
con
quello
di
altre
aziende
(rapporto
qualità-‐prezzo
importante)
3) Comunicazione:
tra
l’azienda
e
i
clienti
non
vi
è
solo
lo
scambio
commerciale
ma
anche
uno
scambio
di
comunicazioni.
L’azienda
comunica
con
i
clienti
mediante
mezzi
impersonali
oppure
mezzi
personali.
Può
cioè
comunicare
con
la
clientela,
mediante
strumenti
impersonali
quali
la
pubblicità,
tv
i,
giornali,
radio,
ecc.
(Media).
I
mezzi
personali
sono
invece
quell’insieme
di
comunicazioni
e
info
che
vengono
trasferite
tramite
le
persone
che
fanno
capo
al
azienda
che
hanno
contatti
diretti
con
la
clientela.
Tali
contatti
vengono
utilizzati
per
trasmettere
informazioni.
Gli
elementi
utilizzati
dall’azienda
per
la
sua
comunicazione
possono
essere:
-‐ Marchio:
attività
di
comunicazione
che
è
volta
da
un
lato
a
diffondere
e
rendere
famoso
il
marchio,
dal
altro
lato
a
costruirne
il
posizionamento
cioè
a
costruire
l’immagine
che
l
azienda
associa
a
quel
marchio
e
di
conseguenza
associa
ai
prodotti
che
portano
il
marchio.
-‐ Innovazione
di
prodotto:
introduzione
di
un
prodotto
nuovo
appena
introdotto
sul
mercato.
I
clienti
devono
conoscere
l’esistenza
di
questo
nuovo
prodotto,
devono
conoscere
il
contenuto
della
novità,
capendo
in
che
cosa
il
prodotto
nuovo
è
più
avanzato
rispetto
agli
altri.
-‐ Vantaggio
competitivo:
ogni
azienda
per
poter
vincere
la
competizione
deve
essere
più
brava
degli
altri
in
qualche
cosa.
Il
mercato
vede
la
superiorità
in
base
al
prodotto.
L'azienda
deve
esprimere
sul
mercato
un
vantaggio
competitivo.
Tale
vantaggio
deve
esserci,
ma
non
basta,
oltre
al
vantaggio
competitivo
che
l’azienda
offre,
è
necessario
che
l’azienda
lo
faccia
conoscere.
In
alcuni
casi,
se
pongo
il
vantaggio
sul
prezzo,
abbasso
il
prezzo
del
prodotto
e
attiro
clienti
(discount
Price).
Quando
il
prodotto
pero
è
differenziato
invece,
il
prodotto
deve
essere
pubblicizzato,
i
clienti
devono
capire
bene
i
vantaggi
che
quel
prodotto
offre.
-‐ Cambiamento
delle
regole
di
gioco
competitivo:
Solitamente
le
aziende
cercano
di
adattarsi
alle
regole
del
gioco
competitivo,
per
cercare
di
sovrastare
i
concorrenti.
C’è
un
alternativa,
che
si
presenta
nel
cambiamento
delle
regole
del
gioco.
In
questo
caso,
il
modificarsi
delle
condizioni
di
vantaggio
in
un
determinato
mercato,
possono
determinare
anche
dei
cambiamenti
sui
prezzi
o
sulle
modalità
di
competizione.
Questo
cambiamento
delle
regole
del
gioco,
rende
importanti
le
modalità
di
comunicazione
in
modo
tale
che
i
clienti
esprimano
bisogni
che
in
passato
non
erano
presenti.
-‐ Complessità
della
comunicazione:
A
volte
i
messaggi
informativi
sono
complicati
da
comunicare
alla
clientela.
Ad
esempio,
nel
caso
di
beni
tecnologicamente
avanzati,
non
è
immediato
far
capire
alla
clientela
la
potenzialità
e
le
modalità
di
utilizzo
di
un
determinato
prodotto.
42
4) Distribuzione:
la
distribuzione
svolge
un
insieme
di
attività
che
creano
il
legame
tra
l’azienda
e
il
consumatore
finale.
L’azienda
normalmente
produce
il
prodotto
ed
il
cliente
lo
consuma.
Questi
due
soggetti
sono
strettamente
legati
tra
loro.
Qual’
è
quell’insieme
di
attività
che
la
distribuzione
svolge?
-‐ Trasferimento
nello
spazio:
riguardano
il
trasferimento
fisico
del
prodotto
dall'azienda
ai
clienti.
-‐ Trasferimento
nel
tempo:
il
momento
della
produzione
non
coincide
con
il
momento
del
consumo.
-‐ Quantità
dei
lotti:
la
quantità
della
produzione
è
spesso
diversa
dalla
quantità
di
riferimento
del
consumo.
-‐ Mix
di
prodotti
l'azienda
produce
un
determinato
prodotto
che
il
cliente
non
acquista
singolarmente
ma
lo
acquista
insieme
ad
un
altro
prodotto.
(vendita
di
prodotti
complementari
tra
loro
in
un'unica
soluzione)
-‐ Canali
distributivi:
la
lunghezza
dei
canali
distributivi
dipende
dal
numero
e
dalla
complessità
delle
attività
distributive
da
compiere,
distinguiamo
i
canali
corti,
quelli
lunghi
(molte
attività
in
successione
da
compiere
con
un
numero
elevato
di
soggetti
che
si
collocano
all’interno
del
canale
tra
l’azienda
ed
il
cliente),
quelli
indiretti
e
quelli
diretti
(contatto
diretto
con
il
cliente
avendo
la
possibilità
di
interagire
direttamente
con
lui)
Controllo
dei
processi
commerciali
-‐ Sotto
il
profilo
fisico-‐tecnico:
controllo
portafoglio
ordini
-‐
controllo
magazzino
-‐ Sotto
il
profilo
economico:
ricavi
di
vendita
-‐
costo
del
venduto
-‐ Sotto
il
profilo
patrimoniale
-‐
finanziario:
ammontare
dei
crediti
commerciali
e
delle
entrate
-‐
ammontare
dei
debiti
-‐ Controllo
per
prodotti
o
per
mercati:
quantità
-‐
valori
-‐
prezzi
di
vendita
43
CAP
6:
I
PROCESSI
DI
ACQUISIZIONE-‐UTIIZZO
DEI
FATTORI
PRODUTTIVI
CORRENTI
PROCESSO
DI
APPROVIGIONAMENTO
In
senso
ampio
il
processo
di
approvvigionamento
riguarda
tutti
i
fattori
produttivi
che
sono
necessari
all’azienda
per
lo
svolgimento
della
sua
attività.
Il
processo
di
approvvigionamento
comprende
l’insieme
delle
attività’
che
vanno
dalla
definizione
delle
prospettivi
di
acquisto
dei
beni,
al
reperimento
effettivo
di
tali
beni,
fino
alla
regolazione
del
rapporto
amministrativo
e
finanziario
con
i
fornitori.
ORIENTAMENTO
DIREZIONALE
DELLE
ATTIVITA
DI
APPROVIGIONAMENTO
Il
processo
di
approvvigionamento,
al
pari
di
quello
di
vendita,
viene
inteso
come
un
momento
di
contatto
e
scambio
tra
l’azienda
e
l’ambiente
esterno,
che
permette
all’azienda
di
posizionarsi
meglio
sui
mercati
per
fronteggiare
le
iniziative
della
concorrenza.
Le
attività
direzionali
del
processo
di
approvvigionamento
attengono
alla:
-‐ Conoscenza
del
mercato
di
approvvigionamento
-‐ Attivazione
di
una
politica
di
materiali
e
dei
servizi
-‐ Predisposizione
di
un’adeguata
politica
riguardante
la
relazione
azienda-‐fornitori
1. I
primi
due
compiti
traggono
spunto
dal
fatto
che
il
processo
di
approvvigionamento
risulta
influenzato
sia
dalle
caratteristiche
del
mercato
della
fornitura
sia
da
quelle
dell’azienda
stessa,
pertanto
si
richiede
lo
viluppo
di
un
attività
di
indagine
sia
esterna
che
interna
all’azienda.
La
prima
approfondisce
la
conoscenza
dell’ambiente
esterno,
facendo
riferimento
al
mercato
dal
quale
ci
riforniamo,
mentre
la
seconda
si
occupa
di
conoscere
le
esigenze
di
fornitura
dell’azienda,
andando
a
valutare
il
portafoglio
dei
materiali
e
elaborando
una
giusta
politica
di
gestione
dei
materiali.
Sulla
base
di
tali
indagini
è
quindi
possibile,
successivamente,
avviare
una
politica
di
relazioni
tra
l’azienda
e
fornitori,
andando
a
creare
un
sistema
di
fornitura
che
si
avvalga
di
specifici
canali
e
di
una
coerente
rete
di
fornitori,
instaurando
cosi
rapporti
di
fiducia
e
collaborazione
con
i
propri
fornitori.
2. L’analisi
del
mercato
di
approvvigionamento
attiene
al
reperimento
di
un
insieme
di
informazioni
relative
alle
opportunità,
agli
ostacoli
e
alle
caratteristiche
del
prodotto.
Gli
aspetti
da
approfondire
sono
molteplici
tra
questi
troviamo
il
grado
di
concentrazione
del
mercato
(esprime
il
numero
degli
operatori
presenti
sul
mercato,
l’esistenza
di
pochi
operatori
implica
per
l’azienda
la
necessita
di
ricercare
fonti
alternative
di
rifornimento),
il
grado
di
concorrenzialità
del
settore,
il
ritmo
di
innovazione
tecnologica
(permette
di
valutare
la
capacita
dei
fornitori
di
superare
problemi
di
obsolescenza,
effettuando
studi
e
ricerche
per
nuovi
prodotti
all’avanguardia)
e
la
localizzazione
(distanza
tra
i
fornitori
e
l’azienda,
maggiori
costi
d’acquisto
dovuti
al
trasporto).
3. La
predisposizione
di
una
politica
dei
materiali
e
dei
servizi
richiede
un’analisi
approfondita
del
portafoglio
di
acquisto
dell’azienda.
L’obiettivo
è
quello
di
raccogliere
in
categorie
omogenee
i
diversi
fattori
produttivi,
utilizzando
criteri
di
segmentazioni
quali
l’importanza
del
bene
di
approvvigionamento,
e
la
rischiosità
del
mercato
di
approvvigionamento.
Il
primo
criterio
scaturisce
dall’importanza
che
il
bene
ha
nel
processo
produttivo
mentre
il
secondo
dipende
dalla
numerosità
dei
fornitori,
dal
libello
di
offerta
presente
sul
mercato
e
dall’andamento
dei
prezzi
etc..
44
PARAMETRI
DI
SELEZIONE
DEGLI
IPOTETICI
FORNITORI
Al
fine
di
assicurare
continuità
dei
flussi
dei
fattori
acquisiti,
l’attività
di
selezione
della
rosa
di
fornitori
deve
affrontare
problemi
sia
di
tipo
quantitativo
che
qualitativo.
Dal
punto
di
vista
quantitativo
è
opportuno
selezionare
più
fornitori
per
l’acquisto
di
uno
stesso
materiali
sia
per
ridurre
il
rischio
di
dipendenza
sia
per
riuscire
meglio
ad
affrontare
eventuali
situazioni
di
imprevisti
quali
indisponibilità
del
materiale
da
parte
dei
fornitori.
Dal
punto
di
vista
qualitativo
l’azienda
deve
cercare
di
disporre
una
rosa
di
fornitori
competenti,
finanziariamente
solidi,
in
grado
di
fornire
beni
e
servizi
avanzati,
nei
tempi
e
nelle
qualità
richiesti.
La
predisposizione
di
una
rete
di
fornitori
si
presenta
come
un
attività
molto
strategica
poiché
nonostante
sia
importante
creare
dall’inizio
una
rete
funzionale
di
fornitori,
è
necessario
porre
l’attenzione
anche
alle
sue
potenzialità
di
sviluppo
prospettico.
E’
necessario
individuare
un
insieme
di
parametri
in
base
ai
quali
selezionare
e
valutare
gli
ipotetici
fornitori,
parametri
di
questo
tipo:
-‐ Dimensionali,
utili
per
far
fronte
a
soddisfare
i
quantitativi
richiesti
di
acquisto
(se
abbiamo
una
grande
necessita
ci
servono
grandi
fornitori)
-‐ Tecnologici,
fornitori
tecnologicamente
all’
avanguardia,
proiettati
verso
il
futuro
-‐ Organizzativi,
fornitore
che
deve
avere
le
capacità
per
fornire
livelli
elevati
di
servizio
e
deve
saper
reagir
bene
a
particolari
problematiche
di
gestione
-‐ Economico
–
finanziaria,
si
fa
riferimento
alla
situazione
economico-‐finanziaria
del
fornitore
stesso
in
quanto
ė
vantaggioso
per
l’azienda
che
il
fornitore
stia
bene
soprattutto
finanziariamente
in
modo
tale
che
l'azienda
può
permettersi
di
effettuare
pagamenti
dilazionati,
non
immediati.
PROCUREMENT
MIX
Il
marketing
d’acquisto,
detto
anche
Procurement
Mix,
si
riferisce
all’insieme
delle
attività
e
delle
azioni
tendenti
a
gestire
il
sistema
di
approvvigionamento
al
fine
di
ottenere
vantaggi
tali
da
mettere
la
propria
impresa
in
condizioni
di
maggiore
competitività’
rispetto
alle
imprese
concorrenti.
In
analogia
con
quanto
avviene
per
il
Marketing
Mix
della
funzione
commerciali,
anche
questo
Procurement
mix
deriva
dall’integrazione
dei
seguenti
gruppi
di
variabili:
-‐ Politica
dei
materiali,
include
tutte
le
decisioni
relative
ai
materiali
approvvigionati
quali
la
valutazione
della
criticità
dei
materiali,
o
l’analisi
del
loro
grado
di
sostituibilità
ecc.
-‐ Analisi
della
convenienza
delle
forniture,
si
riferisce
alla
valutazione
delle
possibili
alternative
di
approvvigionamento,
effettuate
in
termini
di
qualità-‐prezzo;
-‐ Scelte
dei
canali
di
acquisto,
volta
a
selezionare
i
fornitori
dell’impresa,
attraverso
un’attenta
analisi
dei
servizi
che
offrono
e
dalle
caratteristiche
che
presentano;
-‐ Comunicazione,
costituita
dal
complesso
di
attività
volte
a
garantire
nel
tempo
lo
sviluppo
di
favorevoli
relazioni
tra
l’impresa
e
i
suoi
fornitori,
in
modo
da
legare
questi
ultimi
al
disegno
strategico
che
l’azienda
stessa
persegue.
45
GESTIONE
DEI
FABBISOGNI
La
gestione
economica
degli
approvvigionamenti
coinvolge
la
funzione
di
produzione
e
le
altre
funzioni
operative
che
definiscono
i
fabbisogni
e
formulano
le
richieste
di
acquisto.
Tali
richieste,
dopo
i
necessari
controlli
dell’ufficio
acquisti,
determinano
gli
ordini
di
acquisto
ai
fornitori.
Alla
gestione
economica
segue
la
gestione
finanziaria,
riguardante
il
pagamento
dei
fornitori.
Tornando
pero
alla
gestione
economica
degli
approvvigionamenti,
quest’ultima
passa
attraverso
le
seguenti
attività
di
controllo
quali:
-‐ Definizione
dei
fabbisogni:
la
gestione
degli
approvvigionamenti
trae
originale
dall’accertamento
di
un
fabbisogno
di
materie.
Gli
ordini
dei
clienti
nella
produzione
per
il
magazzino,
forniscono
i
dati
indispensabili
per
le
scelte
di
approvvigionamento,
tramite
quella
che
viene
chiamata
la
“distinta
base”,
ossia
un
documento
che
fornisce
i
dati
relativi
alla
composizione
del
prodotto,
cioè
le
quantità
dei
singoli
componenti
necessari
per
realizzare
un’unita
di
prodotto.
-‐ Controllo
della
disponibilità
di
magazzino:
è
una
fase
interna
nella
quale
si
compie
un
controllo
delle
giacenze
al
fine
di
assicurare
la
regolare
“alimentazione”
dei
reparti
produttivi.
Esistono
delle
tecniche
e
dei
criteri
diversi
in
grado
di
indicare
quando
c'è
bisogno
o
meno
di
compiere
dei
nuovi
ordini.
-‐ Scelta
del
fornitore:
definiti
i
fabbisogni
di
approvvigionamento
e
compilate
le
richieste
di
acquisto
da
parte
dei
raparti,
è
necessario
individuare
e
selezionare
i
fornitori
in
relazione
a
ciascuna
richiesta
di
acquisto.
Tale
ricerca
del
fornitore
dev’essere
ovviamente
accompagnata
da
un
analisi
dei
diversi
indicatori
di
efficacia
della
fornitura
quali
la
qualità
delle
materie,
i
tempi
e
le
modalità
di
consegna,
il
prezzo,
ecc.
-‐ Emissione
e
sollecito
degli
ordini:
L’ordine
rappresenta
l’impegno
dell’azienda
nei
confronti
del
fornitore,
deve
contenere
pertanto
indicazioni
precise
sulle
quantità,
sulle
qualità,
sui
prezzi
e
sulle
altre
condizioni
della
fornitura.
-‐ Ricevimento
delle
materie
e
dei
servizi,
con
il
ricevimento
delle
materie
corrispondenti
per
quantità
e
qualità
a
quelli
ordinati,
si
completa
la
parte
economica
del
ciclo
di
approvvigionamento.
46
LA
LOGISTICA
DI
ENTRATA
La
logistica
in
entrata
include
attività
di
vario
genere
che
vanno
dal
ricevimento
delle
materie,
al
carico
delle
stesse
in
magazzino,
ai
trasferimento
interni,
sino
allo
scarico
finale
in
produzione.
Le
attività
iniziali
del
ciclo
consistono
nella
presa
in
carico
dei
materiali,
con
emissione
del
documento
interno
detto
“buono
di
carico”
che
permette
di
verificare
se
corrispondono
le
quantità
di
materiale
richiesto,
con
quello
che
effettivamente
è
stato
consegnato.
La
mancata
corrispondenza
degli
standard
fisati
con
quelli
effettivi
dell’ordine
determinano
un
nuovo
ciclo
di
attività
per
fronteggiare
tale
situazione
negativa
nel
rapporto
tra
azienda
e
fornitore.
Il
buono
di
carico
rappresenta
il
documento
di
base
per
lo
svolgimento
delle
attività
successive
del
ciclo
di
approvvigionamento
(liquidazione
e
pagamento).
Il
processo
di
approvvigionamento
si
conclude
quindi
con
la
realizzazione
di
un
insieme
di
attività
che
qualificano
il
ciclo
di
contabilizzazione
dell’operazione
di
acquisto
da
parte
dell’azienda
da
un
lato
e
il
ciclo
della
gestione
dei
debiti
e
dei
pagamenti
verso
i
fornitori
dall’altro.
La
rilevazione
delle
operazioni
di
acquisto
vengono
svolte
dall’ufficio
di
contabilità
fornitori
che
verifica
in
particolare
la
corrispondenza
tra
l’ordine
di
acquisto,
il
documento
di
trasporto
e
la
fattura
inviata
dal
fornitore.
Quest’ultimo
documento
è
la
base
per
l’accertamento
effettivo
e
la
liquidazione
del
debito
dell’azienda
nei
confronti
del
fornitore.
Di
norma
dev’essere
contabilizzata
anche
l’IVA.
Alla
scadenza
del
debito
verso
il
fornitore,
l’ufficio
finanziario
dell’amministrazione
predispone
la
documentazione
necessaria
per
procedere
al
pagamento
secondo
le
modalità
concordate
(cassa,
CC,
ecc.)
CONTROLLO
DEI
FLUSSI
DI
APPROVIGIONAMENTO
-‐
UTILIZZO
DEI
FATTORI
PRODUTTIVI
CORRENTI
Il
controllo
di
tali
flussi
può
essere
svolto
a
diversi
livelli,
dal
livello
strategico
a
quello
operativo.
Per
le
decisioni
e
i
controlli
a
livello
strategico
i
valori
da
considerare
possono
essere:
-‐ Dimensioni
degli
acquisti
-‐ Durata
delle
relazioni
-‐ Grado
di
coinvolgimento
necessario
nel
processo
produttivo
-‐ Possibilità
di
accrescere
o
perdere
conoscenze
attraverso
il
fornitore
Per
le
decisioni
e
i
controlli
a
livello
operativo
devono
essere
considerati
dati
quantitativi
e
valori
economico-‐finanziari
di
dettaglio:
-‐ a
livello
dei
flussi
fisico-‐tecnico
di
periodo
-‐ a
livello
economico-‐reddituale
di
periodo
-‐ a
livello
dei
flussi
finanziari
di
periodo
-‐ a
livello
patrimoniale.
47
CAP
7:
PROCESSI
DI
ACQUISIZIONE/UTILIZZO
DEL
FATTORE
LAVORO
Il
processo
di
acquisizione-‐utilizzo
del
fattore
lavoro
comprende
le
attività
che
vanno
dal
reperimento
sul
mercato
delle
risorse
umane
da
parte
dell’azienda,
al
loro
inserimento
e
impiego
nel
processo
di
trasformazione
economica,
fino
alla
definitiva
uscita
del
lavoratore
dell’azienda.
Ripasso:
Aspetto
organizzativo
dell’azienda
All’interno
di
un’azienda
è
necessario
costituire
una
struttura
del
personale
che
ne
ripartisca
le
funzioni.
Questa
struttura
deve
esprimere
il
modello
sulla
base
del
quale
sono
ripartiti
tutti
i
compiti
e
le
funzioni
dell’azienda,
secondo
le
modalità
più
adeguate
non
solo
tecnicamente
ma
anche
economicamente.
La
struttura
organizzativa
definisce
quindi
i
compiti
e
i
ruoli
dei
vari
soggetti-‐lavoratori
all’interno
dell’azienda.
L’organigramma
consiste
nella
rappresentazione
grafica
degli
organi,
delle
loro
funzioni,
delle
relazioni
tra
di
essi.
Il
mansionario
è
invece
un
documento
amministrativo
all’interno
del
quale
sono
definite
le
singole
posizioni
degli
individui
interni
all’azienda,
specificando
i
loro
compiti.
L’assetto
organizzativo
è
in
sostanza
la
configurazione
risultante
dal
combinarsi
della:
-‐ Struttura
organizzativa:
intesa
come
modalità
di
ripartizione
dei
compiti
e
delle
responsabilità
tra
le
diverse
unita
organizzative
dell’azienda
(reparti,
uffici)
-‐ Sistemi
operativi:
intesi
come
meccanismi
di
funzionamento
che
governano
la
dinamica
e
la
remunerazione
dei
prestatori
di
lavoro.
Le
strutture
organizzative,
in
genere,
si
basano
su
linee
gerarchiche
anche
se,
il
tipo
di
rapporto
gerarchico
è
soltanto
uno
dei
tanti
tipi
di
relazioni
che
troviamo
all’interno
dell’azienda.
Avremo
quindi
posizioni
di
lavoro
articolate
su
diversi
livelli,
ai
quali
corrisponderanno
differenti
poteri
e
differenti
responsabilità.
Il
rapporto
gerarchico
è
solitamente
di
tipo
discendente:
si
va
dall’alta
direzione,
ai
manager
intermedi,
fino
al
personale
esecutivo.
LA
FORMULAZIONE
DELLE
POLITICHE
RETRIBUTIVE
Una
volta
definita
la
struttura
organizzativa,
occorre
stabilire
coerentemente
le
politiche
retributive,
ossia
le
politiche
che
si
occupano
delle
retribuzioni
aziendali,
nello
spazio
(tra
i
diversi
ruoli
organizzativi)
e
nel
tempo.
Il
fattore
lavoro
viene
retribuito
erogando
una
somma
monetaria
ai
lavoratori,
tale
somma
varia
in
funzione
della
qualifica
del
soggetto
in
questione.
Solitamente
ai
livelli
gerarchici
più
elevati
corrispondono
retribuzioni
più
elevate.
Le
politiche
retributive
scaturiscono
da
tre
ordini
di
decisioni:
1) Livello
Retributivo:
è
definibile
come
saggio
di
retribuzione
che
l’impresa
decide
di
pagare.
In
questa
decisione
sono
presenti
tre
livelli
di
riferimento:
-‐ Contrattazione
Collettiva:
delimita
il
saggio
medio
di
sotto
al
quale
la
politica
retributiva
non
può
scendere;
-‐ Mercato
del
lavoro:
saggio
medio
pagato
dalle
imprese
con
caratteristiche
simili,
che
si
rivolgono
agli
stessi
segmenti
di
mercato
del
lavoro;
-‐ Capacità
retributiva
dell’impresa:
tetto
che
l’impresa
non
può
superare
se
non
a
rischio
del
proprio
equilibrio
economico;
48
2) Struttura
Retributiva:
detta
anche
curva
retributiva
aziendale,
stabilisce
l’ammontare
della
retribuzione
per
le
diverse
posizioni
di
lavoro,
o
per
le
diverse
qualifiche.
Per
definire
tale
struttura,
vengono
individuate
le
classi
retributive
corrispondenti
alle
diversi
classi
di
posizione
di
lavoro,
ciascuna
classe
è
delimitata
da
un
minimo
e
da
un
massimo.
La
politica
retributiva
precisa
quindi
le
condizioni
di
passaggio
da
un
punto
retributivo
ad
un
altro.
Questo
passaggio
può
avvenire
all’interno
della
stessa
classe,
si
parlarcela
dunque
di
modalità
retributiva
orizzontale,
in
quando
non
implica
movimenti
in
ascesa
sulla
scala
gerarchica,
oppure
il
passaggio
può
avvenire
in
modalità
verticale,
implicando
questa
volta
movimenti
verticali
all’interno
della
scala
gerarchica.
3) Dinamica
Retributiva:
esprime
le
variazioni
della
retribuzione
nel
tempo.
E’
determinata
da
tre
tipi
di
fattori:
-‐ Fattori
Automatici:
per
esempio
scatti
automatici
di
anzianità.
-‐ Fattori
Contrattuali:
incrementi
retributivi
ottenuti
una
tantum
alle
scadenze
contrattuali
(contratti
collettivi
nazionali).
-‐ Fattori
Aziendali:
sono
quelli
che
l’azienda
controlla
direttamente,
per
esempio
i
parametri
d’incentivazione.
L’ECONOMICITA
NELL’UTILIZZO
DEL
FATTORE
LAVORO
Il
fattore
lavoro
genera
un
costo
che
nell’economia
delle
aziende
assume
un
carattere
costante
rispetto
all’andamento
del
volume
produttivo.
Per
le
particolari
caratteristiche
del
mercato
del
lavoro,
non
è
pensabile
procedere
in
aumenti-‐riduzioni
del
personale
in
funzioni
all’andamento
delle
produzioni.
In
passato
si
pensava
che
l’economicità
scaturisse
dai
rendimenti
della
manodopera,
si
ricercava
quindi
l’efficienza,
il
minor
costo,
affidandosi
a
procedure
rigide
che
si
basavano
sulla
minimizzazione
dei
tempi
e
sulla
massimizzazione
dell’output
prodotto.
Nasceva
cosi
l’organizzazione
scientifica
del
lavoro
di
stampo
Tayloristico
(Razionalizzazione
del
ciclo
produttivo
secondo
criteri
di
ottimalita’
economica,
raggiunta
attraverso
la
scomposizione
del
processi
di
lavorazione
nei
singoli
movimenti
costitutivi,
cui
sono
assegnati
tempi
standard
di
esecuzioni)
.
Oggi
però,
al
fattore
lavoro
viene
richiesta
competenza,
conoscenza,
capacita
di
adattarsi,
creatività,
e
collaborazione
con
l’azienda.
L’economicità
nell’impiego
del
fattore
lavoro,
non
scaturisce
unicamente
dall’efficienza,
ancora
molto
importante,
ma
emerge
dall’efficacia
con
cui
viene
svolta
l’azione
del
lavoratore
e
sulle
loro
capacita
di
accumulare
esperienze
e
conoscenze,
per
poi
trasmetterle
all’azienda.
Un
elemento
importantissimo
riguardante
l’impiego
del
fattore
lavoro
riguarda
la
produzione
di
conoscenze,
utili
per
migliore
i
processi
esistenti
e
quelli
futuri.
49
Distinguiamo:
-‐ Conoscenze
Individuali:
sono
conoscenze
proprie
dei
singoli
individui
operanti
in
azienda.
La
complessiva
conoscenza
dell’operatore
può
considerarsi
composta
di
una
parte
riferita
alla
sfera
di
interesse
personale
e
di
un'altra
connessa
all’attività
svolta
da
tale
soggetto
nell’azienda.
La
seconda
parte,
connessa
con
la
prima,
fa
riferimento
ad
un
saper
fare
certe
attività,
il
famoso
“know
how”,
ossia
la
capacita
di
svolgere
determinate
operazioni
derivate
dall’esperienza
e
dalla
conoscenza
di
un
singolo
operatore.
Alcuni
a
riguardo
parlano
di
Skill,
intendono
la
capacita
di
un
operatore
di
compiere
una
sequenza
di
azioni
in
grado
di
garantire
il
raggiungimento
di
un
determinato
obiettivo.
Questi
saperi
o
abilità
fanno
parte
di
conoscenze
che
non
possono
essere
trasmesse.
-‐ Conoscenze
Organizzative:
fanno
riferimento
a
più
operatori
collegati
da
relazioni
produttive
(un
team
di
lavoro,
un
reparto
ecc.).
Si
differenziamo
dalle
conoscenze
individuali
solo
perché
sono
conoscenze
condivise
da
più
soggetti.
Tali
conoscenze
riguardano
il
modo
con
il
quale
coordinare
funzionalmente
le
conoscenze
per
realizzare
i
processi
produttivi.
Si
inizia
quindi
a
parlare
di
“Routine
Organizzative”,
un
procedimento
che
indica
procedure
operative
convalidate
dalla
pratica
ripetuta,
tramite
le
quali
gli
operatori
coinvolti
acquisiscono
per
esperienza
le
conoscenze
e
sono
in
grado
a
loro
volta
di
diffonderle
ad
altri
lavoratori
per
mezzo
della
condivisione
delle
mansioni.
In
breve
sono
procedure
operative
ripetute
nel
tempo
che
consentono
tramite
l’esperienza
di
accorciare
tempi
e
costi
di
produzione.
LA
VALUTAZIONE
DELLE
PRESTAZIONI
DEI
LAVORATORI
In
passato,
qualora
si
poneva
l’attenzione
sull’efficienza,
le
modalità
di
valutazione
della
forza
lavoro
prevedevano,
per
il
personale
esecutivo
l’analisi
dei
tempi
impiegati
nella
lavorazione
degli
output,
e
per
i
lavoratori
di
livello
più
alo
le
capacita
di
mettere
in
atto
le
direttive
dell’alta
direzione,
tramite
adeguate
politiche
di
gestione
che
portavano
ad
obiettivi
e
ad
efficienza.
La
valutazione
dei
manager
per
esempio
era
basata
sul
rendimento
dei
capitali
impiegati
oppure
sulla
capacità
di
raggiungere
determinati
volumi
di
ricavi
di
vendita,
oppure
sulla
capacità
di
minimizzare
i
costi
di
produzione.
Questo
ovviamente
nelle
aziende
di
oggi
non
è
trascurato.
Ma
non
è
più
l’unico
criterio
di
valutazione.
Oggi
giorno,
il
sistema
di
valutazione
delle
prestazioni
è
caratterizzato
dalla
definizione
di
parametri
sulla
base
dei
quali
giudicare
l’operato
dei
vari
soggetti.
Attualmente
si
fa
maggiore
ricordo
all’analisi
delle
capacita
e
delle
competenze
dei
lavoratori.
Si
capisce
in
fatti
che
il
valore
del
“capitale
umano”
a
disposizione
di
un’azienda
non
dipende
soltanto
dalla
capacità
di
portare
a
compimento
determinate
operazioni,
ma
anche
dalle
conoscenze
a
disposizione
dei
singoli
soggetti.
LA
PROGRAMMAZIONE
DELLE
RISORSE
UMANE
La
programmazione
delle
risorse
umane
costituisce
lo
strumento
di
sintesi
e
coordinamento
di
tutte
le
politiche
di
gestione
delle
risorse
umane.
Ciclo
di
vita
del
lavoratore
all’interno
dell’azienda:
-‐ Selezione-‐Reclutamento:
dopo
aver
determinate
un
fabbisogno
di
risorse
umane,
l’azienda
deve
reperire,
la
qualità
e
la
quantità
di
risorse
umane
che
meglio
soddisfa
le
sue
esigenze.
Si
tratterà
pertanto
di
procedere
all’analisi
ed
alla
selezione
dei
candidati
ad
assumere
il
lavoro.
-‐ Addestramento-‐Formazione:
avviene
nella
fase
iniziale
del
rapporto
di
lavoro;
si
tratta
di
adattare
le
competenze
del
lavoratore,
sulla
base
delle
quali
è
stato
assunto,
alle
esigenze
e
alle
modalità
operative
aziendali.
Successivamente
tali
competenze
dovranno
essere
ancor
di
più
sviluppate
tramite
processi
di
formazione
specifici.
50
-‐ Gestione
corrente
del
rapporti
di
lavoro:
rappresenta
il
momento
di
svolgimento
dell’ordinaria
attività
lavorativa.
Questo
periodo
non
è
lineare
pero,
infatti
durante
tale
svolgimento
il
lavoratore
può
essere
adattato
a
posizioni
via
via
diverse
e
possono
essere
previsti
piani
di
sviluppo
della
sua
carriera.
-‐ Cessazione
del
rapporto
di
lavoro:
può
dipendere
da
cause
differenti,
attribuibili
all’azienda
oppure
al
lavoratore.
Le
cause
dipendenti
dal
lavoratore
possono
riguardare
la
sua
anzianità,
oppure
esigenze
personali
che
lo
portano
ad
abbandonare
l’azienda
(nuovo
posto
di
lavoro
più
conveniente).
L’abbandono
del
lavoratore
implica
per
l’azienda
la
perdita
delle
competenze
individuali
da
esso
maturate
nel
corso
del
rapporto
di
lavoro.
E’
per
questo
che
un
elevato
turn
over
della
forza
lavoro
non
è
mai
giudicato
positivo.
Le
cause
aziendali
al
contrario,
possono
dipendere
dalla
necessita
di
non
continuare
ad
avvalersi
delle
prestazioni
del
singolo
individuo,
magari
per
incapacità
del
soggetto
in
questione.
Quest’ultimo
caso
pero
non
è
semplice
da
attuare
a
causa
di
numerosi
vincoli
legislativi
posti
a
protezione
dei
lavoratori.
DIREZIONE
DELLE
RISORSE
UMANE
I
processi
di
selezione-‐reclutamento
del
personale
Il
processo
di
selezione
del
personale
è
quello
che
mette
in
contatto
l’azienda
con
il
mercato
del
lavoro.
Le
procedure
di
selezione
variano
da
azienda
ad
azienda,
e
molto
ovviamente
dipende
sia
dal
tipo
di
organizzazione
aziendale,
sia
dai
costi
che
l’azienda
è
disposta
a
sopportare
per
l’acquisizione
del
fattore
lavoro.
La
selezione
in
sostanza
consiste:
-‐ Nell’individuare
le
qualità
ed
i
requisiti
necessari
per
svolgere
determinati
compiti;
-‐ Nell’identificare
le
qualità
attuali
e
potenziali,
la
personalità,
gli
interessi
e
le
aspirazioni
dei
vari
individui
in
esame;
-‐ Nello
scegliere
individui
che
possiedono
tali
qualità,
ad
un
livello
sufficiente
per
svolgere
i
compiti
assegnati
dal
datore
di
lavoro.
La
selezione
si
fonda
sul
concetto
che
qualsiasi
lavoro
per
essere
eseguito
in
maniera
soddisfacente
richiede
il
possesso
di
un
insieme
di
qualità,
caratteristiche
e
aspirazioni.
I
processi
di
addestramento-‐formazione
del
personale
Una
volta
reclutato
il
personale
occorre
fare
in
modo
che
il
lavoratore
possa
essere
inserito
nella
maniera
migliore
all’interno
dell’azienda.
Si
tratta
di
passare
quindi
da
competenze
astratte
a
competenze
aziendali.
Il
candidato
infatti,
selezionato
per
le
sue
astratte
competenze,
deve
poter
essere
impiegato
all’interno
della
struttura
aziendale.
Ecco
perché
è
necessario
passare
per
una
prima
fase
detta
fase
di
addestramento
e
formazione.
Tuttavia
tali
processi,
diversi
tra
loro,
sono
processi
che
non
si
esauriscono,
ma
continuano
durante
la
carriera
del
lavoratore
(esistono
corsi
infatti
che
approfondiscono
determinate
competenze
ecc.).
Il
termine
addestramento
e
formazione
sono
diversi
tra
loro.
Con
il
primo
si
individua
il
processo
mediante
il
quale
al
lavoratore
vengono
fornite
conoscenze
tecniche,
per
svolgere
con
abilita,
puntualità
e
correttezza
i
compiti
di
tipo
operativo
(una
mansione).
La
formazione
invece,
più
lunga
e
molto
più
generica
rispetto
l’addestramento,
ha
invece
lo
scopo
di
infondere
mentalità,
atteggiamenti
ed
un
modo
di
essere
nel
lavoratore
utili
per
poter
gestire
diverse
situazioni
complicate
che
si
troverà
ad
affrontare
nella
vita
così
come
nel
lavoro.
51
La
gestione
del
capitale
umano
Se
si
aderisce
all’impostazione
secondo
la
quale
il
capitale
umano
rappresentano
uno
dei
più
importanti
punti
di
forza
delle
aziende,
si
comprende
che
l’azienda
dovrà
mantenere
ed
alimentare
tale
capitale.
Le
modalità
di
alimentazione
e
mantenimento
del
capitale
umano
ovviamente
sono
diverse
a
seconda
del
contesto
nel
quale
si
opera.
E’
chiaro
infatti
che
l’azienda
dev’essere
considerata
attrattiva
da
parte
della
forza
lavoro.
E
tale
capacita
di
esercitare
attrazione
dipende
dalla
sua
capacita
di
soddisfare
i
bisogno
dei
lavoratori.
Uno
degli
studiosi
che
si
è
occupato
dei
bisogno
degli
individui
all’interno
di
un
azienda
è
stato
Abraham
Maslow.
Maslow
ha
delineato
una
serie
di
bisogni,
classificati
secondo
un
criterio
gerarchico
di
priorità:
-‐ Bisogni
primari:
connessi
alle
necessita
di
sopravvivenza;
-‐ Bisogni
di
sicurezza:
relativi
alla
protezione
della
persona,
alla
necessita
di
essere
trattati
con
lealtà
e
giustizi,
di
operare
in
ambiente
sicuro;
-‐ Bisogni
di
socialità:
È
importante
essere
accettati
all’interno
di
un
gruppo
di
lavoro;
-‐ Bisogno
di
stima:
detti
anche
di
affermazioni,
sono
relativi
alla
stima
di
se
stesso
e
a
quella
degli
altri
colleghi;
-‐ Bisogni
di
autorealizzazione:
relativi
alla
consapevolezza
di
aver
realizzato
le
proprie
aspirazioni
professionali.
Secondo
Maslow
una
volta
garantita
la
soddisfazione
continuata
del
tempo
di
un
bisogno,
questa
non
assumerebbe
più
carattere
motivante,
inoltre
affinché
possa
insorgere
un
bisogno
di
livello
più
elevato
devono
necessariamente
essere
stati
soddisfatti
i
bisogni
di
ordine
inferiore
(posso
soddisfare
il
bisogno
di
sicurezza
ma
prima
devo
necessariamente
aver
soddisfatto
quelli
primari)
DINAMICA
DEI
VALORI
REALTIVI
AL
FATTORE
LAVORO
I
valori
rilevanti
nella
dinamica
del
rapporto
di
lavoro
I
valori
più
rilevanti,
che
fanno
riferimento
al
personale,
sono:
-‐ L’elaborazione
delle
buste
paga:
indicano
le
retribuzioni
che
spettano
ai
singoli
lavoratori.
La
retribuzione
viene
determinata
dall’azienda
sulla
base
del
contratto
di
lavoro.
-‐ La
rilevazione
delle
ore
di
manodopera:
ore
impiegate
nei
processi
produttivi
e
in
generale
nell’ambito
delle
varie
operazioni
aziendali.
Tali
rilevazioni
vengono
volte
dal
sistema
di
contabilità
analitica,
che
tra
l’altro
determina
i
rendimenti
e
l’efficacia
del
modo
in
cui
vengono
condotte
le
lavorazioni.
-‐ Il
costo
complessivo
della
manodopera:
viene
suddiviso
sia
in
relazione
alle
sue
parti
componenti,
quali
retribuzioni,
contributi,
ecc.,
sia
facendo
riferimento
alle
categorie
per
le
quali
il
costo
viene
sostenuto.
52
La
dinamica
dei
valori
economici
su
base
finanziaria
La
remunerazione
spettante
al
dipendente
per
la
prestazione
lavorativa
può
bararsi
su
differenti
basi,
quali
il
tempo,
il
numero
di
unita
prodotte,
il
fatturato
realizzato
ecc.
Si
parla
quindi
di
retribuzione
a
tempo,
a
cottimo
oppure
a
provvigione.
Le
forme
più
diffuse
sono
quelle
a
tempo,
retribuzione
periodica
a
tempo,
che
fa
riferimento
alle
ore
di
lavoro,
e
quella
fissata
su
base
mensile.
Periodicamente
l’azienda
dunque
deve
far
corrispondere
ai
lavoratori
gli
stipendi.
Oltre
a
questi
oneri
pero,
l’azienda
deve
corrispondere
delle
somme,
commisurate
all’ammontare
delle
retribuzioni,
agli
istituiti
di
previdenza
(INPS).
Sinteticamente
il
costo
del
lavoro
che
l’azienda
sostiene
verso
i
lavoratori
si
divide
in:
-‐ Retribuzione:
Costituita
dalla
somma
che
sulla
base
del
contratto
spetta
al
lavoratore.
Può
essere
diretta,
quando
liquidata
con
cadenza
mensile,
e
fa
riferimento
ad
ogni
singolo
dipendente
sulla
base
del
periodo
lavorativo,
oppure
indiretta,
quando
non
è
direttamente
collegata
all’effettiva
prestazione
lavorativa,
infatti
rappresenta
la
parte
di
somme
riconosciute
ai
dipendenti
sulla
base
di
disposizioni
contrattuali
o
leggi,
quali
ferie,
permessi
ecc.
Entrambe
comunque
vengono
erogate
mensilmente,
la
somma
percepita
mensilmente
potrà
quindi
essere
composta
da
entrambi
i
tipi
di
retribuzione.
-‐ Contributi
sociali
ed
assicurativi:
I
contributi
sociali
sono
corrisposti
dall’azienda
sulla
base
delle
disposizioni
di
legge
e
di
appositi
enti
di
previdenza
che
si
occupano
di
garantire
una
copertura
pensionistica
e
sanitaria.
Rappresentano,
in
quanto
contributi,
una
componente
aggiuntiva
del
costo
del
lavoro.
I
contributi
assicurativi,
vengono
sempre
corrisposti
dall’azienda
ad
appositi
enti
che
tutelano
il
dipendente
in
caso
di
infortuni
sul
lavoro.
-‐ Trattamento
di
fine
rapporto(TFR):
Anche
il
TFR
rappresenta
un
costo
aggiuntivo
rispetto
all’ammontare
delle
retribuzioni
lordi
mensili.
Prima
della
riforma
del
sistema
previdenziale
il
TFR
era
una
forma
di
retribuzione
differita
che
veniva
erogata
al
lavoratore
al
momento
della
cessazione
del
rapporto
di
lavoro
(liquidazione).
Oggi
giorno,
il
governo
Renzi
ha
invece
inserito,
nella
legge
di
stabilità,
la
possibilità
per
i
lavoratori
di
farsi
liquidare
sullo
stipendio,
mensilmente,
una
parte
del
TFR.
-‐ Contributi
integrativi
versati
a
fondi
pensione:
Nel
caso
in
cui
il
lavoratore
decide
di
aderire
ad
un
fondo
pensione
specifico,
i
contributi
da
versare
sono
costituiti
da
una
percentuale
a
carico
del
lavoratore,
trattenuta
dall’impresa
sulla
retribuzione
mensile
e
versata
direttamente
al
fondo
pensione,
e
da
una
seconda
percentuale,
a
carico
dell’impresa.
L’azienda
sopporta
nuovamente
un
incremento
del
costo
del
lavoro.
53
CAP
8:
PROCESSI
DI
ACQUISIZIONE
E
UTILIZZO
DEI
FATTORI
PRODUTTIVI
PLURIENNALI
I
fattori
pluriennali
sono
fattori
produttivi
che
hanno
un
ruolo
strumentale
all’interno
dell’azienda
,
quindi
hanno
un
utilizzo
durevole.
Essi
sono
lo
strumento
dell’attività
di
produzione
e
non
l’oggetto
e
vengono
utilizzati
per
più
cicli
di
produzione,
per
molto
tempo.
Gli
aspetti
di
questi
fattori
vanno
analizzati
sotto
il
profilo:
-‐ Operativo:
sono
elementi
strutturali
che
definiscono
la
struttura
dell’azienda
ossia
la
parte
rigida-‐stabile
dell’azienda
nel
tempo.
Sono
elementi
caratterizzati
da
rigidità
perché
definiscono
le
condizioni
operative
dell’azienda.
Inoltre
sono
elementi
di
lungo
periodo
ossia
esplicano
la
loro
vita
nel
lungo
termine.
-‐ Patrimoniale:
tali
fattori
coprono
una
parte
importante
di
investimenti
aziendali
(hanno
un
peso
considerevole
in
termini
di
percentuali
nel
caso
di
aziende
industriali
e
meno
in
caso
di
aziende
commerciali).
Tali
fattori
occupano
un
peso
rilevante
sul
totale
degli
investimenti
e
determinano
un
impiego
durevole
del
capitale
a
lungo
termine.
Pertanto
costituiscono
un
investimento
stabile.
-‐ Economico:
tali
fattori
rappresentano
dei
costi
anticipati
sostenuti
in
anticipo
rispetto
al
periodo
in
cui
vengono
utilizzati.
Costi
comuni
alla
formazione
del
reddito
di
più
anni,
oggi
acquisto
un
piatto
e
lo
pago
100,
tale
costo
non
è
di
competenza
solo
dell’anno
stesso,
ma
anche
degli
altri
anni,
è
un
costo
comune
a
più
esercizi.
Sono
inoltre
dei
costi
tendenzialmente
costanti,
cioè
sono
dei
costi
il
cui
ammontare
non
risente
dei
volumi
produttivi.
-‐ Finanziario:
al
momento
iniziale
di
vita
dell’azienda
l’acquisizione
di
tali
fattori
è
caratterizzata
da
una
uscita
di
denaro,
ma
questo
denaro
è
un
fattore
produttivo
che
ritorna
in
forma
liquida
all’azienda
mediante
le
entrate
che
sono
conseguite
dall’azienda
nell’arco
temporale
pluriennale
futuro
quindi
tramite
i
ricavi
di
vendita
dei
prodotti
che
questi
stessi
fattori
concorrono
a
realizzare.
(es.
nei
ricavi
dei
primi
3
anni,
per
ogni
singola
unità
di
prodotto,
per
ogni
singolo
ricavo,
una
piccola
quota
rappresenta
il
ritorno
di
questo
impiego
iniziale
di
capitale)
Classificazione
dei
fattori
pluriennali
I
fattori
pluriennali
sono
classificabili
in
fattori
pluriennali
materiali
e
fattori
pluriennali
immateriali.
-‐ Materiali:
riguarda
la
materialista
del
fattore,
se
è
o
meno
tangibile
(macchinari,
impianti,
etc.)
-‐ Immateriali:
non
hanno
la
caratteristiche
della
materialità,
riguardano
le
conoscenze
e
le
relazioni
sia
interne
che
esterne
all’azienda
stessa
(brevetti,
marchi,
know-‐how,
relazioni
interne
ed
esterne).
I
fattori
pluriennali
immateriali
si
dividono
a
loro
volta
in
-‐
Beni
immateriali:
per
esempio
brevetti,
licenze
e
marchi,
beni
che
sono
separabili
e
trasferibili
dall’azienda
ed
hanno
un
valore
economico
che
riflette
l’utilità
economica
che
sono
in
grado
di
apportare;
-‐
Costi
pluriennali:
riguardano
i
costi
per
le
spese
dei
fattori
pluriennali
immateriali
(es.
il
costo
di
un
investimento
pubblicitario).
Non
sono
separabili
dall’azienda
e
non
godono
di
una
tutela
autonoma.
54
I
beni
immateriali
come
già
detto
possono
esistere
anche
fuori
dall’azienda,
i
costi
pluriennali
invece,
che
sono
prettamente
aziendali,
non
sono
trasferibili
da
un
soggetto
ad
un
altro.
Esempio:
L’azienda
X
compie
delle
ricerche
nei
laboratori
di
ricerca
e
sviluppo
e
ottiene
come
risultato
un
nuovo
processo
produttivo,
che
può
essere
tutelato
con
un
brevetto.
Tramite
quest’ultimo,
inteso
come
un
bene
immateriale,
l’azienda
svolge
la
sua
attività
economica
potendo
mettere
quel
prodotto
nel
mercato
in
esclusiva.
Il
brevetto
sarà
trasferibile
ad
un'altra
azienda
e
proprio
per
questo
può
essere
valutato
(economicamente
parlando)
autonomamente
e
può
essere
anche
venduto
ad
un
altro
soggetto
in
un
altro
mercato,
magari
io
opero
in
Europa
e
vendo
il
mio
brevetto
nel
mercato
Americano.
Nell’attività
di
ricerca
può
accadere
però
che
il
risultato
della
ricerca
non
è
brevettabile,
dunque
l’azienda
ha
un
insieme
di
conoscenze
che
le
consentono
di
fare
nuovi
prodotti
che
prima
non
poteva
fare,
ma
non
ha
un
esclusiva
brevettuale
quindi
altri
possono
imitarla.
In
tal
caso
il
risultato
è
un
sapere
operativo
detto
know-‐how,
che
è
sempre
un
fattore
pluriennale,
che
pero
non
ha
una
valutazione
autonoma,
vale
solamente
all’interno
dell’azienda
e
non
può
essere
venduto.
Anche
una
licenza
è
un
altro
caso
di
bene
immateriale,
ossia
una
autorizzazione
rilasciata
dallo
Stato
a
svolgere
una
determinata
attività.
Approfondimento
Brevetto
Il
brevetto
è
un
titolo
giuridico
in
forza
del
quale
al
titolare
viene
conferito
un
diritto
esclusivo
di
sfruttamento
dell'invenzione,
in
un
territorio
e
per
un
periodo
ben
determinati,
e
che
consente
di
impedire
ad
altri
di
produrre,
vendere
o
utilizzare
l'invenzione
senza
autorizzazione.
Processi
dei
fattori
pluriennali
I
processi
che
interessano
i
fattori
pluriennali
materiali
sono
quattro:
acquisizione,
utilizzo
(ammortamento),
manutenzione,
rinnovo
e
modificazioni.
55
Processo
di
acquisizione
dei
fattori
pluriennali
Acquisizione:
ci
sono
due
modalità
principali
di
acquisizione,
esterna
o
interna.
-‐ Esterna,
è
un
normale
acquisto
di
un
fattore
produttivo
che
vede
l’azienda
relazionarsi
con
un
fornitore
e
mediante
tale
relazione
effettua
l’acquisto
del
fattore
pluriennale.
-‐ Interna,
in
questo
caso
l’azienda
non
acquista
da
un
fornitore
l’impianto
ma
lo
produce
in
proprio
realizzando
all’interno
della
propria
struttura
un
processo
di
produzione
separato
da
quello
dei
prodotti
che
è
finalizzato
alla
produzione
di
un
fattore
pluriennale.
Quando
l’azienda
preferisce
realizzare
un
fattore
pluriennale
piuttosto
che
comprarlo?
La
risposta
si
trova
in
ragione
di
convenienza
economica
(confronto
tra
quanto
costa
l’impianto
esterno
e
quanto
quello
della
produzione
interna)
o
in
ragioni
di
convenienza
strategica
(accade
quando
l’azienda
ha
bisogno
di
un
fattore
che
sul
mercato
non
è
ancora
presente,
oppure
per
mantenere
segrete
delle
conoscenze
tecnologiche).
-‐ Una
terza
modalità
è
detta
locazione
finanziaria
conosciuta
come
leasing
ossia
un
operazione
mista.
I
soggetti
sono
tre
ovvero
fornitore,
azienda
e
finanziatore
(società
di
leasing).
Azienda
invece
di
acquistare
un
prodotto
dal
fornitore
X
fa
un
contratto
con
la
società
di
leasing
che
acquista
il
bene
al
posto
dell’azienda
e
dopo
averlo
acquistato
lo
“affitta”
all’azienda;
è
previsto
che
trascorso
un
certo
numero
di
anni
(es.
5
anni)
l’azienda
riscatti
o
meno
il
bene
ossia
acquista
la
proprietà
del
bene
oppure
no.
Il
leasing
a
sua
volta
può
essere
diviso
in
leasing
operativo
e
leasing
finanziario.
Il
primo
consiste
proprio
nell’affitto
di
un
determinato
bene
per
un
intervallo
di
tempo,
le
rate
saranno
“più
basse”
rispetto
a
quelle
del
leasing
finanziario,
però
in
questo
caso
l’acquisto
del
bene
non
conviene,
in
quanto
viene
a
costare
molto,
come
se
fosse
un
bene
“nuovo”.
Nel
caso
del
leasing
finanziario
invece,
si
tratta
di
un
acquisto
dilazionato
di
un
bene,
in
quanto
le
rate
del
leasing
saranno
si
“più
alte”,
ma
trascorsi
i
fantomatici
5
anni
citati
prima,
il
bene
costerà
molto
meno
rispetto
al
valore
di
mercato,
in
quanto
abbiamo
pagato
pesanti
rate
in
precedenza.
Nel
momento
dell’acquisto
di
un
fattore
pluriennale,
bisogna
considerare
anche
la
dimensione
della
sua
capacità
produttiva
(aspetto
quantitativo).
Inoltre,
vi
sono
anche
degli
aspetti
qualitativi
che
sono
legati
all’elasticità,
alla
flessibilità,
alla
specializzazione
ed
alla
struttura
organizzativa.
Dimensione:
capacità
quantitativa
di
produzione,
ossia
il
numero
di
atti
produttivi
che
l’impianto
è
capace
di
realizzare
se
sfruttato
al
massimo
della
sua
potenzialità.
56
Il
fenomeno
dell’Economia
di
scala
L’intensità
delle
economie
di
scala
è
diversa
tra
le
varie
aziende.
In
alcune
è
molto
elevata,
per
determinate
caratteristiche
produttive,
in
altre
è
molto
bassa.
Nel
primo
caso,
le
aziende
sono
indotte
ad
aumentare
la
propria
dimensione,
poiché
ottengono
un
vantaggio
competitivo
derivante
dai
minori
costi
di
produzione.
Il
costo
unitario
del
prodotto
è
influenzato
pertanto
sia
dall’economia
di
scala
sia
dal
grado
di
utilizzo
della
capacità
produttiva
disponibile.
All’aumentare
della
scala
dimensionale
si
riduce
il
costo
unitario
della
produzione.
Il
fenomeno
dell’economia
di
scala
è
rappresentato
da
un
andamento
nel
grafico
e
man
mano
che
io
utilizzo
un
impianto
il
costo
unitario
del
prodotto
si
riduce
(in
quanto
si
ripartisce
su
un
numero
maggiore
possibile
di
prodotti
e
quindi
si
riduce
al
massimo).
Ovviamente
nell’ipotesi
che
quel
impianto
sia
utilizzato
al
100
%
della
sua
potenzialità
produttiva.
Per
quanto
riguarda
i
fattori
pluriennali
materiali
la
loro
incidenza
del
costo
unitario
di
un
prodotto
si
modifica
per
due
ragioni
ben
distinte,
da
un
lato
dall’economia
di
scala
e
dall’altro
dal
grado
di
utilizzo
della
capacità
produttiva
disponibile
(es.
l'impianto
X
che
ha
100
unità
di
prodotto
all’anno
qualora
viene
utilizzato
al
100%
ha
un
costo
unitario
Y,
l’azienda
può
utilizzarlo
per
produrre
100
unità
di
prodotto
così
come
70
o
così
come
0.
Quando
viene
utilizzo
al
100%
l’azienda
si
trova
al
punto
di
miglior
utilizzo
e
alla
massima
capacità
produttiva).
Se
l’azienda
può
contare
su
costi
più
contenuti
è
più
forte
sul
mercato.
Aspetti
qualificativi
riguardanti
le
caratteristiche
relative
al
come
può
operare
un
impianto
-‐ Specializzazione:
viene
perseguita
per
un
motivo
economico
legato
al
fatto
della
forte
ripetitività
di
un
impianto
a
svolgere
con
elevata
ripetitività
nel
tempo
uno
stesso
atto
produttivo
e
ciò
si
traduce
sul
piano
economico
in
maggiore
efficienza
e
in
costi
di
produzione
contenuti.
Inoltre
si
ottiene
un
maggior
accumulo
di
know-‐how
che
determina
un
così
detto
"effetto
di
apprendimento”
e
una
ulteriore
riduzione
dei
costi.
Quando
l'azienda
deve
acquisire
un
impianto
deve
domandarsi
il
livello
di
specializzazione
dell’impianto
e
su
quanto
privilegiare
impianti
di
tipo
generico
adottati
in
più
e
differenti
attività
produttive
o
su
quanto
privilegiare
impianti
specializzati
che
invece
non
posso
essere
adottati
ed
adattati
in
altre
attività.
Inoltre
La
specializzazione
può
essere
vista
non
solo
al
singolo
impianto
ma
anche
dal
punto
di
vista
di
come
tutta
la
azienda
si
specifica
per
un
singolo
prodotto.
L’azienda
può
ottenere
specializzazioni
operando
in
maniera
verticale
o
in
maniera
orizzontale.
Dal
punto
di
vista
verticale
troviamo
la
filiera
produttiva,
ovvero
una
sequenza
di
operazioni-‐segmenti,
la
quale
determina
la
creazione
del
prodotto.
Le
attività
svolte
per
un
prodotto
possono
essere
divise
in
attivi
produttive
distinte
o
in
aziende
distinte
e
questo
concetto
si
può
applicare
in
senso
verticale
andando
ad
individuare
quali
attività
svolgere
e
quali
no
(es.
dalla
creazione
fino
alla
distribuzione
di
uno
specifico
prodotto
sul
mercato.
L'azienda
X
si
specializza
sulla
fase
della
filiera
produttiva
che
vede
magari
le
ultime
3
fasi
per
la
creazione
di
un
prodotto.
A
livello
di
impresa
l'azienda
va
a
individuare
quali
fasi
della
"filiera
produttiva"
deve
occuparsi.
Il
contrario
della
specializzazione,
quindi
il
concentrarsi
su
una
o
poche
fasi,
è
la
“integrazione
produttiva”
che
vede
invece
svolgerle
tutte
le
fasi.
Molti
settori
produttivi
si
sono
sviluppati
formando
i
c.d.
distretti
industriali
in
cui
sono
concentrate
numerose
aziende
che
sono
tutte
appartenenti
ad
una
stessa
filiera
di
produzione
avendo
deciso
di
spingere
sulla
specializzazione
produttiva
svolgendo
una
o
più
fasi
per
la
creazione
di
un
prodotto.
(es.
il
settore
calzaturiero
non
è
altro
che
una
composizione
di
parti
dove
ci
sono
più
aziende
specializzate
che
si
dedicano
ad
una
fase;
addirittura
alcune
di
esse
non
producono
nulla
ma
magari
creano
solo
il
design).
Dal
punto
di
vista
orizzontale
invece
L'azienda
si
focalizza
su
una
parte
in
particolare
di
un
determinato
mercato
per
essere
competitiva.
Ci
troviamo
di
fronte
ad
aziende
multi-‐
business
che
offrono
diversi
tipi
di
prodotti.
57
-‐ Elasticità/Flessibilità:
in
passato
le
aziende
operavano
secondo
una
logica
di
efficienza
cercando
di
ottenere
dei
costi
a
livello
più
basso.
Ciò
veniva
realizzato
tramite
la
crescita
dimensionale,
economia
di
scala
e
la
standardizzazione
ovvero
lo
svolgimento
delle
attività
produttive
in
maniera
standard.
Oggi
nel
contesto
attuale
questa
metodica
tende
a
non
pagare
più,
a
non
essere
vincente
perché
questa
impostazione
va
bene
quando
c'è
una
prevalenza,
una
competizione
dei
prezzi.
Le
due
tendenze
di
crescita
dimensionale
e
standardizzazione
sono
state
superate.
L'attuale
contesto
economico
richiede
alle
aziende
una
varietà
di
prodotti
e
di
tecniche
di
produzione.
Ovviamente,
in
questo
caso
non
è
possibile
realizzare
una
logica
di
efficienza
basata
solo
sulle
economie
di
scala
e
sulla
standardizzazione.
Quindi
si
ricerca
una
flessibilità
delle
attività
produttive
in
modo
tale
che
il
cambiamento
imposto
dal
mercato
non
sia
una
minaccia
ma
un
fattore
competitivo
da
sfruttare.
L'elasticità
esprime
l'aspetto
quantitativo,
ossia
la
capacità
di
un
impianto
di
mantenersi
"economico"
al
variare
(in
diminuzione)
dell'utilizzo
della
capacità
produttiva
disponibile.
Facendo
rifermento
ad
un
impianto
vedo
che
il
suo
utilizzo
determina
dei
costi
fissi
cioè
dei
costi
che
sono
indipendenti
dal
fatto
che
io
produco
80,
100
o
120.
-‐ Struttura
organizzativa
di
un
azienda:
Qui
ci
sono
molteplici
aspetti
da
prendere
in
considerazione:
-‐ Bisogna
considerare
il
livello
d’industrializzazione
che
vede
due
modalità
organizzative:
la
produzione
artigianale,
prevalenza
del
fattore
lavoro
nella
realizzazione
del
prodotto,
ogni
prodotto
è
unico,
non
c’è
una
produzione
uguale
e
costante
nel
tempo;
produzione
industriale,
prevale
la
componente
meccanica
sul
fattore
lavoro,
la
quale
produzione
è
omogenea,
i
prodotti
sono
tutti
uguali
e
costanti.
I
due
modelli
sono
molto
diversi
tra
sia
dal
punto
di
vista
del
prodotto
sia
dal
punto
di
vista
dei
costi
di
produzione,
sia
del
valore
di
quanto
costa
il
prodotto
sia
l’impegno
dei
materiali
che
ho
utilizzato.
Il
livello
di
industrializzazione
si
vede
da
dove
l’azienda
si
trova
sulla
linea
immaginaria
che
va
dalla
produzione
artigianale
a
quella
di
tipo
industriale.
Esistono
3
elementi
diversi
per
definire
se
l’azienda
e
artigianale
e
industriale:
-‐ meccanizzazione
(sostituzione
del
fattore
lavoro
con
il
macchinario);
-‐ standardizzazione
(fissazione
degli
standard,
fissare
i
caratteri
essenziali
del
prodotto
e
del
processo
che
va
compiuto
per
produrlo);
-‐ specializzazione
produttiva
(frazionare
il
processo
di
produzione
in
attività
elementari
svolte
con
elevata
omogeneità
nel
tempo,
tipo
catena
di
montaggio).
58
-‐ Oltre
al
livello
di
industrializzazione
bisogna
considerare
anche
il
layout
ovvero
la
disposizione
dei
processi
produttivi
e
come
si
definiscono
le
attività
produttive
che
si
svolgono
all’interno
dell’azienda.
La
disposizione
può
essere
organizzata
per
reparto
o
per
catena.
Queste
sono
due
soluzioni
differenti
che
si
basano
su
differenti
tipologie
di
lavoro
e
quindi
di
macchinari
utilizzati:
-‐
Reparto:
l’attività
produttiva
è
scomposta
in
parti
separate
dai
reparti
di
produzione.
I
singoli
reparti
sono
degli
spazi
dell’azienda
in
cui
sono
messi
insieme
macchinari
che
sono
simili
(svolgono
lo
stesso
tipo
di
attività
produttiva).
In
ogni
reparto
si
fanno
cose
diverse,
magari
il
prodotto
X
per
essere
realizzato
prevede
un
percorso
dei
reparti
A-‐C-‐D
mentre
il
prodotto
Y
prevede
un
percorso
differente
del
tipo
A-‐B-‐C-‐E
-‐
Catena:
le
diverse
lavorazioni
che
caratterizzano
la
realizzazione
del
prodotto,
sono
strettamente
collegate.
Mentre
in
quella
per
reparto
i
reparto
possono
lavorare
anche
su
prodotti
diversi,
quella
catena
prevede
uno
stabile
collegamento
tra
le
differenti
fasi
di
lavorazione.
C’è
un
flusso
di
produzione
lineare
e
se
qualcosa
non
funziona
in
una
determinata
fase
di
lavorazione
questo
problema
danneggia
tutto
il
flusso
di
produzione.
(Cosa
che
non
avviene
in
quella
per
reparto).
La
soluzione
a
catena
prevede
dei
macchinari
più
specializzati
e
una
maggiore
meccanizzazione
e
richiede
un
minor
contributo
del
lavoro
umano.
La
disposizione
a
catena
è
più
efficienti,
riduce
al
massimo
i
costi,
le
aziende
molto
industrializzate
tendono
a
realizzare
processi
che
si
svolgono
secondo
tale
logica.
Quello
per
reparto
risulta
più
flessibile,
richiede
macchinari
più
generici
e
meno
costosi.
-‐ Ultimo
aspetto
riguarda
la
tipologia
del
processo
produttivo
che
può
essere:
-‐ Intermittente,
l’attività
procede
e
viene
gestita
per
lotti
di
produzione
nel
senso
che
l’azienda
mette
in
produzione
1000
unità
di
prodotto
ma
comunque
la
logica
secondo
cui
procede
il
processo
di
produzione
è
rappresentata
da
quantitativi
di
prodotto
che
vengono
realizzati
separatamente.
-‐ Continua,
l’azienda
non
lavora
nei
quantitativi
di
prodotto
ma
lavora
su
un
flusso
di
prodotto
che
può
essere
misurato
in
quantità
per
unità
di
tempo,
realizza
un
flusso
di
100
prodotti
al
giorno
per
esempio.
59
Processo
di
utilizzo
dei
fattori
pluriennali
L’utilizzo
dei
fattori
produttivi
pluriennali
materiali
fa
sì
che
tali
fattori
siano
sottoposti
ad
un
logoramento
(consumo)
sia
fisico
che
economico.
Se
utilizziamo
dei
macchinari
questi
si
consumano
determinando
un
logorio
tecnico-‐fisico
che
è
determinato
da
alcune
cause
quali:
-‐ Tempo
-‐ Frequente
utilizzo
che
a
lungo
andare
usura
il
macchinario
-‐ Condizioni
d’uso
(se
lo
utilizzo
in
condizioni
favorevoli
si
logora
di
meno)
-‐ Manutenzione
(con
la
quale
provo
a
rallentare
il
logoramento
fisico
dei
macchinari)
Il
logoramento
termina
quando
il
macchinario
smette
di
funzionare
completamente.
Si
parla
dunque
di
vita
fisica
del
macchinario,
determinato
dall’arco
temporale,
ovviamente
pluriennale,
nel
cui
arco
funzionerà
fisicamente
e
subirà
tale
processo
di
logorio
che
lo
rende
da
capace
a
incapace
di
funzionare.
Il
logorio
economico
o
di
obsolescenza
riguarda
invece
la
capacità
dell’impianto
di
partecipare
a
dei
processi
produttivi
che
siano
economicamente
convenienti.
Un
impianto
diventa
obsoleto
quando
altri
impianti
risultano
maggiormente
capaci
di
realizzare
dei
processi
produttivi
economicamente
convenienti.
I
fattori
alla
base
dell’obsolescenza
sono:
-‐ Tecnologia
(un
impianto
ha
al
suo
interno
un
certo
livello
tecnologico,
la
tecnologia
va
avanti
e
quello
che
oggi
è
il
miglior
macchinario,
non
lo
sarà
più
tra
un
tot
di
anni)
-‐ Mercato
(il
mercato
si
evolve
e
si
modifica,
cambiano
le
richieste,
le
esigenze
ed
emergono
nuovi
bisogni
e
certi
impianti,
certi
macchinari
che
sono
legati
ad
un
precedente
contesto
di
mercato
sono
orami
obsoleti).
Ci
sono
i
macchinari
che
realizzano
un
certo
prodotto
con
un
certo
materiale,
ad
un
certo
punto
questo
materiale
non
va
più
bene,
ne
viene
inventano
uno
nuovo,
e
quindi
è
necessario
che
gli
impianti
possano
lavorare
quel
nuovo
materiale.
Se
prima
avevamo
individuato
il
concetto
di
vita
fisica,
ora
possiamo
individuare
il
concetto
di
vita
economica:
arco
temporale
in
cui
quel
macchinario
può
funzionare
non
tanto
fisicamente,
ma
può
funzionare
per
realizzare
dei
prodotti
che
siano
convenienti.
Esiste
anche
la
vita
utile
di
un
impianto
ossia
l’arco
temporale
in
ci
può
essere
utilizzato
che
riguarda
la
vita
più
breve
tra
quella
fisica
e
quella
economica.
(es.
Vita
fisica
10
anni,
vita
economica
6
anni
=>
allora
la
vita
utile
sarà
6
anni).
60
Processo
di
ammortamento
dei
fattori
pluriennali
È
processo
tecnico-‐contabile
che
si
propone
di
tradurre
l’aspetto
economico
del
fattore
produttivo
in
valori
capaci
di
riflettere
contabilmente
e
nelle
sintesi
di
bilancio
dell’azienda.
Nel
processo
di
ammortamento
possiamo
invidiare
tre
distinti
profili:
-‐ Economico:
il
processo
di
ammortamento
consente
di
ripartire
un
costo
pluriennale
tra
i
vari
anni
che
sono
compresi
nella
vita
utile
di
quel
fattore
pluriennale.
Il
prodotto
all’inizio
viene
acquistato,
avrà
quindi
un
costo
pluriennale,
il
processo
di
ammortamento
consente
di
ripartire
questo
costo
su
un
numero
di
anni
(es.
5
anni)
compresi
nella
vita
utile
del
fattore
pluriennale.
-‐ Patrimoniale:
il
processo
di
ammortamento
consente
di
registrare
la
progressiva
perdita
di
valore
economico
del
fattore
pluriennale.
Viene
comprato
a
100,
dopo
un
anno
vale
80,
poi
60
e
così
via.
-‐ Finanziario:
il
processo
di
ammortamento
consente
di
evidenziare
come
l’impiego
finanziario
di
capitali
iniziali
(come
l’uscita
iniziale
di
capitale
finanziario
connesso
all’
acquisto)
rientri
in
forma
liquida
all’interno
dell’azienda
mediante
le
entrate
connesse
ai
ricavi
dalla
vendita
dei
prodotti.
Gli
elementi
essenziali
per
capire
il
funzionamento
del
processo
di
ammortamento
sono
tre:
-‐ Valore
da
ammortizzare:
è
dato
essenzialmente
dal
costo
di
acquisizione,
incrementato
di
tutti
gli
oneri
accessori
sostenuti,
sottraendo
il
valore
di
recupero
o
aggiungendo
il
costo
di
dismissione
da
sostenere”.
(Il
costo
di
acquisizione
vale
in
caso
di
acquisto
all’esterno;
invece
si
parla
di
costo
interno
di
realizzazione
se
l’azienda
non
ha
acquisito
l’impianto
ma
lo
ha
realizzato
internamente).
-‐ Vita
utile:
è
data
dall’analisi
della
vita
fisica
e
della
vita
economia
e
individua
l’arco
temporale
dell’ammortamento.
-‐ Criteri
di
ripartizione:
sono
delle
regole
da
seguire
per
ripartire
il
valore
del
bene
durante
l’arco
temporale.
Il
Processo
di
ammortamento
non
è
episodico
ma
sistematico,
può
essere
modificato
e
deve
essere
predisposto
quando
si
acquista
un
fattore
pluriennale.
È
applicato
nel
corso
degli
anni
secondo
una
divisione
unitaria
che
riguarda
l’intera
vita
del
fattore
pluriennale,
ma
possono
esserci
degli
eventi/fattori
che
possono
modificare
il
piano
di
ammortamento.
Analizziamo
i
criteri
di
ripartizione
considerando:
-‐ Valore
da
ammortizzare
-‐ Tempo/Vita
utile
del
fattore
pluriennale
-‐ Criteri
di
ripartizione:
i
quali
possono
essere
di
tipo
matematico
di
tipo
economico.
Nel
caso
dei
criteri
matematici
si
prendono
in
considerazione:
o Quote
costanti
per
i
singoli
anni
(valore
Ammortizzare/n°
anni).
È
la
metrologia
più
diffusa.
o Quote
crescenti:
il
valore
da
ammortizzare
viene
ripartito
prevedendo
che
la
quota
di
ammortamento
anno
dopo
anno
aumenti.
In
questo
caso
la
logica
è
legata
al
fatto
che
si
suppone
che
i
primi
anni
di
utilizzo
di
un
fattore
pluriennale
non
siano
quelli
più
efficienti
61
o
produttivi
dal
punto
di
vista
economico.
Vengono
utilizzate
le
quote
crescenti
perché
si
ipotizza
che
nei
primi
anni
l’azienda
produca
di
meno
con
il
macchinario
in
quanto
ancora
non
è
in
grado
di
utilizzarlo
bene.
o Quote
decrescenti:
il
valore
da
ammortizzare
viene
ripartito
prevedendo
che
la
quota
di
ammortamento
anno
dopo
anno
diminuisca.
In
questo
caso
si
considera
più
efficiente
il
fattore
produttivo
nei
primi
anni
con
minori
costi
di
manutenzione,
mentre
negli
anni
successivi
si
avranno
quote
di
ammortamento
più
basse
composte
da
costi
di
manutenzione
di
più
elevati.
Per
le
quote
decrescenti
si
ipotizza
quindi
che
l’impianto
nei
primi
anni
sia
più
efficiente
e
con
costi
di
manutenzione
inferiori.
Nel
caso
dei
criteri
economici
si
valuta
nel
tempo
il
contributo
economico
che
il
fattore
pluriennale
offre
alla
produzione
aziendale.
Si
guarda
quindi
il
concreto
utilizzo
del
fattore
rapportato
sull’utilità
complessiva
che
il
fattore
pluriennale
ha
dato
in
tutta
la
sua
vita
utile.
Si
valuta
l’effettivo
contributo
del
fattore
pluriennale
in
un
determinato
esercizio.
Questo
criterio
ha
un’impostazione
sistemica,
poiché
ogni
anno
si
verifica
l’utilità
del
fattore
pluriennale
dal
punto
di
vista
fisico-‐economico.
Processo
di
manutenzione
dei
fattori
pluriennali
Interventi
di
diverso
genere
sui
fattori
pluriennali
materiali
che
si
scompongono
in
due
categorie:
• Manutenzione
ordinaria:
non
modifica
la
funzionalità
o
la
produttività
dell’impianto
poiché
sono
interventi
che
si
propongono
di
mantenere
intatta
la
funzionalità
degli
impianti.
Queste
attività
di
manutenzione
possono
essere
PREVENTIVE
(prima
che
venga
pregiudicata
in
modo
transitorio
la
funzionalità
del
fattore)
o
di
RIPRISTINO.
Inoltre
la
manutenzione,
a
seconda
se
il
guasto
avviene
prima
o
dopo,
può
essere
RICCORENTE
(ogni
anno
e
ciò
genera
costi
di
esercizio)
o
PLURIENNALE
(con
durata
di
vari
anni
e
ciò
genera
costi
pluriennali).
• Manutenzione
straordinaria:
interventi
che
modificano
la
produttività
e
la
funzionalità
degli
impianti,
incrementando
questi
due
fattori
(generando
costi
incrementativi).
Incrementa
se
per
esempio
abbassando
i
tempi
di
produzione,
oppure
se
aumento
la
dimensione
produttiva
(producendo
più
elementi
prodotti).
Si
può
incrementare
la
flessibilità
(e
quindi
aumentare
la
funzionalità)
di
un
impianto
aggiungendo
a
quest’ultimo
componenti
elettronici
che
posso
modificare
la
durata
dell’impianto
per
allungargli
la
vita
produttiva.
Processo
di
rinnovo
dei
fattori
pluriennali
Sostituzione
e
riarmo
di
un
fattore
pluriennale
obsoleto
con
un
fattore
tecnologicamente
avanzato.
Il
rinnovo
è
fondamentale
perché
è
il
momento
in
cui
l’azienda
valuta
la
possibilità
di
cambiare
la
propria
struttura
produttiva
da
un
punto
di
vista
tecnologico,
o
la
sua
capacità
produttiva
dal
punto
di
vista
dimensionale.
Quindi
deve
decidere
se
adeguare
o
modificare
la
sua
capacita
produttiva
e
i
suoi
impianti,
in
relazione
alla
sua
esperienza
sul
mercato.
Bisogna
adeguare
l’azienda
al
mercato
e
al
contesto
aziendale
in
termini
di
qualità
e
quantità.
Nella
fase
del
rinnovo
possono
presentarsi
delle
situazioni
che
danno
vita
a
componenti
straordinarie
di
redito,
ossia
PLUSVALENZE
e
le
MINUSVALENZE.
Se
realizziamo
una
PLUSVALENZA
è
probabile
che
le
quote
di
ammortamento
durante
gli
anni
sono
state
eccessive
rispetto
al
valore
contabile
del
fattore
pluriennale,
quindi
la
PLUSVALENZA
è
una
rettifica
dei
redditi
dei
precedenti
esercizi.
Al
contrario
se
realizziamo
una
MINUSVALENZA,
il
valore
residuo
è
più
alto
del
valore
di
realizzo
e
ciò
significa
che
l’ammortamento
è
stato
troppo
basso
Per
questo
le
PLUSVALENZE
e
le
MINUSVALENZE
sono
componenti
straordinari
di
reddito;
esse
infatti
pure
avendo
manifestazione
nell’esercizio
in
corso
si
riferiscono
a
fatti
di
gestioni
di
precedenti
esercizi.
62
Modificazioni
strutturali
delle
condizioni
di
utilizzo
dei
fattore
pluriennali
Nel
momento
dell’acquisto
del
fattore
pluriennale,
vengono
impostate
delle
condizioni
di
utilizzo
del
fattore
in
un
determinato
ambito
produttivo.
Può
succedere
che
durante
gli
anni
alcuni
eventi
modificano
le
condizioni
di
utilizzo
di
quel
fattore
produttivo.
Questa
modificazione
può
avere
cause
interne
o
esterne
all’azienda.
Gli
impianti
possono
essere
quindi
legati
alle
condizioni
di
utilizzo.
• Esempio:
un
impianto
(vita
utile
20
anni)
che
in
passato
era
stato
giudicato
sostenibile
dal
punto
di
vista
ambientale,
viene
giudicato
(dopo
7
anni)
non
più
idoneo
agli
standard
ambientali
e
deve
essere
dismesso
entro
3
anni.
In
questo
caso
vi
è
una
modifica
delle
condizioni
di
utilizzo.
• Esempio:
un’azienda
inserita
in
una
determinata
area
geografica,
dismette
o
riduce
la
capacità
produttiva
di
un
determinato
impianto,
perché
quell’area
geografica
non
è
più
considerata
competitiva
come
in
passato.
Schema
sintetico
dei
fatti
di
gestione
che
interessano
i
fattori
pluriennali
1) ACQUISIZIONE
-‐ Esterna
=>
c.
di
acquisizione
-‐ Realizzazione
interna
=>
costo
interno
=>
capitalizzazione
dei
costi
-‐ Leasing
=>
costi
di
esercizio
2) UTILIZZO
-‐ Quote
di
ammortamento
=>
fondo
ammortamento
=>
valore
residuo
3) MANUTENZIONE
-‐ Costi
di
esercizio
(man.
Ordinaria
non
pluriennale)
-‐ Costi
pluriennali
(man.
Ordinaria
pluriennale)
-‐ Costi
intermedi
(man.
Straordinaria)
=>
(incide
sul
capitale)
4) RINNOVO
=>
plusvalenze
e
minusvalenze
5) MODIFICAZIONE
DELLE
CONDIZIONI
DI
UTILIZZO:
svalutazioni
e
rivalutazioni.
63
Fattori
pluriennali
di
tipo
immateriale.
Gli
“Intangibles”
La
struttura
operativa,
oltre
ad
essere
caratterizzata
dalla
presenza
di
fattori
pluriennali
di
tipo
materiale,
è
formata
da
elementi
di
tipo
intangibile
(dal
nome
dal
termine
inglese
“intangibles”)
che
molto
spesso
rappresentano
i
fattori
critici
di
successo
di
una
specifica
azienda.
Essi
sono
una
particolare
tipologia
di
fattori
pluriennali
la
cui
importanza
è
soprattutto
emersa
in
questi
ultimi
anni.
Questi
elementi
innanzitutto
non
possono
essere
acquistati
come
i
fattori
produttivi
di
tipo
materiale
(es.
motivazione
del
personale,
affidabilità
finanziaria,
know-‐how,
immagine
aziendale...),
ma
possono
essere
formati
all’interno
dell’azienda
o
con
processi
di
apprendimento
derivanti
a
loro
volta
dai
processi
operativi
di
lungo
periodo.
Nascono
come
effetto
collaterale
dei
processi
operativi
dell’azienda.
Il
know-‐how
per
esempio
non
viene
acquisito
andando
a
fare
dei
corsi,
ma
operando
e
facendo
si
che
nell’operare
non
si
abbia
come
risultato
solo
un
prodotto,
ma
anche
un
effetto
di
apprendimento
di
conoscenze
e
capacità
mediante
l’operatività.
Sono
dunque
fattori
che
nascono
con
il
passare
del
tempo.
-‐
“L’oggetto
di
questi
intangibles”
possono
essere
conoscenze,
capacità
o
fiducia.
Elementi
che
devono
esser
sviluppati
mediante
l’attività
operativa
dell’azienda,
dentro
o
fuori
l’azienda,
ma
devono
essere
attinenti
all’azienda.
Conoscenza
e
capacità
sono
interni
l’azienda
quindi
alle
persone
che
operano
nell’azienda.
La
fiducia
nell’azienda
la
troveremo
in
soggetti
esterni
quali
clienti,
finanziatori
ecc.
-‐
“I
soggetti
di
questi
intangibles”
possono
essere
anche
essi
interni
o
esterni.
-‐
Terzo
elemento
importante
riguarda
le
“attività
aziendali
maggiormente
produttive
di
intangibles”
possono
essere:
-‐ Marketing
-‐ Produzione
-‐ Finanza
Per
quanto
riguarda
la
logica
dei
valori,
non
è
immediato
il
calcolo
relativo
al
contributo
economico
che
questi
fattori
riescono
a
dare
all’attività
produttiva.
Solitamente
ci
si
riferisce
al
mercato
o
ai
costi
per
la
determinazione
dei
«valori».
Ma,
in
questo
caso,
non
è
possibile
fare
riferimento
a
questi
due
elementi
(non
c’è
un
mercato
degli
intangibles;
il
valore
del
costo
non
è
oggettivamente
determinabile).
64
CAP
9:
PROCESSI
DI
PRODUZIONE
Con
i
processi
di
produzione,
ci
occupiamo
dell’attività
di
produzione
all’interno
dell’azienda.
La
produzione
è
la
realizzazione
dei
prodotti,
ossia
il
combinare
dei
fattori
per
ottenere
dei
prodotti.
Tale
combinazione
dei
fattori,
è
in
realtà
un
attività
complessa
nella
quale
convergono
più
profili
di
rilievo
che
riguardano
l’aspetto
tecnico,
l’aspetto
economico,
e
l’aspetto
organizzativo.
Si
parla
infatti
di
:
-‐ Tecnologia
di
produzione:
esiste
una
tecnologia
all’interno
della
produzione.
La
produzione
viene
svolta
dalla
combinazione
di
fattori
secondo
delle
regole
e
dei
criteri
che
sono
imposte
dalla
tecnologia,
regole
che
sono
spesso
un
po’
complicate
e
non
semplici.
-‐ Economia
di
produzione:
non
basta
dire
“per
fare
questo
prodotto
bisogna
lavorare
questo
determinato
materiale
in
questo
modo
“perché
la
produzione
deve
essere
economica,
cioè
deve
esserci
un
rapporto
positivo
tra
il
valore
economico
che
ottengo
con
la
produzione
e
il
valore
dei
fattori
di
consumo,
svolgendo
quella
produzione.
-‐ Organizzazione
della
produzione:
Produzione
insieme
di
attività
che
vanno
organizzate
e
coordinate,
per
cui
emerge
la
rilevanza
dell’aspetto
organizzativo
della
produzione.
FASI
DEL
PROCESSO
DI
PRODUZIONE
1) Acquisizione
dei
fattori
pluriennali:
si
investe
per
acquistare
i
fattori
pluriennali
(impianti)
che
determineranno
la
struttura
produttiva
aziendale
e
che
determineranno
anche
le
prossime
fasi
del
processo
di
produzione.
2) Acquisizione
dei
materiali/servizi
3) Acquisizione
del
fattore
lavoro
4) Inizio
dei
processi
di
produzione
PROCESSI
DI
PRODUZIONE
I
processi
di
produzione
sono
diversi
a
seconda
della
struttura
produttiva
esistente
in
una
specifica
azienda.
Ne
esistono
diverse
tipologie:
-‐ Acquisizione
su
commessa-‐ordine:
la
produzione
avviene
dopo
la
«vendita»,
nel
senso
che
perviene
prima
la
richiesta
di
un
determinato
prodotto,
e
successivamente
lo
si
produce;
in
questo
caso
prevale
la
logica
pull;
inoltre
qui
non
vi
è
un
rischio
di
mercato
(poiché’
sappiamo
già
a
chi
e
a
quanto
vendere),
ma
solamente
un
rischio
di
efficienza
(che
riguarda
il
margine
di
guadagno);
-‐ Acquisizione
su
previsione
(per
il
magazzino):
la
produzione
avviene
prima
della
vendita
del
prodotto;
in
questo
caso
prevale
la
logica
push;
in
questo
modo
si
ha
sia
il
rischio
di
mercato
(prodotti
invenduti)
che
il
rischio
di
efficienza
(prodotti
venduti
a
basso
costo).
Se
il
cliente
ha
la
possibilità
di
attendere
il
ricevimento
di
un
prodotto,
si
potrà
operare
secondo
una
produzione
su
commessa.
Viceversa,
se
il
tempo
di
produzione
è
più
lungo
del
tempo
di
attesa
accettato
dal
cliente,
allora
si
produrrà
si
previsione
Inoltre
la
produzione
può
avvenire:
-‐ Per
lotti:
realizzando
dei
quantitativi
ben
definiti;
-‐ Continua:
flusso
di
produzione
continuato
nel
tempo;
65
Per
quanto
riguarda
la
disposizione
della
produzione,
essa
può
avvenire:
-‐ Per
reparto
-‐ A
catena
TENDENZE
EVOLUTIVE
-‐ Sistemi
produttivi
flessibili:
riguarda
la
flessibilità
dell’azienda
stessa,
cioè
la
capacita
di
gestire
processi
produttivi
molto
variabili
nel
tempo
(volumi,
oggetto,
risultato
del
processo
di
produzione)
-‐ Logica
pull:
tale
logica
è
essenziale
per
poter
far
ci
che
l’azienda
possa
orientarsi
a
vendere
quello
che
già
ha
prodotto,
quindi
lavorare
su
ordini/commesse
piuttosto
che
su
previsioni.
In
questo
caso
i
tempi
di
produzione
devono
essere
ridotti,
poiché
determinano
il
passaggio
da
un
logica
push
a
una
di
tipo
pull.
-‐ Justin
time:
è
una
metodica
diffusa
negli
ultimi
decenni
in
Giappone
che
propone
di
annullare
le
scorte
di
magazzino
facendo
in
modo
che
i
flussi
di
approvvigionamento
arrivano
in
azienda
nello
stesso
momento
della
produzione,
così
come
i
prodotti
che
ne
escono.
Questa
metodica
permette
che
non
vi
sia
un
immagazzinamento
ma
siano
pronti
ad
uscire
dal
azienda
tramite
la
vendita.
Ovviamente
tutto
ciò
prevede
uno
stretto
coordinamento
di
flussi
di
entrata
e
flussi
di
uscita.
(azzeramento
scorte
di
magazzino)
-‐ Produzione
snella
(o
Lean
production),
vuole
far
dimagrire
l'apparato
produttivo
il
quale
è
costituito
da
quell’insieme
di
attività
che
sono
strategiche
per
l’azienda
nel
senso
che
sono
attività
nelle
quali
l'azienda
esprime
competitività.
Oggi
prevale
questa
logica.
La
logica
della
produzione
snella
è
consiste
nel
fatto
che
l'azienda
deve
svolgere
delle
attività
strategiche,
ovviamente
non
è
che
le
altre
non
vengono
svolte,
ma
magari
sono
affidate
da
altre
aziende
che
magari
sono
più
specializzate
in
altre
attività.
L’azienda
porta
all'esterno
queste
attività
e
si
concentra
solo
in
quelle
attività
specifiche
dove
è
superiore
rispetto
ad
altre
-‐ Qualità:
si
intende
sia
il
livello
qualitativo
dei
prodotti
che
possono
essere
superiori
rispetto
a
quelli
di
altri
ma
questo
termine
va
concepito
anche
come
la
capacità
del
azienda
di
raggiungere
gli
standard
prefissati
e
di
mantenerli
nel
tempo
e
quindi
ridurre
al
minimo
il
livello
di
difettosità
ovvero
che
il
prodotto
non
rientri
negli
standard
prestabiliti
(quali
dimensione,
peso,
funzionalità).
L'azienda
deve
preoccuparsi
di
definire
gli
standard
e
di
analizzare
e
controllare
costantemente
i
processi
di
realizzazione
di
quel
prodotto,
ciò
significa
analizzare
i
processi
produttivi
razionalizzarli
e
migliorarli.
La
qualità
tuttavia
non
la
troviamo
solo
all’interno
dell’azienda
ma
va
anche
all’esterno
ovvero
nel
mercato
in
quanto
si
apporta
con
i
clienti.
Inoltre
sono
sempre
più
diffuse
aziende
che
si
occupano
di
certificare
la
qualità
di
prodotti
di
altre
aziende.
Queste
ultime
rilasciano
una
certificazione,
una
specie
di
visto
che
l'azienda
può
spendere
sul
mercato
e
con
il
quale
la
azienda
si
propone
del
mercato.
Nell’ottica
del
“Just
in
time”
è
necessaria
la
qualità
in
quanto
è
necessario
che
i
materiali
che
la
azienda
utilizza
devono
66
essere
perfetti
per
produrre
altrettanti
prodotti
perfetti
perché
non
ricorrendo
a
rimanenze
di
materiali
in
magazzino
non
ne
può
utilizzare
altri
in
quanto
non
ne
ha
conservati
-‐ Logistica
integrata:
in
una
azienda
ci
sono
sostanzialmente
tre
flussi:
approvvigionamento,
produzione
e
vendita.
Questi
tre
flussi
sono
gestiti
separatamente
di
solito
ma
secondo
questa
logica
sono
visti
in
maniera
unitaria.
È
un
flusso
molto
complesso
e
rilevante
e
vede
inquadrare
tutti
i
flussi
per
essere
destinati
unitariamente.
Spesso
vengono
esternalizzati
ovvero
affidarli
ad
altri
soggetti
tramite
un
flusso
in
uscita
che
al
quale
ovviamente
corrisponderà
un
futuro
flusso
di
entrata
(un
rientro
di
ciò
che
era
uscito
ovviamente)
che
permette
all’azienda
di
finire
il
prodotto
e
di
immetterlo
nel
mercato.
Anche
i
servizi
hanno
importanza
poiché
a
differenza
della
produzione
dei
beni,
dove
il
momento
della
produzione
è
distinto
dal
momento
del
consumo
nella
produzione,
nei
servizi
il
momento
della
produzione
coincide
con
il
momento
del
consumo.
Un'altra
caratteristica
dei
servizi
è
il
cliente
il
quale
partecipa
direttamente
al
processo
di
produzione
non
in
maniera
attiva
ma
è
come
presente
nel
servizio
stesso
e
ciò
non
avviene
nella
produzione
di
un
bene
materiale.
Terza
caratteristica
e
che
nei
servizi
il
front-‐Office
ovvero
il
personale
che
fronteggia
direttamente
il
cliente
nella
produzione
del
servizio
è
determinate
per
definire
la
qualità
del
servizio
percepita
dal
cliente
(quando
adiamo
in
banca
acquistiamo
un
servizio
bancario
e
le
persone
che
sono
nel
momento
della
produzione
del
servizio
sono
elementi
determinati
per
la
qualità
del
servizio
stesso)
PROCESSI
CHE
INTERESSANO
L'APPARATO
DEL
ATTIVITÀ
PRODUTTIVA
1. Programmazione:
tramite
la
programmazione
vengono
definiti
gli
obbiettivi
“produttivi”
dell’
azienda
ossia
si
decidono
quali
prodotti
si
intendono
realizzare,
e
con
quali
caratteristiche
saranno
realizzati,
quanti
prodotti
si
intendono
realizzare
e
in
quanto
tempo
ciò
va
fatto.
L'arco
temporale
standard
è
solitamente
di
un
anno
(tuttavia
per
esempio
se
facciamo
il
caso
che
un
azienda
produce
abbigliamento
la
programmazione
della
produzione
non
è
annuale
ma
stagionale,
ogni
sei
mesi).
L’azienda
deve
trovare
un
compromesso
tra
due
esigenze:
-‐ Contenere
i
costi
-‐ Soddisfare
il
mercato
Sul
profilo
produttivo
queste
due
esigenze
sono
contrastanti
tra
loro.
Per
quanto
riguarda
il
“contenimento
dei
costi”
si
va
a
programmare
la
produzione
cercando
di
ottenere
il
più
elevato
livello
di
capacità
produttiva,
contenendo
i
costi.
Questo
più
elevato
livello
di
capacità
produttiva
si
ottiene
standardizzando
il
più
possibile
l'attività
di
produzione,
riducendo
le
interruzione
della
produzione
dovute
al
cambiamento
del
oggetto
di
produzione,
o
al
passaggio
da
un
prodotto
ad
un
altro.
Dal
punto
di
vista
della
“soddisfazione
del
mercato”
pero
abbiamo
la
tendenza
contraria
in
quanto
l’azienda
deve
ampliare
la
tipologia
dei
prodotti
e
le
differenti
caratteristiche
di
essi.
67
Definire
il
programma
significa
stabilire
proprio
tutte
queste
cose
per
il
prossimo
anno
in
modo
da
creare
un
compromesso,
un
equilibrio
per
potere
essere
migliori
nel
mercato
nel
futuro.
In
concreto
si
procede
andando
ad
individuare
inizialmente
i
“vincoli
strutturali”
poi
vengono
dati
degli
input
operativi
che
danno
l’impulso
al
processo
di
programmazione.
Nel
frattempo
però
l’azienda
si
avvale
di
un
sistema
di
informazione
che
consentono
di
effettuare
la
programmazione.
-‐ Vincoli
strutturali:
l’acquisizione
dei
fattori
pluriennali
caratterizza
la
struttura
produttiva
e
la
produzione
parte
proprio
da
questa
struttura.
Tale
struttura
è
un
vincolo
che
deve
essere
sviluppato
e
definito.
I
vincoli
strutturarli
riguardano
la
tipologia
e
le
caratteristiche
dei
prodotti
nel
senso
che
l’impianto
a
disposizione
dell’azienda
è
in
grado
di
realizzare
quella
gamma
di
prodotti
con
quelle
determinate
caratteristiche.
-‐ Input
operativi:
si
individuano
quali
sono
gli
obbiettivi
di
vendita
(spesso
vengono
forniti
dal
settore
commerciale
dell’azienda)
i
quali
sono
definiti
in
termini
di
ordini
o
di
previsioni
a
seconda
della
logica
con
cui
la
azienda
si
muove:
tramite
la
logica
push
quindi
produrre
a
previsione
o
a
pull,
ossia
in
base
ad
ordini
già
avuti.
Dal
programma
riferito
al
Macro
periodo(anno
intero)
si
passa
spesso
al
programma
definito
alle
singole
parti
dell’anno
detto
Micro
periodo
(documento
che
serve
per
avviare
la
produzione,
è
un
documento
di
gestione).
Dal
Micro
periodo
derivano
tre
ulteriori
documenti
che
sono
gli
ordini
di
acquisto,
gli
ordini
di
prelievo
dal
magazzino
e
gli
ordini
di
lavorazione.
Una
volta
definito
il
“Programma
del
Micro
periodo”,
che
dice
che
nel
prossimo
mese
di
gennaio
dovranno
essere
realizzati
quei
prodotti
in
quelle
quantità
e
quei
tempi,
scaturiscono
i
tre
documenti
citati
in
precedenza:
gli
ordini
di
acquisto
partono
e
vanno
all’ufficio
approvvigionamenti,
e
riguardano
l’acquisizione
di
fattori
produttivi
correnti
all’esterno
(materie
prime).
Accade
la
stessa
cosa
per
i
prelievi
in
magazzino,
solo
che
riguarda
quei
fattori
produttivi
già
immagazzinati
dall’azienda,
il
magazzino
dovrà
rendere
disponibili
quei
materiali
che
serviranno
ai
vari
reparti
di
produzione
dell’azienda
nel
mese
di
gennaio.
Infine
c’è
l’ordine
di
lavorazione
rivolto
ai
centri
produttivi
dell’azienda
che
vengono
informate
che
nel
mese
di
gennaio
dovranno
svolgere
quella
determinata
lavorazione.
-‐ Strumenti
informativi:
Per
poter
esserci
un
bilanciamento
tra
input
e
vincoli
strutturale
è
necessario
adottare
alcuni
elementi
informativi.
Uno
di
questi
è
"l’anagrafica
dei
prodotti",
un
documento
che
ottiene
le
indicazioni
dei
prodotti,
le
caratteristiche
e
le
versioni
che
sono
comprese
nell’offerta
commerciale
della
azienda.
Un
altro
elemento
è
la
"distinta
base",
cioè
un
documento
che
definisce
le
componenti
delle
singole
unità
di
prodotti.
Infine
un
terzo
elemento
è
il
"ciclo
di
lavorazione",
esso
è
simile
alla
distinta
base
ma
in
questo
caso
sono
individuate
le
lavorazioni
produttive
che
devono
essere
svolte.
Approfondimento
Distinta
Base:
La
distinta
base
di
produzione
è
un
documento
di
programmazione
aziendale.
Essa
descrive
una
gerarchia
di
lavorazioni
(cicli/fasi)
indicando
anche
i
relativi
impieghi
di
materiale.
Ogni
materiale
è
utilizzato
secondo
un
coefficiente
di
utilizzo,
che
specifica
quanto
materiale
occorre
per
produrre
una
unità
di
prodotto.
Se
la
distinta
base
tecnica
descrive
l'elenco
dei
materiali
che
compongono
un
prodotto,
la
distinta
base
produttiva
risponde
alle
domande:
come
realizzo
il
prodotto?
quanto
tempo
ci
metto?
quanto
mi
costa
realizzarlo?
con
che
macchinari
lo
realizzo?
È
spesso
indicata
utilizzando
la
sigla
anglosassone
BOM
(acronimo
bill
of
materials).
68
2. Gestione:
l’ordine
di
lavorazione
arriva
alla
singola
unita
operativa
(reparto)
e
il
responsabile
deve
organizzare
gli
ordini
per
raggiungere
gli
obiettivi
fissati.
3. Controllo:
il
controllo
segue
ovviamente
lo
svolgimento
dell’attività
di
produzione
concreta.
Nella
logica
manageriale
già
vista,
il
controllo
avviene
come
punto
terminale
del
processo
di
produzione.
Vengono
rilevati
i
risultati
che
si
ottengono
durane
lo
svolgimento
della
produzione,
si
individuano
gli
scostamenti,
tramite
i
quali
i
risultati
si
confrontano
con
gli
obiettivi
che
erano
contenuti
nel
programma
di
produzione.
Scostamenti
=
differenza
risultati
e
obbiettivi.
Una
volta
individuati
è
necessario
analizzare
questi
scostamenti
cioè
capire
le
cause
di
tali
differenze
per
capire
che
intervento
devo
fare
per
diminuire
le
differenze
in
caso
esistono.
ANALISI
DEI
COSTI
-‐ Costi
diretti:
sono
riferibili
espressamente
all’oggetto
di
misurazione
del
costo.
Sono
sostenuti
esclusivamente
per
la
produzione
di
uno
specifico
prodotto.
C’è
una
correlazione
tra
questi
costi
con
quelli
variabili
-‐ Costi
indiretti:
sono
caratterizzati
dalla
«comunanza»,
quindi
vengono
sostenuti
per
la
produzione
di
più
prodotti
diversi.
Correlazione
con
i
costi
di
struttura
Partendo
dal
piano
dei
conti,
si
individuano
tutte
le
voci
di
costo
specifiche
che
abbiamo
sostenuto
per
la
produzione
di
uno
specifico
prodotto
«A»
(costi
diretti).
Tutti
gli
altri
costi
sono
costi
indiretti,
poiché’
sono
comuni
a
tutte
le
produzioni,
quindi
non
sono
specifici
di
una
data
produzione.
Anche
questi
costi
indiretti
concorrono
a
formare
il
costo
del
prodotto.
Siccome
non
sono
facilmente
individuabili,
bisogna
trovare
un
«criterio
di
ripartizione»,
in
modo
da
imputare
in
maniera
corretta
il
costo
indiretto
al
costo
totale
del
prodotto
(Ct
=
C.Dir+C.Ind)
Una
tecnica
di
ripartizione
dei
costi
indiretti
è
quella
relativa
alla
formazione
di
cosiddetti
«centri
di
costo».
La
logica
dei
centri
di
costo
è
individuare
dei
centri
di
imputazione
rispetto
ai
quali
i
costi
indiretti
diventano
costi
diretti,
non
rispetto
al
prodotto,
ma
rispetto
a
un
determinato
reparto
produttivo.
69
CONFIGURAZIONE
DEI
COSTI
Con
riferimento
ai
costi
di
prodotto
abbiamo
visto
la
logica/metodo
di
fondo
con
cui
si
arriva
a
misurare
il
costo
della
produzione
relativa
a
quel
prodotto,
poi
dividendo
per
le
quantità
abbiamo
calcolato
il
costo
unitario.
Ora
introduciamo
la
"configurazione
dei
costi"
che
riguardano
la
tipologia
dei
costi
che
viene
inserita
nel
calcolo
e
di
cui
ci
sono
varie
configurazioni:
-‐ Costo
primo:
è
determinato
considerando
nel
calcolo
solamente
la
somma
dei
costi
diretti
(quali
costo
dei
materiali;
manodopera
diretta;
macchinari
utilizzati
in
maniera
specifica
per
quel
prodotto)
necessari
per
produrre
una
unità
del
prodotto
A.
È
importante
questa
configurazione
perché
consente
di
calcolare
il
MARGINE
DI
COTRIBUSIONE
che
è
pari
al
PrezzoUnitario
–
CostoPrimo.
Il
M.d.C.
dunque
è
la
quota
che
va
a
coprire
i
costi
di
struttura
e
formare
l'utile
e
può
essere
utile
per
la
valorizzazione
delle
rimanenze
finali
di
prodotti
finiti.
-‐ Costo
pieno
industriale
(o
di
fabbricazione):
si
ottiene
aggiungendo
al
CostoPrimo,
ovvero
ai
costi
diretti,
i
costi
indiretti
che
sono
però
riferibili
esclusivamente
all’attività
di
produzione/realizzazione
del
prodotto.
Anche
esso
può
essere
utile
per
la
valorizzazione
delle
rimanenze
finali
di
prodotti
finiti.
-‐ Costo
di
trasformazione
(conversion
cost):
è
dato
dal
CostoPienoIndustriale
-‐
Costi
diretti
relativi
ai
materiali.
Esso
può
essere
utile
nei
confronti
di
efficienza
dei
processi
produttivi
tra
imprese.
Quindi
si
chiama
di
trasformazione
perché
ci
dice
quanto
costa
trasformare
le
unita
di
materia
in
prodotti.
-‐ Costo
pieno
aziendale:
si
ottiene
aggiungendo
al
CostoPienoIndustriale
la
quota
di
tutti
gli
altri
costi
restanti
e
relativi
ad
aree
diverse
da
quella
di
produzione
(commercializzazione,
amministrazione,
ricerca
e
sviluppo)
e
gli
oneri
relativi
all’approvvigionamento
di
risorse
finanziare
(finanziamenti
aziendali)
.
Questo
costo
ci
serve
a
definire
i
prezzi
di
vendita
o
comunque
per
capire
se
i
prezzi
di
vendita
sono
remunerativi
o
meno.
Dunque
quanto
costa
complessivamente
quel
prodotto
considerando
tutti
costi
dell’azienda.
Questa
indicazione
è
il
valore
di
riferimento
per
definire
i
pezzi
di
vendita
in
quanto
i
costi
di
vendita
devono
essere
maggiori
del
costo
pieno
aziendale
perché
sono
remunerativi
solo
se
coprono
i
costi
e
portano
dei
ricavi.
LA
VARIABILITÀ
DEI
COSTI
È
necessario
capire
l'andamento
dei
costi
e
la
loro
misurazione
nel
tempo.
I
costi
che
calcoliamo
infatti
hanno
un
determinato
significato
in
un
certo
intervallo
di
tempo,
e
anche
nella
variabilità
dei
Cost-‐driver
(fattori
di
costo).
Tra
i
Cost-‐driver
il
principale
e
più
utilizzato
è
rappresentato
dai
Volumi
di
produzione
(l’aumento
del
volume
di
produzione
implica
un
aumento
della
quantità
di
risorse
necessarie
per
svolgere
l’attività
economica).
Nell’area
di
produzione
di
alcuni
importanti
driver
diversi
dal
volume
di
produzione
sono
costituiti
dal
numero
di
“attrezzaggi”
(setup)
degli
impianti
e
dal
numero
di
modifiche
di
prodotto;
il
costo
di
certe
attività
varia
in
funzione
di
determinanti
legate
alla
complessità
del
processo
produttivo
più
che
ai
volumi:
es.
assumere
nuovi
ingegneri
per
la
progettazione
delle
modifiche
da
apportare
al
prodotto.
Un
ulteriore
fattore
da
definire
è
l’ampiezza
della
variabilità
nell’entità
di
costdriver
che
definisce
l’intervallo
di
variazione
del
livello
di
attività.
occorre
anche
definire
il
tempo
e
di
come
l’andamento
dei
costi
non
posa
essere
definito
in
temini
assoluti
ma
solo
“tendenziali”
in
alle
limitazioni
poste
all’analisi
(oggetto,
determinante
e
suo
intervallo
di
variabilità,
tempo)
entro
la
quale
si
mantengono
valide
le
ipotesi
di
andamento
dei
osti
relativi
all’oggetto
di
analisi.
I
cost
driver
si
distinguono:
70
-‐ Costi
fissi:
costi
che
nel
complessivo
conto
economico
dell’azienda
rimangono
immutati
nel
loro
ammontare
indipendente
dal
volume
della
produzione.
Non
variano
al
variare
del
cost-‐driver
nella
produzione.
La
formula
matematica
di
una
funzione
di
costo
fisso
(indicandolo
con
la
C)
è
c
=
K;
un
es.
è
il
fitto
annuale
di
un
capannone
industriale
(grafico
di
un
costo
fisso
a
pag.
355)
-‐ Costi
variabili:
costi
che
ovviamente
variano
al
variare
della
produzione.
Un
esmepio
di
costo
variabile
proporzionale
è
adto
dal
costo
della
materia
prima
diretta
rispetto
al
numero
di
unità
prodotte;
i
costi
proporzionali
subiscono
una
varioazione
al
variare
dei
cost
driver
tale
che
a
qualsiasi
liello
di
quest’ulttimo
rapporto
tra
costo
ed
entità
del
driver
è
costante.
Il
costo
varabile
proporzionale
si
divide
a
sua
volta
in
progressivo,
se
varia
in
modo
più
che
proporzionale
con
essa;
mentre
regressivo,
se
varia
in
modo
meno
che
proporzionale
con
essa.
La
formula
matematica
della
funzione
di
costo
variabile
proporzionale
è
C
=
vQ
(dove
la
v
sta
per
coeff.
Angolare
o
costo
variabile
unitario
e
la
Q
sta
per
livello
del
cost
driver)
-‐ Costi
misti
o
variabili:
comprendono
costi
semi-‐variabili
e
costi
a
scalini
(o
a
scatto).
I
costi
semi
variabili
hanno
un
componete
fissa
è
una
componente
variabile
(es.
costi
telefonici
compisti
da
canone
fisso
ed
una
quota
variabile
costituita
dalla
tariffazione
a
scatti).
La
formula
matematica
è
C
=
K
+
vQ
(dove
K
è
la
componente
fissa).
I
costi
a
scalini
si
hanno
quando
vi
sono
incrementi
nei
costi
all’interno
dell’area
di
rilevanza
a
intervalli
di
variazione
del
driver,
(es.
lo
stipendio
di
un
supervisore
fissato
per
contratto
per
un
massimo
di
20
dipendenti
da
controllare,
dal
21°
a
dipendente
fino
a
40
ne
è
necessario
un
secondo
supervisore,
dal
41°
e
cosi
via,
in
quest’ultimo
caso
il
cost
driver
è
costituito
dal
numero
dei
dipendenti
da
controllare.
Dunque
esiste
comunque
una
relazione
indiretta
con
il
volume
di
produzione,
ma
potrebbe
anche
non
esservi
come
nel
caso
che
necessita
di
un
maggior
numero
impegno
di
tecnici
progettisti.
L’ANALISI
COSTI
–
VOLUMI
–
RISULTATI
L’analisi
costi-‐volumi-‐risultati
tiene
in
considerazione
la
struttura
dei
CostiTotali
(CF+CV)
e
la
struttura
dei
Ricavi.
L’incontro
tra
i
CostiTotali
e
i
Ricavi
determina
il
cosiddetto
Break
Even
Point
(B.E.P.)
che
rappresenta
il
punto
di
equilibrio
o
di
pareggio,
tra
costi
e
ricavi.
L’utilità
di
BEP
è
di
estremo
interesse
per
i
fini
della
programmazione
della
produzione
in
quanto
permette
di
conoscere
anticipatamente
il
volume
minimo
necessario
per
la
copertura
di
tutti
i
costi
aziendali,
sulla
base
delle
stime
effettuate
sul
regime
di
andamento
di
detti
costi.
Alla
sinistra
del
B.E.P.
l’azienda
sarà
in
perdita
poiché
i
costi
saranno
superiori
ai
ricavi,
mentre
alla
destra
del
B.E.P.
l’azienda
consegue
un
utile
poiché
i
ricavi
saranno
superiori
ai
costi.
Per
calcolare
il
B.E.P.
(Break
Even
Point)
devo
conoscere
l’entità
dei
costi
fissi
e
il
margine
di
contribuzione
(dato
da
PrezzoUnitario
Vendita
–
Costi
Variabili).
Il
rapporto
tra
CostiFissi
su
Margine
Contribuzione
Unitario
(dato
dal
rapporto
tra
Margine
Contribuzione
su
Prezzo
di
Vendita)
restituisce
i
ricavi
del
B.E.P.
Le
quantità
del
BEP
sono
invece
date
dal
rapporto
tra
i
Ricavi
sul
Prezzo
di
Vendita
(Ricavi
=
Prezzo
Vendita
x
BEP;
quindi
BEP
=
Ricavi
:
Prezzo
Vendita)
71
Approfondimento
Costo
Unitario
e
Costo
Totale
-‐ Il
costo
unitario
è
determinato
dal
rapporto
tra
il
costo
totale
(
C
)
della
produzione
e
la
corrispondente
quantità
di
unità
prodotte
(
Y
).
Il
costo
medio
indica
il
costo
di
ogni
singola
unità
di
prodotto.
È
quindi
possibile
scrivere
la
formula
del
costo
medio
(
costo
unitario
)
nel
seguente
modo:
CU
=
C/Y
Il
costo
unitario
è
il
costo
medio
di
ogni
singola
unità
prodotta
ed
è
dato
dalla
divisione
fra
costo
totale
e
quantità
di
merce:
all'aumentare
della
produzione,
se
il
costo
totale
non
varia,
il
costo
unitario
diminuirà
e
viceversa.
-‐ Il
costo
totale
della
produzione
è
determinato
dalla
somma
dei
costi
di
produzione.
Il
costo
totale
è
il
costo
sostenuto
dall'impresa
per
acquistare
i
fattori
produttivi
e
i
beni
strumentali
(
macchinari,
impianti,
uffici,
ecc.
)
necessari
per
il
funzionamento
del
processo
produttivo.
L'equazione
del
costo
totale
C
può
essere
espressa
nel
seguente
modo:
C
=
CF
+
CV
CONTROLLO
Efficienza:
-‐ Costo
-‐ Rendimento
Efficacia:
-‐ Avanzamento
della
produzione:
profilo
quantitativo
-‐ Qualità:
prestazioni
in
linea
con
le
aspettative;
affidabilità;
durata;
la
qualità
può
essere
oggettiva
e
soggettiva,
a
seconda
che
la
valutazione
venga
effettuata
dalle
aziende
o
dai
consumatori;
TOTAL
QUALITY
MANAGEMENT;
-‐ Flessibilità:
capacità
del
processo
produttivo
di
assorbire/adattarsi
al
cambiamento
(nelle
caratteristiche
dei
prodotti,
nei
volumi
di
produzione,
nel
mix
dei
prodotti
realizzato,
nei
fattori
utilizzati).
Vengono
utilizzati
degli
indicatori
di
flessibilità
basati
sul
tempo,
come
ad
esempio:
• Time
to
market:
misura
il
tempo
che
impiega
l’azienda
tra
il
concepire
un
nuovo
prodotto
e
il
momento
in
cui
riesce
concretamente
ad
offrire
sul
mercato.
Avere
un
«time
to
market»
minore
degli
altri
significa
avere
una
capacità
produttiva
maggiore
ed
efficiente
rispetto
alla
concorrenza,
e
permette
di
operare
in
quasi-‐
monopolio
per
un
periodo
di
tempo.
• Set
up
time:
indica
il
tempo
che
intercorre
tra
l’utilizzo
di
un
impianto
per
la
lavorazione
di
un
prodotto
A
e
la
lavorazione
del
prodotto
B.
Misura
il
tempo
«improduttivo»
di
un
determinato
impianto.
• Manufactoring
Lead
Time:
tempo
di
attraversamento
del
processo
produttivo,
ossia
quanto
dura
il
processo
produttivo
in
senso
stretto.
Maggiore
è
il
Lead
Time,
minore
saranno
i
vantaggi
in
termini
produttivi
per
l’impresa.
• Tempo
di
evasione
dell’ordine:
il
tempo
che
intercorre
tra
il
ricevimento
dell’ordine
da
parte
della
clientela,
al
momento
in
cui
il
prodotto
diventa
finito.
72
CAP
10
:
L’EQUILIBRIO
ECONOMICO
Il
fine
ultimo
dell’azienda,
come
spiegato
nel
capitolo
1,
è
se
stessa,
ossia
la
sua
capacita
di
continuare
a
sopravvivere
e
a
svilupparsi,
operando
in
condizioni
di
equilibrio
aziendale.
Tali
condizioni
di
equilibrio
aziendale
sono
articolate
sotto
tre
diversi
profili:
1) Economico
2) Finanziario
3) Patrimoniale
Equilibrio
economico
Il
profilo
economico
dell’equilibrio
aziendale
si
basa
sull’equazione
economica,
che
esprime
le
condizioni
necessarie
affinché
sia
realizzato
l’equilibrio
economico:
Costi
+
Reddito
=
Ricavi
Il
limite
principale
di
tale
equazione
è
che
non
riesce
a
spiegare
il
come
ed
il
perché
dell’equilibrio,
o
dello
squilibrio.
(La
ricchezza
prodotta
dall’azienda
scaturisce
da
quanto
l’azienda
produce
e
ottiene
dalla
sua
attività
e
da
quanto
l’azienda
consuma
per
ottenere
quel
risultato.
Ovviamente,
nel
caso
in
cui
ciò
che
l’azienda
consuma
è
superiore
a
quanto
essa
produce,
si
otterrà
una
distruzione
di
ricchezza.)
L’equazione
economica
ha
una
validità
illimitata
e
può
essere
verificata
nel
breve
e
anche
nel
lungo
periodo.
Ecco
quindi
che
può
essere
analizzata
considerando
la
gestione
aziendale
nel
suo
complesso,
e
sarà
detta
equazione
economica
globale,
oppure
può
essere
analizzata
considerando
una
parte
della
gestione
aziendale,
e
sarà
detta
equazione
economica
parziale.
-‐ Visione
parziale
dell’equazione
economica
(costi
e
ricavi
che
prendiamo
in
considerazione):
o Costi
della
produzione
caratteristica:
tutti
i
costi
relativi
ai
materiali/servizi
che
sono
impiegati
nell’attività
dell’azienda,
costi
relativi
al
lavoro
e
costi
relativi
agli
impianti.
o Ricavi
dei
prodotti
caratteristici:
Ricavi
di
vendita
dei
prodotti
-‐ Visione
Globale
dell’equazione
economica
(costi
e
ricavi
che
prendiamo
in
considerazione):
o Costi
della
produzione
caratteristica
o Costi
per
finanziamenti
attinti
o Costi
straordinari
(eventuali)
o Costi
per
investimenti
accessori
(eventuali)
o Costi
per
imposte
della
gestione
fiscale
o Ricavi
della
produzione
caratteristica
o Ricavi
da
investimenti
accessori
(eventuali)
o Ricavi
straordinari
(eventuali)
73
Il
risultato
economico
dell’intera
gestione,
inteso
come
differenza
tra
tutti
i
ricavi
e
tutti
i
costi,
è
dato
dal
reddito.
Tale
reddito
può
assumere
tre
configurazioni:
1) Ricavi
<
Costi
à
R
<
0
à
Distruzione
di
ricchezza
2) Ricavi
=
Costi
à
R
=
0
à
Condizione
di
pareggio,
il
reddito
è
pari
a
zero
e
quindi
non
è
equilibrio
economico.
3) Ricavi
>
Costi
à
R
>
0
à
Presenza
di
un
utile,
potenziale
equilibrio
economico.
Perché
ci
sia
equilibrio
economico
è
necessario
che
il
reddito
abbia
una
dimensione
adeguata,
tenendo
conto
anche
dei
cosi
detti
oneri
figurativi.
Questi
oneri,
non
sono
formalizzati
o
contabilizzati
in
bilancio,
ma
sono
essenziali
per
capire
le
condizioni
di
equilibrio
economico.
Possono
essere
considerati
oneri
figurativi
tutto
ciò
che
viene
apportato
dal
soggetto
economico:
-‐ Lavoro
-‐ Beni
-‐ Capitale
Approfondimento
Oneri
figurativi:
Si
chiamano
oneri
figurativi
o
costi
figurativi
alcuni
costi
che
non
comportano
delle
uscite
finanziarie
e
che
rappresentano
una
sorta
di
compenso
spettante
all’imprenditore.
Oneri
figurativi
del
capitale
La
logica
con
cui
l’investitore
finanziario
impiega
i
suoi
capitali
è
quella
di
mettere
a
confronto
le
diverse
alternative
di
investimento
e
di
scegliere
l’opportunità
più
conveniente.
Conseguentemente,
l’onere
figurativo
dei
capitali
prestati,
è
legato
a
quanto
il
soggetto
economico
potrebbe
ottenere
impiegando
quei
capitali
nella
migliore
alternativa
rispetto
all’investimento
nell’azienda.
Il
confronto
non
viene
condotto
solamente
con
riferimento
al
rendimento,
ma
anche
con
riferimento
al
rischio.
E’
ovvio
che
un
titolo
che
garantisce
un
maggior
rendimento
sarà
caratterizzato
da
un
maggior
grado
di
rischio.
Viceversa
nel
caso
in
cui
il
rendimento
sia
basso,
il
grado
di
rischio
sarà
minore.
Il
costo
figurativo
del
capitale
fa
riferimento
a
due
componenti:
1) Rendimento
Risk
Free
(Senza
Rischio):
Per
esempio
i
titoli
di
stato
tedeschi
rendono
l’1%;
Posso
impiegare
il
capitale
ottenendo
sistematicamente
l’1%
alla
scadenza.
Il
risk
free
interest
rate
(il
tasso
di
interesse
privo
di
rischio)
è
misurato
dal
rendimento
dei
titoli
di
Stato.
2) Premio
per
il
rischio:
è
il
differenziale
che
si
ottiene
sul
capitale
investito
in
base
alla
rischiosità
del
titolo/azienda.
Il
premio
per
il
rischio
si
basa
su
calcoli
di
valutazione
del
rischio
con
differenti
metodi
matematico-‐statistici.
Può
anche
essere
valutato
soggettivamente
con
indagini
di
mercato
sul
grado
di
rischio/rendimento
di
un
determinato
investimento,
mettendo
a
confronto
titoli
caratterizzati
da
omogeneità.
Il
rischio,
come
detto
in
precedenza,
viene
misurato
soprattutto
statisticamente
tramite
il
calcolo
del
WACC
e
il
coefficiente
Beta
di
mercato
che
è
sempre
uguale
a
1.
74
Approfondimento
WACC:
Il
costo
medio
ponderato
del
capitale
(o
anche
WACC,
acronimo
dell'espressione
inglese
weighted
average
cost
of
capital)
consiste
nella
media
ponderata
tra
il
costo
del
capitale
proprio
e
il
costo
del
capitale
di
debito.
Il
WACC
è
il
tasso
minimo
che
un'azienda
deve
generare
come
rendimento
dei
propri
investimenti
per
remunerare
i
creditori,
gli
azionisti
e
gli
altri
fornitori
di
capitale.
CAPITALIZZAZIONE:
valore
di
mercato
TOTALE
delle
società
quotate.
Il
rendimento
è
dato
dalla
variazione
del
valore
dell’azione
tra
il
momento
finale
e
quello
iniziale
e
i
dividendi
percepiti
dagli
azionisti.
Se
voglio
conoscere
il
rendimento
di
un
mercato
azionario
di
un
determinato
anno,
devo
calcolare
la
capitalizzazione
del
mercato
dell’anno
precedente
e
metterla
a
confronto
con
quella
dell’anno
in
corso.
In
seguito
verifico
la
distribuzione
dei
dividendi
tra
l’anno
precedente
e
quello
in
corso.
Tramite
questo
confronto
riesco
a
calcolare
il
capital
gain,
ossia
quanto
quel
mercato
ha
restituito
rendimenti
da
un
anno
all’altro.
In
termini
percentuali,
si
rapporta
il
capital
gain
al
valore
iniziale
per
calcolare
il
rendimento.
Una
parte
di
questo
rendimento
sarà
data
dall’investimento
privo
di
rischio,
mentre
la
parte
residuale
restituisce
il
premio
per
il
rischio.
Se
l’azienda
non
è
quotata
in
borsa
il
premio
per
il
rischio
può
essere
calcolato
in
maniera
soggettiva,
ossia
con
indagini
relative
ad
aziende
che
presentano
la
nostra
stessa
dimensione,
caratteristiche
produttive
e
cosi
via.
Se
vogliamo
calcolare
il
premio
per
il
rischio
con
il
metodo
statistico,
possiamo
usare
i
dati
delle
aziende
quotate
e
applicarli
alla
nostra
azienda.
SE:
:
R
>
C
=
reddito
EQUILIBRIO
ECONOMICO
Reddito
–
Oneri
figurativi
=
Profitto
Leve
economiche
Sono
variabili
su
cui
l’azienda
può
agire
per
modificare
le
sue
condizioni
di
equilibrio:
-‐ Prezzi
di
vendita
dei
prodotti:
modificano
i
ricavi
-‐ Prezzi
di
acquisto
dei
fattori
produttivi:
modificano
i
costi
-‐ Volumi
di
acquisto/produzione/vendita:
i
ricavi
e
i
costi
riflettono
anche
le
quantità
L’EQUILIBRIO
ECONOMICO:
• Non
si
verifica
in
maniera
immediata.
• E’
una
condizione
dinamica
nel
tempo
per
cause
esterne
ed
interne
all’azienda:
dinamismo
dunque
inteso
come
attitudine
delle
operazioni
aziendali
a
subire
continue
modifiche
nello
spazio
e
nel
tempo
(è
dinamico
il
sistema
d’azienda,
lo
sarà
anche
l’equilibrio
economico)
• Deve
essere
durevole
nel
tempo.
Deve
proporsi
di
essere
realizzato
non
in
un
arco
di
breve
tempo
ma
nel
lungo
periodo.
• E’
probabilistico
ed
è
proiettato
nel
futuro.
(Cosi
come
è
probabilistica
la
gestione
aziendale
lo
sarà
anche
l’equilibrio
economico)
75
Misurazione
delle
condizioni
di
economicità
Esistono
degli
indicatori
che
vengono
applicati
per
valutare
il
profilo
dell’equilibrio
economico,
ossia
il
grado
di
economicità
di
un’azienda.
Si
fa
ricorso
a
tre
indicatori:
• ROI(return
on
investments):
rappresenta
l’economicità
dell’azienda
nell’ottica
dell’azienda.
In
termini
numerici
il
ROI
è
dato
dal
rapporto
tra
REDDITO
OPERATI
VO/CAPITALE
INVESTITO,
e
restituisce
il
rendimento
di
ogni
euro
investito
in
azienda.
• ROE
(return
on
equity):
rappresenta
l’economicità
nell’ottica
dell’azionista.
Viene
calcolato
con
il
rapporto
tra
il
REDDITO
NETTO/CAPITALE
NETTO,
e
restituisce
il
rendimento
degli
azionisti
nella
specifica
azienda.
• ROS
(return
on
sales):
esprime
l’economicità
che
l’azienda
consegue
per
ogni
euro
guadagnato.
È
dato
dal
rapporto
tra
REDDITO
OPERATIVO/FATTURATO.
Equilibrio
economico
prospettico
Reddito
atteso:
il
reddito
che
probabilmente
perseguiremo
in
futuro.
Viene
definito
un
arco
temporale
che
può
considerare
l’anno
o
comunque
un
periodo
medio-‐lungo.
Il
concetto
di
reddito
atteso
ci
porta
alla
determinazione
del
CAPITALE
ECONOMICO
(W).
Il
reddito
medio
atteso
può
essere
determinato
in
diversi
modi:
-‐ In
base
ai
risultati
storici
(ciò
che
è
avvenuto
in
passato
si
presume
valido
anche
per
il
presente/futuro).
Ovviamente
i
limiti
sono
riferiti
al
fatto
che
è
un’analisi
non
oggettivamente
verificabile
e
comunque
non
restituisce
risultati
oggettivi;
-‐ In
base
alla
proiezione
dei
risultati
storici
(si
presume
che
ciò
che
avverrà
in
futuro
sarà
la
conseguenza
di
eventi
passati;
si
va
ad
analizzare
il
trend
dell’economicità
aziendale
nel
tempo);
-‐ In
base
ai
risultati
programmati:
si
effettua
una
pianificazione
basata
su
un
conto
economico
prospettico,
che
tende
a
programmare
i
costi/ricavi
futuri
per
la
determinazione
di
un
reddito
medio
atteso;
-‐ Innovazione
gestionale:
i
risultati
attesi
vengono
costruiti
a
prescindere
dal
passato
dell’azienda,
ossia
vengono
definite
le
condizioni
operative
prospettiche
dell’azienda
sulla
base
di
ipotesi
tradotte
in
costi/ricavi
e
si
costruisce
un
C/E
sulla
base
di
queste
ipotesi;
Capitale
economico
(w)
Esprime
il
valore
attribuibile
al
capitale
dell’azienda
quantificato
in
funzione
del
reddito
atteso,
ossia
delle
prospettive
di
equilibrio
economico
dell’azienda.
Viene
calcolato
utilizzando
il
reddito
medio
atteso.
Il
capitale
economico
viene
calcolato
in
situazioni
straordinarie,
ossia
di
cessione
dell’azienda,
fusione,
scissione,
conferimento
di
ramo
d’azienda.
Equilibrio
Finanziario
Il
punto
di
partenza
dell’equilibrio
finanziario
è
rappresentato
dalla
«equazione
finanziaria»:
ENTRATE
=
USCITE
+
CashFlow
(flusso
di
cassa)
L’equilibrio
finanziario
si
ha
quando:
ENTRATE
>
o
=
USCITE
à
AFFLUSSI
MONETARI>DEFLUSSI
MONETARI
76
L’Equilibrio
finanziario
cosi
come
quello
economico
visto
in
precedenza
può
essere:
-‐ Globale:
entrate
o
uscite
riferite
a
tutte
le
operazioni
aziendali
-‐ Parziale:
ci
si
riferisce
a
gruppi
di
entrate
e
di
uscite
selezionati
con
determinati
criteri
logici
Equilibrio
finanziario
parziale:
-‐ Relativo
alla
gestione
caratteristica
corrente:
si
tiene
conto
delle
operazioni
sui
fattori
e
sui
prodotti
ma
limitandoci
a
quelle
«correnti».
Consideriamo
tutte
le
entrate
e
le
uscite
riferite
alla
gestione
corrente
ossia:
o Entrate
connesse
alla
vendita
dei
prodotti
o Entrate
per
crediti
di
funzionamento/regolamento
o Uscite
per
acquisizione
fattori
correnti
pagati
in
contanti
o Uscite
per
pagamento
di
debiti
di
funzionamento
-‐ Relativo
alla
gestione
caratteristica
non
corrente:
si
tiene
conto
dello
smobilizzo/investimento
dei
fattori
pluriennali,
relativamente
alla
dismissione
e
acquisizione.
Consideriamo
le
entrate
e
le
uscite
riferite
alla
gestione
non
corrente:
o Entrate
per
realizzo
di
fattori
strumentali
o Uscite
per
acquisto
di
fattori
pluriennali
Disequilibrio
finanziario
Può
manifestarsi
in
due
modi:
• Punta
finanziaria:
si
ha
quando
in
un
certo
periodo
di
tempo
le
entrate
sono
inferiori
alle
uscite
e
l’azienda
si
trova
in
una
situazione
di
insufficiente
liquidità.
È
una
condizione
che
può
pregiudicare
la
vita
dell’azienda.
• Stasi
finanziaria:
si
ha
quando
in
certo
periodo
di
tempo
le
entrate
superano
abbondantemente
e
stabilmente
le
uscite;
è
una
situazione
di
disequilibrio
finanziario
che
si
verifica
quando
l’azienda
pur
avendo
una
consistente
liquidità,
non
ha
nell’attivo
investimenti
in
grado
di
produrre
ricchezza.
Solitamente
questa
situazione
non
pregiudica
la
vita
dell’azienda.
Leve
finanziarie
-‐ Leve
economiche
-‐ Tempi
di
incasso/pagamento:
si
riferiscono
ai
crediti/debiti
di
funzionamento.
Se
si
modificano
i
tempi
di
incasso/pagamento
avrò
ripercussioni
sulle
entrate/uscite
-‐ Gestione
dei
finanziamenti:
l’accensione
di
nuovi
finanziamenti
o
la
ristrutturazione
di
quelli
già
presenti
in
azienda
(rimodulazione
scadenze
o
modifica
delle
condizioni
di
finanziamento),
permette
di
modificare
le
entrate
e
le
uscite
finanziarie
-‐ Operazioni
sulla
gestione
patrimoniale-‐accessoria.
77
Equilibrio
finanziario
Si
riferisce
a
un
periodo
temporale
ben
definito,
che
può
essere
un
semestre,
un
anno
e
cosi
via.
Inoltre
è
un
concetto
dinamico,
poiché
si
modificano
nel
tempo
le
condizioni
di
equilibrio
date
dalla
relazione
tra
entrate
e
uscite
e
quindi
anche
l’equilibrio
stesso
tende
a
variare
nel
tempo.
Si
differenzia
dall’equilibrio
economico,
il
quale
richiede
un
arco
temporale
di
medio-‐lungo
termine,
mentre
l’equilibrio
finanziario
deve
manifestarsi
sia
nel
breve
che
nel
medio-‐lungo
termine.
Nel
lungo
termine,
le
condizioni
di
equilibrio
economico
tendono
a
coincidere
con
le
condizioni
di
equilibrio
finanziario.
Nel
breve
termine,
i
due
equilibri
possono
divergere
anche
in
misura
ampia.
Questo
per
via
degli
investimenti/disinvestimenti
e
per
la
gestione
dei
finanziamenti.
Questi
ultimi,
se
guardati
in
un’ottica
economica
tendono
a
manifestare
quote
di
costi/ricavi
in
maniera
stabile
nel
tempo
(es:
ammortamenti).
Da
un
punto
di
vista
finanziario
invece
le
entrate
e
le
uscite
riferite
a
questi
elementi
sono
molto
elevate,
nel
breve
termine.
Equilibrio
patrimoniale
Equazione
patrimoniale
A
=
P
+
CN
Attività
=
Attività
+
Capitale
Netto
Anche
l’equazione
patrimoniale
può
essere
complessiva
o
parziale.
L’equilibrio
patrimoniale
può
essere
determinato
in
maniera
globale
o
parziale.
L’equilibrio
totale
considera
l’insieme
delle
attività
e
l’insieme
delle
passività
dello
stato
patrimoniale.
Questo
si
ha
quando
le
attività
superano
le
passività
e
conseguentemente
il
CN
>
0.
Condizione
necessaria
ma
non
sufficiente.
Tale
condizione
deve
essere
rapportata
all’equilibrio
parziale.
Nel
caso
in
cui
il
CN
<
0
si
ha
una
situazione
chiamata
«deficit
patrimoniale»,
che
deriva
solo
dall’accumulazione
di
perdite
subite
nel
tempo.
Gli
equilibri
parziali
possono
essere
ricercati
nella
sezione
di
destra,
quindi
alla
parte
concernente
le
passività,
oppure
nella
sezione
sinistra
delle
attività,
o
ancora
possiamo
calcolarli
mettendo
in
relazione
alcune
parti
dell’attivo
e
alcune
parti
del
passivo.
È
possibile
scomporre
gli
elementi
patrimoniali
in
una
parte
«corrente»
e
una
parte
«non
corrente»,
con
riferimento
al
tempo
in
cui
le
attività
si
trasformano
in
entrate
e
le
passività
si
trasformano
in
uscite
(entro
un
anno).
I
caratteri
dell’equilibrio
patrimoniale
Non
ci
si
può
riferire
a
valori
di
flusso,
ma
a
valori
di
stock.
Quindi
non
si
considera
un
arco
di
tempo
per
la
sua
determinazione,
ma
un
momento
preciso
e
istantaneo.
Inoltre
è
un
equilibrio
dinamico
poiché
si
modifica
giorno
dopo
giorno.
Si
modifica
per
effetto
delle
operazioni
di
gestione,
modificando
cosi
anche
il
valore
del
capitale
netto
e
cosi
via.
78
Gli
equilibri
parziali
-‐ CN/P:
questo
rapporto
tra
CN
e
passività
esprime
un
profilo,
detto
«indice
di
autonomia
finanziaria»,
ossia
il
finanziamento
che
abbiamo
ottenuto
dai
soci
e
dai
terzi.
Un’azienda
quanto
più
è
finanziata
da
terzi,
tanto
più
perde
autonomia
finanziaria,
nel
senso
che
i
finanziatori
assumono
un
peso
determinante
sulle
scelte
di
gestione.
Primo,
poiché
un’azienda
indebitata
è
un’azienda
che
ha
poca
autonomia
di
sviluppo.
Secondo,
all’aumentare
dell’indebitamento
le
operazioni
di
finanziamento
da
terzi
saranno
caratterizzate
da
vincoli
gestionali
(impiego
dei
finanziamenti
stabilito
dai
terzi;
poca
libertà
decisionale;
report
su
attività
da
realizzare;
etc.).
-‐ Immobilizzazioni/Attivo
Circolante:
investimenti
non
correnti/investimenti
correnti;
gli
investimenti
non
correnti
sono
essenzialmente
le
immobilizzazioni;
gli
investimenti
correnti
sono
rappresentati
dall’attivo
circolante.
Questo
profilo
è
detto
«elasticità
degli
investimenti»,
che
ci
fa
capire
come
si
compongono
gli
investimenti
a
breve
medio
e
lungo
termine.
Se
gli
investimenti
a
lungo
termine
sono
elevati,
ci
troviamo
di
fronte
a
una
cosiddetta
«rigidità
patrimoniale».
-‐ Sincronizzazione
tra
investimenti
e
finanziamenti:
o Attivo
Circolante/Passivo
Corrente:
ci
spiega
quali
sono
le
uscite
che
si
manifesteranno
nel
prossimo
anno
e
come
l’azienda
farà
fronte
alle
uscite
con
le
entrate
prospettabili
in
base
alla
situazione
patrimoniale
di
oggi.
o Immobilizzazioni/CN
Passività
Consolidate:
perché
ci
sia
equilibrio
il
rapporto
deve
restituire
un
valore
minore
di
1.
o Margine
di
struttura
=
(CN
Passività
Consolidate)-‐Immobilizzazioni;
Leve
patrimoniali
-‐ Sono
quelle
azioni
che
possono
incidere
sugli
investimenti,
sui
finanziamenti
e
sulle
relazioni
tra
investimenti
e
finanziamenti.
-‐ Leve
economiche
-‐ I
tempi
di
aumento/riduzione
attivo/passivo
79
CAP
11:
INTRODUZIONE
ALLA
GESTIONE
STRATEGICA
Nella
gestione
di
un’impresa,
vi
sono
determinate
operazioni
che
risultano
«strategiche»
alla
creazione
di
valore.
Le
altre,
che
non
sono
strategiche,
sono
dette
operazioni
correnti.
Le
operazioni
sono
il
frutto
delle
decisioni,
le
quali,
a
loro
volta
derivano
da
un
sistema
di
idee
e
soluzioni
determinate
al
momento
della
pianificazione
strategica.
Per
capire
questa
distinzione,
partiamo
dal
concetto
di
«formula
imprenditoriale».
FORMULA
IMPRENDITORIALE
La
formula
imprenditoriale
di
un’azienda
esprime
il
sistema
di
decisioni,
relazioni
e
obiettivi
prefissati
con
il
suo
ambiente
di
riferimento,
sulla
base
del
suo
specifico
insieme
di
risorse
organizzate.
Ogni
impresa
ha
una
sua
formula
imprenditoriale
che
la
caratterizza
e
la
distingue
dalle
dirette
concorrenti.
Su
questa
specificità
si
fonda
il
successo
o
l’insuccesso
a
livello
competitivo
di
una
determinata
impresa.
La
formula
imprenditoriale
costituisce
un
importante
modello
di
sintesi,
analisi
e
valutazione
della
proposta
imprenditoriale
proveniente
dal
soggetto
economico.
Esso
infatti
consente
di
abbracciare
in
un
unico
contesto
tutte
le
più
importanti
qualificazioni
che
l’azienda
da
al
suo
agire
strategico.
La
formula
imprenditoriale
è
la
risultante
delle
scelte
di
fondo
operate
dal
soggetto
economico
e
può
essere
definita
tenendo
in
considerazione
5
elementi:
• Il
sistema
competitivo
(mercato):
ogni
mercato
è
uno
specifico
sistema
competitivo
con
proprie
regole
in
cui
è
indirizzata
la
propria
offerta
o
nell’ambito
dei
quali
sono
reperiti
i
fattori
della
produzione.
Si
stabiliscono
dunque
determinati
rapporti
con
certi
clienti
(per
soddisfare
i
bisogni)
e
con
certi
fornitori
e
concorrenti.
• Il
sistema
di
prodotto
offerto:
il
prodotto
specifico
offerto
dall’azienda
in
questione,
caratterizzato
da
elementi
che
lo
distinguono
dagli
altri
prodotti
già
presenti
sul
mercato
ricomprende
il
complesso
degli
«elementi
configuranti»
il
concetto
di
«prodotto»,
ovvero
ai
caratteri
materiali
del
prodotto
(qualità
fisico-‐tecnica,
gamma,
livello
tecnologico,
affidabilità,
ecc),
ai
valori
immateriali
ad
esso
connessi
(eleganza,
prestigio,
salute,
sicurezza),
al
servizio
collegato
al
prodotto
(velocità
e
puntualità
di
consegna,
assistenza
pre
e
post-‐vendita,
adattabilità
alle
richieste
della
clientela,
ecc.)
ed
alle
condizioni
più
prettamente
economiche
dello
scambio
(prezzo,
modalità
di
pagamento,
trasporto,
garanzie,
assicurazioni,
ecc);
• Il
sistema
degli
interlocutori
sociali:
l’azienda
si
relaziona
non
solo
con
il
mercato
reale
ma
anche
con
soggetti
che,
avendo
interessi
specifici
nei
confronti
dell’azienda,
ne
condizionano
scelte
e
decisioni
strategiche.
Sono
i
cosiddetti
Stakeholders
(portatori
di
interesse),
ossia
finanziatori,
banche,
azionisti,
ma
anche
lo
Stato,
i
sindacati,
la
comunità,
e
cosi
via.
• La
proposta
progettuale
dell’azienda
nei
confronti
degli
stakeholders.
È
costituita
dalle
varie
modalità
con
cui
l’azienda
fa
proprie
le
aspettative
degli
stakeholders
e
le
risolve
tramite
la
sua
attività.
• La
struttura
aziendale
permette
di
soddisfare
le
richieste
interne
ed
esterne
ad
essa
tramite
un
insieme
di
risorse
organizzate
(strategiche)
legate
tra
di
loro
da
relazioni
stabili.
Consente
all’azienda
di
presentarsi
sul
mercato
(sistema
competitivo)
con
quella
certa
offerta
(sistema
di
prodotto)
ed
agli
attori
sociali
con
la
proposta
progettuale
perseguita;
essa
svolge
un
ruolo
di
interfaccia
tra
il
sistema
competitivo
ed
il
sistema
degli
interlocutori
sociali.
La
struttura
aziendale
è
riconducibile
a
due
elementi:
80
-‐ Risorse
organizzate:
formano
lo
strumento
che
consente
di
produrre
un
determinato
sistema
di
prodotto
e
una
proposta
progettuale
-‐ Relazioni
strutturate:
il
sistema
di
prodotto
e
la
proposta
progettuale
determinano
un
posizionamento
all’interno
di
un
mercato,
cosiddetto
posizionamento
competitivo.
Il
posizionamento
è
definito
da
vari
elementi,
come
ad
esempio
la
quota
di
mercato
controllata,
il
livello
dei
prezzi,
e
cosi
via.
Nel
definire
le
relazioni
con
l’ambiente
esterno
e
quindi
nei
confronti
del
sistema
sociale,
queste
determinano
il
posizionamento
sociale.
È
possibile
anche
affermare
che
il
primo
sottosistema
esprime
la
collocazione
e
la
strategia
competitiva
dell’impresa,
mentre
il
secondo
ne
riflette
la
collocazione
e
la
strategia
sociale.
Il
tutto
poi
è
permeato
da
un
comune
orientamento
strategico
di
fondo.
L’orientamento
Strategico
di
fondo
(osf)
di
un’azienda
può
definirsi,
in
prima
approssimazione,
come
la
parte
celata
ed
invisibile
del
suo
disegno
strategico.
L’Osf
è
una
realtà
nascosta
ed
impalpabile,
perché
è
fatto
di
idee
guida,
valori
ed
atteggiamenti
di
fondo
i
quali
per
loro
natura
non
possono
rendersi
visibili
direttamente,
ma
solo
attraverso
le
scelte
ed
i
comportamenti
concreti
che
essi
animano.
In
termini
più
analitici,
l’orientamento
strategico
di
fondo
può
essere
descritto
81
considerando:
1)
le
coordinate
spazio-‐temporali
e
quali-‐quantitative
entro
cui
si
colloca
il
«progetto
strategico»;
2)
i
fini,
il
ruolo
ed
i
modelli
di
comportamento
aziendali
lungo
i
tre
finalismi
dell’azienda,
rappresentate
dalle
dimensioni
competitive,
sociali,
e
reddituali;
3)
i
concetti
di
base
ispiranti
l’azione
gestionale
ed
organizzativa,
che
definiscono
la
relativa
filosofia.
L’Osf
di
un’azienda
può
tuttavia
ad
un
certo
punto
rivelarsi
superato
e
non
più
valido.
Si
pone
allora
un
problema
di
formulazione
e
di
realizzazione
di
un
nuovo
orientamento
strategico
di
fondo.
Il
cambiamento
dell’Osf
è
spesso
problematico
a
motivo
della
frequente
rigidità
ai
mutamenti
ambientali
che
esso
manifesta.
Le
operazioni
che
formano
la
gestione
dell’azienda
possono
essere
distinte
in
due
categorie:
• Le
operazioni
che
fanno
riferimento
al
precedente
schema
struttura/risorse,
e
quindi
inserite
nella
formula
imprenditoriale,
si
riferiscono
alla
gestione
corrente/operativa.
• Le
operazioni
che
mettono
in
discussione
lo
schema
struttura/risorse
con
l’
obiettivo
di
modificarlo,
si
riferiscono
alla
gestione
strategica.
In
particolare
quest’ultima
comprende
l’insieme
di
idee,
decisioni,
e
attività
che
modificano
la
struttura,
intesa
come
risorse
e
relazioni
strutturate.
Dalla
struttura,
modellata
secondo
il
sistema
decisionale
della
gestione
strategica,
viene
successivamente
a
crearsi
la
gestione
corrente,
che
si
propone
di
far
funzionare
al
meglio
l’azienda
e
i
suoi
elementi.
Caratteristiche
delle
operazioni
di
gestione
strategica:
• Operazioni
che
hanno
effetti
di
medio-‐lungo
termine.
• Impatto
strutturale:
l’operazione
deve
essere
in
grado
di
incidere
sulla
struttura
interna
ed
esterna
dell’azienda.
• Investimento:
le
operazioni
di
gestione
strategica
presuppongono
investimenti
.
• Cambiamento:
la
gestione
strategica
presuppone
il
cambiamento
della
formula
imprenditoriale
o
di
qualche
suo
particolare
elemento.
• L’oggetto
di
riferimento
delle
operazioni
strategiche
è
rappresentato
dall’azienda
nel
suo
complesso.
La
gestione
strategica
mira
a
rispondere
a
tre
interrogativi:
• Cosa:
definire
i
campi
economici
e
sociali
nei
quali
svolgere
la
propria
attività.
• Perché:
definire
gli
obiettivi
da
raggiungere
in
un
determinato
mercato.
Obiettivi
di
fatturato,
redditività,
e
cosi
via.
• Come:
definire
le
modalità
di
raggiungimento
degli
obiettivi,
e
quindi
le
logiche
operative
e
competitive
necessarie.
Il
mercato,
inteso
solitamente
come
punto
di
incontro
tra
domanda
e
offerta,
nella
gestione
strategica
viene
inteso
come
sistema
competitivo,
nel
quale
operano
diversi
soggetti.
Questi,
oltre
ai
concorrenti,
clienti
e
fornitori,
sono
rappresentati
da
potenziali
entranti,
produttori
sostitutivi.
Questo
sistema
competitivo
viene
ricondotto
ad
un
acronimo,
ASA
(Area
Strategica
di
Affari),
ossia
una
parte
del
sistema
economico
in
cui
si
svolge
la
competizione
tra
un
insieme
di
soggetti
appartenenti
alle
categorie
precedenti.
Un’
ASA
viene
determinata
come
una
specifica
combinazione
prodotto-‐mercato-‐tecnologia.
Il
prodotto
rappresenta
il
bisogno
che
esso
è
in
grado
soddisfare
nei
confronti
di
un
certo
soggetto.
Il
mercato
è
inteso
come
l’insieme
dei
soggetti
(clienti)
che
hanno
un
determinato
bisogno.
La
tecnologia
riguarda
i
processi
operativi
che
sono
in
grado
di
realizzare
quei
prodotti
capaci
di
soddisfare
quel
bisogno.
82