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• La biomeccanica è studio della struttura e funzione

del sistema biologico attraverso la meccanica


• Per apprendere la funzione del piede è necessario
avere una precisa terminologia che descrive
movimenti dei componenti tra di loro e il terreno
d’appoggio
• È importante che la terminologia utilizzata nella
biomeccanica abbia un vocabolario preciso ed
universale
Piano sagittale
È un piano che attraversa il corpo in posizione
eretta in direzione antero-posteriore e lo divide
in una parte destra ed una sinistra.
L’asse di movimento è perpendicolare al piano
sagittale e parallelo ai piani trasversale e
Frontale
Movimento: Dorsiflessione e Plantarflessione
TERMINOLOGIA

Piano di movimento sagittale

Direzione del movimento dorsi e plantar


flessione

Posizione fissa  Talo o equino


PIANO FRONTALE
• È un piano che attraversa il corpo e lo divide in
una parte anteriore ed una posteriore.
• L’asse di movimento è perpendicolare al piano
frontale e parallelo al piano sagittale e
trasversale.
Movimento:
INVERSIONE Movimento della pianta del piede
verso la linea mediana del corpo
EVERSIONE Movimento opposto all’ inversione
TERMINOLOGIA
• Piano di movimento frontale
• Direzione del movimento inversione ,
eversione
• Posizione fissa varo o valgo
PIANO TRASVERSALE
• Un piano orizzontale che divide il corpo in un
parte superiore ed inferiore ed il piede in una
parte dorsale e plantare
• L’asse di movimento è perpendicolare al piano
trasversale e parallelo al piano sagittale e
frontale
• Movimento  abduzione e adduzione
terminologia
• PIANO DI MOVIMENTO trasversale
• DIREZIONE DEL MOVIMENTO adduzione,
abduzione
• POSIZIONE FISSA abdotto e addotto
Movimento monoplanare

• Movimento monoplanare è un movimento


che avviene in un solo piano ed ha l’asse
inclinato a 90° a quel piano
Movimento triplanare
Movimento intorno ad un asse inclinato ai tre piani del corpo

Movimento Triplanare è presente nelle


articolazione:

Tibiotarsica
Sottoastragalica
Mediotarsica
1° raggio
5° raggio
Criteri biofisici di normalità
Le relazioni ideali che devono intercorrere tra i segmenti ossei del piede e della
gamba per ottenere la massima efficienza nella statica e nella deambulazione.

• Il terzo distale della gamba è verticale


• Le art. di ginocchio, TT e SA si trovano su piani trasversi paralleli alla superficie
d’appoggio
• La SA è in posizione neutra
• La linea divisoria della superf. post. del calcagno è verticale
• La MD è in massima pronazione
• Il piano plantare dell’avampiede è parallelo a quello del retropiede ed entrambi
sono paralleli alla superficie d’appoggio.
• La linea di sezione sagitt. della superf. poster. del calcagno è perpendicolare al
piano plantare del piede
• Il II, III e IV metatarso sono in totale flessione
dorsale e la superficie plantare delle teste
metatarsali descrive un piano comune
parallelo alla superficie d’appoggio
• Il I e il V metatarso sono disposti con la
superficie plantare delle loro teste che giece
sullo stesso piano trasversale della II, II e IV
testa metatarsale
ARTICOLAZIONE SOTTO-ASTRAGALICA
• L’art. Sottoastragalica è composta dalle 3 faccette articolari
tra Astragalo e Calcagno
• - anteriore
• - media
• - posteriore

L’asse di movimento passa attraverso il retropiede da


posteriore, plantare e laterale a anteriore, dorsale e mediale.
L’asse della SA forma un angolo di 16° col piano sagittale e di
42° colpiano trasversale
Movimenti TRIPLANARI
Il movimento intorno all’asse della SA avviene
“contemporaneamente” in 3 piani

SUPINAZIONE
Inversione/adduzione/fless. plantare

PRONAZIONE
Eversione/abduzione/fless. dorsale

LA SOTTOASTRAGALICA è DETTA in “POSIZIONE


NEUTRA” quando NON è Né SUPINATA Né
PRONATA con GINOCCHIO ESTESO e L’art.
MEDIOTARSICA è in piena pronazione

Il raggio di movimento totale della Sottoastragalica è


composto da:
2/3 in INVERSIONE
1/3 in EVERSIONE
SUPINAZIONE
- Calcagno inverso
- Astragalo abdotto e dorsiflesso
- Extrarotazione della gamba

PRONAZIONE
- Eversione del calcagno
- Adduzione e flex plantare dell’astragalo
- Intrarotazione della gamba
Paziente: prono, con i piedi oltre la fine del
lettino, con gamba e ginocchio controlaterale
flessi per alzare l’anca e per porre la superficie
posteriore del calcagno sul piano frontale
individuare l’area trapezoidale della superficie
posteriore del calcagno palpando i tubercoli
posteriori mediale e laterale
Operatore:
Tracciare la linea (bisettrice) che divide in due la
superficie posteriore del calcagno
Tracciare la linea (bisettrice) che divide in due il
terzo distale di gamba dalla giunzione muscolo-
tendinea del tricipite della sura fino alla parte
sup. dei malleoli
RCSP Resting Calcaneal StancePosition:
posizione del calcagno in ortostatismo
NCSP Neutral Calcaneal Stance Position:
posizione neutra del piede in
ortostatismo
(manualmente/matematicamente)
• Punti di riferimento anatomici:
- Scafoide
- Art. astragalo-scafoidea
- Malleolo mediale
- Tuberosità mediale testa astragalo

Pronare per trovare la tuberosità


mediale testa astragalo

Supinare per trovare la tuberosità


laterale della testa astragalo
• Pronando e supinando la SA si arriva a punto
in cui non sono palpabili entrambe le
tuberosità
• Caricare IV-V per pronare la Mediotarsica fino
a resistenza
Mantenere la posizione
• Nel piede “normale” il piano plantare
dell’avampiede è parallelo al piano plantare
del retropiede (criteri biofisici di normalità)
• Calcolo matematico della neutra:
(max Ev SA)°-(ROM tot SA/ 3)°
- = VARO + = VALGO
TIBIO TARSICA
• L’articolazione tibiotarsica è formata dalla
troclea astragalica e dalle sue articolazioni con
la tibia distale e la fibula
• Astragalo
• Tronco di cono con raggio mediale maggiore e
raggio laterale minore
• Superficie più ampia anteriormente
• Converge asimmetricamente in uno stretto
processo posteriore
• Curvatura diretta medialmente
• Strato cartilagineo
• 1.06 - 1.63 mm a livello tibiale
• 0.94 - 1.62 mm a livello astragalico
Mortaio tibio-peroneale
consistenza dura, superficie inferiore della tibia
spessore consistente , superfici articolari
malleolari spessore minore

Troclea astragalica
varia da sottile a spessa (2.67 mm) in senso
antero-posteriore ed ha una consistenza più
morbida nelle regioni con maggiore spessore
rispetto alla tibia
• Root et al (1977)
Unico asse di movimento triplanare con un solo grado
di libertà
posteriore – laterale - plantare
anteriore – mediale – dorsale
Piano trasversale
8-12°
Piano frontale
12-18°

Dato che il movimento della tibiotarsica si verifica attorno ad un asse obliquo che forma
tre angoli con gli assi cardinali e su di un piano obliquo che forma tre angoli con i piani
cardinali, esso può essere considerato un movimento triplanare di prono-supinazione,
pur essendo apprezzato maggiormente sul piano sagittale. »
(Root el al.)
• Root et al (1977)
• 10° di flessione dorsale
• 20° di flessione plantare
a ginocchio esteso, SA in posizione neutra e MT completamente pronata su ALAM

Limitazione in plantarflessione
•tensione esercitata dal legamento PAA
•blocco osseo prodotto dal contatto tra il tubercolo posteriore dell’astragalo e il
margine posteriore della tibia

Limitazione in dorsiflessione
•dalla tensione del tricipite surale
•dalla porzione posteriore del legamento deltoideo e dal legamento PAP
•contatto della porzione anteriore della troclea astragalica e la superficie distale di
tibia e fibula
• Test di Silfverskiöld (1924)
• Paziente: clinostatismo supino, arto in esame con anca e ginocchio flesso
• Si misurano i gradi di dorsiflessione prima a ginocchio flesso e
successivamente a ginocchio esteso imprimendo una moderata
pressione dal basso
• Il punto di applicazione della pressione sull’avampiede è centrato sotto
alla seconda testa metatarsale, ma è applicabile a tutto l’avampiede
• Secondo l’Autore esiste una limitazione di gastrocnemio quando:
• La flessione dorsale passiva della caviglia è negativa o uguale a 0° a
ginocchio esteso
• Si normalizza con il ginocchio in flessione, con un minimo di 13°di
differenza
• Root et al (1977)
• Paziente: rilassato e prono
• Superficie posteriore del calcagno sul piano frontale, SA in
posizione neutra e MT pronata completamente su ALAM
• Si dorsiflette la TT mantendo la posizione neutra
• Se l’esame evidenzia una limitazione in dorsiflessione
superiore a 10° , si ripete l’esame con il ginocchio flesso
per evidenziare l’eventuale incidenza del muscolo
gastrocnemio nella determinazione della condizione di
equinismo
Lunge Test
• Paziente: in ortostasi rivolto verso la parete
• Al pz viene richiesto di posizionarsi a una distanza di 10 cm
dal muro e di flettere il ginocchio avvicinandolo alla parete
senza sollevare il tallone da terra
• Si misura la distanza massima tra il piede e la parete in cui il
pz è in grado di toccare il muro senza alzare il tallone da terra
• Se la distanza è inferiore a 10 cm, oppure l’angolo tra la sup.
anteriore della tibia e la verticale è inferiore a 35/38° il ROM
è considerata ridotto.
IL PRIMO RAGGIO
• IL PRIMO RAGGIO = I OSSO METATARSALE + PRIMO
CUNEIFORME
Questi due segmenti ossei formano 2 articolazioni:
1°: IMT – Icuneiforme - II MT
2°: I Cuneiforme-Scafoide II Cuneiforme - II MT.

Queste due articolazioni si muovono


intorno ad un ASSE comune diretto da:
● posteriore,
dorsale e mediale
● anteriore,
plantare e laterale
• L'ASSE del primo raggio forma un angolo di
45° con:

Piano Frontale e con il Piano Sagittale.

Forma un angolo (clinicamente) trascurabile con


il Piano Trasversale.
FLESSIONE DORSALE + INVERSIONE
FLESSIONE PLANTARE + EVERSIONE

Il movimento del I Raggio è


UN MOVIMENTO TRIPLANARE!!
DORSIFLESSO PLANTARFLESSO

In un piede normale, l'escursione di


movimento della prima testa
MT, rispetto al piano trasversale delle altre
teste MT, è uguale sia
in dorsiflessione che in plantarflessione.
• Operatore:
1)Stabilizza le teste metatarsali tenendo con una
mano la II, III e IV testa. L’indice e il pollice dell’altra
mano sono posizionati sopra e sotto la I testa.
2) Flette dorsalmente al massimo il I raggio e
misura il dislivello tra le unghie dei due indici
3) Flette plantarmente al massimo il I raggio e
misura il dislivello tra i due pollici
• Quando l’escursione della I testa è uguale
nelle due direzioni, il I raggio è normale
quando la flessione plantare è maggiore di
quella dorsale è presente una deformità in
flessione plantare,I raggio plantarflesso
• Quando la flessione dorsale è maggiore di
quella plantare èpresente una deformità in
flessione dorsale del I raggio
I ART. METATARSOFALANGEA
• Clinicamente si misura l'ampiezza della dorsiflessione della I
MTF flettendo dorsalemente e passivamente l'alluce
Flessione dorsale normale = 65°-75°
Composta da:
• testa del I metatarsale + base della I falange + ossa sesamoidee

Due assi di movimento:


trasversale Flessione plantare e flessione dorsale
Verticale Adduzione -abduzione

Sul piano frontale non c'è movimento libero. Al tentativo di


evertire o invertire il dito, l'art. IMTF si sublusserà.
• Il movimento di flessione plantare e dorsale è
importante per il cammino. Per l’intera
flessione plantare e per i primi 20°-30° di
flessione dorsale il I dito ruota sulla I testa
metatarsale senza movimento del IR
Per un movimento di flessione dorsale superiore
ai 20°-30° è necessaria la plantaflessione del IR.
Al termine della Propulsione:
-l’alluce è dorsiflesso di 75° rispetto al IR
-sollevamento del tallone che ha innalzato la
base del I raggio di 48°
-I raggio si è flesso plantarmente rispetto al resto
del piede di 10 °
• La I MTF può dorsiflettere DA SOLA, IN CARICO
20°-25°
• E arriva a 65°-75° se si associa la flessione
plantare di IR
• Se IR non plantarflette correttamente, la base
della falange
• prossimale dell'alluce non può muoversi
dorsalmente alla ITMT
IMPORTANZA DELLA I art MTF
• Fulcro che permette il passaggio del corpo da una
posizione di posteriorità ad una di anteriorità.
• Durante la dorsiflessione di art IMTF normale(secondo
Hicks):
• Incremento dell'altezza dell'arco
• plantare
• Inversione del retropiede
• Extrarotazione della gamba
• Accorciamento della fascia plantare
Il meccanismo di perno fallisce quindi si ha
un effetto negativo sul trasferimento del peso
durante la deambulazione
QUINTO RAGGIO
Asse di movimento diretto da:
posteriore, plantare e laterale a anteriore, dorsale e
mediale

Esegue un movimento triplanare ma funzionalmente


si considera solo quello sul piano sagittale.

L'entità del movimento è uguale tanto in


plantaflessione quanto in dorsiflessione.
Deforrmiità Biomeccaniiche dell
Piede
Retropiede Varo
Avampiede Varo
Avampiede Valgo
1°Raggio Plantarflesso
Caviglia Equina
• Si definiscono Deformità Strutturate ossee del
piede: sono “posizioni fisse”
• Tali Deformità Strutturate inducono il piede,
sotto carico, a “COMPENSARE»
• COMPENSO: “un’alterazione nei momenti che
agiscono a livello degli assi delle articolazioni del
piede e dell’arto inf., ed è causato
dall’interazione meccanica tra il piede e il suolo
in catena cinetica chiusa, e che può essere
modificato da anomalie strutturali, funzionali e
di posizione del piede o dell’arto inferiore“
(Kevin Kirby)
Retro piede varo
• La bisettrice del calcagno rimane in posizione
inversa rispetto a quella della tibia , con SA in
neutra e in catena cinetica aperta

• Compenso: posizione verticale del calcagno


rispetto al terreno la SA è in piena pronazione
Avampiede varo
• Il piano delle teste MT rimane in posizione
inversa rispetto alla bisettrice del calcagno,
con SA in neutra e in catena cinetica aperta
(L’avampiede è in posizione inversa rispetto al
retropiede)

Compenso: calcagno in posizione eversa – i gradi di eversione di calcagno sono


uguali a quelli di inversione di avampiede (c.c.c.)  La SA è in pronazione
Avampiede valgo
• Il piano delle teste MT rimane in posizione
eversa rispetto alla bisettrice del calcagno, con
SA in neutra e in catena cinetica aperta (L’
avampiede è in posizione eversa rispetto al
retropiede)
• Compenso: calcagno in posizione inversa
rispetto alla bisettrice di gamba i gradi di
inversione di retropiede sono uguali ai gradi di
eversione di avampiede  SA supinata
1 RAGGIO PLANTARFLESSO
• La 1 testa MT è plantarflessa rispetto al piano
delle altre teste MT, con SA in neutra e in
catena cinetica aperta (Vedi Av Valgo)
Caviglia equina
• Nel piano sagittale il piede (art. TT) non supera
90°di flessione dorsale, con ginocchio esteso,
SA in posizione neutra e in catena cinetica
aperta (accorciamento muscolare post.)
• Compenso: Piede abdotto, andatura
molleggiata ginocchio recurvo
LINEE GUIDA PER LA
PRESCRIZIONE DI ORTESI SU MISURA
The American College of Foot & Ankle Orthopedics & Medicine
(ACFAOM)
• Le PCFO possono essere funzionali (progettate per
migliorare il moto dell'articolazione) e/o
accomodative (progettate per alterare la
distribuzione della pressione).
Obiettivi della prescrizione:
1. migliorare l'abilità funzionale del paziente
2. ridistribuire lo scarico del peso
3. ostacolare la progressione o lo sviluppo di patologie
4. alleviare il dolore
ORTESI PLANTARI FUNZIONALI
Tecniche appropriate per ottenere il calco del piede in una posizione controllata (la tecnica viene
scelta a seconda della preferenza del podologo).

1.Calco in neutra di SA con MT bloccata, in posizione prona o supina, con il piede posizionato
reggendo l'area del solco del IV e V dito.
2.Immagine computerizzata del piede tenuto nella stessa maniera.
3.Calco in semi-carico con l'art. SA tenuta nella posizione prevista dal calco.
4.Calco in neutra di SA e MT bloccata, in posizione supina che prona, con il piede posizionato
reggendo la testa del V metatarso..
5.Immagine computerizzata del piede tenuto nella stessa maniera.
6.Calco a pressione su gomma espansa del piede nella posizione preventivata.
7.Calco plantare con SA tenuta in posizione preventivata (calco sottovuoto).
Le tecniche da 3 a 7, non sono ritenute ottimali per ottenere il calco del piede in una posizione
preventivata allo scopo di fabbricare una PCFO, perché incapaci di catturare la posizione dell'art.
MT. Di conseguenza dovrebbero essere usate solo se stabilito da un giudizio clinico.
ORTESI PLANTARI ACCOMODATIVE
Le tecniche riportate di seguito sono appropriate per ottenere il
calco del piede nella posizione che esso assume quando è in carico.
Nessuna delle tecniche elencate è ritenuta migliore delle altre,
quindi la tecnica da usare si sceglie in base alle proprie preferenze
cliniche.
1.Calco in carico e in semi-carico.
2.Sistemi di imaging computerizzati e meccanici che riproducono la
forma e il contorno reali del piede in posizione di carico e semi-
carico.
3.Calco a pressione su gomma espansa.
4.Calco plantare senza tentativo di controllo sulla posizione della
SA.
ORTESI PLANTARI “prefabbricate”
Plantare in eva Plantare in lattice
Realizzazione del disegno dell’ortesi
Con la matita l’operatore traccia, sulla carta
podografica, il contorno degli elementi da
inserire sul supporto di base avendo come
riferimento i punti di repere precedentemente
individuati; si ottiene così lo schema di lavoro
per l’inserimento degli elementi e la
realizzazione del supporto grezzo da rifinire
Barra retrocapitata totale
Scarico retocapitato
Cuscinetto calcaneare
Cunei supinatori o pronatori
Barra retrocapitata tot. o scarico retrocapitato

Scarico mirato
Plantare con barra retrocapitata per volta Ortesi Plantare per scarico calcaneare
trasversa
Plantare a contatto totale per Piede Diabetico e
per Piede Reumatico
Elementi di correzione
Sostegno volta longitudinale
Cuneo supinatore del calcagno con sostegno
volta longitudinale
Elementi di correzione
Cuneo supinatore del calcagno
Cuneo pronatore del calcagno
Elementi di correzione
Cuneo pronatore dell’avampiede
Cuneo pronatore retrocapitale
Elementi di correzione
Cuneo pronatore totale
Cuneo pronatore totale retrocapitale
Ortesi Plantare tipo “Lelièvre” per Piede Piatto
Tecnica di calco
Materiali
• Stecche di gesso da 20 cm
• Guanti
• Acqua tiepida
• Bacinella
• Crema idratante
Ortesi funzionali correzioni intriseche

Avampiede:
• Avampiede Varo
• Avampiede Valgo
Identificare il centro delle teste del 1°e
5°metatarsale
Tracciare un quadrato 2 x 2 cm – 1 e 5 TM
• La fascite plantare è una sindrome
degenerativa della fascia plantare che deriva
da traumi ripetuti alla sua origine sul
tubercolo mediale del calcagno.
• Nonostante il termine fascite plantare indichi un
processo infiammatorio della fascia, l’istopatologia
rivela che la condizione non è infiammatoria. All’esame
istologico, i classici segni dell’infiammazione, come
infiltrazione leucocitaria o macrofagica, sono assenti.
All’esame obiettivo non si riscontra arrossamento,
calore e tumefazione della cute.
• In base a queste conclusioni sarebbe più corretto
chiamare questa patologia fasciosi o fasciopatia
plantare
• La fascite plantare è la causa più comune di dolore al
tallone plantare e negli Stati Uniti rappresenta l’11-15%
delle visite specialistiche che riguardano il dolore al piede.
Si stima che il 10% della popolazione degli Stati Uniti
sperimenta almeno una volta il dolore al tallone plantare
durante il corso della loro vita.
Si riscontra nei soggetti giovani fisicamente attivi come i
corridori e il personale militare, ma è anche diffusa nella
popolazione in generale di età compresa tra i 40 e i 60
anni.
Si ritiene abbia un’origine meccanica.

Si suppone che le eccessive sollecitazioni a trazione


dell’aponeurosi plantare, se si ripetono continuamente nel
tempo, causino microlacerazioni e degenerazione dell’inserzione
prossimale dell’aponeurosi plantare.
Poiché la superficie d’inserzione sul calcagno è più piccola rispetto
a quella delle inserzioni distali della fascia a livello delle teste
metatarsali, c’è più forza per millimetro quadrato applicata
all’entesi sul calcagno. Questa forza concentrata fa si che le
microlacerazioni della fascia si verifichino maggiormente a livello
dell’origine dell’aponeurosi plantare. In una minoranza di casi
può essere anche interessata la porzione centrale dando origine
ad una fascite plantare non inserzionale
• Nella fasciteplantare si sviluppa un processo
riparativoinsieme a un continuo microtraumatismo
della fascia. Le ripetute microrotturesuperano la
capacità del corpo di ripararsi causando la
degenerazione del collagene.
• Sebbene l’eziologia della fascite plantare sia
probabilmente multifattoriale, il sovraccarico
meccanico dell’aponeurosi plantare resta
fondamentale per lo sviluppo della condizione.
Fattori di rischio intrinseci

• Eccessiva pronazione del piede.


• Piede cavo.
• Brevità del complesso gastrosoleo.
• Obesità o alto indice di massa corporea (BMI).
• Ipostenia dei muscoli intrinseci o estrinseci del
piede.
• Dismetria degli arti.
Maggiore tensione posta sull’aponeurosi plantare come
risultato dell’abbassamento dell'arco nella stazione
erettae soprattutto durante il cammino
La pronazione dell’articolazione sottoastragalica porta il
punto d’inserzione prossimale dell’aponeurosi più
lontano dalla sua inserzione distale creando maggiori
forze di trazione nella fascia. Un’avampiede
eccessivamente varo è una tipica anomalia strutturale
del piede che provoca un’importante iperpronazione.
• Quando la deformità è superiore agli 8°,
l’articolazione sottoastragalicadeve
pronareeccessivamente per permettere alle
teste metatarsali mediali di contattare la
superficie di appoggio. Questa eccessiva
pronazione stressa l’aponeurosi plantare e
inibisce l'uso efficiente del meccanismo ad
argano.
Piede cavo
• L’incapacità di dissipare efficacemente le forze
di trazione durante le attività in carico. Nel
piede cavo inoltre c'è un accorciamento dei
tessuti molli che supportano l'arco
longitudinale. La fascia plantare è più breve e
quindi maggiormente sensibile a traumi per
trazione.Alcuni autori riportano che a causa
della brevità della fascia plantare e della forma
del piede si ha un effetto “tipo corda d’arco”
• Una maggiore tensione nel tendine d’Achille esercita
una trazione verso l’alto sul calcagno che produce
un’eccessiva tensione nell’aponeurosi plantare. Inoltre
causa una limitata dorsiflessionedell’articolazione
tibiotarsica. Durante la fase di appoggio intermedio,
sono necessari 10°di dorsiflessionedella caviglia per una
normale deambulazione. In caso di una sua limitazione,
l’articolazione sottoastragalicaprona per permettere
all’articolazione mediotarsicadi pronaresull’asse obliquo
e compensare questa sua limitazione.
obesità
• La spiegazione biomeccanica di questo fenomeno
coinvolge il meccanismo della capriata. L’aponeurosi
plantare è essenzialmente un tirante che si collega a
ciascuna estremità dell'arco longitudinale mediale.
All'aumentare del peso corporeo, sarà applicato
all'arco un maggior vettore di carico. L’aponeurosi
plantare sarà sottoposta ad una maggiore tensione
per impedire l’allontanamento delle sue inserzioni
prossimale e distale
Ipostenia muscoli intrinseci
• Con la debolezza di questi muscoli
l’aponeurosi plantare dovrà agire
maggiormente per impedire il collasso
dell’arco durante la deambulazione.
Muscoli estrinseci

• Aumento della durata o dell’intensità delle


attività sportive.
• Superfici dure.
• Attività lavorative.
• Calzature.
• Durante le attività sportive,in particolare la corsa
di lunga distanza, l’aponeurosi plantare è
sottoposta a una trazione ripetitiva, che provoca
forti sollecitazioni a livello della giunzione
osteofasciale. La massima tensione si ha durante
il distacco del tallone dal suolo,pertanto, negli
sport che richiedono gesti atletici ripetitivi,
come la corsa ed il salto, l’aponeurosi plantare è
sottoposta ad uno stress continuo
• Con un aumento delle attività l’aponeurosi
plantare è soggetta a maggiori traumi. Nel corso
del tempo si possono produrre
microlacerazioniche il corpo non è in grado di
riparare con la stessa velocità con cui si creano e si
svilupperà una fasciteplantare da uso eccessivo.
• Allo stesso modo un soggetto che non è abituato a
camminare o a correre può essere soggetto a
fasciteplantare
• Le calzature con una scarsa ammortizzazione,
molto usurate o che non forniscono un buon
supporto al piede possono predisporre alla
fasciteplantare. Le donne abituate a
camminare con i tacchi alti che cambiano tipo
di scarpa, prediligendo quelle con tacco basso,
possono essere soggette a fasciteplantare.
• I pazienti tipicamente riferiscono un doloreal tallone che è
più acuto quando fanno i primi passi al mattino o dopo un
periodo in cui il piede è stato a riposo, come lo stare seduti
per molto tempo.
• Il dolore può diventare invalidante al punto tale che il
soggetto assume un’andatura antalgica in supinazione o
addirittura è costretto a zoppicare con il tallone interessato
alzato da terra.
• In genere il dolore si attenua gradualmente nelle ore
successive al risveglio ma tende a peggiorare se è intrapresa
un’intensa o prolungata attività in carico durante la giornata.
• Negli sportivi, il dolore tipicamente compare
nella fase di riscaldamento e diminuisce
durante l’esecuzione dell’esercizio fisico per
poi ritornare alla fine della prestazione
atletica. Il disagio s’intensifica con l’aumento
dell’attività sportiva, in particolare con il salto
e la corsa
• Il dolore, all’inizio, può essere diffuso o
migratorio ma, con il progredire della
condizione, si circoscrive all’aspetto plantare del
tallone in corrispondenza dell’origine della
fascia. Raramente coinvolge un’area più ampia
ma può presentarsi lungo il decorso
dell’aponeurosi plantare nella regione centrale
dell’arco longitudinale mediale indicando una
fasciteplantare non inserzionale.
• Nella maggior parte dei casi la fasciteplantare è
unilaterale.
• L’anamnesi spesso indica che c’è stato un
aumento delle attività in carico prima della
comparsa dei sintomi.
• Non si riscontra gonfiore, calore o arrossamento
della cute del tallone.
• E’ necessaria un’attenta palpazione del tallone per
determinare la posizione esatta del disagio del
paziente. In caso di fasciteplantare il punto di
massima dolorabilitàè localizzato nella porzione
anteromedialedel calcagno in corrispondenza del
tubercolo mediale; a volte si può presentare anche
lungo la porzione mediale della fascia nella regione
dell’arco
• Un test di uso comune che riproduce il dolore del
paziente prevede la passiva dorsiflessionedelle dita
(windlasstest). Questa manovra mette in tensione la fascia
plantare tramite il meccanismo ad argano e acuisce il
dolore. Il test viene eseguito in carico e in scarico.
• Il dolore può essere rievocato anche facendo mettere il
paziente sulla punta dei piedi.
• La dorsiflessionepassiva dell'articolazione tibiotarsica può
provocare dolore a causa della stretta relazione tra la
fascia plantare e il tricipite surale.
Diagnosi differenziale
Patologie neurologiche: sindrome di Baxter

• Compressione del ramo calcaneare laterale


del n. tibiale posteriore ,dove passa tra
l’inserzione dell’abduttore dell’alluce e
calcagno.
• Nevrite che può presentarsi associato ad una
medializzazionedell’asse della
sottoastragalicao sindrome pronatoriada
insufficienza del primo raggio
Patologie neurologiche: sindrome di Baxter
Tibiale post
• Il dolore è localizzato sul lato interno del piede
e della caviglia e aumenta con il movimento
contro resistenza.
• Tendinopatia del tibiale posteriore: il dolore è
a livello del compartimento interno della
caviglia in sede sotto e retromalleolare e nella
regione mediale del calcagno. È aggravato
dalla stazione eretta e dalla deambulazione.
Patologie scheletriche: malattia di Sever-
Blanke (apofisite calcaneare)
• Affligge gli adolescenti dai 6 ai 13 anni. Il dolore
peggiora con le attività e migliora con il riposo. Il
soggetto presenta dolorabilitàalla palpazione in
corrispondenza del nucleo d’accrescimento
secondario del calcagno e alla compressione medio-
lateraledella porzione inferiore della tuberosità
posteriore del calcagno (squeezetest). Spesso il
dolore è esacerbato quando viene chiesto al
soggetto di mettersi o di camminare in punta di
piedi (segno di Sever).
• Per la diagnosi di fasciteplantare non sono
necessarieindagini strumentali in quanto, nella
maggior parte dei casi, viene raggiunta con l’anamnesi
e l’esame obiettivo.Tuttavia, questa metodica, è utile
in alcune circostanze per escludere altre causeche
possono essere alla base del dolore al tallone.
• Radiografia
• Ecografia
• Risonanza Magnetica Nucleare
ecografia
• Una radiografia laterale in carico per escludere
una frattura da stress del calcagno, altre
lesioni ossee, l’artrite o tumori. Permette
inoltre di vedere la morfologia del piede e può
fornire informazioni su eventuali difetti
strutturali. L’eventuale presenza di speroni
calcaneari plantari non ha alcun valore per
confermare o escludere la diagnosi di
fasciteplantare
risonanza magnetica nucleare
• Può essere indicata quando le radiografie hanno
dato esito negativo e si sospettano altre cause
meno comuni alla base del dolore al tallone.La
risonanza magnetica può essere di particolare utilità
nel differenziare la fasciteplantare da altre cause di
dolore al tallone plantare, tra cui la rottura della
fascia, le infezioni, i tumori, letendinosi, le borsiti
sottocalcaneari, le sindromi da intrappolamento del
nervo e le fratture da stressdel calcagno.
Trattamenti Podologici

• Ortesi plantari
• Calzature
• Esercizi di stretching
• Esercizi di rafforzamento muscolare
• Low-Dye Taping / Kinesio Taping
• Tutori notturni
• Immobilizzazione in gambaletti gessati
• La terapia ortesica plantare è una parte
essenziale del trattamento soprattutto per
quei pazienti che presentano difetti
dell’assetto biomeccanico, causa di sindrome
pronatoria.
• L’anomala pronazione dell'articolazione
sottoastragalicaeverteil calcagno e allunga la
fascia plantare, aumentando così lo stress
sull’aponeurosi plantare. Inoltre, quando
avviene durante la fase propulsiva del passo,
causa una maggiore mobilità del piede, e
quindi aumenta il livello di stress applicato ai
tessuti miofascialie ossei.
• Quando un paziente mostra un’aponeurosi
plantare prominente durante la
dorsiflessionepassiva del primo dito in scarico,
nell’ortesideve essere effettuata
un’accomodazione per la fascia plantare
(plantar fascial groove).
• Si deve consigliare al paziente di non indossare
calzature usurate che hanno perso la capacità
di ammortizzare gli urti e non forniscono un
buon supporto.Va sconsigliato l’utilizzo di
scarpe con tacco alto o troppo basso e di
camminare a piedi nudi. Le calzature corrette
dovrebbero avere un contrafforte rigido per
fornire la stabilità del retropiede, tacchi e
intersuole ben ammortizzanti.
esercizi di stretching
• Lo stretching con l’asciugamano e lo stretching
specifico della fascia plantare dovrebbero
essere eseguiti dal paziente prima di mettere il
piede a terra al mattino. È importante svolgerli
prima di alzarsi dal letto poiché mettere il
piede in carico senza aver effettuato prima gli
esercizi di stretching può causare
microlacerazionidell’aponeurosi plantare.
• Gli esercizi di rafforzamento sono indicati in
caso di debolezza dei muscoli intrinseci del
piede.

Eserciziodiarricciamentodell’asciugamano Toetapsdell’alluce.
Low-Dye Taping
Trattamenti podologici: tutori notturni

• Mantiene la caviglia in una posizione neutra o


dorsiflessa, permette lo stretching passivo dei
muscoli del polpaccio e della fascia plantare
durante il sonno. Consente inoltre che la
guarigione avvenga mentre la fascia plantare
ha una lunghezza funzionale
Trattamenti podologici: immobilizzazione in
gambaletti gessati
• Immobilizzazione del piede per un periodo di
3-4 settimane. Questo evita che la fascia
plantare sia continuamente sottoposta a
tensione quando camminiamo e che la fascia e
il tricipite surale si retraggano durante la
notte.
Terapie non podologiche
E’ spesso sconsigliata per le numerose
complicazioni che comporta. Questo
trattamento può portare ad atrofia del
• Iniezioni di corticosteroidi cuscinetto adiposo calcaneare,
osteomielite del calcagno e alla rottura

• Onde d’urto iatrogena della fascia plantare

• Intervento chirurgico Sono onde ad alta energia acustica: esse


vengono trasmesse attraverso la superficie
della pelle e diffuse radialmente
(sfericamente) nel corpo. Il corpo risponde
con un aumento dell'attività metabolica
L’intervento chirurgico è indicato solo ed intorno all'area di dolore, stimolando ed
esclusivamente nei casi in cui i sintomi accelerando il processo di guarigione.
persistono in modo grave dopo 8-12 mesi di
trattamento conservativo. Release della fascia
plantare.
sperone
• Spesso la fascite plantare è anche chiamata
sindrome dello sperone calcaneare. Tuttavia
vari studi hanno dimostrato che lo sperone
non è sempre presente nelle persone affette
da fascite plantare ed inoltre è stato
riscontrato anche nella popolazione
asintomatica. Questo è a sostegno della tesi
che la spina calcaneare plantare non è l’origine
del dolore al tallone.
• molti autori attribuiscono lo sperone
calcaneare alla trazione dei muscoli intrinseci
del piede che originano dal tubercolo mediale
(soprattutto il flessore breve delle dita)
piuttosto che all’azione dell’aponeurosi
plantare.Il reperto di uno sperone calcaneare
non è quindi significativo e non incide nella
patogenesi della fasciteplantare.
LE SCARPE DA CORSA SI SUDDIVIDONO
NELLE SEGUENTI CATEGORIE

A1=SUPERLEGGERE:
sono le scarpe più veloci e più leggere (pesano meno di 250 gr.),ammortizzano
poco e hanno un controllo del movimento quasi nullo. Indicate per atleti leggeri e senza
problemi
di appoggio. Sono sconsigliate per chi è su di peso e per chi ha bisogno di sostegno mediale.
A2=INTERMEDIE:
brillanti, più ammortizzate delle A1, di peso compreso tra i 250 e 295, sono la scelta vincente
per gli atleti più forti, per i podisti più pesanti o meno veloci.
A3=MASSIMO AMMORTIZZAMENTO:
per il corridore che non ha particolari problemi di appoggio, il punto di forza di queste scarpe è
la
grande capacità di assorbimento all’impatto con il terreno. Il peso è dai 300 gr. a salire.
• A4=STABILI:
scarpe studiate per corridori che hanno problemi di eccessiva pronazione (piede
verso l’interno
nella fase di appoggio).
A5=TRAIL RUNNING:
indicate per il fuoristrada.
A6=WALKING:
confortevoli, con una buona aderenza, garantito il sostegno e l’ammortizzazione.
A8=CHIODATE E SPECIALISTICHE:
scarpe dedicate ai velocisti,mezzofondisti,saltatori e ai lanciatori.
WJ=JOGGING:
per corsa e tempo libero, costo contenuto e utilizzo saltuario.
W=DONNA:
scarpa specifica per la donna essendo il piede femminile differente da quello
maschile.
• A0 = minimaliste   Adeguatezza all’uso: l’atleta non deve dimenticare che
questa categoria di scarpe è concepita per esercitazioni rapide, leggere e
molto veloci… ma soprattutto… che dal punto di vista osteo-muscolo-
articolare, NON siamo tutti uguali! Per questo motivo la A0 deve essere
innanzitutto GRADITA, quindi scelta sulla base delle sensazioni che può
conferire al podista (da qui la dicitura scarpa che piace)
Adattamento morfologico: è l’arma vincente di questa categoria. La
scarpa da running minimalista punta sul comfort della scarpa per
riprodurre efficacemente la sensazione di “camminare a piedi nudi” o
con il minimo supporto necessario.
Adeguatezza biomeccanica: si tratta di un parametro molto interessante;
ricordiamo che le A0 si basano maggiormente sulla cinetica del piede e
NON sulla sollecitazione indotta dalla corsa di fondo.
• A1 = superleggere Adeguatezza all’uso:
• indicate per runner veloci, leggeri e senza pèroblemi di appoggio
• per utilizzare queste scarpe è necessario: essere “leggeri sul piede”, correre a
ritmi veloci e su superfici regolari, avere strutture osteoarticolari impeccabili
e, possibilmente, vantare una “giovane età“! Ricordiamo che l’anzianità
anagrafica (e in questo caso anche quella di allenamento) non permette di
compensare sufficientemente le frequenti anomalie legate alla corsa.
Adattamento morfologico: sono calzature leggere ed essenziali; è bene
cercare modelli che calzino “a pennello” e soprattutto che non creino alcun
disagio. Per far ciò è necessario cercare e trovare il modello che possiede un
corretto volume interno (soggettivo).
Adeguatezza biomeccanica: non è consentito commettere errori nella scelta.
La A1 è talmente semplice che risulta indispensabile cercarla con le
caratteristiche di appoggio specifiche della propria tecnica di corsa.
• A2 = Intermedie Adeguatezza all’uso: le intermedie sono una
categoria un po’ “ambigua”; valutando il peso, l’impostazione e
la tecnologia di progettazione, la A2 potrebbe rappresentare
una potenziale scarpa “da gara” o addirittura, per i più fortunati
(e allenati), anche una calzatura adatta al fondo.
Adattamento morfologico: la varietà di scelta è ampia e le
relative proposte uomo/donna consentono a tutti di trovare il
modello ideale; anche in questo caso, oltre alla misura, è
fondamentale valutare l’intero volume del piede.
Adeguatezza biomeccanica: per le intermedie sono già presenti
tecnologie tali da poter compensare i grossi difetti di appoggio:
di punta o di tallone, e in pronazione o in supinazione.
• A3 = Massimo ammortizzo Adeguatezza all’uso:
• Sono molto diffuse come scarpe da allenamento e adatte a runner con
appoggio neutro o supinato o da chi usa plantari personalizzati
• i modelli di massimo ammortizzo vanno bene a tutti e rappresentano
una categoria di calzature tra le più indossate nel pubblico giovanile
nella vita quotidiana. Scegliere una A3 non determina difficoltà per la
carenza di prodotti sul mercato, al contrario! Per scegliere
correttamente è necessario “ragionare con obiettività” circa le proprie
performance e le proprie caratteristiche, sia di gara che di allenamento.

Adeguatezza biomeccanica: le A3 non sono utili alla risoluzione dei


problemi di appoggio e sono destinate a soggetti dalla corsa regolare
che necessitano un grande potere ammortizzante.
• A4 = Stabili Adeguatezza all’uso: Le scarpe running a4 stabili sono definite
anche scarpe per pronatori in quanto sono specifiche per correggere i problemi
di eccessiva pronazione. Garantiscono il massimo del sostegno,
della protezione e della stabilità

le A4 sono modelli confortevoli ma da evitare se non per necessità; utilizzare


scarpe stabili in assenza di problemi specifici può creare problemi ai soggetti
dalla caviglia non patologica.
Adattamento morfologico: valgono le stesse considerazioni fatte per la categoria
A3 con la quale condividono doti di ammortizzo, comfort e peso complessivo.
Adeguatezza biomeccanica: è la caratteristica che le rende speciali. I modelli A4
vanno scelti sulla base di specifiche necessità e non di “semplici sensazioni”; è il
caso di particolari forme di appoggio plantare che nulla hanno a che vedere con
la semplice usura del battistrada.
A5
 scarpe trail running specifiche per la corsa su
terreni sconnessi e percorsi irregolari tipici
della montagna in quanto garantiscono
la massima aderenza su qualsiasi tipo di
terreno,
nonchè protezione, comfort e stabilità

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