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Tibiotarsica
Sottoastragalica
Mediotarsica
1° raggio
5° raggio
Criteri biofisici di normalità
Le relazioni ideali che devono intercorrere tra i segmenti ossei del piede e della
gamba per ottenere la massima efficienza nella statica e nella deambulazione.
SUPINAZIONE
Inversione/adduzione/fless. plantare
PRONAZIONE
Eversione/abduzione/fless. dorsale
PRONAZIONE
- Eversione del calcagno
- Adduzione e flex plantare dell’astragalo
- Intrarotazione della gamba
Paziente: prono, con i piedi oltre la fine del
lettino, con gamba e ginocchio controlaterale
flessi per alzare l’anca e per porre la superficie
posteriore del calcagno sul piano frontale
individuare l’area trapezoidale della superficie
posteriore del calcagno palpando i tubercoli
posteriori mediale e laterale
Operatore:
Tracciare la linea (bisettrice) che divide in due la
superficie posteriore del calcagno
Tracciare la linea (bisettrice) che divide in due il
terzo distale di gamba dalla giunzione muscolo-
tendinea del tricipite della sura fino alla parte
sup. dei malleoli
RCSP Resting Calcaneal StancePosition:
posizione del calcagno in ortostatismo
NCSP Neutral Calcaneal Stance Position:
posizione neutra del piede in
ortostatismo
(manualmente/matematicamente)
• Punti di riferimento anatomici:
- Scafoide
- Art. astragalo-scafoidea
- Malleolo mediale
- Tuberosità mediale testa astragalo
Troclea astragalica
varia da sottile a spessa (2.67 mm) in senso
antero-posteriore ed ha una consistenza più
morbida nelle regioni con maggiore spessore
rispetto alla tibia
• Root et al (1977)
Unico asse di movimento triplanare con un solo grado
di libertà
posteriore – laterale - plantare
anteriore – mediale – dorsale
Piano trasversale
8-12°
Piano frontale
12-18°
Dato che il movimento della tibiotarsica si verifica attorno ad un asse obliquo che forma
tre angoli con gli assi cardinali e su di un piano obliquo che forma tre angoli con i piani
cardinali, esso può essere considerato un movimento triplanare di prono-supinazione,
pur essendo apprezzato maggiormente sul piano sagittale. »
(Root el al.)
• Root et al (1977)
• 10° di flessione dorsale
• 20° di flessione plantare
a ginocchio esteso, SA in posizione neutra e MT completamente pronata su ALAM
Limitazione in plantarflessione
•tensione esercitata dal legamento PAA
•blocco osseo prodotto dal contatto tra il tubercolo posteriore dell’astragalo e il
margine posteriore della tibia
Limitazione in dorsiflessione
•dalla tensione del tricipite surale
•dalla porzione posteriore del legamento deltoideo e dal legamento PAP
•contatto della porzione anteriore della troclea astragalica e la superficie distale di
tibia e fibula
• Test di Silfverskiöld (1924)
• Paziente: clinostatismo supino, arto in esame con anca e ginocchio flesso
• Si misurano i gradi di dorsiflessione prima a ginocchio flesso e
successivamente a ginocchio esteso imprimendo una moderata
pressione dal basso
• Il punto di applicazione della pressione sull’avampiede è centrato sotto
alla seconda testa metatarsale, ma è applicabile a tutto l’avampiede
• Secondo l’Autore esiste una limitazione di gastrocnemio quando:
• La flessione dorsale passiva della caviglia è negativa o uguale a 0° a
ginocchio esteso
• Si normalizza con il ginocchio in flessione, con un minimo di 13°di
differenza
• Root et al (1977)
• Paziente: rilassato e prono
• Superficie posteriore del calcagno sul piano frontale, SA in
posizione neutra e MT pronata completamente su ALAM
• Si dorsiflette la TT mantendo la posizione neutra
• Se l’esame evidenzia una limitazione in dorsiflessione
superiore a 10° , si ripete l’esame con il ginocchio flesso
per evidenziare l’eventuale incidenza del muscolo
gastrocnemio nella determinazione della condizione di
equinismo
Lunge Test
• Paziente: in ortostasi rivolto verso la parete
• Al pz viene richiesto di posizionarsi a una distanza di 10 cm
dal muro e di flettere il ginocchio avvicinandolo alla parete
senza sollevare il tallone da terra
• Si misura la distanza massima tra il piede e la parete in cui il
pz è in grado di toccare il muro senza alzare il tallone da terra
• Se la distanza è inferiore a 10 cm, oppure l’angolo tra la sup.
anteriore della tibia e la verticale è inferiore a 35/38° il ROM
è considerata ridotto.
IL PRIMO RAGGIO
• IL PRIMO RAGGIO = I OSSO METATARSALE + PRIMO
CUNEIFORME
Questi due segmenti ossei formano 2 articolazioni:
1°: IMT – Icuneiforme - II MT
2°: I Cuneiforme-Scafoide II Cuneiforme - II MT.
1.Calco in neutra di SA con MT bloccata, in posizione prona o supina, con il piede posizionato
reggendo l'area del solco del IV e V dito.
2.Immagine computerizzata del piede tenuto nella stessa maniera.
3.Calco in semi-carico con l'art. SA tenuta nella posizione prevista dal calco.
4.Calco in neutra di SA e MT bloccata, in posizione supina che prona, con il piede posizionato
reggendo la testa del V metatarso..
5.Immagine computerizzata del piede tenuto nella stessa maniera.
6.Calco a pressione su gomma espansa del piede nella posizione preventivata.
7.Calco plantare con SA tenuta in posizione preventivata (calco sottovuoto).
Le tecniche da 3 a 7, non sono ritenute ottimali per ottenere il calco del piede in una posizione
preventivata allo scopo di fabbricare una PCFO, perché incapaci di catturare la posizione dell'art.
MT. Di conseguenza dovrebbero essere usate solo se stabilito da un giudizio clinico.
ORTESI PLANTARI ACCOMODATIVE
Le tecniche riportate di seguito sono appropriate per ottenere il
calco del piede nella posizione che esso assume quando è in carico.
Nessuna delle tecniche elencate è ritenuta migliore delle altre,
quindi la tecnica da usare si sceglie in base alle proprie preferenze
cliniche.
1.Calco in carico e in semi-carico.
2.Sistemi di imaging computerizzati e meccanici che riproducono la
forma e il contorno reali del piede in posizione di carico e semi-
carico.
3.Calco a pressione su gomma espansa.
4.Calco plantare senza tentativo di controllo sulla posizione della
SA.
ORTESI PLANTARI “prefabbricate”
Plantare in eva Plantare in lattice
Realizzazione del disegno dell’ortesi
Con la matita l’operatore traccia, sulla carta
podografica, il contorno degli elementi da
inserire sul supporto di base avendo come
riferimento i punti di repere precedentemente
individuati; si ottiene così lo schema di lavoro
per l’inserimento degli elementi e la
realizzazione del supporto grezzo da rifinire
Barra retrocapitata totale
Scarico retocapitato
Cuscinetto calcaneare
Cunei supinatori o pronatori
Barra retrocapitata tot. o scarico retrocapitato
Scarico mirato
Plantare con barra retrocapitata per volta Ortesi Plantare per scarico calcaneare
trasversa
Plantare a contatto totale per Piede Diabetico e
per Piede Reumatico
Elementi di correzione
Sostegno volta longitudinale
Cuneo supinatore del calcagno con sostegno
volta longitudinale
Elementi di correzione
Cuneo supinatore del calcagno
Cuneo pronatore del calcagno
Elementi di correzione
Cuneo pronatore dell’avampiede
Cuneo pronatore retrocapitale
Elementi di correzione
Cuneo pronatore totale
Cuneo pronatore totale retrocapitale
Ortesi Plantare tipo “Lelièvre” per Piede Piatto
Tecnica di calco
Materiali
• Stecche di gesso da 20 cm
• Guanti
• Acqua tiepida
• Bacinella
• Crema idratante
Ortesi funzionali correzioni intriseche
Avampiede:
• Avampiede Varo
• Avampiede Valgo
Identificare il centro delle teste del 1°e
5°metatarsale
Tracciare un quadrato 2 x 2 cm – 1 e 5 TM
• La fascite plantare è una sindrome
degenerativa della fascia plantare che deriva
da traumi ripetuti alla sua origine sul
tubercolo mediale del calcagno.
• Nonostante il termine fascite plantare indichi un
processo infiammatorio della fascia, l’istopatologia
rivela che la condizione non è infiammatoria. All’esame
istologico, i classici segni dell’infiammazione, come
infiltrazione leucocitaria o macrofagica, sono assenti.
All’esame obiettivo non si riscontra arrossamento,
calore e tumefazione della cute.
• In base a queste conclusioni sarebbe più corretto
chiamare questa patologia fasciosi o fasciopatia
plantare
• La fascite plantare è la causa più comune di dolore al
tallone plantare e negli Stati Uniti rappresenta l’11-15%
delle visite specialistiche che riguardano il dolore al piede.
Si stima che il 10% della popolazione degli Stati Uniti
sperimenta almeno una volta il dolore al tallone plantare
durante il corso della loro vita.
Si riscontra nei soggetti giovani fisicamente attivi come i
corridori e il personale militare, ma è anche diffusa nella
popolazione in generale di età compresa tra i 40 e i 60
anni.
Si ritiene abbia un’origine meccanica.
• Ortesi plantari
• Calzature
• Esercizi di stretching
• Esercizi di rafforzamento muscolare
• Low-Dye Taping / Kinesio Taping
• Tutori notturni
• Immobilizzazione in gambaletti gessati
• La terapia ortesica plantare è una parte
essenziale del trattamento soprattutto per
quei pazienti che presentano difetti
dell’assetto biomeccanico, causa di sindrome
pronatoria.
• L’anomala pronazione dell'articolazione
sottoastragalicaeverteil calcagno e allunga la
fascia plantare, aumentando così lo stress
sull’aponeurosi plantare. Inoltre, quando
avviene durante la fase propulsiva del passo,
causa una maggiore mobilità del piede, e
quindi aumenta il livello di stress applicato ai
tessuti miofascialie ossei.
• Quando un paziente mostra un’aponeurosi
plantare prominente durante la
dorsiflessionepassiva del primo dito in scarico,
nell’ortesideve essere effettuata
un’accomodazione per la fascia plantare
(plantar fascial groove).
• Si deve consigliare al paziente di non indossare
calzature usurate che hanno perso la capacità
di ammortizzare gli urti e non forniscono un
buon supporto.Va sconsigliato l’utilizzo di
scarpe con tacco alto o troppo basso e di
camminare a piedi nudi. Le calzature corrette
dovrebbero avere un contrafforte rigido per
fornire la stabilità del retropiede, tacchi e
intersuole ben ammortizzanti.
esercizi di stretching
• Lo stretching con l’asciugamano e lo stretching
specifico della fascia plantare dovrebbero
essere eseguiti dal paziente prima di mettere il
piede a terra al mattino. È importante svolgerli
prima di alzarsi dal letto poiché mettere il
piede in carico senza aver effettuato prima gli
esercizi di stretching può causare
microlacerazionidell’aponeurosi plantare.
• Gli esercizi di rafforzamento sono indicati in
caso di debolezza dei muscoli intrinseci del
piede.
Eserciziodiarricciamentodell’asciugamano Toetapsdell’alluce.
Low-Dye Taping
Trattamenti podologici: tutori notturni
A1=SUPERLEGGERE:
sono le scarpe più veloci e più leggere (pesano meno di 250 gr.),ammortizzano
poco e hanno un controllo del movimento quasi nullo. Indicate per atleti leggeri e senza
problemi
di appoggio. Sono sconsigliate per chi è su di peso e per chi ha bisogno di sostegno mediale.
A2=INTERMEDIE:
brillanti, più ammortizzate delle A1, di peso compreso tra i 250 e 295, sono la scelta vincente
per gli atleti più forti, per i podisti più pesanti o meno veloci.
A3=MASSIMO AMMORTIZZAMENTO:
per il corridore che non ha particolari problemi di appoggio, il punto di forza di queste scarpe è
la
grande capacità di assorbimento all’impatto con il terreno. Il peso è dai 300 gr. a salire.
• A4=STABILI:
scarpe studiate per corridori che hanno problemi di eccessiva pronazione (piede
verso l’interno
nella fase di appoggio).
A5=TRAIL RUNNING:
indicate per il fuoristrada.
A6=WALKING:
confortevoli, con una buona aderenza, garantito il sostegno e l’ammortizzazione.
A8=CHIODATE E SPECIALISTICHE:
scarpe dedicate ai velocisti,mezzofondisti,saltatori e ai lanciatori.
WJ=JOGGING:
per corsa e tempo libero, costo contenuto e utilizzo saltuario.
W=DONNA:
scarpa specifica per la donna essendo il piede femminile differente da quello
maschile.
• A0 = minimaliste Adeguatezza all’uso: l’atleta non deve dimenticare che
questa categoria di scarpe è concepita per esercitazioni rapide, leggere e
molto veloci… ma soprattutto… che dal punto di vista osteo-muscolo-
articolare, NON siamo tutti uguali! Per questo motivo la A0 deve essere
innanzitutto GRADITA, quindi scelta sulla base delle sensazioni che può
conferire al podista (da qui la dicitura scarpa che piace)
Adattamento morfologico: è l’arma vincente di questa categoria. La
scarpa da running minimalista punta sul comfort della scarpa per
riprodurre efficacemente la sensazione di “camminare a piedi nudi” o
con il minimo supporto necessario.
Adeguatezza biomeccanica: si tratta di un parametro molto interessante;
ricordiamo che le A0 si basano maggiormente sulla cinetica del piede e
NON sulla sollecitazione indotta dalla corsa di fondo.
• A1 = superleggere Adeguatezza all’uso:
• indicate per runner veloci, leggeri e senza pèroblemi di appoggio
• per utilizzare queste scarpe è necessario: essere “leggeri sul piede”, correre a
ritmi veloci e su superfici regolari, avere strutture osteoarticolari impeccabili
e, possibilmente, vantare una “giovane età“! Ricordiamo che l’anzianità
anagrafica (e in questo caso anche quella di allenamento) non permette di
compensare sufficientemente le frequenti anomalie legate alla corsa.
Adattamento morfologico: sono calzature leggere ed essenziali; è bene
cercare modelli che calzino “a pennello” e soprattutto che non creino alcun
disagio. Per far ciò è necessario cercare e trovare il modello che possiede un
corretto volume interno (soggettivo).
Adeguatezza biomeccanica: non è consentito commettere errori nella scelta.
La A1 è talmente semplice che risulta indispensabile cercarla con le
caratteristiche di appoggio specifiche della propria tecnica di corsa.
• A2 = Intermedie Adeguatezza all’uso: le intermedie sono una
categoria un po’ “ambigua”; valutando il peso, l’impostazione e
la tecnologia di progettazione, la A2 potrebbe rappresentare
una potenziale scarpa “da gara” o addirittura, per i più fortunati
(e allenati), anche una calzatura adatta al fondo.
Adattamento morfologico: la varietà di scelta è ampia e le
relative proposte uomo/donna consentono a tutti di trovare il
modello ideale; anche in questo caso, oltre alla misura, è
fondamentale valutare l’intero volume del piede.
Adeguatezza biomeccanica: per le intermedie sono già presenti
tecnologie tali da poter compensare i grossi difetti di appoggio:
di punta o di tallone, e in pronazione o in supinazione.
• A3 = Massimo ammortizzo Adeguatezza all’uso:
• Sono molto diffuse come scarpe da allenamento e adatte a runner con
appoggio neutro o supinato o da chi usa plantari personalizzati
• i modelli di massimo ammortizzo vanno bene a tutti e rappresentano
una categoria di calzature tra le più indossate nel pubblico giovanile
nella vita quotidiana. Scegliere una A3 non determina difficoltà per la
carenza di prodotti sul mercato, al contrario! Per scegliere
correttamente è necessario “ragionare con obiettività” circa le proprie
performance e le proprie caratteristiche, sia di gara che di allenamento.