Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Ferraris”
Gli assi del solido umano servono a definire la dimensione del solido stesso e cioè la sua lunghezza,
la sua larghezza e la sua profondità.
L’asse trasversale (larghezza) va da acromion ad acromion (relativo a individui con spalle più
larghe del bacino) o da trocantere a trocantere (relativo a individui con bacino più largo delle
spalle). L’asse trasversale si può quindi anche chiamare linea biacromiale o linea bitrocanterica in
relazione a specifici individui.
L’asse longitudinale (lunghezza) va dal vertice del capo al punto di congiunzione tra i due talloni.
L’asse sagittale (profondità o spessore - da sagitta: freccia) va dall’apofisi ensiforme dello sterno
alla vertebra direttamente opposta, dal centro del petto al dorso.
Dagli assi e dai loro prolungamenti derivano le direzioni fondamentali: alto-basso (asse
longitudinale), avanti-dietro (asse sagittale) e dentro-fuori (asse trasversale). Tali direzioni si
chiamano direzioni fondamentali o cardinali. Le direzioni poste tra due o tre direzioni fondamentali
si chiamano direzioni intermedie. Esempi di direzioni intermedie tra due direzioni o due assi:
avanti-fuori, fuori-alto, dentro-basso, ecc.. Tra tre direzioni o tre assi: avanti-fuori-alto, dietro-
dentro-basso, ecc. Si noti che si indica prima la direzione che corrisponde all’asse sagittale, poi
quella che corrisponde all’asse trasversale ed infine quella che corrisponde all’asse longitudinale.
Le intersezioni degli assi fondamentali, prese a due a due, individuano i piani fondamentali.
Il piano frontale, individuato dall’intersezione tra asse trasversale e asse longitudinale, divide il
corpo in due parti asimmetriche, una anteriore o l’avanti del corpo, una posteriore o il dietro del
corpo.
Il piano sagittale, individuato dall’intersezione tra asse sagittale e asse longitudinale, divide il corpo
in due parti simmetriche, una sinistra e una destra.
Il piano trasversale, individuato dall’intersezione tra asse trasversale e asse sagittale, divide il corpo
in due parti asimmetriche, una superiore o alto del corpo e una inferiore o basso del corpo.
Ogni movimento, sia del corpo in toto, sia di uno o più segmenti, si svolge sempre attorno a degli
assi, considerati come perni di rotazione, e su dei piani. Il movimento che ha come perno l’asse
longitudinale si effettua sul piano trasversale (un dietro-front dalla posizione di attenti, una torsione
del capo), quello che ha come perno l’asse trasversale si effettua sul piano sagittale (una capovolta,
una flessione avanti del capo), quello che ha come perno l’asse sagittale si effettua sul piano
frontale (una “ruota”, una flessione laterale del capo).
L’atteggiamento è la figura che assume il corpo del ginnasta, o parte di esso, indipendentemente
dai suoi rapporti con gli oggetti esteriori, con l’ambiente esterno.
Parliamo di atteggiamenti totali se consideriamo il corpo del ginnasta nella sua interezza facendo
comunque riferimento al rapporto busto arti inferiori (si prende in considerazione la cosiddetta
articolarità intermedia, cioè la coxo-femorale). Parliamo di atteggiamenti parziali se consideriamo i
vari segmenti corporei con particolare riferimento ai tre segmenti fondamentali: busto, braccia e
gambe.
Gli atteggiamenti parziali si suddividono in semplici e combinati. Gli atteggiamenti parziali
semplici sono: lungo ( le estremità del segmento sono alla massima distanza), breve (alla minima
distanza), semibreve (alla distanza intermedia tra la massima e la minima), torto (il segmento risulta
ruotato attorno al proprio asse longitudinali mantenendo fissa una delle estremità). Gli
atteggiamenti parziali combinati sono quelli in cui coesistono due atteggiamenti semplici ( ad es.
busto in atteggiamento semibreve e torto).
Gli atteggiamenti totali sono: l’atteggiamento lungo (estremità del corpo, vertice del capo e piedi,
alla massima distanza), breve (alla minima distanza), semibreve (alla distanza intermedia tra la
massima e la minima), torto ( segmenti del corpo, dal capo ai piedi, ruotati attorno all’asse
longitudinale), ad arco (capo e tronco flessi posteriormente, gambe in atteggiamento lungo e
avvicinate posteriormente al tronco), tipo (corpo in posizione cosiddetta funzionale, corpo eretto
braccia lungo i fianchi), a raccolta (busto in atteggiamento lungo, gambe in atteggiamento breve,
cosce avvicinate al tronco), a massima raccolta ( idem ma con busto in atteggiamento breve), a
squadra ( busto e gambe in atteggiamento lungo ad angolo retto), a massima squadra (busto in
atteggiamento breve avvicinato il più possibile alle gambe in atteggiamento lungo).
La posizione è la figura che assume il corpo del ginnasta in rapporto all’ambiente esterno. Si
considerano i rapporti tra asse longitudinale del corpo e suolo (stazione), tra centro di gravità e
sostegno (attitudine), tra corpo del ginnasta e attrezzo (ubicazione), tra una parte del corpo e
l’attrezzo (presa e impugnatura), tra segmenti del corpo contigui (rapporti intersegmentari).
Nella stazione, posizione mantenuta per un certo periodo di tempo, il rapporto tra asse longitudinale
e suolo può essere di perpendicolarità (stazione eretta normale, piedi a terra, e inversa, piedi in alto),
di obliquità (normale e inversa), di parallelismo (stazione decubito, da decumbere: coricarsi). Il
decubito può essere prono (corpo coricato sulla parte anteriore), supino (coricato sulla parte
posteriore), laterale (coricato sul fianco destro o sinistro). Queste stazioni in cui l’asse longitudinale
intero assume un unico rapporto con il suolo sono definite stazioni semplici. Le stazioni in cui
l’asse longitudinale “spezzato” assume invece più rapporti con il suolo vengono definite stazioni
miste (stazione seduta, in ginocchio, quadrupedia, carponi).
L’attitudine considera il rapporto del centro di gravità del corpo in toto o di un singolo segmento
con il sostegno (attrezzo o suolo): Nel primo caso abbiamo le attitudini totali, nel secondo le
attitudini parziali. Nelle attitudini parziali il sostegno è rappresentato soprattutto dal tronco che è il
segmento con cui si rapportano normalmente gli altri segmenti. Le attitudini che si verificano sono:
di appoggio, di sospensione, neutra, di volo (nelle attitudini parziali naturalmente non si verifica
l’attitudine di volo!). Quando il rapporto centro di gravità-sostegno è caratterizzato da un unico
rapporto si hanno le attitudini semplici: Esse sono: attitudine di appoggio (il baricentro è sopra il
sostegno e su di esso viene esercitata una forza di pressione. Esempio: traslocazione all’asse
d’equilibrio), attitudine di sospensione (il centro di gravità si trova sotto il sostegno e su di esso
viene esercitata una forza di trazione. Esempio: sospensione alla sbarra), attitudine neutra (il
baricentro si trova alla stessa altezza del sostegno e su di esso forza di trazione e forza di pressione
si annullano come ad esempio nel punto morto superiore di una oscillazione alla sbarra), attitudine
di volo (non c’è contatto del corpo con il sostegno, il corpo si libra in aria come ad esempio in un
salto). Quando lo stesso tipo di attitudine semplice (ad esempio l’attitudine di appoggio) è presente
due o più volte contemporaneamente si hanno le attitudini doppie o multiple. Un esempio di
attitudine di doppio appoggio può essere la quadrupedia; un esempio di doppia sospensione può
verificarsi nella traslocazione in sospensione a mani e piedi alla scala orizzontale. Quando vi sono
contemporaneamente sia attitudini di sospensione che di appoggio (il baricentro è situato tra i due
punti di sostegno) si hanno le attitudini miste come si verifica ad esempio nell’arrampicata alla
pertica effettuata tramite l’azione di braccia e gambe.
L’ubicazione indica il rapporto totale del corpo del ginnasta con l’attrezzo, definisce cioè la
collocazione del ginnasta rispetto all’attrezzo. Si considera il rapporto visto all’inizio e alla fine
dell’esercizio e quello durante l’esecuzione dell’esercizio (quindi rapporto nella posizione di
partenza e di arrivo e rapporto nella posizione assunta durante l’esercizio).
Rapporto iniziale e finale: si indica la parte del corpo (fronte, dorso, fianco sx o dx) rivolta
all’attrezzo,,l’ubicazione del corpo rispetto all’attrezzo ( frammezzo l’attrezzo, sotto, sopra, al di
quà, al di là, a distanza dall’attrezzo oppure a contatto con l’attrezzo), la parte dell’attrezzo alla
quale il ginnasta è più vicino.
Rapporto durante l’esercizio: sopra, sotto, in fuori, frammezzo. Può essere utile indicare anche il
rapporto tra asse longitudinale del corpo e l’asse maggiore dell’attrezzo (posizione di
perpendicolarità, di obliquità, di parallelismo).
Esempio (descrizione della ubicazione iniziale del ginnasta per l’esecuzione dell’arrampicata alla
pertica): ginnasta disposto fronte alla pertica, al di la della pertica e a mezzo passo di distanza
dall’attrezzo. (n.b. l’ubicazione al di là indica che l’attrezzo si trova tra l’insegnante e il ginnasta,
l’ubicazione al di quà indica invece che il ginnasta si trova tra l’insegnante e l’attrezzo).
La presa è il “saldo contatto” (Boni) o il “contatto più o meno saldo” (Tosi) di una parte del corpo
con l’attrezzo. Le prese prendono il nome dalla parte del corpo che stabilisce il contatto. Per
facilitare l’elencazione delle prese principali è bene raggrupparle rispettivamente in prese del busto,
delle braccia e delle gambe.
Prese del busto: pubica, addominale, toracica, frontale, al vertice (sommità del capo), nucale,
dorsale, lombare, glutea:
Prese delle braccia: ascellare, brachiale (del braccio propriamente detto), carpea, palmare, dorsale
della mano, digitale, al volo e a forbice (delle mani).
Prese delle gambe: crurale (tra le cosce), poplitea, tibiale, malleolare, tarsica o di tallone, plantare,
di avampiede, digitale, dorsale del piede, achillea.
Le prese possono essere semplici, doppie o multiple.
Presa semplice: una sola parte del corpo stabilisce il contatto con l’attrezzo (ad esempio: presa
palmare della mano sinistra).
Presa doppia: la presa interessa la stessa parte di arti omologhi (presa palmare di entrambe le mani).
Presa multipla: contemporaneamente più prese semplici e doppie.
L’impugnatura è una presa particolare effettuata esclusivamente dalla mano. Perché ci sia
impugnatura bisogna che tutta la mano o le sole dita avvolgano saldamente l’attrezzo.
Le impugnature possono essere semplici (una sola mano) o doppie (entrambe le mani).
Le impugnature semplici sono: a mano piena (palma e dita avvolgono l’attrezzo), ad anello
(effettuata dal pollice e da una delle dita), digitale (effettuata dalle sole dita), a penna (pollice,
indice e medio avvolgono e reggono l’attrezzo come una penna), carpea (regione del carpo, palma e
dita avvolgono l’attrezzo come ad esempio nella sospensione agli anelli).
Le impugnature doppie sono le stesse delle semplici. Le impugnature doppie eseguite su un attrezzo
ad un solo corrente (bacchetta, piolo o grado della spalliera e del quadro) prendono il nome, a
seconda di come sono disposti i pollici, di impugnatura a pollici in dentro, a pollici in fuori, a pollici
corrispondenti a sx e a dx. Se le impugnature vengono eseguite su un attrezzo a due correnti
(parallele, anelli) prendono il nome, a seconda di come sono disposte le palme, di impugnatura a
palme in dentro, a palme in fuori, a palme corrispondenti a sx e a dx.
La distanza tra due prese o due impugnature si chiama passo ginnastico. Esso si distingue in passo
delle braccia (distanza tra prese o impugnature delle mani), passo delle gambe (distanza tra prese
dei piedi) e passo corporeo (distanza tra prese o impugnature delle mani e prese dei piedi).
Passo delle braccia: è normale quando la distanza tra le prese o le impugnature delle mani
corrisponde alla larghezza delle spalle, largo quando è maggiore della larghezza delle spalle,
larghissimo quando prese o impugnature sono allontanate al massimo purché il passo non sia
interrotto da una presa di altra parte del corpo (ad esempio da una presa toracica o dorsale), stretto
quando le prese o le impugnature sono ad una distanza inferiore alla larghezza delle spalle, unito
quando le mani (in presa o in impugnatura) sono a contatto, incrociato quando un braccio è
sovrapposto all’altro (naturalmente il passo incrociato può a sua volta essere normale, largo,
larghissimo, stretto ed unito).
Passo delle gambe: è normale quando la distanza tra le prese dei piedi corrisponde alla larghezza
delle anche, e, come per le braccia può, a sua volta, essere largo, larghissimo, stretto unito e
incrociato.
Passo corporeo: è normale quando la distanza tra impugnature e prese delle mani e prese dei piedi
corrisponde alla lunghezza del tronco, può inoltre essere largo e stretto.
Il passo si dice fisso quando è mantenuto senza variazioni durante l’esecuzione dell’esercizio, si
dice mobile quando viene abbandonato e ripreso e anche variato durante l’esecuzione dell’esercizio
(ad esempio nelle traslocazioni: quadro, pertica, etc.).
Nei rapporti intersegmentari si prendono in esame i rapporti tra capo e tronco, tra tronco e gambe,
tra avambraccio e braccio, tra mano e avambraccio, tra dita e palma, tra gamba e coscia, tra piede e
gamba.
Il capo rispetto al tronco può essere eretto (asse longitudinale del capo in linea con quello del
tronco), flesso (in avanti quando la fronte si avvicina al petto, in dietro quando l’occipite si avvicina
al dorso, a sinistra e a destra quando l’orecchio si avvicina alla spalla corrispondente), torto (il capo
risulta ruotato attorno al proprio asse longitudinale con il profilo perpendicolare all’asse trasversale
rivolto verso la spalla sinistra o destra,), avanzato e arretrato (asse longitudinale del capo spinto
avanti o in dietro rispetto a quello del tronco sull’asse sagittale).
Il tronco rispetto alle gambe può essere eretto (stazione eretta normale), flesso (in avanti, in dietro, a
sinistra e a destra quando la parte superiore del tronco, in atteggiamento semibreve, risulta
avvicinata rispettivamente alle gambe, ai glutei, ai fianchi), torto (il tronco risulta ruotato a destra e
a sinistra attorno al proprio asse longitudinale mantenendo fissa la sua parte inferiore), inclinato
(solo in avanti in atteggiamento lungo a rachide teso).
L’avambraccio rispetto al braccio può essere esteso, teso o disteso (avambraccio e braccio sono in
linea), flesso o semiflesso (arto superiore in atteggiamento breve o semibreve). Le posizioni delle
braccia estese verso il basso si riconoscono dalla posizione delle palme: posizione palmare o supina
(palma rivolta in avanti), dorsale o prona (dorso in avanti), a palme in dentro o radiale (pollici in
avanti), a palme in fuori o ulnare (5° dito in avanti).
La mano rispetto all’avambraccio può assumere le posizioni palma in avanti o in dietro, in alto o in
basso (rispetto ad assi e piani), palme in dentro o in fuori (rapporto delle palme tra di loro). Può
assumere la posizione di mano normale (mano in linea con l’avambraccio), mano in flessione
palmare e dorsale (palma e dorso avvicinati rispettivamente all’avambraccio), mano in flessione
radiale e ulnare (pollice e 5° dito avvicinati rispettivamente a radio e ulna).
Le dita rispetto alla palma determinano le posizioni di mano normale (mano in posizione
naturalmente rilassata), mano tesa (dita unite e tese in linea con la palma), mano aperta (dita
divaricate e tese), mano a pugno (dita flesse, pollice chiuso sulle dita), mano flessa.
La gamba propriamente detta rispetto alla coscia può essere estesa, tesa, distesa o protesa (gamba e
coscia sono in linea), flessa o semiflessa (arto inferiore in atteggiamento breve o semibreve).
Il piede rispetto alla gamba può assumere la posizione di piede normale (assi di piede e gamba
ortogonali), piede flesso o in flessione dorsale (dorso del piede avvicinato dalla gamba), piede
esteso o in flessione plantare (dorso del piede allontanato dalla gamba), piede divergente, piede
convergente.
Analisi di figura
E’la descrizione attraverso termini tecnici specifici della figura (statica)assunta da un ginnasta colto
in un particolare momento dell’esecuzione di un esercizio. L’analisi deve iniziare dall’esame
dell’assieme della figura cioè del corpo in toto e proseguire con l’esame dei segmenti del corpo,
prima del busto (parte assiale) e poi degli arti (parte appendicolare) oppure dando precedenza al
segmento che si ritiene più consistentemente impegnato in quel particolare momento dell’esercizio.
Gli elementi da considerare accuratamente nella descrizione sono ovviamente l’atteggiamento e le
posizioni (totali e parziali) che si evidenziano nella figura.
La classificazione delle posizioni serve a definire i vari tipi di posizioni assumibili nei diversi
momenti dell’azione motoria.
Posizione fondamentale: è quella che viene mantenuta principalmente nello svolgersi degli esercizi
(esercizi dalla stazione eretta, esercizi dall’attitudine di sospensione alla spalliera, etc.).
Posizione derivata: successiva alla fondamentale e riguardante solo capo ed arti (esercizi dalla
stazione eretta, braccia avanti).
Posizione iniziale: quella assunta all’inizio dell’esercizio.
Posizione finale: quella assunta alla fine dell’esercizio.
Posizione immergente, o preparatoria o propria: simile alla fondamentale, ma più specifica, più
caratterizzante l’esercizio (ad esempio la posizione di “pronti” nella partenza dai blocchi della corsa
di velocità).
Posizione fissatrice: quella che serve a fissare segmenti del corpo non direttamente coinvolti
nell’azione principale dell’esercizio per migliorarne l’esecuzione (flessioni e torsioni del busto dalla
stazione eretta, gambe divaricate, braccia in fuori).
Posizione ferma: quella che viene mantenuta per più di un tempo esecutivo.
Posizione elastica: quella effettuata con molleggi.
Posizione di passaggio: quella che si assume per passare da una posizione ad un'altra.
Posizione semplice: non scomponibile in altre più semplici (braccio sinistro in fuori, capo flesso in
dietro, busto torto a destra, etc.).
Posizione composta: scomponibile in altre più semplici (capo flesso e torto, braccio flesso e torto,
etc.).
Posizione combinata: insieme di posizioni semplici o composte di segmenti diversi (busto flesso
avanti e torto a sinistra, braccia in fuori).
Una successione razionale di movimenti ginnastici che tende al conseguimento di un fine educativo
si chiama esercizio ginnastico. Nella forma più semplice l’esercizio comprende almeno due
movimenti: un movimento di andata, o momento o tempo di andata e un movimento di ritorno, o
momento o tempo di ritorno.
L’esercizio si definisce semplice quando interessa un solo tratto scheletrico, combinato quando
interessa due o più tratti scheletrici.
L’esercizio semplice (eseguito con movimento semplice o composto) può svolgersi in tre forme di
esecuzione diverse: la forma semplice con tempi di andata/e e ritorno/i nella stessa direzione (da
capo eretto flessione del capo avanti e ritorno), la forma successiva con tempi di andata/e e
ritorno/i nelle varie direzioni (da busto eretto torsione del busto a sx e ritorno, torsione del busto a
dx e ritorno), e la forma alternata con tempi di andata/e e ritorno/i da posizioni diametralmente
opposte (da capo flesso avanti direttamente a capo flesso dietro). La forma semplice e quella
alternata prevedono due tempi di esecuzione, quella successiva almeno quattro.
L’esercizio combinato può svolgersi in quattro forme di esecuzioni diverse: la forma successiva, la
forma simultanea, la forma alternata e la forma ad immersione. Per facilitare l’esemplificazione
chiameremo il movimento di andata di un segmento corporeo A1, il suo ritorno R1, il movimento di
andata di un secondo segmento A2 e il suo ritorno R2, e indicheremo con p.p la posizione di
partenza o iniziale.
Forma successiva: (A1) (R1) (A2) (R2) 4 tempi di esecuzione
p.p. ritti con mani alle spalle
1 piegare le gambe (A1)
2 tornare ritti (R1)
3 spingere le braccia in alto (A2)
4 tornare a mani alle spalle ( R2)
Forma simultanea: (A1 A2) (R1 R2) 2 tempi
p.p. ritti con mani alle spalle
1 piegare le gambe spingendo le braccia in alto (A1 A2)
2 tornare ritti con mani alle spalle (R1 R2)
Gli elementi tecnici dell’esercizio sono rappresentati dalla definizione della parte minima in cui è
scomponibile l’esercizio, cioè il momento o tempo, e dai modi di combinare i momenti o tempi
per ottenere una composizione idonea al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
L’insieme di più momenti, non meno di due, dà origine alla misura. Più misure costituiscono la
sequenza che deve essere in grado di conseguire, almeno parzialmente, gli obiettivi scelti. Le
misure che costituiscono la sequenza possono essere organizzate in due modi differenti che
prendono il nome di serie e di grado.
Nella serie le misure non devono necessariamente contenere lo stesso numero di tempi all’interno
della misura stessa e saranno in numero tale da rendere possibile un risultato educativo
soddisfacente (esempio: proporre “serie di esercizi dalla stazione” eretta significa proporre
liberamente, come tempi esecutivi e come numero di misure, svariati esercizi da quella posizione).
Nel grado invece le misure, che devono essere almeno due, contengono sempre lo stesso numero di
tempi.
Il grado si sviluppa nella progressione, che è una successione di esercizi scelti per svolgere un
determinato tema didattico e disposti con criteri di graduale difficoltà o intensità, o di entrambe.
La progressione si definisce a sviluppo limitato se è organizzata in un solo grado e si propone
obiettivi semplici. Si definisce a sviluppo complesso se è organizzata in due o più gradi, cioè tanti
quanti sono ritenuti necessari al conseguimento di obiettivi più consistenti.
E’ bene ricordare che nelle progressioni il numero dei tempi all’interno delle misure è sempre
uguale, e sempre uguale è anche il numero delle misure all’interno dei gradi. Questo rigido
schematismo è insieme un pregio ed un difetto: da una parte impegna chi la formula ad una scelta
attenta e meditata degli esercizi e consente agli esecutori una più facile memorizzazione del
susseguirsi degli esercizi, dall’altra può portare ad introdurre esercizi non strettamente necessari pur
di rispettare la simmetria e gli esatti rapporti tra tempi, misure e gradi.
La stesura della progressione deve contenere: l’intestazione (argomento che sarà svolto),
l’indicazione generale (numero dei gradi, età o classe, sesso,se necessario, dei soggetti a cui è
proposta; numero delle misure, numero dei tempi delle misure, cadenza o ritmo esecutivo,
posizione di partenza o iniziale), il tema (scopo della progressione o descrizione degli esercizi), la
descrizione (indicazione dei movimenti ginnastici da eseguire), l’illustrazione (disegni, immagini,
etc. per rendere più comprensibile la descrizione). I tempi si indicano con numeri arabi, le misure
con numeri romani.
I. - 1………………...
2…………………
3…………………
4…………………
II - 1…………………
2…………………
3…………………
4…………………
III - 1…………………
2…………………
3…………………
4…………………
IV – 1…………………
2…………………
3…………………
4…………………
Esercizi elementari
Posizioni ad esercizi del capo: gli esercizi del capo sono determinati dalla somma di due segmenti,
il capo ed il collo. Il segmento capo comprende le articolazioni occipito-atlantoidea (flessione
avanti e dietro) e atlanto-epistrofea (torsione), il segmento collo le articolazioni intervertebrali dalla
terza alla settima vertebra cervicale (flessione in tutte le direzioni e torsione). Associando le
possibilità di tutte queste articolazioni risultano consentite al segmento capo-collo movimenti di una
certa ampiezza in tutte le direzioni. Gli esercizi del capo vanno eseguiti in forma blanda.
lentamente, alternando i movimenti nelle varie direzioni. Le posizioni del capo sono: capo eretto,
flesso nelle quattro direzioni,torto a sx o a dx,avanzato o spinto avanti, arretrato o spinto dietro. Gli
esercizi semplici del capo sono: la flessione (da capo eretto a capo flesso), l’estensione (movimento
inverso), la torsione, la spinta (da capo eretto a capo spinto avanti o dietro). Gli esercizi composti:
flessione e torsione, estensione e torsione, circonduzione (associando flessioni, torsioni ed
estensioni).
Posizioni ed esercizi del busto: la somma dei movimenti intervertebrali consente al busto di
compiere diversi movimenti. Le possibilità articolari sono ampie nella flessione avanti, meno ampie
in quella laterale e dietro per la conformazione stessa delle vertebre Le posizioni del busto si
riconoscono dai suoi rapporti con le gambe, con il suolo e con l’asse longitudinale. Esse sono: busto
eretto, flesso, inclinato (atteggiamento lungo, rachide teso e solo in avanti rispetto alle gambe),
torto. Gli esercizi semplici del busto: flessione, estensione, inclinazione, torsione. Gli esercizi
composti: flessione e torsione, estensione e torsione, inclinazione e torsione, circonduzione.
Posizioni ed esercizi delle spalle. Le posizioni sono: spalle normali (in posizione fisiologica
naturale allo stesso livello), in alto ed in basso, avanti e dietro. Gli esercizi: in forma lenta le
elevazioni, gli abbassamenti, le abduzioni e le adduzioni (da spalle normali a spalle avanti e dietro),
le circonduzioni; in forma rapida le spinte e le circonduzioni.
Pozioni ed esercizi delle braccia. Le posizioni in atteggiamento lungo si riconoscono dal rapporto
con gli assi fondamentali del corpo: si dicono dirette quando gli arti sono paralleli ad uno degli assi
o sono sul loro prolungamento, indirette o intermedie quando sono obliqui rispetto agli assi.
Posizioni dirette: braccia basse, in alto, avanti, dietro, in fuori. Posizioni indirette tra due assi:
avanti-basso, avanti-alto, dietro alto, dietro basso, dentro alto, dentro basso, fuori alto, fuori basso.
Posizioni indirette tra tre assi: avanti-fuori-basso, avanti-fuori-alto, dietro-fuori-basso, etc. Le
posizioni delle palme si precisano attraverso il rapporto con il suolo (palme in alto e in basso), con
la parte frontale del corpo (palme in avanti e in dietro), o con il reciproco rapporto ( palme in
dentro, in fuori, corrispondenti a sx o a dx).Le posizioni delle braccia in atteggiamento breve o
semibreve si riconoscono dalla parte del corpo con cui vengono a contatto o dal particolare
atteggiamento che assumono: braccia a cerchio, ad arco, mani ai fianchi, a tergo, al petto, alla nuca,
alle spalle, braccia conserte al petto. Esercizi: torsione, flessione,estensione,spinta, slancio,
elevazione e abbassamento, oscillazione, piegamento, il rizzare.
Posizioni ed esercizi delle avambraccia. Le posizioni si riconoscono dai rapporti con le braccia:
braccia semiflesse, flesse, torte, estese. Esercizi delle avambraccia: flessione, estensione, torsione
con supinazione (da palme in dentro a palme in alto) e con pronazione (da palme in dentro a palme
in basso).
Posizioni ed esercizi delle mani. Le posizioni si riconoscono dal rapporto delle mani con le
avambraccia e dai rapporti interesistenti tra le dita: mano in linea o estesa, flessa verso il palmo, il
dorso, in flessione radiale, in flessione ulnare, mano tesa, aperta, a pugno. Esercizi delle mani:
flessione, estensione, circonduzione.
Posizioni ed esercizi delle gambe. Le posizioni degli arti inferiori in atteggiamento lungo si
riconoscono dal reciproco rapporto o dal rapporto con il suolo: gambe unite, divaricate (sul piano
frontale o sagittale), incrociate (sinistra sopra o destra sopra), gamba posata (un arto in
atteggiamento lungo viene allontanato dall’altro di circa un passo in tutte le direzioni e posato al
suolo con presa di tutta pianta), protesa (idem ma con presa di solo avampiede), sollevata (idem ma
allontanata di poco dal suolo e quindi senza presa), elevata (idem ma allontanata dal suolo il più
possibile). Le posizioni degli arti inferiori in atteggiamento breve o semibreve si riconoscono o dal
rapporto con il busto, o dal reciproco rapporto o dal rapporto tra attitudine e atteggiamento: gamba
flessa avanti, dietro, fuori (la coscia si avvicina al busto), gambe piegate, semipiegate, tuttopiegate
(arti in atteggiamento breve o semibreve in attitudine di appoggio con presa di avampiede, talloni
uniti, ginocchia unite o divaricate), gamba piegata (piegata sx o dx avanti, dietro, in fuori: una
gamba rimane sul posto protesa con presa plantare o di avampiede, l’altra, quella che esegue la
piegata, si sposta nella direzione voluta assumendo, con movimento che avviene per caduta, la
posizione di gamba semipiegata, ginocchio a piombo sull’estremità del piede, busto eretto), gamba
tuttopiegata (idem ma con gamba in atteggiamento breve), gamba contropiegata sx o dx (si sposta
l’arto nominato in atteggiamento lungo nella direzione voluta assumendo, con movimento che
avviene per ceduta, la posizione di gamba semipiegata, ginocchio a piombo sull’estremità del piede,
busto eretto), gamba (in) affondo e (in) contraffondo (come la piegata ma con il busto in linea con
l’arto proteso). gambe in ginocchio (ginocchia a terra, coscia e busto allineati e perpendicolari al
suolo), gamba in ginocchio (un solo ginocchio a terra). Esercizi delle gambe: flessione, spinta,
flessione e spinta, slancio, piegamento,il rizzare, torsione, estensione, circonduzione, elevazione,
abbassamento, oscillazione, molleggio.
Posizioni ed esercizi dei piedi. Le posizioni si riconoscono dal reciproco rapporto o dal rapporto
con le gambe: piedi uniti o giunti, , paralleli, divergenti o in fuori o divaricati, convergenti o in
dentro, piedi normali (perpendicolari alla gamba), flessi (dorso del piede avvicinato alla gamba),
estesi, piede addotto e abdotto (il piede in estensione, risulta flesso e ruotato rispettivamente in
dentro e in fuori). Esercizi dei piedi: flessioni, estensioni, circonduzioni, adduzioni e abduzioni.
Esercizi ordinativi
Ordinativi sul posto: riga (allievi disposti uno a fianco dell’altro), fila (uno dietro l’altro),
intervallo (spazio tra un allievo e l’altro sulla riga), mezzo intervallo, primo intervallo, doppio
intervallo (a distanza di mezzo braccio, un braccio, due braccia), distanza (spazio tra un allievo e
l’altro sulla fila), mezza distanza, prima distanza, doppia distanza (a distanza di mezzo passo, un
passo, due passi), numerazione (si assegna, da parte dell’insegnante o di un allievo, un numero ad
ogni allievo, nella riga o nella fila, perché possa assolvere ad indeterminato compito), adunata sulla
riga, sulla fila, sulla retta di base, sul circolo di base, a gruppo vicino all’insegnante (serve a
radunare gli allievi prima dell’inizio dell’attività), attenti, riposo (divaricata sagittale, sinistro avanti
o divaricata frontale), raddoppiamento della riga o della fila, passi contati.
Ordinativi in movimento o evoluzioni: modi di spostare gli allievi mediante cammino
(successione di passi naturali mantenendo il contatto con il suolo), marcia (cammino disciplinato da
norme quali il passo, il tempo, la cadenza, la lunghezza del passo, la direzione, l’allineamento),
corsa (successione ritmica e alternata di passi balzati).
Ordinativi misti o schieramenti: modi di disporre gli allievi creando spazi tra l’uno e l’altro per
poter svolgere al meglio l’attività. Lo schieramento è totale quando si agisce sia sulla distanza che
sull’intervallo, parziale quando si agisce sull’uno o sull’altro. Schieramento libero: ognuno sceglie
liberamente il proprio posto. Schieramento retto: gli allievi sono disposti sulle intersezioni di un
fascio di rette parallele con un altro fascio,sempre di rette parallele, perpendicolari alle prime.
Schieramento obliquo e a scaglione: gli allievi sono disposti sulle intersezioni di un fascio di rette
parallele con un altro fascio, sempre di rette parallele, oblique alle prime.
Ordinativi per i piccoli attrezzi (quelli maneggevoli): modi di distribuire gli attrezzi agli allievi e
di farli riporre senza disordine e perdite di tempo.
Ordinativi per i grandi attrezzi (quelli sui quali si effettua l’esercizio): modi di disporre in modo
opportuno gli allievi nei confronti dell’attrezzo per svolgere al meglio l’esercizio.
Ordinativi complessi: modi per organizzare attività di gioco o sportive (ad esempio come si
dispongono e si fanno spostare gli allievi per l’esercizio di schiacciata della pallavolo, o per una
esercitazione di salto in alto di tutta la classe, etc.), utilizzando vari tipi di ordinativi.
La didattica
Elementi didattici dell’esercizio: la durata, il tipo di esecuzione (a tempo o a ritmo),
l’interpretazione, l’intensità, la descrittiva e la terminologia sono aspetti dell’esercizio di cui si deve
tener conto nelle metodiche di insegnamento.
La durata dell’esercizio, cioè per quanto tempo bisogna protrarre un esercizio, dipende da diversi
fattori quali l’intensità di sforzo richiesta dall’esercizio, la difficoltà dell’esercizio, il grado di
preparazione raggiunto, l’età, il sesso etc. L’esercizio può essere fondamentalmente proposto con
esecuzione a tempo o a ritmo: l’esecuzione a tempo “si ha quando viene suddivisa la misura in
parti uguali (esempio: 1,2,3,4 – 1,2,3,4 – etc.). L’esecuzione a ritmo si ha , invece, quando
segniamo uno schema ritmico che divide le misure in un numero di figure musicali non uguali nella
misura stessa, con continua alternanza di accenti deboli e forti” (Tosi –Savorelli). Un esempio di
esecuzione a tempo può essere la progressione. L’esercizio a corpo libero della ginnastica artistica,
eseguito su brano musicale, è invece un esempio di esecuzione a ritmo. Nella ginnastica educativa
si tende a privilegiare l’esecuzione libera a ritmo personale.
L’interpretazione dell’esercizio, cioè come deve essere eseguito l’esercizio, può essere suggerita
dall’insegnante nella spiegazione dell’esercizio oppure può essere lasciata alla libera iniziativa
dell’allievo.
L’intensità dell’esercizio deve essere rapportata alle capacità dell’allievo. Essa dipende
fondamentalmente dall’entità del coinvolgimento a livello muscolare e nervoso.
La descrittiva è il modo di presentare e spiegare l’esercizio. Può essere scritta, orale o per
immagini (disegni o video), Deve essere improntata a brevità e chiarezza. La tradizione
dell’educazione fisica vuole che nella descrizione orale e scritta dell’esercizio si indichi nell’ordine
l’azione motoria richiesta (verbo all’infinito), il segmento del corpo interessato, la direzione del
movimento (torcere - il busto - a sinistra). Quando siamo in presenza di un esercizio composto (due
movimenti) se i movimenti sono successivi si useranno due infiniti (flettere e torcere) se sono
simultanei si userà l’infinito ed il gerundio (inclinare il busto torcendolo a sinistra) e così si farà
anche in caso di esercizio combinato (flettere il busto avanti portando le mani alla nuca).
La terminologia che si deve usare è, in linea di massima, quella ufficiale. Parlando a bambini o a
persone non troppo colte è bene adottare una terminologia più vicina al loro modo di esprimersi (ai
bambini si faranno fare “capriole” e non capovolte).
Momento didattico
Così viene definito il momento del contatto docente-discente,il momento in cui, attraverso proposte
di attività motorie di vario genere si instaura il rapporto educativo. Schematicamente, senza entrare
per il momento in valutazioni più approfondite, si possono analizzare tre fasi fondamentali del
momento didattico: la fase di preparazione, la fase di azione e la fase di controllo, cioè quello che
l’insegnante deve dire o fare nel proporre l’esercizio e durante e dopo l’effettuazione dell’esercizio
stesso.
Fase di preparazione
Annuncio dell’esercizio: presentazione dell’esercizio che deve essere fatto con termini tecnici
appropriati, indicando l’azione da compiere (esempi: ora faremo dei piegamenti delle gambe, ora
faremo un esercizio in sospensione alla spalliera, etc.).
Spiegazione: sarà fatta solo quando è necessaria, in modo chiaro e sintetico.
Dimostrazione: si può fare in due modi. Dimostrazione diretta: l’insegnante dimostra
personalmente l’esercizio. Indiretta: fatta fare da un allievo o con altri mezzi (disegni, video).
Apprezzamento: può essere utile un breve commento sugli scopi e valori dell’esercizio per
stimolare l’interesse e motivarne l’esecuzione.
Fase di azione
Richiesta motoria o comando ginnastico: vari modi con cui l’insegnante designa l’esercizio o
l’azione, o la posizione da assumere, e ne precisa l’inizio. Il comando può essere diretto quando
provoca l’esecuzione immediata e simultanea da parte degli allievi attraverso ordini precisi,
indiretto quando mira ad ottenere lo stesso effetto utilizzando una forma espressiva più discorsiva e
più consona alla personalità degli allievi.
Il comando diretto si suddivide in comando di avvertimento (si indica l’azione da compiere usando
l’infinito, il segmento corporeo che deve compierla, la direzione del movimento), pausa (tempo di
uno-due secondi in cui si sta in silenzio:serve per dare agli allievi lo spazio di tempo necessario a
prepararsi per l’esecuzione dell’esercizio), comando di esecuzione. Le posizioni di partenza,
preparatorie o immergenti richiedono l’ indicazione della posizione da assumere seguita dalla
pausa,seguita a sua volta dalla parola pronti! (mani alle spalle… pronti!). Esempi di comando
partendo dalla posizione di mani alle spalle: spingere le braccia in alto … uno! tornare a mani alle
spalle … due! Oppure: spingere le braccia in alto e tornare a mani alle spalle … via! Oppure:
spingere le braccia in alto, di seguito … via! (quando si eseguono più ripetizioni).
Anche il comando indiretto deve contenere l’avvertimento, la pausa e l’esecuzione, ma ,come
detto sopra, in forma discorsiva , ad invito, più consona agli allievi (bambini ad esempio): quando
dirò via tutti lancerete la palla in alto … via! Al comando indiretto ad invito può aggiungersi, per
renderlo più comprensibile, l’imitazione dell’esercizio da parte dell’insegnante: quando dico via,
provate anche voi a fare così… come faccio io.
La guida dell’esercizio: e il modo con cui l’insegnante dà un aiuto agli allievi durante l’esecuzione
degli esercizi (con la voce, con la battuta delle mani, col tamburello, con la musica, eseguendo
personalmente l’esercizio assieme agli allievi, etc.). La guida può essere diretta quando scandisce
tutti i tempi esecutivi, o indiretta quando, pur continuando a scandire l’insegnante riesce di tanto in
tanto a inserire parole di commento, di sostegno, o altro.
Fase di controllo
Sorveglianza: è il vigile controllo effettuato dall’insegnante sull’attività degli allievi e sulla sua
azione di insegnamento.
Correzione: è l’azione fondamentale del momento didattico. Richiede competenze tecniche sicure,
capacità di comunicazione, e grande sensibilità nei modi di rapportarsi con gli allievi.
Assistenza: fondamentalmente sono quelle azioni che l’insegnante compie per evitare danni agli
allievi durante l’esecuzione degli esercizi. Può essere fatta direttamente dall’insegnante o anche tra
gli allievi stessi. L’assistenza preventiva è quella che si attua prima dello svolgimento dell’attività:
consiste nel controllo della sicurezza degli attrezzi e nella scelta attenta delle attività da proporre (si
deve essere sicuri che gli allievi siano preparati ad affrontarle senza rischio). L’assistenza di pronto
soccorso è quella che si presta immediatamente in caso di infortunio: richiede conoscenze esatte di
ciò che si deve fare.
Preparazione all’insegnamento
Obiettivi: distinguiamo obiettivi generali che investono non solo finalità educative proprie
dell’educazione fisica, e obiettivi specifici dell’educazione fisica. Nel primo gruppo possiamo
indicare obiettivi quali insegnare ad apprendere, la socialità (individui inseriti in un’etica educativa
sociale), l’autonomia e la libertà di comportamento, buoni rapporti educatore-allievo, valenza
estetica del movimento,etc. Nel secondo gruppo, quello degli obiettivi propri dell’educazione fisica,
distinguiamo obiettivi del campo psicomotorio, del campo socio-affettivo, del campo cognitivo.
Alcuni esempi di obiettivi psicomotori: consolidamento dei movimenti di base (camminare, correre,
manipolare , saltare, arrampicare, etc.), potenziamento fisiologico generale (le qualità fisiche),
elaborazione degli schemi motori, capacità di coordinare.
Esempi di obiettivi socio-affettivi: lavorare insieme agli altri e collaborare (attività di gruppo e
giochi di squadra), saper organizzare (attivare piccoli tornei tra compagni), consapevolezza dei
propri mezzi.
Esempi di obiettivi cognitivi: comprendere sequenze di movimenti (attraverso la valutazione-
correzione tra compagni), apprendere le tecniche, capire le strategie di gioco e conoscere le regole
dei giochi (pratica e arbitraggio dei giochi sportivi).
Programmazione: può essere a lungo, a medio e a breve termine. Quella a lungo termine è
solitamente riferita ad un anno di attività oppure, nella scuola, al ciclo scolastico (i tre anni della
media ad esempio, o i primi due anni o gli ultimi tre della superiore). Quella a medio termine è
individuata nell’unità di insegnamento che corrisponde ad un periodo da una a più settimane in cui
ci si concentra in una esercitazione specifica all’interno di un obiettivo da raggiungere: ad esempio
avendo come obiettivo il potenziamento della resistenza l’attività specifica sarà correre sempre più
a lungo in regime aerobico, oppure essere in grado di correre 1000 metri ad un buon ritmo metri
senza fermarsi.
Scelta delle attività: bisogna saper individuare le esercitazioni idonee al raggiungimento degli
obiettivi (in altre parole i “contenuti” dell’insegnamento). I criteri che guidano la scelta sono:
proporre attività adatte al livello medio della classe (attraverso test valutativi di ingresso o con
l’osservazione della classe in attività all’inizio dell’anno scolastico) senza perdere di vista i livelli
individuali per non creare difficoltà ad alcuni; proporre attività significative (immediatamente
interessanti per gli alunni, non generiche); proporre attività specifiche (poche attività, ma mirate e
ben svolte); proporre attività che garantiscano la partecipazione interessata del maggior numero di
allievi possibile, che abbiano una significativa valenza fisiologica, psicologica e tecnica, che evitino
la monotonia (diversificando le esercitazioni, le situazioni, le forme organizzative).
Tipi (stili) di insegnamento: l’ insegnamento può svolgersi mediante comandi, per compiti, per
valutazione reciproca, per programmi individuali.
Insegnamento per comandi: è forse il meno difficile, è ben definito e preciso, ma naturalmente è
bene non abusarne per non rischiare di togliere autonomia agli allievi. Il comando, come già detto,
può essere diretto, ad invito e ad imitazione; al comando segue la dimostrazione, l’esecuzione e la
correzione. La correzione è rilevante per rendere efficace l’insegnamento.
Insegnamento per compiti: si tratta di assegnare dei compiti agli allievi o a gruppi di allievi che li
svolgono in autonomia. Gli allievi diventano protagonisti: infatti del compito assegnato e degli
esercizi da svolgere decidono inizio, fine, ritmo, quantità di lavoro, pause, etc. Con questa modalità
l’insegnante è meno presente, l’allievo impara ad autogestirsi. All’insegnante rimane l’assegnazione
del compito, cioè la scelta dell’obiettivo, e la valutazione del lavoro svolto.
Insegnamento per valutazione reciproca: agli allievi viene assegnato l’incarico di valutare la
corretta esecuzione degli esercizi, gli uni con gli altri . Questo tipo di insegnamento, non
facile,contribuisce a sviluppare la capacità dell’allievo di riconoscere e capire, nell’esecuzione
dell’esercizio da parte del compagno, quali sono gli elementi più importanti dell’esercizio stesso,
dalle posizioni da assumere ai movimenti da compiere. L’acquisizione di questa capacità è
sicuramente utile per imparare a “capire” come si deve compiere una azione e rende in grado di
poter trasferire questa comprensione dell’esercizio su se stessi. L’insegnante ha il difficile compito
di fornire agli allievi i giusti elementi per metterli nella condizione di compiere valutazioni corrette.
Insegnamento per programmi individuali: si tratta di assegnare ad ogni allievo un programma
individualizzato, rapportato al suo livello, da eseguire autonomamente. Si prepara una scheda
personale contenente indicazioni sugli obiettivi del programma di lavoro, sui contenuti,
sull’organizzazione delle esercitazioni, sugli elementi di valutazione dei risultati conseguiti, che
aiuti l’allievo nell’autonomo svolgimento dell’attività. E’ il caso di sottolineare che la stesura della
scheda richiede da parte dell’insegnante notevole attenzione nei riguardi della maturazione
psicomotoria dell’allievo e competenze sicure.
Modi di organizzare l’attività: si richiama a quanto detto sopra riguardo alla forma figurativa della
lezione, uno degli aspetti tecnico-organizzativi della lezione di educazione fisica.
Azione in classe
Osservazione degli allievi: durante l’insegnamento è importante controllare che ciò che si sta
facendo coinvolga o no la classe nel suo insieme, se tutti gli allievi partecipino attivamente al lavoro
proposto o se invece qualche allievo abbia un atteggiamento che non corrisponda alle attese
dell’insegnante, sia defilato dal resto della classe. Un controllo efficace si può ottenerlo decidendo
di osservare un certo numero di allievi, cinque-sei per lezione, non di più, in attività dello stesso
tipo (stessa unità didattica ad esempio). Sta all’insegnante giudicare se il coinvolgimento è
soddisfacente o se è necessario apportare modifiche all’attività.
Tempo di impegno motorio
E’ il tempo che l’allievo utilizza realmente in attività motoria effettiva nell’arco della lezione. La
lezione non può essere totalmente utilizzata in impegno (attività) motorio. Si pensi ai tempi
necessari alla presentazione delle attività, alla spiegazione, alla dimostrazione, alla correzione, alla
collocazione degli attrezzi, agli ordinativi necessari all’organizzazione, alle pause di riposo dopo gli
esercizi, ai tempi di attesa per esercitazioni che prevedano turni esecutivi, etc. E’ chiaro che bisogna
tendere a rendere ottimale il tempo di impegno motorio, precisando però che ottimale non sempre
vuol dire automaticamente tempo più lungo possibile perché ci sono attività che richiedono più
interruzioni di altre (ad esempio si nota una diminuzione del tempo di impegno motorio nelle
attività di apprendimento rispetto ad attività dedicate allo sviluppo di qualità fisiche,e ciò non è di
per sé un fatto negativo). L’obiettivo comunque resta pur sempre quello di ottimizzare questo tempo
non uguale all’interno delle diverse attività. Le vie per realizzare l’obiettivo si concretizzano,in
sintesi, mediante una scelta oculata delle attività, mediante la qualità dell’organizzazione della
lezione e attraverso interventi di rilancio dell’attività (riattivazione e stimolazione positiva
individuale o di gruppo).
Presentazione delle attività
Nella presentazione delle attività (annuncio e spiegazione degli esercizi) l’insegnante può procedere
con due ottiche differenti: dire e spiegare poco in modo che gli allievi “scoprano” da soli come si
deve fare l’esercizio (metodo della scoperta guidata) oppure, al contrario, dire e spiegare bene come
si deve fare l’esercizio (metodo dell’informare). Entrambe sono modalità valide: in linea di
massima la prima si adatta bene ai bambini per un insegnamento individuale o a piccoli gruppi, la
seconda sembra preferibile quando ci troviamo a gestire una classe intera di alunni meno giovani
dove non tutti sono interessati a “scoprire”. Nella prima diminuisce il tempo di impegno motorio
dato che “scoprire” è un processo lento, nella seconda si realizza più attività motoria.
Se si sceglie di informare si deve farlo con chiarezza, precisione e concisione: si indicheranno gli
obiettivi dell’attività, i criteri essenziali per la riuscita ed eventualmente gli elementi necessari
all’autovalutazione.
Dimostrazione (modello visivo)
Si rimanda a quanto già detto. La dimostrazione, ben fatta, dell’esercizio da parte dell’insegnante è
un buon modello. Attira l’attenzione degli allievi, visualizza in dettaglio i vari movimenti, permette
di guadagnare tempo evitando troppe parole di spiegazione, rafforza la posizione di “esperto”
dell’insegnante e di conseguenza la sua autorità. La dimostrazione fatta da un allievo può essere
vantaggiosa perché più vicina alle caratteristiche motorie degli allievi. La dimostrazione effettuata
con immagini televisive e con sequenze fotografiche dell’azione di campioni sportivi è utile nel
perfezionamento tecnico-sportivo.
Controllo dell’insegnamento
La valutazione di come è stato eseguito un esercizio (prestazione) e la sua eventuale correzione
(reazione alla prestazione) sono indispensabili al processo di apprendimento. L’informazione di
ritorno o retroazione o feedback, cioè il fornire all’allievo da parte dell’insegnante informazioni
relative a quanto realizzato correttamente o non correttamente nell’esercizio appena svolto o in
svolgimento costituisce “un elemento di progresso nell’acquisizione delle abilità motorie da parte di
chi impara”(M.Piéron).
La reazione alla prestazione, cioè in che modo intervenire e se intervenire durante l’esecuzione
degli esercizi, deriva da una serie di operazioni che l’insegnante deve compiere: osservazione e
identificazione dell’errore (osservare la prestazione motoria e confrontarla con quella che si
vorrebbe distinguendo tre errore/i più importanti, errori primari ed errori secondari), scelta se
reagire o no, individuazione del tipo di errore e sua causa (mancanza di capacità fisiche, difetto di
percezione, ad esempio della traiettoria del pallone, fattori psicosociali come la paura del giudizio
dei compagni), intervento, comportamento successivo alla reazione.
Intervento
I modi verbali di intervenire sono:
valutare la prestazione (“va bene”, “non va bene”e varianti quali “bene”, “molto bene”, “ottimo”,
“meglio”, “stai progredendo”, “ce la stai facendo”, etc. evitando la doppia negazione come “non
male”e specificando il commento sia positivo, “bene, la posizione delle mani era corretta”, che
negativo, “non va, hai sbagliato il passaggio, i piedi non erano in direzione giusta”).
descrivere la prestazione (descrizione di richiamo: “guarda i piedi! Sono in direzione giusta?”;
descrizione laconica: “i piedi?”
prescrivere un cambiamento (“attento, durante il salto devi estendere le gambe”).
porre domande sull’esecuzione (“come erano le gambe durante il salto?”).
intervenire in maniera affettiva (incoraggiare, incitare).
gli interventi possono anche essere anche di altro genere: verbale con aiuto manuale (far “sentire” la
posizione o l’azione) oppure con la prescrizione di un esercizio diverso, ma comunque propedeutico
per l’esercizio non riuscito.
La reazione alla prestazione (intervento) può esplicitarsi o sull’aspetto generale del movimento o su
alcune componenti specifiche (direzione e ampiezza del movimento, durata del movimento, velocità
del movimento, forza da utilizzare, etc.).
L’insegnante deve anche decidere se intervenire durante l’esecuzione dell’esercizio o subito dopo
oppure se optare per un intervento ritardato. Non ci sono regole precise: l’esperienza didattica, la
capacità di comunicazione e la sensibilità possono aiutare nella scelta. Deve altresì decidere quale
seguito dare alla reazione alla prestazione cioè cosa fare dopo aver effettuato l’intervento: è utile
un’organizzazione che permetta immediatamente più ripetizioni per arrivare all’esecuzione più
corretta possibile; dopo aver fornito una serie di feedback è bene non cambiare immediatamente
attività per dare tempo all’allievo di far sue le informazioni di ritorno e utilizzarle proficuamente.
INTERVENTO