Sei sulla pagina 1di 1

Dottrina e giurisprudenza

La giurisprudenza, ossia il complesso delle sentenza pronunciate dai giudici, non è fonte del diritto. Il
giudice ha il solo compito di interpretare una norma generale ed astratta e di applicarla al caso concreto. La
Corte di Cassazione ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
Accade spesso, dunque, che una certa interpretazione di una legge, ove ripetuta nel tempo, dia luogo ad un
indirizzo interpretativo consolidato. Ciononostante, le decisioni giudiziarie non sono fonti del diritto italiano
e nessun giudice è tenuto a seguire precedenti interpretazioni (sistema civil law). Nei sistemi common law
(Inghilterra, USA) i precedenti giudiziari hanno un’efficacia vincolante obbligando ai giudici a conformarsi a
quanto statuito nelle pronunce emanate dalle corti superiori.
La dottrina invece si occupa di studiare il diritto.
Dal punto di vista dei soggetti che svolgono l’attività interpretativa si distingue tra interpretazione
giudiziale, dottrinale e autentica.
L’attività interpretativa assume valore vincolante solo quando è compiuta dai giudici dello Stato
nell’esercizio della funzione giurisdizionale (c.d. interpretazione giudiziale).
L’interpretazione dottrinale è costituita dagli apporti di studio dei cultori delle materie giuridiche, i quali si
preoccupano di raccogliere il materiale utile alla interpretazione delle varie disposizioni, di illustrarne i
possibili significati, di sottolineare le conseguenze delle varie soluzioni interpretative.
Non costituisce, infine, vera attività interpretativa l’interpretazione autentica, ossia quella che proviene
dallo stesso legislatore, che emana apposite norme per chiarire il significato di norme preesistenti. Questa
ha efficacia retroattiva: infatti essa chiarisce anche per il passato il valore da attribuire alla legge
precedente, troncando i dubbi che erano sorti sulla sua interpretazione.

Potrebbero piacerti anche