Lezione XV
Occorre fare attenzione alla parola «giudici». Con essa, nell’uso comune, si
indicano due cose: 1) gli organi dello Stato che esercitano la funzione
giurisdizionale (in tal caso «giudici» sono i Tribunali, le Corti d’Appello, la
Corte di cassazione); 2) i singoli funzionari che compongono tali organi
(dunque il «giudice» persona sica). In questo senso, però, è più precisa la
parola «magistrato». I giudici, esercitano la funzione giurisdizionale.
A leggere tale disposizione sembrerebbe che in Italia vigesse una «unità della giurisdizione».
Tuttavia la stessa costituzione prevede alcune magistrature speciali. Di conseguenza la giurisdizione
si distingue in ordinaria e speciale. Alla domanda “possono dunque essere istituiti giudici speciali?”,
la risposta è: “non possono essere istituiti nuovi giudici speciali, ma permangono quelli già esistenti”.
In ogni caso possono essere sempre istituite «sezioni specializzate» all’interno della magistratura
ordinaria (ad es., il tribunale minorile all’interno della magistratura ordinaria penale).
Sotto il primo pro lo (indipendenza della magistratura) la soggezione del giudice soltanto alla legge sta a
signi care che i magistrati decidono liberamente, senza prendere ordini e direttive da altri poteri (specie
dall’esecutivo).
Sotto il secondo pro lo, invece, la disposizione costituzionale ha bisogno di essere arricchita di signi cato.
Invero, quando la Costituzione è entrata in vigore (1948), si pensava che la Costituzione fosse un programma
da attuare esclusivamente per via legislativa. Cosicché i giudici avevano il compito di applicare
esclusivamente quanto prescritto dalla legge. Oggi non è più così: la Costituzione deve essere attuata da tutti
gli organi costituzionali, in primis i giudici. Quando, infatti, il magistrato applica la legge è tenuto ad
interpretarla alla luce dei principi fondamentali previsti dalla Carta fondamentale. Pertanto, ecco che, quando
il giudice è chiamato ad interpretare e applicare la legge per risolvere una controversia, egli deve ritenersi
sottoposto, prima ancora che alla legge, alla Carta repubblicana (in questo modo contribuendo ad innovare
l’ordinamento giuridico). Di qui la siologica co-produzione normativa tra legislatori e giudici: il diritto è
sempre il prodotto dell’attività congiunta di entrambi questi organi. La legittimazione della produzione della
quota di diritto giurisprudenziale è rinvenibile nella «necessità» di inverare la democrazia sociale imposta
dalla Costituzione (la democrazia costituzionale non si riduce mai alla volontà della maggioranza politica). È
proprio tale «necessità» a farsi fonte abilitante e legittimante la produzione normativa dei giudici.
Prof. Antonio Gusmai
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L’indipendenza della Magistratura
Al ne di impedire l’uso strumentale della giustizia da parte di altri poteri, la
Costituzione ha previsto rigorose garanzie di indipendenza dei giudici.
Queste garanzie valgono a preservare:
L’indipendenza «esterna» della magistratura è proclamata nell’art. 104 Cost., comma 1, ove
si legge che «la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro
potere».
Tali poteri, che un tempo venivano esercitati dal Governo, tramite il ministro di Giustizia,
spettano oggi esclusivamente al CSM. Al ministro spettano, invece, soltanto i poteri
sull’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (per es., circa i palazzi
di giustizia, gli uf ci dei cancellieri e dei segretari e, soprattutto, le istituzioni penitenziarie).
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In particolare: a) 16 membri togati sono eletti dai magistrati stessi, tra tutti i giudici
ordinari; 8 membri laici sono eletti dal Parlamento in seduta comune, a
maggioranza quali cata di 3/5, tra i professori universitari di materie giuridiche e di
avvocati che hanno esercitato la professione per almeno quindici anni; c) a questi si
aggiungono 3 membri di diritto, che fanno parte del CSM automaticamente: si tratta
del P.d.R che lo presiede, del primo Presidente della Corte di cassazione e del
Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
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In particolare:
I) Il principio del giudice naturale precostituito per legge (sono vietati i giudici creati ad hoc e, dunque, ex
post factum. La legge stabilisce preventivamente competenza e giurisdizione del magistrato);
II) l’imparzialità del giudice (in alcuni casi il giudice deve «astenersi» o può essere «ricusato» da una
delle parti in causa);
III) il diritto alla giustizia (ogni cittadino ha il diritto di azione per difendere i propri diritti e interessi
legittimi);
IV) il diritto alla difesa (la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del giudizio);
VII) la regola del giudicato (i processi non possono durare all’in nito e, inoltre, vale il principio del ne bis
in idem, «non due volte sulla stessa cosa»).
Prof. Antonio Gusmai
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La giustizia costituzionale
Come s’è più volte detto, la nostra Costituzione è rigida. Essa deve essere
rispettata da tutti, anche dal Parlamento che fa le leggi. Per ottenere questo
risultato non basta, però, af darsi solo alla buona volontà: se fosse così, la
Costituzione non risulterebbe davvero obbligatoria. Le maggioranze
parlamentari potrebbero violarla, tutte le volte che esistesse un interesse
politico ad agire incostituzionalmente.
È necessario, quindi, un apposito organo di garanzia contro le violazioni.
Questo organo è la Corte costituzionale. Le norme principali in materia sono
contenute negli artt. 134-137 della Costituzione, e in due leggi, la legge
costituzionale n. 1 del 1948 e la legge ordinaria n. 87 del 1953.
La giustizia costituzionale rappresenta il completamento dello Stato di
diritto affermatosi in epoca liberale. Nel secolo scorso, è stato compiuto
l’ultimo passo: anche il legislatore è sottoposto a una legge, la legge suprema
che è la Costituzione. Alla legalità-legale (principio di legalità) si aggiunge la
legalità-costituzionale (principio di costituzionalità).
Prof. Antonio Gusmai
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La Corte è
1) giudice delle leggi, nelle controversie relative alla legittimità costituzionale delle sole
fonti primarie: le leggi e gli atti aventi forza di legge (d.lgs. e d.l.) dello Stato; le leggi
della Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano; gli Statuti delle Regioni ad
autonomia ordinaria (art. 123, comma 2, Cost.);
2) giudice dei con itti costituzionali, tra i poteri dello Stato e tra lo Stato e le Regioni
e tra le Regioni;
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In nessun caso è ammesso che il singolo cittadino si rivolga direttamente alla Corte
costituzionale (a differenza dei Paesi dove è presente il Recurso de amparo o il
Verfassungsbeschwerde). Dal canto suo, la Corte costituzionale non può agire di sua
propria iniziativa, ma deve attendere che la questione di costituzionalità le sia proposta
dall’esterno, secondo i due procedimenti previsti:
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Segue: il giudizio in via principale
Il procedimento principale (o in via diretta) vede coinvolti esclusivamente
soggetti titolari di potestà legislativa, ed è promosso al ne di difendere le
rispettive competenze legislative (stabilite dall’art. 117 Cost.).
Secondo l’art. 127 Cost., il Governo, quando ritenga che una legge
regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione
di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale (comma 1); può
altresì promuovere una questione di legittimità costituzionale la Regione,
quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di
un’altra Regione leda la sua sfera di competenza (comma 2).
Alle Regioni sono equiparate le due Province autonome di Trento e
Bolzano.
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2. I con itti costituzionali
Il compito della Corte, nell’esercizio di questa competenza, è quello di garantire la corretta
suddivisione delle competenze tra i poteri dello Stato, tra lo Stato e le Regioni e tra le
Regioni.
I con itti costituzionali sono di due tipi
1) i con itti di attribuzione tra i poteri dello Stato (o con itti «interorganici». Sono quelli
che si determinano entro la forma di governo, cioè entro l’articolazione della struttura
centrale degli organi costituzionali);
2) i con itti di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni, estesi alle Province di Trento
e Bolzano, secondo lo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige (o con itti
«intersoggettivi». Sono invece quelli che si determinano tra due livelli costituzionali su cui
sono distribuiti i pubblici poteri, quello statal-nazionale e quello regional-locale).
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3. Il giudizio penale costituzionale
L’art. 134 Cost. prevede, tra le competenze della Corte costituzionale, il giudizio
sulle accuse promosse contro il P.d.R., quando è posto in «stato d’accusa dal
Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei sui membri» (art. 90
Cost.), per «alto tradimento e attentato alla Costituzione».
La Consulta, qui, opera come giudice penale costituzionale in qualità di Alta
Corte di giustizia (durante la vigenza dello Statuto alberino era il Senato a svolgere
tale funzione), integrata da 16 giudici estratti a sorte da un elenco compilato dal
Parlamento ogni nove anni e comprendente cittadini che hanno i requisiti per
essere eletti senatori (si tratta di una specie di giuria popolare che af anca i giudici
costituzionali ordinari).
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4. Il controllo sull’ammissibilità del referendum abrogativo
L’art. 75, comma 2, Cost., esclude la possibilità di abrogare con referendum leggi in determinate materie (leggi di
amnistia e indulto, leggi tributarie, leggi di bilancio, leggi di autorizzazione alla rati ca dei trattati internazionali). La l.
cost. n. 1 del 1953 ha attribuito alla Consulta, in aggiunta alle competenze elencate nell’art. 134 Cost., il compito di
far valere questo divieto, attraverso il giudizio sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo.
Si tratta di un controllo preventivo rispetto allo svolgimento del referendum, che segue il giudizio di legittimità
dell’iniziativa referendaria dal punto di vista della sua regolarità, svolto dall’Uf cio centrale per il referendum
costituito presso la Corte di cassazione (controllo della regolarità delle rme raccolte, raggiungimento del numero
richiesto, etc.). È pertanto opportuno non confondere il giudizio sull’ammissibilità del referendum abrogativo
(svolto dalla Corte cost.), dal giudizio sulla legittimità dello stesso (svolto dalla Corte di cassazione).
Inoltre, a partire dalla sent. n. 16 del 1978, la Corte cost. ha ritenuto l’esistenza, accanto a quelle espressamente
previste dall’art. 75 Cost., di «cause inespresse» di inammissibilità.
Le ulteriori ragioni di inammissibilità riguardano:
A) le disposizioni produttive di effetti «strettamente collegati» a quelli delle leggi espressamente indicate
dall’art. 75 (ad es. le leggi che disciplinano il rapporto tributario nel suo insieme o le leggi di esecuzione dei trattati
internazionali);
B) le leggi «costituzionalmente necessarie» (ad es., le leggi elettorali);
C) il quesito referendario deve essere formulato in modo chiaro, non contraddittorio e deve essere
omogeneo, ossia contenere richieste riconducibili a un unico nucleo concettuale (la manifestazione della volontà
popolare deve infatti essere genuina, dovendo il corpo elettorale poter comprendere su che cosa si trovano a
votare);
D) sono in ne vietati i referendum - detti «manipolativi» - con i quali, eliminando singole parole o espressioni di
per sé prive di signi cato (si pensi a un «non»), si giungerebbe non all’abrogazione, ma allo stravolgimento della
legge.
Prof. Antonio Gusmai
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