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POLIFONIA NEI SECOLI IX-XIII

GLI INIZI DELLA POLIFONIA

La polifonia è la sovrapposizione di due o più voci (sia vocale che strumentale). La creazione
polifonica occidentale, a differenza del canto a più voci praticato dalle culture extraeuropee,
che viene improvvisato, si svolge sotto diretto controllo di chi la crea e viene tramandata
attraverso la registrazione scritta e la codificazione teorica.
Non si sa con precisione il luogo di origine del canto simultaneo a più voci, susseguentemente
denominato contrappunto = punctum contra punctum (nota contro nota).
Le prime forme di polifonia scritta furono coltivate già dall’Impero Franco (fase di
romanizzazione) attraverso lo sviluppo e l’applicazione delle due forme: tropi e sequenze.
In un primo tempo, veniva aggiunta alla voce principale (vox principalis) desunta dal
repertorio liturgico, all’ottava, quinta o quarta, un’altra voce (vox organalis).
I più antichi esempi di polifonia scritta ci sono pervenuti nel trattato del IX secolo, redatto
nella Francia Settentrionale, “Musica Enchiriadis” (autore anonimo), che significa manuale di
musica, e che descrive un tipo di polifonia chiamano organum, indicando le consonanze
ammesse (ottava, quinta e quarta), primi intervalli della serie armonica dei greci.
La vox principali è duplicata dalla vox organalis generalmente alla distanza costante di una
quinta inferiore o di una quarta inferiore; ambedue le voci possono essere raddoppiate
all’ottava sopra e sotto → organum parallelo.

Al fine di evitare l’intervallo di quarta eccedente (diabulus in musica, tritono)il trattato


“Musica Enchiriadis” propone l’utilizzo dell’unisono e degli intervalli imperfetti (seconda e
terza), nonché l’introduzione dell’andamento obliquo e contrario delle due melodie →
organum libero.
Tutti questi procedimenti vengono ammessi e codificati dai teorici, soprattutto Guido
D’Arezzo, nel “Micrologus” nel 1026.
Fino all’XI secolo gli unici esempi di brani polifonici si trovavano in trattati teorici redatti
esclusivamente in ambito monastico, e venivano eseguiti dal coro, soprattutto nella Liturgia
delle Ore. All’XI secolo risalgono anche le prime forme di polifonia destinate alle scholae
cantorum delle cattedrali, quindi non in ambito monastico.
Il Tropario di Winchester (redatto nell’abbazia benedettina), dimostra che l’arricchimento
polifonico si applicava soprattutto ai passi solistici degli Alleluia, dei Tractus e dei Responsori
(della Messa e dell’Ufficio). L’esecuzione polifonica più elaborata veniva quindi affidata ad un
gruppo ristretto di interpreti delle scholae cantorum, i quali possedevano particolari qualità
vocali solistiche.
Agli inizi del XII secolo, nell’abbazia di San Marziale di Limoges (Sud Francia) e nella
Cattedrale di Santiago di Compostela, si praticava un tipo di polifonia denominata organum
melismatico → un corpus formato da un centinaio di brani a due voci, e per la prima volta le
due voci non procedono per nota contro nota (vecchio stile di discantus), ma ad ogni nota
della parte inferiore (ora viene chiamata tenor) ne corrispondono da 1 a 20 nella superiore.
I melismi più estesi più estesi si riscontrano nei punti cadenzali e nella penultima sillaba del
testo.

LA SCUOLA PARIGINA DI NOTRE DAME


Nella seconda metà del XII secolo, vi è l’avvento a Parigi di una fiorente scuola polifonica che
produrrà un corpus notevole di opere polifoniche.
Favorevole alla coltivazione delle arti musicali era il clima politico culturale della Parigi
dell’epoca: con re Filippo Augusto Parigi divenne il centro culturale più importante d’Europa,
in virtù soprattutto dell’Università. Praticato all’Università era l’insegnamento della musica, in
quanto connessa con le matematiche e la filosofia.
I principali teorici dell’epoca sono: Johannes de Garlandia, Francone da Colonia, Girolamo di
Moravia, Johannes de Muris e l’inglese Anonimo IV. Quest’ultimo descrisse in modo analitico le
composizioni polifoniche introdotte nei servizi liturgici della cattedrale parigina.
Secondo Anonimo IV Leonin era bravissimo autore di organa e compose il Grande libro
dell’organum estratto dal Graduale e dall’Antifonario, che poi fu ampliato e perfezionato con
adattamenti da Perotin (optimus discantor = bravissimo autore di brani in stile di discantus).
Il repertorio del “Grande Libro” di Léonin e i rifacimenti di Pérotin non ci sono pervenuti in
forma originale ma solo attraverso fonti tardive della metà del XIII secolo.
Le tre fonti principali sopravvissute di questo repertorio: due in Germania e una a Firenze. Il
“Libro” è costituito da 13 brani per l’Ufficio e da 33 per la Messa, tutti a due voci.
La maniera di esecuzione prevedeva l’alternanza fra l’intero coro (in canto piano gregoriano) e
i solisti per le sezioni polifoniche. Queste ultime erano composte sia in stile di discantus: al
fine di far coincidere le due parti vocali in maniera nitida e distinta, le fonti vocali sono notate
in forma di partitura, con Tenor (voce inferiore) e Duplum (voce superiore).
Nasce la notazione musicale (a Notre Dame), come ideazione di un sistema ritmico basato su
due valori: la longa e la brevis. Tali valori erano regolati secondo una serie di schemi ritmici,
chiamati “modi” ritmici. Fu Johannes de Garlandia che raggruppò longa e brevis secondo 6
modi ritmici.

I sei modi ritmici furono intesi come punto di partenza e modello per l’esecutore, per poi
avere infinite possibilità di combinazione.
Il sistema modale prese l’avvio da esigenze di carattere musicale in quanto mezzo efficace e
necessario di comunicazione tra compositore ed esecutore.
Nell’ambito del repertorio polifonico parigino, rivestono particolare importanza le sezioni in
stile di discantus denominate clausulae (dirette ascendenti del mottetto). Scritte in modo di
discantus sulle parti melismatiche di una melodia gregoriana preesistente, le clausulae sono
trattate in ritmo modale sia nel duplum, sia nel tenor.
A Perotin va il merito di aver introdotto gli organa a più voci e di aver arricchito il discorso
polifonico con le clausulae, con schemi ritmici diversi, e di avere conferito al tenor un calore
costruttivo (gli dava la connotazione di guida).
Perotin lavorò sull’elaborazione polifonica a quattro voci (Leonin su quella a due).

IL MOTTETO DEL XIII SECOLO


Il mottetto è il successore delle clausolae: le ultime clausolae sembrano non essere state
composte per il momento liturgico, quindi vennero applicate al profano. In quest’epoca si
risolse il problema applicando ai melismi della voce superiore testi latini associati al concetto
espresso dal testo base del tenor, secondo un metodo non dissimile da quello adottato da
tempo per i tropi.
Nel mottetto, il duplum viene denominato motetus. Dal 1220 circa prevale l’organico a tre
voci: la parte vocale che si trova immediatamente sopra il motetus prende il nome di triplum,
che di norma con un testo diverso, sviluppa ulteriormente il contenuto del testo del tenor.
Anche se il fondamento del tenor è tratto dal repertorio liturgico, il mottetto viene percepito
come una forma autonoma, in cui motetus e triplum sono costruite su un testo di carattere
profano.
Nelle fonti dell’epoca le voci non sono più disposte a mo’ di partitura, ma scritte per esteso su
due colonne (motetus colonna di destra, triplum sinistra, tenor in calce).
Con tale disposizione si economizzava l’impaginazione dei manoscritti, dal momento che gran
parte dei tripla comprendendo il maggior numero di note, e quindi allineare le voci l’una sopra
all’altra avrebbe richiesto molto più spazio, che non scriverle in successione.
La proliferazione nell’uso dei valori ritmici sempre più brevi nelle voci superiori (pressoché
stabile è l’impiego della semibreve nel triplum) condusse alla trasformazione del sistema di
notazione “modale” basato su sei modi ritmici, in quello denominato “mensurale”, che istituiva
tra le figure di durata rapporti proporzionali.
Le basi teoriche di tale sistema furono poste da Francone da Colonia nel trattato “Ars cantus
mensurabilis” (arte della musica mensurale).
I testi del mottetto potevano preesistere alla musica oppure essere adattati a melodie già
esistenti: la forma dei versi era di varia lunghezza (da tre a dieci sillabe per verso) e non
seguiva alcuna forma organizzativa fissa. Prevalgono in assoluto tra i testi latini quelli
composti in lode alla vergine.
Dopo l’era di Perotin il mottetto si allontana sempre più dal contesto liturgico e i testi profani
in lingua francese sostituiscono sempre più quelli sacri latini.
Da espressione del clero, il mottetto, diventa espressione degli ambienti cortesi e borghesi
cittadini.
Prima, alla base del mottetto il tenor veniva ricavato da un frammento liturgico, ma verso la
fine del secolo la melodia del tenor poteva essere derivata anche da fonti non liturgiche
oppure veniva appositamente composta. Il motetus era generalmente più mosso e dinamico
del tenor, così anche il triplum.

VIDERUNT OMNES (Perotin)


Viderunt Omnes è un Organum duplum della seconda metà del XII secolo, ed è una delle
composizioni più importanti del corpus di musica polifonica, composto da Leonin e Perotin
(che lo ha elaborato in organum quadruplum).
Viderunt omnes viene elaborato a partire dal graduale In Nativitate Domini, per la messa di
Natale.
Il brano è eseguito come primo canto responsoriale per la messa di Natale. È di notevole
sonorità com’era tipico del periodo polifonico → venivano elaborate soltanto le parti solistiche
(scritte sopra in modo più fiorito), mentre le parti corali rimanevano in canto omofonico (il
rispettivo tenor, che tiene il canto). La notazione originale è quella quadrata.
Formata da quattro voci:
1. tenor → voce fondante, che fa le note del canto gregoriano di partenza, in cui appaiono
valori molto lunghi;
2. duplum;
3. triplum;
4. quadruplum.
Nel passaggio iniziale del graduale, il tenor della prima parola è a valori larghi e la parte
polifonica si muove nota contro nota (in stile di discanto).
Nella parola “omnes” il tenor non è più a valori larghi, ma è molto più dinamico e l’andamento
polifonico non è nota contro nota.
Sulla parola “dominus” inizia un lungo melisma per tutta la parola, e poi riprende lo stile di
partenza.
Tutto questo si appoggia sulla notazione modale.

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