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Memorie

della
Accademia delle Scienze di Torino
Classe di Scienze
Morali, Storiche e Filologiche

Serie V, Volume 34

Accademia delle Scienze di Torino


2010
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Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler
(Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione
Memoria di ALVISE DE PIERO∗ presentata dal Socio nazionale GIORGIO PESTELLI
nell’adunanza del 17 novembre 2009
e approvata dalla Classe nell’adunanza del 15 giugno 2010

«[…] Ita igitur musicam definio, ut eam esse scientiam di-


cam varios sonos ita coniungendi, ut auditui gratam exhibe-
ant harmoniam». [L. EULER, Tentamen, III, 1]

1. Euler e la musica
Leonhard Euler nacque a Basilea il 15 aprile 1707 e morì a Pietroburgo il 18 set-
tembre 1783. Compì gli studi nella città natale, affiancando ben presto alla forma-
zione umanistica quella scientifica, attraverso la frequentazione delle lezioni private
(privatissima) di Johann I Bernoulli. Nel 1727 fu chiamato a far parte della neonata
Accademia delle Scienze di Pietroburgo, grazie all’intercessione dei figli di Ber-
noulli Nikolaus II e Daniel, che avevano raggiunto la capitale nel 1725. Nel 1741
accettò l’invito di Federico II, da poco incoronato re di Prussia, ad andare a Berlino
per collaborare alla fondazione dell’Accademia delle Scienze, ma la seconda guerra
con la Slesia, che durò fino al 1745, fu di ostacolo al progetto, attuatosi solo nel
1746. Nel 1762 l’ascesa al trono di Caterina II segnò anche il ritorno di Euler in
Russia, concretizzatosi però soltanto nel 1766, con il definitivo rientro del matema-
tico svizzero a Pietroburgo, città nella quale rimase fino alla morte.
È curioso notare come di un personaggio del calibro di Euler, che tanto ha scritto
di teoria musicale e che ha avuto la fortuna di vivere in ambienti molto ben frequen-
tati da musicisti di talento, non siano rimaste particolari testimonianze di incontri o
disquisizioni con questi ultimi. Ciò nonostante non si può pensare che egli, per
quanto rifuggisse gli eventi mondani che almeno in periodo di pace si organizzavano
alla corte di Federico il Grande, non abbia conosciuto di persona e dialogato con Carl
Philipp Emanuel Bach allora cembalista di corte, o con Johann Joachim Quantz, già
primo flauto dell’orchestra di Dresda, ma in quegli anni insegnante del re, nonché fi-
gura centrale per la musica di corte; o ancora non abbia avvicinato i fratelli Carl
Heinrich e Johann Gottlieb Graun, anch’essi impiegati alla corte di Prussia. In parti-
colare, Philipp Emanuel Bach e Quantz furono validi compositori e grandi virtuosi
del proprio strumento: il primo, secondogenito di Johann Sebastian Bach, dimostrò
maggior caratura musicale e gusto più lungimirante; il secondo invece, meno inno-


Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Dipartimento di Musica e Spettacolo.
4 Alvise De Piero

vatore e dal gusto più conservatore, fu il prediletto del re che si dilettava di flauto e
che con lui condivideva il gusto musicale1. Sia Bach che Quantz inoltre scrissero
due metodi di prassi esecutiva di notevole importanza nel panorama coevo2, che og-
gi si rivelano essere strumenti assai preziosi per la ricostruzione delle prassi esecuti-
ve storiche. Non solo, ma è del 1747 la visita del “vecchio Bach” – come fu
chiamato in quella circostanza Johann Sebastian – alla corte di Federico II, in occa-
sione della quale il maestro di Eisenach improvvisò quella che sarebbe poi divenuta
l’Offerta musicale. Ora, anche in assenza di testimonianze dirette, è difficile pensare
che il matematico svizzero, indubbiamente interessato alla musica e impiegato nella
stessa corte, rimanesse al di fuori di tutto ciò. Ma la cosa non finisce qui. Anche a
Pietroburgo infatti il governo illuminato di Caterina II fece sì che la corte impiegas-
se alcuni fra i più noti compositori dell’epoca, da Baldassare Galuppi detto il Bura-
nello, «Maestro della Ducal Cappella di San Marco» in Venezia, che vi soggiornò
dal 1765 al 1768, ai musicisti di formazione napoletana: Tommaso Traetta che suc-
cesse a Galuppi, trattenendosi dal 1768 al 1774, e Giovanni Paisiello, che rimase dal
1776 al 1783, facendo rappresentare l’anno precedente il suo famoso Barbiere di Si-
viglia, desunto dalla commedia di Beaumarchais. Anche in questo caso, Euler dovet-
te senz’altro conoscere queste personalità ed è impensabile che non abbia sentito
l’esigenza di confrontarsi con loro. Ebbe inoltre scambi epistolari (seppure assai
contenuti nel numero3) con due fra i massimi compositori che all’epoca si dedicaro-
no anche alla teoria musicale, ovvero Jean-Philippe Rameau e Giuseppe Tartini.
Tuttavia, l’impressione che si ricava dalla lettura del Tentamen novae theoriae musi-
cae4 è quella di un trattato scritto da uno scienziato peritissimo, che elabora un suo
sistema teorico teso a giustificare il piacere dell’ascolto musicale, ma che allo stesso
tempo, pur citando in corso d’opera un saggio di Johann Mattheson5, celebre teorico
e compositore dell’epoca, non sembra troppo interessato a disquisire con i cosiddetti
‘musici pratici’, che probabilmente non riteneva all’altezza di comprendere le sue
teorie. Ma di ciò si parlerà più avanti; prima pare opportuno fornire alcune coordina-
te storico-critiche sul Tentamen.

1
È noto che Carl Philipp Emanuel Bach si sentì sempre meno a suo agio in quella corte e, proprio a
causa della differente visione in campo musicale, chiese ripetutamente al sovrano di essere congedato,
ma invano, in quanto Federico il Grande, pur non amando troppo lo stile empfindsam di Bach, ne
conosceva la statura artistica e non voleva privarsene. Il desiderio di Bach fu appagato solo nel 1768,
quando Philipp Emanuel si recò ad Amburgo per succedere nella direzione della musica presso lo
Johanneum, succedendo al padrino Georg Philipp Telemann che era morto l’anno precedente.
2
Si tratta rispettivamente del Versuch über die wahre Art, das Klavier zu spielen di Carl Philipp
Emanuel Bach, stampato in due parti, la prima nel 1753 e la seconda nel 1762; e del Versuch einer
Anweisung, die Flöte traversiere zu spielen di Johann Joachim Quantz, stampato nel 1752.
3
Ad oggi sono note in tutto quattro lettere dei tre autori in questione. Conosciamo infatti una ‘lettera’ di
Euler a Tartini e una risposta di Tartini ad Euler; così pure è nota una lettera di Rameau ad Euler e
un’altra con la risposta del matematico svizzero.
4
L. EULER, Tentamen novae theoriae musicae, Pietroburgo, Ex Typographia Academiae Scientiarum,
1739, in «Monuments of Music and Music Literature in facsimile», Second series-Music Literature XC,
New York, Broude Brothers, 1968; d’ora in poi Tentamen.
5
J. MATTHESON, Große General-Baß-Schule, Hamburg, 1731; fac-simile Hildesheim, Zürich, New
York, Georg Olms, 2006. Il trattato è citato in L. EULER, Tentamen, cap. IX, par. 4, p. 133.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 5

2. Dal Tractatus de musica al Tentamen novae theoriae musicae


Gli interessi di Euler per la fisica del suono, e più in generale per la musica, inizia-
rono ben presto, quando a soli vent’anni scrisse la Dissertatio physica de sono, per
concorrere alla cattedra di Fisica di Basilea. In questa dissertazione, composta da
trentasette paragrafi divisi in due capitoli a numerazione continua, Euler si preoccu-
pa di fornire le basi fisiche della musica; tutti concetti che verranno ripresi ed am-
pliati nel primo capitolo del Tentamen. Il primo capitolo della Dissertatio, intitolato
De natura et propagatione soni, come ben illustra il titolo, verte sul fenomeno fisico
in sé, fornendo la distinzione fra suoni gravi e acuti6, e fra suoni semplici e compo-
sti7. Nel secondo invece, intitolato De productione soni, dopo un cappello introdut-
tivo relativo alle caratteristiche fisiche dell’aria, Euler affronta alcune tematiche
relative ai rumori presenti in natura e ai suoni prodotti dagli strumenti musicali, for-
nendo una divisione in tre categorie, in base alle modalità di produzione del suono8,
anch’essa ripresa nel Tentamen.
Anche se quest’opera non permise ad Euler di ottenere la cattedra a Basilea, sicu-
ramente dimostrava il suo interesse per l’argomento, ripreso più volte nel corso della
vita, e poneva le basi del successivo e più importante saggio, che era già compiuto
nel 1731, e originariamente portava il nome di Tractatus de musica. Apprendiamo
questa notizia da una lettera di Euler a Johann I Bernoulli9, tuttavia il matematico

6
L. EULER, Dissertatio physica de sono, Basilea, 1727, in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series
tertia, Opera physica, Volumen primum, pp. 181-196; d’ora in poi Dissertatio. In cap. I, par. 6, p. 185 si
legge: «Maximi momenti soni distinctio est in gravem atque acutum. Gravis est, cum vibrationes
globulorum aëreorum tardius se invicem insequuntur, seu cum dato tempore rariores eduntur
undulationes. Acutus autem est sonus, cuius vibrationes breviores interpositas habent morulas, ut adeo
plures eodem tempore peragantur oscillationes [...]». Questi discorsi sono ripresi in L. EULER,
Tentamen, cap. I, par. 12, pp. 7-8.
7
L. EULER, Dissertatio, cap. I, par. 7, p. 185: «Sonus etiam est vel simplex vel compositus. Simplex
sonus est, cuius vibrationes aequaliter inter se sunt distantes aequeque fortes. Compositus constat
pluribus soni simplicibus simul sonantibus; hic constituit vel consonantiam, vel dissonantiam [...]».
Concetti analoghi si trovano espressi e approfonditi in L. EULER, Tentamen, cap. IV, par. 1, pp. 56-57.
8
L. EULER, Dissertatio, cap. II, par. 16, p. 188: «[…] Quocirca isto in capite de tribus diversis sonum
producendi modis verba erunt facienda. Refero autem ad genus sonorum primum sonos chordarum,
tympanorum, campanarum, instrumentorum lingulis instructorum etc., omnes scilicet sonos qui
originem suam debent corpori solido contremiscenti. Ad secundum genus referendi sunt soni tonitrus,
bombardarum atque virgarum et quorumvis corporum vehementius commotorum, omnes nimirum soni
orti e subitanea restitutione aëris compressi, ut e validiore percussione aëris. Tertio generi autem
annumero sonos tibiarum, quorum naturam, cum nemo hactenus quicquam solidi hac de re dederit,
diligentius expendam». Discorsi analoghi si trovano in L. EULER, Tentamen, cap. I, par. 7, pp. 4-5.
9
Cfr. R. 199, in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series quarta A, Commercium Epistolicum, Volumen
secundum, Basileae, Birkhäuser, 1998, pp. 146-148. In questa lettera, scritta da Euler a Johann I
Bernoulli e spedita da Pietroburgo il 25 maggio 1731, l’autore, pur non proponendo ancora un titolo,
dimostra di aver chiaramente progettato l’intera opera e di averne steso la maggior parte. Questa sarà
completata nell’estate dello stesso anno, ma Euler è già in grado di esplicitarne i contenuti al suo
maestro. Interessante è seguire il percorso che porterà al titolo. In questa lettera Euler parla
indefinitamente di Systema Musicus; sarà il suo maestro nella risposta spedita da Basilea l’11 agosto
1731 (R. 200) ad introdurre per la prima volta il termine Tractatus Musices, termine che porterà Euler a
codificare il primo titolo in Tractatus de Musica, come si apprende dalla lettera spedita al maestro il 20
dicembre 1738 (R. 210), per la cui lettura si rimanda alle pp. 16-17 e alla nota 53. Con ogni probabilità
6 Alvise De Piero

svizzero dovette attendere altri otto anni per vederla pubblicata; vide infatti la luce
nel 1739 a Pietroburgo, stampata dall’Accademia delle Scienze con il nuovo titolo
Tentamen novae theoriae musicae. Questo saggio, di ben più ampie proporzioni, è
diviso in quattordici capitoli10, preceduti da una prefazione in cui l’autore introduce
alcuni degli argomenti che affronterà nel corso della trattazione.
È tuttavia opportuno, a questo punto, fare un passo indietro. Infatti, stando agli
appunti stesi da Euler nel suo primo taccuino, l’idea primigenia di scrivere un saggio
sulla musica risalirebbe addirittura al periodo passato a Basilea, dal momento che
Eneström11 ha datato il taccuino al 1726, cioè all’anno precedente la pubblicazione
della Dissertatio physica de sono. Dalla lettura di questi appunti12 si ricava una vi-
sione complessiva orientata nel senso della composizione musicale, con esiti com-
pletamente diversi da quelli che avrebbero caratterizzato il futuro Tentamen, a tal
punto da far balenare per un momento l’idea che possa trattarsi della copiatura da
parte di Euler dell’indice di un saggio di un altro autore oggi ignoto. In realtà così
sembra non essere, e tutto ciò attira ancor più l’attenzione sugli appunti del taccuino.
L’opera, nella sua prima formulazione, avrebbe dovuto chiamarsi Musices Theoreti-
cae Systema13, e avrebbe dovuto essere divisa in tre sectiones intitolate rispettiva-
mente De compositione solius discantus, De compositione integrorum concertorum,
De compositione certarum specierum. Ogni sezione sarebbe stata a sua volta com-
posta da un numero variabile di capitoli, ciascuno dei quali avrebbe dovuto appro-
fondire un aspetto particolare14. Nello stesso taccuino seguono poi diverse pagine
contenenti numerosi schemi composti da numeri vòlti ad indicare alcune sequenze di
accordi maggiori, minori e diminuiti da usarsi nelle composizioni a quattro voci.

il titolo era già stato stabilito molto prima del 1738, forse già nel 1731, ma ne abbiamo la prima
testimonianza scritta solo in questa data.
10
Per una miglior comprensione dei temi trattati si riportano qui di séguito i titoli dei capitoli: Il suono e
l’udito, Il piacere e i princìpi dell’armonia, La musica in generale, Le consonanze, La successione delle
consonanze, La serie delle consonanze, I nomi assunti dai vari intervalli, I generi musicali, Il genere
diatonico-cromatico, Gli altri generi musicali più composti, Le consonanze nel genere diatonico-
cromatico, I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico, Il metodo di composizione in un modo e
sistema dati, La permutazione dei modi e dei sistemi.
11
G. ENESTRÖM, Bericht an die Eulerkommission der Schweizerischen naturforschenden Gesellschaft
über die Eulerschen Manuskripte der Petersburger Akademie, in «Jahresbericht der Deutschen
Mathematiker-Vereinigung, 22», 1913, p. 197. Si tratta del matematico svedese Gustav Eneström,
autore anche dell’indice delle opere di Euler. Per particolari, cfr. nota 158.
12
Per un’esaustiva riproposizione del contenuto di questo taccuino, cfr. F. RUDIO, Vorwort in
«Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series tertia, Volumen primum, Lipsiae et Berolini typis et in aedibus
B. G. Teubneri, 1926, pp. X-XVI.
13
Questo titolo è evidentemente alla base di quello che sarà proposto da Euler nella lettera del 25
maggio 1731, di cui si è già parlato (cfr. nota 9), ovvero Systema Musicus, anche se è chiaro che, in
questo caso, Euler designa già la prima stesura del Tentamen.
14
L’impostazione estremamente chiara e definita di questo trattato prevedeva dieci capitoli nella prima
sezione, undici nella seconda e diciotto nella terza. A molti di questi Euler aveva già attribuito un titolo.
Ciò ci permette di farci un’idea abbastanza precisa del contenuto. La prima sezione avrebbe dovuto
occuparsi della composizione della melodia (cantus), la seconda dell’armonia e del contrappunto, la
terza del tempo e delle varie forme musicali. Per l’elenco completo dei titoli cfr. Ivi, pp. X-XI.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 7

Non sappiamo il vero motivo per cui Euler abbia desistito da questo progetto, por-
tandone a termine un altro completamente diverso. Lascia perplessi infatti l’ipotesi
formulata da Ferdinand Rudio, in base alla quale il trasferimento a Pietroburgo e la-
vori di altro genere avrebbero costretto Euler a rimandare i suoi progetti musicali. Ru-
dio inoltre sostiene che Euler si sarebbe dedicato al saggio sulla musica solo dopo la
pubblicazione della sua Mechanica, in due volumi, nel 173615.
Ciò non convince per due ragioni. La prima è il fatto che, come si è visto, nel 1731
Euler parla già a Bernoulli senior dei suoi progetti, sostenendo di avere in mente il
piano complessivo dell’opera e di averne già steso la maggior parte; ciò significa
che egli non aspettò il 1736 per la stesura del trattato. La seconda e più importante è
un corollario della prima. Se infatti Euler nel 1731 aveva già steso buona parte del
saggio e aveva ben chiaro in testa il piano dell’opera, cade automaticamente anche la
prima parte dell’ipotesi formulata da Rudio. In altri termini, egli nel 1731 non solo
aveva cambiato il progetto del suo saggio, ma ne aveva già steso buona parte, mal-
grado il trasferimento a Pietroburgo e le sue innumerevoli attività. A questo punto si
potrebbe sollevare un’altra obiezione, volendo vedere nel progetto euleriano del
1731 una concretizzazione degli appunti stesi nel taccuino. Anche questa ipotesi, al-
la luce di quanto si è detto, sembra da scartare. Se infatti è vero che Euler aveva già
steso buona parte del lavoro, a meno di non voler pensare ad un altro testo perduto,
sembra più logico vedere nel saggio in fieri di Euler la prima versione del Tentamen.
Rimane in ogni caso aperto il problema. Se è corretta la datazione al 1726 dei tac-
cuini di Euler, noi possiamo dedurre che, in soli cinque anni, il matematico svizzero
rivoluzionò completamente la concezione del suo saggio sulla musica, passando dal-
la prima formulazione a quella che sarebbe poi divenuta il Tentamen novae theoriae
musicae, ma ignoriamo la vera causa di questa scelta. A puro titolo di ipotesi, si po-
trebbe pensare che in un primo momento Euler sia partito dalla Dissertatio physica
de sono e, gettate le basi concettuali di argomento fisico, si sia appassionato a tal
punto alla musica, da ipotizzare la stesura di un saggio espressamente dedicato alla
composizione, sulle cui modalità di svolgimento, tuttavia, nulla è dato sapere16.
Egli evidentemente a quel punto deve aver avuto un ripensamento, forse dato
dall’effettiva complessità dell’argomento, che sarebbe divenuto ‘musicale’ nel vero
senso della parola, comportando di conseguenza una profonda conoscenza dell’armonia
e del contrappunto, propria più di un compositore che di un matematico; o forse dalla
volontà di approfondire molti dei concetti proposti nella Dissertatio e di svelarne
pienamente le componenti matematiche, cosa che farà nel Tentamen. Non va infine
scartata un’ulteriore ipotesi, che peraltro non contraddice le prime due. Euler, nel
frattempo, potrebbe aver saputo che Johann Mattheson negli stessi anni si stava de-
dicando alla stesura di un saggio simile, anche se non così ricco e vario; saggio che
verrà pubblicato proprio nel 1731 ad Amburgo e che, come si è visto, sarà citato nel

15
Cfr. Ivi, p. XIV.
16
È chiaro che, in quest’ottica, il nuovo saggio di Euler avrebbe seguìto la Dissertatio, formando
idealmente un’unica grande opera suddivisa in due saggi, il primo dedicato alle basi fisiche della musica
(la Dissertatio), il secondo alle tecniche della composizione.
8 Alvise De Piero

Tentamen17. Qualora ciò fosse vero, si potrebbe vedere in questo dato l’origine della
virata del matematico svizzero, il quale potrebbe aver pensato di approfondire gli
argomenti già proposti nella Dissertatio, aggiungendone di nuovi e tenendo come
riferimento per gli aspetti musicali proprio il trattato di Mattheson. In questo modo,
egli avrebbe potuto dare un taglio all’opera strettamente connesso ai suoi interessi
fisico-matematici, com’è poi realmente avvenuto nel Tentamen, che in questo senso
va visto come un’espansione e un approfondimento di tematiche già proposte nella
Dissertatio18. Rimane il rimpianto, per chi scrive, di non aver potuto leggere
un’opera di Euler dall’impianto così squisitamente musicale, che avrebbe sicura-
mente messo in evidenza elementi di grande interesse e originalità.
Comunque stiano le cose, sembra opportuno iniziare ad avvicinare alcune temati-
che del Tentamen. L’impianto concettuale di quest’opera che parte dai princìpi pita-
gorici dell’armonia, risente degli scritti di Marin Mersenne (Oizé, 1588 – Parigi,
1648), René Descartes (La Haye en Touraine, 1596 – Stoccolma, 1650) e Gottfried
Wilhelm von Leibniz (Lipsia, 1646 – Hannover, 1716). Quest’ultimo è citato19 a te-
stimone del fatto che qualsiasi brano musicale è composto dagli esponenti dei soli
numeri 2, 3, 5. Le idee di Leibniz sulla musica sono molto interessanti e originali,
anche se non sono raccolte in un testo specifico, ma piuttosto vanno rintracciate nel-
le lettere inviate a matematici e teorici. Egli, in qualità di bibliotecario e storico della
corte di Hannover, doveva fornire consulenze per gli allestimenti degli spettacoli di
corte e di conseguenza mantenere rapporti quotidiani con musicisti e cantanti. Que-
sta attività gli permise di conservare un contatto costante con la realtà musicale a lui
contemporanea. Per quanto riguarda poi i concetti cui fa riferimento Euler, va rileva-
to che essi si inquadrano nella problematica inerente ai rapporti numerici che costi-
tuiscono la base degli intervalli musicali. In questo senso, Leibniz, come farà anche
Euler, sostiene che i rapporti numerici troppo complessi non possono essere percepi-
ti come portatori di piacere20; al contrario, quelli basati sui numeri primi 1, 2, 3, 5, o
sui rispettivi multipli, producono piacere all’ascolto. Quanto poi alle modalità di
questa percezione, piace ricordare la famosa frase contenuta nelle Epistolae ad di-
versos, dove si legge: «Musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se
numerare animi21», ossia la musica è un occulto computo dell’animo che non sa di
numerare22.

17
Si tratta, come si sarà capito, della Große General-Baß-Schule; per particolari cfr. nota 5.
18
In ogni caso, non va dimenticato che l’interesse di Euler per la composizione compare anche nel
Tentamen, seppure drasticamente ridotto. Molti capitoli ne lasciano trasparire la presenza, ed uno in
particolare, il tredicesimo, la manifesta apertamente nel titolo: Il metodo di composizione in un modo e
sistema dati. È chiaro, tuttavia, già dal titolo che in questo capitolo l’argomento è trattato per sommi
capi, senza scendere mai nel particolare, come avrebbe previsto il primo progetto del saggio, il Musices
Theoreticae Systema.
19
L. EULER, Tentamen, cap. X, par. 19, pp. 162-163.
20
A. LUPPI, Lo specchio dell’Armonia Universale, Estetica e Musica in Leibniz, Franco Angeli, Milano,
1989, p. 88.
21
G. W. LEIBNIZ, Epistolae ad diversos, a cura di C. KORTHOLT, Breitkopf, Lepzig, 1738-1742. Il passo
citato è contenuto in una lettera a Christian Goldbach datata 17 aprile 1712. Per particolari sui rapporti
fra Leibniz e la musica, cfr. L. SGUBEN, Leibniz e la moderna pratica musicale, in Prospettive
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 9

Ma, anche se non è mai citato nel corso del Tentamen, l’autore che più ha lasciato
il segno in termini metodologici è René Descartes. Il suo Compendium Musicae in-
fatti, pubblicato a Utrecht nel 1650, ma già terminato nel 1618 a Breda in Olanda, è
alla base di una ‘tradizione’23, incarnata da diversi esponenti che riprendono e riela-
borano le teorie di Descartes, attraverso tutto il Seicento fino all’epoca di Euler. È
però nell’impianto dell’opera cartesiana che Euler trova spunto per la stesura del
Tentamen. Da un’attenta lettura dei due saggi emergono diversi punti in comune.
Innanzitutto, Descartes rintraccia le cause del delectare et movere affectus nel rap-
porto di durata o di tempo fra i suoni e nel rapporto fra suoni acuti e gravi24. Euler
nel Tentamen riprende questi concetti già nella prefazione quando scrive:
Per quanto riguarda la disposizione dell’opera, bisogna notare in primis che ho es-
senzialmente suddiviso la musica in due sezioni, dalle quali siano procurate ad essa
la grazia e il brio: delle quali l’una è fondata sulla distinzione dei suoni gravi e
acuti, l’altra invece sulla loro durata25.
Naturalmente tutto ciò è regolato da rapporti aritmetici la cui maggiore o minore
complessità determina in proporzione la percezione del piacere da parte dell’udito e
di conseguenza il piacere dell’ascolto musicale. Per Descartes, come per Euler, an-
dranno ricercati rapporti aritmetici semplici, in quanto più facilmente intuibili e de-
criptabili, anche se bisognerà prestare attenzione a non eccedere nella scelta della
semplicità, privilegiando piuttosto la varietà, onde evitare il possibile senso di no-
ia26. Ancora nella prefazione Euler scrive:
La teoria musicale richiede un duplice fondamento: l’uno, esposto a sufficienza nel
primo capitolo, consiste nell’accurata conoscenza dei suoni che formano l’oggetto
proprio della scienza naturale; il secondo principio deve essere invece richiesto
piuttosto dalla metafisica, dal momento che è necessario stabilire quali cose fanno
sì che più suoni, sia contemporanei sia successivi, piacciano o no all’udito che li perce-
pisce. La questione è stata chiarita con la guida della ragione e dell’esperienza, stabi-
lendo cioè che due o più suoni piacciono quando è percepito il rapporto che i
numeri delle vibrazioni emesse hanno tra loro, e che all’opposto dispiacciono o

nell’Estetica del Settecento, «Pratica filosofica 7», CUEM, Milano, 1995, pp. 83-88.
22
Per un’analisi di questa frase, con particolare attenzione all’aspetto semantico e alle sue ricadute
ermeneutiche, cfr. B. M. D’IPPOLITO, A. MONTANO, F. PIRO (a cura di), Monadi e monadologie: il
mondo degli individui tra Bruno, Leibniz e Husserl, «Atti del convegno internazionale di studi»,
Salerno, 10-12 giugno 2004, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2005, p. 285.
23
Per particolari sulla tradizione cartesiana fino ad Euler, cfr. P. GOZZA, Le radici musicali dell’Estetica, in
P. GOZZA, A. SERRAVEZZA, Estetica e Musica, L’origine di un incontro, Clueb, Bologna, 2004, pp. 51-77.
24
R. DESCARTES, Compendium Musicae, Utrecht, 1650, ed. mod. Abregé de musique, Édition nouvelle,
traduction, présentation et notes par Fr. de Buzon, Paris, Presses Universitaires de France, 1987; d’ora in
poi Compendium. Cfr. p. 55: «Media ad finem, vel soni affectiones duae sunt praecipue: nempe huius
differentiae, in ratione durationis vel temporis, et in ratione intensionis circa acutum aut grave».
25
L. EULER, Tentamen, pref. pp. 14-15: «Quod ad ipsam pertractationem operis attinet, ante omnia
notandum est musicam duabus potissimum absolui partibus quibus ipsi gratia et lepos concilietur:
quorum altera discrimini inter grauitatem atque acumen sonorum innititur, altera vero in duratione
sonorum consistit».
26
R. DESCARTES, Compendium, p. 59: «Denique notandum est varietatem omnibus in rebus esse
gratissimam».
10 Alvise De Piero

quando il loro ordine non è avvertito, o quando l’ordine che pareva doverci essere
subito si altera27.
Il percorso di Euler in quest’opera è basato quindi su due princìpi: il primo fisico ri-
guarda la scienza dei suoni28, il secondo metafisico investe le cause del piacere, interro-
gandosi sul perché una musica piaccia o non piaccia. La risposta, come si può evincere
dal passo succitato, consiste nell’esatta percettibilità dei suoni e dei loro rapporti, ed
Euler propone in questo senso una classificazione dei gradi di piacere degli intervalli
basata sui rapporti matematici. Pare però di leggere fra le righe una ancora minor atten-
zione alle ‘passioni’ da parte di Euler rispetto a Descartes. Nel Tentamen infatti sembra
prevalere l’aspetto edonistico della musica, il compiacimento o meno dell’udito, in cui
si risolve tutta la gamma degli ‘affetti’, laddove in Descartes, almeno all’inizio, viene
esplicitamente preso in considerazione anche il coinvolgimento psicologico-emotivo29
della musica. Del resto, analoga finezza da parte di Descartes si può trovare nella di-
stinzione fra suono e rumore, basata anch’essa su rapporti aritmetico-geometrici. Per
questa ragione, «lo strepito delle bombarde o dei tuoni non è adatto alla musica, perché,
essendo privo di proporzione non diletta, ma colpisce l’orecchio ferendolo»30. Euler
riprende questi discorsi nel primo capitolo del suo Tentamen31, ma preferisce non scen-
dere in distinzioni troppo precise e parla sempre di «suoni che nascono o da una note-
vole quantità d’aria violentemente compressa e subito rilasciata, o da un più forte colpo
dell’aria32». È interessante notare come Euler includa questi ‘suoni’ nella seconda cate-
goria, fra le tre cui si accennava in precedenza33, e anche come faccia esplicito riferi-
mento allo sparo e al tuono34.

27
L. EULER, Tentamen, pref. pp. 11-12: «Duplici autem Theoria musica nititur fundamento, quorum
alterum in accurata sonorum cognizione continetur, id quod ad scientiam naturalem proprie pertinet, ac
primo capite satis superque est expositum. Alterum vero principium ex metaphysica potius est
petendum; quippe per quod definiri oportet, quibus rebus efficiatur, ut plures soni tam simul quam
successive ab auditu percepti placeant displiceantue; quam quaestionem cum ratione tum experientia
ducti ita resoluimus, ut binos plureue sonos tum placere statueremus, cum ratio, quam numeri
vibrationum eodem tempore editarum, inter se tenent, percipiatur: contra vero displicentiam in hoc
consistere, quando vel nullus ordo sentiatur, vel is qui adesse debere videatur, subito perturbetur».
28
Pare significativo sottolineare come questo aspetto non sia affatto affrontato da Descartes e costituisca
di per sé il più originale contributo fornito dal saggio di Euler.
29
R. DESCARTES, Compendium, p. 55: «Huius [sc. musicae] obiectum est Sonus. Finis, ut delectet,
variosque in nobis moveat affectus». Andrà rilevato però come, nel corso dell’opera di Descartes, a
questa dichiarazione iniziale non segua una specifica trattazione dell’argomento. Forse anche per questo
motivo Euler non tratta diffusamente questa tematica, ma vi accenna solamente nel par. 13 del secondo
capitolo, giustificandola con una maggiore o minore percezione dell’ordine insito in una musica: un
ordine semplice e perfetto recherà gioia e felicità, al contrario un ordine più complesso e di più difficile
percezione susciterà tristezza e dolore. L’autore non approfondirà ulteriormente quest’argomento, che
del resto sarebbe difficilmente dimostrabile e quantificabile con i criteri matematici da lui adottati. Per
un inquadramento della questione in Descartes cfr. l’introduzione di Luisa Zanoncelli in CARTESIO,
Breviario di musica, a cura di Luisa Zanoncelli, Firenze, Passigli Editori, 1990, pp. 8-9 e pp. 43-45.
30
P. GOZZA, op. cit., p. 42. Per il testo originale del passo citato cfr. R. DESCARTES, Compendium, p. 57.
31
L. EULER, Tentamen, cap. I, parr. 24-27, pp. 14-16.
32
Ivi, cap. I, par. 24, p. 14.
33
Cfr. nota 8.
34
L. EULER, Tentamen, cap. I, par. 27, p. 16: «Sonorum, qui a repentina dimissione aëris vehementer
compressi gignuntur, fortissimi procul dubio sunt ii, qui ex puluere pyrio et tonitruo percipiuntur».
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 11

Ma, facendo un passo indietro, viene nuovamente da chiedersi quali siano le cause
del piacere musicale, dal momento che è evidente il carattere soggettivo del giudizio
estetico. Un’acuta argomentazione in questo senso ci è data da Voltaire nel Diziona-
rio Filosofico35. Egli alla voce ‘bellezza’, ‘bello’ scrive:
Domandate a un rospo che cos’è la bellezza, il vero bello, il τò καλόν. Vi risponde-
rà che è la sua femmina con due grossi occhi tondi che sporgono dalla testolina, un
muso largo e piatto, un ventre giallo, un dorso bruno. Interrogate un negro della
Guinea; il bello per lui è una pelle nera, grassa, occhi infossati, un naso schiaccia-
to. Interrogate il diavolo; vi dirà che il bello è un paio di corna, quattro grinfie e
una coda. Consultate infine i filosofi, vi risponderanno con uno sproloquio; hanno
bisogno di qualcosa che sia conforme all’archetipo del bello in sé, al τò καλόν. As-
sistevo un giorno a una tragedia accanto a un filosofo. «Com’è bella!» diceva.
«Che cosa ci trovate di bello?», gli chiesi. «È che l’autore – disse – ha raggiunto il
suo scopo». L’indomani prese una medicina che gli fece bene. «Essa ha raggiunto
il suo scopo – gli dissi – ecco una bella medicina!» Capì che non si può dire che
una medicina sia bella, e che per dare a qualcosa il nome di bellezza, bisogna che
essa ci susciti ammirazione e piacere. Convenne che quella tragedia gli aveva ispi-
rato quei due sentimenti, e che in ciò stava il τò καλόν, il bello. Facemmo un viag-
gio in Inghilterra: vi si dava la stessa tragedia, perfettamente tradotta; essa fece
sbadigliare tutti gli spettatori. «Toh! – disse – il τò καλόν non è lo stesso per gli
Inglesi e per i Francesi». Dopo molte riflessioni, concluse che il bello è assai rela-
tivo, così come ciò che è decente in Giappone è indecente a Roma, e ciò che è di
moda a Parigi non lo è a Pechino; e si risparmiò la fatica di comporre un lungo
trattato sul bello36.
Questa sorta di epoché scettica, che non permette di esprimere un giudizio defini-
tivo in materia, proposta dal filosofo parigino venticinque anni dopo la pubblicazio-
ne del Tentamen, non sembra fermare Euler, che da buon scienziato, pur rilevando le
difficoltà insite nella materia, cerca in tutti i modi di superarle37. Innanzitutto,
egli propone una sorta di ‘aristocrazia del giudizio’ che equipara il musicista
all’architetto, il quale non si cura dei giudizi della gente sui suoi edifici, ma procede
«secondo leggi certe e fondate nella stessa natura38», cercando il solo consenso degli

35
VOLTAIRE (François-Marie Arouet), Dictionnaire philosophique, Ginevra, 1764; trad. it., Dizionario
filosofico, traduzione di Maurizio Enoch sul testo critico stabilito da Raymond Naves, Roma, Grandi
Tascabili Economici Newton, 1991.
36
Ivi, pp. 41-42.
37
Un’eco dell’impostazione concettuale di Euler è chiaramente rintracciabile nei Principes généraux
d’acoustique di Denis Diderot (Langres, 1713 - Parigi, 1784) pubblicati a Parigi nel 1748. In particolare,
Diderot ripropone l’idea di musica come scienza dei rapporti fra i suoni e si propone di estendere il
principio della percezione dei rapporti «a tutte le arti e a tutte le scienze». Questi concetti saranno ripresi
dall’autore nella voce Beau, scritta nel 1751 per il secondo tomo dell’Encyclopédie. Qui Diderot supera
l’impostazione precedente e propone la percezione dei rapporti come origine del bello, che trova nella
musica il proprio modello in virtù della quantificabilità dei rapporti fra i suoni già dimostrata da Euler.
L’estensione del principio della percezione proposta da Diderot, che informa il dibattito culturale coevo
ed è rintracciabile già in Euler (Tentamen, cap. II, par. 6), arriverà direttamente a Rameau, il quale in
una lettera ad Euler (cfr. nota 144) ben riassume l’intera questione. Per una ricostruzione storica di
queste tematiche cfr. P. GOZZA, op. cit., pp. 17-23.
38
L. EULER, Tentamen, cap. II, par. 4, pp. 27-28: «Sed Musicum similem se gerere oportet Architecto,
qui plurimorum peruersa de aedificiis iudicia non curans, secundum certas et in natura ipsa
fundatas leges aedes exstruit; quae etiamsi harum rerum ignaris non placeant, tamen dum intelligentibus
12 Alvise De Piero

intenditori. La stessa cosa vale per la musica, dove va ricercato il giudizio di «quelli
il cui gusto è perfetto39» e che sanno giudicare senza farsi condizionare da alcunché.
Non solo, ma egli specifica: «sono di tal sorta coloro che non solo ricevettero dalla
natura un udito acuto e puro, ma anche coloro che percepiscono esattamente le cose
che sono rappresentate nell’organo dell’udito e, esaminandole tra sé, ne riportano un
giudizio completo40».
Ora, su quali elementi si può basare il giudizio degli intenditori? Euler ripercorre
la strada di Descartes e sostiene che il piacere proviene dalla percezione dell’ordine;
in particolare nella musica ciò avviene – come si è già visto – attraverso due para-
metri: l’altezza dei suoni e la loro durata. Ma si leggano le sue stesse parole:
Invero nei suoni vi sono due cose principali che possono contenere l’ordine, ossia
la loro gravità o la loro acutezza, nelle quali abbiamo posto la quantità dei suoni, e
la durata41.
Inoltre egli cita di séguito anche l’intensità dei suoni, usata dai musicisti nelle loro
composizioni, ma non la prende in considerazione, in quanto sostiene che essi
nell’usare il ‘forte’ o il ‘piano’ «non ricercano il piacere nella percezione del rappor-
to o dell’ordine che questi gradi di intensità hanno tra loro, e perciò non sono soliti,
né possono definire la quantità dell’intensità42». Ovviamente, la quantificazione de-
gli altri due parametri avviene mediante il numero che è assunto come principio
primo di tutto il sistema. Nel paragrafo diciotto del secondo capitolo, l’autore spiega
chiaramente tutto ciò prendendo in considerazione il rapporto fra due o più suoni e
fra le loro durate, determinando queste relazioni mediante la quantità numerica. In
questo senso egli conclude: «Da ciò è evidente che in musica ogni piacere nasce dal-

probentur, contentus est». Il rapporto musica-architettura costituisce un altro τόπος dell’epoca, in virtù
della comune base costituita dai rapporti. In particolare è interessante notare come Jean-Pierre de
Crousaz (Losanna, 1663-1750), connazionale di Euler, inizi il suo Traité du Beau (Amsterdam, 1715), in
cui tratterà anche della musica, partendo da «una conversazione sulla bellezza di un palazzo», che viene
in questo modo additata come causa e origine della sua fatica letteraria. Per particolari sulla querelle des
proportions tra musica e architettura cfr. P. GOZZA, op. cit., pp. 59-65; e su Jean-Pierre de Crousaz cfr.
ivi, pp. 65-69.
39
Ibidem: «Nam ut in Musica ita etiam in Architectura tam diuersus est diuersarum gentium gustus, ut
quae aliis placeant, alii eadem reiiciant. Hanc ob rem ut in omnibus aliis rebus ita etiam in Musica, eos
potissimum sequi oportet, quorum gustus est perfectus, et iudicium de rebus sensu perceptis ab omni
vitio liberum».
40
Ibidem: «Huiusmodi sunti ii, qui non solum a natura auditum acceperunt acutum et purum, sed qui
etiam omnia, quae in auditus organo repraesentantur, exacte percipiunt, eaque inter se conferentes
integrum de iis iudicium ferunt».
41
L. EULER, Tentamen, cap. II, par. 16, pp. 33-34: «Sunt autem in sonis duae res praecipue, quae
ordinem continere possunt, eorum scilicet grauitas vel acumen, in quibus quantitatem sonorum
posuimus, et duratio».
42
Ibidem: «Praeter haec duo aliud in sonis non datur, quod ad ordinem recipiendum esset aptum, nisi
forte vehementia: sed tametsi et hac musici uti soleant in suis concentibus, ut mox fortes mox debiles
effici debeant soni, tamen non in perceptione rationis seu ordinis, quem hi vehementiae gradus inter se
habent, suauitatem quaerunt; et hanc ob rem vehementiae quantitatem definire neque solent neque
possunt».
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 13

la percezione dei rapporti che più numeri mantengono fra loro, perché anche le
quantità delle durate possono essere espresse da numeri43».
Euler ripropone la teoria della consonanza come coincidenza degli impulsi44 di
matrice galileiana – differenziandosi in questo da Descartes che riprende invece la
formulazione pitagorico-zarliniana della divisione della corda45 – e classifica i suoni
in base al numero dei colpi (ictus), cioè delle vibrazioni, che colpiscono l’orecchio
in un’unità di tempo. Su questa base ricava l’ordine dei suoni che compongono ogni
intervallo o accordo, e di conseguenza la classificazione dei gradi di piacere. Saran-
no più piacevoli i rapporti più semplici fra i suoni (consonanze), meno piacevoli
quelli più composti (dissonanze). Questa classificazione viene effettuata da Euler
mediante l’impiego degli esponenti ed è applicata dapprima ai singoli intervalli, poi
ai singoli accordi, per arrivare fino alle successioni di accordi.
Una precisazione è d’uopo in merito ai termini ‘consonanza’ e ‘dissonanza’, in
quanto Euler, anche in questo caso, sembra non voler scendere in distinzioni troppo
precise. Egli parla sempre di consonanze, distinguendole fra consonanze formate da
suoni semplici o da suoni composti, e giustifica la sua definizione in quanto conside-
ra i suoni composti come formati dall’unione di suoni semplici, che in quanto tali
sono consonanze. Ma leggiamo le sue parole:
Più suoni semplici che suonano assieme costituiscono un suono composto, che qui
chiameremo consonanza. Da altri invero il termine consonanza è interpretato in
senso più ristretto, per indicare soltanto un suono composto gradito all’udito e che
ha in sé molta dolcezza: e distinguono la consonanza dalla dissonanza che per essi
è un suono composto che possiede poca o nessuna dolcezza. E poiché in parte è
difficile definire i confini delle consonanze e delle dissonanze, in parte invero que-
sta distinzione non coincide con il nostro modo di esporre, col quale valuteremo i
suoni composti, esposti in base al grado di piacere nel secondo capitolo, attribui-
remo il nome di consonanza a tutti i suoni che consistono in più suoni semplici che
suonano assieme46.

43
Cfr. L. EULER, Tentamen, cap. II, par. 18, pp. 34-35: «Ex quo apparet omnem in Musica voluptatem
oriri ex perceptione rationum, quas plures numeri inter se tenent, quia etiam durationum tempora
numeris exprimi possunt». Il concetto di ‘percezione dei rapporti’ e l’espressione stessa verranno poi
usati – come si è visto – da Denis Diderot nei suoi Principes généraux d’acoustique del 1748, e ancor
più nell’estensione di questi princìpi al concetto di ‘bello’ nell’omonima voce scritta dall’autore per
l’Encyclopédie nel 1751. Per particolari cfr. nota 37.
44
Cfr. P. GOZZA, op. cit., p. 76.
45
È interessante notare però come l’uso del monocordo e delle sue divisioni sia suggerito dall’autore per
l’accordatura degli strumenti a tastiera. Cfr. L. EULER, Tentamen, cap. IX, par. 11, p. 146: «Instrumenta
autem musica ad hoc diatonicum-chromaticum genus ope monochordi facile attemperari poterunt,
monochordo scilicet iisdem rationibus secando, quas soni inter se tenere debent, cuius quidem
operationis praecepta capite primo tradidimus».
46
L. EULER, Tentamen, cap. IV, par. 1, pp. 56-57: «Plures soni simplices simul sonantes constituunt
sonum compositum, quem hic consonantiam appellabimus. Ab aliis quidem consonantiae vox strictiore
sensu accipitur, ut tantum denotet sonum compositum auditui gratum multumque suauitatis in se
habentem: hancque consonantiam distinguunt a dissonantia, quae ipsis est sonus compositus parum vel
nihil suauitatis complectens. At quia partim difficile est consonantiarum et dissonantiarum limites
definire, partim vero haec distinctio cum nostro tractandi modo minus congruit, quo secundum suauitatis
gradus Cap. II. Expositos sonos compositos sumus iudicaturi, omnibus sonitibus, qui ex pluribus sonis
simplicibus simul sonantibus constant, consonantiae nomen tribuemus».
14 Alvise De Piero

Un
Un discorso
discorso aa parteparte merita
merita ilil temperamento
temperamento per per gligli strumenti
strumenti aa tastiera
tastiera proposto
proposto da da
Euler
Euler nel nel nono
nono capitolo
capitolo deldel suo
suo saggio.
saggio. La La questione
questione sisi rivela
rivela essere
essere didi fondamentale
fondamentale
importanza
importanza per per la la comprensione
comprensione del del pensiero
pensiero teoricoteorico dell’autore
dell’autore ee risulta
risulta ancor
ancor più più
interessante
interessante se se sisi prendono
prendono in in considerazione
considerazione alcune alcune lettere
lettere sull’argomento
sull’argomento intercor-intercor-
se
se fra
fra luilui ee Daniel
Daniel Bernoulli.
Bernoulli. Ma Ma procediamo
procediamo con con ordine.
ordine.
Nel
Nel nononono capitolo,
capitolo, intitolato
intitolato IlIl genere diatonico-cromatico, Euler
genere diatonico-cromatico, Euler spiega
spiega qualequale sia sia
questo
questo genere
genere dicendo
dicendo che che èè ilil «genere
«genere recepito
recepito al al giorno
giorno d’oggi
d’oggi dai musicisti4747»» ed
dai musicisti ed
èè formato
formato dall’unione
dall’unione dei dei vecchi
vecchi generi
generi diatonico
diatonico ee cromatico.
cromatico. Come Come taletale esso
esso sarà sarà
indicato dall’esponente 22mm ·· 3333 ·· 5522,, che
indicato dall’esponente che altro
altro non
non èè se se non
non ilil minimo
minimo comune
comune multi- multi-
plo
plo frafra gli
gli esponenti
esponenti dei dei generi
generi diatonico
diatonico (2 (2mm ·· 3333 ·· 5)
5) ee cromatico
cromatico (2 (2mm ·· 3322 ·· 5522).). Se-
Se-
guono
guono diverse
diverse tabelle
tabelle con con lala classificazione
classificazione degli degli intervalli,
intervalli, proposta
proposta specificando
specificando
sia
sia ilil loro
loro rapporto
rapporto matematico,
matematico, sia sia la
la loro
loro denominazione,
denominazione, non non sempre
sempre corrisponden-
corrisponden-
te
te aa quella
quella odierna.
odierna. Euler
Euler infatti,
infatti, nel
nel denominare
denominare gli gli intervalli,
intervalli, sembra
sembra regolarsi
regolarsi sulla sulla
quantificazione
quantificazione matematica
matematica del del rapporto,
rapporto, piuttosto
piuttosto che che sulla
sulla reale
reale distanza
distanza frafra lele note
note che che
compongono
compongono l’intervallo.
l’intervallo. EgliEgli espone
espone infine
infine unauna sua sua proposta
proposta d’accordatura
d’accordatura per per gli gli
strumenti
strumenti aa tastiera,
tastiera, illustrandola
illustrandola dapprima
dapprima sotto sotto ilil profilo
profilo matematico
matematico ee poi poi anche
anche
praticamente
praticamente per per ii lettori
lettori che
che avessero
avessero un un buon
buon orecchio,
orecchio, finemente
finemente educato
educato ee capacecapace
di
di distinguere
distinguere chiaramente
chiaramente almeno almeno gli gli intervalli
intervalli di di ottava,
ottava, di di quinta
quinta ee didi terza
terza mag- mag-
giore4848.. In
giore In questa
questa accordatura
accordatura vi vi sono
sono dodici
dodici quinte
quinte pure pure ee dodici
dodici temperate.
temperate. Vi Vi èè pe-pe-

rò unun problema
problema ee cioè cioè che
che lele quinte
quinte temperate
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molto temperate
temperate ee possono possono
risultare
risultare sgradevoli
sgradevoli all’ascolto.
all’ascolto. Ciò Ciò èè vero
vero soprattutto
soprattutto nel nel caso
caso della
della quinta
quinta D-A, D-A, che che
èè usatissima
usatissima in in musica,
musica, trovandosi
trovandosi nell’àmbito
nell’àmbito diatonicodiatonico ed ed essendo
essendo componente
componente
fondamentale
fondamentale degli degli accordi
accordi formati
formati nel nel tonotono didi ReRe4949,, ee che
che qui
qui risulta
risulta essere
essere molto molto
50
50
stretta
stretta (21.5 cents) ;; al
(21.5 cents) al contrario
contrario la la quinta
quinta B-F B-F èè addirittura crescente5151.. Non
addirittura crescente Non solo, solo,

47
47
L.
L. EEULER
ULER,, Tentamen,
Tentamen, cap. cap. IX,
IX, par.
par. 1,
1, p.p. 132:
132: «Quod
«Quod genus genus nostrum
nostrum decimum
decimum octauum octauum Diatonico-
Diatonico-
Chromaticum
Chromaticum appellemus,
appellemus, ratio ratio exex ipso exponente 22mm ·· 3333 ·· 5522 est
ipso exponente est manifesta,
manifesta, quippe
quippe qui qui est
est minimum
minimum
communis
communis diuiduus
diuiduus exponentium
exponentium generis diatonici 22mm ·· 3333 ·· 55 et
generis diatonici chromatici 22mm ·· 3322 ·· 5522,, ideoque
et chromatici ideoque haechaec duo
duo
genera
genera coniuncta
coniuncta exhibet.
exhibet. ExEx quo
quo statim
statim suspicari
suspicari licet,
licet, hoc
hoc nostrum
nostrum genus,
genus, cum
cum nunc
nunc aa musicismusicis recepto
recepto
genere
genere conueniens
conueniens fore, fore, sisi quidem
quidem musicimusici quoque
quoque istud
istud genusgenus ex ex veterum
veterum chromatico
chromatico et et diatonico
diatonico
composuerunt».
composuerunt».
48
48
L.
L. EEULER
ULER,, Tentamen,
Tentamen, cap. cap. IX,IX, par.
par. 11,
11, p.p. 146:
146: «[...]
«[...] Qui Qui autem
autem solosolo auditu
auditu ad ad hunc
hunc modum
modum
instrumenta
instrumenta musica
musica attemperare
attemperare voluerit,
voluerit, eumeum tribus
tribus istis
istis requisitis
requisitis praeditum
praeditum esseesse oportet,
oportet, ut ut primo
primo
interuallum
interuallum octauam
octauam distinguere
distinguere et et solo
solo auditu
auditu efformare
efformare possit;
possit; secundo
secundo ut ut quintam
quintam quoque
quoque ratione
ratione 22 :: 33
contentam;
contentam; et et tertio
tertio denique
denique ut ut tertiam
tertiam maiorem
maiorem chordis
chordis vel vel intendendis,
intendendis, vel vel remittendis
remittendis exacte exacte
producere
producere valeat».
valeat».
49
49
Si
Si pensi
pensi all’accordo
all’accordo maggiore
maggiore oo minoreminore di di Re
Re allo
allo stato
stato fondamentale
fondamentale oo nei nei suoi
suoi rivolti,
rivolti, oo all’accordo
all’accordo
di
di quinta
quinta ee sesta
sesta sul
sul Re,
Re, oo ancora
ancora all’accordo
all’accordo di di ReRe come
come settimasettima didi dominante
dominante di di Sol.
Sol. Va Va poi
poi rilevato
rilevato
che
che l’intervallo
l’intervallo in in questione
questione può può essere
essere ottenuto
ottenuto anche
anche in in composizioni
composizioni contrappuntistiche
contrappuntistiche come come nota
nota
‘buona’
‘buona’ oo ‘cattiva’
‘cattiva’ –– per
per usare
usare l’espressione
l’espressione contenuta
contenuta ne ne L’Armonico
L’Armonico praticopratico al Cimbalo di
al Cimbalo di Francesco
Francesco
Gasparini
Gasparini –– ma ma inin ogni
ogni caso
caso risulterebbe
risulterebbe sgradevole
sgradevole all’udito.
all’udito.
50
50
E.
E. A.
A. FFELLMANN
ELLMANN,, op. cit., p.
op. cit., p. 52.
52.
51
51
P.
P. BBARBIERI
ARBIERI,, Acustica,
Acustica, accordatura
accordatura ee temperamenti
temperamenti nell’Illuminismo
nell’Illuminismo veneto, veneto, con con scritti
scritti inediti
inediti di
di
Alessandro
Alessandro Barca,
Barca, Giordano
Giordano Riccati
Riccati ee altri autori, Roma,
altri autori, Roma, Edizioni
Edizioni Torre
Torre d’Orfeo,
d’Orfeo, 1987,1987, pp. pp. 256-257.
256-257. In In
pratica,
pratica, inin questa
questa accordatura
accordatura vi vi sono
sono duedue quinte
quinte calanti
calanti di di 21.5
21.5 cents
cents (D-A;
(D-A; FF♯ ♯-- C C♯ ♯)) ee una
una quinta
quinta
crescente
crescente di di 19.5
19.5 cents
cents (B-F,
(B-F, laddove
laddove BB va va letto
letto piuttosto
piuttosto come come A A♯♯).). Questa
Questa soluzione
soluzione inoltre inoltre determina
determina
un
un àmbito
àmbito esecutivo
esecutivo spostato
spostato nelle
nelle tonalità
tonalità con
con ii diesis,
diesis, ee di di conseguenza
conseguenza l’impraticabilità
l’impraticabilità di di quelle
quelle con
con
più
più didi un
un bemolle
bemolle in in chiave.
chiave. La La scelta
scelta didi utilizzare
utilizzare un un àmbito
àmbito diverso
diverso da da quello
quello tradizionale,
tradizionale, ovveroovvero
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 15

ma la quinta D-A interrompe una catena di quinte pure e di conseguenza risulta an-
cora più fastidiosa all’ascolto. Tuttavia, Euler ha difeso strenuamente anche questo
aspetto del suo trattato, come emerge dalla lettura delle lettere intercorse fra lui e
Daniel Bernoulli, che verranno prese in considerazione nel paragrafo successivo.
3. La critica
La fortuna del Tentamen nel XVIII secolo è notevole. Essa si sviluppa non tanto
fra i ‘musici pratici’ che, ad eccezione di Rameau e Tartini, si dimostrano più inte-
ressati ai saggi di prassi esecutiva ed interpretazione della musica, quanto fra i teori-
ci musicali e i fisici. In questo senso, il Tentamen appare come uno degli ultimi
trattati di musica imperniati sulla concezione fisico-aritmetica della musica, che di lì
a poco verrà affiancata da nuove concezioni teorico-estetiche.
Per cominciare a farsi qualche idea sull’argomento, converrà leggere alcuni passi
tratti da lettere intercorse fra Euler e la famiglia Bernoulli. Euler scrive da Pietro-
burgo al suo maestro, Johann I Bernoulli, il 20 dicembre 1738, esponendo alcuni ar-
gomenti su cui stava lavorando. Un passo significativo è dedicato al suo lavoro sulla
musica, denominato ancora in questa fase Tractatus de Musica. Vale la pena di ri-
portarlo integralmente:
[...] All’inizio del prossimo anno sarà dato alle stampe anche il mio Trattato di
Musica che ho già scritto alcuni anni fa; nel quale mi sembra di aver scoperto i veri
e naturali princìpi dell’armonia52: infatti le cose che la teoria ha stabilito coincido-
no sia con la musica degli antichi, sia con quella odierna. Ho dimostrato cioè che è
opportuno che il sistema di tutti i diversi suoni idonei a produrre una qualunque
armonia sia compreso sotto un qualche termine generale, i cui singoli divisori pre-
sentino gli stessi suoni del sistema. Così questo termine generale 2n · 33 · 5 è
l’esponente del genere diatonico Tolemaico, infatti i suoi divisori contenuti tutti
nel rapporto 1 : 2, danno i suoni di questo genere che riempiono l’intervallo di
un’ottava; difatti i Divisori semplici, eccettuata la potenza di 2 che innalza soltanto
i suoni di una o più ottave, sono:
1 3 32 33 5 3·5 32 · 5 33 · 5
ciascuno dei quali moltiplicato per le stesse potenze di 2 in modo tale che entrino
nel rapporto d’ottava, offriranno i seguenti numeri che mostrano i singoli suoni del
genere diatonico
96 108 120 128 135 144 160 180 192
C D E F Fs G A H c
E questo sistema non differisce da quello accolto se non per il fatto che qui vi entra
il suono Fs, che è solito essere omesso, e pure con questo la teoria non si turba per
niente. In realtà, ho osservato che l’esponente del genere diatonico-cromatico, ora
entrato in uso al massimo grado, che contiene 12 suoni nell’intervallo di un’ottava,
è 2n · 33 · 52, e di questo vi sono dodici divisori semplici 1; 3; 32; 33; 5; 3 · 5; 32 · 5;

F - A♯ anziché Eb - G♯, si spiega – come ha ben sottolineato Barbieri – con la necessità di guastare
solo una quinta nel diatonico, anziché due, come sarebbe avvenuto qualora Euler avesse utilizzato
l’àmbito tradizionale.
52
Pare di leggere fra queste righe un’eco del titolo del primo trattato di Rameau, pubblicato a Parigi nel
1722: Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels. Per particolari cfr. nota 132.
16 Alvise De Piero

33 · 5; 52; 3 · 52; 32 · 52; 33 · 52, che riportati attraverso le potenze di 2


nell’intervallo di un’ottava, daranno il seguente sistema di suoni:
27·3 24·52 24·33 2·32·52 25·3·5 29·1 22·33·5 26·32 23·3·52 27·5 33·52 24·32·5
384 400 432 450 480 512 540 576 600 640 675 720
C Cs D Ds E F Fs G Gs A B H
E questi rapporti fra i suoni concordano esattamente con quelli che sono stati stabi-
liti praticamente dai più recenti Musicisti a tal punto che il solo suono B è un po’
dissonante; infatti sono soliti calcolare il rapporto A : B come 25 a 27, quando per
la teoria sarebbe come 128 a 135. In questo modo invece tutto il sistema dei suoni
può essere espresso da un esponente, e così una qualunque consonanza può essere
rappresentata attraverso un esponente e il piacere della consonanza può essere giu-
dicato dall’esponente; tutte cose che nel trattato che sarà pubblicato a breve ho
spiegato e dimostrato abbondantemente53.
Da Basilea Bernoulli risponde il 7 marzo 1739:
«[...] Io non sono molto esperto di musica, e non ho abbastanza familiarità con i
fondamenti di questa scienza, per permettermi di giudicare le Vostre scoperte in
quest’area. Ciò che Voi accennate nella Vostra lettera – seppure di sfuggita – sem-
bra essere davvero rilevante. Quando avrò visto con i miei occhi il Vostro Trattato
che volete pubblicare sui Princìpi dell’Armonia, spero brillerà di una grande luce
per una più profonda comprensione dell’eccellenza delle Vostre scoperte»54.

53
R. 210. «[…] Initio sequentis anni Tractatus quoque meus de Musica quem jam ante aliquot annos
conscripseram prelo committetur; in qua (sic) vera et genuina harmoniae principia detexisse mihi videor:
egregie enim quae theoria suggessit tam cum musica veterum quam hodierna congruunt. Ostendi scilicet
systema sonorum diversorum omnium ad harmoniam quondam producendam idoneorum sub termino
quodam generali comprehendi oportere, cuius singuli divisores ipsos sonos systematis exhibeant. Ita iste
terminus generalis 2n · 33 · 5, est exponens generis diatonici Ptolemaici, ejus enim divisores omnes intra
rationem 1 : 2 contenti dant sonos hujus generis unius octavae intervallum replentes; Divisores enim
simplices neglecta binarii protestate, quae sonos tantum una pluribusve octavis elevat, sunt
1 3 32 33 5 3 · 5 32 · 5 33 · 5
quorum singuli per ejusmodi binarii potestates multiplicati, ut intra rationem duplam cadant, sequentes
praebebunt numeros sonos generis diatonici singulos exponentes
96 108 120 128 135 144 160 180 192
C D E F Fs G A H c
quod systema a recepto non differt nisi quod hinc ingrediatur sonus Fs, qui omitti est solitus, quo
quidem theoria nil turbatur. Generis vero usu nunc maxime recepti diatonico-cromatici 12 sonos
intervallo unius octavae contentis observavi exponentem esse 2n · 33 · 52, cujus sunt duodecim divisores
simplices 1; 3; 32; 33; 5; 3 · 5; 32 · 5; 33 · 5; 52; 3 · 52; 32 · 52; 33 · 52; qui per binarii potestates in unius
octavae intervallum reducti sequens dabunt sonorum sistema
27·3 24·52 24·33 2·32·52 25·3·5 29·1 22·33·5 26·32 23·3·52 27·5 33·52 24·32·5
384 400 432 450 480 512 540 576 600 640 675 720
C Cs D Ds E F Fs G Gs A B H
Haeque sonorum proportiones tam exacte cum iis, quae a novissimis Musicis practice sunt stabilitae,
conveniunt, ut unicus sonus B aliquantillum discrepet; solent enim ponere rationem A : B ut 25 ad 27,
cum per theoriam sit ut 128 ad 135. Quemadmodum autem totum sonorum systema exponente exprimi
potest, ita quaelibet consonantia hoc modo per exponentem repraesentari atque ex exponente suavitas
consonantiae dijudicari potest; quae omnia in tractatu brevi prodituro abunde explicavi et demonstravi».
Cfr. Commercium Epistolicum, op. cit., pp. 263-264.
54
R. 211. «[...] In Musicis non valde sum exercitatus , neque huius scientiae fundamenta satis mihi sunt
perspecta, ut de inventis Tuis judicare queam; videntur sane egregia quae in litteris Tuis obiter tantum
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 17

Dopo queste parole, Johann I Bernoulli non tornerà più sull’argomento, ma ci pen-
serà suo figlio Daniel a puntualizzare alcune cose. Egli infatti, in una lettera inviata
all’amico da Basilea il 7 marzo 1739, scrive:
Il Vostro lavoro sulla musica potrebbe essere molto interessante: ma io dubito che i
musicisti accetterebbero il Vostro temperamento; il fatto che il terminus generalis
2n · 3m · 5p includa pressoché tutti i toni percepiti con piacere è da considerare nulla
più che un’osservazione. Io non credo che in musica si debba riflettere principal-
mente su un’armonia perfetta, dal momento che, con il senso dell’udito, una perso-
na non può distinguere un comma. Poniamo il caso che la progressione
geometrica55 dia i toni con una precisione tale da dare una proporzione semplice,
certamente non precisa, ma precisa alla percezione, sarebbe da preferire questa
stessa per la trasposizione e altri vantaggi56.
Da queste righe sembra di percepire una netta presa di posizione da parte di Daniel
Bernoulli a favore del temperamento equabile che, malgrado la sua diffusa impreci-
sione nell’intonazione degli intervalli, presenta altri vantaggi di tipo pratico. È inte-
ressante sottolineare come in quest’epoca si parli molto del temperamento equabile,
ma come, al tempo stesso, sopravviva ancora la pratica del tono medio, affiancata
sempre più da nuovi temperamenti inequabili57, fra i quali certamente si colloca
quello di Euler. Questo ‘ritardo’ nell’adozione del temperamento equabile è facil-
mente spiegabile qualora si pensi all’omologazione dell’intonazione arrecata dal suo

attingis; sed cum videro ipsum Tractatum Tuum quem de harmoniae principiis edere constituisti, spero
fore ut exinde lux clarior mihi affulgeat ad inventorum Tuorum praestantiam penitus introspiciendam».
Cfr. Ivi, p. 277.
55
Con il termine progressio geometrica si intende il temperamento equabile in cui, com’è noto, la
successione di semitoni egualmente distanti fra loro forma una progressione geometrica.
56
R. 125. «Dero opus musicum wird auch sehr curios sejn: doch aber zweiffle ich daran, ob die musici
dero temperatur wurden annemmen; daß der terminus generalis 2n · 3m · 5p alle tonos fere, ut sunt
recepti, gebe, ist vielleicht nicht anderst als eine observation zu betrachten. In der music glaub ich nicht,
daß am meisten auff eine harmonia perfectissima reflectiert werde, weilen man doch mit dem gehör ein
comma nicht distinguieren kan. Gesetz die progressio geometrica gebe die tonos so accurat, daß
dieselbe eine proportionem simplicem nicht zwar accurat sondern nur quoad sensum accurat geben, so
wurde dieselbe zu praeferieren [sejn], wegen der transposition und anderen vortheilen». Citato in E. A.
FELLMANN, op. cit., pp. 51-53. Il terzo volume della quarta serie degli Opera Omnia di Euler, dedicato
al carteggio fra Daniel Bernoulli e Euler, deve ancora essere pubblicato. Tuttavia, è disponibile sul sito
internet «The Euler Archive» (www.math.dartmouth.edu/~euler/) la traduzione francese di questa lettera
di N. FUSS, Correspondance mathématique et physique de quelques célèbres géomètres du XVIIIème
siècle, Pietroburgo, 1843.
57
Lungo tutto il Settecento vi fu una spasmodica ricerca di temperamenti inequabili che consentissero
da un lato il superamento del mesotonico, i cui limiti nella possibilità di modulare si facevano sempre
più sentire, e dall’altro salvaguardassero la notevole diversità di colore insita in ciascuna tonalità, la
quale variava a seconda dell’altezza del diapason e dell’accordatura, e sarebbe stata spazzata via
dall’adozione del temperamento equabile. In questo senso Euler, malgrado i limiti poc’anzi accennati, si
dimostra contemporaneamente figlio del suo tempo e innovatore, dal momento che il suo temperamento
si colloca cronologicamente fra i primi del secolo. Con questa scelta, inoltre, palesa una profondità di
analisi e una sensibilità al problema tutt’altro che trascurabili per un matematico. Per particolari
sull’argomento cfr. M. LINDLEY, L’accordatura, in A. BELLASICH, E. FADINI, S. LESCHIUTTA, M.
LINDLEY, Il clavicembalo: organologia, accordatura, notazioni, diteggiatura, Torino, EDT Musica,
1984, pp. 41-69; F. GAZZOLA, L’accordatura degli antichi strumenti da tasto, Padova, Armelin Musica,
2003; P. BARBIERI, op. cit., pp. 105-383.
18 Alvise De Piero

uso, e di conseguenza alla perdita del fascino che ogni tonalità presentava qualora lo
strumento a tastiera fosse intonato con i diversi temperamenti inequabili. Ma Euler
non si lascia spaventare dalle critiche e il 16 maggio 1739, da Pietroburgo, replica:
È giunta quasi al termine la stampa della mia teoria; quello che ho detto circa il
terminus generalis 2n · 33 · 52 non è solo un’osservazione, ma si accorda con il più
nuovo e più probabile temperamento, dal momento che solo il tasto B è un po’ di-
verso…quando solo il tono B è abbassato dal rapporto 128 : 125 nel modo appro-
priato, allora si ottiene una totale concordanza con la vera armonia. In questo
modo, allo stesso tempo, l’inconveniente menzionato da Mattheson è completa-
mente rimosso, e l’intervallo Cs : B cambiato in una sesta maggiore, mentre in ca-
so contrario sarebbe più vicino a una settima minore. A proposito, la divisione
secondo la progressione geometrica dev’essere respinta, dal momento che si allon-
tana troppo dalle vere consonanze58.
Daniel, tuttavia, non si lascia convincere dalle parole di Euler e, tornato a Basilea
da Pietroburgo, in una lettera datata 28 gennaio e 1 febbraio 1741, risponde:
Ho portato con me il Sig. Pfaff59 (che è un eccellente musicista) per avere il mio
cembalo accordato nella maniera da Voi prescritta: tuttavia, egli dubita che questa
produrrà un buon effetto e ha detto che non si dovrebbe prestare attenzione sola-
mente all’armonia, specialmente quando si ha a che fare con differenze impercetti-
bili60.
Non sappiamo come la vicenda si sia conclusa; Daniel nelle successive lettere non
tornerà più sull’argomento, probabilmente per delicatezza nei confronti dell’amico,
o forse perché aveva capito l’irremovibilità della sua posizione sulla questione. Ad
ogni modo, le critiche mosse sembrano sottolineare quello che si potrebbe definire il
‘tallone d’Achille’ di Euler, almeno stando alla lettura del Tentamen, ossia la man-
canza di una profonda conoscenza pratica della musica. Euler infatti – come si è ap-
pena visto61 – pare non curarsi, o non prendere nella dovuta considerazione, alcuni
aspetti pratici che sono assolutamente imprescindibili per l’attuabilità di un discorso
teorico, che al contrario è destinato a rimanere fine a se stesso, contraddicendo pe-
raltro le stesse intenzioni dell’autore.

58
R. 126. «Meine Teoria ist durch den Druck schon fast zu Ende gebracht; was ich von dem Termino
generali 2n · 33 · 52 gemeldet, ist nicht nur eine Observation, sondern kommt mit der neuesten und
probatesten Temperatur so genau überein, daß nur der Clavis B ein wenig different ist...Wann also in der
recipierten Art nur der Ton B in ratione 128 : 125 tiefer gemacht wird, so komt dieselbe mit der wahren
Harmonie überein. Dadurch wird zugleich das vom MATTHESON angeführte inconveniens völlig
gehoben, und das intervallum Cs : B in eine sextam majorem verwandelt, welches sonsten einer
septimae minori näher käme. Übrigens ist die Eintheilung secundum progressionem geometricam schon
ausgemustert, weil sie alzuviel abweicht von den wahren Consonantien». Citato in E. A. FELLMANN, op.
cit., p. 53.
59
Si tratta con ogni probabilità di Emanuel Pfaff (1701-1755), che all’epoca era direttore del Collegium
Musicum di Basilea.
60
R. 140. «Ich habe mir vorgenommen mit dem hiesigen Hr. PFAFF (der ein vortrefflicher Musikus ist)
einen flügel so ich habe auff dero vorgeschriebene manier stimmen zu lassen: er aber zweiffelt daß
solches einen guten effect tun werde, und müsse man nicht, sagt er, auff die harmonie allein achtung
geben, sonderlich wan es de differentiis imperceptibilibus zu thun ist». Citato in E. A. FELLMANN, op.
cit., pp. 53-54.
61
Con ogni probabilità, l’assenza di buon effetto segnalata da Bernoulli è dovuta all’intonazione delle
quinte D-A e B-F di cui si è parlato in precedenza. Cfr. pp. 14-15.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 19

Simili critiche gli vengono mosse anche da Giuseppe Tartini (Pirano, 1692 –Padova,
1770), Primo Violino e Capo di Concerto della basilica di S. Antonio a Padova. Di
grande interesse è il carteggio intercorso fra il matematico svizzero e il compositore i-
striano, ora conservato nella Biblioteca Antoniana di Padova62. Entrambi i testi sono
stati copiati diplomaticamente e si trovano alla fine di questa introduzione. Infatti, an-
che se di questi esistono rispettivamente due edizioni moderne, peraltro di difficile re-
peribilità, è sembrato significativo riunirli, alla luce del fatto che si rivelano utilissimi
per capire il pensiero dei due autori.
Una piccola parentesi storica va aperta sull’intera vicenda del carteggio, che pare
ricostruibile con un buon margine di sicurezza dai documenti in nostro possesso.
Apprendiamo dalla Risposta di Tartini che Euler ricevette una copia del Trattato di
Musica secondo la vera scienza dell’Armonia tramite Francesco Algarotti63, noto
scrittore e saggista dell’epoca, oltre che amico di Tartini. Sappiamo anche che il
Trattato tartiniano fu stampato a Padova nel 1754 e in quegli anni Euler si trovava a
Berlino. Inoltre, l’Esame di Euler è preceduto da una lettera autografa di Giuseppe
Toaldo64, celebre astronomo e meteorologo dell’epoca, indirizzata al padre France-
sco Antonio Vallotti, maestro di cappella della basilica di S. Antonio a Padova. In
questa lettera Toaldo, rivolgendosi a Vallotti esordisce con queste parole: «Le ri-
mando la censura dell’eulero [sic] sopra il libro del Signore Tartini che mi par giudi-
ziosa; stupisco di chi se ne vanta»65.
Ora, da queste parole si può supporre che Euler, non avendo probabilmente occa-
sione di avvicinare nuovamente l’Algarotti, e non sapendo a chi indirizzare il suo
commento sull’opera tartiniana, lo abbia spedito a Toaldo, che forse conosceva di
fama66. In ogni caso, Toaldo e successivamente Vallotti sono stati il tramite grazie al

62
Rispettivamente L. EULER, [Esame del Trattato di Giuseppe Tartini], Padova, Archivio Musicale della
Cappella Antoniana, Ms. D. VI. 1894, cc. 16a-16e. (ed. mod. G. TEBALDINI, Giuseppe Tartini. Appunti
storico-critici. I: Tartini ed Euler, in «Gazzetta musicale di Milano», LII-31, 5-8-1897, pp. 444-448); G.
TARTINI, [Risposta all’esame di Eulero], Padova, Archivio Musicale della Cappella Antoniana, Ms. D. VI.
1894, cc. 17a-17f. (ed. mod. P. BARBIERI, Tartinis Dritter Ton und Eulers Harmonische Exponenten. Mit
einem unveröffentlichten Manuskript Tartinis, in «Musiktheorie», VII-3, pp. 219-234). Lo scritto di Euler è
con buona probabilità un autografo, mentre quello di Tartini lo è sicuramente. Sono entrambi non firmati,
senza titolo e senza data, tuttavia non destano dubbi sull’autenticità, essendo chiari i contenuti ed
inequivocabili le grafie degli autori, soprattutto nel caso di Tartini. Il titolo indicato fra parentesi quadre è
ricavato dalle rispettive edizioni moderne ed è stato adottato per una più facile indicazione dei testi.
L’autografo tartiniano è quasi sicuramente una minuta, le cui cancellature sono chiaramente decifrabili, e sono
state anch’esse riportate fra parentesi quadre nella copia diplomatica posta in calce alla presente introduzione,
alla quale si rimanda per la lettura integrale dei due documenti.
63
G. TARTINI, op. cit., c. 17a.
64
Per particolari sulla vita e sull’opera di Giuseppe Toaldo, cfr. G. BOZZOLATO, Giuseppe Toaldo: uno
scienziato europeo nel Settecento veneto, Brugine, Edizioni 1+1, 1984.
65
G. TOALDO, [Lettera al padre F. A. Vallotti], Padova, Archivio Musicale della Cappella Antoniana,
Ms. D. VI. 1894, c. 15. Questa lettera di Toaldo prosegue con un’esortazione rivolta a Vallotti «perché
si determini una volta ad eseguire il suo piano sopra la musica che in un tempo darà la Teoria di questa
scienza colla applicazione alla Pratica. Le prometto in tal caso di voler studiare seriamente almeno la
parte matematica della musica». Dal contesto emerge chiaramente che Toaldo doveva avere parecchie
riserve sulle speculazioni tartiniane.
66
Questo spiegherebbe anche il motivo per cui il matematico svizzero non si rivolge direttamente al
20 Alvise De Piero

quale Tartini è entrato in possesso delle osservazioni di Euler sul suo trattato. Vi è
però un altro aspetto interessante. La lettera di Toaldo, infatti, è datata «Montegalda,
13 giugno 1756» e questa data, l’unica presente in tutto il carteggio, si rivela prezio-
sissima per contestualizzare cronologicamente l’intera vicenda. Abbiamo visto come
il Trattato tartiniano sia stato pubblicato a Padova nel 1754; due anni dopo ritorna a
Padova l’Esame di Euler. È chiaro che questo tempo è stato necessario per far giun-
gere il libro di Tartini al matematico svizzero, il quale lo ha letto, analizzato, critica-
to e ha poi spedito la sua ‘censura’ a Toaldo. Pur non avendo una testimonianza
diretta di questa spedizione epistolare, essa è ipotizzabile con un buon margine di
sicurezza, per due ragioni. La prima è che sappiamo dallo stesso Toaldo che i suoi
unici viaggi si sono svolti sul territorio italiano67, e di conseguenza egli non deve
aver mai avuto occasione di avvicinare Euler che allora si trovava a Berlino; la se-
conda invece è che la lettera indirizzata da Toaldo a Vallotti è stata scritta e spedita
da Montegalda, paese situato fra Padova e Vicenza, dove egli fu arciprete dai primi
anni cinquanta68. Rimane aperta la possibilità che una terza persona abbia fatto da
tramite tra i due scienziati, ma allo stato attuale degli studi non è dato sapere di più.
La Risposta tartiniana va collocata quindi immediatamente dopo la ricezione dei
commenti di Euler, e cioè orientativamente nella seconda metà del 1756, o al mas-
simo nella prima metà del 1757. Questo particolare si rivela essere molto interessan-
te in quanto in essa compare la volontà di Tartini di dare séguito alle sue
speculazioni teoriche con un’altra opera che egli chiama già disertazione69, ossia con
quello che sarà il sottotitolo del suo secondo saggio, il De Principj dell’Armonia
Musicale contenuta nel diatonico genere, che sarà completato nel 176470, e verrà
stampato a Padova nel 1767, ossia dieci anni dopo.
Non si vuole qui entrare nel merito dell’opera teorica del Piranese, definito dallo stes-
so Euler come «il maggiore compositore di questi tempi71», di impostazione completa-

compositore, come farà invece Tartini con Euler nella Risposta, ma parla sempre del Signor Tartini,
come se stesse parlando con una terza persona, che potrebbe essere anche lo stesso Toaldo. Per quanto
riguarda il cursus honorum di Toaldo, va segnalato come egli in quel periodo, pur non avendo ancora
assunto la docenza di astronomia presso l’Università di Padova, fosse già abbastanza noto come
insegnante di grammatica, retorica, filosofia e matematica del Seminario Vescovile patavino, oltre che
curatore della riedizione delle opere di Galileo Galilei. Per particolari, cfr. G. BOZZOLATO, op. cit.,
pp. 44-45.
67
Ivi, p. 117.
68
Ivi, p. 59; nella foto n. 18, che riproduce le prime annotazioni di Toaldo sul registro dei morti, si legge
la data 3 aprile 1752. Sappiamo poi che l’arciprete mantenne a vita la carica a Montegalda, dove si recò,
lasciando Padova, dopo la morte dell’abate Conti, ma vi abitò stabilmente solo fino al 1766, quando
assunse la docenza di astronomia all’Università di Padova. In ogni caso, nel periodo che ci interessa
risulta essere residente a Montegalda.
69
Cfr. nota 82, nonché il testo integrale della Risposta riportato alla fine dell’introduzione.
70
P. PETROBELLI, Giuseppe Tartini, in Tartini, le sue idee e il suo tempo, «Musicalia» 5, Lucca, LIM,
1992, p. 7.
71
L. EULER, op. cit., c. 16a. Al di là dei complimenti di facciata, la fama di Tartini come violinista e
compositore doveva essere ben chiara anche ad Euler. Le sue opere ebbero notevole influsso in area
tedesca, anche sulla coeva trattatistica (si pensi al Versuch einer gründlichen Violinschule di Leopold
Mozart) e l’affluenza alla sua scuola di allievi provenienti dalle più svariate nazioni fu all’origine del
soprannome ‘Maestro delle Nazioni’, con cui veniva spesso chiamato. L’opera tartiniana qui presa in
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 21

mente diversa da quella del matematico svizzero72, anche se in ogni caso assai ricca di
problemi, né si vogliono istituire confronti fra gli scritti dei due autori; tuttavia – come
ha già fatto notare Patrizio Barbieri73 – sembra significativo segnalare, ad esempio, co-
me Tartini rilevi nel Tentamen la mancanza di una ‘crescita regolare’ delle serie armo-
niche, dal momento che «alcuni termini risultano mancanti (il terzo accordo ad esempio
è privo di quinta), mentre altri sono addirittura dissonanti (vedi la settima C-B
dell’ultimo accordo)»74. Nella Risposta alla lettera di Euler, il ‘Maestro delle Nazioni’
cerca di suggerire, in maniera diplomatica, al matematico svizzero di confrontarsi con
un buon musicista75, appello che sembra essere caduto nel vuoto. È chiaro che Tartini,
pur con tutti i limiti concettuali delle sue teorie, ragiona da musicista. La questione vie-
ne affrontata esplicitamente in una sua lettera a Giordano Riccati, datata 10 maggio
1760, dove parlando dei ‘fisico-matematici’ scrive:
[…] Unicamente gli si nega [al fisico-matematico] qualunque libertà di trasformare
in senso sostanziale diverso il già formato sistema, perché questo essendo compro-
vato dall’ottimo costante effetto di tanti secoli, è forza, che il Fisico-matematico lo
riceva, ed esamini qual è: non mai quale gli accomoderebbe che fosse, perché se
tanto pretendesse, gli s’intima dal Musico a prova la formazione, e produzione di
sistema migliore del già formato, e certamente a prova il Fisico-matematico la per-
de. In questo ha peccato l’Eulero, ed altri, ed egualmente il Signor Conte rispetto

esame da Euler è il Trattato di musica secondo la vera scienza dell’Armonia, Padova, Stamperia del
Seminario, 1754. Per particolari sull’influenza tartiniana in Germania cfr. P. PETROBELLI, Tartini,
Algarotti e la corte di Dresda, e La scuola di Tartini in Germania e la sua influenza, in P. PETROBELLI,
op. cit., pp. 51-64 e 81-99.
72
Senza scendere nei particolari, basterà rilevare come l’opera teorica di Tartini risenta di
un’impostazione filosofico-platonica di natura misticheggiante completamente assente in quella di
Euler, che al contrario mostra un carattere squisitamente illuministico; quanto poi alle unità di misura in
campo, andrà sottolineato come Euler lavori sempre sulle frequenze, mentre Tartini, da buon violinista,
sulle lunghezze della corda vibrante.
73
P. BARBIERI, Il sistema armonico di Tartini nelle ‘censure’ di due celebri fisico-matematici: Eulero e
Riccati, in «Tartini, il tempo e le opere», a cura di A. BOMBI e M. N. MASSARO, Bologna, Il Mulino,
1994, pp. 341-42. Altre interessanti critiche sul Tentamen sono formulate dall’autore alle pp. 337-339.
In particolare, va segnalata l’attribuzione da parte di Euler dello stesso grado di piacere ai diversi rivolti
della triade minore, cosa piuttosto singolare, che sembra avvalorare la critica formulata a p. 18. La stessa
critica, suffragata da doviziosi esempi, compare anche in P. BARBIERI, Acustica, accordatura e
temperamento nell’Illuminismo veneto, op. cit., pp. 83-84, nota 4, dove l’autore ricostruisce in forma
schematica i concetti principali della teoria di Euler.
74
Ivi, p. 341. I due esempi presi in esame da Barbieri, e ricavati dal Tentamen (cap. IV, par. 31, tabella),
riguardano le serie armoniche di terza maggiore e terza minore e sono i seguenti:
terza magg. (4:5) : 1 : 2: 4 : 5 : 10 : 20 = C1 : C2 : C3 : E3 : E4 : E5.
terza min. (5:6) : 1 : 2 : 3 : 5 : 6 : 10 : 15 : 30 = C1 : C2 : G2 : E3 : G3 : E4 : B4 : B5.
75
G. TARTINI, op. cit., c. 17a. Sembra di leggere fra le righe un’autocandidatura tartiniana, confermata
peraltro in maniera piuttosto esplicita nel corso della lettera dove l’argomento ricorre più volte. Ad
esempio, a c. 17c si legge: «[...] perché se dato da una parte un Eulero che versando su tal ricerca,
assegni la regola dimostrativa di questo principio: dato dall’altra parte un Professore, che nelle sue
fisiche ricerche scopra un fenomeno sì preciso e significante qual è il terzo suono: data la comparazione
della regola dimostrativa co ’l fenomeno in qualunque precisione, e trovata identica co ’l fenomeno, è
certo di certezza fisica e dimostrativa il vero principio dell’armonia; e per conseguenza sarà certo che
dalla congiunzione di due estremi, cioè di un infinitamente grande, ed è l’Eulero, un infinitamente
piccolo, ed è il Tartini, sarà finalmente dopo secoli determinata la cosa qual è, ponendo una volta fine
alla interminabile ricerca». Per una lettura integrale della lettera si rimanda alla fine dell’introduzione.
22 Alvise De Piero

alla trasformazione delle prime reali posizioni del sistema, e a sensi affatto diversi
dal vero primario senso. No; o si stia al palo, o si tronchi affatto qualunque que-
76
stione tra Dotti, e Musici .
L’assenza del riscontro sperato da parte di Euler farà assumere a Tartini toni più
duri nell’opera successiva, De’ Principj dell’Armonia musicale77 del 1767, nella
quale, dopo aver citato esplicitamente il Tentamen78 ed aver messo a confronto la
teoria degli esponenti di Euler con il suo sistema basato sul terzo suono, rilevando
altresì la dissonanza rappresentata dalla settima dell’esempio C-B, Tartini scrive:
È dunque assolutamente falsa la suddetta formola fondata sui divisori integrali,
perché non reggendo alla sesquiquinta, ragione integrale del consonante sistema,
non regge all’intiero sistema. L’insigne soggetto abbia la gloria di essersi più di
tutti approssimato in questa formola al vero senza nozione alcuna del fenomeno
del terzo suono reso pubblico molti anni dopo la di lui opera. Ma soffra poi che gli
si neghino i suoi divisori, ingegnosi bensì, ma non veri; e si osservi il confronto di
79
fatto, che non ammette risposta .
Concetti analoghi ritorneranno anche nella sua ultima opera, rimasta manoscritta e
tuttora conservata presso la Biblioteca del Museo del Mare di Pirano, la Scienza pla-
tonica fondata nel cerchio80. È evidente che anche se Tartini definisce Euler «il più
dotto uomo d’Europa»81, o il «dottissimo Eulero»82, affonda il coltello nel fianco del
matematico svizzero, seppure in buona fede, cercando in questo modo di far ottenere
maggior visibilità alla sua teoria fondata sul terzo suono, che d’altra parte è conside-

76
Cfr. Lettera 25 in L. DEL FRA (a cura di), Commercio di Lettere intorno ai Principj dell’Armonia fra il
Signor Giuseppe Tartini ed il Co. Giordano Riccati, «Musicalia» 7, Lucca, LIM, 2007, pp. 87-88.
77
G. TARTINI, De’ Principj dell’Armonia musicale, Padova, Stamperia del Seminario, 1767; in
«Monuments of Music and Music Literature in facsimile», Second series-Music Literature LXIV, New
York, Broude Brothers, 1967. L’intenzione di Tartini di ritornare sull’argomento è esplicitata già nella
Risposta ad Euler; a c. 17e infatti si legge: «[...] e quando ella mi conceda la grazia e licenza di
aggiungere al mio trattato una breve disertazione, in cui sia contenuta la sostanza di quanto si è
privatamente tra noi conferito, e sia posta nella di lei regola congiunta alla mia per intelligenza comune
de Professori l’autorità del di lei rispettabilissimo nome, e la di lei approvazione alla congiunzione di
queste due regole dico (ed ella vede meglio di me) ch’è per sempre deciso della questione».
78
G. TARTINI, op. cit., p. 7. In questo passo Tartini mantiene la promessa fatta ad Euler, come si è visto
nella succitata Risposta, e ripropone i concetti lì esposti.
79
G. TARTINI, op. cit, p. 9.
80
Cfr. G. TARTINI, Scienza platonica fondata nel cerchio; ed. mod. a cura di A. Todeschini Cavalla,
Padova, CEDAM, 1977, p. 21, dove si legge: «[…] Ma questa proprietà [l’armonica natura del cerchio]
(si confessa) non poteva esser nota se non si scopriva il fenomeno del terzo suono, il quale essendo di
scoperta assai recente (fu scoperto dall’autore nel 1714 in Ancona) ed appartenendo immediatamente
alla musica, perché questo terzo suono è il basso fondamentale dell’armonia, benché pubblicato
dall’autore nel suo Trattato di Musica e diffuso per tutta Europa dai suoi scolari, non si è mai seriamente
considerato dai fisico matematici, benché efficacemente eccitati dall’autore. (Sono tutti viventi: Eulero
in Berlino, d’Alembert in Parigi, Lesseur e Pachier in Roma; essi uomini sommi, l’autore un suonator di
violino, troppa lontananza a dispetto del vero). Ma ciò che allora non si è fatto volontariamente da tali
soggetti, è da farsi presentemente per forza, e si voglia o no, convien rispondere al suonator di violino sú
quanto qui propone e dimostra, fondato sul fenomeno del terzo suono, che vuol dire sú fisico
fondamento».
81
G. TARTINI, [Risposta], c. 17a.
82
G. TARTINI, De’ Principi, p. 7.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 23

rata da Euler come un corollario del suo sistema83. Va però rilevato come Tartini
dimostri un profondo e sincero rispetto nei confronti di Euler, in quanto sembra sen-
tirsi da lui rispettato, come si evince da una sua lettera ad Angelo Gabrielli, datata
6 febbraio 1760, poi girata da quest’ultimo a Giordano Riccati:
[…] Ricevo, e risento colpo enorme dal tante volte provato contegno de’ Dotti ver-
so di me (eccettuo l’Eulero, e Madame e Monsieur de Mairan, e d’Alembert one-
stissimi, e civilissimi): contegno di superiorità fin al disprezzo. La massima parte
mi riguarda, come dalla cima del Campanile di S. Marco si guarda in piazza, e ap-
84
pena si degnano di dar una lettura superficiale alle cose mie .
Anche il conte Giordano Riccati (Castelfranco Veneto, 1709 - Treviso, 1790), fisi-
co, architetto e teorico della musica, della quale vantava pure una solida conoscenza
pratica85, interessatissimo a questa disquisizione erudita, prese aperta posizione
sull’argomento, con un’ottica diversa da quella di Tartini, più razionale e illuminista.
Intrattenne rapporti epistolari con molti dei ‘dotti’ dell’epoca, fra cui Euler, come del
resto fece anche il fratello Vincenzo, pure lui matematico e fisico86. Giordano Riccati
pur essendo nato a Castelfranco Veneto, respirava l’aria culturale dell’ambiente pado-
vano; infatti, se Venezia nel Settecento continuava ad essere uno dei principali centri
di attrazione anche in àmbito musicale, Padova non era da meno.
Intorno alle figure dei padri Francesco Antonio Calegari (Venezia, 1656 - 1742) e
successivamente Francesco Antonio Vallotti (Vercelli, 1697 - Padova, 1780), mae-

83
L. EULER, [Esame], c. 16c. «[...] Dunque la regola del Signor Tartini per trovare il basso, date essendo
due note a questo riviene, che il basso contener deve un suono espresso da un commun divisore de’
numeri che esprimono i suoni dati».
84
Lettera 9 in L. DEL FRA, op. cit., p. 31.
85
D. M. FEDERICI, Commentario sopra la vita e gli studi del Conte Giordano Riccati Nobile Trivigiano,
Venezia, 1790. Nella sezione prima, al paragrafo VII, intitolato Istruisce altri nella Musica ed altri
nell’Architettura, alle pp. 20-21, si legge: «[…] Non disdegnava a qualunque dare precetti pel
Gravicembalo, per il Violino, ed altri stromenti, e specialmente per le leggi del contrappunto […].
Nominerò i principali, quelli, che fama acquistarono, e gloria sono del Maestro e della Patria. Fino da
primi movimenti e prime cognizioni istruì Giambattista Bortolani, e lo condusse ad un perfetto termine
nel suono del Gravicembalo, in cui divenne esperto e delicato maestro, e nel magisterio del
contrappunto, in cui, se un panico timore talora non lo sorprendesse, salito sarebbe ad un posto sublime
di merito. La Città di Bassano lo ha invitato per maestro di cappella, e vi si trattenne per un anno intero
con vera soddisfazione di que’ Nobili Signori e Dame, che molto della Musica si dilettano, ed in essa si
distinguono. Maestro di ottimo gusto e di esecuzione si è il Signor Ignazio Spergher, pur Trivigiano,
professore di Cembalo, e Maestro di contrappunto. Questi istrutto dal Riccati nelle leggi della Musica,
divenne uno de’ più eccellenti di queste contrade. Diede alle stampe molte sinfonie riputate assai fra le
italiane, ed in Venezia, in Trivigi, ed in altre città conosciuto qual maestro di cappella, gode chiaro nome
di originale, e profondo Scrittore nel contrappunto, e di delicato professore. Questi il buon gusto
introdusse presso di noi nel suonare il Gravicembalo, ed il sacro ecclesiastico Organo». Il passo è
parzialmente citato anche in L. DEL FRA, op. cit., p. XVII. Il testo di Federici, malgrado lo stile un po’
apologetico, si rivela molto utile per l’inquadramento storico della figura del Riccati. Per particolari
inerenti la musica e l’acustica, cfr. anche: sez. I, par. IV, pp. 11-13, in cui si espone la sua formazione
musicale e le sue aspirazioni ad una riforma del sistema teorico; sez. II, parr. IV, V, pp. 48-63, in cui
viene ripercorsa e commentata la sua produzione a stampa in campo musicale e acustico; sez. III, parr.
VI, VII, pp. 89-95, in cui vengono prese in considerazione le opere sull’argomento rimaste manoscritte.
86
L. DEL FRA, Ibidem. Va segnalato, tuttavia, che in D. M. FEDERICI, op. cit., sez. III, par. IX, pp. 98-
105, compare un lungo elenco di personalità con le quali Riccati ebbe scambi epistolari, ma non è
incluso il nome di Euler.
24 Alvise De Piero

stri di cappella della basilica di S. Antonio, e a quelle già viste di Giuseppe Tartini e
di Giordano Riccati, si sviluppò un interessantissimo dibattito sulla teoria della mu-
sica, del tutto indipendente dalla querelle sul melodramma. Ciò molto probabilmen-
te è dovuto al fatto che gli interessi di questo gruppo ruotavano intorno alla musica
sacra (Calegari, Vallotti) e a quella strumentale (Tartini87). Non va dimenticato poi
che Calegari, già maestro di cappella nella basilica di S. Francesco a Bologna e in
quella di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, espose una teoria sui rivolti degli
accordi del tutto simile a quella di Rameau, ma a quanto pare, prima del compositore
e teorico francese, come attesta un basso cifrato di un Kyrie, datato 172188. Tuttavia,
il fatto che non abbia mai pubblicato nulla spiega il motivo per cui le sue teorie eser-
citarono solo un’influenza locale, in particolare fra i suoi allievi (fra i quali Vallotti)
e rimasero in auge molto a lungo, se è vero che ancora Alessandro Barca ne trasse
beneficio. L’uso dei rivolti degli accordi teorizzato da Calegari e spiegato dallo stes-
so Giordano Riccati in un piccolo trattato del 176289, divenne a tal punto caratteristi-
co dell’ambiente padovano da far assumere a questi compositori il nome di ‘scuola
dei rivolti’.
In tutto questo pullulare di idee, la figura di Euler sembra rimanere un po’ in di-
sparte. In realtà non è così. Se è vero infatti che la sua opera nulla ha a che vedere
con la teoria dei rivolti degli accordi, è anche vero che era ben nota a tutti, special-
mente ai ‘fisico-matematici’ e ai musicisti che cercavano di dare una spiegazione
delle cause del sistema musicale, come ben attestano le numerose citazioni del suo
nome da parte di Tartini e Riccati. Inoltre, come si vedrà, la sua influenza andrà an-
cora oltre, informando le pagine di un saggio di Alessandro Barca. Ma procediamo
con ordine.
Alcune interessanti affermazioni critiche sul matematico svizzero, e in particolare
sul Tentamen, sono avanzate dal conte Giordano proprio nel carteggio con Tartini e
Gabrielli poc’anzi citato. Scrive infatti Riccati ad Angelo Gabrielli, in una lettera

87
Si vedano in proposito le parole dette da Tartini al presidente De Brosses in merito alla differenza fra musica
strumentale e vocale: «[...] Sono due generi – mi diceva – tanto differenti, che ciò che si addice all’uno non può
assolutamente adattarsi all’altro; ciascuno dovrebbe limitarsi a quella che è la sua inclinazione. Hanno insistito
– aggiunse – perché io lavorassi per i teatri di Venezia, e non l’ho mai voluto fare perché so benissimo che
un’ugola non è un manico di violino. Vivaldi che si è messo in testa di sperimentare ambedue i generi, nell’uno
si è sempre fatto fischiare, mentre nell’altro riusciva benissimo». Per particolari, cfr. Lettera LI in CH. DE
BROSSES, Lettres familières écrites d’Italie en 1739 et 1740, Sérieys, 1799; trad. it. Viaggio in Italia, a cura di
Bruno Schacherl, Bari, Laterza, 1992, p. 584.
88
Cfr. New Grove Dictionary of Music and Musicians, second edition, edited by Stanley Sadie,
Macmillan Publishers limited, 2001, ad vocem. Per una trattazione completa dell’argomento cfr. anche
P. BARBIERI, Gli armonisti padovani del Santo nel Settecento, in S. DURANTE, P. PETROBELLI (a cura
di), Storia della musica al Santo di Padova, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1990.
89
Si tratta del Saggio sopra le leggi del contrappunto, Castelfranco, Giulio Trento, 1762. In realtà,
questo è un compendio della più significativa opera intitolata Le leggi del contrappunto dedotte dai
Fenomeni e confermate dal raziocinio, che mai vide la luce per tutta una serie di problemi legati sia alla
redazione, che alla stampa. Il manoscritto infatti fu terminato nel 1754, ma fu pronto per la stampa solo nel
1773 e non fu mai pubblicato. Per una ricostruzione completa della vicenda cfr. P. BARBIERI, Acustica,
accordatura e temperamento nell’Illuminismo veneto, op. cit., pp. 5-6 e pp. 105-117.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 25

datata 12 febbraio 1760:


[…] L’Eulero è uno de’ primi Matematici, ch’il Mondo abbia avuti, e pure non è
riuscito nel suo Tentamen nova (sic) theoriae musicae. Nella sua Dissertazione so-
pra la natura del fuoco critica ingiustamente la formola Newtoniana intorno la ve-
locità del suono, e ci sostituisce una formola falsa, che mi è riuscito di condurre
all’assurdo. Nel suo Trattato dei massimi, e dei minimi prende sbaglio nel deter-
minare l’elasticità delle lamine elastiche, e la loro risonanza, omettendo la metà dei
suoni, che le dette lamine posson produrre. E qui noto, che insieme col suono prin-
cipale in una lamina, in un parallelepipedo, in un cilindro, sono incorporati moltis-
simi suoni, l’aggregato dei quali io nomino risonanza, i quali sono ripugnantissimi
all’armonia, e non han punto a che fare colla risonanza delle corde. Sulla risonanza
adunque dei corpi sonori è stata malamente fondata l’armonia da Monsieur Rame-
au, e ad una pari eccezione è soggetto il terzo suono, che dipende dalla risonanza
delle corde. Io credo che intanto la musica faccia grand’uso dei soli stromenti
composti di corde solide, o fluide, in quanto che sommamente elegante è la loro ri-
90
sonanza .
Qui Riccati gioca in casa, in quanto egli era assai esperto su numerose questioni
acustiche. Si occupò infatti delle vibrazioni trasversali delle barre, che sono libere di
vibrare ad entrambe le estremità, come quelle degli xilofoni. Ma studiò anche il di-
ametro delle corde del violino e del cembalo, oltre a quello delle canne d’organo91.
Del resto, ne Le leggi del contrappunto dedotte dai Fenomeni e confermate dal ra-
ziocinio, Riccati espone le sue perplessità sul sistema teorico di Euler. Ad un certo
punto, infatti, egli scrive:
Chi potrà mai capire, che la ragione 1 : 9 dissonanza, che non è ammessa nel con-
trappunto, se non colle precauzioni di prima prepararla, ed indi risolverla, sia tanto
soave, quanto le ragioni 1 : 16, 1 : 12, 3 : 4, 1 : 5 tutte consone, e grate al sensorio?
Questo solo raziocinio basta per gittare a terra il metodo del Signor Eulero, il quale
in fatti nell’idearlo non ha avuta la necessaria mira agli esperimenti, ed a quel giu-
92
dizio comune, e confermato, che de’ rapporti armonici danno i musici pratici .
Un altro importante componente del cenacolo patavino, come si è visto, fu France-
sco Antonio Vallotti, allievo del Calegari e suo successore alla guida della cappella
antoniana. I suoi scritti teorici93, tuttavia, sono ancora abbastanza sconosciuti, ma
sembrano seguire e approfondire la strada tracciata da Calegari, anche se Vallotti pare

90
Lettera 10 in L. DEL FRA, op. cit., p. 34.
91
Cfr. New Grove Dictionary of Music and Musicians, second edition, edited by Stanley Sadie,
Macmillan Publishers limited, 2001, ad vocem. Per una trattazione approfondita di questo argomento
cfr. P. BARBIERI, op. cit., pp. 3-63.
92
G. RICCATI, Le leggi del contrappunto dedotte dai Fenomeni e confermate dal raziocinio, Udine,
Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi”, Ms 1026-I, cc. 20-21. Per la citazione di questo passo cfr. Ivi, p. 84.
Va però segnalato che malgrado sia Riccati che Barca critichino la classificazione dei gradi di piacere
essenzialmente aritmetica proposta da Euler, alla fine essa risulti per lo più confermata dagli studi in
campo acustico effettuati nel secolo seguente da Hermann von Helmholtz, come più volte sottolinea lo
stesso Barbieri, pur non esimendosi dal rilevamento delle difficoltà comunque presenti nel sistema di
Euler. Cfr. oltre al passo indicato anche le pp. 333-335, e in particolare la nota 11.
93
Vallotti scrisse varie opere teoriche, ma la più importante si intitola: Della scienza teorica e pratica
della moderna musica, il cui primo libro fu stampato a Padova nel 1779. L’opera prevedeva
originariamente quattro volumi, dei quali però, oltre a quello stampato, rimangono solamente in versione
manoscritta il secondo libro e parte del terzo.
26 Alvise De Piero

non essere sempre in totale accordo né con Calegari, né con Tartini. In questi scritti,
oltre a questioni strettamente musicali, Vallotti propone un suo temperamento per gli
strumenti a tastiera di grande eleganza. Infine, gli archivi della biblioteca antoniana
conservano un manoscritto di Tartini con calcoli algebrici di Vallotti (con l’assistenza
dell’abate Suzzi e di Alessandro Barca)94 che indica come anche Vallotti fosse interes-
sato, al pari di Tartini, alle questioni matematiche inerenti la musica, cosa confermata
anche dalla corrispondenza intercorsa fra lui e Giordano Riccati dal 1734 al 1777. Sia
Vallotti che Tartini, inoltre, mantennero una nutrita corrispondenza con il bolognese
padre Giovanni Battista Martini (Bologna, 1706–1784) ora conservata al Museo Inter-
nazionale e Biblioteca della Musica di Bologna.
Nel corso di queste pagine si è accennato più volte al nome di Alessandro Barca
(Bergamo, 1741–1814); è giunto ora il momento di saperne qualcosa di più.
Anch’egli religioso nell’ordine dei padri Somaschi, nel 1761 fu invitato ad insegnare
filosofia e matematica nel collegio di Santa Croce in Padova. Il suo soggiorno pado-
vano fu all’origine della nascita del rapporto con Vallotti; studiò gli aspetti matema-
tici della sua teoria armonica e del temperamento. Insegnò anche legge canonica
all’Università di Padova, attività che venne ad aggiungersi a quelle di farmacista e
teorico dell’architettura; come si può vedere si tratta di una personalità impegnata a
trecentosessanta gradi. Per quanto riguarda la musica, in particolare, degna di nota è
la sua Nuova teoria di musica95, che già dal titolo richiama il saggio di Euler oggetto
delle nostre attenzioni96. In quest’opera in sei sezioni, quattro delle quali pubblicate,
l’autore si occupa ancora una volta della teoria dei rivolti tanto cara alla ‘scuola di
Padova’. Inoltre, in essa compare un indice degli intervalli armonici in ordine di
consonanze che ricorda nuovamente quello proposto da Euler nel Tentamen. Barca
applicò la sua teoria delle consonanze anche al calcolo dei sistemi temperati, arri-
vando a un temperamento regolare che riduceva ciascuna quinta di 5/29 (circa 1/6)
di comma sintonico97. Nel 1810 gli fu commissionato un Rapporto sullo stato della
musica nel Regno d’Italia diretto al Ministero della Pubblica Istruzione.
Tutto ciò dimostra meglio di qualunque altra cosa la notevole conoscenza
dell’opera di Euler in Italia, nonché la sua continuità nella formazione culturale dei
teorici italiani, se ancora alla vigilia degli anni novanta del Settecento e oltre98 c’era

94
New Grove Dictionary of Music and Musicians, second edition, edited by Stanley Sadie, Macmillan
Publishers limited, 2001, p. 223.
95
Per un inquadramento della figura di Barca e un’analisi di quest’opera in relazione al contesto
culturale, e in particolare alle opere di Euler, cfr. P. BARBIERI, op. cit., pp. 65-102, e pp. 157-239 dove
vengono pubblicate parti del saggio rimaste fino ad allora inedite.
96
Si è già visto (cfr. nota 92) che Barca, al pari di Riccati, critica il Tentamen di Euler, va però rilevato –
come scrive lo stesso BARBIERI (op. cit., p. 87) – che il religioso, nell’elaborazione della sua teoria,
torna «alla ‘semplicità delle ragioni’, per ricercarvi la spiegazione del fenomeno della consonanza. Allo
scopo di ordinare gerarchicamente tali rapporti numerici, stabilisce una regola aritmetica che, nella sua
machinosità e soggettività, ha molti punti in comune con quella di Eulero».
97
Cfr. New Grove Dictionary of Music and Musicians, second edition, edited by Stanley Sadie,
Macmillan Publishers limited, 2001, ad vocem.
98
Le date di pubblicazione delle sezioni della Nuova teoria di musica di Barca sono le seguenti:
Introduzione memoria prima, Padova, 1786; Introduzione memoria seconda, Padova, 1789; Memoria
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 27

chi lo prendeva a modello per le sue opere. Finora si sono presi in considerazione
esponenti operanti nell’area veneta, ma gli scritti di Euler girarono in lungo e in lar-
go l’Italia, e più in generale l’Europa, anche grazie ai notevoli scambi culturali che,
malgrado la difficoltà negli spostamenti, avvenivano regolarmente sia in prima per-
sona grazie ai numerosi viaggi, sia per mezzo di un’intensa epistolografia.
Il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna conserva una tradu-
zione italiana settecentesca delle Lettres à une Princess d’Allemagne sur divers su-
jets de Physique et de Philosophie, pubblicate a Pietroburgo fra il 1768 e il 1772.
Questa traduzione99, pubblicata in tre volumi a Napoli, nel 1787, dai fratelli Terres e
dedicata dai medesimi a «Sua Eccellenza la Signora D. Costanza d’Avalos, marche-
sa di Genzano &c. &c. &c.», è interessante per due motivi: da un lato in quanto rive-
la ancora una volta l’interesse nei confronti degli scritti euleriani a diversi anni di
distanza dalla pubblicazione del Tentamen, dall’altro per le note scritte a commento
di alcuni passi dall’abate Oronzo Carnevale, nelle quali egli cita esplicitamente il
Tentamen, fornendone un riassunto esplicativo delle parti da lui ritenute più signifi-
cative per la spiegazione delle lettere. Dal momento che queste note esplicative da
un lato possono portare nuova luce per la comprensione del Tentamen, e dall’altro
mostrare come venisse interpretata l’opera in un’epoca molto vicina a quella della
sua stesura, se ne fornisce qui di séguito la trascrizione. Nella nota alla Lettera se-
conda, che tratta Della celerità si legge:
La teoria del suono è stata profondamente trattata dall’autore nella sua opera intito-
lata Tentamen novae theoriae musicae. Nel capo primo di questa opera porta la
sperienza evidente sopra il numero delle oscillazioni che produce la corda secondo
il suo tuono più o meno acuto. Egli lo ricava dalle leggi del moto ne’ pendoli, le di
cui oscillazioni corrispondono a quelle delle corde vibrate: e dopo altre regole che
dà per sapersi il numero delle vibrazioni relative alla lunghezza, alla grossezza o
sia peso della corda, e alla sua tensione, conchiude, che date due corde della stessa
lunghezza e grossezza, il numero delle di loro vibrazioni sarà come le radici qua-
drate de’ pesi che ne formano la tensione; e in conseguenza come più o meno sarà
tesa una corda, così maggiore o minore sarà il numero delle vibrazioni che forme-
rà: ma noi sappiamo per esperienza che come più si tende la corda, ci dà un tuono
più acuto; più acuto è dunque quel tuono che in un dato tempo forma più vibrazio-
ni. E basti aver ciò notato per assicurarci della stabilità de’ fondamenti, su di
cui l’autore ha costruito il grande edifizio della sua nuova teoria intorno alla
100
musica .

prima, Padova, 1794; Memoria seconda, Padova 1809. La Memoria terza (ca. 1800-05) e la Memoria
sesta (ca. 1810-14), rimaste manoscritte – come si è visto (cfr. nota 93) – sono state pubblicate in
edizione moderna da Patrizio Barbieri nel 1987.
99
Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, G. 55. L’opera si presenta in tre tomi. Il
titolo recita: Lettere ad una Principessa d’Alemagna Sopra diversi soggetti di Fisica e di Filosofia
scritte da Mr Eulero e tradotte dal franzese con aggiunta di note dall’abate Oronzo Carnevale. Tomo
primo. In Napoli presso i fratelli Terres. Con licenza de’ Superiori. 1787; d’ora in poi Lettere.
100
L. EULER, Lettere, Lettera seconda, 22 aprile 1760, tomo I, pp. 13-14. La lunghezza della nota è
inversamente proporzionale alla brevità delle parole di Euler che d’altra parte affronta dettagliatamente
l’argomento nella lettera successiva. Forse l’abate sentiva il bisogno di chiarire subito la questione e del
resto la prova di ciò si ha nel fatto che la stessa nota si trova in calce alla Lettera III.
28 Alvise De Piero

Questa lettera che tratta – come si diceva – «la nozione della celerità101», sviluppa
le applicazioni di codesto concetto nelle varie branche del sapere. Naturalmente fra
queste vi è anche la musica, che qui viene trattata per ultima. Euler prende in esame
due corde che compiano differenti vibrazioni in un’unità di tempo, stabilendo che a
un numero minore di vibrazioni corrisponde un suono più grave, mentre a un nume-
ro maggiore, un suono più acuto102.
La stessa nota si trova in calce alla Lettera terza, che affronta specificamente
l’argomento appena accennato nella precedente, e si intitola Del suono e della sua
celerità. Verso la fine della lettera Euler ritorna su questa problematica e l’abate
Carnevale tiene a precisare ancora la questione:
Nella suddetta opera Tentamen, al capo primo § 13, estende i suoni sensibili
all’udito tra quello di una corda che in un minuto secondo formi 30 vibrazioni e
quello di una che ne formi 7520, che corrisponde ad otto ottave di una Musica da C
a C. Il C dunque cui assegna qui 100 vibrazioni: ne fa propriamente 120, ed è il più
103
grave C de’ cembali .
La Lettera quarta, che data 29 aprile 1760 e tratta Delle consonanze e dissonanze,
non presenta note esplicative, e così pure la quinta, di quattro giorni successiva, che
parla Dell’unisono e delle ottave. Alla fine della Lettera sesta invece, intitolata Delle
altre consonanze, viene affrontata la questione degli intervalli superiori all’ottava, e
in particolare di quelli ottenuti dall’uso del numero 3. Euler sostiene che la musica
non sopporta di oltrepassare il numero 27, ottenuto dalla moltiplicazione del 3 per
tre volte. L’abate, allora, tiene a precisare che:
Si dee intendere, che l’Autore ha in mira di spiegare la formazione de’ tuoni se-
condo la loro distribuzione ricevuta nella Musica d’oggidì, e però se più si proce-
desse nella moltiplicazione del 3 oltre la terza volta che fa 27, si avrebbero delle
suddivisioni de’ semituoni, che la nostra Musica e ’l nostro orecchio non è avvezzo
104
a distinguere .
Una delle note più lunghe, ma proprio per questo più utili e interessanti, è quella
posta in calce alla Lettera settima, De’ dodici tuoni del cembalo. In questa lettera
Euler, dopo i convenevoli di rito, fa delle affermazioni molto interessanti circa
l’origine dei suoni musicali, che vale la pena citare in quanto possono chiarire una
volta di più il suo pensiero in materia:
[…] La mia intenzione era di mettere sotto gli occhi di V. A. la vera origine de’
suoni impiegati nella Musica, cosa quasi del tutto ignota a’ Musici. Non è già la
teorìa, che gli abbia fatti venire in cognizione di tutti i tuoni: piuttosto essi vi sono
stati condotti da una forza occulta, dalla vera armonìa, la quale ha operato così ef-
ficacemente sulle di loro orecchie, che sono stati costretti, per così dire, a ricevere i
tuoni oggidì usati, quantunque essi non convengano ancora sulla giusta loro deter-
minazione. I principj dell’armonìa si riducono in fine a’ numeri, come ho avuto
105
l’onore di dimostrare a V. A., […] .

101
Ivi, p. 6.
102
Ivi, p. 13.
103
Ivi, p. 15. Lettera terza, 26 aprile 1760.
104
Ivi, p. 29. Lettera VI, 3 maggio 1760.
105
Ivi, p. 30. Lettera VII, 3 maggio 1760. Da questo passo emerge chiaramente il pensiero di Euler, ossia
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 29

Più avanti Euler, riassumendo i tuoni di cui aveva parlato in precedenza, associati
ai relativi numeri, riafferma che «i principj dell’armonìa [sono] attaccati alla sempli-
cità106», altro concetto da lui ampiamente trattato nel Tentamen, e passa ad introdur-
re dopo il 2 e il 3, il numero 5 che gli permette di completare la serie cromatica.
Segue poi una tabella che presenta la scala cromatica partendo da C, con relative
moltiplicazioni dei numeri primi, prodotti, e differenze dei prodotti tra una nota e
l’altra. Ma lasciamo la parola alla nota dell’abate Carnevale:
107
Questa tavola è ricavata dalla suddetta opera Tentamen &c. al capo 9 ove parla
del genere diatonico-cromatico: e si è creduto ben fatto aggiugnere qui anche un
estratto di quella teorìa intorno alle quantità minime che compongono l’intervallo
comunemente detto semituono o sia di un tasto all’altro del Cembalo; e intorno alle
differenze di quantità che ha un semituono più o meno dell’altro.

[Nomi Num. di Nomi


Intervalli
delle note] vibraz. degl’Intervalli
C 384
Cs 400 24 : 25 semituono minore
D 432 25 : 27 limma maggiore
Ds 450 24 : 25 semituono minore
E 480 15 : 16 semituono maggiore
15 : 16 semituono maggiore
F 512
128 : 135 limma minore
Fs 540
15 : 16 semituono maggiore
G 576
24 : 25 semituono minore
Gs 600 15 : 16 semituono maggiore
A 640 128 : 135 limma minore
Bfa 675 15 : 16 semituono maggiore
Bmi 720 15 : 16 semituono maggiore
C1 768

Le minime quantità sono il Diesis, il Comma, e il Diaschisma (Diesis volgarmente


nella Musica è il segno di aggiunzione di un semitono; ma quì significa tutto altro,
cioè una particella che entra nella composizione del semituono).
Il Diesis dunque ha la ragione di 125 : 128
Il Comma di 80 : 81
Il Diaschisma di 2025 : 2048.
Il Diesis è intervallo maggiore del Comma, quasi il doppio; e ‘l Comma è maggio-
re del Diaschisma.
Le differenze di quantità tra un tasto e l’altro del Cembalo sono di quattro spezie, e
si chiamano Limma () (sic) maggiore, Limma minore, Semituono maggiore,
Semituono minore.
Il Limma maggiore ha la ragione di 25 : 27
Il Limma minore di 128 : 135
Il Semituono maggiore di 15 : 16
Il Semituono minore di 24 : 25
Il Limma eccede la quantità del semituono in un Comma.

quello del teorico che, essendo a conoscenza dei veri princìpi dell’armonia, mostra un atteggiamento
distaccato nei confronti dei musicisti, poiché ignorano questi princìpi, e spiega la sua resistenza alle
critiche di Bernoulli e Tartini.
106
Ivi, p. 31.
107
Cfr. L. EULER, Tentamen, cap. IX, par. 7, p. 135.
30 Alvise De Piero

I tuoni sono di tre spezie, minore, maggiore, e massimo. Il minore costa di un se-
mituono minore e di un semituono maggiore, ha la ragione di 9 : 10, e sono quattro
cioè tra D ed E, Fs e Gs, G ed A, B e Cs. Questo tuono minore ha un comma meno
del maggiore. Il tuono maggiore costa di un limma minore e di un semituono mag-
giore, o vero di un limma maggiore e di un semituono minore: ha la ragione di 8 :
9 e sono sei, cioè tra C e D, Cs e Ds, E ed Fs, F e G, Gs e Bfa, A e B. Il tuono mas-
simo si compone di due semituoni maggiori, ed eccede il tuono maggiore di un
diaschisma, e l tuono minore di un diesis, ha la ragione di 225 : 256, e sono due
cioè fra Ds ed F, Bfa e C.
L’ottava si compone presso a poco di:
61 Diaschismi
56 Commi
29 Diesis
17 Semituoni minori
10 Semituoni maggiori con due diesis di più
13 Limmi minori
9 Limmi maggiori
6 Tuoni minori con cinque commi di più
6 Tuoni maggiori meno un comma
6 Tuoni massimi meno 6 commi e 31/61
Vale a dire che un tuono preso nel senso più generale costa di otto commi e poco
più. Quì cade in acconcio dare un’idea dell’accordatura più perfetta possibile se-
condo le misure suddette de’ tuoni.
Le terze maggiori Gs e Cs sieno sensibilmente alterate.
Quelle As e Ds meno alterate delle suddette.
Tutte le altre giuste, o sia meno anche di queste ultime, e così tutto si troverà ben
108
accordato .

Alla fine della lettera Euler cita pure il numero 7, precisando che la sua eventuale
introduzione amplierebbe «il numero de’ tuoni di un’ottava109», ma si affretta a con-
cludere: «quì [sic] è che la Matematica cede l’armonìa alla Musica110». Carnevale
annota:
Quì si spiega meglio ciò che abbian notato nella lettera sesta intorno alla moltiplicazio-
ne del 3. Egli si è verissimo che la Musica che ci darebbe la Matematica sarebbe più
perfetta della nostra, come questa è più perfetta della sola Diatonica, di cui un tempo si
contentava il canto Corale: ma questi tentativi di migliorarla non vedo come si potreb-
bero render eseguibili tra di noi. Forse sarebbe più facile introdurre questa Musica Ma-
tematica fra i selvaggi che si riducessero la prima volta in società, e si prendessero a
render colti. Si legga il capo 10 della detta opera Tentamen, ove esibisce una tavola col-
111
la suddivisione che recherebbe il 7 dell’ottava in 24 parti .
Vi è poi un certo numero di lettere112 in cui Euler affronta e cerca di stabilire un rap-
porto fra colori e suoni. La questione non era affatto nuova, in quanto già Isaac Newton

108
L. EULER, Lettere, Lettera VII, tomo I, pp. 35-38.
109
Ivi, p. 39.
110
Ibidem.
111
Ibidem. La tabella cui accenna Carnevale è l’ultima del capitolo. Nel paragrafo 20 (che precede la
tabella) l’autore ribadisce il concetto: l’inserimento del numero 7 darebbe luogo ad una consonanza
troppo composta, che in quanto tale non risulterebbe piacevole all’udito. Per particolari cfr. L. EULER,
Tentamen, cap. X, par. 20, pp. 163-64.
112
L. EULER, Lettere, Lettera CXXXIV, 6 giugno 1761, Riflessioni sull’analogia de’ colori e del suono;
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 31

se n’era occupato, con esiti peraltro diversi113. Non si vuole qui entrare nel merito di un
discorso che certamente esula dallo scopo di queste pagine, ma si vuole sottolineare an-
cora una volta un concetto esposto dall’autore anche nel Tentamen, e cioè
l’applicabilità dei rapporti fra i suoni ad altre discipline, che hanno in comune con la
musica lo scopo di piacere114, in virtù della comune base costituita dai numeri, da cui se
ne deduce il ruolo fondamentale ricoperto in questo senso dalla musica115. Per avere
un’idea più precisa nel merito vale la pena osservare la seguente tabella tratta dalla let-
tera trentunesima, intitolata Rifrazione de’ raggi di diverso colore:

[Suoni] [Colori]
C porporino
D rosso
E arancio
F giallo
G verde
A turchino
B violetto

Euler così commenta:


Or possono tai colori paragonarsi al suono di un’ottava, come ho io quì rappresen-
116
tato, perciocchè i colori egualmente che i suoni possono esprimersi in numeri .
La lettera prosegue spingendosi oltre, Euler infatti paragona la ciclicità e l’identità
nominativa delle ottave a quella dei colori, sostenendo che «due colori non altrimen-
ti che due tuoni di cui uno fa il doppio di vibrazioni che non fa l’altro, passano per lo
stesso colore e hanno uno stesso nome117». E continua con una curiosità che vale la
pena citare:

Lettera CXXXV, 9 giugno 1761, Continuazione; Lettera CXXXVI, 12 giugno 1761, La maniera colla
quale ci si rendon visibili i corpi opachi; tomo II, pp. 244-260.
113
Per particolari su questo argomento cfr. P. GOUK, Isaac Newton, Pythagorean magus, in P. GOUK,
Music, science and natural magic in seventeenth-century England, New Haven and London, Yale
University Press, 1999, pp. 224-257.
114
L. EULER, Tentamen, cap. II, par. 6, p. 28.
115
Problematiche simili si troveranno, come si è visto, in Diderot, quando stabilirà il primato della
musica sulle altre arti o scienze in virtù del fatto che la musica per prima ha stabilito la percezione dei
rapporti come elemento fondativo del bello. Per particolari cfr. nota 37.
116
L. EULER, Lettere, Lettera XXXI, tomo I, p. 163.
117
Ibidem. Qui l’abate Carnevale inserisce una lunghissima nota critica. In sostanza, egli esprime
numerosi dubbi sia sulla teoria di Newton, peraltro già criticata da Euler, sia su quella dello stesso Euler,
sottolineando la difficoltà a stabilire in linea di principio una connessione valida fra colori e suoni. Egli
scrive: «[…] La necessità dunque di dovere spiegar Eulero nel suo sistema col numero delle vibrazioni
anche questo rapporto de’ colori a’ tuoni, l’ha portato sì avanti a fantasticare; e dove finora avea contato
sei colori semplici (e Newton cinque ch’è peggio), ora per non far lagnare niuno de’ tuoni ne adotta
volentieri un’altro (sic) cioè il porporino, tuttochè egli stesso lo riconosca sì poco differente dal rosso
che dice ragionevolmente molti averli per uno. Ma a questo modo quanti nuovi colori non troveremmo
noi tra l rosso e l’arancio? o tra l giallo e l verde? E poi sono egli forse i sette tuoni della Musica di
32 Alvise De Piero

Su di questo principio medesimo il P. Castelli in Francia ha voluto immaginare una


spezie di Musica di colori. Egli ha formato un cembalo di cui ciascheduno tasto
toccandosi rappresenta un pezzo tinto di un certo colore, ed egli pretende che que-
sto cembalo essendo ben sonato potrebbe rappresentare uno spettacolo graziosis-
simo agli occhj. Lo chiama egli cembalo oculare, e V. A. ne avrà certamente inteso
parlare. Per me io penso che piuttosto la pittura per rapporto agli occhj è ciò che la
Musica è per rapporto alle orecchie; e ne dubito forte che questa rappresentazione
118
di molti pezzi di drappi tinti a varj colori possa esser piacevole agli occhj .
27 Luglio 1760

Come si fa a non condividere le perplessità di Euler! Del resto, lo stesso abate


Carnevale commenta:
Se il P. Castelli compose il suo cembalo oculare de’ soli colori semplici, dovette
esser certo uno spettacolo non molto gajo: ma s’ei vi ammise anche i composti,
non potremmo trovarci più la divisione delle ottave; e se questa pur vi era, fu già la
119
distribuzione del suo capriccio non mai della Natura .
Infine, nella Lettera ottava, datata 6 maggio 1760 e intitolata Sopra il piacere di
una bella musica, Euler vuol «sapere come una bella musica ecciti in noi il senti-
mento del piacere120». Questo interrogativo sta alla base di tutte le ricerche e le pub-
blicazioni dell’autore sulla musica, a partire dalla Dissertatio physica de sono, e ci
riporta all’argomento iniziale, chiudendo idealmente il cerchio. Nel Tentamen, infat-
ti, Euler dà ampio spazio a questa questione, con lo scopo di giustificare un’opera
così corposa, e in questa lettera ne ripercorre, con un’esposizione molto più breve,
semplice e chiara, l’intero iter. Sembra quindi opportuno citarla integralmente, in
quanto può aiutare a chiarire l’impianto concettuale del matematico svizzero, e del
Tentamen in particolare, fungendo in questo senso da vero e proprio praeludium alla
lettura dell’opera:
Una quistione quanto importante altrettanto curiosa si è quella di sapere, come una
bella musica ecciti in noi il sentimento del piacere. I dotti sù di ciò sono molto di-
scordi; alcuni sostengono che sia una pura bizzarrìa, e che il piacere che cagiona la
Musica non è fondato sopra alcuna ragione, poiché uno stesso pezzo di musica al-
cuni alletta mentre altri dispiace. Questo fatto anzi che decidere la quistione viepiù
l’intriga; si vuol dunque sapere per qual motivo il medesimo pezzo di musica può
produrre effetti cotanto differenti; essendo cosa certa che niente accade senza ra-
gion sufficiente. Altri poi sostengono che il piacere che si trova nel sentire una bel-
la musica consiste nella percezione di quell’ordine che in essa domina. Questo
sentimento anche a prima vista sembra ben fondato, e però merita che si esamini

ugual distanza fra di loro? o di distanze analoghe a quelle de’ colori? Di più io non decido se gli
sperimenti su di cui fonda Newton la sua teorìa sia da posporsi o da anteporsi in questo caso: pur veggo
bene che le distribuzioni delle parti assegnate a ciaschedun tuono tra le 360 non corrisponde a quello che
ne abbian notato alla lettera settima, di cui per verità non trovo luogo a dubitare». Segue una disamina
fra suoni e colori secondo Newton ed Euler, per la cui lettura si rimanda alle pp. 167-168 del tomo
primo. Alla fine Carnevale conclude con tono canzonatorio: «Così vedendo vano ogni sforzo della mia
immaginativa, pensai se avessi potuto trovar l’analogia de’ sette colori co’ sette peccati mortali».
118
Ivi, pp. 163-168.
119
Ivi, p. 168.
120
Ivi, p. 40. Lettera VIII.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 33

con un poco più di esattezza. La musica racchiude due spezie di oggetti, ne’ quali
sembra dover consistere l’ordine; il primo ha rapporto alla differenza de’ tuoni alti
o bassi, acuti o gravi; e V. A. si ricorderà che tal differenza dipende dal numero
delle vibrazioni che ogni tuono fa in un dato tempo. Questa differenza che si trova
nella celerità delle vibrazioni di tutti i tuoni è ciò che propriamente chiamasi armo-
nìa. L’effetto di una musica, di cui si sentono i rapporti o sieno le proporzioni che
le vibrazioni di tutti i tuoni hanno fra di loro, è la produzione dell’armonìa; E però
due tuoni che differiscono di un’ottava eccitano il sentimento della proporzione di
1 a 2; una quinta di 2 a 3, ed una terza maggiore di 4 a 5. Si comprende dunque
l’ordine che si trova in qualunque armonìa quando si conoscono tutte le proporzio-
ni che regnano tra que’ tuoni di cui l’armonìa vien composta, e non sono altro che
gl’orecchj i quali ci conducono a sì fatta cognizione. Questo gusto più o meno dili-
cato decide il perchè la medesima armonìa per tale si concepisce da uno, e da altri
no; soprattutto quando tali proporzioni tra i tuoni sono espresse con numeri un po-
co grandi. La Musica, oltre l’armonìa racchiude un’altro (sic) oggetto anche su-
scettibile di ordine, cioè la misura per la quale si assegna a ciaschedun tuono una
certa durata: e la percezione della misura consiste nella cognizione della durata di
tutti i tuoni, e delle proporzioni che ne nascono, cioè se un tuono dura due volte,
tre volte, o quattro volte più di un altro. Il tamburo, il timpano ci danno l’idea di
una musica, in cui ha luogo la sola misura, perciocchè tutti i tuoni sono fra di loro
uguali; e in questi strumenti non vi è affatto armonia. Havvi ben anche un’altra
121
musica tutta in armonìa, ma senza la misura, e questa è la Corale nella quale tut-
ti i tuoni sono della stessa durata; ma una musica perfetta contiene e l’armonìa e la
misura. Quindi il dilettante che sente una musica, e comprende col sentimento del
suo udito tutte le proporzioni, su le quali l’armonìa e la misura sono fondate, ha
certamente la più perfetta cognizione possibile di questa musica, all’opposto
un’altro (sic), il quale non concepisce queste proporzioni che in parte o niente af-
fatto, o non comprende niente o pure ne ha una cognizione imperfetta. Ma il punto
in quistione, cioè il piacere è anche ben differente da questa cognizione, di cui io
ho finora parlato (quantunque si possa sostenere arditamente che una musica non
potrebbe produrre alcun piacere ancorchè minimo, quando non si avesse niente di
questa cognizione); Imperciocchè la sola conoscenza di tutte le proporzioni sì
dell’armonìa che della misura, che vi è in una musica, non basta per eccitare il sen-
timento del piacere; vi abbisogna qualche cosa di più, che non v’è chi l’abbia svi-
luppata. Per esser convinto che non basta la sola percezione di tutte le proporzioni
di una musica, non si dee far altro che considerare una musica semplicissima, che
cammina solamente per ottave, e nella quale la percezione delle proporzioni è cer-
tamente la più facile; non vi sarà alcuno a cui questa musica possa recar piacere,
sebbene si abbia di essa la più perfetta conoscenza. In tal caso potrebbesi risponde-
re, che il piacere richiede una cognizione, la quale non sia così facile a trovarsi in
tutti, e che per conseguenza ci costi qualche fatica l’acquistarla. Ma neppur ciò ba-
sta secondo il mio sentimento; Una dissonanza la di cui proporzione consiste in
numeri più grandi, è certo più difficile ad esser capita: Intanto una serie di disso-
nanze situata senza scelta e senza disegno non potrebbe recar menomo piacere. E-
gli è dunque necessario che il compositor della musica abbia seguito nella sua
composizione un certo piano di proporzioni reali percettibili; se l’intelligente di

121
La singolarità di questa affermazione, che ricorre anche nel Tentamen, induce l’abate Carnevale ad
inserire la seguente nota: «Non vuol dire già che nella Musica Corale non vi siano differenti durate, ma
che la soavità di questa Musica consiste nella successione delle consonanze, di modo che, se queste si
facciano tutte di ugual durata, non ne patisca molto, come avverrebbe a quel canto, che diciamo figurato.
Così si spiega l’Autore nella detta opera sua Tentamen novae musicae (sic) cap. 3 § 6».
34 Alvise De Piero

Musica sente questo pezzo, e comprende oltre le proporzioni anche il piano ed il


disegno che il compositore ebbe in mira, ei sentirà quella soddisfazione, in cui
consiste il piacere col quale una bella musica alletta le orecchie intelligenti. Tutto
adunque proviene dall’indovinarsi in qualche maniera le mire e i sentimenti del
compositore, quali mire a proporzione che si giudicano ben eseguite, si riempie lo
122
spirito di una sensazione piacevole . Ella è una soddisfazione quasi simile a quel-
la, che si prova nel vedere un bel pantomimo, da’ di cui gesti o azioni; si possono
indovinare i sentimenti e i discorsi che si vogliono esprimere, spezialmente quando
si esegua un piano ben ordinato. L’enigma dello spazzacamino, il quale ha tanto
piaciuto a V. A. me ne porge anche un bellissimo paragone. Subitochè se ne indo-
vina il senso, e che si riconosce esser perfettamente espresso nella proposizione
dell’enigma, si prova un gran piacere di averlo sciolto; ma gli enigmi goffi e mal
intesi non ne cagionano affatto. Tali sono, a parer mio, i veri principj su di cui si
123
fondano i giudizi intorno alla bellezza de’ pezzi di musica .
6 Maggio 1760

Altre osservazioni molto interessanti sono espresse da Euler nella lettera cento-
trentasettesima, datata 16 giugno 1761, intitolata Meraviglie della voce umana. Rie-
pilogando i concetti sopra esposti sulla teoria dei suoni, egli ripropone due categorie.
La prima è data dalla «forza del suono124», e cioè – egli sostiene – «un suono è tanto
più forte quanto sono più violente le vibrazioni eccitate nell’aria125»; la seconda «ha
riguardo al grave e all’acuto de’ suoni126». Poi prosegue:
[…] Capisce V. A. che un medesimo tuono può esser forte o debole: perciò noi ve-
diamo che il forte, ed il piano, di cui i musici si servono, non cambia niente della
natura de’ suoni. Tra le buone qualità di un cembalo si esige che i suoni abbiano
tutti presso a poco la medesima forza, e si ascrive a massimo difetto se alcune cor-
de del cembalo debbono pizzicarsi con più forza dell’altre. Ma il grave e l’acuto
non hanno relazione che a’ suoni semplici, le di cui vibrazioni vanno una dietro
l’altra regolarmente, e per intervalli uguali, ed appunto di questi suoni che chia-
mansi semplici si fa uso nella Musica. Le consonanze poi sono i suoni composti, o
sia l’unione di molti prodotti insieme, in cui tra le vibrazioni dee segnare un certo
ordine, fondamento dell’armonìa. Subito che non si scopre alcun ordine nelle vi-
brazioni, altro non si eccita che un rumor confuso, di cui non si può dire con qual
suono del cembalo possa accordare, come il rumore di un cannone o di uno
schioppo.
Havvi ancora tra i suoni semplici una differenza rimarchevolissima, la quale sem-
bra che sia scappata all’attenzione de’ Filosofi. Due suoni possono esser di forza
uguale e di accordo col medesimo suono [del] cembalo, e ciò non ostante differen-
tissimi all’orecchie. Il suono di un flauto è del tutto differente da quello del corno,
non ostante che tutti e due convengano col medesimo tuono e sieno di ugual forza:
ogni qualunque suono partecipa qualche cosa di quell’istrumento, che lo produce,

122
Così commenta l’abate Carnevale: «Nella menzionata opera Tentamen etc. al capo 2 § 11 e 12
l’autore si spiega meglio su di ciò, dicendo che il piacere si sente a proporzione che nella musica si
riconosce perfezione. Or questa perfezione consistendo in adoperare i mezzi proprj al conseguimento del
fine, quanto più troveremo questo ordine, più ci piacerà la musica».
123
L. EULER, op. cit., tomo I, pp. 40-45.
124
L. EULER, op. cit., Lettera CXXXVII, tomo II, p. 261.
125
Ibidem.
126
Ibidem.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 35

senza che possa dirsi in che consiste; così la medesima corda produce differente
suono quando è percossa, che quando è toccata o pizzicata; e V. A. non confonde
127
mai i suoni de’ corni, de’ flauti e di altri strumenti .
Questo passo si rivela di grande importanza perché riprende concetti dinamici già
accennati nel Tentamen128, ma soprattutto perché introduce alcune interessanti rifles-
sioni sul timbro dei diversi strumenti musicali. In séguito inizia a parlare della voce
umana, passando in rassegna la diversa fonetica delle vocali e delle consonanti da
aggiungere alle vocali. Questa riflessione nasce dal registro dell’organo chiamato
‘voce umana’, che secondo Euler «non sono che i suoni i quali ripetono la vocale ai
o ae129». Partendo da ciò, egli si chiede se sia possibile estendere il registro a tutte le
vocali e alle consonanti con lo scopo di esprimere tutti i suoni delle parole umane,
ed aggiunge:
[…] La costruzione di una macchina capace ad esprimere qualunque suono delle
nostre parole con tutte le articolazioni sarebbe una scoperta molto interessante. Se
mai ne potesse riuscir l’esecuzione, in guisa che le potessimo far pronunciare tutte
le parole per mezzo di certi tasti, come si fa nell’organo, e nel cembalo, con ragio-
ne ne resterebbe sorpreso il Mondo intero, sentendo pronunziare ad una macchina
130
discorsi, o sermoni interi, accompagnati da miglior grazia .
Ancora una volta Euler dimostra il suo spirito scientifico, ben inserito nel clima
culturale dell’epoca, che vedeva in Francia la comparsa di macchine vocali. A livel-
lo concettuale poi pare non esserci una grande distanza fra il cembalo oculare del
padre Castelli, cui si accennava in precedenza, e questo cembalo ‘parlante’.
La lettura del testo di Euler, come si diceva, non è ascrivibile solo al contesto in-
tellettuale italiano. Anche in Francia infatti il Tentamen venne letto e apprezzato da
numerosi esponenti della cultura dell’epoca. Si è già citato il caso di Denis Dide-
rot131, sembra opportuno accennare ora a quello assai significativo di Jean Philippe
Rameau (Digione, 1683 - Parigi, 1764), ossia del più grande compositore e teorico
francese dell’epoca. Anche in questo caso, non si vuole entrare nel merito della spe-
culazione teorica ramista, tuttavia sembra opportuno ripercorrerne a grandi linee le
tappe fondamentali, per contestualizzare storicamente i suoi rapporti con Euler.
È noto che Rameau si interessò fin da giovane alla teoria musicale, esponendo nel
Traité de l’harmonie132 del 1722 le sue prime formulazioni. Si tratta dell’opera «di
un monocordista formatosi alla scuola di Pitagora rivista da Zarlino133», nella quale
tuttavia compaiono già i fondamenti del suo pensiero, come l’idea di ‘suono genera-

127
Ivi, pp. 262-263.
128
L. EULER, Tentamen, cap. II, par. 16, pp. 33-34.
129
L. EULER, Lettere, Lettera CXXXVII, tomo II, p. 261.
130
Ivi, p. 265.
131
Cfr. note 37, 43, 115.
132
J. PH. RAMEAU, Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, Paris, Ballard, 1722. Ristampa
anastatica in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American Institute of
Musicology, 1967-72, vol. I.
133
J. CHAILLEY, Rameau et «la théorie musicale», in «Revue Musicale», n. 260, 1964. Il passo è citato
anche in G. SEMINARA, Jean Philippe Rameau, «Constellatio Musica 5», Palermo, L’Epos, 2001,
p. 156.
36 Alvise De Piero

tore’134, formulata peraltro sulla base di una riflessione ricavata dal Compendium
Musicae cartesiano135 e posta dal compositore francese ad incipit del Traité. Questa
nuova concezione armonica gli consentiva di raggruppare accordi che prima di allo-
ra erano sempre stati considerati autonomi, sotto un’unica definizione armonica,
mediante l’impiego del concetto di renversement, di rivolto, ancor oggi utilizzato
nell’armonia funzionale. Nel corso della vita egli rielaborò spesso le sue teorie, pub-
blicando numerosi scritti136 in cui divulgava di volta in volta le sue riflessioni. La
nuova formulazione introdotta nel Traité, infatti, verrà ripresa, rielaborata ed am-
pliata nelle opere successive. Nella Génération harmonique137 del 1737, Rameau
supera l’impostazione aritmetico pitagorica del Traité a favore di una riconcettualiz-
zazione fisica dei fenomeni armonici. Questa nuova concezione che passa attraverso
l’accoglimento da parte del compositore delle teorie di Joseph Sauveur138 (La Flè-
che, 1653 - Parigi, 1716), peraltro già menzionate nel concetto di résonance nel
Nouveau Système139 del 1726, si rivela essere fondamentale per l’ampliamento e la
sistematizzazione delle sue teorie. Infatti, l’affermazione in base alla quale il suono
fondamentale di un accordo, o generatore, contiene al suo interno gli altri suoni del-
lo stesso accordo, trovava conferma non solo nella speculazione matematica, ma an-
che nella sperimentazione fisico-acustica, cioè in altri termini, passava da un àmbito
strettamente teorico, quello matematico, ad uno che alla teoria affiancava la pratica
mediante il metodo sperimentale, quello fisico.
Nelle Nouvelles Réflexions de M. Rameau sur sa Démonstration du principe de
l’harmonie140 del 1752, il compositore cerca di applicare i princìpi teorici della mu-
sica alle altre arti, tematica questa assai ricorrente in quell’epoca, come si è già visto
più volte nel corso di queste pagine. Egli cita, anche se non esplicitamente, il saggio

134
Si tratta del suono di una corda intera che ‘genera’ gli altri suoni della serie armonica, ottenuti
mediante la divisione della stessa corda in 2, 3, 4, 5, etc. parti uguali.
135
R. DESCARTES, op. cit., p. 67; J. PH. RAMEAU, op. cit., p. 33.
136
Per un elenco dettagliato delle pubblicazioni teoriche ramiste cfr. G. SEMINARA, op. cit., pp. 233-235.
137
J. PH. RAMEAU, Génération harmonique, ou traité de musique théorique et pratique, Paris, Prault,
1737. Ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American
Institute of Musicology, 1967-72, vol. III, pp. 1-150.
138
Joseph Sauveur è una delle figure più importanti nella storia dell’acustica. Ha prodotto diversi scritti,
ma il più significativo rimane il Système général des Intervalles des sons et son application à tous les
systèmes et à tous les instrumens de musique, presentato all’Académie Royale des Sciences di Parigi nel
1701. Anche Euler cita questo saggio in Tentamen, cap. I, par. 41, p. 24.
139
J. PH. RAMEAU, Nouveau système de musique théorique où l’on découvre le Principe de toutes les
Règles nécessaires à la Pratique. Pour servir d’Introduction au Traité de l’Harmonie, Paris, Ballard,
1726. Ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American
Institute of Musicology, 1967-72, vol. II.
140
J. PH. RAMEAU, Nouvelles Réflexions de M. Rameau sur sa Démonstration du principe de
l’harmonie, Paris, Durand-Pissot, 1752. Ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings»,
edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. V, pp. 96-142. Una
traduzione italiana delle Nouvelles Réflexions fu commissionata da Padre Martini a Bologna. Questo
manoscritto, intitolato Nuove Riflessioni di Mr. Rameau sopra la sua Dimostrazione del Principio
dell’Armonia, è conservato presso il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, con
la segnatura K. 70.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 37

Traité du beau essentiel dans les arts, appliqué particulièrement à l'architecture141,


pubblicato nello stesso anno dall’architetto Charles-Etienne Briseux (Baume les
Dames, 1680 -Parigi, 1754). Rameau ebbe modo di conoscere le opere di Briseux
almeno fin dal 1750, come apprendiamo da una sua lettera a Johann II Bernoulli142,
datata 27 aprile 1750. Pure il nome di Newton viene citato in quest’opera143 e questa
citazione costituisce un unicum in tutta la produzione teorica ramista.
Proprio in questo periodo si colloca il carteggio fra Rameau ed Euler. È il compo-
sitore francese a prendere l’iniziativa, con una lettera scritta a Parigi il 30 aprile
1752. Con questa missiva estremamente breve, ma altrettanto densa di contenuti,
Rameau chiede ad Euler di pronunciarsi sulle Nouvelles Réflexions, che gli venivano
inviate insieme alla lettera. Una frase in particolare si segnala per la capacità di Ra-
meau di condensare con grande efficacia il suo pensiero, ed esplicitare al tempo
stesso il senso delle sue ricerche. Vale la pena citarla:
[...] Voi vedrete che oltre a servire a completarla [la Démonstration], esse condu-
cono a far riconoscere il principio fisico-matematico di cui si è detto come un prin-
cipio comune a tutte le arti di gusto, che come la musica sono destinate a eccitare
in noi il sentimento del bello, e che hanno i nostri sensi per oggetto e per regole le
144
proporzioni .
Anche se questo passo si commenta da solo, per l’estrema chiarezza con cui è
formulato, sembra opportuno soffermarsi un attimo su di esso. I concetti che Ra-
meau qui esplicita, come si è già visto, ricorrono spesso nel dibattito culturale coe-
vo, ma ciò che colpisce in questo caso è la loro formulazione così icastica. In altri
termini, il compositore francese ambisce «a far riconoscere il principio fisico-
matematico», ricavato dai rapporti musicali, «come un principio comune a tutte le
arti di gusto», tra le quali signoreggia la musica. Queste ‘arti di gusto’ sono destinate
ad essere intercettate dai nostri sensi che, tramite l’intelligenza delle proporzioni,
riusciranno a destare in noi «il sentimento del bello».
Euler risponderà al «Très Excellent Musicien145» da Berlino il 13 settembre 1752.
In questa lettera, di dimensioni abbastanza contenute, egli sembra concordare con
Rameau sui princìpi dell’armonia, ma, come farà poi con Tartini146, ribadisce alcuni

141
Ivi, p. 123.
142
J. PH. RAMEAU, Letter to Johann II Bernoulli, Paris, 1750, in «Complete Theoretical Writings»,
edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. VI, pp. 195-196.
143
J. PH. RAMEAU, op. cit., p. 131.
144
J. PH. RAMEAU, Letter to the Swiss mathematician Leonhard Euler, Paris, 1752, in «Complete
Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. V,
p. 146. «[...] Vous verrés qu’outre qu’elles servent à la completter elles conduisent à faire reconnoitre le
principe Phisico-mathématique dont il s’y agit comme un principe commun à tous les arts de gout, qui
comme la musique sont destinés à exciter en nous le sentiment du beau, et qui ont nos sens pour objet et
pour régles les proportions».
145
L. EULER, Letter to J. Ph. Rameau, Berlin, 1752, in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R.
Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. V, pp. 147-48. La citazione si trova a p. 147.
146
Per la trattazione del carteggio con Tartini cfr. pp. 19-23. Dal punto di vista cronologico i rapporti
con Rameau avvengono prima di quelli con Tartini, seppure a distanza di pochi anni gli uni dagli altri.
Tuttavia, la risposta data a Rameau da Euler è molto meno elaborata rispetto al commento effettuato sul
Trattato di Tartini e sembra prediligere un profilo storico nella citazione di Pitagora, Aristosseno e dei
38 Alvise De Piero

concetti a lui cari. Egli osserva come il principio dell’armonia, su cui entrambi con-
cordano, «si riduca alla semplicità dei rapporti147» e continua:
io sostengo che il mio Saggio di una Teoria di Musica sia unicamente fondato su
questo stesso principio, e che gli esponenti ai quali ho ridotto le mie ricerche, ne
siano una continuazione molto naturale. Convengo altresì che più suoni di stru-
menti racchiudano di fatto le loro ottave, 12me, 15me, 17me, e benché mi sembri che
questa mescolanza non sia generale, e si diano anche dei suoni puri, io nondimeno
sostengo esattamente come Voi, Signore, che i rapporti 1 : 2; 1 : 3; 1 : 4; 1 : 5; ren-
dano le più semplici consonanze, e mi trovo inoltre d’accordo che la diversità delle
ottave non cambi per niente la natura d’una consonanza, sebbene ne cambi il pia-
148
cere, e vedo che Voi siete dello stesso avviso .
In realtà, l’apparente concordanza di vedute simulata da Euler in questa lettera149
non inganna il compositore francese, che capisce quanto la tesi sostenuta da Euler
entri in conflitto con le sue teorie sulla risonanza del corpo sonoro150. Proprio per
questo egli scrive una lettera aperta, intitolata Extrait d’une réponse de M. Rameau à
M. Euler, sur l’identité des octaves151, che verrà pubblicata in una prima versione
nel dicembre del 1752 sul Mercure de France, e nella sua redazione finale, come
opuscolo indipendente, nella prima metà del 1753. La novità di questa pubblicazione
rispetto alle precedenti sta proprio nella parola identité, identità delle ottave, che pur

loro discepoli, attingendo a concetti esposti nella prefazione del Tentamen.


147
L. EULER, op. cit., p. 147.
148
Ibidem. «Il s’en faut bien, que j’aye contesté Votre principe de l’harmonie, que je le regarde plutot
comme l’unique base de toute la Musique, et comme ce principe se reduit à la simplicité des rapports, je
prétend que mon Essai d’une Theorie de la Musique est uniquement fondé sur ce meme principe, et que
les exposans, auxquels j’ai reduit mes recherches, en sont une suite tres naturelle. Je conviens aussi que
plusieurs sons d’instruments renferment actuellement leur octave, 12me, 15me, 17me, et quoiqu’il me
semble que ce melange ne soit general, et qu’il y ait aussi des sons purs, je soutiens neantmoins tout
comme Vous, Monsieur, que les rapports 1 : 2; 1 : 3; 1 : 4; 1 : 5; rendent les plus simples consonances,
et je tombe aussi d’accord que la diversité d’octaves ne change pas la nature d’une consonance,
quoiqu’elle en change l’agrément, et je vois que Vous étés du meme sentiment».
149
Sappiamo da un’altra lettera (R. 1363) di Euler a Joseph Louis de Lagrange (Torino, 1736 - Parigi,
1813), inviata da Berlino il 23 ottobre 1759, che il matematico svizzero non condivideva le idee di
Rameau. Egli infatti scrive: «[...] Pour les sons de Musique, je suis parfaitement de votre avis, Monsieur,
que les sons consonnants que Mr. Rameau pretend entendre d’une même corde viennent des autres corps
enbranlés: et je ne vois pas pourquoi ce phénomene doit être regardé comme le principe de la Musique, plutôt
que les proportions véritables qui en sont le fondement». Per particolari cfr. «Leonhardi Euleri Opera Omnia»,
Series quarta A, Commercium epistolicum, Volumen quintum, Basileae, Birkhäuser, 1980, p. 425.
150
Per una ricostruzione approfondita della questione cfr. TH. CHRISTENSEN, Rameau and musical
thought in the Enlightenment, Cambridge University Press, 1993, pp. 245-47. L’autore sostiene che «[...]
like his seventeenth-century scientific predecessors, Mersenne and Descartes, Euler subscribed to the
mathematical coincidence theory of consonance. [...] Just as Mersenne could not accept that the perfect
fifth (2 : 3) was more consonant than the perfect twelfth (1 : 3) since the latter’s ratio was simpler, Euler
could not accept that intervals or chords compounded or inverted by an octave could be considered
identical».
151
J. PH. RAMEAU, Extrait d’une réponse de M. Rameau à M. Euler, sur l’identité des octaves, Paris,
Mercure de France, 1752; in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American
Institute of Musicology, 1967-72, vol. V, pp. 165-188. Anche di questo opuscolo esiste una traduzione
italiana commissionata da Padre Martini, il cui titolo recita: Risposta di Mons. Rameau a M. Eulero
sopra l’identita (sic) delle Ottave. Il manoscritto è conservato presso il Museo Internazionale e
Biblioteca della Musica di Bologna, con la segnatura K. 66.
Il Tentamen novae theoriae musicae di Leonhard Euler (Pietroburgo 1739): traduzione e introduzione 39

essendo già comparsa nella Démonstration152, in quest’opera assume una notevole


importanza, tanto da venir esibita fin dal titolo. Sino ad allora infatti Rameau aveva
preferito parlare di réplique o unisson153, ed è chiaro che l’idea di proporre questo
neologismo già nel titolo dev’essere nata su sollecitazione delle osservazioni formu-
late da Euler nella lettera del settembre di quell’anno. I discorsi teorici di Rameau,
continueranno fino al 1764, data della sua morte, e vedranno negli ultimi anni il
compositore impegnato in una strenua difesa delle sue teorie contro gli enciclopedi-
sti, che fino a poco prima lo avevano appoggiato154, ma questa è un’altra storia ed
esula dallo scopo di queste pagine.
4. La presente edizione
Come edizione di riferimento per la traduzione si è tenuta la riproduzione in facsimile
della stampa settecentesca pubblicata a Pietroburgo nel 1739, edita da Broude Brothers
nel 1968. Si è presa visione anche di un esemplare originale dell’editio princeps, per
controllare l’effettiva corrispondenza del testo. In questo senso, si è fatto riferimento
alla copia conservata presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia155 provenien-
te dalla biblioteca del convento della Santissima Trinità, come si legge nell’annotazione
manoscritta sul frontespizio156.
Non si è poi trascurata l’edizione degli opera omnia157; il Tentamen si trova, con il
numero 33158, nel primo volume della terza serie, dedicata alle opere di fisica159. Di

152
J. PH. RAMEAU, Démonstration du principe de l’harmonie, servant de base à tout l’art musical
théorique et pratique, Paris, Durand-Pissot, 1750; in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R.
Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. III, p. 174. «[...] d’ailleurs je sçavois par
expérience que l’Octave n’est qu’une réplique, combien il y a d’identité entre les sons et leurs répliques,
et combien il est facile de predre l’un pour l’autre, ces sons même se confondant à l’oreille: quand ils
sont entendus ensemble».
153
Questi termini sono già impiegati nelle sue prime due opere teoriche, ossia il Traité e il Nouveau
système.
154
Per un excursus cronologico sul pensiero teorico di Rameau, cfr. G. SEMINARA, op. cit., pp. 155-216.
155
Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Musica 168.
156
Ivi. L’iscrizione, annotata con le consuete abbreviature, va così esplicitata: «Ex Bibliotheca majori
(sic) patrum minimorum Sanctissimae Trinitatis». Sembra chiaro il riferimento alla biblioteca del
convento della Santissima Trinità che sorgeva a Venezia dove ora è ubicata la basilica di S. Maria della
Salute. Al 1631 risale la demolizione degli edifici (chiesa, scuola e convento) per far posto alla nuova
basilica fatta costruire dalla Serenissima in segno di ringraziamento per la cessazione della peste, su
progetto di Baldassarre Longhena. Accanto ad essa, nel 1669 fu fatto costruire un convento dai padri
Somaschi, lì indirizzati dalla Repubblica, su progetto dello stesso Longhena, che si compì nel 1672,
contemporaneamente alla Basilica della Salute, e che comprendeva pure una scuola. Questa
congregazione condusse la sua attività fino al 1810, quando fu soppressa per ordine napoleonico, e nel
1815, per decreto di Francesco I d’Austria, l’edificio fu adibito a Seminario Patriarcale. Da tutto ciò si
deduce che la copia del Tentamen di Euler doveva arricchire la biblioteca dei padri Somaschi, qui
indicata col vecchio toponimo della Santissima Trinità, e che in séguito alla soppressione dell’ordine,
dev’essere stata ceduta alla Biblioteca Marciana. Per particolari in merito alla storia degli edifici cfr.
U. FRANZOI, D. DI STEFANO, Le Chiese di Venezia, Venezia, Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo
di Venezia, 1975, pp. 237-256; G. TASSINI, Edifici di Venezia distrutti o vôlti ad uso diverso, Venezia,
Filippi Editore, 1969, p. 97; G. TASSINI, Curiosità Veneziane, Venezia, Filippi Editore, 1970, p. 570; G.
LORENZETTI, Venezia e il suo estuario, Trieste, Edizioni Lint, 1974, p. 535.
157
Leonhardi Euleri Opera Omnia, sub auspiciis Societatis Scientiarum Naturalium Helveticae. Series
prima: Opera mathematica (29 volumi); series secunda: Opera mechanica et astronomica (31 volumi);
40 Alvise De Piero

questa edizione si è consultata la copia custodita presso la Biblioteca Nazionale Mar-


ciana di Venezia160. Ciò ha permesso di prendere nota dei numerosi punti del testo in
cui gli editori sono intervenuti per correggere i calcoli matematici dell’editio princeps,
laddove questi risultavano errati161. Si è perciò scelto di mantenere inalterato il testo
dell’editio princeps, ma si sono di volta in volta segnalati in nota i passi corretti
nell’edizione degli opera omnia, in modo da fornire al lettore uninformazione il più
possibile completa. Infine, è doveroso citare il bellissimo sito internet «The Euler
Archive» dedicato al grande matematico e alla sua produzione, il cui indirizzo è già sta-
to indicato in precedenza162.

series tertia: Opera physica, Miscellanea, Epistolae (12 volumi); series quarta A: Commercium
epistolicum (10 volumi). È poi prevista una sezione B della quarta serie che sarà dedicata a manoscritti e
appunti di Euler ancora inediti. Ad oggi l’unica serie pubblicata integralmente è quella dedicata alle
opere di argomento matematico. Iniziata nel lontano 1911, è ancora in corso di pubblicazione, ma ha al
suo attivo ben settantasei volumi con le principali opere di Euler. È divisa in quattro serie, la prima
dedicata alle opere di argomento matematico, la seconda alle opere di meccanica e astronomia, la terza
alle opere di fisica, e la quarta all’epistolario. Ovviamente, un progetto così vasto e ambizioso non
poteva non avere diversi editori. Le edizioni più antiche sono state pubblicate dalla casa editrice Teubner
di Lipsia; ad essa ha fatto séguito Füssli di Zurigo, alla quale è subentrata Birkhäuser di Basilea, attuale
casa editrice. La lingua ufficiale per gli apparati critici di queste edizioni è il latino, anche se man mano
che ci si avvicina ai nostri giorni, il tedesco prende il sopravvento.
158
Questa numerazione si riferisce a quella dell’indice delle opere di Euler stilato tra il 1910 e il 1913
dal matematico svedese Gustav Eneström. Esso conta 866 opere composte da libri, articoli di giornale e
lettere. Questo indice è venuto a sostituire quello precedente redatto dal matematico svizzero Nikolaus
Fuss, già segretario di Euler all’Accademia delle Scienze di Pietroburgo, pubblicato nel 1843, che
censiva 750 opere.
159
Leonhardi Euleri Commentationes physicae ad physicam generalem et ad theoriam soni pertinentes,
in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series tertia, Opera physica, volumen primum. Ediderunt Eduard
Bernoulli, Rudolf Bernoulli, Ferdinand Rudio, Andreas Speiser. Lipsiae et Berolini typis et in aedibus B.
G. Teubneri, 1926.
160
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Cont. 637. C. 1.
161
L’edizione moderna, quindi, presenta come testo base quello emendato dai revisori, mentre in nota
compaiono le citazioni dei rispettivi passi dell’editio princeps.
162
Cfr. nota 56. Questo sito contiene la riproduzione fotografica di tutta l’opera di Euler, ordinata
secondo la numerazione Eneström. In un’epoca in cui il mondo si orienta sempre più verso la rete, ma al
tempo stesso raramente fornisce dei siti scientificamente corretti e con un numero di informazioni tale
da rendere utile la loro consultazione, questo può essere annoverato come un esempio in positivo.
L. Euler, [Esame del Trattato di Giuseppe Tartini]
Padova, Archivio Musicale della Cappella Antoniana
Ms. D. VI. 1894, cc. 16a-e

Tuttoché io sia poco informato della lingua italiana, ho procurato di comprendere


le idee del celebre virtuoso S.r Tartini sopra la Teoria dell’armonia, che tanto più
importar deggiono, p.ché sono opere del maggior Compositore di q.ti tempi. Ora io
non credo, che sia d’uopo estimare il merito di q.t’ opera dai principii dell’armonia,
li quali essendo bastantem.te stabiliti sembrano piuttosto appartenenti alli Geometri
ed ai Fisici che ai gran Musici. Ma q.ti medesimi principii essendo sin’ora stati
troppo lontani dall’armonia delle moderne composizioni, il maggior merito delle
fatiche del S.r Tartini cercar si deve nel passaggio che dai principii primi conduce
alla prattica di q.ti tempi, che restò sin al p.nte quasi affatto inculto, essendo p. un
riguardo troppo superiore alla portata de’ Geometri, per l’altro troppo superiore a
quella de’ Musici. Io credo d’aver abbastanza stabilito nel mio Saggio d’una Teoria
di Musica, che li principii primi dell’armonia non consistono né nella proporzione
nominata armonica, né nella proporzione Aritmetica, né nella Geometrica, ma uni-
cam.te nella attual percezione dei rapporti, che sono tra li suoni. Imperoché ogni
suono urta l’organo n.ro dell’udito con un certo numero di vibrazioni in un certo
tempo, e la natura d’ogni suono consiste nel numero delle vibrazioni da cui vien
urtata l’orecchia in un certo tempo. E.g. in un minuto secondo. Minor numero di
vibrazioni produce [un] suono più grave, e maggior numero un suono più acuto. Li
suoni adunque rappresentar si possono p. mezzo di numeri, che ne dinotino le vi-
brazioni fatte nello stesso tempo, cosiché li suoni acuti sono espressi per numeri
maggiori, li gravi per minori. Ciò posto l’armonia consiste nella percezione del
rapporto dei numeri che rappresentano li suoni simultanei e successivi. Quindi egli
è evidente che dopo l’unisono la percezione più facile è de’ suoni rappresentati dai
numeri 1 a 2, in séguito come 1 : 4, 1 : 3, 2 : 3 etc., dai quali rissultano tutte le con-
sonanze. Se vi sono più suoni, io esprimo l’armonia loro col minor numero divisi-
bile p. li numeri esprimenti i suoni, il quale da me si chiama esponente della
Consonanza, della natura della quale si può giudicare dalla facilità con cui si rileva
la consonanza stessa. Così 6 è l’esponente della consonanza composta dai suoni
espressi p. li numeri 3 e 2 che formano una quinta; e reciprocam.te essendo dato
l’esponente, per trovarne la consonanza basta prendere tutti li divisori di q.to espo-
nente, e la consonanza sarà formata da suoni espressi dai ritrovati divisori. Cosi
l’esponente 12 include la consonanza espressa dai suoni che siano come i numeri 1,
2, 3, 4, 6, 12. Quando tutti q.ti suoni assieme si prendono, la consonanza sarà com-
pleta, poiché non si saprebbe aggiungere un nuovo suono, senza ch’ella diventasse
più complicata. Ma q.ti due suoni 3 e 4 formano già una consonanza che ha p. e-
sponente 12, ma che non è completa, poiché ella non diventa più complicata seb-
ben vi si aggiungano i suoni espressi dai numeri 1, 2, 6, 12. Ma per giudicare del
42 Leonhard Euler

grado dell’armonia d’una consonanza non occorre guardare la quantità del suo
esponente quanto la composizione de’ suoi producenti, come 12 è il prodotto di 2,
2, 3: la semplicità di q.ti producenti è che rende aggradevole la consonanza; e nel
mio saggio ho ordinato secondo i gradi di piacere tutte le consonanze possibili, e
rimarcherò a q.to luogo che sino ad ora non si sono ricevute nella Musica altre con-
sonanze, oltre quelle li di cui esponenti sono formati dai producenti 2, 3, 5; q.ti so-
no i soli numeri primi che entrar porrano nella composizione degli esponenti delle
consonanze. Ed è chiaro che il Producente 2 introduce l’ottava il 3 la quinta ed il 5
la terza maggiore, e l’esponente 15 rinchiude li p.fetti accordi de’ Musici. La con-
sonanza completa di q.to esponente comprende i suoni espressi dai numeri 1 : 3 : 5
: 15, in cui gli due estremi che distano di quasi quattro ottave, non possono che di
rado unirsi, dunque se si tolga il più acuto 15, gli altri tre 1 : 3 : 5 dano l’accordo
chiamato duro, e se si tolga il più grave, gli tre restanti 3, 5, 15 dano l’accordo no-
minato molle. Sarebbe troppo lungo il riferir qui tutto ciò a che la considerazione
di q.ti esponenti mi ha condotto rispetto alla successione di più consonanze, dei
generi di Musica, dei modi, dei sistemi, le quali cose ho nel mio saggio diffusa-
mente esposte, e che mi sembrano molto conformi alle regole del contrappunto,
quantunque molto lontano mi paja dal poter reccar perfezione a q.ta scienza pratti-
ca, e che la p.fezione di q.ta parte non si possa aspettare se non da un gran Musico
il quale degnar volesse q.ti principii d’una particolar attenzione. L’eccellente os-
servazione del S.r Tartini che due suoni che insieme siano prodotti e mantenuti vi-
gorosi, producano un terzo suono più grave, così sensibile come sa egli si toccasse
in fatti, siegue necessariam.te dai principii stabiliti.
Parla egli molto a lungo di q.to Fenomeno armonico pag: 13 e seg. della sua ope-
ra: e la ragione si è che quando due suoni in una volta urtano l’orecchia, le loro vi-
brazioni s’incontrano, alquante volte, e riunitesi fano una simile impressione, che
se un terzo suono vi fosse le vibrazioni del quale fossero accordate con gl’incontri
dei due primi. I due suoni facciano una quinta, oppure siano espressi dai numeri 2 e
3, e mentre il primo fa due vibrazioni l’altro ne faccia 3: poniamo un tempo in cui
il primo faccia 200 vibrazioni, e l’altro 300, e se le due prime vibrazioni si sono
incontrate una volta, lo stesso incontro 100 volte deve succedere nel dato tempo, e
rappresentarano q.te un suono che fà 100 vibrazioni nel dato tempo, il quale corri-
sponderà al numero 1. Cosi due suoni espressi dai numeri 2 e 3 producono un terzo
suono espresso dall’unità; e in generale due suoni espressi da due qualunque nume-
ri producono un suono espresso da 1, o da un comun divisore dei due primi. Tutti
gli esempii del S.r Tartini sono congruenti con q.ta conclusione; ed il suono prodot-
to secondo q.ta regola non differisce dall’osservato dall’Auttore che d’una o alcune
ottave, la qual differenza non è sostanziale. Cosi negligendo le ottave la terza mag-
giore 4 : 5 produce il suono 1 che è di due ottave sotto il più grave termine 4; la
terza minore 5 : 6 produce un suono che è di due ottave con una terza maggiore
sotto il più grave 5, o semplicem.te d’una terza maggiore al di sotto. La quarta 3 : 4
produce un terzo suono 1, d’una quinta al di sotto del più grave termine 3. La sesta
minore 5 : 8 produce un suono 1 d’alcune ottave inferiore al termine acuto 8, e la
Esame del Trattato di Giuseppe Tartini 43

sesta maggiore 3 : 5 un 1, che è d’una quinta al di sotto del più grave 3: Tutti gli
altri esempi egualm.te bene procedono. Dunque la regola del S.r Tartini p. trovare il
basso, date essendo due note a q.to riviene, che il basso contener deve un suono
espresso da un commun divisore de’ numeri che esprimono i suoni dati. È certo
non pertanto che la prattica di q.to eccellente Compositore sovente s’allontana da
q.ta regola, come veder si può negli esempii riportati nella fine del suo trattato: on-
de apparisce che il giudizio degli accordi ripeter si deve dai loro esponenti, come io
ho di già stabilito. Gli accordi che i Musici appellano consonanze, sono tutti com-
presi nell’esponente 3 · 5 = 15 moltiplicati p. una qualunque potenza del 2. Tutti gli
altri esponenti non compresi in q.ti dano degli accordi che dissonanze si chiamano.
Così l’esponente 36 = 2 · 2 · 3 · 3 dando li suoni espressi dai numeri 4, 6, 9 dà

l’accordo stimato dissonante, non p. le due quinte successive quanto a ca-


gione dell’esponente 36 non compreso nella sopradetta forma. L’accordo ancora

che include i suoni espressi dai numeri 6, 9, 12, 15, 20, ed avrà per e-

sponente 180 = 2 · 2 · 3 · 3 · 5 è stimato dissonante e similm.te ancora


che ha p. esponente 400 = 2 · 2 · 2 · 2 · 5 · 5, il quale è di natura diversa da quelli
che alle consonanze corrispondono. Ora poiché in q.te li due numeri 3 e 5 non si
trovano ciascheduno se non una volta, si può dire che sarano esponenti di disso-
nanze tutti quelli in cui uno di q.ti numeri 3 e 5 si trova più d’una volta; la qual co-
sa appieno accorda con la regola che si dà dall’Auttore a pag. 74; poiché la
ripetizione dello stesso numero 3 o 5 produce nell’accordo due intervalli simili. Sa-
rebbe in verità per altro un importante questione, se i Musici abbiano ragione di
trattare tutti q.ti accordi come dissonanti. L’illustre Auttore si dichiara p. la negati-
va pag. 157 dove ha trovato mezzo d’impiegare con si buon successo l’accordo
composto d’una terza maggiore e d’una quinta superflua, come una consonanza
perfetta; e perché non si potrebbe impiegar, con altrettanto successo gli accordi
contenuti nell’esponente 3 · 3? E q.to tanto più che il S.r Tartini stesso pag. 158

tratta come consonanza la sesta superflua contenuta in q.to accordo , li


tre suoni del quale non ponno avere tra loro un rapporto più semplice dell’indicato
dai numeri 18, 45, 64, di cui l’esponente è 2880 = 2 · 2 · 2 · 2 · 2 · 2 · 3 · 3 · 5, che a
cagione della sua gran complicazione dovrebbe esser stimata la più
forte dissonanza. Ma jo vorrei pregare il S.r Tartini di ben esaminare, se l’orecchia,
o qualche mal fondato principio piuttosto, lo fa guardare come consonanza tale ac-
cordo; e sono ben sicuro che un’orecchia non prevenuta rigetterà sempre q.to ac-
cordo come un’insofferibile dissonanza. Temo moltissimo che alcuni pregiudizii
non abbiano parte nell’addottare alcuni accordi che oggidi s’adoperano, atteso che
la mia teoria degli esponenti non è solam.te fondata nella natura dei suoni e della
percezion de’ med.mi, ma si trova ancora perfettamente d’accordo con la maggior
44 Leonhard Euler

parte delle consonanze e delle dissonanze di cui si servono li Musici. Mi sembra


inoltre che li Musici troppo s’arrestino alla denominazione degli intervalli e che
talvolta si dimentichino, che non la denominazione degl’intervalli ma il rapporto
de’ numeri che esprimono i suoni è ciò che produce l’armonia. Ciò che più mi con-
ferma in q.to sentimento si è che la bella composizione del S.r Tartini che si trova
doppo la pag. 160 della sua Opera, e che molto lontana sembra dai principii ricevu-
ti nella composizione, conviene maravigliosamente con i miei principii: Poiché egli
non v’impiega altri suoni che quelli i di cui numeri sono divisori dell’esponente 3 ·
3 · 5 · 5 moltiplicato p. qualunque potenza del 2, sicche 3 · 3 · 5 · 5 può essere ri-
guardato come esponente di tutta l’opera intera: Credo nondimeno che il S.r Tartini
potrebbe renderla molto più armonica, se la liberasse dal suddetto accordo della
sesta superflua, che s’incontra cosi di sovvente ripetuta. Ardisco di sostenere con la
permissione del S.r Tartini, che li veri principii dell’armonia sono molto sodamente
stabiliti, e mi lusingo d’averli posti in tutto il loro lume: devo confessare altresi che
sono ancora troppo poco sviluppati, perché possa la composizione riceverne profit-
to; e non vi sono se non gli più eccellenti Compositori i quali essendo superiori alle
volgari regole, siano capaci di continuare la Teoria con la Prattica.
G. Tartini, [Risposta all’esame di Eulero]
Padova, Archivio Musicale della Cappella Antoniana
Ms. D. VI. 1894 cc. 17a-f

Tra le molte e gravi obbligazioni mie verso il Sig.r Conte Algarotti pongo in pri-
mo luogo quella di aver ottenuto l’esame del mio libro di Musica dal più dotto uo-
mo di Europa [canc. del tempo], e di dover io per conseguenza arrivar all’onore di
scrivergli sì per ringraziarlo quanto mai so e posso della sua degnazione, sì per
supplicarlo di proseguire con la stessa bontà l’esame di quanto ho considerato dopo
la lettura della di lui dot.ma disertazione e qui [canc. brevem.te] espongo. Accordo
primieram.te la somma difficoltà di unire in un solo soggetto tutto il bisogno di fisi-
ca, geometria, e musica per stabilire quel tal fondamento di scienza di armonia, che
si ricerca dalla pratica musicale. Se bastasse fisica e geometria sola, vi è al bisogno
l’uomo del secolo, ed è lei. Dico di più. Se nelle di lei ricerche musicali ella avesse
avuto a fianchi un Musico, che giustam.te l’avesse informato del vero bisogno
dell’arte nostra [canc. sua], certam.te ella avrebbe colto il punto. Mi fa maraviglia, e
lo farà a tutti i secoli che un uomo bensi il più dotto de nostri tempi, ma non Musi-
co se non quanto importa un piacere non interessante, abbia versato sì profondam.te
e si prossimam.te al vero sù que’ principi, che non possono concepirsi se non diffi-
cil.mi a svilupparsi, giacche tanti altri dotti uomini per più secoli si sono a ciò pro-
vati con assai maggior interesse, e riuscita molto minore. Perciò io la supplico (e
meco tutta la professione) d’interessarsi cordialm.te all’intiero sviluppo del nostro
bisogno, che non è se non in parte quale gli è stato forse rapresentato da qualche
nostro Professore, ma che qui io esporrò sincero e preciso. Noi professori tutti
ammettiamo che i principj dell’armonia consistano nell’attual percezione de rap-
porti che sono tra li suoni. Ma questo principio fisico è per noi troppo lontano, e
non è, né puo esser l’immediato al nostro bisogno, perché è commune a qualunque
percezione che si fa in noi per mezzo de sensi. Il nostro bisogno consisteva e consi-
ste precisam.te nel ricercare se vi siano, o no in natura fenomeni fisico-sonori, da
quali imediatam.te, e senza bisogno di formule di scienza si possa dedurre
l’armonia, la sua natura, e le sue leggi. La ricerca è talm.te ragionevole, che non
ammette difficoltà né obbiezione: essendo più ch’evidente che quando vi siano fe-
nomeni tali, noi di nulla più abbisognamo, se non che di seguire, e usare le fisiche
leggi di natura. Sia poi qualunque il mezzo che adopra la natura per spiegarsi, è
chiaro che di questo noi si dobbiam valere per ottener lo stesso fine ch’essa si pro-
pone; e però è certo che dobbiamo esser fisicam.te sicuri del mezzo, e del fine di
natura per ben seguire e usare le sue leggi. Convinto e condotto da questo unicam.te
vero principio del nostro bisogno credo di aver fatto osservare fin alla evidenza es-
servi tutti i fenomeni fisico-sonori assegnati nel cap.lo primo, ne quali si rileva
[canc. fisicam.te] la loro commune tendenza alla fisico-arm.ca unità secondo diversi
rispetti. I mezzi, e i rispetti sono diversi, ma il fine è uno solo, e questo appunto ba-
46 Giuseppe Tartini

sta e avanza al nostro bisogno, perché sia stabilito fisico fondamento primo
dell’armonia si fattam.te, che se non manca natura, non possa mai crollare, né man-
care la verità del nostro fondamento. Se dunque in forza di tal fondamento ed io, e
chiunque è fisicam.te costretto a dover ammettere principio primo questa fisica-
arm.ca unità, che deducendosi da tutti i fenomeni è il vero linguaggio di natura, e la
vera spiegazione di se stessa, si fa chiara la necessità prima dell’arm.ca proporzio-
nalità, perché non concordando in altri mezzi e rispetti, in questo unico dell’arm.ca
proporzionalità egualm.te che nell’unico fine della fisico-arm.ca unità concordano
tutti i fenomeni fin qui noti, e concordaranno quanti mai se ne possano scoprire ne
secoli futuri. La cosa è troppo evidente nel fenomeno del terzo suono per poterne
mai più dubitare. Se dati due suoni protratti qualunque in qual si voglia ragione tra
loro fuor che in unisono, o in dupla; dati nella stessa, o in diversa categoria di
strumenti, cioè o tra due violini, o tra due oboè, o tra violino e oboè etc. risulta un
terzo suono, che infallibilm.te si trova o in arm.ca proporzione, o in arm.ca serie co’
due dati suoni; che fisicam.te e dimostrativam.te è il basso armonico fondamentale
de due dati suoni; che risultarà sempre, e sempre tale da qualunque specie di suoni
purche protratti; qual luogo rimane a dubitare se l’arm.ca proporzionalità sia voluta
dalla natura per necessità di principio, e se la natura si debba, o nò trovar uniforme
in avvenire? Si può bensì dubitare dell’aritm.ca, e geom.ca proporzionalità: non es-
sendovi fenomeno alcuno, che ne dia il segno. Anzi se data (per esempio) la subse-
squiterza 3, 4, che per le nostre scienze stabilite è in rispetto, o sia in potenza di
aritm.ca proporzionalità, applicata a due corde sonore, e prodotti i due suoni protrat-
ti, il terzo suono che risulta, distrugge il rispetto aritm.co delle nostre scienze, po-
nendovi fisicam.te del suo il terzo termine non come 2, che con 3, 4, forma
l’aritm.ca proporzione; ma o in arm.ca proporzione come 6, o in arm.ca serie come
12 (relativam.te al dubbio di questo terzo suono se risulti veram.te in 1 o in ½ della
serie arm.ca delle frazioni) ne viene di necessaria fisica conseguenza, che la natura
in questo fenomeno vuole l’arm.ca, esclude l’aritm.ca e qualunque altra proporzio-
nalità per principio primo; e per corollario siamo fisicam.te sicuri di questo princi-
pio in rispetto arm.co, non lo siamo in qualunque rispetto; e siamo egualm.te sicuri
esser impossibile qualunque altro principio dell’armonia fuor di questo. Ma qui ap-
punto nasce la mia meraviglia, e cresce in infinito la mia, come deve crescer
l’altrui venerazione verso di ella, che nulla sapendo di questo fenomeno del terzo
suono, quando si è degnato dar le sue considerazioni alla nostra musica, non di
meno propostosi ottimo criterio, nell’approssimarsi al vero abbia sorpassato chiun-
que, e nella dedotta, e dimostrata sua singolar proposizione abbia colta la fisica na-
tura del terzo suono si fattam.te, che quando sia intesa a dovere, e siano spianate le
difficoltà, che io qui esporrò, è dimostrativam.te la stessa ch’è fisicam.te il terzo
suono. Prima di tutto [canc. In primo luogo] non solam.te le accordo che la diffe-
renza di ottava, che vi è [canc. si trova] tra la di lei regola, e il terzo suono, quando
questo si trovi in ½, e non nella unità, nulla tolga alla di lei regola, perché la diffe-
renza non è sostanziale; ma le accordo molto di più, ed è, che per l’affatto diversa
qualità di questo terzo suono, che risulta da due dati suoni, non essendosi fin qui
Risposta all’esame di Eulero 47

potuto determinare con fisica sicurezza se risulti veram.te o nella unità, o in ½, ben-
ché ad evidenza fisica si rilevi la sua intonazione, io [canc. voglio esser il primo]
che fin qui son stato persuaso con la maggior parte esser questo costituito in ½, vo-
glio esser il primo ad accordarle, che sia veram.te costituito nella unità. Così potre-
mo con più esatezza e precisione comparar la di lei regola co l fenomeno del terzo
suono, che finalm.te dev’esser il decisivo, della tanto fin qui agitata ricerca del vero
principio dell’armonia. Questa mia proposizione è per se evidente, perché se dato
da una parte un Eulero, che versando su tal ricerca, assegni la regola dimostrativa
di questo principio: dato dall’altra parte un Professore, che nelle sue fisiche ricer-
che scopra un fenomeno si preciso e significante qual è il terzo suono: data la com-
parazione della regola dimostrativa co l fenomeno in qualunque precisione, e
trovata identica co l fenomeno, è certo di certezza fisica e dimostrativa il vero
principio dell’armonia; e per conseguenza sarà certo che dalla congiunzione di due
estremi, cioè un infinitam.te grande, ed è l’Eulero, un infinitam.te piccolo ed è il
Tartini, sarà finalm.te dopo secoli determinata la cosa qual è, ponendo una volta fi-
ne alla interminabile ricerca. Avanzando dunque con animo allegro e sicuro alla
comparazione, sia la di lei formula e regola, che dato (per esempio) il da ella così
chiamato, e da me accordato esponente 6 della consonanza, i rapporti relativi con-
sonanti siano i suoi divisori 1, 2, 3: dato l’esponente 12, siano i rapporti consonanti
i suoi divisori 1, 2, 3, 4, 6, etc. Siano dall’altra parte due corde sonore in quantità
sesquialtera di linea, cioè in rapporto di tre parti a due. Suonando equitemporane-
am.te queste due corde, risultarà il terzo suono unisono, o sia eguale al suono di una
linea sonora di parti sei. Dunque eguale nel numero delle parti all’esponente 6. Ma
dalla multiplica di 2 per 3 si ha 6 in prodotto. Dunque dalla multiplica de numeri
indicanti le parti delle due linee suonate si avrà dimostrativam.te il numero indican-
te la intonazione del terzo suono che dovrà risultare da due dati suoni, e la propor-
zione, in cui dovrà trovarsi il terzo suono risultato co’ due dati suoni. Ma dati tre
suoni in arm.ca proporzione come 6, 3, 2, le vibrazioni equitemporanee delle corde
relative sono come 1, 2, 3. dunque eguali a divisori 1, 2, 3, di 6. Cosi si dica dati
due suoni in sesquiterza come 4 a 3, dalla di cui multiplica si ha 12, e sarà il terzo
suono: di sesquiottava come 9 a 8, dalla di cui multiplica si ha 72, e sarà il terzo
suono etc: etc:. Ma questa regola procede in infinito, è sempre vera, e determina
costantem.te il terzo suono, e l’equitemporanee vibrazioni delle corde relative.
Dunque in sostanza è la stessa dell’esponente e de suoi divisori relativi. Discen-
dendo a maggior precisione, com’ella dalla regola dell’esponente deduce la conso-
nanza relativa così io dal terzo suono come basso arm.co de due dati suoni. Perché
dati i due suoni in sesquiterza, o sia come 4 a 3, dato il prodotto di 4 per 3, ch’è 12,
ed è il terzo suono, posti i tre termini in serie armonica 12, 4, 3, null’altro vi ag-
giungo e suppongo se non il termine 6 mezzo arm.co tra 12, 4: indi l’arm.ca propor-
zione continua 12, 6, 4, 3 è la consonanza, o sia armonia integrale relativa. Dati
due suoni sesquiquarti, o sia come 5 a 4, dato il prodotto di 5 per 4, ch’è 20, ed è il
terzo suono, posti in serie armonica i tre termini 20, 5, 4, vi aggiungo e suppongo i
due termini 10, 7:½, come due mezzi arm.ci tra 20, 5; e l’armonica proporzione
48 Giuseppe Tartini

continua 20, 10, 7:½, 5, 4, sarà la consonanza, o sia armonia integrale relativa. Che
io supponga e vi aggiunga i mezzi arm.ci suddetti; non è di mio arbitrio, ma di ne-
cessità dimostrativa. Perché convenendo tra noi che dalla ragion dupla 2, 1, né ella
possa aver altro esponente, né io altro terzo suono che 2, è certo tra noi che la no-
stra posizione, o sia risultato resta in due termini soli: essendo per ella unico divi-
sore di 2 la unità, per me terzo suono 2, il quale (supposti due suoni dupli come 2 a
1) essendo unisono al dato 2, resta uguale a 2, né forma proporzione. Dunque con-
venendo egualm.te tra noi, che dati i suoni sesquialteri come 3 a 2, il di lei esponen-
te sia 6, il mio terzo suono sia 6, è dimostrativam.te certo, che il principio di
proporzione è nella sesquialtera, da cui unicam.te si ha per principio primo il terzo
termine diverso da due termini dati. È dimostrativam.te certo, che la proporzione è
armonica, perché nel mio senso delle corde è 6, 3, 2 : è 1, 2, 3 nel di lei senso delle
vibrazioni equitemporanee, ma come consecutive e inseparabili dalle supposte cor-
de 6, 3, 2; e voglio dire necessariam.te supposte in arm.ca proporzione: conditio, si-
ne qua non. E per corollario dovendosi necessariam.te supporre il proseguimento
della serie della stessa natura del suo principio, ch’è in arm.ca proporzione, dovrò
necessariam.te aggiungere e supporre il mezzo arm.co 6 tra 12, 4, dati li tre termini
12, 4, 3: i due mezzi arm.ci 10, 7:½, tra 20, 5, dati li tre termini 20, 5, 4: i tre mezzi
arm.ci [canc. tra 30] 15, 10, 7:½, tra 30, 6, dati i tre termini 30, 6, 5, etc:. Né qui vi
può esser obbietto, né risposta, perché quanto ho qui esposto in figura dimostrativa
di numeri, altro non è in sostanza e in precisione; se non che la serie e la natura fi-
sica del terzo suono, prodotto dalli due dati suoni, è congiunto in armonia co mede-
simi. Qui ella rilevarà meglio di me, che per esempio nell’armonia integrale
sesquiterza 12, 6, 4, 3, intesa nel mio senso, si trovano i divisori 1, 2, 3, 4, intesi
nel di lei senso: che nell’armonia integrale sesquiquarta 20, 10, 7:½, 5, 4, intesa nel
mio senso, si trovano i divisori 1, 2, 4, 5, intesi nel di lei senso etc:. Ma osserviamo
la cosa più minutam.te. Nella mia prima posizione sesquiterza 12, 6, 4, 3, rispetto al
di lei senso manca il termine 6 come divisore di 12, ch’è il di lei esponente, ed è il
mio terzo suono. Nella seconda mia posizione sesquiquarta 20, 10, 7:½, 5, 4, ri-
spetto al mio senso manca il termine 7:½, che rispetto al di lei senso non è, né può
esser divisore di 20 di lei esponente, e mio terzo suono. Esaminiamo che ne derivi
in ambidue le posizioni. Rivoltata la di lei prima posizione de divisori di 12, 1, 2,
3, 4, 6, nel mio senso in 12, 6, 4, 3, 1:½, trovo che il termine 1:½ aggiunto alla mia
posizione null’altro fa se non che distruggere l’arm.ca proporzione continua, in cui
per se si trovano i soli quattro termini 12, 6, 4, 3. Trovo, che riesce affatto male
nella nostra pratica, perché supposto che alli quattro termini suddetti si debba ag-
giungere il quinto termine, è fuor di ogni dubbio, che se la proposta composizione
musicale sia in tuono (così da noi chiamato) di terza maggiore, il quinto termine
dev’essere non 1:½, ma 2:2/5, se sia di terza minore, dev’esser 2:½. Rivoltata la di
lei seconda posizione de divisori di 20, 1, 2, 4, 5, 10, nel mio senso in 20, 10, 5, 4,
2, oltre il ritrovar distrutta la proporzione arm.ca continua della mia posizione 20,
10, 7:½, 5, 4; oltre la incongrua disposizione delle parti o cantanti, o suonanti, se si
disponessero a norma de risultati divisori, vi è la mancanza sostanziale della quinta
Risposta all’esame di Eulero 49

dell’armonia, di cui è parte integrale, e che rispetto a 20 come esponente, non puo
assegnarsi in modo alcuno, perché 7:½ formando con 10 la quinta necessaria
all’armonia integrale; è chiaro, che 7:½ non puo esser divisore di 20. Queste, ed
altre simili sono le difficoltà che io trovo nella di lei regola, la quale essendo gene-
ralm.te vera, non regge poi individualm.te in pratica a tutti i nostri bisogni musicali,
a quali sì generalm.te che particolarm.te regge la regola del terzo suono. Perciò re-
plico e confermo che se ella avesse avuto a fianchi un compositore da cui le fosse-
ro stati indicati in precisione i musicali nostri bisogni, avendo ella già colto nel
punto sostanziale, lo avrebbe adattato e agli universali e a particolari nostri casi e
bisogni, e fin d’allora sarebbe stato deciso della verità. La diversità dunque che vi è
tra noi due, non è di sostanza, è di solo ordine, e di maggior o minor dilatazione, e
dirò anche di più o meno facile intelligenza della regola. In tal caso come a me, e a
tutto il dotto Mondo conviene renderle quella giustizia, che distintam.te da chiun-
que ella merita, per aver scoperta la sostanza della cosa, così ad ella conviene (se
mi è lecito il dirlo) usar verso di me la bontà di credermi, che delle nostre due rego-
le in sostanza eguali e vere la mia è più adattata alla pratica sì per la sua maggior
dilatazione a casi particolari, sì per la sua più facile intelligenza rispetto a Professo-
ri di Musica, che certam.te non sono gli uomini più colti. Dico bensì che il primo
luogo in merito di scienza, e di soggetto deve darsi alla di lei regola; e quando ella
mi conceda la grazia e licenza di aggiungere al mio trattato una breve dissertazio-
ne, in cui sia contenuta la sostanza di quanto si è privatam.te tra noi conferito, e sia
posta nella di lei regola congiunta alla mia per intelligenza comune de Professori
l’autorità del di lei rispettabil.mo nome, e la di lei approvazione alla congiunzione di
queste due regole dico (ed ella vede [canc.vede] meglio di me) ch’è per sempre de-
ciso della questione. Non le faccia in genere difficoltà a ciò e remora l’esser ella
persuasa non dipender l’armonia dalle proporzioni, ma dalla percezione de rapporti
che sono tra i suoni. Questo è nulla in sostanza, perche così anche essendo
com’ella dice, è fatto che non possono esser costituiti questi suoni se non in rap-
porto di arm.ca proporzione o serie rispetto al terzo suono; e però è fatto, che il di
lei esponente essendo lo stesso che il terzo suono, in tal rispetto non è più separabi-
le l’arm.ca proporzione e serie dalla regola, che rinchiude in tal senso e la sua, e la
mia significazione. Non le faccia specie in particolare il modo diretto d’intender le
cose musicali, che necessariam.te dev’esservi tra ella, e me perché posso assicurarla
su l mio onore che in sostanza convenimo. Per esempio ella dice che la sesta su-

perflua intesa da me per consonanza, rispetto alla di lei regola è la più


forte dissonanza. Abbia ella la bontà di osservare quanto io dico a pag. 162, dove
pretendo di dimostrare esser altrim.ti questa (secondo la di lei regola) la sua forma

integrale; ma bensì secondo la mia regola quest’altra ,


in cui per l’aggiunta di Ffaut tra Dlasolre, e Gsolreut ♯ la forma muta natura, e
faccia, ed è stimo l’effetto il che per disteso ivi dimostro e spiego. Altro è che
50 Giuseppe Tartini

manchi alle nostre istituzioni musicali un segno per esprimer convenientem.te in


questo caso il Gsolreut ♯ (ed io lo accenno): altro è che la forma non sia quale ivi è
chiaram.te dimostrata. E così essendo, è certo che anche in questo caso affatto sin-
golare sostanzialm.te tra noi convenimo, perché il di lei esponente, ed il mio terzo
suono è Ffaut; [canc. non Gsolreut ♯]. Insomma ella esamini pure quanto mai sa e
puo queste due regole nella loro sostanza [canc. comparazione]: le trovarà in so-
stanza eguali, ch’è quanto mi son proposto di farle osservare, e considerare. Perciò
ella non defraudi il dotto Mondo della sua approvazione, da cui unicam.te dipende
il grand.mo beneficio, che necessariam.te risulta; ed è la decisione della scoperta del
vero principio dell’armonia.
TENTAMEN
NOVAE THEORIAE
MUSICAE
EX
CERTISSIMIS
HARMONIAE PRINCIPIIS
DILUCIDAE EXPOSITAE
AUCTORE
LEONHARDO EULERO
PETROPOLI
EX TYPOGRAPHIA
ACADEMIAE SCIENTIARUM
1739
Saggio di una nuova teoria musicale
chiaramente illustrata secondo i veri princìpi
dell’armonia
Autore Leonardo Eulero
Pietroburgo, dalla Tipografia dell’Accademia delle Scienze, 1739

Prefazione

Fin dai tempi in cui ebbe inizio lo studio della musica apparve abbastanza chiaro
che le cose per le quali essa risulta gradevole e dispone gli animi al piacere non ri-
siedono nell’arbitrio degli uomini, né dipendono dall’abitudine. Già Pitagora, che
per primo pose i fondamenti della musica, riconobbe che la causa del piacere pro-
dotto dalle consonanze è insita nelle proporzioni oggetto di percezione, anche se
non comprese bene come questi rapporti siano percepiti dall’udito. Tuttavia, non
avendo chiaramente inteso i veri princìpi dell’armonia, Pitagora aveva attribuito
soverchia importanza alle sue proporzioni e non aveva saputo tenerle nei dovuti
confini. Fu perciò giustamente criticato da Aristosseno, che tuttavia, per demolire
la dottrina di Pitagora, troppo si avventurò nella direzione opposta, impegnandosi a
eliminare dalla musica tutta la potenza dei numeri e dei loro rapporti. Tuttavia nep-
pure Aristosseno osò mai affermare che una melodia elegantemente composta ri-
sulta senza ragione piacevole all’udito. Negò soltanto che la causa del piacere si
trovi nelle proporzioni definite da Pitagora; e ritenendo che il giudizio sulle conso-
nanze dovesse essere lasciato all’orecchio, preferì ignorarne la fonte piuttosto che
considerare insufficiente e ancora avvolta in molti errori la teoria di Pitagora. A
maggior ragione si dovrebbe dubitare se a quell’epoca sia esistita una teoria musi-
cale capace di spiegare perché una melodia piaccia o no. Infatti forse non solo de-
testiamo la musica che all’opposto è altamente apprezzata dai barbari1, ma questi a
loro volta non trovano nulla nelle nostre musiche che li soddisfi. Se peraltro si vo-
lesse dedurne che non esiste una causa del piacere musicale, giudicheremmo certo
con eccessiva precipitazione. Oggigiorno la composizione musicale è infatti assai

1
Questo termine compare più volte nel corso della trattazione. Ciò spinge a chiedersi chi siano i barba-
ri per Euler. È noto infatti che il termine nasce nell’antica Grecia con funzione onomatopeica (βαρβαρ,
da cui βάρβαρος) per designare le popolazioni esterne alla Grecia, che non parlavano correttamente la
lingua greca, anzi a loro dire la balbettavano, e non possedevano i valori etici e culturali greci. A Roma
assunse lo stesso significato, naturalmente traslato nella realtà romana; cioè chi non era civis romanus
era barbarus. Pare quindi di capire che anche Euler usi il termine in questo senso, designando le popo-
lazioni estranee all’Europa e alla sua tradizione culturale, estranee quindi anche al gusto ivi vigente.
Una conferma a quanto sinora affermato giunge dalla consultazione ad vocem del dizionario settecen-
tesco Lexicon totius latinitatis redatto da Egidio Forcellini, al quale si rimanda per ogni eventuale ap-
profondimento.
Prefazione 53

complessa e di norma complicata da innumerevoli parti, per cui non possiamo for-
mulare un giudizio corretto né sul nostro assenso né sull’avversione dei barbari
prima di aver considerato e attentamente esaminato le singole parti che la compon-
gono. In effetti, quando il giudizio ha inizio dalle consonanze più semplici che
compongono ogni musica, come ottava, quinta, quarta, terze e seste, sia maggiori
sia minori, ci accorgiamo che tra le nazioni non esiste alcun dissenso, e che anzi
tutti questi intervalli con consenso unanime sono giudicati più piacevoli delle dis-
sonanze, quali tritono, settime, seconde e le numerose altre che possono essere co-
struite. Poiché dunque non ci è nota la causa di questo consenso, che peraltro non è
lecito assegnare alla sola abitudine, a buon diritto se ne cerca la vera ragione.
All’incirca simile è poi la causa di due o più consonanze la cui successione non
senza ragione può piacere o dispiacere. È infatti necessaria una maggiore attenzio-
ne e capacità per trovare piacere nella successione di più consonanze che in conso-
nanze isolate. Infatti, perché le consonanze singole piacciano è sufficiente che
siano riconosciute e si percepisca il loro ordine intrinseco; ma se si mettono più
consonanze in successione, perché piacciano è altresì necessario che si intuisca
l’ordine contenuto in questa stessa successione. Se dunque la varietà delle cose nel-
le quali vige un ordine certo aumenta al punto che le cose che compongono
l’ordine non possono essere percepite che da orecchi acutissimi, non meraviglia
che le orecchie più deboli non vi trovino alcuna piacevolezza. Il fatto dunque che i
barbari prendano poco o nessun piacere dalla nostra musica non significa che in
essa non vi sia piacere o che piaccia solo per abitudine, ma si deve piuttosto pensa-
re che nella nostra musica c’è un ordine tanto vario e tanta dolcezza che i barbari
solo in minima parte sono in grado di percepire. Peraltro in questa questione
l’abitudine è importante non tanto per convincersi che grazie ad essa una composi-
zione musicale che ci è gradita è sgradita ad altri, quanto per esercitare e perfezio-
nare il senso dell’udito in modo che possa percepire tutti gli ordini di cui tale
musica è composta. Chi dunque non abbia ancora esercitato e perfezionato in que-
sto modo le proprie orecchie, a costui si dovrà lasciare quella musica molto sem-
plice, che per la sua estrema semplicità ci annoia, poiché, essendo abituati a
composizioni più ricche, esigiamo un ordine molto più complesso. Poiché da questi
ragionamenti, tanto giusti quanto peregrini, risulta esservi una teoria musicale che
in base a princìpi certissimi e incontestabili spiega la ragione di ciò che piace o non
piace, ho deciso di ricercare questi princìpi nella presente opera e su di essi costrui-
re l’edificio della teoria musicale. Anche se molti hanno finora intrapreso questo
compito, tuttavia non sono andati oltre la dottrina delle consonanze senza perfezio-
narla in modo da poterla applicare alla musica pratica. Ma lasciamo che siano altri
a giudicare quanto si è fatto in questo libro, e se abbiamo o no portato a termine
l’intero nostro progetto: resta il fatto che le regole desunte dalla nostra teoria si ac-
cordano così egregiamente alla musica universalmente accettata, che non possiamo
assolutamente dubitare della solidità e della verità della teoria. Abbiamo infatti
principalmente osservato in questa indagine il dovere del Fisico, cercando le cause
vere delle cose che in musica si osservano ai fini del piacere e del dispiacere. Se
54 Leonhard Euler

dunque la teoria si armonizza con l’esperienza ci sembra di avere adempiuto di di-


ritto nel modo dovuto al compito prescritto.

Per prima cosa era dunque opportuno riprendere dalle sue stesse fondamenta la
dottrina del suono, che abbiamo esposto non solo più accuratamente di quanto sia
stato finora fatto ma, ciò che è fondamentale, l’abbiamo anche accordata ai fonda-
menti della musica. Abbiamo quindi correttamente precisato in quale moto vibrato-
rio delle particelle aeree consista il suono e a quale condizione impressioni il senso
dell’udito affinché ne risulti la percezione del suono. È stato così chiarito che
l’ascolto di un semplice suono non è altro che la percezione di più colpi che si suc-
cedono l’un l’altro per intervalli di tempo uguali, e che la differenza del grave e
dell’acuto risiede nella frequenza di questi colpi: quanti più colpi percuotono le o-
recchie nello stesso tempo, tanto più acuto è stimato il suono. Abbiamo poi esami-
nato a fondo le varie maniere di produzione dei suoni, e li abbiamo ricondotti a tre
generi stabilendo a priori la celerità dei colpi che un corpo sonoro trasmette
nell’aria; è stato così possibile definire l’esatto numero dei colpi che ciascun suono
musicale emette nell’intervallo di un minuto secondo. In questa analisi abbiamo
altresì esposto una teoria affatto nuova dei suoni emessi dalle zampogne e dai flauti
insufflati2, la concordanza della quale con l’esperienza è tale che pare doversi as-
sumere per necessariamente vera. Abbiamo inoltre diligentemente indagato la forza
e l’intensità dei suoni, e abbiamo illustrato il modo di costruire i singoli strumenti
musicali in modo che tutti i suoni, per quanto diversi in rapporto al grave, tuttavia
risultino ugualmente forti, e da questo ci sembra derivi non poco aiuto per la fab-
bricazione degli strumenti musicali.

La teoria musicale richiede un duplice fondamento: l’uno, esposto a sufficienza nel


primo capitolo, consiste nell’accurata conoscenza dei suoni che forma l’oggetto pro-
prio della scienza naturale; il secondo principio deve essere invece richiesto piuttosto
alla metafisica, dal momento che è necessario stabilire quali cose fanno sì che più
suoni, sia contemporanei sia successivi, piacciano o no all’udito che li percepisce. La
questione è stata chiarita con la guida della ragione e dell’esperienza, stabilendo cioè
che due o più suoni piacciono quando è percepito il rapporto che i numeri delle vibra-
zioni emesse hanno tra loro, e che all’opposto dispiacciono o quando non si avverte
nessun ordine, o quando l’ordine che pareva doverci essere subito si altera. Quindi ab-
biamo esposto come viene distintamente percepito l’ordine dei suoni insito nel rappor-
to delle vibrazioni prodotte nello stesso tempo o ad intervalli di tempo uguali; da
questa analisi era lecito intuire immediatamente che alcuni rapporti risultano più fa-
cilmente percepibili, altri più difficilmente; e indagando la causa di questa diversità
abbiamo ricondotto la facoltà della percezione a certi gradi che sono di fondamentale
importanza non solo in musica, ma che possono essere di somma utilità anche nelle
scienze e nelle arti nelle quali si fa questione della bellezza. Questi gradi sono stati or-

2
Queste problematiche sono affrontate nel cap. I, par. 28 e segg.
Prefazione 55

dinati secondo la semplicità dei rapporti che devono essere percepiti: così allo stesso
grado si sono riferiti tutti i rapporti che possono essere percepiti con uguale capacità.
Al primo grado appartiene l’unico rapporto semplicissimo dell’uguaglianza, che o-
vunque si trovi è subito avvertito facilmente, essendo costituito da due suoni identici.
Il secondo grado successivo è il rapporto duplice, che, come il primo, non ammette
che gli sia riferito più di un rapporto; infatti, a parte l’uguaglianza, è il rapporto più
facilmente percepito, e in musica comprende l’intervallo chiamato diapason o ottava.
Al terzo grado si è invece ritenuto di assegnare due rapporti, triplo e quadruplo, in
quanto si percepiscono con uguale capacità: e così procedendo abbiamo fatto seguire
con ordine i rimanenti gradi, attribuendo a ciascuno i rapporti ugualmente facili da
percepirsi. E li chiamiamo gradi di piacere, perché se ne possa inferire quanta e quale
dolcezza abbia in sé ciascuna consonanza, o, che è lo stesso, quanta capacità occorra
per percepirla; per cui diventa comprensibile in che misura alcuni rapporti possono
essere percepiti più facilmente di altri dovunque siano presenti. Risulterà inoltre evi-
dente che la classificazione dei rapporti non si trova nei nomi che gli antichi diedero
loro, e neppure che, come parve ai Pitagorici, i rapporti molteplici si percepiscono più
facilmente dei rapporti sopraparticolari, e questi più facilmente dei rapporti soprapar-
zienti; ma che si deve cercare un criterio desunto da un ben altro principio, dal quale
possa nascere sia un giudizio, sia una conoscenza delle consonanze molto più solidi e
massimamente accordati all’esperienza della musica. E su questi due princìpi, fisico e
metafisico, abbiamo ricostruito tutta la teoria musicale.

Per quanto riguarda la disposizione dell’opera, bisogna notare in primis che ho


essenzialmente suddiviso la musica in due sezioni, dalle quali siano procurate ad
essa la grazia e il brio: delle quali l’una si fonda sulla distinzione dei suoni gravi e
acuti, l’altra invece sulla loro durata. La musica contemporanea consiste essen-
zialmente nell’uno e nell’altro genere di piacere; e tuttavia è opportuno esaminare
anche ora gli esempi in cui solo l’uno o solo l’altro genere eccita la grazia. Nella
presente trattazione abbiamo ritenuto di sviluppare principalmente il piacere che
nasce dalla diversità dei suoni gravi e acuti, poiché il secondo genere, [nato dalle
durate], presenta minore difficoltà e si deduce facilmente dalla spiegazione del
primo. Infatti nella diversità del grave e dell’acuto sono ad oggi interessate solo le
proporzioni definite dai numeri 2, 3 e 5, non altre; invece in merito ai rapporti di
durata i musici non sono giunti fin qui, ma hanno tratto tutto il piacere delle durate
dai soli numeri 2 e 3, né in questo àmbito l’udito è in grado di comprendere rappor-
ti composti come nell’altro genere.
Pertanto nell’analisi della composizione musicale, che guarda solo alla differenza
dei suoni gravi e acuti, si è cominciato dalle consonanze ovvero da più suoni simulta-
nei. Qui non solo tutte le consonanze che possono ricorrere in musica sono state enu-
merate, ma sono anche state disposte secondo i generi del piacere, da cui è subito
possibile giudicare quanto alcune consonanze possano essere più facilmente percepite
di altre. Abbiamo quindi considerato la successione di due consonanze, dimostrando
come due consonanze debbano essere paragonate affinché ne risulti una successione
56 Leonhard Euler

gradita all’udito. Quindi abbiamo applicato lo stesso procedimento alla serie di più
consonanze, e così a qualsivoglia composizione musicale, posto che non si fa conside-
razione della durata dei suoni. Abbiamo quindi attribuito il giudizio di questi singoli
aspetti agli esponenti numerici, nei quali è contenuta tutta la potenza e la natura sia
delle singole consonanze sia della successione di due o più consonanze. Hanno così
avuto origine in primo luogo gli esponenti delle consonanze semplici, quindi gli espo-
nenti della successione di due consonanze, in terzo luogo gli esponenti delle serie di
più consonanze che si susseguono alternatamente, e con queste tre serie tutta la musi-
ca universalmente considerata è stata perfezionata. Di qui siamo poi stati condotti alle
varie specie di composizioni musicali, e per prima si presentò la dottrina dei generi
musicali. Definito il genere musicale come la combinazione di vari suoni idonei a
produrre armonia, abbiamo parimenti ricondotto la loro trattazione alla considerazione
degli esponenti. Abbiamo pertanto enumerato tutti i generi musicali, iniziando dai più
semplici sino ai più complessi, almeno sino a quelli che l’udito può tollerare. In questa
enumerazione abbiamo presto incontrato i generi ammessi sia anticamente, sia nei
tempi più recenti, quali il genere semplicissimo di Mercurio, il diatonico, il cromatico
e l’enarmonico degli antichi; di questi, i primi due concordavano in modo eccellente
con quelli che l’armonia ci procurò, ma dei restanti cromatico e enarmonico si coglie
solo l’affinità3. Poiché gli antichi vi giunsero guidati in parte dal solo udito in parte da
un ragionamento confuso, non c’è da meravigliarsi che si siano originati soltanto si-
mulacri della vera armonia, e frattanto è tuttavia evidente che essi stessi hanno ricono-
sciuto il limite dei loro generi. Anche il genere diatonico li occupò lungamente prima
che fosse reso conforme alla vera armonia, in quanto la sua teorizzazione è da riferire
a Tolemeo. Infine il nostro genere decimo-ottavo s’accorda mirabilmente con quello
oggi massimamente in uso chiamato solitamente diatonico-cromatico: infatti contiene
in una ottava dodici suoni tra loro distanti di intervalli pressoché uguali, ossia di semi-
toni e limma sia maggiori sia minori. Sebbene peraltro questo genere già da tempo sia
stato recepito dall’uso, tuttavia i musici vi hanno apportato sempre nuove correzioni
per renderlo più gradito all’ascolto, e questo esercizio è risultato loro a tal punto van-
taggioso, che la disposizione dei suoni oggi più approvata dai musici si scosta dalla
vera armonia dell’unico suono indicato con B: un consenso tanto grande che dal solo
udito a mala pena avrebbe potuto sperarsi.
Abbiamo perciò indagato quanto più diffusamente possibile questo genere diato-
nico-cromatico4, accordandolo ai veri princìpi dell’armonia e stabilendo a quale dei
diversi modi di comporre esso si confà; abbiamo inoltre presentato i generi più
composti, per mostrare di quale estensione sia ancora capace la musica. Ritornati
poi al genere diatonico-cromatico, abbiamo enumerato tutte le consonanze che vi si
possono ritrovare, e abbiamo indicato come ciascuna consonanza si debba produrre
nel modo più piacevole. Infine abbiamo trattato la teoria dei modi musicali in ma-
niera più accurata di quanto fosse finora consentito, e abbiamo suddiviso i singoli
modi nelle loro specie e sistemi, cose tutte dalle quali sembra poter venire alla

3
Queste problematiche sono trattate nel cap. VIII.
4
Il genere diatonico-cromatico è trattato nei capp. IX, XI e XII.
Prefazione 57

composizione musicale non poca luce. Abbiamo del resto proposto tutte queste co-
se solo come i primi fondamenti, con i quali si debba perfezionare l’insieme della
teoria musicale, affidandone l’ulteriore progresso e l’adeguamento alla pratica ai
musici peritissimi, non dubitando minimamente che tanto la musica teorica quanto
la musica pratica possano infine conseguire la somma perfezione grazie a questi
princìpi.

Indice5

Cap. I Il suono e l’udito p. 1


Cap. II Il piacere e i princìpi dell’armonia p. 26
Cap. III La musica in generale p. 44
Cap. IV Le consonanze p. 56
Cap. V La successione delle consonanze p. 76
Cap. VI Le serie delle consonanze p. 90
Cap. VII I nomi assunti dai vari intervalli p. 102
Cap. VIII I generi musicali p. 113
Cap. IX Il genere diatonico-cromatico p. 132
Cap. X Gli altri generi musicali più composti p. 151
Cap. XI Le consonanze nel genere diatonico-cromatico p. 165
Cap. XII I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico p. 175
Cap. XIII Il metodo di composizione in un modo e sistema dati p. 195
Cap. XIV La permutazione dei modi e dei sistemi p. 252

5
Il presente indice riporta la numerazione delle pagine dell’editio princeps e compare nella stessa col-
locazione voluta dall’autore. È stato mantenuto sia per non alterare il testo originale, sia perché può
rivelarsi un utile strumento per la consultazione del testo latino. L’indice di riferimento rimane quindi
quello generale posto alla fine del volume.
CAPITOLO PRIMO
Il suono e l’udito

§ 1. Poiché intendiamo esaminare la musica alla stregua delle discipline filosofi-


che, nelle quali nulla si può dire la cui cognizione e verità non si possa spiegare
con le conoscenze precedenti, dobbiamo esporre in primis la teoria dei suoni e
dell’udito: i suoni sono infatti l’oggetto della musica, l’udito invece è lo scopo e il
fine della musica, che consiste nel piacere dell’orecchio. La musica insegna infatti
a produrre e a coniugare scientemente i diversi suoni in modo da interessare dol-
cemente il senso dell’udito con una piacevole armonia. Ciò che pertanto dovremo
dire dei suoni riguarda la loro natura, produzione e varietà, la cui adeguata cono-
scenza va cercata nella Fisica e nella Matematica. Se poi insieme a questi venissero
considerati i principali organi dell’udito, avremo la conoscenza della causa
dell’udito e della percezione dei suoni. Quanta utilità queste cose potranno infine
arrecare per consolidare e confermare i fondamenti della musica, risulterà chiaro a
ciascuno dal fatto che la dolcezza dei suoni dipende dalla causa della percezione e
con questa deve essere spiegata.

§ 2. Tutti coloro che hanno scritto almeno cose verosimili su questa questione,
affermano che il suono consiste nell’aria e che l’aria è quasi il suo veicolo, dal qua-
le è diffuso per ogni dove a partire dalla sua fonte. E invero la cosa non può stare
diversamente, non essendovi null’altro eccetto l’aria che circonda le nostre orec-
chie e alle quali possa apportare un cambiamento. E anche se si obietta che la causa
dell’udito è in modo analogo paragonabile alla causa dell’olfatto e della vista, che
sono stimolati non dall’aria, ma da veri effluvi emessi dall’oggetto, tuttavia con la
pompa pneumatica si dimostra che, se la fonte sonora è posizionata nel vuoto
d’aria in modo tale da non avere alcuna comunicazione con essa, per quanto ci si
avvicini l’orecchio non percepisce nessun suono. Se all’opposto l’aria vi entra, su-
bito si ode nuovamente il suono. Ne consegue che l’aria, e il mutamento in essa
prodotto dalla fonte sonora, è la vera e la più prossima causa del suono.

§ 3. Perché poi risulti chiaro quale sia questa alterazione e modificazione


dell’aria che produce la sensazione del suono, converrà considerare un caso parti-
colare di produzione del suono e ricercare l’effetto che produce nell’aria. Conside-
riamo perciò una corda tesa che, fatta vibrare, emette un suono. Dal suo
movimento null’altro segue che una vibrazione che fa trapassare molto velocemen-
te la corda tra i suoi estremi ora al di sotto e ora al di sopra del punto di quiete.
Nelle corde più grosse questo movimento è facilmente percepito anche dagli occhi,
e per quanto non sia possibile distinguerlo, tuttavia non v’è dubbio che è presente
anche nelle corde più sottili. Inoltre chi tocchi con la mano una campana che suo-
na, la sentirà vibrare in tutto il suo corpo. Infine le leggi della meccanica mostre-
ranno immediatamente che sia la corda, sia la campana, non potranno ricevere da
Capitolo I - Il suono e l’udito 59

un colpo null’altro che un moto vibratorio, e pertanto si dovrà asserire che la causa
del suono deve essere cercata nel solo movimento vibratorio.

§ 4. Poiché dunque la mutazione dell’aria prodotta dal corpo vibrante genera e


trasmette immediatamente la sensazione del suono, dovremo indagare come l’aria
sia affetta dal corpo vibrante. Vediamo dunque che il tremore consiste nella ripeti-
zione di vibrazioni successive. Queste singole vibrazioni percuotono l’aria attorno
al corpo vibrante che dunque riceve vibrazioni simili che poi, allo stesso modo, so-
no trasferite alle particelle aeree contigue. Quindi, per questo motivo, impulsi di tal
genere e vibrazioni vengono prodotti in tutta l'aria circostante, e così questo pas-
saggio degli impulsi nell'aria viene prodotto da una qualsiasi vibrazione di un cor-
po tremulo. Ne risulta che le singole particelle aeree tremeranno con lo stesso
movimento del corpo vibrante: con questa sola condizione, che gli impulsi ricevuti
sono tanto più piccoli e deboli quanto più distano dalla fonte, e infine, se la distan-
za sarà eccessiva, nulla potrà più percepirsi.

§ 5. Da queste premesse appare chiaro che alle orecchie nulla sopraggiunge oltre a-
gli impulsi provocati nell’aria dal corpo sonoro; è pertanto necessario che gli stessi
impulsi eccitati nell’aria e incidenti nell’organo dell’udito vi producano la sensazione
del suono. La sensazione avviene precisamente in questo modo: nella cavità interna
dell’orecchio si trova una membrana tesa chiamata timpano per la somiglianza con lo
strumento, la quale accoglie le pulsazioni dell’aria trasmettendole oltre fino ai nervi
uditivi, per cui, quando ne siano affetti, si sente il suono. Dunque il suono non è altro
che la percezione di impulsi successivi che interessano le particelle d’aria situate in
prossimità dell’organo, in modo tale che qualunque cosa sia capace di produrre
nell’aria impulsi simili, sia anche appropriata a generare il suono.

§ 6. La propagazione del suono nell’aria non è istantanea, ma occorre un tempo


determinato durante il quale il suono si propaga per un dato spazio. Inoltre il moto
di propagazione è uguale e non dipende né dalla potenza del suono, né dalla sua
qualità. Infatti, sia come dimostrano gli esperimenti, sia come si può capire dal
computo teorico dell’aria e dalla natura degli impulsi, il suono impiega un minuto
secondo di tempo per percorrere lo spazio di 1100 piedi Renani6, in due minuti se-
condi percorre lo spazio di 2200 piedi, in tre minuti secondi lo spazio di 3300 pie-
di, e così di seguito. Inoltre siamo testimoni di questa maggior lentezza dei suoni,
quando avvertiamo il suono di un fragore fatto in lontananza molto dopo il lampo,
mentre se siamo vicini al temporale li sentiamo contemporaneamente. Per lo stesso
motivo sentiamo il tuono solo dopo il fulmine, e le stesse voci ripetute in luoghi
particolari, chiamate eco, seguono più tardi lo stesso clamore.

6
Euler usa come unità di misura il piede renano, ovvero un particolare tipo di piede che equivale a
313,8355 mm. Ciascun piede si divide poi in 12 pollici e ciascun pollice in 12 linee. Questo valore del
piede renano è quello proposto da Ferdinand Rudio nell’edizione degli opera omnia. Cfr. L. EULER,
op. cit., p. 209. Per particolari sull’edizione cfr. Introduzione, pp. 39-40 e nota 157.
60 Leonhard Euler

§ 7. Qualunque cosa valga dunque a far muovere insieme le minute particelle ae-
ree in modo che ricevano un simile moto vibratorio, essa produrrà anche il suono.
A tale scopo, non solo sono adatti corpi duri, ma oltre a questo si trovano altri due
modi di produrre i suoni; da cui derivano anche, con riferimento alle cause, tre ge-
neri di suoni. Del primo genere sono i suoni che hanno origine da un corpo vibran-
te, come i suoni delle corde e delle campane. Il secondo genere comprende i suoni
che provengono dall’aria violentemente compressa e subito rilasciata, come i suoni
delle bombarde, delle tormente, del tuono e delle verghe velocemente agitate
nell’aria. Al terzo genere si riferiscono i suoni degli strumenti che insufflati risuo-
nano, come i flauti, le canne7, etc., il cui suono non dipende dal moto vibratorio
della materia di cui sono fatte le canne, come più avanti spiegheremo.

§ 8. Circa il primo genere di suoni si debbono principalmente considerare le corde


tese sia di metallo, sia di minugia, che sono eccitate o dal tocco, o dallo sfregamento.
Si toccano e si pizzicano le corde anche nei clavicembali, nei liuti e in altri strumenti
di tal genere; sono invece sfregate nelle viole e nei violini per mezzo di crini equini
tesi, nei quali la ruvidità è indotta da una resina. In entrambi i modi le corde ricevono
un moto vibratorio: se saranno infatti inizialmente rimosse dalla quiete e dal luogo na-
turale, cercheranno dopo ciò di ritornare al loro luogo naturale e vi si affretteranno con
moto accelerato. Ma l’altissima velocità che avranno acquisito quando avranno rag-
giunto il loro luogo naturale non potrà essere abbandonata, e non potranno perciò ri-
posare in quello stato. Dovranno pertanto oltrepassarlo e ritornarvi in ugual modo; e
queste oscillazioni si protrarranno tanto a lungo finché non si perdano completamente
a causa della resistenza.

§ 9. Quante poi di queste oscillazioni siano fatte in un dato tempo dalla corda
colpita, o comunque messa in vibrazione, si può calcolare attraverso le leggi del
moto, avendo presenti la lunghezza della corda, il suo peso e la forza che la tende.
Ma non si deve assumere la lunghezza e il peso della corda intera, bensì solo di
quella sua parte che vibra e produce il suono, e che solitamente è separata dalla
corda intera da due fulcri. Questi infatti impediscono che la corda compia le vibra-
zioni in tutta la sua lunghezza, ma per una sua sola porzione a piacere. Perché poi
si conosca la forza tendente, è massimamente utile, una volta fissato l’un estremo

7
Il termine tibia, usato molte volte da Euler nel corso del capitolo, pone alcune difficoltà di traduzio-
ne, in quanto l’autore – come si potrà constatare dalla lettura del testo – sembra designare la canna
dell’organo, adottando invece il termine fistula per indicare il flauto, sia diritto che traversiere. Pre-
messo che dal punto di vista linguistico il latino tibia andrebbe tradotto con ‘flauto’, e che dal punto di
vista fisico cambia poco, in quanto si tratta sempre di tubi in cui confluisce una massa d’aria, il pro-
blema è più di natura organologica, dal momento che flauto e organo sono due strumenti molto diversi.
Si è pertanto scelto di tradurre il termine tibia con ‘canna’, in riferimento alla canna dell’organo, e il
termine fistula con flauto, ritenendo in questo modo di assecondare il pensiero dell’autore. Va rilevato,
tuttavia, che in alcuni casi il termine può essere inteso anche nel doppio significato, indipendentemente
dalla scelta operata in sede di traduzione, e ciò in ragione dell’identità del fenomeno fisico.
Capitolo I - Il suono e l’udito 61

della corda, appendere all’altro estremo un peso che sta per la forza della tensione.
Stabilito ciò, se la lunghezza della corda che suona è un certo numero a di millesi-
mi del piede Renano, e il peso applicato sta al peso della corda come n sta a 1, il
numero di oscillazioni della corda in un minuto secondo sarà 355 3166n dove
113 a
113 : 355 denota il rapporto del diametro alla circonferenza del cerchio, e 3166 of-
frono con esattezza la lunghezza del pendolo che oscilla nei singoli secondi.

§ 10. Finché durano, queste oscillazioni sono isocrone, ossia si compiono in in-
tervalli di tempo uguali, e l’ampiezza delle oscillazioni non turba questa regola se
non accidentalmente, allorché la corda viene colpita troppo fortemente, le vibra-
zioni sono all’inizio più celeri. In effetti il rapporto delle corde è lo stesso dei pen-
doli, le cui oscillazioni, se sono particolarmente piccole, avvengono tutte nello
stesso tempo. Per illustrare la regola stabilita nel paragrafo precedente con un e-
sempio, ho preso una corda lunga 1510 millesimi del piede Renano, del peso di 6
1 gr. e l’ho tesa con un peso di sei libbre, ovvero di 46080 grani. Paragonando
5
questi dati con la regola del paragrafo precedente sarà a = 1510 e n = 46080 : 6 1
5
= 7432, per cui il numero delle vibrazioni effettuate in un minuto secondo sarà
355 3166 × 7432 , ossia 392. Ho inoltre scoperto che a questo suono corrisponde
113 1510
nello strumento il tasto segnato con a8.

8
Quest’ultima considerazione, riferita al tasto del cembalo, appare di grande importanza per le pro-
spettive storiche che apre. Oggi più che mai infatti l’esecuzione musicale ‘storicamente informata’ –
per usare la felice espressione di Christopher Hogwood – passa attraverso lo studio delle fonti musicali
e non, al fine di contestualizzare il più possibile i compositori e le loro musiche. È noto che il proble-
ma dell’altezza del diapason è sempre stato uno dei più sentiti dagli esecutori. La questione è assai
complessa e non è questa la sede più appropriata per discuterne. Basterà tuttavia sottolineare come,
anche nel Settecento, l’altezza del diapason variasse considerevolmente in ragione geografica e crono-
logica. Ad un’analisi sincronica inoltre, non sfugge la coesistenza di diversi diapason in una stessa
area geografica, soprattutto in relazione da un lato alla musica vocale, dove un diapason più basso in-
dubbiamente favoriva la corretta intonazione delle parti acute, soprattutto dei castrati (vedi ad es. il
corista di S. Pietro: La3 = 384 Hz); dall’altro all’impiego di strumenti ad accordatura fissa come
l’organo. Proprio quest’ultimo strumento, laddove si sia conservato il più possibile intatto, ci testimo-
nia l’altezza del diapason nelle varie località. L’autore qui opta per il La3 = 392 Hz, che è l’altezza
maggiormente impiegata in Francia nel XVIII secolo. Esso corrisponde ad un tono sotto al La oggi in
uso (440 Hz) e allora già praticato, almeno per la musica strumentale, nella Repubblica di Venezia
(corista Veneto), e a mezzo tono sotto il La3 = 415 Hz, che è quello di maggior diffusione nell’Europa
dell’epoca e correntemente impiegato ancor oggi nelle orchestre specializzate nell’esecuzione di musi-
ca barocca con strumenti d’epoca, più o meno equivalente al Cammerton bachiano (416 Hz).
Quest’osservazione non è da poco, in quanto ci lascia presumere con un buon margine di certezza che
anche a Pietroburgo negli anni trenta del secolo si facesse uso del diapason francese. Per approfondi-
menti su questo delicatissimo tema cfr. la voce pitch in New Grove Dictionary of Music and Musi-
cians, second edition, vol. 19, edited by Stanley Sadie, Macmillan Publishers limited, 2001.
62 Leonhard Euler

§ 11. Se si hanno più corde tese, il rapporto delle rispettive vibrazioni tra loro si
determina facilmente: infatti il numero delle vibrazioni prodotte in ciascuna corda
per unità di tempo equivale alla n , ossia alla radice quadrata del peso tendente
a
diviso per il peso della corda e per la sua lunghezza. Se dunque le corde saranno
state della stessa lunghezza, i numeri delle vibrazioni prodotte nello stesso tempo
saranno come le radici quadrate dei pesi tendenti divisi per i pesi delle corde. Se le
corde saranno uguali di lunghezza e peso, i numeri delle vibrazioni saranno come
le radici quadrate dei pesi tendenti. E se i pesi tendenti sono uguali e le corde dif-
feriscono solo in lunghezza, le vibrazioni saranno inversamente proporzionali alle
radici quadrate della lunghezza riferita al peso, ossia inversamente proporzionali
alle lunghezze delle corde, per il fatto che i pesi sono proporzionali alle lunghezze.

§ 12. Dalla lentezza e dalla velocità delle vibrazioni dipende la distinzione dei
suoni in gravi e in acuti, pertanto diciamo che il suono è tanto più grave, quanto
meno frequenti sono le vibrazioni che nello stesso tempo colpiscono l’udito, ed è
tanto più acuto, quanto più frequenti sono le vibrazioni percepite nello stesso tem-
po. La verità di questo [principio] è nota per esperienza, se infatti a una stessa cor-
da vengono successivamente appesi pesi diversi, i suoni prodotti risultano più acuti
per le corde alle quali siano appesi pesi maggiori, mentre i più gravi saranno i suo-
ni prodotti dalle corde i cui pesi siano minori. È infatti certo, da quanto si è detto,
che i pesi maggiori producono vibrazioni più veloci. Per questa ragione, poiché in
musica si osserva principalmente la differenza di gravità e acutezza dei suoni,
computeremo i suoni secondo il numero delle vibrazioni prodotte in un determina-
to tempo, ossia considereremo i suoni come quantità i cui numeri costituiscono le
misure delle vibrazioni prodotte in un dato tempo.

§ 13. Allo stesso modo in cui i nostri sensi non possono valutare cose troppo
grandi e cose troppo piccole, così anche nei suoni è richiesta una certa medietà; tut-
ti i suoni hanno determinati estremi e quelli che li oltrepassano per l’eccessiva gra-
vità o acutezza non potranno influenzare il senso dell’udito. Questi termini possono
essere in qualche modo definiti, dal momento che si è trovato che il suono a emette
392 vibrazioni in un minuto secondo, il suono segnato con la lettera C circa 118, e
il suono c''' 1888. Se ora supporremo che i suoni più acuti e più gravi di due ottave
possano ancora udirsi a fatica, avremo gli estremi suoni percepibili espressi dai
numeri 30 e 7520; intervallo che è abbastanza ampio e consente una notevole va-
rietà di suoni, dal momento che la suddetta ottava comprende otto intervalli.

§ 14. Dopo la differenza fra suoni gravi e acuti bisogna considerare la loro inten-
sità e debolezza. L’intensità dello stesso suono è diversa in relazione alla posizione
di chi ascolta; infatti quanto più lontano dalla corda fatta vibrare dista l’ascoltatore,
tanto più debole avverte il suono, in quanto la propagazione degli impulsi si fa
sempre più debole, come quella della luce attraverso l’aria. La causa di questa di-
Capitolo I - Il suono e l’udito 63

minuzione è che il suono si diffonde nelle distanze più grandi per uno spazio mag-
giore; così in una distanza doppia lo spazio nel quale esso è percepibile è quattro
volte maggiore d’una semplice; per cui se la somma di tutti gli impulsi è uguale nei
due casi, ne seguirà che il suono udito a doppia distanza è quattro volte più debole.
Similmente a distanza tripla è necessario che sia nove volte più debole, e così via,
in modo tale che l’intensità del suono debba diminuire col quadrato delle distanze.

§ 15. Le cose stanno così se il suono si diffonde uniformemente in ogni direzio-


ne. Ma se le circostanze sono tali che il suono è sospinto più verso un luogo che un
altro, allora sarà avvertito anche lì più forte di quanto sarebbe necessario in base
alla regola stabilita. Così se qualcuno grida in un tubo, chi avvicina l’orecchio
all’altra estremità sentirà un suono tanto forte come se avesse ricevuto la voce dalla
stessa bocca di colui che grida. Analoga è la causa delle trombe stentoreofoniche,
attraverso le quali il suono è sospinto maggiormente in quel luogo verso il quale è
diretta la tromba che in un altro, e per la stessa ragione risulta maggiore. I suoni
infatti, in modo simile ai raggi luminosi, sono riflessi da una superficie liscia e dura
e così non muta la direzione dei raggi sonori, come è lecito chiamarli per analogia
coi raggi luminosi, per cui può accadere che la maggior parte di questi raggi con-
verga in uno stesso luogo.

§ 16. Affinché una corda fatta vibrare trasmetta gli impulsi attraverso l’aria, è
necessario che il suo movimento diventi nel tempo più moderato e dunque il suono
più debole. E questo si osserva nelle corde vibranti, all’inizio infatti il suono è
massimamente intenso, poi gradatamente diventa più debole, finché alla fine cessa
del tutto; nel frattempo tuttavia le oscillazioni rimangono isocrone, e ciò nondime-
no il suono mantiene lo stesso grado di gravità e acutezza. Questa intensità dipende
dalla forza impressa proprio all’inizio nella corda medesima, cosicché quanto que-
sta è maggiore, tanto più forte produce pure il suono. Tuttavia, se il colpo è stato
troppo violento e lo spostamento della corda dal suo sito naturale troppo grande, il
suono è emesso più acuto all’inizio che dopo; e dal momento che le oscillazioni
sono più ampie, all’aria saranno impresse vibrazioni non tanto regolari; perciò ac-
cade che i suoni emessi risultino meno graditi e meno distinti.

§ 17. Questo accade soprattutto se la corda è troppo allentata e non è abbastanza


tesa, allora infatti nell’oscillazione sono riprodotte escursioni maggiori, e il suono
non risulta né uniforme, né gradito. Perciò, per produrre suoni piacevoli e uniformi,
si richiede che le corde, per quanto è possibile, siano tese e siano attaccati pesi tan-
to grandi, che solo non si rompano. La forza delle corde fatte dello stesso materiale
è infatti proporzionale alla loro sezione, e perciò anche i pesi che tendono le corde
stanno al punto di rottura come le sezioni. Ma le sezioni delle corde sono propor-
zionali ai loro pesi divisi per la lunghezza, perciò i pesi applicati dovranno essere
direttamente proporzionali ai pesi delle corde, e inversamente alle loro lunghezze.
64 Leonhard Euler

Cioè, se q è il peso della corda, a la lunghezza e p il peso applicato, è necessario


q
che p sia come , ovvero
ap deve essere di grandezza costante.
a q

§ 18. Perché poi i suoni escano ugualmente forti, al di là della lunghezza della corda
e del peso applicato, è necessario volgere l’attenzione alla forza vibrante. Bisognereb-
be considerare anche il punto in cui la corda viene pizzicata o fatta vibrare, ma se po-
niamo che tutte le corde siano fatte vibrare nel mezzo, o comunque in punti simili,
questa condizione non rientrerà nel calcolo. Da ciò si deduce che quanto maggiore è la
forza vibrante, tanto più forte risulta il suono. Quasi tutti gli strumenti musicali si co-
struiscono infatti in modo tale che tutte le corde siano percosse con ugual forza, perciò
porremo che la forza dell’impulso sia sempre identica. L’intensità del suono dipende
poi dalla velocità con cui le particelle d’aria, con la vibrazione d’una corda qualunque,
percuotono l’orecchio, e questa oscillazione è da reputarsi massima grazie alla celerità
della corda. In effetti questa velocità è proporzionale alla radice quadrata del peso ap-
plicato alla corda diviso per la sua lunghezza. Di conseguenza, perché i suoni siano
uguali è necessario che il peso applicato sia sempre proporzionale alla lunghezza della
corda.

§ 19. Mantenendo dunque le lettere sopra citate a, p e q, p deve essere dovun-


a
que della stessa grandezza. Prima si è in verità già trovato che ap deve essere una
q
costante, per cui, diviso questo per quello, il quoziente risultante aa deve essere
q
q
costante, ossia q deve mantenere in tutte le corde lo stesso rapporto con a. Ma
a a
è proporzionale alla sezione della corda, pertanto la sezione della corda dev’essere
proporzionale alla sua lunghezza e similmente anche il peso applicato dev’essere
proporzionale alla stessa lunghezza. Il suono emesso è dunque come p , in cui
aq
se al posto di p e q proporzionali si sostituiscono a e a2, il suono sarà inversamente
proporzionale alla lunghezza della corda. Perciò è opportuno che sia il peso appli-
cato, sia la lunghezza, sia il peso della corda siano inversamente proporzionali allo
stesso suono da emettere, ossia al numero delle vibrazioni da liberare in un dato
tempo. E di questa regola si farà un uso eccezionale nella costruzione di strumenti
musicali.

§ 20. Abbiamo detto che un suono sarà meno gradito se la corda non sarà abba-
stanza tesa, per il fatto che le oscillazioni nel vibrare sono troppo ampie e l’aria è
da queste sollecitata a mo’ di vento piuttosto che stimolata ad effettuare oscillazio-
Capitolo I - Il suono e l’udito 65

ni. Infatti se l’aria non è percossa all'improvviso con notevole velocità, non riceve
facilmente il tremore che è richiesto per produrre il suono; invece, quanto più la
corda è tesa, tanto maggior velocità acquisisce subito dopo il colpo. Si aggiunge a
questo ciò che è gia stato notato, e cioè che vibrazioni più ampie non sono isocrone
a quelle minori, donde il suono gradatamente diventa più grave e non rimane lo
stesso. Quindi facilmente accade che la corda intera non fa contemporaneamente le
oscillazioni, ma una parte giunge sia alla massima velocità che alla quiete più
velocemente, un’altra invece più lentamente, da cui deriva un suono irregolare
e aspro.

§ 21. Oltre a queste differenze fra i suoni, nella musica si guarda anche alla loro
durata. In molti strumenti non si possono neppure prolungare i suoni a piacere,
come in quelli in cui le corde sono fatte vibrare da un colpo o da un pizzico. Infatti,
in questi strumenti i suoni diventano gradatamente più deboli e all’improvviso ces-
sano del tutto, e perciò non si può ottenere dalle durate dei suoni tanto quanto in
quegli strumenti in cui i suoni, finché durano, mantengono la stessa forza e posso-
no essere prodotti quanto a lungo piaccia. Di questo tipo sono gli strumenti in cui
le corde sono sfregate dall’archetto, e quelli che sono costruiti con canne, e altri
strumenti che sono eccitati dall’aria, come l’organo pneumatico e molti altri. Code-
sti rispetto agli altri hanno questa prerogativa, che ogni piacere risultante dalla du-
rata dei suoni può essere perfettamente espresso e prodotto. La durata del suono
poi si misura dal tempo trascorso fra l’inizio e la fine.

§ 22. Finora del primo genere di suoni abbiamo osservato attentamente soltanto
quelli delle corde che hanno origine da un corpo tremulo, e nello stesso tempo ab-
biamo anche enumerato ed esposto le differenze primarie fra i suoni. Ora dunque,
prima di passare agli altri generi, bisogna considerare pure gli altri strumenti che
emettono suoni pertinenti a questo genere. Di questa stessa specie sono le campane
che colpite, tremano tutte ed emettono un suono. Sarebbe certamente difficilissimo
da quanto si sa su forma e peso della campana, determinare quale suono stia per
dare: ma tuttavia, se le campane sono simili e fatte dello stesso materiale, risulta
chiaramente che i suoni hanno un rapporto inverso al cubo dei pesi, cosicché una
campana otto volte più leggera emette nello stesso tempo un suono con il doppio di
oscillazioni, e una che sia ventisette volte più leggera, compie vibrazioni tre volte
più numerose.

§ 23. Ci sono inoltre strumenti musicali fatti con bastoni elastici o di metallo, con
i quali si imitano i suoni delle campane, o con un legno più duro. Di questi, se pure
hanno forma cilindrica o di prisma, è più facile stabilire qualcosa di certo; i suoni
infatti sembrano dipendere soltanto dalla lunghezza, dal momento che si deve pen-
sare che ciascuna fibra estesa in lunghezza produce separatamente le proprie vibra-
zioni. D’altro canto, i numeri del suono ovvero delle vibrazioni emesse in uno
stesso tempo saranno inversamente proporzionali ai quadrati delle lunghezze dei
66 Leonhard Euler

bastoni, a condizione che i bastoni siano stati fabbricati con lo stesso materiale. I
suoni dipendono infatti dalla diversa materia dei prismi che li formano, non solo
dal peso specifico, ma anche è necessario che chi abbia in animo di definire teori-
camente quei suoni conosca il motivo della coesione e dell'elasticità della materia
da cui sono prodotti.

§ 24. Alla seconda classe ho ricondotto quei suoni che nascono o da una notevole
quantità d’aria violentemente compressa e subito rilasciata, o da un più forte colpo
dell’aria. Di questi due modi di produzione del suono, il secondo è in verità presso-
ché simile al primo: infatti, per la velocissima vibrazione, l’aria non può allonta-
narsi subito dal proprio luogo9, per cui la parte d’aria che riceve il colpo si
comprime e di nuovo si espande non appena è stata rilasciata. Ed è necessario che
l’aria compressa che si espande repentinamente occupi più spazio del naturale, e
per questo sarà costretta a contrarsi di nuovo, cosa che farà anche troppo. Da que-
ste contrazioni ed espansioni alternate dunque, a somiglianza di un corpo tremulo,
si produrrà l’impulso nel resto dell’aria e il suono nell’organo uditivo.

§ 25. Sebbene in questo modo l’aria raggiunga per qualsiasi oscillazione il suo
stato naturale, tuttavia non può permanere in quello stato prima di aver perso tutto
il suo moto. Dalla meccanica risulta infatti evidente che un corpo che giunge con
impeto nel suo stato di quiete, non possa rimanervi, ma è necessario che lo oltre-
passi grazie al moto che ha già in sé. Infatti è ugualmente difficile che un corpo
cessi improvvisamente il movimento, e che uno a riposo si muova; e per togliere il
moto al corpo è necessaria tanta forza, quanta gliene serve per produrlo. Per questa
ragione vediamo che i pendoli oscillanti giunti in posizione verticale, e le corde vi-
branti una volta raggiunto il luogo naturale, non possono interrompere il moto. In
realtà, i suoni generati nel modo sopra esposto possono durare soltanto per breve
tempo, se non c’è l’eco o qualcos’altro che risuoni in modo analogo, che li ripeta e
li prolunghi; è necessario infatti che l’aria, diffondendo il moto in luoghi così lon-
tani, perda immediatamente il proprio moto.

§ 26. Dunque tutte le cause che contribuiscono o a rilasciare l’aria già compressa,
o a comprimere quella naturale in modo tale che si possa subito liberare, valgono
anche per produrre il suono. Perciò tutti i movimenti più veloci dei corpi attraverso
l’aria devono generare dei suoni; infatti l’aria a causa dell’inerzia, non può libera-
mente dare spazio ai corpi, ed è così compressa da questi; la quale a sua volta dila-
tandosi di nuovo, induce un tremore nelle particelle d’aria più piccole. Da qui
traggono origine i suoni delle fruste agitate con più violenza, e di tutti i moti più
veloci nell’aria. Né altre sono le cause del suono sibilante dei venti spiranti, infatti
l’aria antecedente è spinta e compressa dall’aria posteriore che la insegue non di-
versamente da un corpo duro.

9
L’originale latino presenta il termine verstigio che, a quanto è dato sapere, non esiste. Si ritiene per-
tanto che si tratti di un refuso di stampa correggibile in vestigio, lezione qui adottata.
Capitolo I - Il suono e l’udito 67

§ 27. Dei suoni che nascono da un repentino rilascio d’aria compressa con forza,
senza dubbio fortissimi sono quelli avvertiti dallo sparo e dal tuono. Da vari espe-
rimenti infatti è risultato evidente che nella polvere pirica è contenuta aria com-
pressa al massimo grado e alla sua accensione si apre l’uscita, donde è necessario
che fuoriescano suoni così strepitosi. E sembra molto probabile che per costituire
le nubi con i vapori ascendano insieme moltissime particelle nitrose e sulfuree, che
unite a quelle, una volta esplose, permettano di produrre un così grande frastuono.
E poiché è difficile in questo genere di suoni capire come si differenzino vicende-
volmente in relazione al grave e all’acuto, tutti i suoni appartenenti a questo genere
non sono ammessi nella musica: perciò ci asterremo dall’indagine sulle oscillazioni
che essi inducono nelle più piccole particelle d’aria.

§ 28. Al terzo genere di suoni appartengono, secondo la divisione fatta all’inizio,


i suoni delle canne che vengono insufflate. La cui causa, essendo più nascosta, è
stata indagata nel tempo con impegno minore. Infatti, coloro che affermano che il
tubo assume lo stesso tremore, rapportando in tal modo i suoni delle canne al gene-
re da noi indicato come primo, non vedo come possano soddisfare alle proprietà
conosciute delle canne. È stato infatti osservato che canne cilindriche di eguale
lunghezza emettono anche suoni uguali, sebbene differiscano fra loro sia per am-
piezza, sia per lo spessore e per lo stesso materiale di fabbricazione. Come può es-
sere dunque che tubi tanto diversi vibrino allo stesso modo? Pertanto sembra che la
sola diversità del materiale distrugga l’opinione di coloro che pensano che vibri
solo la superficie interna. Ragion per cui la causa di questi suoni deve essere tale
da dipendere dalla sola lunghezza delle canne.

§ 29. Sebbene basti al nostro proposito solamente illustrare le proprietà delle canne,
tuttavia, poiché la conoscenza della causa costituisce sempre un’informazione assai
perfetta di qualunque cosa, ho applicato cura ed attenzione per conseguire la vera cau-
sa. Considerata pertanto la struttura delle canne, ho fondato il mio ragionamento nel
modo seguente. Risulta evidente a ciascuno che le canne sono dei tubi o canali che a
una delle due estremità hanno applicato un peristomio10, che prende l’aria dalla bocca
o da una sacca e entra nel tubo attraverso una fessura sulla quale la cavità del peristo-
mio finisce nel tubo. Si richiede poi che l’aria, spinta fuori attraverso la fessura, non
irrompa nella cavità del tubo, ma ne sfiori soltanto la superficie interna e si insinui in
essa. Per questa ragione i costruttori tagliano il lato del tubo che è opposto alla fessura,

10
Appare evidente che qui ci si trova di fronte ad uno dei casi in cui – come si è visto (cfr. nota 7,
p. 60) – il termine tibia sembra essere impiegato nel doppio significato di canna dell’organo e di flau-
to. Non a caso infatti l’autore ricorre ad un grecismo per indicare il punto d’ingresso dell’aria, con lo
scopo evidente di usare un termine non specifico di uno strumento. Nel flauto diritto infatti indicherà
l’imboccatura, nella canna dell’organo il ventilabro. A conferma della bontà di questa lettura del ter-
mine, basterà sottolineare come Euler si affretti a precisare che il peristomio «prende l’aria dalla bocca
o da una sacca» (cista pneumatica) che altro non è se non il mantice dell’organo. Un’ulteriore confer-
ma a quanto si è detto si può vedere nel paragrafo 45 di questo capitolo, dove l’autore prende in esame
le canne dell’organo pneumatico che imitano i suoni di trombe e corni, ovvero le canne ad ancia.
68 Leonhard Euler

affinché non sia contiguo al peristomio e lo affilano in modo tale che l’aria entri nella
stessa punta, e da questa sia quasi scissa, perché una più sottile lamella d’aria si e-
stenda nel tubo.

§ 30. Che poi si richieda una siffatta struttura dei peristomi, non solo lo dimostra
l’esperienza, ma lo apprendiamo anche dall’imitazione dei peristomi con la stessa
bocca. Infatti, se insuffliamo l’aria con la bocca in un tubo privato del peristomio in
modo tale che si insinui pian piano nella superficie interna, ne risulta un suono come
se il tubo fosse fornito di peristomio. E il rapporto effettuato tra varie canne prive di
peristomio è tale che l’aria vi debba essere soffiata nel modo sin qui esposto, come
vediamo nei flauti traversieri e in altri strumenti simili. E tuttavia intanto, affinché
l’ingresso dell’aria nel tubo produca il suono, si richiede per prima cosa che la super-
ficie interna del tubo sia liscia, in modo da non impedire il moto repentino dell’aria;
poi che i lati del tubo siano duri e non possano cedere all’impeto dell’aria, e da ciò si
comprende anche per terza cosa che è necessario che il tubo sia chiuso bene ai lati.

§ 31. Si conosceranno meglio queste ed altre cose che si devono osservare nella co-
struzione delle canne quando avremo esposto la ragione stessa per la quale i suoni si
formano nelle canne. D’altro canto, si è già mostrato che non si genera il tremore di
tutto il tubo e neppure della sua sola superficie interna. Infatti l’aria, entrando nel tubo,
comprime necessariamente l’aria presente nel tubo per la sua lunghezza; per cui acca-
de che questa si espanda di nuovo e sia di nuovo compressa, e in questo modo compia
le oscillazioni finché dura l’insufflazione e da queste si produca il suono. Vediamo ora
invece, secondo le leggi della meccanica, quanto grande per gravità e acutezza questo
suono diverrà in ragione della lunghezza del tubo, perché si veda quanto questa spie-
gazione venga a coincidere perfettamente con i fenomeni.

§ 32. Il corpo che compie le oscillazioni e le trasferisce nell’aria circostante è


l’aria contenuta nel tubo, la cui quantità si conosce dalla lunghezza del tubo e dalla
sua ampiezza. In verità, la forza che spinge ad oscillare è, come abbiamo visto,
l’aria che irrompe per insufflazione lungo la superficie interna del tubo. Ma la for-
za che induce quell’impulso all’aria esistente nel tubo, con cui essa tenta di ristabi-
lire se stessa distolta dal suo stato naturale, e che fa sì che assolva quello stesso
numero di oscillazioni che effettua, è il peso dell’atmosfera, ossia la stessa elastici-
tà dell’aria, che è uguale alla pressione esercitata dall’aria atmosferica. E questa
forza va stimata dall’effetto di ciò che si vede nel tubo di Torricelli, nel quale si
tiene sospeso l’argento vivo ad un’altezza compresa fra ventidue e ventiquattro dita
di piede renano.

§ 33. La causa di questa colonna d’aria che oscilla nel tubo è del tutto simile a quel-
la con la quale una corda tesa compie le vibrazioni. Infatti, questa stessa corda va pa-
ragonata all’aria contenuta nel tubo del flauto; in verità, il peso dell’atmosfera prende
in questo caso il posto del peso applicato alla corda, e anche se queste cose sembrano
Capitolo I - Il suono e l’udito 69

assolutamente dissimili, per il fatto che la corda si allunga per mezzo di un peso attac-
cato e invece l’aria viene compressa dall’atmosfera, tuttavia se guardiamo all’effetto,
si equivalgono completamente. Infatti, ciò che basta a ciascuna per formare le oscilla-
zioni proviene dalla forza che questo attribuisce al corpo compresso per tornare allo
stato naturale. D’altra parte questa forza sia che l’aria del tubo, sia che agisca nella
corda attraverso l’estensione, produce lo stesso effetto.

§ 34. Dal momento che l’aria nel tubo del flauto compie le oscillazioni nella stes-
sa maniera della corda tesa, potremo altresì determinare il numero delle oscillazio-
ni compiute in un dato tempo e quindi lo stesso suono, deducendole dalle cose che
abbiamo esposto sulle corde vibranti. Sia a la lunghezza della canna espressa
scrupolosamente in piedi renani, l’ampiezza bb, il peso specifico dell’aria su quel-
lo del mercurio come m per n e l’altezza del mercurio nel barometro, scrupolosa-
mente di simili piedi renani. Avremo dunque la corda di lunghezza a e di peso
mabb che viene tesa da un peso equivalente alla pressione atmosferica, essa infatti
equivale al cilindro di mercurio la cui base è bb, cioè l’ampiezza del tubo, e
l’altezza è k. Perciò si deve arguire che il peso tendente è circa nkbb. Da queste
premesse si ricava che il numero delle oscillazioni compiute in un minuto secondo
è
355 3166 × nkbb = 355 3166 × nk , a cui è uguale lo stesso suono, co-
113 a × mabb 113 × a m
munque stabiliamo di misurarlo.

§ 35. Poiché il rapporto di m ad n è circa sempre lo stesso, e k cambia poco in di-


versi momenti, i suoni delle canne aventi tubi cilindrici e prismatici saranno in
proporzione inversa alle lunghezze dei tubi, cosicché quanto più i tubi sono corti,
tanto più acuti producono i suoni, e tubi più lunghi rendono suoni più gravi. Quan-
to tutto ciò s’accordi perfettamente con l’esperienza capirà facilmente chi esamini
le proprietà prima ricordate delle canne; le quali conducevano a questo punto, ossia
che la quantità del suono non dipende dall’ampiezza del tubo, né dal materiale con
cui è confezionato, ma dalla sola lunghezza. Perciò ritengo che non si debba asso-
lutamente dubitare che la causa qui esposta dei suoni emessi dalle canne sia auten-
tica e richiesta dalla stessa natura.

§ 36. D’altro canto questa spiegazione ci sarà tanto più confermata, se guardiamo
non solo la causa di questi suoni, ma se ricerchiamoanche come si rapportino al
suono di una corda data e tesa con un peso dato. Infatti, se dall’esperienza risultas-
se evidente che una stessa canna sia consonante con una data corda, come mostra
n
la teoria, questo sarà di grandissimo sostegno. In effetti il valore massimo di
m
nella stagione più calda è di circa 12000, valore che nella stagione più fredda scen-
de a 10000. Similmente, se il mercurio salirà nel barometro al massimo grado, si
avrà k = 2460, mentre se scenderà moltissimo sarà k = 2260. Quindi, con il baro-
metro e il termometro disposti alle massime altezze, il suono della canna sarà =
70 Leonhard Euler

960771
960771
a , e con gli stessi strumenti disposti alle minime altezze, il suono sarà11 =
a , e con gli stessi strumenti disposti alle minime altezze, il suono sarà11 =
840714
.
840714
a .
a
900000
§ 37. Fra questi valori estremi prendiamo il medio, che è e una canna di
900000
a
§ 37. Fra questi valori estremi prendiamo il medio, che è e una canna di
lunghezza a produrrà nell’aria, nella media temperatura, altrettante a oscillazioni in
un minuto asecondo.
lunghezza produrràQuindi la canna
nell’aria, nellache mediaemette 100 vibrazioni
temperatura, in un oscillazioni
altrettante minuto secon- in
do è lunga esattamente 9000, cioè 9 piedi renani: e quella
un minuto secondo. Quindi la canna che emette 100 vibrazioni in un minuto secon- che emette 118 vibrazio-
ni èedlunga
do è consona
esattamente alla 9000,
cordacioè di 9suono C neglie quella
piedi renani: strumenti mostrati,
che emette 118dev’essere
vibrazio-
ni ed è consona alla corda di suono
esattamente di lunghezza 7627 o un po’ di più di 7 C negli strumenti
1 mostrati, dev’essere
piedi renani. E ciò corri-
esattamente di lunghezza 7627 o un po’ di più di 7 12 piedi renani. E ciò corri-
sponde anche abbastanza esattamente all’esperienza: infatti 2 per emettere un suono
C di solito
sponde si prende
anche una canna
abbastanza lunga otto
esattamente piedi e la differenza
all’esperienza: infatti perdiemettere
mezzo piede
un suonovie-
Cnedicompletamente
solito si prendetrascurata
una canna perlunga
il fatto
ottoche la stessa
piedi canna, condidiverse
e la differenza mezzo condizioni
piede vie-
meteorologiche,
ne completamentepuò emettereper
trascurata suoni in rapporto
il fatto di 840714
che la stessa canna,vibrazioni
con diverse a 960771,
condizionios-
sia compresi fra può
meteorologiche, 8 e 9, differenza
emettere suoni cheinin tale canna
rapporto deve essere
di 840714 stimata
vibrazioni più di mez-
a 960771, os-
zo piede.
sia compresi fra 8 e 9, differenza che in tale canna deve essere stimata più di mez-
zo piede.
§ 38. E questa stessa diversità di suoni nella medesima canna, in varie condizioni
§ 38. E questa stessa
meteorologiche, conferma ancordipiù
diversità la verità
suoni della nostra
nella medesima spiegazione.
canna, I musicisti
in varie condizioni
infatti sperimentano
meteorologiche, di continuo,
conferma ancor più tuttela leverità
voltedella
che usano
nostra gli strumenti aI musicisti
spiegazione. corde in-
sieme sperimentano
infatti con quelli ad aria, che queste
di continuo, tuttecose sono quanto
le volte che usanomaigli mutabili,
strumenti e glia corde
strumentiin-
a corda,
sieme conaffinché
quelli adsiano
aria, consonanti
che queste con cosequelli ad aria,mai
sono quanto devono essere
mutabili, orastrumenti
e gli tesi, ora
arilasciati. E la differenza
corda, affinché fra il suonocon
siano consonanti piùquelli
acuto ade quello più graveessere
aria, devono della ora
stessa canna
tesi, ora
è circa di Eunlatono
rilasciati. intero, fra
differenza cheilèsuono
l’intervallo
più acutofra ie suoni
quelloinpiù
rapporto 912. Intanto
di 8 astessa
grave della canna
èsicirca
è anche osservato
di un che le
tono intero, checanne risultano fra
è l’intervallo piùiacute
suoniquando il cielo
in rapporto 912. Intanto
di 8è asommamente
sereno
si è ancheconosservato
una temperatura moltorisultano
che le canne elevata, piùal contrario,
acute quando in uniltempo
cielo èburrascoso
sommamente con
freddo con
sereno notevolissimo,
una temperatura i suoni delleelevata,
molto canne al sono più gravi.
contrario, in unDatempo
ciò è burrascoso
chiara anche conla
ragione per cui la canna all’inizio
freddo notevolissimo, i suoni delle canne sono emette suoni più gravi che quando è già
gravi. Da ciò è chiara anche la insuffla-
ta attivamente;
ragione per cui lainfatti
canna perall’inizio
l’uso e l’insufflazione,
emette suoni più l’aria interna
gravi alla canna
che quando è giàsiinsuffla-
scalda e
così il suono risulta più acuto.
ta attivamente; infatti per l’uso e l’insufflazione, l’aria interna alla canna si scalda e
così il suono risulta più acuto.
11
Rudolf Bernoulli, corregge i calcoli in questo modo: il suono della canna sarà = 960426 e [...] il suono
11
Rudolf Bernoulli, corregge i calcoli in questo modo: il suono della canna sarà = 960426
a e [...] il suono
sarà = 840348 . Cfr. L. EULER, op. cit., p. 219. a
sarà = 840348
a . Cfr. L. EULER, op. cit., p. 219.
12
Su questa
a questione cfr. P. BARBIERI, Acustica, accordatura e temperamento nell’Illuminismo vene-
to,Suop.
12 cit., p.
questa 31, dovecfr.viene
questione affrontato
P. BARBIERI lo stessoaccordatura
, Acustica, tema in relazione alle considerazioni
e temperamento formulate
nell’Illuminismo da
vene-
Giordano
to, op. cit.,Riccati. Va segnalato
p. 31, dove tuttavia che
viene affrontato alla riga
lo stesso tema7 la
in locuzione
relazione «dall’estate all’inverno»
alle considerazioni va cam-
formulate da
biata in «dall’inverno
Giordano all’estate».tuttavia
Riccati. Va segnalato Ringrazio
che vivamente
alla riga 7 l’autore per avermi
la locuzione indicato
«dall’estate il lapsus calami
all’inverno» va cam-in
una comunicazione
biata in «dall’inverno privata.
all’estate». Ringrazio vivamente l’autore per avermi indicato il lapsus calami in
una comunicazione privata.
Capitolo I - Il suono e l’udito 71

§ 39. L’intensità e la debolezza dei suoni emessi dalle canne dipende sia dalla
forza con la quale sono insufflate, sia dal rapporto tra l’ampiezza e la lunghezza
della canna. È simile infatti il rapporto delle canne e delle corde, e in esse
l’ampiezza va comparata con la loro sezione. Pertanto allo stesso modo in cui qua-
lunque corda non è adatta ad emettere tutti i suoni in qualunque modo, ma per pro-
durre un dato suono è richiesta una certa sezione, così pure una canna di data
lunghezza non può essere costruita troppo grande o troppo piccola a piacere, ma si
danno dei limiti che se trasgrediti, la canna non emetterà assolutamente nessun
suono. D’altra parte perché più canne emettano suoni simili e di uguale intensità, è
necessario che l’ampiezza della canna, ovvero la base del tubo, come lo spessore
della corda, sia proporzionale alla lunghezza. Da ciò segue inoltre che la pressione
atmosferica richiesta nelle corde, che è proporzionale all’ampiezza, debba avere
anche misura uguale alla lunghezza della canna.

§ 40. Invero neppure l’intensità dell’insufflazione può essere accresciuta o diminuita


a piacere. Infatti, se la canna è insufflata troppo debolmente, emetterà un suono asso-
lutamente nullo, e soffiando più forte di quanto conviene, non emette il suono che do-
vrebbe, ma quello un’ottava più acuto, e se infine si soffierà ancora più forte, darà il
suono più acuto di duodecima e poi di decimaquinta, etc. Per capire la causa di questi
suoni ascendenti, sarà utile considerare che la forza del suono è proporzionale alla for-
za del soffio; e pertanto finché il suono conserva la sua quantità, è evidente che quanto
più l’insufflazione è intensa, tanto più ampie è necessario che siano le oscillazioni
dell’aria nel tubo, non, all’opposto, più frequenti. Ma l’ampiezza delle oscillazioni è
determinata dall’ampiezza del tubo, in maniera tale che non si possa superare un certo
limite, perciò se si soffia nella canna più forte di quanto si richiede per questo grado,
non potrà emettere lo stesso suono.

§ 41. Sulle corde invece, che si devono considerare simili alla canna, risulta evi-
dente tanto dalla teoria quanto dall’esperienza, che possono compiere le loro oscil-
lazioni in ciascuna metà della corda tesa, in modo tale che la corda non emetta il
solito suono, ma quello un’ottava più acuto, cosa che non può accadere se le parti
non sono uguali. In modo simile, una corda divisa idealmente in tre parti uguali
può tremare in modo tale che le singole parti compiano le vibrazioni autonoma-
mente, come se fossero separate da ponticelli, e producano un suono più acuto del
solito, appunto la duodecima. La stessa cosa vale anche per la divisione della corda
in quattro o più parti uguali. E d’altra parte come ciò possa essere prodotto e con-
fermato con gli esperimenti l’ha mostrato il celebre Signor Sauveur nei Commenta-
rii dell’Accademia delle Scienze di Parigi, nell’anno 170113.

13
Eduard Bernoulli annota: J. SAUVER, Système général des intervalles des sons et son application à
tous les systèmes et à tous les instruments de musique, Mémoires de Paris, 1701. Cfr. L. EULER,
op. cit., p. 221.
72 Leonhard Euler

§ 42. Applicate dunque queste condizioni alle canne, si comprende che possa
darsi che ciascuna delle due metà della canna compia oscillazioni separatamen-
te, e perciò emetta un suono più acuto di un’ottava. Nel qual caso, avendo le o-
scillazioni il doppio della frequenza, vi sarà pure una maggior forza
dell’insufflazione. Da ciò segue che qualora il soffio cresca oltre quel determi-
nato grado, allora le oscillazioni si adatteranno a questo caso e il suono uscirà
un’ottava più acuto. Allo stesso modo, quando anche questo sia assunto come
grado che l’insufflazione non deve superare, se pure questo è oltrepassato, allora
le singole terze parti d’aria contenuta nel tubo cominceranno ad oscillare separa-
tamente, e ne verrà un suono tre volte più acuto, ossia la duodecima del primo
suono. E continuando, se il soffio crescerà con quattro parti oscillanti, si udirà
un suono più acuto di due ottave, e così via.

§ 43. Ancora su questi princìpi poggia la natura delle trombe e dei corni, sebbene
per il resto non ritengano la stessa causa della canna e quella proprietà per la quale i
suoni vengono moderati con la sola intensità dell’insufflazione. Con questi strumenti
infatti non si possono emettere tutti i suoni, ma solamente quelli che sono espressi dai
numeri interi 1, 2, 3, 4, 5, 6 etc. e così nell’ottava più bassa fra 1 e 2 non emettono
nessun suono intermedio, in quella seguente fra 2 e 4, il suono mediano 3, che con il 2
forma una quinta; nella terza ottava fra 4 e 8 ne hanno tre 5, 6, 7, e nella quarta 7 suoni
intermedi. In verità, la struttura di questi strumenti sembra essere tale che qualunque
suono abbia limiti di insufflazione molto stretti. E perciò il suono risulta più acuto o
più grave soltanto con un soffio poco intenso o debole.

§ 44. Le cose dette fin qui sulle canne si riferiscono soprattutto a quelle che
hanno il tubo di forma prismatica o cilindrica. È invece più difficile determinare
quali suoni emetterebbero se i tubi fossero divergenti, o convergenti, o di qual-
siasi altra forma. Tuttavia, le questioni di questo tipo si possono sempre ricon-
durre alle corde: infatti, immaginata una qualunque forma di canna, è necessario
considerare una corda simile e ricercare quale suono emetterebbe; ciò fatto se si
assume la stessa corda come aerea e il peso applicato uguale alla forza
dell’atmosfera, si avrà un suono che riprodurrà proprio quello della canna. E se
si risolve universalmente questo problema per qualunque forma di canna, appa-
rirà subito nota al massimo grado la proprietà delle canne prismatiche che, co-
perte sopra, emettono un suono di un’ottava più grave.

§ 45. Gli altri strumenti che sembrano avere una qualche affinità con le canne
sono le trombe, i corni etc. che invero con il solo soffio non emettono alcun suono,
ma richiedono dalla bocca il suono unito al fiato, che poi accrescono meraviglio-
samente e rendono più potente, allo stesso modo in cui le trombe stentorofoniche
aumentano grandemente le voci. D’altra parte gli strumenti di questo tipo si cono-
scono meglio da quelle canne che negli organi pneumatici sono usate per la loro
imitazione; esse invero sono eccitate dal solo soffio, ma nel peristomio sono inseri-
Capitolo I - Il suono e l’udito 73

te delle laminette elastiche che recepiscono il tremore dal vento che vi è immesso,
ed emettono un suono flebile, ma mentre il suono avanza attraverso un tubo ag-
giunto, acquisisce da questo tanta forza da imitare egregiamente i suoni delle trom-
be e dei corni.
CAPITOLO SECONDO
Il piacere e i princìpi dell’armonia

§ 1. Poiché in questo capitolo ho deciso di ricercare come avvenga che, delle co-
se che colpiscono i sensi, alcune ci piacciano e altre no, ritengo che non sia affatto
necessario dimostrare prima che esiste certamente una causa di ciò che piace o di-
spiace, e che non senza ragione diletta le nostre menti. Infatti, poiché in questo
tempo è ammesso da molti come un assioma che non accade nulla nel mondo senza
una ragione sufficiente, non vi sarà neppure da dubitare se si dà qualche spiegazio-
ne delle cose che piacciono. Dunque, concesso ciò, svanisce anche l’opinione di
quelli che pensano che la musica dipenda dal solo arbitrio degli uomini, e che la
nostra musica ci piaccia per sola abitudine e che quella dei barbari non ci piaccia
perché è per noi insolita.

§ 2. Certamente non nego, e io stesso lo proverò più sotto, che con l’esercizio e
l’ascolto frequente possa accadere che qualche musica che prima non ci piaceva
cominci a piacerci, e viceversa. Tuttavia, questo principio di ragion sufficiente,
come è chiamato, non viene meno: infatti non solo si deve ricercare nello stesso
oggetto il motivo per cui piaccia o non piaccia, ma bisogna anche considerare i
sensi attraverso i quali l’immagine dell’oggetto si rappresenta nella mente, e inoltre
al giudizio che la stessa mente forma dell’immagine presentata. E poiché queste
cose possono verificarsi in modi diversi nei diversi uomini, e anche nello stesso
uomo in diversi tempi, non bisogna stupirsi che la stessa cosa ad alcuni possa pia-
cere e ad altri invece dispiacere.

§ 3. Ma già vedo quale argomento verrà dedotto contro di noi e il nostro proposi-
to; si obietterà che i princìpi e le regole dell’armonia non possono essere insegnati,
e che perciò la fatica nostra e di tutti quelli che si sono sforzati di racchiudere la
musica nelle regole è inutile e vana. Se infatti alcune cose piacciono ad alcuni e
queste stesse che piacciono sono assolutamente diverse e opposte, come potranno
essere insegnate le regole per congiungere i suoni affinché rappresentino
all’ascolto una piacevole armonia? E le regole, se se ne troveranno, saranno o trop-
po universali da non poter essere usate, o instabili e variabili, ma dovranno commi-
surarsi all’intelligenza degli ascoltatori; il che richiederebbe non solo un’energia
infinita, ma toglierebbe del tutto dalla musica ogni certezza.

§ 4. Ma è necessario che il musicista si comporti come l’architetto che non cu-


randosi dei giudizi stravaganti dei più sugli edifici, edifica l’abitazione secondo
leggi certe e fondate nella stessa natura; che anche se non piacciono a chi ignora
queste cose, tuttavia, purché siano apprezzate dai competenti, è contento. Infatti,
come nella musica, così anche nell’architettura il gusto delle diverse genti è tanto
diverso che le cose che ad alcuni piacciono, altri le respingono. Perciò come in tut-
Capitolo II - Il piacere e i princìpi dell’armonia 75

te le altre cose, così anche nella musica è necessario seguire quelli il cui gusto è
perfetto e il cui giudizio sulle cose percepite dal senso è libero da ogni pregiudizio.
Sono di tal sorta coloro che non solo ricevettero dalla natura un udito acuto e puro,
ma anche coloro che percepiscono esattamente le cose che sono rappresentate
nell’organo dell’udito e, esaminandole tra sé, ne riportano un giudizio completo.

§ 5. Poiché ciascun suono, come è stato dimostrato nel capitolo precedente, non è
null’altro se non un ben preciso ordine di colpi successivi prodotti nell’aria, perce-
piremo distintamente il suono se sentiremo tutti i colpi che colpiscono gli organi
dell’udito e se riconosceremo il loro ordine; e inoltre quando non tutti i colpi sono
ugualmente forti, se avvertiremo anche la causa dell’intensità dei singoli suoni. Per
proferire un giudizio intorno alle questioni musicali, si richiedono pertanto ascolta-
tori che siano forniti di un udito acuto e in grado di percepire anche le singole cose,
e possiedano un tal grado di intelligenza da percepire l’ordine con cui i colpi delle
particelle aeree percuotono gli organi dell’udito e possano giudicarlo. Infatti que-
sto, come si mostrerà in séguito, è necessario per conoscere se vi sia dolcezza
nell’opera musicale proposta e quale grado vi tenga.

§ 6. Perciò, prima di tutto, opereremo in modo da definire in ciascun oggetto che


cosa sia, perché ci piaccia o non ci piaccia, e quali caratteristiche è necessario che
una cosa qualsiasi abbia perché ci piaccia. Se tutto questo sarà stato esaminato con
cura, se ne potranno dedurre la vera norma e le regole per comporre la musica, poi-
ché risulterà evidente dove stia ciò che piace o non piace. D’altra parte da questa
fonte non si devono dedurre solo le cose inerenti alla musica, ma anche tutte le al-
tre che si propongono lo stesso scopo, ossia piacere. E ciò è a tal punto evidente
che a mala pena si può determinare qualcosa cui non possa essere arrecato un gra-
do maggiore di piacere in base ai princìpi che cerchiamo, o comunque recarvi un
qualche grado di dolcezza, anche se ne sembra appena capace.

§ 7. D’altro canto, consultando i metafisici, ai quali questa ricerca propriamente


appartiene, apprendiamo che ci piace tutto ciò in cui percepiamo esservi perfezio-
ne, e ci piace tanto più, quanta maggior perfezione avvertiamo: al contrario, le cose
che non ci piacciono sono quelle in cui percepiamo un difetto di perfezione, o piut-
tosto una imperfezione. È certo infatti che la percezione della perfezione ubbidisce
al piacere, e che ciò è proprio di tutti gli spiriti, affinché siano dilettati
dall’osservazione e dalla scoperta delle cose perfette, e avversino tutte le cose nelle
quali capiscono che manca la perfezione, o che vi è imperfezione. E ciò sarà evi-
dente a chi contemplerà più attentamente le cose che gli piacciono: conoscerà infat-
ti che ciò che piace è una specie di perfezione, e che desidera la perfezione nelle
cose che sdegna.

§ 8. E capiamo che la perfezione è insita in qualche cosa, se osserviamo che è


costituita in modo tale che in essa tutte le cose si accordino per raggiungere lo sco-
76 Leonhard Euler

po prefisso: se invece saranno presenti alcune cose non pertinenti allo scopo, rico-
nosciamo un difetto di perfezione. E se infine se ne avvertono alcune che impedi-
scano alle rimanenti di raggiungere lo scopo, attribuiamo l’imperfezione. Nel
primo caso dunque la cosa presentata ci piace, nell’ultimo invece ci dispiace. Os-
serviamo per esempio l’orologio, il cui fine è quello di mostrare la distribuzione e
le frazioni di tempo: esso ci piacerà al massimo grado, se dalla sua struttura com-
prendiamo che tutte le sue parti sono formate e assemblate in modo tale che tutte
concorrano esattamente ad indicare il tempo.

§ 9. Da ciò consegue che nella cosa in cui è contenuta la perfezione, nella stessa
deve esservi necessariamente l’ordine. Infatti, poiché l’ordine è la disposizione del-
le parti fatta secondo una regola ben precisa, dalla quale si può conoscere perché
ciascuna cosa sia collocata nel posto che occupa piuttosto che in un altro, e d’altra
parte nella cosa fornita di perfezione tutte le parti devono essere ordinate in manie-
ra tale da adattarsi a raggiungere lo scopo, questo scopo sarà la regola secondo la
quale le parti della cosa sono disposte e che assegna a ciascuna il posto che occupa.
Viceversa, si capisce anche che dove c’è l’ordine, lì vi è anche la perfezione e che
la norma o la regola dell’ordine risponde allo scopo di conseguire la perfezione.
Per questa ragione ci piaceranno [le cose] in cui afferriamo l’ordine, e la mancanza
di ordine non ci piacerà.

§ 10. D’altra parte possiamo percepire l’ordine in due modi, uno in cui la norma
o la regola ci è già nota, e la valutiamo in rapporto alla cosa proposta; l’altro, la cui
norma non conosciamo prima, e da questa disposizione delle parti della cosa ricer-
chiamo quale sia la regola che ha prodotto codesta struttura. L’esempio
dell’orologio, riferito sopra, appartiene al primo tipo, infatti se ne conosce già lo
scopo, ossia la legge della disposizione delle parti che è l’indicazione del tempo;
perciò, esaminando l’orologio, dobbiamo vedere se la struttura sia tale quale lo
scopo richiede. Ma se osservo una serie di numeri come questa 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21
etc., ignaro di quale sia la regola della loro progressione, allora paragonandoli un
po’ alla volta fra loro, scopro che un qualunque numero è la somma dei due ante-
cedenti e affermo che questa è la regola del loro ordine.

§ 11. L’ultimo modo di percepire l’ordine spetta principalmente alla musica; in-
fatti, ascoltando una composizione musicale capiremo l’ordine che i suoni hanno
fra loro suonando o simultaneamente, o in successione. La composizione dunque
piacerà se percepiamo l’ordine dei suoni che la costituiscono, non ci piacerà inve-
ce, quando non capiamo perché ciascun suono è collocato al proprio posto. E ci
dovrà dispiacere tanto più, quanto più spesso riconosceremo che i suoni si allonta-
nano e si scostano dall’ordine che giudichiamo sia necessario mantengano. Può ac-
cadere dunque che alcuni percepiscano un ordine che altri non sentono, per cui la
stessa cosa può piacere ad alcuni e non piacere ad altri. Ma gli uni e gli altri posso-
no ingannarsi; infatti, può esservi certo un ordine che molti non conoscono: e spes-
Capitolo II - Il piacere e i princìpi dell’armonia 77

so a qualcuno sembra di percepire l’ordine dove non c’è e da qui nascono giudizi
tanto diversi sulle cose musicali.

§ 12. Piacciono dunque le cose in cui percepiamo l’ordine che in esse si trova, e
saremo per contro molto più dilettati se si offrono più cose di questo tipo, delle
quali comprendiamo l’ordine che contengono; e percepiremo il massimo grado di
piacere se conosciamo l’ordine che queste stesse cose hanno fra loro. Da ciò è evi-
dente che, se non percepiamo l’ordine in qualcuna di queste cose, siamo indotti in
uno stato di minor piacere, e se non avvertiamo assolutamente nessun ordine, allora
anche la cosa presentata cessa di piacerci. Ma se non solo non osserviamo nessun
ordine, ma capiamo che ne sono presenti alcuni senza ragione, dai quali è turbato
l’ordine presente in altre cose, allora non ci piacerà e percependoli saremo quasi
affetti da dolore.

§ 13. Quanto più facilmente percepiamo l’ordine che è presente nella cosa propo-
sta, tanto più semplice e più perfetto lo giudichiamo, e per questo motivo siamo
affetti da gioia e felicità. Al contrario invece, se l’ordine è riconosciuto con diffi-
coltà, e ci sembra meno semplice e meno chiaro, lo avvertiamo quasi con una certa
tristezza. Tuttavia in entrambi i casi, mentre percepiamo l’ordine, la cosa presenta-
ta ci piace e riteniamo che in essa vi sia il piacere; e queste cose sembrano contra-
starsi, dal momento che la stessa cosa che spinge l’animo alla tristezza può piacere
ed essere piacevole. Ma se consideriamo le composizioni musicali e le modulazio-
ni, riconosciamo che tutte sono piacevoli e devono piacere, tuttavia talora vediamo
che alcune sono appropriate a suscitare la gioia, altre la tristezza. Perciò fra quelle
che piacciono si devono stabilire due generi, uno che renda lieti gli animi, l’altro
tristi.

§ 14. Questi sono chiaramente simili alle commedie e alle tragedie, le quali en-
trambe devono essere assai piacevoli; è necessario inoltre che quelle colmino gli
animi di gioia, queste invece li dispongano alla tristezza. Da ciò si capisce che non
vi è una stessa cosa che susciti il piacere e la gioia, né una contraria che porti pia-
cere e tristezza. Come invero la loro ragione sia stabilita è stato già in qualche mo-
do dichiarato; cioè piacciono tutte le cose in cui capiamo che vi è un ordine, ma di
queste dispongono alla gioia solo quelle che hanno l’ordine più semplice e facil-
mente percepibile; sogliono invece rendere gli animi tristi quelle che contengono
un ordine più composto, tale da essere riconosciuto con più difficoltà.

§ 15. Queste cose non differiscono molto da quelle sulla gioia e sulla tristezza
che sogliono essere tramandate dai filosofi: infatti descrivono la gioia sostenendo
che essa è un grado notevole di piacere; dunque per suscitare la gioia si richiede
più perfezione di quanta se ne richiede perché qualcosa piaccia solamente. La defi-
nizione di tristezza sembra in verità differire molto da quella che abbiamo dato; ma
bisogna stare attenti che noi qui non parliamo di quella tristezza che viene descritta
78 Leonhard Euler

generalmente tra le passioni dell’anima, in quanto questa consiste nella contempla-


zione dell’imperfezione. E infatti neppure la musica è volta a una tristezza di que-
sto tipo, né lo può fare, perché si sforza di piacere. E così per noi la tristezza è
posta solo nella più difficile percezione della perfezione o dell’ordine, e per questa
ragione differisce dalla gioia solamente di grado.

§ 16. Invero nei suoni vi sono due cose principali che possono contenere
l’ordine, ossia la loro gravità o la loro acutezza, nelle quali abbiamo posto la quan-
tità dei suoni, e la durata. Per la prima dunque piace la composizione musicale, se
percepiamo l’ordine che i suoni hanno fra loro in ragione del grave e dell’acuto;
ma piace per la seconda, se comprendiamo l’ordine che possiedono le durate dei
suoni. Oltre queste due proprietà, nei suoni non si dà nient’altro che sia adatto ad
ottenere l’ordine, se non forse l’intensità: ma, sebbene i musicisti siano soliti usare
anche questa nelle loro composizioni, affinché i suoni debbano essere eseguiti ora
forti, ora deboli, tuttavia non ricercano il piacere nella percezione del rapporto o
dell’ordine che questi gradi di intensità hanno tra loro; e perciò non sono soliti, né
possono definire la quantità dell’intensità.

§ 17. Dal momento che l’ordine è la disposizione delle parti secondo una ben
precisa regola, chi dall’osservazione riconosce questa regola percepisce anche
l’ordine, e questa percezione gli piacerà. In musica le quantità costituiscono certa-
mente l’ordine: infatti sia che teniamo in considerazione la gravità e l’acutezza dei
suoni, sia la loro durata, entrambi sono definiti dalle quantità, cioè dalla velocità
dei colpi trasmessi nell’aria per tutto il tempo in cui ciascun suono è prodotto. Chi
dunque percepisce il rapporto fra le velocità dei colpi nei suoni, comprende
l’ordine dei suoni, e da questo trae piacere. Allo stesso modo, chi sa distinguere le
durate dei suoni e commisurarle tra loro, anch’egli avverte l’ordine e perciò sarà
affetto dal piacere. Come invece percepiamo l’ordine, dev’essere più chiaramente
esposto, e in modo separato per ciascuno dei due generi.

§ 18. Posti due suoni, percepiremo la loro relazione se intendiamo il rapporto che
i numeri dei colpi, emessi in uno stesso tempo, hanno fra loro; per cui, ad esempio,
se uno effettua tre colpi in uno stesso tempo, mentre l’altro due, osservando la loro
relazione e soprattutto il loro ordine, apprendiamo che questo è il rapporto se-
squialtero. Allo stesso modo, comprendiamo la reciproca relazione di più suoni se
conosceremo tutti i rapporti che i numeri delle vibrazioni dei singoli suoni, emesse
in uno stesso tempo, hanno fra loro. Traiamo piacere anche dai suoni di diverse du-
rate, se percepiamo i rapporti che i tempi delle singole durate hanno fra di loro. Da
ciò è evidente che in musica ogni piacere nasce dalla percezione dei rapporti che
più numeri hanno fra loro, perché anche le quantità delle durate possono essere e-
spresse da numeri.
Capitolo II - Il piacere e i princìpi dell’armonia 79

§ 19. È pure evidente nel percepire i rapporti dei suoni il grande aiuto per cui dei
singoli suoni percepiamo più colpi e li possiamo comparare più spesso tra loro.
Perciò è molto più facile distinguere il rapporto di due suoni nell’ascolto, che os-
servando due linee aventi lo stesso rapporto. Il rapporto dei suoni e delle linee sa-
rebbe invece simile, se ricevessimo soltanto due colpi dei singoli suoni e
pensassimo di giudicare il rapporto dei loro intervalli. Ma dal momento che nei
suoni anche non molto veloci vengono emessi moltissimi colpi in breve tempo,
come si può vedere nel capitolo precedente, dove ci siamo occupati del numero
delle vibrazioni di una corda generate in un minuto secondo, diventa molto più fa-
cile la conoscenza del rapporto dei suoni. Per questa ragione nella musica possono
essere usati rapporti quanto mai complessi, che, se gli stessi apparissero nelle linee,
la vista li riconoscerebbe assai difficilmente.

§ 20. Poiché i suoni più gravi emettono in uno stesso tempo meno colpi di quelli
più acuti, è evidente che il rapporto dei suoni più acuti può essere percepito più fa-
cilmente di quello dei suoni più gravi, se però entrambi durano ugualmente a lun-
go. Dunque, nelle stesse condizioni, è necessario che i suoni più gravi durino più a
lungo e si susseguano più lentamente degli acuti, che possono procedere più velo-
cemente. E così risulta evidente che è opportuno osservare la regola che ai suoni
più gravi si attribuisca una durata maggiore, agli acuti una minore. Si capisce an-
che che entrambi si devono prolungare tanto più, quanto i rapporti che hanno tra
loro sono più composti e si percepiscono più difficilmente. Tuttavia, può anche ac-
cadere che i più acuti debbano procedere più lentamente, mentre i più gravi possa-
no avanzare più velocemente; se naturalmente questi sono semplici, abbiamo
rapporti semplici, quelli invece rapporti alquanto composti.

§ 21. Quanto più facilmente si possa poi apprendere il modo con cui l’ordine, o il
rapporto di due o più suoni è percepito, cercheremo di rappresentarlo alla vista, per
quanto possibile, attraverso una figura simile. Esporremo dunque i colpi che colpi-
scono le orecchie con punti posti in linea retta, le cui distanze corrispondano agli
intervalli dei colpi; la tabella I rappresenta più figure di questo tipo. Dunque, per
questo ragionamento, un suono uguale, che ha lo stesso regime di gravità o acutez-
za per tutta la durata, sarà descritto dalla serie di punti equidistanti come nella ta-
bella 1. Nella quale essendo dovunque visibile il rapporto di uguaglianza, non v’è
dubbio che l’ordine si capisca assai facilmente. Pertanto un unico suono, ovvero
l’unisono, costituisce il primo e per noi più semplice grado dell’ordine da percepi-
re, che chiameremo primo grado di piacere e questo possiede il rapporto numerico
di 1 : 1.
80 Leonhard Euler

Tabella I

1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 1.

2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 2
1 . . . . . . . . . . . .

3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 3
1 . . . . . . . .

4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 4
1 . . . . . .

3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 5
2 . . . . . . . . . . . . . . . .

4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 6
3 . . . . . . . . . . . . . . . . .

5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 7
4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 8
3 . . . . . . . . . . . . . .

6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . fig. 9
5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4 . . . . . . . . . . . . . . . .

§ 22. Siano ora proposti all’udito due suoni aventi rapporto doppio, questi saran-
no espressi da due serie di punti, nelle quali le distanze dei punti degli uni saranno
due volte maggiori di quelle degli altri; come nella figura 2, dove la serie superiore
dei suoni mostra il suono più acuto, mentre quella inferiore mostra il suono più
grave. Esaminate insieme queste serie, facilmente si percepisce anche l’ordine,
come appare dall’osservazione della figura. Dunque questa, poiché è la più sempli-
ce dopo l’unisono, la eleggiamo secondo grado di piacere, che perciò è contenuto
nel rapporto numerico di 1 : 2. In modo simile, la figura 3 mostra il rapporto 1 : 3,
e la figura 4 il rapporto 1 : 4, delle quali quale sia più facile a percepirsi può essere
discusso da entrambe le parti. L’una ha propriamente questo, che è espressa da
numeri più piccoli, l’altra invece è quadrupla, perciò sembra essere percepita più
facilmente, poiché ha rapporto doppio della doppia, e perciò si distingue non molto
difficilmente dalla stessa doppia. Per questa ragione noi accoglieremo ambedue
nello stesso grado di piacere, cioè il terzo.
Capitolo II - Il piacere e i princìpi dell’armonia 81

§ 23. Dunque, come il rapporto 1 : 1 costituisce il primo grado di piacere, e il


rapporto 1 : 2 il secondo, il rapporto 1 : 4 appartiene al terzo; così al quarto grado
riporteremo il rapporto 1 : 8, e al quinto quello di 1 : 16, e così via secondo la pro-
gressione geometrica doppia. Di qui è chiaro che il rapporto 1 : 2n riguarda il grado
che si esprime con il numero n + 1. Tanto più volentieri ho assunto questa distribu-
zione dei gradi, perché procedano di pari passo secondo la facilità della percezione,
per cui, ad esempio, quanto più faticosamente si percepisce il quinto grado rispetto
al quarto, tanto più difficilmente quest’ultimo è percepito rispetto al terzo, e questo
stesso rispetto al secondo. Fra questi invece faccio in modo che non compaiano
gradi intermedi, se n sarà il numero fratto, perché in questo caso il rapporto diventa
irrazionale e del tutto non percepibile.

§ 24. Da ciò è evidente che se il numero che corrisponde ad un rapporto di unità


fra due suoni è composto, cioè se ha divisori, per questo anche il grado di piacere
risulta minore; nel modo in cui vedemmo che il rapporto 1 : 4 non deve essere con-
siderato più composto di 1 : 3, sebbene 4 sia maggiore di 3. Al contrario, è altret-
tanto chiaro che si deve stimare il grado di piacere dalla stessa grandezza dei
numeri, se sono primi; così il rapporto 1 : 5 sarà più semplice di 1 : 7, sebbene for-
se non sia più semplice di 1 : 8. E per quanto riguarda i numeri primi sarà
senz’altro lecito stabilire qualcosa per induzione: dal momento che infatti il rappor-
to 1 : 1 dà il primo grado, 1 : 2 il secondo grado, 1 : 3 il terzo, concludiamo che 1 :
5 appartiene al quinto, 1 : 7 al settimo, e più in generale 1 : p, se pure p è numero
primo, al grado che viene indicato con il numero p.

§ 25. Dal paragrafo 23 risulta inoltre che se il rapporto 1 : p si riferisce al grado il


cui indice sia m, il rapporto 1 : 2 p appartiene al grado m + 1, 1 : 4 p al grado m +
2, 1 : 2n p al grado m + n. Infatti, moltiplicato il numero p per 2, per la percezione
del rapporto si richiede oltre alla percezione del rapporto 1 : p, la divisione o la
moltiplicazione, dalla quale semplicissima operazione si eleva di un’unità il grado
di piacere. Allo stesso modo è lecito determinare il grado di piacere del rapporto 1 :
p q, se p e q sono numeri primi: infatti il rapporto 1 : p q, è tanto più composto di 1
: p, di quanto 1 : q lo è di 1 : 1. Dunque, il grado del rapporto 1 : p q deve costituire
la proporzione aritmetica con p, q e 1, donde sarà allora p + q – 1.

§ 26. Lo stesso calcolo ha anche valore in tutti i casi; infatti se il rapporto 1 : P


appartiene al grado p, e il rapporto 1 : Q al grado q, per le ragioni riferite, il rappor-
to 1 : P Q, apparterrà al grado p + q – 1. Perciò, i gradi che compongono entrambi i
rapporti devono essere sommati a vicenda e l’unità va sottratta dalla somma. E così
del rapporto 1 : p q r (posti p, q e r numeri primi), che è composto da 1 : p q e 1 : r
e i cui gradi sono p + q – 1 e r, il grado di piacere sarà p + q + r – 2. Analogamen-
te, il grado del rapporto 1 : p q r s sarà p + q + r + s – 3. E il grado del rapporto 1: P
Q R S sarà p + q + r + s – 3, se i gradi dei rapporti 1 : P, 1 : Q, 1 : R e 1: S saranno
p, q, r e s.
82 Leonhard Euler

§ 27. Si vede dunque da ciò che il grado di piacere del rapporto 1 : p2 è 2 p – 1,


posto naturalmente p come numero primo, e il grado del rapporto 1 : p3 è 3 p – 2 e
più in generale il rapporto 1 : pn appartiene al grado n p – n + 1. Dunque, dal mo-
mento che 1 : qm appartiene al grado m q – m + 1, il rapporto 1 : pn qm da loro
composto dev’essere riportato secondo la regola data nel paragrafo precedente al
grado n p – m q – n – m + 1. E qualunque sia il numero P nel rapporto 1 : P, si avrà
il grado al quale appartiene, se venga risolto in tutti i suoi fattori semplici, e questi
siano sommati a vicenda, e il numero dei fattori diminuito di un’unità venga sot-
tratto dalla somma. Così se si cercherà il grado del rapporto 1 : 72, poiché 72 =
2 × 2 × 2 × 3 × 3 , la somma dei loro fattori 12 e il loro numero 5, si sottrarrà 4 da 12,
sarà 8 il grado di piacere per il rapporto 1 : 72.

§ 28. Se si propone il rapporto fra tre numeri come 1 : p : q, dove p e q sono nu-
meri primi, è necessario percepire in questo anche 1 : p e 1 : q. E questi due rappor-
ti si percepiscono insieme in modo altrettanto facile del rapporto da loro composto
1 : pq. Dunque, a quale grado appartenga il rapporto 1 : p : q deve essere ricono-
sciuto dal numero pq secondo la regola suddetta. Allo stesso modo, il rapporto fra
quattro numeri 1 : p : q : r dove p, q, e r sono di nuovo numeri primi, mostrerà il
grado dal numero pqr. Così se fossero proposti quattro suoni espressi con questi
numeri 1 : 2 : 3 : 5, il grado al quale appartiene la capacità di percepire l’ordine che
hanno fra loro, dovrebbe essere giudicato dal numero 30, che dà l’ottavo grado.

§ 29. D’altro canto questi numeri primi devono essere tutti disuguali, altrimenti non
è valido il ragionamento fatto. Infatti, il rapporto 1 : p : p si percepisce del pari facil-
mente di 1 : p, infatti due numeri successivi che hanno un rapporto di uguaglianza,
possono essere tenuti in conto di uno; né si deve valutare questo rapporto come equi-
valente a questo 1 : p2. Allo stesso modo, se i numeri p, q, r, etc. non sono primi, non
è lecito ragionare in questo modo. Che se si dovesse percepire il rapporto 1 : pr : qr :
ps, posti p, q, r e s come numeri primi, sarà necessario conoscere soltanto i rapporti 1 :
p, 1 : q, 1 : r, e 1 : s, non certamente i rapporti 1 : p e 1 : r due volte, anche se si pre-
sentano due volte. Di conseguenza bisognerà stimare il grado di piacere dal rapporto
composto da questi semplici 1 : pqrs, ovvero dal numero pqrs.

§ 30. Se invece consideriamo non solo lo stesso numero pqrs, ma anche la regola
che produce, scopriamo che questo numero è il minimo comune multiplo dei nu-
meri 1, pr, qr, e ps, ovvero il più piccolo dei numeri che può essere diviso per que-
sti singoli numeri fra i quali ci si era proposto di scoprire il rapporto. Da ciò diamo
forma a questa regola universale per la conoscenza del grado di piacere nel perce-
pire il rapporto di più numeri proposti contemporaneamente. Certamente si deve
cercare il loro minimo comune multiplo, e da questo numero, grazie alla regola da-
ta sopra nel paragrafo 27, si determinerà il grado di piacere. Perciò ho aggiunto la
tabella seguente, nella quale si mostra a quale grado conduca un qualunque minimo
Capitolo II - Il piacere e i princìpi dell’armonia 83

comune multiplo che risulta. Non l’ho fatta proseguire oltre il grado decimo sesto,
perché raramente i numeri sono soliti presentarsi estendendosi ai gradi ulteriori.

§ 31. In questa tabella dunque le cifre romane segnano il grado di piacere e i nu-
meri affiancati sono tutti i minimi comuni multipli che appartengono a quel grado:

I. 1.
II. 2.
III. 3; 4.
IV. 6; 8.
V. 5; 9; 12; 16.
VI. 10; 18; 24; 32.
VII. 7; 15; 20; 27; 36; 48; 64.
VIII. 14; 30; 40; 54; 72; 96; 128.
IX. 21; 25; 28; 45; 60; 80; 81; 108; 144; 192; 256.
X. 42; 50; 56; 90; 120; 160; 162; 216; 288; 384; 512.
XI. 11; 35; 63; 75; 84; 100; 112; 135; 180; 240; 243; 320; 324; 432; 576; 768; 1024.
XII. 22; 70; 126; 150; 168; 200; 224; 270; 360; 480; 486; 640; 648; 864; 1152; 1536; 2048
XIII. 13; 33; 44; 49; 105; 125; 140; 189, 225; 252; 300; 336; 400; 405; 448; 540; 720; 729;
960; 972; 1280; 1296; 1728; 2304; 3072; 4096.
XIV. 26; 66; 88; 98; 210; 250; 280; 378; 450; 504; 600; 672; 800; 810; 896; 1080; 1440;
1458; 1920; 1944; 2560; 2592; 3456; 4608; 6144; 8192.
XV. 39; 52; 55; 99; 132; 147; 175; 176; 196; 315; 375; 420; 500; 560; 567; 675; 756; 900;
1008; 1200; 1215; 1344; 1600; 1620; 1792; 2160; 2187; 2880; 2916; 3840; 3888; 5120;
5184; 6912; 9216; 12288; 16384.
XVI. 78; 104; 110; 198; 264; 294; 350; 352; 392; 630; 750; 840; 1000; 1120; 1134; 1350;
1512; 1800; 2016; 2400; 2430; 2688; 3200; 3240; 3584; 4320; 4374; 5760; 5832; 7680;
7776; 10240; 10368; 13824; 18432; 20576; 32768.

§ 32. Vi sono d’altro canto più modi per trovare il minimo comune multiplo, uno
dei quali, che sarà di grande utilità al nostro disegno, conviene esporre qui. Si ri-
solvano i singoli numeri proposti nei loro fattori semplicissimi e si notino quei luo-
ghi nei quali uno qualsiasi di questi fattori ha il valore massimo; allora sia creato
da queste potenze di numeri più grandi, e questo sarà il minimo comune multiplo
dei numeri dati. Se, ad esempio, fossero proposti i numeri 72, 80, 100, 112, i quali
risolti in fattori semplici diventano 23 · 32, 24 · 5, 22 · 52, 24 · 7, i fattori semplici so-
no 2, 3, 5, 7. Di questi il primo 2 ha come potenza massima la quarta, del secondo
3 la potenza massima è la seconda, allo stesso modo, del terzo 5, del quarto, ossia
7, si incontra la prima potenza. Perciò il minimo comune multiplo è 24 · 32 · 52 · 7,
ovvero 25200, e appartiene al ventitreesimo grado.

§ 33. Dati dunque dei numeri qualsivoglia, potremo conoscere, grazie ai princìpi
esposti, se sia facile o difficile percepire il loro rapporto reciproco, il loro ordine, e
84 Leonhard Euler

in quale grado. Potremo anche comparare più casi fra loro e giudicare quale possa
essere percepito più facilmente. Ma questi numeri che costituiscono il rapporto
proposto devono essere razionali, interi e minimi. [L’ordine] di questi si intende
facilmente per primo, non essendoci nessun ordine di questo tipo negli irrazionali.
Inoltre, devono essere interi perché la scoperta del minimo comune multiplo non
riguarda quelli frazionari; invero per le note regole, se fossero frazionari potrebbe-
ro essere mutati in interi, rimanendo fra loro lo stesso reciproco rapporto. Infine,
nei numeri minimi questi rapporti devono essere espressi, in modo tale che non vi
sia nessun numero oltre l’unità, per il quale tutti quei numeri possano essere divisi.
Se invece non sono minimi, è necessario che siano prima divisi per il loro massimo
comun divisore.

§ 34. In questo modo dunque, saranno determinati anche i gradi di piacere dei
rapporti non molteplici, quali abbiamo all’inizio considerati; così il rapporto 2 : 3,
poiché il minimo comune multiplo è 6, appartiene al quarto grado e anzi si percepi-
sce con la stessa facilità del rapporto 1 : 6 o 1 : 8. Questa percezione corrisponde
all’osservazione di questa figura costituita di punti (vedi tab. I, fig. 5), nella quale
si riconosce facilmente l’ordine. E dalle figure di questo tipo si conoscerà quanto
difficilmente si percepiscano i rapporti appartenenti ai gradi superiori; sia, ad e-
sempio, il rapporto proposto 5 : 7 che appartiene al grado undicesimo, dalla cui fi-
gura espressa con i punti si percepirà l’ordine con difficoltà. Lo stesso si verifica
nei gradi seguenti, affinché appaia da figure siffatte che quanto maggiore è il nu-
mero con il quale si esprime il grado, tanto più difficilmente può essere riconosciu-
to l’ordine.

§ 35. Infine, questo modo di stimare la percezione dell’ordine si estende molto


più lontano che per suoni differenti per gravità e acutezza. Infatti, può anche essere
applicato a suoni di diverse durate, esprimendo i suoni attraverso numeri propor-
zionali alle durate. Ma in questi non è lecito applicare gradi tanto avanzati, quanto
nel caso in cui si consideri la gravità e l’acutezza dei suoni, poiché in quelli i colpi
si ripetono più spesso e pertanto se ne riconosce più facilmente la relazione. Invero
la percezione del rapporto di più suoni diversi per durata è simile all’osservazione
delle linee, delle quali sia necessario afferrare la relazione reciproca dal solo aspet-
to. Inoltre, questo trattato sarà di grande utilità anche in tutte le altre cose nelle
quali deve trovarsi ordine e bellezza, se quelle stesse che costituiscono l’ordine
possono essere ridotte a quantità ed essere espresse da numeri; come
nell’architettura, nella quale si richiede la grazia del bello, in modo tale che tutte le
parti dell’edificio siano disposte secondo un ordine che possa essere percepito.
CAPITOLO TERZO
La musica in genere

§ 1. Forse si penserà che non sia affatto necessario in questa sede dare una defi-
nizione di musica, essendo noto a chiunque quale disciplina si indichi con questo
nome. Tuttavia ritengo che ne scaturirà per noi una grande utilità dalla definizione
adattata al nostro scopo, sia in relazione alla divisione dell’opera, sia per lo stesso
modo di trattare ciascuna parte. Dirò dunque che la musica è la scienza di congiun-
gere suoni diversi in modo tale che porgano un’armonia gradita all’udito. E per
questa ragione già nei precedenti capitoli ho giudicato di dover esporre più diffu-
samente sia la teoria dei suoni, sia la teoria dei princìpi dell’armonia, per cui si
possa più facilmente intendere non solo la definizione stessa, ma si intuisca anche
il modo secondo cui sia più conveniente trattarla.

§ 2. Per lo più la musica suole essere divisa in due parti: l’una teorica, l’altra pra-
tica. Si stabilisce che la prima debba insegnare le regole della composizione musi-
cale, e con vocabolo appropriato è chiamata armonica. Si dice invece che il fine
della parte pratica consista nell’insegnare a tradurre in atto i suoni prescritti, o con
la voce, o con gli strumenti: e solo a questa si dà comunemente il nome di musica.
Da ciò si capisce che la parte teorica è la principale, poiché senza questa la parte
pratica non può conseguire nulla; e che neppure la parte teorica senza la pratica
può conseguire il proprio fine, ossia il piacere. Ma poiché questa parte pratica non
è altro se non l’arte di maneggiare gli strumenti musicali, noi non ne parleremo,
ponendola tra i postulati.

§ 3. Nei capitoli precedenti si è già mostrato che il piacere nei suoni può essere
raggiunto in due modi, dei quali uno riguarda la gravità e l’acutezza dei suoni,
l’altro invece la loro durata. E chi osservi più attentamente la musica dei nostri
giorni, scoprirà di fatto che tutto il piacere in essa contenuto trae origine sia dalla
diversità dei suoni gravi e acuti, sia anche dalla loro durata. Inoltre, non si può ne-
gare che la diversa intensità dei suoni, per cui risultano ora più forti, ora più deboli,
aggiunga non poca piacevolezza: tuttavia, poiché non si è soliti stabilire la loro mi-
sura, né essa può essere distinta tanto esattamente dagli ascoltatori, ma è lasciata
all’arbitrio di chi suona, non possiamo annoverarla tra quelle stesse differenze di
gravità e acutezza e di durata dei suoni, di cui abbiamo parlato. In generale, si può
tuttavia notare questo, ossia che i suoni che hanno una maggiore enfasi, devono
anche essere espressi con maggior forza.

§ 4. Inoltre la differenza degli strumenti musicali suole apportare non minore


piacere, ed è molto importante il tipo di strumento che si usa per esprimere una me-
lodia prefissata. Infatti, una melodia richiede la lira, un’altra la cetra, un’altra la
zampogna o il flauto, un’altra è più adatta a corni e trombe. Infatti questi strumenti
86 Leonhard Euler

non differiscono solo per il tipo di suoni, ma alcuni singolarmente molto più di altri
hanno una qualche proprietà specifica, tale che possono eseguire più facilmente, o
con più eleganza, una serie proposta di suoni. Perciò i compositori di concerti e
melodie devono prestare scrupolosamente attenzione alla natura degli strumenti per
evitare di collocarne qualcuno che non possa risultare egregiamente o elegante-
mente. Per questo i musicisti sogliono per lo più indicare uno strumento che con-
venga massimamente usare per suonare una melodia definita.

§ 5. Ammessi dunque solo due princìpi dei suoni, ossia le differenze nel rapporto
del grave e dell’acuto e la loro durata, tuttavia il piacere potrà inerire all’insieme
dei suoni in tre modi. Nel primo modo, infatti, il piacere può nascere dalla sola di-
versità del grave e dell’acuto, assumendo tutti i suoni di uguale durata, o trascuran-
dola del tutto, o infine non prestandovi alcuna attenzione. Nel secondo modo,
anche se i suoni fossero ugualmente gravi e acuti, tuttavia, grazie all’ordine che
mantengono le loro durate, potranno conservare un certo piacere. Nel terzo modo,
invece, che è il grado di piacere più perfetto, uniti i primi due modi, sarà ottenuto
con l’altezza e la durata dei suoni. Precisamente per questo si deve pensare che la
musica eccella, se cioè il piacere sarà ottenuto, per quanto possibile, tanto dal rap-
porto di durata dei suoni, quanto dal rapporto della loro grandezza, che è compreso
dalla differenza del grave e dell’acuto.

§ 6. A quest’ultima terza specie si deve riferire all’incirca tutta la musica del


giorno d’oggi. In essa infatti non solo l’altezza dei suoni si usa per ottenere piacere,
ma i musicisti sono soliti usare anche la durata per accrescerlo ancor più; di qui ha
la sua origine il tactus o plausus. Frattanto, tuttavia, è ancora lecito vedere esempi
delle prime due specie. Infatti, chi osserva la musica corale e gli inni ecclesiastici,
scoprirà che tutto ciò che è piacevole ha origine dalla sola altezza dei suoni e da
un’appropriata successione delle consonanze. I timpani, in verità, offrono un e-
sempio della seconda specie, dal momento che in essi tutti i suoni non differiscono
quasi per gravità e acutezza, tutto il piacere dipende principalmente dalla velocità
dei colpi e perciò poggia sulla sola varietà della durata.

§ 7. Chi dunque decide di comporre una melodia o un concerto in tutte queste


specie, oltre alle regole generali del piacere, deve guardare anche se desideri muo-
vere gli ascoltatori alla gioia o alla tristezza. Infatti, nel precedente capitolo si è già
mostrato da quali cose sia possibile ottenere l’una e l’altra. Cosa che è necessario
osservare specialmente nel comporre le melodie per gli inni proposti: infatti, pre-
sentandosi parole o periodi tristi, i compositori sono soliti costruire anche la melo-
dia in modo tale che l’ordine possa essere riconosciuto più difficilmente. Perciò
usano consonanze meno semplici, o loro successioni che si percepiscano più diffi-
cilmente, ovvero stabiliscono le durate dei suoni in modo tale che la percezione
delle loro quantità diventi più difficile. Fanno il contrario quando lo stesso testo
volge alla gioia.
Capitolo III - La musica in genere 87

§ 8. È inoltre assolutamente necessario che un’opera musicale assomigli ad


un’orazione o a una poesia. Come infatti in queste non basta congiungere parole
eleganti e frasi, ma ci deve essere anche un’ordinata disposizione delle stesse cose,
e una distribuzione idonea degli argomenti; così anche nella musica deve esserci un
principio simile. Infatti, non piace molto avere posto in serie più consonanze, an-
che se singolarmente sono abbastanza piacevoli, ma è necessario che si distingua
l’ordine in queste stesse, proprio come se dovessero esprimere una qualche orazio-
ne. In questo problema è soprattutto utile rivolgere l’attenzione al grado di facilità
o difficoltà con cui viene percepito l’ordine; e a seconda di come richiede l’oggetto
stabilito, la gioia e la tristezza dovranno essere mutate, ovvero ora questa, ora quel-
la, dovranno essere accresciute o diminuite.

§ 9. Vediamo dunque come convenga soprattutto trattare una qualsiasi di queste


specie di musica. La prima di queste senza dubbio, poiché, come si è già detto, non
vi è nessun ordine, o non lo si prende in considerazione, consiste tutta nella succes-
sione di una diversificata altezza dei suoni. In questa poi, per lo più molti suoni
suonano simultaneamente, e da ciò il suono che nasce si chiama consonanza. In re-
altà, non voglio che qui il termine consonanza sia interpretato nel senso volgare col
quale lo si oppone alla dissonanza, con questo termine voglio invece che venga in-
dicato il risuonare di più suoni simultaneamente. E con questo significato un suono
semplice può essere considerato come il grado più basso e più semplice delle con-
sonanze, così come fra i numeri suole essere collocata l’unità. Dunque, la prima
specie di musica è formata dalla serie di più consonanze che si susseguono l’un
l’altra, che costituiscono una piacevole armonia.

§ 10. Sarà dunque necessario trattare prima di tutto delle consonanze, e per prima
cosa si dovrà ricercare quali suoni siano richiesti per determinare una piacevole
consonanza e inoltre a quale grado di piacere ciascuna appartenga. Di qui derive-
ranno innumerevoli specie di consonanze che successivamente nelle cose che se-
guiranno, secondo quello che il piano prestabilito esigerà, potranno essere messe in
pratica. Esposte dunque queste cose, si dovrà cercare in che modo due consonanze
debbano essere comparate, affinché inseguendosi reciprocamente rendano una pia-
cevole successione. Si perverrà infine all’esame di più consonanze nel quale si ri-
cercherà di quale tipo debbano essere le singole consonanze per rendersi piacevoli
all’udito. Risolte queste, sarà lecito giudicare quanta piacevolezza contenga una
qualunque serie proposta di consonanze: dal momento che per prima cosa si consi-
dereranno separatamente le singole consonanze, e poi le singole successioni e i le-
gami comuni di tutte.

§ 11. In séguito si vedranno innumerevoli serie di consonanze di questo genere di


composizione, dei quali quelli usati dai musicisti non sono altro che casi specialis-
simi. Di questi invece, richiedendo i singoli musicisti suoni certi, si dovrà esamina-
88 Leonhard Euler

re quali suoni siano necessari in ciascun modo di comporre, affinché sia chiaro in
che modo gli strumenti musicali debbano essere preparati per la produzione di
qualsiasi suono. Seguirà queste cose la trattazione più completa dei modi musicali,
della loro modulazione, e delle altre cose per mezzo delle quali si determina mag-
giormente la composizione musicale ed è contenuta entro i limiti. Infine saranno
riesaminate nuovamente le parti più semplici, ovvero le consonanze, e si ricercherà
più attentamente quale specie sia necessario adattare a quale occasione, e come sia
necessario che si permutino fra loro e convenga che le altre sostitutrici siano messe
al loro posto. Questa composizione che è contenuta soltanto in queste regole e tra-
scura la durata dei suoni, si è soliti chiamarla semplice o sciolta, perché è in qual-
che modo simile al discorso sciolto, che manca di qualunque metro.

§ 12. In séguito si dovrà esporre la seconda specie di musica che, non occupan-
dosi della differenza dei suoni in ragione del grave e dell’acuto, è tutta impegnata
nel produrre il piacere attraverso le loro durate. Questa d’altra parte si otterrà, co-
me è stato dimostrato nel secondo capitolo, se potranno essere percepiti il rapporto
e l’ordine che le durate dei singoli suoni hanno fra loro. Perciò, qualunque suono
dovrà avere un tempo misurato e determinato della sua durata, e sarà necessario
che siano confrontate le durate di tutti, in modo tale che sia percepibile il loro rap-
porto. Per iniziare dunque dai più semplici, per prima cosa si deve ricercare quanto
debbano durare due suoni, affinché gli ascoltatori possano riconoscere il loro rap-
porto; e in ciò di nuovo gioverà moltissimo aver notato con quale grado di facilità i
rapporti di tal genere possano essere percepiti. Fatto ciò, si considereranno allo
stesso modo più suoni.

§ 13. Inoltre, come la divisione del tempo in parti uguali non solo si applica do-
vunque, ma all’uomo sembra essere quasi naturale: così anche in musica si è soliti
ricondurre tutti i suoni a misure di tempo uguali, anche se essi hanno durate del tut-
to disuguali. Perciò, diviso il tempo in parti uguali, distribuiscono i suoni nelle sin-
gole parti in modo tale che la somma delle loro durate sia uguale a questa divisione
del tempo. Perciò a volte sono prodotti più suoni, altre volte meno suoni nello stes-
so tempo, a seconda che siano stati di durata più breve o più lunga. E la parte di
questo tempo, poiché suole essere indicata la maggior parte delle volte con un col-
po della mano, è chiamata tactus o plausus. Dunque, la serie dei suoni in questa
specie di musica si distribuisce in tali plausus, che si distinguono reciprocamente
fra di loro in maniera simile a quella dei piedi e dei versi in un’orazione legata.

§ 14. Il plausus poi si divide in due modi in rapporto alla durata o alla suddivi-
sione. Nel primo modo uno esce lento, un altro veloce, a seconda che il suo tempo
duri più a lungo o più brevemente. La varietà che nasce dal secondo modo è straor-
dinariamente molteplice, dal momento che il plausus può essere suddiviso in molti
modi. Uno infatti sarà secondo natura, se si divide in due parti e proprio in questo
starà la diversità, a seconda che queste parti siano state uguali o disuguali; un altro
Capitolo III - La musica in genere 89

se si divide in tre, un altro ancora in quattro parti. Spesso queste stesse parti si sud-
dividono ulteriormente e in modo diverso in altri plausus, finché si giunge ai singo-
li suoni. Da ciò, per lo meno in questa specie di musica, nasce una grandissima
diversità, a tal punto che non è possibile stabilire un elenco delle varietà.

§ 15. Spesso poi i plausus sogliono essere cambiati in rapporto alla durata, o alla
suddivisione, cosicché si disponga ora il lento dopo il veloce, ora il veloce dopo il
lento. In realtà, i plausus bipartititi, tripartiti e gli altri possono essere commutati in
rapporto alla suddivisione in molti modi e possono essere mescolati fra loro. Que-
sta varietà si moltiplica intensamente per il fatto che si danno molte specie di que-
sto stesso plausus divise allo stesso modo, dal momento che le stesse divisioni si
distinguono variamente. Inoltre, in entrambi i modi nello stesso tempo il numero di
commutazioni crescerà all’infinito, se appunto i plausus saranno permutati in rap-
porto non solo alla divisione, ma anche alla durata. A proposito di tutti questi, dal
secondo capitolo si devono derivare quali regole sia necessario osservare.

§ 16. D’altro canto i plausus e le loro parti, come abbiamo già detto, sono recepi-
ti dagli ascoltatori allo stesso modo dei versi delle poesie, dei piedi e delle singole
sillabe. E come a stento in questi può essere osservato un sensibile indugio in chi
legge, anche se in realtà c’è un qualche intervallo; così pure i plausus e le loro parti
si distinguono reciprocamente fra loro, in modo che un ritardo, per quanto esiguo e
quasi impercettibile, si frapponga fra la fine del tactus e una sua parte. Tuttavia,
per produrre questa differenziazione, conta molto la diversa potenza dei suoni, in-
fatti i principali, ovvero quelli che incominciano il tactus e le sue parti sono emessi
alquanto più forti. Perciò, si capisce che i primi suoni in ciascun tactus e nelle sue
parti devono essere allo stesso tempo i principali, gli altri invero quanta minor for-
za hanno, tanto meno sono i principali.

§ 17. Come dunque le parti del tactus possono essere paragonate alle singole sil-
labe dell’orazione legata e gli stessi tactus ai piedi o ai versi, così un certo numero
di tactus costituisce un intero periodo e molti di essi un’intera parte di orazione.
Perciò è opportuno che in musica e in retorica siano osservate regole simili, cosic-
ché un qualunque tactus riproduca una qualche differenza della melodia, e un certo
numero di quelli che corrispondono ad un periodo del discorso, ovvero a un verso,
debbano comprendere quasi l’intera idea di una melodia. Pertanto, [le melodie] do-
vranno essere concluse con clausole precise che ne definiscano adeguatamente la
fine. E queste stesse dovranno essere diverse, a seconda che concludano solo una
parte del periodo, o l’intero periodo, o anche tutta l’orazione.

§ 18. L’ultimo suono di ciascun periodo dev’essere invero il più importante e


perciò dev’essere il primo o nel tactus, o in una parte del tactus. Per cui accade che
non si può concludere né un periodo in musica, né un’orazione nella stessa fine del
plausus, ma che questa fine debba conservare l’inizio del tactus, o di una sua parte
90 Leonhard Euler

qualsiasi. In realtà, la progressione e la preparazione in vista della conclusione ca-


dranno alla fine del tactus o di una sua parte, affinché il suono principale che segue
concluda il periodo. Infatti, i suoni meno importanti non sono usati per altra ragio-
ne, se non per congiungere gli stessi [suoni] più importanti: perciò questi devono
essere posti fra i più importanti, e non possono né iniziare, né concludere una me-
lodia. Tuttavia, dev’essere presentata un’esposizione più esaustiva di tutti questi
[suoni non principali] nello studio approfondito della terza specie di musica.

§ 19. Si dovrà infine esporre la terza specie di musica, nella quale si congiungo-
no entrambe le precedenti. Quindi questa avrà moltissima dolcezza, dal momento
che contiene l’ordine percepibile non solo in rapporto al grave e all’acuto del suo-
no, come nella prima specie, ma anche in rapporto alla sua durata, come nella se-
conda. E perciò è necessario che quanto maggior ordine vi è in entrambe, tanto più
questa musica piaccia. È evidente, inoltre, che in questa terza specie è molto più
difficile elaborare qualcosa che sia perfetto rispetto alle due precedenti; all’incirca
perché questa deve comprendere congiuntamente entrambe le perfezioni. Perciò, la
stessa natura della cosa esige che si ponga attenzione e diligenza alle due specie
precedenti prima di trattare la terza: infatti, se non si può ottenere il piacere in en-
trambe le specie separatamente, neppure in quella che è costituita da queste due si
può ottenere un qualche piacere. Invece, una volta comprese entrambe le specie
precedenti, non sarà difficile, congiungendo queste, percepire la terza.

§ 20. In questa terza specie poi si trova il più grande numero di composizioni; in-
fatti, non solo le sue varietà sono tante quante le precedenti messe assieme, ma
combinandole a due a due ne scaturisce un numero di varietà pressoché infinito. In
altri termini, se il numero dei diversi modi della composizione nella prima specie è
m, e il numero dei vari tactus e le misure delle forme nella seconda specie sono n,
il numero delle varietà della terza specie sarà mn. E qualora m e n siano numeri,
come abbiamo mostrato, all’incirca infiniti, il numero mn sarà di straordinaria
grandezza. Da ciò è evidente che non è possibile enumerare completamente tutte le
variazioni della musica del giorno d’oggi, che occupa soprattutto questa terza spe-
cie. Dunque, non può accadere che questa scienza si esaurisca mai: ma quanto a
lungo durerà il mondo, vi sarà sempre un luogo assai ricco di nuove invenzioni, da
cui scaturiranno in perpetuo nuovi generi di melodie e concerti.

§ 21. Nel trattare la terza specie di musica converrà seguire la divisione fatta nel-
la seconda specie, e la regola del comporre della prima specie dovrà essere adattata
a un qualche genere di tactus o di plausus. Prima di tutto bisogna quindi esporre i
precetti generali per congiungere le due precedenti specie di musica, nelle quali è
opportuno che sia esposto come convenga fare uso al massimo grado di certe con-
sonanze in qualche parte del tactus. Dal momento che, infatti, alcune parti del tac-
tus sono più importanti, altre meno, è necessario che risulti un’analoga diversità
anche nelle stesse consonanze. Poi, visto che molti tactus sono simili al periodo,
Capitolo III - La musica in genere 91

altri a una parte dell’orazione, si deve anche mostrare da quali consonanze ciascu-
na differenziazione sia più egregiamente espressa. Dopo ciò, si dovrà trattare in
questa sede delle clausole e della loro diversità, che nasce dalla causa della diffe-
renziazione.

§ 22. In séguito, enumerati i vari generi di tactus desunti dalla seconda specie di
musica, si dovrà indicare, come ho stabilito, il periodo musicale in ciascun genere,
e come occorra comporre a partire da questi quasi l’intero discorso. Questa tratta-
zione sarà amplissima a causa dei quasi innumerevoli generi di tactus e degli in-
numerevoli modi di comporre. Oltre a ciò, si aggiunge anche una notevole diversità
di stile; infatti nella musica si deve trattare lo stile in maniera simile alla retorica,
che non è null’altro se non una teoria certa di formare i periodi e di congiungerli. A
questo scopo, infine, mirano le figure musicali, che sono anche simili alle figure
nell’oratoria, con le quali si abbelliscono al massimo grado questi discorsi musicali
e si innalzano al massimo grado di perfezione.

§ 23. Dalle consonanze che in questa maniera compongono un concerto musicale


derivano, come si usa dire, diverse voci. Infatti, se i suoni sono emessi o dalla voce
o da uno strumento tale da non poter formare più suoni simultaneamente, a qualsia-
si consonanza è opportuno [arrivare] o con più voci, o con strumenti di questo tipo.
Da ciò trae origine anche una nuova trattazione, ossia come si debbano ordinare
più voci, affinché, suonando assieme, presentino una serie di consonanze ben pro-
porzionata e gradita. Dunque, per prima cosa si deve considerare una sola voce, poi
due, poi tre, quattro e più. E per questo motivo tutte le regole che saranno state tro-
vate, si adatteranno al massimo grado al modo comune di comporre: infatti quasi
tutte le composizioni musicali sono formate da un certo qual numero di voci, cia-
scuna delle quali propone una qualche melodia, certamente non completa, ma tut-
tavia tale che, cantando tutte insieme, formino una piacevole armonia.

§ 24. E così la trattazione completa della musica è composta da tre parti, median-
te le quali si devono esporre altrettante specie musicali. E si capisce come ciascuna
di queste parti vada ricondotta alle regole dell’armonia stabilite nel secondo capito-
lo. Poiché dunque ogni cosa deve essere derivata da princìpi certi, la cui verità è
stata sufficientemente dimostrata, il metodo che useremo è totalmente filosofico,
ossia dimostrativo. E in verità nessuno, per quanto ne so, ha applicato un metodo di
questo tipo per insegnare la musica. Infatti, tutti quelli che hanno scritto di musica
hanno trascurato troppo la teoria, o la pratica. Quelli certamente hanno raccolto le
regole della composizione senza dimostrazioni; questi invero sono stati tutti presi
dalla spiegazione delle consonanze e delle dissonanze: e da queste hanno indagato
il modo di accordare gli strumenti musicali, ma hanno fatto uso di princìpi insuffi-
cienti o effimeri, cosicché non è stato loro possibile progredire ulteriormente.
CAPITOLO QUARTO
Le consonanze

§ 1. Più suoni semplici che suonano assieme costituiscono un suono composto,


che qui chiameremo consonanza. Da altri invero il termine consonanza è interpre-
tato in senso più ristretto, per indicare soltanto un suono composto gradito all’udito
e che ha in sé molta dolcezza: e distinguono la consonanza dalla dissonanza, che
per essi è un suono composto che possiede poca o nessuna dolcezza. E poiché in
parte è difficile definire i confini delle consonanze e delle dissonanze, in parte in-
vero questa distinzione è meno congrua al nostro modo di esporre, col quale valu-
teremo i suoni composti, esposti in base al grado di piacere nel secondo capitolo,
attribuiremo il nome di consonanza a tutti i suoni che consistono in più suoni sem-
plici che suonano assieme.

§ 2. Perché dunque una consonanza di questo tipo piaccia, è necessario che si


percepisca il rapporto che i suoni semplici che la costituiscono hanno tra loro. Poi-
ché, tuttavia, qui non si considera la durata dei suoni, conterrà questa dolcezza la
sola percezione della varietà che consiste nel grave e nell’acuto dei suoni. Perciò,
poiché la gravità e l’acutezza dei suoni si deve misurare dal numero dei colpi e-
messi in uno stesso tempo, è evidente che chi percepisca la reciproca relazione di
questi numeri, deve percepire la stessa dolcezza della consonanza.

§ 3. Già sopra peraltro abbiamo stabilito di esprimere i suoni attraverso i numeri


dei colpi che compiono in un dato tempo, e che perciò misurano la quantità, ossia
l’altezza contenuta nel rapporto di gravità e acutezza. Perciò, affinché una conso-
nanza proposta piaccia, è necessario che si percepisca il rapporto che le quantità
dei suoni semplici, ovvero gli stessi suoni (infatti consideriamo i suoni come quan-
tità) hanno tra loro. In questo modo, dunque, riconduciamo la percezione delle
consonanze alla considerazione dei numeri, i cui princìpi sono stati esposti nel se-
condo capitolo, dai quali è possibile intendere come si debba giudicare la dolcezza
di qualsiasi consonanza.

§ 4. Sarà dunque facile ricondurre la percezione di qualsiasi consonanza ad un


grado certo di piacere, da cui apparirà se una consonanza proposta sia compresa
dalla mente facilmente o difficilmente e in quale grado. Oltre a ciò, anche più con-
sonanze potranno essere paragonate fra loro, delle quali si potrà giudicare quale sia
più facile a percepirsi e quale più difficile, e insieme potrà essere definito quanto
l’una possa essere più facilmente comprensibile dell’altra. Dunque, data una con-
sonanza, si deve trovare il numero che è il minimo comune multiplo dei numeri
che esprimono i suoni semplici, e ricercare a quale grado appartenga. Da ciò sarà
infatti evidente quanto si richieda per percepire una consonanza.
Capitolo IV - Le consonanze 93

§ 5. Essendo dunque necessario il minimo comune multiplo dei suoni semplici,


occorrerà indicare sempre questi suoni con numeri interi minimi aventi tra loro lo
stesso rapporto: la prova di ciò si ha se questi numeri interi non hanno nessun divi-
sore comune tranne l’unità. Dunque, terminata questa quasi prima operazione, bi-
sogna poi trovare il minimo comune multiplo secondo le regole esposte nel
secondo capitolo. Infine, grazie a queste regole, risulterà chiaro a quale grado di
piacere appartenga questo minimo comune multiplo, e a questo stesso grado si de-
ve pensare che appartenga la percezione della medesima consonanza. Tutte le volte
in cui questo stesso minimo comune multiplo non supera il sedicesimo grado,
quest’ultima operazione non è necessaria perché la tabella presentata sopra contie-
ne tutti questi gradi.

§ 6. Chiameremo dunque in séguito questo minimo comune multiplo dei suoni


semplici che compongono la consonanza esponente della consonanza, infatti cono-
sciuto questo, si capisce allo stesso tempo la natura della stessa consonanza. Come
tuttavia da questo dato esponente si debba trovare il grado di piacere al § 27 Cap. II
viene spiegato così: questo esponente sia risolto in tutti i suoi fattori semplici e si
assuma che s sia la loro somma. Il numero di questi fattori sia uguale a n, il grado
di piacere al quale la consonanza proposta si riferisce sarà s – n + 1; e così quanto
più piccolo si trova questo numero, tanto più piacevole sarà la consonanza o più
facile a percepirsi.

§ 7. Anche le consonanze si dividono in modo non improprio secondo il numero


dei suoni semplici dai quali sono composte; e di qui alcune risulteranno bisone, al-
tre trisone, altre ancora multisone, a seconda che siano formate da due, tre, o più
suoni. Vi siano dunque nelle bisone due suoni a e b dai quali sono formate, o al-
meno questi numeri a e b mantengano il rapporto degli stessi suoni. Dunque, a e b
dovranno essere numeri interi e primi fra loro. E perciò il loro minimo comune
multiplo sarà ab, e così questo stesso numero ab sarà l’esponente della consonanza
proposta, da cui risulta evidente il grado di piacere al quale si applica. Censiremo
dunque le consonanze di questo tipo secondo i gradi di piacere, affinché risulti evi-
dente da questo stesso ordine quanto ciascuna sia facile o difficile a percepirsi.

§ 8. Per effettuare un’enumerazione di questo tipo, in verità, è necessario soltanto


che si estraggano i singoli numeri dalla tavola aggiunta al secondo capitolo, secon-
do l’ordine, e si riduca uno qualsiasi di questi in due fattori primi fra loro, cosa che
potrà avvenire spesso in molti modi. Fatto questo, due fattori di questo tipo daran-
no i suoni della consonanza bisona, il cui esponente sarà quello stesso numero dal
quale questi fattori erano stati derivati. Per esempio, nel quinto grado si ha 12, che
si può risolvere in fattori primi fra loro in due modi, ossia 1, 12 e 3, 4. I suoni di
questo tipo, dunque, costituiranno le consonanze afferenti il quinto grado, il cui e-
sponente è 12.
94 Leonhard Euler

§ 9. Al primo grado dunque, in cui si ha l’unità, non è riportata nessuna conso-


nanza, né bisona, né di più suoni. Dal momento che infatti i suoni che costituiscono
la consonanza devono essere diversi, l’unità non potrà mai essere il loro minimo
comune multiplo o esponente. Perciò la consonanza più semplice riguarderà il se-
condo grado e la costituiranno i suoni che hanno il rapporto 1 : 2, il cui esponente è
dunque 2, che è il solo numero che si trova nel secondo grado. Questa consonanza
è definita dai musicisti diapason o ottava, e da questi è stimata come la più sempli-
ce e perfetta; all’ascolto infatti si percepisce e si distingue dalle altre assai facil-
mente.

§ 10. Al terzo grado abbiamo riportato due numeri, 3 e 4, ciascuno dei quali si ri-
solve in due fattori primi fra loro, non avendo nessun altro divisore comune tranne
l’unità: il primo dei due in 1 e 3, l’altro in 1 e 4. Si presentano dunque due conso-
nanze bisone utili afferenti il terzo grado, delle quali una è costituita dai suoni che
hanno il rapporto 1 : 3, l’altra invece dai suoni 1 : 4. Quella suole essere chiamata
diapason con diapente, questa invece disdiapason, né si può dubitare che si perce-
piscano più facilmente delle seguenti.

§ 11. In questo modo ho redatto la seguente tabella delle consonanze bisone, nel-
la quale queste sono disposte secondo i gradi di piacere sopra esposti, fino al deci-
mo grado.

Gr. II Gr. III Gr. IV Gr. V Gr. VI Gr. VII Gr. IIX Gr. IX Gr. X
1:2 1:3 1:6 1:5 1 : 10 1:7 1 : 14 1 : 21 1 : 42
1:4 2:3 1:9 2:5 1 : 15 2:7 3:7 3 : 14
1:8 1 : 12 1 : 18 3:5 1 : 30 1 : 25 6:7
3:4 2:9 1 : 20 2 : 15 1 : 28 1 : 50
1 : 16 1 : 24 4:5 3 : 10 4:7 2 : 25
3:8 1 : 27 5:6 1 : 45 1 : 56
1 : 32 1 : 36 1 : 40 5:9 7:8
4:9 5:8 1 : 60 1 : 90
1 : 48 1 : 54 3 : 20 2 : 45
3 : 16 2 : 27 4 : 15 5 : 18
1 : 64 1 : 72 5 : 12 9 : 10
8:9 1 : 80 1 : 120
1 : 96 5 : 16 3 : 40
3 : 32 1 : 81 5 : 24
1 : 128 1 : 108 8 : 15
4 : 27 1 : 160
1 : 144 5 : 32
9 : 16 1 : 162
1 : 192 2 : 81
3 : 64 1 : 216
1 : 256 8 : 27
1 : 288
Capitolo IV - Le consonanze 95

9 : 32
1 : 384
3 : 128
1 : 512

§ 12. Dal paragrafo 11 del primo capitolo si intuisce come due corde debbano es-
sere tese per produrre suoni aventi un dato rapporto; in questo modo dunque sarà
facile esprimere con le corde queste consonanze, e provare davvero quale sia più
facile a percepirsi e quale invece più difficile: si troverà inoltre che l’esperienza si
accorda egregiamente con questa teoria. In verità, non solo ritengo molto utile, ma
anche massimamente necessario che l’udito dello studioso di musica si eserciti con
esperimenti di questo genere; per questa ragione si formerà idee distinte di queste
consonanze più semplici e diventerà più capace di trattare la musica con la pratica
stessa.

§ 13. Né in verità è necessario che chi ascolta la musica abbia una cognizione di-
stinta di tutte le consonanze enumerate, ma è sufficiente soltanto fissare bene nella
mente le prime che sono 1 : 2, 1 : 3, o 2 : 3, 1 : 5, o 2 : 5, o 4 : 5. Infatti, chi ha im-
parato non solo a distinguere queste dalle altre, ma anche a formarle egli stesso con
la voce o a riprodurle sulle corde con l’aiuto dell’udito; costui potrà anche ricostru-
ire con il solo udito tutte le altre consonanze, i cui esponenti non hanno altri diviso-
ri se non 2, 3, e 5. E questo sarà sufficiente per la musica odierna e per accordare
gli strumenti musicali. Invero, nei paragrafi seguenti esporrò queste cose con pa-
recchi esempi.

§ 14. Ho già avvertito che qui, sotto il nome di consonanza, riunisco tanto le con-
sonanze vere e proprie, quanto quelle chiamate comunemente dissonanze. Inoltre,
dalla tabella apposta e con il nostro metodo, sembra possibile definirne in qualche
modo i limiti. Infatti, le dissonanze riguardano i gradi più alti, e sono considerate
come consonanze quelle che afferiscono ai gradi più bassi. Così il tono che è for-
mato da suoni aventi il rapporto di 8 : 9 ed è riferito all’ottavo grado, si annovera
fra le dissonanze, invece il ditono, ovvero la terza maggiore contenuta nel rapporto
4 : 5 che afferisce al settimo grado, si annovera fra le consonanze. Né tuttavia da
queste può essere stabilito l’ottavo grado come inizio delle dissonanze; infatti in
esso sono contenuti i rapporti 5 : 6 e 5 : 8, che non si annoverano fra le dissonanze.

§ 15. Inoltre, chi esamini più attentamente questa questione constaterà che il rap-
porto fra dissonanze e consonanze non deve essere cercato nella sola facilità di
percezione, ma deve essere riferito anche a tutto l’ordine della composizione. Infat-
ti, le consonanze che nelle composizioni possono essere usate meno opportuna-
mente sono chiamate dissonanze, anche se forse si percepiscono più facilmente
delle altre che si giudicano come consonanze. E questo è il motivo per cui il tono
8 : 9 si annovera fra le dissonanze, mentre altre consonanze molto più composte
sono considerate come consonanze. Allo stesso modo, si deve spiegare da ciò per-
96 Leonhard Euler

ché
chélalaquarta
quartaoodiatessaron,
diatessaron,che
checonsta
constadidisuoni
suoniaventi
aventiililrapporto
rapportodi
di33::4,4,èèriferita
riferita
dai
dai musicisti
musicisti alle
alle dissonanze
dissonanze piuttosto
piuttosto che
che alle
alle consonanze,
consonanze, non
non essendoci
essendoci tuttavia
tuttavia
alcun
alcundubbio
dubbioche
cheessa
essapossa
possaessere
esserepercepita
percepitaassai
assaifacilmente.
facilmente.

§§ 16.
16. Pure
Pure presso
presso gli
gli antichi
antichi musicisti
musicisti questa
questa quarta
quarta era
era stata
stata considerata
considerata comecome
una
una consonanza
consonanza assai
assai dolce,
dolce, come
come èè evidente
evidente dai
dai loro
loro scritti.
scritti. Ma
Ma hanno
hanno usato
usato me-me-
todi
todi affatto
affatto diversi
diversi per
per distinguere
distinguere lele dissonanze
dissonanze dalle
dalle consonanze,
consonanze, metodimetodi menomeno
fondati
fondatisulla
sullanatura
naturadella
dellaquestione
questioneeededotti
dedottida
daprincìpi
princìpiinsicuri.
insicuri.IIpitagorici
pitagoriciinfatti
infatti
non
nongiudicavano
giudicavanoidonei
idoneiper perprodurre
produrreleleconsonanze
consonanzealtri
altrisuoni,
suoni,se senon
nonquelli
quellicosti-
costi-
tuiti
tuiti da
da due
due suoni
suoni aventi
aventi un un rapporto
rapporto molteplice,
molteplice, oo sopraparticolare,
sopraparticolare, oo molteplice
molteplice
sopraparticolare;
sopraparticolare; ee pensarono
pensarono che che lala dissonanza
dissonanza nascesse
nascesse tutte
tutte lele volte
volte che
che ilil rap-
rap-
porto
portodi diquesti
questidue
duesuoni
suonifosse
fossestato
statosopraparziente
sopraparzienteoomolteplice
molteplicesopraparziente.
sopraparziente.

§§ 17.
17. Tolemeo
Tolemeo nei nei Libri Harmonicorum1414 confutò
Libri Harmonicorum confutò questa
questa opinione
opinione dei dei pitagorici
pitagorici
adducendo
adducendocome cometestimonianza
testimonianzal’esperienza
l’esperienzache cheilildiapason diatessaroncontenuto
diapasondiatessaron contenuto
nel
nelrapporto
rapporto33::88èèuna unaconsonanza,
consonanza,sebbenesebbenequesto
questorapporto
rapportosiasialaladoppia
doppiasoprabi-
soprabi-
parziente
parzientedelle
delleterze.
terze.Poi Poiosserva
osservache cheneppure
neppureiipitagorici
pitagoriciosarono
osaronoservirsi
servirsiconconcer-
cer-
tezza
tezza di di questa
questa regola,
regola, purpur di di non
non aggiungere
aggiungere altri
altri rapporti
rapporti perper produrre
produrre lele
consonanze
consonanze oltreoltre lala doppia,
doppia, lala tripla,
tripla, lala quadrupla,
quadrupla, lala sesquialtera
sesquialtera ee lala sesquiterza,
sesquiterza,
avendo
avendo tuttavia
tuttavia potuto
potuto aggiungerne
aggiungerne aa buon buon diritto
diritto innumerevoli
innumerevoli altrealtre seguendo
seguendo lala
loro
lororegola.
regola.Invero,
Invero,in inquesta
questaconfutazione
confutazionedi diTolemeo
Tolemeonon nontrovo
trovonulla
nulladadacriticare;
criticare;
infatti
infattinon
nonèènecessario
necessarioguardare
guardareaiaigeneri
generidei deirapporti,
rapporti,ma maalla
allasemplicità
semplicitàeefacilità
facilità
della
dellapercezione.
percezione.

§§18.
18.EEtuttavia
tuttavianeppure
neppureililprincipio
principiodello
dellostesso
stessoTolemeo
Tolemeoqui quiutilizzato
utilizzatoèèpiù
piùso-
so-
lido;
lido; ammette
ammette infatti
infatti solo
solo due
due consonanze
consonanze dopo
dopo ilil diapason
diapason ee ilil disdiapason,
disdiapason, che
che
siano
siano contenute
contenute dada rapporti
rapporti sopraparticolari
sopraparticolari quasi
quasi eguali
eguali ee producenti
producenti congiunta-
congiunta-
mente
mentelalaproporzione
proporzione dupla.
dupla.DiDiquesto
questotipo
tipoinfatti
infattisono
sonoii rapporti
rapporti22::33ee33:: 4,4,che
che
uniti
unitidanno
dannoililrapporto
rapporto11::2.2.Dal
Dalprimo
primonasce
nascelalaconsonanza
consonanzadetta dettadiapente,
diapente,mentre
mentre
dal
dal successivo
successivo nasce
nasce quella
quella detta
detta diatessaron.
diatessaron. Tolemeo
Tolemeo stabilisce
stabilisce poipoi quest’altro
quest’altro
principio,
principio, ossia
ossia che
che una
una consonanza
consonanza qualunque,
qualunque, accresciuta
accresciuta di di un’ottava,
un’ottava, rimane
rimane
consonanza
consonanzaeenon nonperde
perdenulla
nulladella
dellasua
suadolcezza;
dolcezza;ee in inquesto
questomodomodoammette
ammettefrafra lele
consonanze
consonanzequesti
questirapporti:
rapporti:11::2;2;11::4;
4;22::3;
3;11::3;
3;33:4;
:4;ee33::8.8.

§§19.
19.Nondimeno,
Nondimeno,tuttavia,
tuttavia,Tolemeo
Tolemeoattribuì
attribuìililprimato
primatoaiairapporti
rapportisopraparticola-
sopraparticola-
riri rispetto
rispetto aiai sopraparzienti,
sopraparzienti, ee infatti
infatti non
non definisce
definisce dissonanti
dissonanti ii suoni
suoni che
che manten-
manten-
gono
gono altri
altri rapporti
rapporti sopraparticolari
sopraparticolari tranne
tranne 22 :: 33 ee 33 :: 4,4, ma
ma [li
[li chiama]
chiama] con
con una
una

1414
Eduard
EduardBernoulli
Bernoulli annota:
annota: CCLL. .TTOLEMEO
OLEMEO, , Harmonicorum
Harmonicorum libri tres,ed.
libri tres, ed. Wallis,
Wallis, Oxonii,
Oxonii, 1682.
1682. Cfr.
Cfr.
anche
ancheililvolume
volumemiscellaneo
miscellaneoAristoxeni
Aristoxenimusici
musiciantiquissimi,
antiquissimi,Harmonicorum
Harmonicorumelementorum
elementorumlibri
libritres;
tres;Cl
Cl
Ptolemaei
PtolemaeiHarmonicorum,
Harmonicorum,seu seuDe Demusica
musicalibri
libritres;
tres;Aristotelis
AristotelisDe
Deobiecto
obiectoauditus,
auditus,sive
siveaudibilibus;
audibilibus;
Porphyrij
Porphyrijde dedecem
decempraedicamentis
praedicamentisliber,liber,seu
seupotius
potiuspars
parslibri
libride Praedicabilibus; Omnia
dePraedicabilibus; Omnianunc
nuncpri-
pri-
mum
mumLatine
Latineconscripta
conscripta&&edita
editaab. ab.Ant.
Ant.Gogauino
GogauinoGrauiensi,
Grauiensi,Venetijs,
Venetijs,apud
apudVincentium
VincentiumValgrisium,
Valgrisium,
1562.
1562.IlIltrattato
trattatodidiTolemeo
Tolemeosisitrova
trovaalleallepp.
pp.46-150.
46-150.
Capitolo IV - Le consonanze 97

denominazione a metà fra consonanti e dissonanti, cioè concinni. Stabilì poi che i
rimanenti rapporti sopraparzienti tranne 3 : 8, producono vigorosamente le disso-
nanze. Tuttavia, non reputo necessario confutare questo procedimento di misura-
zione della dolcezza delle consonanze come del tutto precario e basato su nessun
principio certo; poiché la verità dei nostri princìpi è già abbondantemente sotto gli
occhi e derivata dalla stessa natura della cosa. Mi resterebbe da esporre il pensiero
su questo argomento di un’altra scuola di musicisti dell’antichità il cui capo fu Ari-
stosseno; questi in verità rifiutarono completamente i rapporti fra i numeri, in mo-
do tale da lasciare il giudizio sulle consonanze e sulle dissonanze ai soli sensi, nel
quale [giudizio] non si discostarono molto dai pitagorici.

§ 20. L’enumerazione delle consonanze formate da tre o più suoni secondo i gra-
di di piacere si compie in maniera simile a quelle formate da due suoni, cosicché
diventa superfluo parlarne in maniera troppo diffusa. Conviene soltanto osservare
che la consonanza trisona più semplice afferisce al terzo grado di piacere, ed è
formata dai suoni 1 : 2 : 4, il cui esponente è 4. Da ciò si capisce a seconda di
quanti suoni la consonanza è composta, essa appartiene pure a un grado di piacere
tanto più alto, anche se nel suo genere è semplicissima.

§ 21. Non proseguirò oltre questa divisione delle consonanze, in quanto ne pro-
porrò un’altra molto più appropriata e utile che risulta nelle consonanze complete
ed incomplete. Ora, chiamo consonanza completa quella a cui non è possibile ag-
giungere nessun altro suono senza che nello stesso tempo questa consonanza sia
riferita ad un grado superiore, ossia senza che il suo esponente diventi più compo-
sto: una consonanza di questo tipo è formata dai suoni 1 : 2 : 3 : 6, il cui esponente
è 6. Aggiunto infatti un nuovo suono qualunque, l’esponente diverrà maggiore. Al
contrario, la consonanza incompleta è per me quella in cui è lecito aggiungere uno
o più suoni indipendentemente dalla moltiplicazione dell’esponente: ad esempio,
l’esponente di questa consonanza 1 : 2 : 3 non diviene maggiore se si aggiunge il
suono 6, perciò la chiamo incompleta.

§ 22. Da quanto affermato in precedenza si capisce che un qualunque numero


che indica un suono semplice è il divisore dell’esponente della consonanza. Perciò,
se si assumeranno tutti i divisori dell’esponente e da questi saranno espressi altret-
tanti suoni semplici, si otterrà la consonanza completa di quell’esponente; infatti,
oltre questi numeri non ve ne sarà un altro che divida questo esponente. Così la
consonanza formata dai suoni 1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 12 sarà completa, perché questi soli
numeri sono divisori dell’esponente di questa consonanza, che è 12, e nessun altro
tranne questi divide il numero 12.

§ 23. Pertanto, tutte le volte che l’esponente della consonanza è un numero pri-
mo, la consonanza completa sarà bisona, come 1 : a, se a indica un numero primo.
Se l’esponente sarà am, la consonanza completa sarà formata dai suoni m + 1, ossia
98 Leonhard Euler

1 : a : a2 : a3 ---- am. Qualora l’esponente abbia questa forma ab, composto da due
numeri primi, vi sarà una consonanza quadrisona, 1 : a : b : ab, e dato l’esponente
am bn, la consonanza completa avrà i suoni mn + m + n + 1. E più in generale, se
l’esponente sarà am bn cp, la consonanza completa conterrà (m + 1) (n + 1) (p + 1)
suoni e, secondo la regola data nel paragrafo 6, afferirà al grado ma + nb + pc – m
– n – p + 1: infatti la somma di tutti i fattori semplici dell’esponente è ma + nb + pc
e il numero dei fattori è m + n + p.

§ 24. Dal modo esposto di formare le consonanze complete è evidente che, se si


omettono uno o più suoni da queste, la consonanza allora diventa incompleta. E in
ciò va notato che è opportuno non ammettere i suoni di questo tipo, affinché
l’esponente dei rimanenti non diventi più semplice: ad esempio, se da questa con-
sonanza 1 : 2 : 4, il cui esponente è 4, non si ammettesse il suono 1 o il 4, ne usci-
rebbe la consonanza 1 : 2 o 2 : 4 in accordo con quella, il cui esponente non sarà
più grande di 4, ma soltanto 2. Sarà lecito in verità non ammettere il suono di mez-
zo 2, infatti l’esponente della consonanza 1 : 4 è ancora 4, come quello della con-
sonanza completa 1 : 2 : 4.

§ 25. Se l’esponente è un numero primo, è chiaro che la consonanza non può es-
sere incompleta, perché è formata soltanto da due suoni. E le consonanze rimanenti
possono diventare tutte incomplete e inoltre bisone, omettendo tutti i suoni tranne
il più grave e il più acuto: poiché infatti questo è espresso dallo stesso esponente,
quello dall’unità, l’esponente di questa consonanza bisona non sarà più semplice di
quella completa; ad esempio, dalla consonanza 1 : 2 : 3 : 6, eliminati i suoni 2 e 3,
l’esponente della consonanza 1 : 6 è 6, allo stesso modo dell’altra. Poi, nelle con-
sonanze il cui esponente è di questa forma am, non possono essere rifiutati né il
suono più grave 1, né il più acuto am; invero, in tutte le consonanze rimanenti può
essere omesso tanto il più basso, quanto il più acuto, anzi entrambi.

§ 26. Se una consonanza è disposta in modo tale che in essa non possa essere
omesso nessun suono senza che la stessa consonanza diventi contemporaneamente
più semplice e pervenga al grado inferiore al precedente, in questa sede chiamere-
mo questa consonanza pura. Di questo tipo sono tutte le consonanze bisone, per-
ché, omesso il secondo suono, cessano di essere consonanze. In maniera simile,
sono pure le consonanze 3 : 4 : 5; 4 : 5 : 6 e certamente 1 : 6 : 9; 2 : 3 : 12, nelle
quali nessun suono può essere omesso, senza che nello stesso tempo diventino più
semplici. Perciò l’uso di queste consonanze consiste nel fatto che sia diminuito, per
quanto possibile, il numero dei suoni, e tuttavia in modo tale che l’esponente non
diventi minore.

§ 27. In un duplice modo, invece, una qualunque consonanza può diventare più
semplice, non ammettendo uno o più suoni; il primo si ha quando il minimo comu-
ne multiplo di tutti i rimanenti suoni, ovvero dei numeri che li rappresentano, risul-
Capitolo IV - Le consonanze 99

ta minore: ad esempio, nella consonanza 2 : 3 : 5 : 6, omesso il suono 5, il minimo


comune multiplo fra i rimanenti 2 : 3 : 6, che prima era 30, è 6. In un secondo mo-
do la consonanza diverrà più semplice, quando i rimanenti suoni hanno un divisore
comune; allora infatti devono essere divisi per questo, prima che si definisca il mi-
nimo comune multiplo, ossia l’esponente, come in questa consonanza 2 : 3 : 4 : 6,
omesso il suono 3, i rimanenti divisi per 2 costituiscono la consonanza 1 : 2 : 3, il
cui esponente che prima era 12, è 6.

§ 28. In entrambi i modi ancora congiuntamente una consonanza può diventare


più semplice non ammettendo uno o più suoni, quando cioè i numeri dei suoni ri-
manenti hanno un minimo comune multiplo più semplice, e inoltre un divisore co-
mune superiore: come accade in questa consonanza 3 : 6 : 8 : 9 : 12, il cui
esponente è 72, se si omette il suono 8; infatti il minimo comune multiplo dei ri-
manenti 3 : 6 : 9 : 12 è 36; e poiché questi singoli numeri possono essere divisi per
3, si deve ritenere che la consonanza risultante sia formata dai suoni 1 : 2 : 3 : 4, il
cui esponente dunque sarà 12. E così tanto più semplice risulta la consonanza pro-
posta eliminato l’unico suono 8.

§ 29. Perché si intenda più distintamente come una qualunque consonanza pro-
posta possa diventare più semplice, considereremo una consonanza completa il cui
esponente è amP, dove P è la quantità che comprende tutti i numeri primi tranne a.
In questa dunque, se si omettono tutti i suoni per am e i suoi multipli, rimarrà la
consonanza più semplice di esponente am–1P, la cui riduzione è stata fatta secondo
il primo modo. Invece, nel secondo modo la consonanza diverrà più semplice, se si
omettono tutti i suoni che sono espressi dai numeri che non contengono in sé a: al-
lora infatti tutti i suoni rimanenti potranno essere divisi per a e il loro esponente
sarà am–1P. Da ciò si capisce come con entrambi i metodi congiuntamente una con-
sonanza risulti più semplice.

§ 30. La differenza che l’udito percepisce fra consonanze complete ed incomple-


te, per poter essere intuita facilmente, consiste nel fatto che comprenda molto più
distintamente le consonanze complete e meno distintamente quelle incomplete. E
infatti, se tutti i suoni impressionano contemporaneamente l’organo uditivo, è ne-
cessario che le relazioni dei singoli suoni tra sé si offrano al senso più chiaramente
di quanto non sarebbe se si dovesse cogliere l’esponente da pochissimi suoni. Così
dalla consonanza 1 : 2 : 3 : 6 si riconosce molto più distintamente il suo esponente,
che è 6, di quanto avvenga soltanto dai suoni 1 : 6. A questo scopo si richiede che
tutti i suoni corrispondano esattissimamente ai numeri dai quali sono espressi.

§ 31. È sembrato poi utile aggiungere la tabella seguente di tutte le consonanze


complete che sono contenute nei primi dodici gradi, nella quale i numeri romani
indicano il grado, mentre quelli arabi indicano le stesse consonanze, ciascuna cor-
relata al suo grado.
100 Leonhard Euler

I 1
II 1:2
III 1:3
1:2:4
IV 1:2:3:6
1:2:4:8
V 1:5
1:3:9
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 12
1 : 2 : 4 : 8 : 16
VI 1 : 2 : 5 : 10
1 : 2 : 3 : 6 : 9 : 18
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 24
1 : 2 : 4 : 8 : 16 : 32
VII 1:7
1 : 3 : 5 : 15
1 : 2 : 4 : 5 : 10 : 20
1 : 3 : 9 : 27
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 9 : 12 : 18 : 36
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 48
1 : 2 : 4 : 8 : 16 : 32 : 64
VIII 1 : 2 : 7 : 14
1 : 2 : 3 : 5 : 6 : 10 : 15 : 30
1 : 2 : 4 : 5 : 8 : 10 : 20 : 40
1 : 2 : 3 : 6 : 9 : 18 : 27 : 54
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 9 : 12 : 18 : 24 : 36 : 7215
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 32 : 48 : 96
1 : 2 : 4 : 8 : 16 : 32 : 64 : 128
IX 1 : 3 : 7 : 21
1 : 5 : 25
1 : 2 : 4 : 6 : 14 : 28
1 : 3 : 5 : 9 : 15 : 45
1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 : 10 : 12 :15 : 20 : 30 : 60
1 : 2 : 4 : 5 : 8 : 10 : 16 : 20 : 40 : 80
1 : 3 : 9 : 27 : 81
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 9 : 12 : 18 : 27 : 36 : 54 : 108
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 16 : 18 : 24 : 36 : 48 : 72 : 144
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 32 : 48 : 64 : 96 : 192
1 : 2 : 4 : 8 : 16 : 32 : 64 : 128 : 256
X 1 : 2 : 3 : 6 :7 : 14 : 21 : 42
1 : 2 : 4 : 7 : 8 : 14 : 28 : 56

15
In questa riga Rudolf Bernoulli aggiunge il numero 8 fra il 6 e il 9. Cfr. L. EULER, op. cit.,
p. 256.
Capitolo IV - Le consonanze 101

1 : 2 : 5 : 10 : 25 : 5016
1 : 2 : 3 : 5 : 6 : 9 : 10 : 15 : 18 : 30 : 45 : 90
1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 : 8 : 10 : 12 : 15 : 20 : 24 : 30 : 40 : 60 : 120
1 : 2 : 4 : 5 : 8 : 10 : 16 : 20 : 32 : 40 : 80 : 160
1 : 2 : 3 : 6 : 9 : 18 : 27 : 54 : 81 : 162
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 18 : 24 : 27 : 36 : 54 : 72 : 108 : 216
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 18 : 24 : 32 : 36 : 48 : 72 : 96 : 144 : 28817
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 32 : 48 : 64 : 96 : 128 : 192 : 384
1 : 2 : 4 : 8 :12 : 32 : 64 : 128 : 256 : 512
XI 1 : 11
1 : 5 : 7 : 35
1 : 3 : 7 : 9 : 21 : 63
1 : 3 : 5 : 15 : 25 : 75
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 7 : 12 : 14 : 21 : 28 : 42 : 84
1 : 2 : 4 : 5 : 10 : 20 : 25 : 50 : 100
1 : 2 : 4 : 7 : 8 : 14 : 16 : 28 : 56 : 112
1 : 3 : 5 : 9 : 15 : 27 : 45 : 135
1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 : 9 : 10 : 12 : 15 : 18 : 20 : 30 : 36 : 45 : 60 : 90 : 18018
1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 : 8 : 10 : 12 : 15 : 16 : 20 : 24 : 30 : 40 : 48 : 60 : 80 : 120 : 240
1 : 3 : 9 : 27 : 81 : 243
1 : 2 : 4 : 5 : 8 : 10 : 16 : 20 : 32 : 40 : 64 : 80 : 160 : 320
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 9 : 12 : 18 : 27 : 36 : 54 : 81 : 108 : 162 : 324
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 16 : 18 : 24 : 27 : 36 : 48 : 54 : 72 : 108 : 144 : 216 : 432
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 16 : 18 : 24 : 32 : 36 : 48 : 64 : 72 : 96 : 144 : 192 : 288 : 576
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 32 : 48 : 64 : 96 : 128 : 192 : 256 : 384 : 768
1 : 2 : 4 : 8 : 16 : 32 : 64 : 128 : 256 : 512 : 1024
XII 1 : 2 : 11 : 22
1 : 2 : 5 : 7 : 10 : 14 : 35 : 70
1 : 3 : 6 : 7 : 9 : 14 : 18 : 21 : 42 : 63 : 126
1 : 2 : 3 : 5 : 6 : 10 : 15 : 25 : 30 : 50 : 75 : 150
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 7 : 8 : 12 : 14 : 21 : 24 : 28 : 42 : 56 : 84 : 168
1 : 2 : 4 : 5 : 8 : 10 : 20 : 25 : 40 : 50 : 100 : 200
1 : 2 : 4 : 7 : 8 : 14 : 16 : 28 : 32 : 56 : 112 : 224
1 : 2 : 3 : 5 : 6 : 9 : 10 : 15 : 18 : 27 : 30 : 45 : 54 : 90 : 135 : 270
1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 : 8 : 10 : 12 : 15 : 18 : 20 : 24 : 30 : 36 : 40 : 45 : 60 : 72 : 80 : 120 :
180 : 36019
1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 : 8 : 10 : 12 : 15 : 16 : 20 : 24 : 30 : 32 : 40 : 48 : 60 : 80 : 96 : 120 :
240 : 48020
1 : 2 : 3 : 6 : 9 : 18 : 27 : 54 : 81 : 162 : 243 : 486
1 : 2 : 4 : 5 : 8 : 10 : 16 : 20 : 32 : 40 : 64 : 80 : 128 : 160 : 320 : 640

16
Rudolf Bernoulli corregge l’ultimo numero di questa riga e di quella precedente invertendoli: il 50
sarà l’ultimo numero della seconda riga, il 56 della terza. Cfr. Ivi, p. 257.
17
In questa riga Rudolf Bernoulli aggiunge il numero 9 fra l’8 e il 12. Cfr. Ibidem.
18
In questa riga Rudolf Bernoulli corregge il numero 6 fra il 2 e il 4 in 3. Cfr. Ibidem.
19
In questa riga Rudolf Bernoulli aggiunge il numero 9 fra l’8 e il 10 e corregge il numero 80 in 90.
Cfr. Ivi, p. 258.
20
In questa riga Rudolf Bernoulli aggiunge il numero 160 fra il 120 e il 240. Cfr. Ibidem.
102 Leonhard Euler

1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 18 : 24 : 27 : 36 : 54 : 72 : 81 : 108 : 162 : 216 : 324 : 648


1 : 2 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 16 : 18 : 24 : 27 : 32 : 36 : 48 : 54 : 72 : 96 : 108 : 144 : 288 :
432 : 86421
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 9 : 12 : 16 : 18 : 24 : 32 : 36 : 48 : 64 : 72 : 96 : 128 : 144 : 192 :
288 : 384 : 566 : 115222
1 : 2 : 3 : 4 : 6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 32 : 48 : 96 : 128 : 192 : 256 : 284 : 512 : 768 : 153623
1 : 2 : 4 : 8 : 16 : 32 : 64 : 128 : 256 : 512 : 1024 : 2048

§ 32. Anche se in verità una consonanza completa si offre all’orecchio molto più
distintamente di una incompleta, tuttavia, se non sono molto semplici, le consonan-
ze complete non si usano. Per prima cosa infatti, se gli strumenti musicali non sono
accordati in modo assai accurato, cosa che non può assolutamente farsi, un numero
tanto grande di suoni stordisce le orecchie con un clamore confuso piuttosto che
con una distinta armonia. Inoltre, più suoni, o a causa di una troppo profonda gra-
vità, o di una troppo elevata acutezza, non possono neppure essere percepiti; infatti
nel primo capitolo si è già mostrato che nessun suono che emetta in un minuto se-
condo vibrazioni più piccole di 30 o più grandi di 7500, può essere percepito dalle
orecchie. Perciò è evidente che tutte le volte che i suoni estremi di una consonanza
hanno un rapporto maggiore di 250 : 1, neppure tutti i suoi suoni si possono udire.

§ 33. Alla teoria delle consonanze conviene che si riferiscano quelle cose che i
musicisti sono soliti insegnare sugli intervalli dei suoni. È dunque chiamato inter-
vallo la distanza che si pensa esistere fra due suoni l’uno più grave e l’altro più a-
cuto. Dunque, l’intervallo è tanto più grande, quanto più i suoni in rapporto al
grave e all’acuto si differenziano fra loro, ossia quanto maggiore è il rapporto che
il più acuto ha rispetto al più grave. Così è più grande l’intervallo fra i suoni 1 : 3,
rispetto ai suoni 1 : 2; ed è nullo l’intervallo fra i suoni uguali 1 : 1, perché si giun-
ge dall’uno all’altro senza alcun salto. Da ciò si capisce che l’intervallo si deve de-
finire in maniera tale da essere la misura della differenza fra il suono più acuto e
quello più grave.

§ 34. Siano dati tre suoni a : b : c, dei quali c sia acutissimo, a gravissimo, e b
invece un qualsiasi suono intermedio; risulterà chiaro dalla precedente definizione
che l’intervallo fra i suoni a e c è l’unione degli intervalli fra a e b e fra b e c. Per-
ciò, se questi due intervalli fra a e b e fra b e c saranno uguali, cosa che accade
quando si ha a : b = b : c; l’intervallo a : c sarà due volte più grande dell’intervallo
a : b, o b : c. Da ciò si nota che l’intervallo 1 : 4 è due volte più grande
dell’intervallo 1 : 2, e perciò, convenendo che questo rapporto 1 : 2 costituisce
l’intervallo d’ottava, il rapporto 1 : 4 conterrà due ottave.

21
In questa riga Rudolf Bernoulli aggiunge il numero 216 fra il 144 e il 288. Cfr. Ibidem.
22
In questa riga Rudolf Bernoulli corregge il numero 566 in 576. Cfr. Ibidem.
23
In questa riga Rudolf Bernoulli aggiunge il numero 64 fra il 48 e il 96 e corregge il numero 284 in
384. Cfr. Ibidem.
Capitolo IV - Le consonanze 103

§ 35. Chi considererà attentamente queste cose, capirà facilmente che gli inter-
valli devono essere espressi dalle misure dei rapporti che i suoni determinano. I
rapporti invece si misurano con i logaritmi delle frazioni, i numeratori delle quali
indicheranno i suoni più acuti, invece i denominatori quelli più gravi. Di conse-
guenza l’intervallo fra i suoni a : b si esprimerà attraverso il logaritmo della frazio-
b
ne , che si è soliti indicare attraverso l b oppure, che è la stessa cosa, attraverso
a a
lb – la. Dunque, l’intervallo fra i suoni uguali a : a sarà nullo, come abbiamo già
notato, dal momento che si esprime attraverso la – la = 0.

§ 36. E perciò l’intervallo che si chiama ottava, in greco διαπασν,


˜ perché è con-
tenuto da suoni che hanno un rapporto doppio, sarà espresso dal logaritmo di due; e
l’intervallo fra i suoni 2 : 3, che si chiama quinta o diapente, sarà l 3 , o l3 – l2. Da
2
ciò si capisce che questi intervalli sono del tutto incommensurabili fra di loro; in-
fatti in nessun modo il rapporto che ha l2 può essere attribuito a l 3 , e perciò non
2
si dà nessun intervallo, per quanto piccolo, che sia allo stesso tempo una parte ali-
quota dell’ottava e della quinta. È simile il rapporto di tutti gli altri intervalli che
3
sono espressi da logaritmi dispari, come l e l 5 . Al contrario, quegli intervalli
2 4
che invece sono espressi da logaritmi di numeri, che sono potenze della stessa radi-
ce, potranno essere comparati fra loro; così l’intervallo dei suoni 27 : 8 starà
27 3 9 3
all’intervallo dei suoni 9 : 4, come 3 a 2; è infatti l = 3l e l = 2l .
8 2 4 2

§ 37. Da ciò è evidente quali intervalli nascano dall’addizione o sottrazione di


più numeri fra loro, ottenendoli con le stesse operazioni nei logaritmi che sono le
misure degli intervalli; fatto ciò infatti, il logaritmo che risulta indica l’intervallo
da cui proviene. Così, se si cerca l’intervallo rimanente dalla sottrazione di una
quinta dall’ottava, sarà necessario sottrarre il logaritmo 3 , ossia l3 – l2 dal loga-
2
ritmo 2, e il resto sarà l2 – l3 + l2, cioè 2l2 – l3. Ma 2l2 = l4; l’intervallo restante
4
sarà perciò l4 – l3, ossia l , che si chiama diatessaron o quarta, e unito alla quinta
3
compone un’ottava intera.

§ 38. Di contro i logaritmi di diversi numeri non possono essere confrontati fra
loro, a meno che i numeri non siano potenze della stessa radice, tuttavia, mediante
la tabella dei logaritmi, si può definire il loro rapporto più vicino al vero rapporto,
e così, per quanto è possibile, si possono paragonare esattamente fra loro i diversi
104 Leonhard Euler

intervalli. Poiché dunque la misura dell’ottava è l2, che estratto dalle tabelle è =
0,3010300, e la misura della quinta è l3 – l2, differenza che è = 0,1760913,
l’intervallo dell’ottava sarà tanto vicino all’intervallo di quinta, quanto 3010300 a
1760913. Per ridurre questo rapporto a numeri minori, si muta in questo 1 + 1 : 1 +
1
1:2+1:2+ rispetto a 1, da cui derivano questi semplici rapporti, 2 : 1, 3 : 2,
3
5 : 3, 7 : 4, 12 : 7, e 17 : 10, 29 : 17, 41 : 24, 53 : 31, l’ultimo dei quali è il più vici-
no al vero.

§ 39. In modo simile, anche gli intervalli possono essere divisi in tante parti u-
guali quante si vuole, e possono essere assegnati i suoni più vicini a quelli veri, che
distano reciprocamente di un intervallo parziale di questo tipo. Infatti, il logaritmo
dell’intervallo proposto va diviso in altrettante parti, e va preso il numero di una
sola parte corrispondente nelle tabelle, che avrà rispetto all’unità il rapporto cerca-
to. Si cerchi, per esempio, l’intervallo tre volte più piccolo dell’ottava; il suo loga-
ritmo = 0, 1003433 sarà senza dubbio la terza parte dello stesso l2, a cui
corrisponde il rapporto 126 : 100, ovvero 63 : 50, che è meno accurata, o 29 : 23, o
5 : 4, e con quest’ultima si indica la terza maggiore, che è considerata anche dai più
inesperti come terza parte di un’ottava.
CAPITOLO QUINTO
La successione delle consonanze

§ 1. Nel corso del capitolo precedente abbiamo mostrato come è opportuno che
più suoni siano disposti in modo che, suonando insieme, una gradita armonia colpi-
sca l’udito. In questo capitolo, dunque, l’ordine richiede di indagare di quale specie
debbano essere due suoni o due consonanze che seguendosi vicendevolmente e
suonando successivamente siano piacevoli all’udito. Infatti, per il piacere della
successione non basta che ciascuna consonanza separatamente sia piacevole; ma
devono avere inoltre un certo rapporto, tale che anche la stessa successione acca-
rezzi le orecchie e piaccia all’udito.

§ 2. Per le regole generali esposte nel secondo capitolo, dalle quali risulta tutto il
piacere, è evidente che la successione di due consonanze piace se si percepisce
l’ordine che possiedono entrambe le parti semplici, ovvero i singoli suoni fra loro.
Dunque, per conoscere con quanta facilità si comprenda la successione di due con-
sonanze con la mente, è opportuno che i singoli suoni di ciascuna consonanza siano
espressi dai numeri appropriati, e che si cerchi il minimo comune multiplo di questi
numeri. Il quale, ricercato nella tabella dei gradi di piacere, mostrerà quanta per-
spicacia si richieda per percepire la successione proposta.

§ 3. Nella successione dovranno essere considerate ambedue le consonanze come


se suonassero assieme, e l’esponente di questa consonanza composta mostrerà
quanto dolce e facile a percepirsi sia la stessa successione delle consonanze. Infatti,
l’esponente di questa consonanza composta è il minimo comune multiplo di tutti i
suoni che sono contenuti in entrambe le consonanze. Da questo minimo comune
multiplo bisogna poi valutare il piacere della successione delle consonanze. Per ciò
questo numero sarà per noi l’esponente della successione, in modo tale che
l’esponente della successione di due consonanze sia il minimo comune multiplo di
tutti i suoni contenuti in entrambe le consonanze.

§ 4. Da questo principio si capisce che i suoni che piacciono suonati simultanea-


mente, devono piacere anche emessi in successione. Ma in questo stesso grado di
piacere, in cui si percepiscono due consonanze che suonano insieme o in succes-
sione, interessa qualcos’altro. Infatti, due consonanze che inseguendosi l’un l’altra
sono molto gradite all’ascolto, risulteranno all’udito assai più dure se emesse con-
temporaneamente. Così due suoni che hanno il rapporto di 8 : 9, percossi insieme,
sono recepiti meno piacevolmente, mentre gli stessi, suonando in successione, si
ascoltano con molto maggior piacere.

§ 5. Come infatti una semplicissima consonanza trisona è più composta di una


semplicissima consonanza bisona; così di quanti più suoni consta una consonanza,
106 Leonhard Euler

tanto più sarà complessa, anche qualora sia semplicissima nel suo genere. E questo
tuttavia nonostante si percepisca non solo lo stesso, ma anzi un maggior piacere
dalle consonanze formate da più suoni rispetto a quelle formate da un suono sem-
plice, o soltanto da due suoni consonanti. Infatti, possono esservi più cose in più
suoni che contengano l’ordine e che percepite accrescano il piacere. Tuttavia, per
questo non è lecito moltiplicare di tanto i suoni delle consonanze, perché tante va-
rie e molteplici percezioni, giungendo insieme all’udito, non confondano piuttosto
il senso anziché dilettarlo.

§ 6. Ma nelle successioni di due consonanze la natura stessa richiede che gli e-


sponenti siano più composti di quelli delle singole consonanze. E perciò non nuoce
al piacere collocare delle consonanze che si susseguono, le quali suonando insieme
piacerebbero di meno. E infatti nelle consonanze di più suoni l’esponente mag-
giormente composto non diminuisce il piacere, il che al contrario accadrebbe se la
consonanza fosse composta da pochissimi suoni: perciò è lecito che gli esponenti
delle successioni siano più composti di quelli delle consonanze, senza alcuna dimi-
nuzione di piacere.

§ 7. E tuttavia non si può negare che quanto più semplice è l’esponente della
successione di due consonanze, tanto più facilmente si percepisce anche la succes-
sione stessa e l’ordine che vi è in essa. Infatti, le regole che abbiamo esposto sopra
sulla facilità della percezione si estendono assai largamente, né sono soggette ad
alcuna restrizione. Ma se volessimo impiegare successioni troppo semplici, si eli-
minerebbe del tutto la varietà, della quale la musica gode al massimo grado. Infatti,
le consonanze dovrebbero essere molto più semplici e quasi tutte simili fra loro. Da
ciò si capisce che è lecito impiegare esponenti di successioni anche più composti, e
quelli che, se designassero le consonanze semplici, turberebbero tutta l’armonia.

§ 8. Perché si percepiscano due consonanze che suonano in successione con pia-


cere, è opportuno che, per prima cosa, ciascuna consonanza piaccia di per sé, e poi
anche che la stessa successione sia gradita all’udito. Quel gradimento è espresso
dagli esponenti delle consonanze, come si è dimostrato nel capitolo precedente. E
lo si può invero intuire dall’esponente della successione. Si deve formare così un
giudizio tale da attribuire più gradi di piacere alla successione che alle stesse con-
sonanze, perché il suo esponente può essere più composto del loro.

§ 9. Per definire l’esponente della successione di due consonanze non basta con-
siderare ciascuna consonanza in sé, ma è necessario considerare anche il rapporto
fra i suoni che sono espressi in queste consonanze attraverso gli stessi numeri. In-
fatti, la stessa consonanza può essere presentata in infiniti modi, in quanto i suoni
che la costituiscono sono percepiti come più acuti o più gravi, purché mantengano
fra loro il rapporto prescritto. Ma nella successione di due consonanze, oltre alle
consonanze stesse, va prestata attenzione all’altezza da cui ciascuna è espressa. E
Capitolo V - La successione delle consonanze 107

questo si troverà assai comodamente confrontando le basi che corrispondono a cia-


scuna consonanza; infatti se queste si riferiscono a diversi suoni, l’esponente della
successione non sarà il minimo comune multiplo degli esponenti delle consonanze,
ma va anche calcolato il rapporto delle basi.

§ 10. Se dunque si prende un suono come base, non solo i suoni 1 e 2 costitui-
ranno diapason, ma anche 2 e 4, o 3 e 6, o in generale a e 2a presenteranno la stes-
sa consonanza, il cui esponente è 2. Si conosce la natura di questa consonanza, se
la si guarda in sé direttamente dall’esponente 2 e si trascura il fattore a: in verità, se
la si congiunge ad altre consonanze, si deve considerare il rapporto di questo nu-
mero a. Segua infatti questa la consonanza dei suoni 2b e 3b, che è diapente e ha
esponente 6, e l’esponente della successione non può essere dedotto dai soli espo-
nenti 2 e 6, ma sarà inoltre opportuno conoscere il rapporto fra i numeri a e b, es-
sendo l’esponente della successione il minimo comune multiplo dei numeri a, 2a,
2b, e 3b.

§ 11. Come infatti l’esponente di un qualunque suono semplice è 1, mentre nel


confronto di più suoni di questo tipo devono essere considerati i numeri che espri-
mono la loro relazione, così anche nel confronto di più consonanze, oltre ai loro
esponenti, bisogna esaminare anche la loro relazione. Per questa ragione si esprima
con l’unità la base della consonanza in sé considerata; nel confronto di più conso-
nanze si deve attribuire alla base di ciascuna quel numero che corrisponde al suono
di quello in rapporto a tutti i suoni. Da ciò si capisce che, nel confronto di più con-
sonanze, ciascuna deve essere espressa da un duplice numero, per prima cosa natu-
ralmente dal suo esponente, e poi dall’indice in cui si esprime la base rispetto alle
basi restanti.

§ 12. Aggiungeremo sempre l’indice di consonanza all’esponente, ma rinchiuso


fra parentesi, per distinguerlo dall’esponente: così 6 (2), dove 6 è l’esponente della
consonanza, che dunque è formato dai suoni che hanno questo rapporto 1 : 2 : 3 : 6;
invece l’indice 2 va riferito ad un’altra consonanza, per esempio ad una che segue,
e mostra che la base di questa consonanza, che considerata in sé è 1, in questo rap-
porto deve essere 2. Perciò, i suoni di questa consonanza, considerata in rapporto
alla successiva, devono essere espressi dai numeri 2, 4, 6, 12.

§ 13. Come una stessa consonanza può essere espressa da infiniti numeri, purché
questi mantengano fra loro lo stesso rapporto, e l’esponente delle consonanze 2 :
3; 4 : 6; 6 : 9 etc. sia il medesimo anche se gli stessi suoni sono diversi: così
l’indice della consonanza determina da quali, fra questi infiniti numeri, la conso-
nanza in questione debba essere iniziata; e questo è richiesto per istituire un con-
fronto fra più consonanze. È chiaro invece che i singoli numeri che risultano
dall’esponente vanno moltiplicati per l’indice; in questo modo infatti la base della
108 Leonhard Euler

consonanza diventa uguale all’indice e tutti i suoni mantengono fra loro lo stesso
rapporto.

§ 14. Da ciò appare anche evidente in che modo sia l’esponente sia l’indice pos-
sano essere ricavati dai suoni espressi attraverso dati numeri. Infatti, l’esponente si
trova quando tutti i numeri si dividono per il massimo comun divisore e si cerca il
minimo comune multiplo dei quozienti. L’indice sarà invece quello stesso massimo
comun divisore per il quale i numeri proposti possono essere divisi. Così l’indice
della consonanza 3 : 6 : 9 : 15, sarà 3 e l’esponente 30, ossia il minimo multiplo fra
i numeri 1 : 2 : 3 : 5. Pertanto esprimeremo questa consonanza nel seguente modo:
30 (3).

§ 15. Sia A l’esponente di una qualunque consonanza, sia a l’indice e siano 1, α,


β, γ, δ, etc. i divisori di A: i suoni di questa consonanza avranno questo rapporto: 1
: α : β : γ : δ : etc. il cui minimo comune multiplo è A. Ma, aggiunto l’indice a, i
suoni della consonanza A (a) dovranno essere espressi dai seguenti numeri, a : αa :
βa : γa : δa : etc., il cui minimo comune multiplo sarà A a, per il massimo comun
divisore a. Nel valutare il piacere di questa consonanza in verità si trascura il nu-
mero a, e la si valuta dal solo esponente A.

§ 16. Segua invece alla consonanza A (a) la consonanza B (b), del cui esponente
B siano divisori 1 : η : θ : ι : κ : etc., e i numeri esprimenti i suoni siano: b : ηb : θb
: ιb : κb : etc. Poiché dunque il piacere della successione è ridotto al piacere della
consonanza composta da entrambe, l’esponente della successione sarà il minimo
comune multiplo dei numeri a : αa : βa : γa : δa : b : ηb : θb : ιb : κb. Questi infatti
sono i suoni che si valuterebbero se si ascoltassero insieme le due consonanze. Dal
momento che, invero, il minimo comune multiplo dei numeri a : αa : βa : γa : δa è
Aa, e quello dei rimanenti b : ηb : θb : ιb : κb è Bb, l’esponente della successione
sarà il minimo comune multiplo dei numeri Aa e Bb.

§ 17. Poiché inoltre il piacere della consonanza desunta dal minimo comune
multiplo dei numeri che esprimono i suoni è giudicato erroneamente, se quei nu-
meri non sono minimi, ma hanno un divisore comune, lo stesso principio si deve
mantenere anche nella successione di due consonanze. Perciò, se i numeri a : αa :
βa : γa : δa : b : ηb : θb : ιb : κb hanno un divisore comune, ciascuno di essi deve
essere diviso prima di tutto per quello, e il quoziente sostituito al suo posto. Ciò
invero non può accadere se gli indici a e b non sono numeri composti fra loro. Per-
ciò, tutte le volte che gli indici di due consonanze hanno un divisore comune è ne-
cessario che gli indici siano divisi per questo prima di cercare l’esponente della
successione.

§ 18. Siano dunque gli indici a e b delle consonanze A (a) e B (b) numeri primi
fra loro; l’esponente della successione di queste consonanze sarà il minimo comu-
Capitolo V - La successione delle consonanze 109

ne multiplo dei numeri Aa e Bb. Per trovare questo numero è necessario cercare
prima il massimo comun divisore, che è D. Conosciuto questo, si divida l’uno o
l’altro dei due numeri per D, e si moltiplichi il quoziente per l’altro numero. Il mi-
nimo comune multiplo dei numeri Aa e Bb sarà ABab : D, [che è] allo stesso tem-
po l’esponente della successione delle consonanze proposte, dal quale si conoscerà
il [grado di] piacere della successione.

§ 19. Poiché a e b sono supposti numeri primi fra loro, gli stessi numeri Aa e Bb
avranno un divisore comune, se o A e B, o A e b, o B e a saranno numeri composti.
E quanti più divisori di questo tipo si troveranno, tanto maggiore sarà il massimo
comun divisore dei numeri Aa e Bb. Ma quanto più sarà composto questo massimo
comun divisore, tanto minore sarà il minimo comune multiplo, e perciò tanto più
piacevole la successione delle consonanze. Infatti, dal momento che l’esponente
della successione è ABab : D, quanto maggiore sarà il massimo comun divisore D,
tanto più semplice sarà il quoziente ABab : D, e si applicherà al più semplice grado
di piacere.

§ 20. Sia A il numero di pertinenza del grado di piacere p, B del grado q, a del
grado r, e b del grado s; il massimo comun divisore D sia di grado t. Posto ciò, il
numero ABab : D si riferirà al grado p + q + r + s – t – 2, come è lecito concludere
da quanto sopra esposto. Dati dunque i numeri A, B, a, b, e D, si riconoscerà il
grado di piacere al quale si applicherà la successione delle consonanze A (a) e B
(b), cioè il grado p + q + r + s – t – 2. E quanto più piccolo sarà questo numero,
tanto più piacevole dovrà essere la successione.

§ 21. Per esempio, la consonanza 60 (3), formata dai suoni 3 : 6 : 9 : 12 : 15, se-
gua la consonanza 120 (2), formata dai suoni 2 : 4 : 6 : 8 : 10 : 12 : 16, e di queste
la seconda è ascrivibile al decimo grado, la prima al nono. Dunque, la successione
dev’essere giudicata dal minimo comune multiplo dei numeri 240 e 180, il cui
massimo comun divisore è 60, appartenente al nono grado. Essendo dunque A =
120, a = 2, B = 60, b = 3, e D = 60; sarà p = 10, q = 9, r = 2, s = 3, e t = 9; e così p
+ q + r + s – t – 2 = 13. Perciò l’esponente della successione è il grado 13, e di tal
grado è il piacere della successione.

§ 22. Qualora siano dati gli esponenti di entrambe le consonanze, gli indici po-
tranno essere determinati in modo tale che la successione riesca piacevolissima. Sia
M il minimo comune multiplo degli esponenti A e B: è evidente che l’esponente
della successione ABab : D o è uguale allo stesso M, o è maggiore di questo; infat-
ti non può essere minore. Dunque, la successione sarà piacevolissima se ABab : D
sarà uguale allo stesso M, invece la successione avrà un minor grado di piacere se
ABab : D sarà uguale o a 2M, o a 3M, o a 4M etc. Perciò posto ABab = nDM, gli
indici a e b renderanno la successione tanto più piacevole, quanto minore sarà il
numero n.
110 Leonhard Euler

§ 23. Chiameremo la successione di prim’ordine se il minimo comune multiplo


dei numeri Aa e Bb sarà uguale allo stesso M, ossia al minimo comune multiplo
dei numeri A e B. Chiameremo invece successione di second’ordine quella il cui
esponente è 2M. Quindi la successione di terz’ordine sarà per noi quella il cui e-
sponente è o 3M, o 4M, perché i numeri 3 e 4 afferiscono al terzo grado di piacere.
E, in generale, la successione il cui esponente è nM, sarà dello stesso ordine, il cui
grado di piacere è il numero n. E qui invero bisogna prestare attenzione che gli or-
dini delle successioni non siano confusi con i gradi di piacere; infatti chiamiamo
successione di prim’ordine quella in cui non può darsi successione più semplice,
degli stessi rimanenti esponenti delle consonanze, anche se la stessa successione si
riferisce ad un ulteriore grado di piacere.

§ 24. È evidente dunque che la successione delle consonanze A e B sarà di


prim’ordine se a e b sono unità, infatti il minimo comune multiplo dei numeri A1 e
B1 è M. Tuttavia, talora può accadere che la successione delle consonanze A(a) e
B(b) sia di prim’ordine anche se a non è = b. Questo avviene se b in Bb ha un nu-
mero di dimensioni uguale o minore che in A24, e allo stesso tempo a in Aa ha un
numero di dimensioni uguale o minore che in B. Infatti, se ciò accadrà, M sarà pure
il minimo comune multiplo dei numeri Aa e Bb.

§ 25. Sia d il massimo comun divisore degli esponenti A e B, e A = dE e B = dF,


E e F saranno numeri primi fra loro. Inoltre, sia e divisore dello stesso E e f diviso-
re dello stesso F, la successione delle consonanze dE (f) e dF (e) sarà di
prim’ordine. Infatti, il minimo comune multiplo dei numeri dEf e dFe è dEF, che è
lo stesso dei numeri A e B ovvero dE e dF. Ponendo A = 15, B = 18, d è = 3, E = 5
e F = 6. Perciò e potrà essere o 1 o 5; e f o 1, o 2, o 3, o 6. Dunque, la successione
sarà di prim’ordine se A (a) è o 15 (1), 15 (2), 15 (3), 0 15 (6); cui segue la conso-
nanza B (b) o 18 (1), o 18 (5).

§ 26. Inoltre, da ciò risulta evidente quali indici sia necessario assumere affinché
l’esponente della successione risulti 2M, ossia 2dEF, nel qual caso la successione è
di second’ordine. Allo stesso modo, determinando gli indici si potrà ottenere che
l’esponente della successione diventi ndEF, ossia la stessa successione
dell’ordine dato, cosa che può avvenire in molti modi che sarebbe difficile e su-
perfluo enumerare. Se gli esponenti delle consonanze sono 15 e 18, la successio-
ne è di second’ordine, se la prima consonanza è o 15 (1), o 15 (3) e l’altra o 18
(2), o 18 (10), e ugualmente se la prima è o 15 (4), o 15 (12), essendo l’altra o 18
(1) o 18 (5).

24
Il linguaggio impiegato in questo contesto è molto diverso da quello odierno, pertanto l’espressione
«b in Bb ha un numero di dimensioni uguale o minore che in A» andrà interpretata nel seguente modo:
b compare nella fattorizzazione di Bb con un esponente minore di quello con cui compare in A. Lo
stesso, mutatis mutandis, dicasi per l’emifrase seguente.
Capitolo V - La successione delle consonanze 111

§ 27. Se gli esponenti delle consonanze sono uguali, ossia B = A, si otterrà


un’unica successione di prim’ordine se è a = b = 1, che dunque sarà A (1) e A (1).
Saranno invece di second’ordine le due successioni A (1) : A (2) e A (2) : A (1), il
cui esponente è 2 A. Di terzo ordine saranno le quattro successioni A (1) : A (3), A
(1) : A (8) e le loro inverse. Sei saranno le successioni di quart’ordine, cioè A (1) :
A (6), A (2) : A (3), A (1) : A (8) e le loro tre inverse. E una qualsiasi successione
di questo tipo sarà di quell’ordine il cui grado di piacere è stato indicato25.

§ 28. Se l’esponente di una consonanza è il doppio dell’esponente dell’altra, ossia B


= 2A, queste due successioni saranno di prim’ordine: A (1) : 2A (1); e 2A (1) : A (2),
il cui esponente infatti è 2A, che è lo stesso degli esponenti A e 2A. L’esponente delle
successioni di second’ordine è 4A, per cui vi saranno le seguenti successioni A (1) :
2A (a); e le loro inverse A (4) : 2A (1). Allo stesso modo si troveranno le successioni
di ciascun ordine, se si ha B = 3A, e in generale se B = nA; dalle quali si potranno tro-
vare facilmente le successioni più semplici, che si potranno usare.

§ 29. Se dunque gli esponenti delle consonanze saranno uguali fra loro, le suc-
cessioni di primo, secondo, terzo, fino al sest’ordine saranno le seguenti, indicando
i numeri romani gli ordini delle successioni, e A, A gli esponenti di entrambe le
consonanze.

I A (1) : A (1).
II A (2) : A (1).
III A (3) : A (1); A (4) : A (1).
IV A (6) : A (1); A (3) : A (2); A (4) : A (1).
V A (5) : A (1); A (9) : A (1), A (12) : A (1); A (4) : A (3); A (16) : A (1).
VI A (10) : A (1); A (5) : A (2); A (18) : A (1); A (9) : A (2); A (24) : A (1); A (8) : A (3);
A (32) : A (1).

In realtà, se gli esponenti delle consonanze saranno 2A e A, si otterranno queste


successioni del primo e dei successivi ordini:

I 2A (1) : A (1); 2A (1) : A (2).


II 2A (1) : A (4); 2A (2) : A (1).
III 2A (1) : A (6); 2A (1) : A (3); 2A (3) : A (1); 2A (3) : A (2); 2A (1) : A (8); 2A (4) : A
(1).
IV 2A (1) : A (12); 2A (2) : A (3); 2A (3) : A (4); 2A (1) : A (16); 2A (8): A (1).
V 2A (1) : A (10); 2A (1) : A (5); 2A (5) : A (1); 2A (5) : A (2); 2A (1) : A (18); 2A (1) :
A (9); 2A (9) : A (1); 2A (9) : A (2); 2A (1) : A (24); 2A (3) : A (8); 2A (4) : A (3); 2A

25
L’originale latino presenta il termine indicum, che non sembra trovare corretta applicazione nel caso
specifico, non fornendo un significato compatibile con il contesto. Si ritiene pertanto che si tratti di un
refuso di stampa correggibile in indicium, lezione qui adottata.
112 Leonhard Euler

(1) : A (32); 2A (16) : A (1).

Se gli esponenti delle consonanze successive saranno A e 3A, le successioni sa-


ranno secondo i seguenti ordini:

I 3A (1) : A (1), 3A (1) : A (3).


II 3A (1) : A (6), 3A (1) : A (2), 3A (2) : A (1), 3A (2) : A (3).
III 3A (1) : A (9), 3A (3) : A (1), 3A (1) : A (12), 3A (1) : A (4), 3A (4) : A (1), 3A (4) : A
(3).
IV 3A (1) : A (18), 3A (3) : A (2), 3A (2) : A (9), 3A (1) : A (24), 3A (1) : A (8), 3A (8) :
A (1), 3A (8) : A (3).

Se gli esponenti saranno A e 4A, le successioni saranno:

I 4A (1) : A (1), 4A (1) : A (2), 4A (1) : A (4).


II 4A (1) : A (8), 4A (2) : A (1).
III 4A (1): A (1), 4A (1) : A (6), 4A (1) : A (3), 4A (3) : A (1), 4A (3) : A 2, 4A (3) : A (4),
4A (1) : A (16), 4A (4) : A (1).
IV 4A (1) : A (24), 4A (2) : A (3), 4A (3) : A (8), 4A (6) : A (1), 4A (1) : A (32), 4A (8) :
A (1).

Se gli esponenti saranno A e 6A, le successioni saranno:

I 6A (1) : A (1), 6A (1) : A (2), 6A (1) : A (3), 6A : A (6).


II 6A (1) : A (12), 6A (1) : A (4), 6A (2) : A (1), 6A (2) : A (3).
III 6A (1) : A (18), 6A (1) : A(9), 6A (3) : A (1), 6A (3) : A (2), 6A (1) : A (24), 6A (1) : A
(8), 6A (4) : A (1), 6A (4) : A (3).

Se gli esponenti saranno 2A e 3A, le successioni saranno:

I 3A (1) : 2A (1), 3A (2) : 2A (1), 3A (1) : 2A (3), 3A (2) : 2A (3).


II 3A (1) : 2A (2), 3A (1) : 2A (6), 3A (4) : 2A (1), 3A (4) : 2A (1), 3A (4) : 2A (3).
III 3A (1) : 2A (9), 3A (3) : 2A (1), 3A (6) : 2A (1), 3A (2) : 2A (9), 2A (1) : 2A (12), 3A
(1) : 2A (4), 3A (1) : 2A (4), 3A (8) : 2A (1), 3A (8) : 2A (3).

Se gli esponenti saranno A e 8A, le successioni saranno:

I 8A (1) : A (1), 8A (1) : A (2), 8A (1) : A (4), 8A (1) : A (8).


II 8A (1) : A (16), 8A (2) : A (1).
III 8A (1) : A (24), 8A (1) : A (12), 8A (1) : A (6), 8A (1) : A (3), 8A (3) : A (1), 8A (3) :
A (2), 8A (3) : A (4), 8A (3) : A (8), 8A (1) : A (32), 8A (4) : A (1).

Se gli esponenti saranno A e 5A, le successioni saranno:


Capitolo V - La successione delle consonanze 113

I 5A (1) : A (1), 5A (1) : A (5).


II 5A (1) : A (10), 5A (1) : A (2), 5A (2) : A (1), 5A (2) : A (5).

Se gli esponenti saranno A e 9A, le successioni saranno:

I 9A (1) : A (1), 9A (1) : A (3), 9A (1) : A (9).


II 9A (1) : A (18), 9A (1) : A (6), 9A (1) : A (2), 9A (2) : A (1), 9A (2) : A (3), 9A (2) : A
(9).

Se gli esponenti saranno A e 12A, le successioni saranno:

I 12A (1) : A (1), 12A (1) : A (2), 12A (1) : A (3), 12A (1) : A (4), 12A (1) : A (6), 12A
(1) : A (12).
II 12A (1) : A (24), 12A (1) : A (8), 12A (2) : A (1), 12A (2) : A (3).

Se gli esponenti saranno 3A e 4A, le successioni saranno:

I 4A (1) : 3A (1), 4A (1) : 3A (2), 4A (1) : 3A (4), 4A (3) : 3A (1), 4A (3) : 3A (2), 4A
(3) : 3A (4).
II 4A (1) : 3A (8), 4A (2) : 3A (1), 4A (3) : 3A (8), 4A (6) : 3A (1).

Se gli esponenti saranno A e 16A, le successioni saranno:

I 16A (1) : A (1), 16A (1) : A (2), 16A (1) : A (4), 16A (1) : A (8), 16A (1) : A (16).
II 16A (1) : A (32), 16A (2) : A (1).

§ 30. Da ciò dunque si capisce abbastanza bene come, data una successione di
due consonanze, si possano definire sia l’esponente della successione, sia l’ordine:
e dalla conoscenza di queste cose sarà facile giudicare con quale grado di piacere
una successione di consonanze proposta sarà percepita dall’udito. Inoltre, proposta
una qualunque consonanza, potrà essere assegnata anche ad un’altra data specie
un’altra che, seguendo la prima, stabilisca una successione di un dato ordine o pri-
mo, o secondo, o terzo, etc.; e lo stesso potrà essere osservato in molti modi, come
appare con gran evidenza sia da quanto detto sopra, sia dalla tabella aggiunta.

§ 31. Da quanto affermato si capisce anche che le successioni di due consonanze


generalmente possono essere prodotte in molti modi, l’esponente delle quali sia lo
stesso della successione. E affinché questo si percepisca più chiaramente, sia dato
l’esponente della successione che è E, e di questa si prendano due divisori ciascuno
M e N, il minimo comune multiplo dei quali sia E. Questi divisori poi si risolvano
in due fattori, così che sia M=Aa, e N=Bb, dei quali a e b siano numeri primi fra
loro. Trovati questi, sarà istituita questa successione di consonanze A (a) : B (b),
ed E sarà l’esponente di questa successione.
CAPITOLO SESTO
Le serie delle consonanze

§ 1. Abbiamo spiegato abbondantemente nei due precedenti capitoli, com’è ne-


cessario che siano paragonate fra loro tanto le consonanze, quanto le successioni di
due consonanze, per offrire alle orecchie una gradita armonia. Tuttavia, queste due
cose non sono del tutto sufficienti per produrre una composizione musicale piace-
vole. Infatti, affinché più consonanze siano percepite con piacere, oltre alle cose
dette, si richiede altresì che sia afferrato dalla mente l’ordine presente in tutte le
consonanze che si succedono, e da ciò nasca lo scopo a cui si tende, cioè il piacere.

§ 2. Come infatti le consonanze sole, anche se per sé piacevolissime, unite senza


un ordine non producono alcuna armonia, allo stesso modo si valuta l’ordine di più
successioni, di modo che, anche se una di esse è composta secondo le regole pre-
scritte, tuttavia, se non si osservano regole peculiari, si produce nelle orecchie un
rumore assai sgradevole. Perciò, in questo capitolo, esporremo quali leggi è neces-
sario osservare in merito all’unione di più consonanze.

§ 3. La parte della musica che insegna a congiungere fra loro più consonanze, in
modo da formare una piacevole armonia, viene generalmente definita composizio-
ne semplice; con questa espressione si suole infatti intendere la composizione di
un’opera di un qualsiasi musicista. Dunque, per la perfezione di una composizione
semplice, che è la base di tutte le altre composizioni, è necessario prima di tutto
conoscere in che cosa consista il piacere di più consonanze successive, ossia
dell’intera composizione. È quindi da questo principio che si devono dedurre le re-
gole che è necessario osservare in una composizione semplice.

§ 4. Il fondamento del piacere che può esserci nella successione di più consonan-
ze è del tutto simile ai fondamenti nei quali si è dimostrato consistere il piacere
tanto delle consonanze, quanto delle successioni di due consonanze. Perciò, per
percepire un’armonia di più consonanze che si susseguono, si richiede che sia co-
nosciuto l’ordine presente nelle singole parti, ossia nei suoni e nelle consonanze sia
singole che congiunte.

§ 5. Come dunque si percepisce l’armonia, ovvero il piacere sia di ciascuna con-


sonanza, sia della successione di due consonanze, se si conosce l’esponente di cia-
scuno e di tutti i suoni propri sia di una che di ambedue le consonanze, altrettanto
facilmente si riconosce che l’armonia di più consonanze che si susseguono è appre-
sa se si coglie l’esponente di tutti i suoni che costituiscono questa serie di conso-
nanze. Da ciò si capisce che, per conoscere l’esponente di tutti i suoni e delle
consonanze che li compongono, si ricerca a quale grado sia percepito il piacere di
più consonanze che si susseguono.
Capitolo VI - Le serie delle consonanze 115

§ 6. Ma l’esponente di tutti i suoni di cui sono composte tutte le consonanze che


si susseguono è il minimo comune multiplo dei numeri che rappresentano i suoni.
Di conseguenza in una serie proposta di consonanze, dal numero che è il minimo
comune multiplo di tutti i suoni che vi concorrono, si potrà definire in base alla ta-
bella presentata e alle regole insegnate, con quale grado di facilità si riconosca
l’intera serie delle consonanze. E dal grado di piacere che insegnano sia la tabella
sia le regole, si potrà capire quanto dolce e gradita all’udito sarà una qualsiasi serie
proposta di consonanze.

§ 7. Poiché dunque l’esponente della serie di consonanze, dal quale dev’essere


riportato il giudizio sull’armonia, è il minimo comune multiplo di tutti i numeri che
rappresentano i singoli suoni presentati, è evidente che quel numero sarà divisibile
per gli esponenti sia delle consonanze semplici, sia di ciascuna delle successioni
binarie. Perciò, se sarà noto l’esponente dell’intera serie di consonanze, è necessa-
rio anche che si percepiscano sia le singole consonanze, sia le successioni binarie;
e per questa ragione si apprenderà di conseguenza l’intera connessione.

§ 8. Dunque, dall’esponente di una serie di più consonanze si capisce quali suoni


e quali consonanze possono presentarsi, sia che esso fosse già noto prima, oppure
solo ora appreso da alcune consonanze. Pertanto questo esponente determina i limi-
ti, ovvero l’ambito, come suole essere chiamato dai musicisti, dell’opera musicale
e comprende tutti i suoni concordanti ed esclude i discordanti. E questa limitazione
si chiama anche modo musicale, cosicché il modo musicale è un insieme di certi
suoni che soli conviene applicare nell’armonizzare l’opera musicale, e non è asso-
lutamente lecito introdurne altri oltre questi.

§ 9. Poiché dunque il modo musicale è determinato attraverso l’esponente di tutti


i suoni che costituiscono il modo, chiameremo d’ora in poi questo esponente
l’esponente del modo. Perciò, se si rappresenterà la consonanza completa, il cui
esponente sia esso stesso l’esponente del modo, in questa consonanza vi saranno
tutti i suoni che potranno essere usati in questo modo. Conosciuto dunque questo
esponente, è lecito giudicare immediatamente se nell’opera musicale proposta si è
conservato il modo, o in realtà si è incorsi in un errore contro il modo; cosa che ac-
cade se sono applicati suoni non contenuti nell’esponente del modo.

§ 10. Ma poiché abbiamo affermato che è un errore uscire dal modo, solo con
questa restrizione si deve capire quanto a lungo sia tenuto questo modo. Infatti, è
certo permesso e suole essere fatto con la massima eleganza che il modo sia cam-
biato, e si passi da uno all’altro modo; e ciò non solo nella stessa opera musicale,
ma anche in una sua parte. E di questo cambiamento o successione di modi devono
essere osservate le stesse regole che sono state insegnate sulla successione delle
consonanze.
116 Leonhard Euler

§ 11. Come dunque a una qualsiasi consonanza abbiamo attribuito il suo espo-
nente, e ugualmente alla successione di due consonanze; così anche una qualsiasi
parte o periodo di un’opera musicale, ossia periodo nel quale si mantenga lo stesso
modo, avrà un suo determinato esponente, e così pure la successione di due periodi
di questo tipo. E finalmente l’esponente di un’intera opera musicale comprenderà
tutti gli esponenti precedenti, ossia assolutamente tutti i suoni che erano stati appli-
cati in tutte le parti.

§ 12. Perché dunque un’opera musicale piaccia, si richiede che per prima cosa si
percepiscano gli esponenti delle singole consonanze, poi che si conoscano gli e-
sponenti delle successioni di due consonanze. Per terza cosa, che si presti attenzio-
ne agli esponenti dei singoli periodi. Per quarta, che si percepiscano gli esponenti
delle successioni di due periodi, ovvero i cambiamenti dei modi. Come quinta cosa
infine, che si comprenda l’esponente di tutti i periodi, ossia l’esponente di tutta
l’opera musicale. Chi dunque coglie tutte queste cose, soltanto costui infine cono-
sce perfettamente l’opera musicale e la può giudicare convenientemente.

§ 13. Non dubito che una tale conoscenza dell’opera musicale sembri assai diffi-
cile, superando anche di gran lunga le forze dell’intelletto umano, perché
l’esponente di tutta l’opera musicale è un numero così composto che non è assolu-
tamente possibile comprenderlo con la mente. Ma per quanto questo apprendimen-
to sembri difficile, l’intelletto si innalza in modo meraviglioso mentre si acquisisce
questa percezione per gradi. Come infatti l’esponente della successione di due con-
sonanze non si afferra difficilmente una volta appresi gli esponenti delle consonan-
ze, anche se è assai composto, e di per sé può essere conosciuto a mala pena; allo
stesso modo conosciuti in successione gli esponenti più semplici, perciò stesso
l’apprendimento di esponenti più composti si consegue senza troppa difficoltà.

§ 14. Infatti, come la percezione dell’esponente della successione di due conso-


nanze non dev’essere valutata dal suo stesso esponente, o dal grado di piacere che
ha, ma dall’ordine della successione, così anche l’esponente del modo, ossia di un
solo periodo, risulta più facile una volta conosciuti gli esponenti sia delle conso-
nanze, che delle successioni. E questo stesso apprendimento degli esponenti dei
modi guida quasi per mano a conoscere gli esponenti delle successioni dei modi.
Riconosciuti infine questi, risulta abbastanza facile la cognizione dell’esponente di
tutta l’opera musicale.

§ 15. Perché dunque un’opera musicale sia ascoltata con piacere, è necessario
che gli esponenti delle successioni di due consonanze non siano molto più compo-
sti degli esponenti delle stesse consonanze. È poi necessario che gli esponenti dei
modi non eccedano di molto gli esponenti delle successioni. Infine, [è necessario]
che l’esponente di tutta l’opera musicale superi di poco per facilità di percezione
quegli esponenti. Infatti, in questa percezione e nella conoscenza progressiva dagli
Capitolo VI - Le serie delle consonanze 117

esponenti più semplici ai più composti si trovano la vera dolcezza e il piacere che
l’udito può ricavare dalla musica; come nel secondo capitolo si è dimostrato ab-
bondantemente sulla base degli autentici princìpi dell’armonia.

§ 16. Da queste affermazioni dunque si capisce abbastanza bene come sia neces-
sario che l’opera musicale sia preparata affinché piaccia agli ascoltatori intelligenti,
e allo stesso tempo si capisce anche che le opere musicali nelle quali si è peccato
contro questi princìpi, debbano dispiacere ad ascoltatori del tipo che noi cerchia-
mo. Come poi opere musicali imperfette di questo tipo possano essere accolte da
ascoltatori meno intelligenti apparirà altrettanto facilmente, poiché ciò accade
quando non si accorgono delle imperfezioni e degli errori commessi contro le rego-
le dell’armonia, mentre tuttavia sono attenti e percepiscono alcune cose poste in
maniera non sconveniente.

§ 17. Dal momento dunque che l’esponente di più consonanze è l’esponente di


tutti i suoni che compongono quelle consonanze, sarà questo il minimo comune
multiplo dei numeri che rappresentano i singoli suoni. [Questo numero] si potrà
trovare anche più facilmente fra gli esponenti delle consonanze con indici congiun-
ti, in modo simile a come abbiamo insegnato a trovare l’esponente della successio-
ne nel capitolo precedente. Infatti, le stesse regole che sono state insegnate per due
consonanze, valgono anche per tre o più consonanze. In altri termini, l’esponente
della serie di più consonanze, nient’altro è se non il minimo comune multiplo degli
esponenti delle singole consonanze.

§ 18. Per prima cosa, consideriamo più suoni semplici emessi in successione, la
cui reciproca relazione sia espressa dai seguenti numeri a : b : c : d : e, e cerchiamo
l’esponente di questa serie di suoni. Essendo poi il suono semplice la consonanza
di primo grado, ed essendo il suo esponente, se non si confronta con altri, l’unità,
le lettere a, b, c, d, e, indicheranno gli indici di questi suoni semplici, dal momento
che contengono il rapporto che questi suoni, considerati come consonanze, hanno
fra di loro. Pertanto, al modo delle consonanze questi suoni dovranno essere e-
spressi così: 1 (a) : 1 (b) : 1 (c) : 1 (d) : 1 (e).

§ 19. Ma l’esponente di questa serie di suoni semplici è lo stesso che sarebbe sta-
to come esponente della consonanza costituita da questi suoni. Invero l’esponente
della consonanza a : b : c : d : e è il minimo comune multiplo dei numeri a, b, c, d,
e, che poniamo essere D. Perciò, considerati questi suoni successivi come conso-
nanze, l’esponente della serie di queste consonanze 1 (a) : 1 (b) : 1 (c) : 1 (d) : 1 (e)
sarà pure D, ossia il minimo comune multiplo degli indici a, b, c, d, e, dal momen-
to che tutti questi esponenti sono 1. E dal grado di piacere al quale si riferisce il
numero D, si deve giudicare quanto gradita all’ascolto sarà questa serie di conso-
nanze.
118 Leonhard Euler

§ 20. Siano ora A, B, C, D, E esponenti di consonanze poste in successione, e a,


b, c, d, e, i loro rispettivi indici, che esprimono il rapporto che le basi di queste
consonanze hanno fra loro, cosicché questa serie di consonanze si debba rappresen-
tare nel seguente modo: A (a) : B (b) : C (c) : D (d) : E (e). In questa serie stabilia-
mo che gli indici a, b, c, d, e siano numeri primi fra loro, in modo tale che non
abbiano alcun divisore comune tranne l’unità. Se infatti avessero un divisore co-
mune, dovrebbero dividersi per quello prima che si cerchi l’esponente della serie.

§ 21. Tuttavia, nella consonanza A (a) sono contenuti i suoni divisori


dell’esponente singolo A, moltiplicati per a, per ciò il loro minimo comune multi-
plo sarà Aa. Allo stesso modo, i minimi comuni multipli dei suoni che compongo-
no le consonanze B (b), C (c), D (d), E (e) saranno Bb, Cc, Dd, Ee. Perciò, il
minimo comune multiplo di tutti i suoni contenuti in queste consonanze successive
sarà il minimo comune multiplo dei numeri Aa, Bb, Cc, Dd, Ee. E questo minimo
comune multiplo sarà lo stesso esponente della serie proposta di consonanze che si
cerca.

§ 22. Siano proposte, per esempio, le seguenti consonanze:

8 : 12 : 16 : 24 : 32 : 48;
8 : 12 : 20 : 24 : 40 : 60;
9 : 12 : 18 : 27 : 36 : 54;
10 : 15 : 20 : 30 : 45 : 60;
9 : 15 : 30 : 36 : 45 : 60.

I suoni di ciascuna di queste siano divisi per il massimo comun divisore, e si cer-
chi il minimo comune multiplo dei loro quozienti; sarà questo l’esponente della
consonanza, mentre il massimo comun divisore sarà l’indice. Fatto ciò queste con-
sonanze si esprimeranno così: 24 (4) : 30 (4) : 36 (3) : 36 (5) : 60 (3); da queste si
troverà l’esponente della serie di queste consonanze = 4320, il qual numero si rife-
risce al XVI grado.

§ 23. Si capisce dunque sia dalle regole insegnate, che dall’esempio addotto, co-
me in ciascuna serie proposta di consonanze sia opportuno trovare il loro esponen-
te, in base al quale sia lecito esprimere un giudizio sulla reciproca armonia di
quelle consonanze. Ovvero, l’esponente di una consonanza dev’essere moltiplicato
per il suo indice, e fra tutti i prodotti trovati in questo modo si deve cercare il mi-
nimo comune multiplo, e questo sarà l’esponente della serie di consonanze propo-
sta.

§ 24. Se due o più serie di consonanze sono congiunte per comporre un’intera
opera musicale, e i loro esponenti sono già stati trovati con le regole insegnate, cioè
M, N, P, Q, etc., per prima cosa si deve esaminare se un’unità qualunque di questi
Capitolo VI - Le serie delle consonanze 119

esponenti indichi lo stesso suono o suoni diversi. Infatti, in questo caso il rapporto
che i suoni delle singole serie indicate dall’unità hanno fra loro, va indicato con i
numeri più piccoli; i quali numeri, che porrò essere m, n, p, q, etc., saranno gli in-
dici da unire agli esponenti in modo tale che le serie da congiungere in questo mo-
do attraverso esponenti ed indici si debbano esprimere M (m) : N (n) : P (p) : Q (q),
etc.

§ 25. Poiché dunque la serie di consonanze di questo tipo espressa dall’esponente


è il modo musicale, si capisce come si debba giudicare il passaggio da un modo a
un altro e ugualmente l’unione di più modi. Naturalmente, se i modi sono congiunti
successivamente con gli esponenti e gl’indici così espressi: M (m) : N (n) : P (p) :
Q (q), etc., si otterrà l’esponente, e da lui la natura e il carattere di tutta l’opera mu-
sicale costituita da quei modi, se si cercherà il minimo comune multiplo dei numeri
Mm, Nn, Pp, Qq, etc.: questo infatti sarà l’esponente di tutta l’opera musicale pro-
posta.

§ 26. Dunque perché sia possibile esprimere un giudizio corretto sull’opera mu-
sicale proposta, per prima cosa si devono esaminare le singole consonanze e ricer-
care i loro esponenti. In secondo luogo saranno considerate le successioni di due di
quelle consonanze. In terzo luogo converrà osservare attentamente più consonanze
in successione nelle quali è contenuto il modo. In quarto luogo si deve esaminare la
successione di due modi ossia il passaggio da un modo all’altro. In quinto luogo,
infine, si deve ricercare la composizione di tutti i modi congiunti nell’opera musi-
cale. E come occorra che queste cose vengano eseguite singolarmente con l’aiuto
degli esponenti è stato esposto sufficientemente sopra.

§ 27. Resta dunque da mostrare in questo capitolo, per quanto è ancora lecito,
come sia opportuno portare a termine la serie delle consonanze e poi l’intera opera
musicale perché offra un’armonia gradita all’ascolto. Entreremo in questo àmbito
così da ricavare da un dato esponente del modo, o della serie di consonanze gli e-
sponenti delle singole consonanze. Potendosi pertanto assumere un numero straor-
dinariamente grande di esponenti, e da uno di questi dedurre le serie innumerevoli
delle consonanze, questa scienza si estende abbondantemente e potrà essere accre-
sciuta continuamente non solo con nuove opere, ma anche con nuovi modi.

§ 28. Precisamente in quest’epoca nella quale lo studio della musica è stato in-
nalzato a un così grande livello di perfezione, merita senz’altro stupore il fatto che
tutti gli esperti di musica siano occupati soltanto nella composizione di nuove ope-
re e non si preoccupino invece di accrescere il numero dei modi che è piccolo e già
acquisito da lungo tempo. E sembra che la causa di ciò sia il fatto che i veri princì-
pi dell’armonia sono rimasti finora sconosciuti, e per mancanza di questi lo studio
della musica è stato coltivato solamente per esperienza e consuetudine.
120 Leonhard Euler

§ 29. Poiché l’esponente della serie di consonanze è il minimo comune multiplo


degli esponenti delle singole consonanze moltiplicati per i loro indici, tutte queste
cose composte dagli esponenti e dagli indici delle singole consonanze saranno i di-
visori dell’esponente della serie delle consonanze. Perciò, se l’esponente della serie
di consonanze è dato, per esempio M, per trovare le stesse consonanze si assume-
ranno quanti si voglia divisori dello stesso M, che sono Aa, Bb, Cc, Dd, etc.; trova-
ti questi, A (a) : B (b) : C (c) : D (d) : etc. rappresenteranno la serie delle
consonanze, il cui esponente sarà un dato numero M.

§ 30. Ma, nell’assumere questi divisori si deve prestare attenzione che questi
completino l’esponente proposto M, ossia che non abbiano un minimo comune
multiplo minore di M. La qual cosa si otterrà se subito fin dall’inizio si metteranno
alcune consonanze i cui esponenti completino un dato numero M; e in tal modo an-
che questo risulterà conveniente, che udite subito dall’inizio alcune consonanze, si
percepisca l’esponente di tutta la serie delle consonanze, e una volta conosciuto
questo, si possa esprimere più facilmente un giudizio sull’armonia di tutta la serie.
Ma di ciò si diranno più cose in séguito.
CAPITOLO SETTIMO
I nomi assunti dai vari intervalli

§ 1. Esposte in generale le regole armoniche che si conviene siano osservate sia


nelle consonanze, sia nella loro composizione, dobbiamo passare alle varie specie
di musica, e proprio per queste si deve insegnare in maniera più completa l’uso
delle regole date. Ma prima che si possano enumerare ed esporre comodamente le
specie di musica, si devono spiegare i nomi peculiari assunti con l’uso, affinché per
l’avvenire, secondo l’uso e con i vocaboli ordinari, sia lecito trattare di queste cose.
Ma questi vocaboli sono nomi imposti già da tempo alla maggior parte degli inter-
valli musicali, e già accolti col lungo uso che tanto per comodità, quanto per neces-
sità, è assolutamente necessario che siano esposti.

§ 2. Ma sebbene questi nomi siano stati spiegati qua e là, tuttavia le loro definizioni
sono risultate non sufficientemente autentiche e assai poco idonee al nostro scopo. In-
fatti, gli intervalli che hanno ottenuto i propri nomi, sono solitamente descritti attra-
verso la stessa prassi e l’esperienza, piuttosto che attraverso la natura dei suoni. Noi
invece ci serviamo di questo metodo grazie al quale nel misurare gli intervalli attra-
verso i logaritmi esporremo sia i rapporti, sia i logaritmi corrispondenti a ciascun in-
tervallo, per cui sarà lecito giudicare meglio la quantità di ciascun intervallo.

§ 3. Ma sopra si è già detto che l’intervallo è la distanza fra due suoni in rapporto
al grave e all’acuto, cosicché quanto più grande è la differenza fra il suono più gra-
ve e quello più acuto, tanto più grande sarà detto l’intervallo. Se dunque i suoni sa-
ranno uguali, la distanza fra loro sarà nulla, perciò l’intervallo fra i suoni che hanno
il rapporto di uguaglianza 1 : 1 sarà nullo, come anche il logaritmo di questo rap-
porto è 0. Infatti, come abbiamo già stabilito, misureremo gli intervalli attraverso i
logaritmi dei rapporti che i suoni hanno fra loro. Invece, questo intervallo evane-
scente di due suoni uguali si chiama unisono.

§ 4. Potremmo invero usare, nell’esprimere questi logaritmi dei rapporti, la rego-


la dei logaritmi, nella quale si pone come cifra il logaritmo dell’unità. Converrà
tuttavia servirsi di una regola di questo tipo, nella quale si pone come unità il loga-
ritmo di due, dal momento che il due ricorre spessissimo nell’esprimere le conso-
nanze, e in musica è altamente considerato; e così in questo modo il calcolo
diventa molto più facile. Ecco dunque la tabella dei logaritmi di questo tipo, estesa
quanto è sufficiente al nostro scopo.

Log. 1 = 0,000000 Log. 5 = 2,321928


Log. 2 = 1,000000 Log. 6 = 2,584962
Log. 3 = 1,584962 Log. 7 = 2,807356
Log. 4 = 2,000000 Log. 8 = 3,000000
122 Leonhard Euler

§ 5. Dopo l’intervallo di suoni uguali che si chiama unisono, si passa a conside-


rare l’intervallo fra i suoni 2 : 1 che hanno un rapporto doppio, dai musicisti greci
chiamato diapason, per il fatto che raddoppiando col secondo suono l’intervallo di
qualunque suono, questo muta talmente poco da venir considerato quasi lo stesso, e
quindi in quest’intervallo diapason si considerano compresi tutti gli altri intervalli.
In realtà, dai Latini quest’intervallo viene chiamato ottava, e la ragione di questa
denominazione dipende dal genere musicale detto diatonico, del quale parleremo
abbondantemente più sotto. Dunque la misura di quest’intervallo detto diapason o
ottava è l2 – l1, ovvero l2, cioè 1,000000.

§ 6. Essendo di conseguenza l’intervallo dei suoni che hanno il rapporto 4 : 1 u-


guale a 2,000000, e dunque due volte maggiore dell’intervallo d’ottava,
quest’intervallo suole essere chiamato disdiapason e doppia ottava. Inoltre,
l’intervallo fra i suoni 8 : 1 che è 3,000000, ossia tre volte maggiore dell’intervallo
detto ottava, si chiama tripla ottava. Allo stesso modo, l’intervallo fra i suoni 16 : 1
la cui misura è 4,000000, si chiama quadrupla ottava, e l’intervallo fra i suoni 32 :
1 quintupla ottava, e così via. Per cui, dal momento che le denominazioni dei mag-
giori intervalli sono derivate dal numero delle ottave in essi contenute, è evidente
la ragione per cui abbiamo assunto l’unità per il logaritmo di 2; infatti la caratteri-
stica di un qualsivoglia logaritmo che esprime un intervallo indica quante ottave
siano in esso contenute.

§ 7. Col greco diapente, in latino quinta, si indica poi l’intervallo dei suoni aventi
rapporto 3 : 2, e la derivazione di questo nome è ricavata parimenti dal genere dia-
tonico. La misura di questo intervallo è perciò l3 – l2 = 0,584962. Quindi,
quest’intervallo è minore dell’intervallo diapason, ma il rapporto di questi due in-
tervalli tra loro non può essere espresso dai numeri. Tuttavia, l’intervallo diapason
è molto vicino all’intervallo diapente nei seguenti rapporti 5 : 3; 7 : 4; 12 : 7; 17 :
10; 29 : 17; 41 : 24; 53 : 31; i quali sono stati calcolati in modo tale che non possa-
no essere dati rapporti più vicini con numeri minori.

§ 8. A sua volta, poiché la misura dell’intervallo fra i suoni 3 : 1 è 1,584962, nu-


mero che è la somma delle misure di ottava e quinta, quest’intervallo suole essere
chiamato ottava con quinta. Allo stesso modo, l’intervallo dei suoni 6 : 1 sarà la
doppia ottava con quinta, dal momento che la sua misura è 2,584962. E in modo
analogo l’intervallo fra i suoni 12 : 1 si chiama tripla ottava con quinta e quello fra
i suoni 24 : 1 quadrupla ottava con quinta. Da ciò si intuisce che se la frazione de-
cimale sarà ,584962, l’intervallo sarà composto dalla quinta e da tante ottave quan-
te ne indica la caratteristica.

§ 9. Dall’intervallo detto diapente o quinta non differisce di molto l’intervallo


diatessaron o quarta, per il fatto che nasce fra i suoni che hanno il rapporto 4 : 3, la
Capitolo VII - I nomi assunti dai vari intervalli 123

cui misura è dunque 0,41503726. Per cui è chiaro che questi due intervalli di quinta
e quarta congiunti costituiscono l’ottava, dal momento che la somma delle loro
grandezze è 1,000000. Allo stesso modo poi l’intervallo fra i suoni 8 : 3 la cui mi-
sura è 1,415037 si chiama ottava con quarta, e l’intervallo dei suoni 16 : 3 la cui
misura è 2, 415037, doppia ottava con quarta, e così via.

§ 10. Come dunque questi intervalli quinta e quarta, minori dell’ottava, hanno ot-
tenuto nomi più semplici, e invece gli intervalli nati da questi con l’aggiunta di una
o più ottave sono indicati da nomi composti, così tutti gli intervalli minori
dell’ottava si è soliti chiamarli intervalli semplici, mentre gli intervalli maggiori
dell’ottava intervalli composti. Perciò la grandezza degli intervalli semplici è mi-
nore dell’unità e la caratteristica dei logaritmi che la misurano è 0. Invece, i loga-
ritmi degli intervalli composti sono maggiori dell’unità, ossia le loro caratteristiche
sono maggiori di zero. Da ciò si capisce che tutti gli intervalli semplici sono conte-
nuti nell’ottava e che anche per questa ragione l’ottava è chiamata diapason.

§ 11. Poiché dunque il nome degli intervalli composti si forma dal numero delle
ottave che contengono e dal nome della differenza che è l’intervallo semplice, sarà
sufficiente enumerare gli intervalli semplici che sono stati fatti propri dai musicisti
e hanno ottenuto i loro nomi. E per far ciò il più chiaramente possibile inizieremo
dal recensire gli intervalli minimi che sono il comma, il diesis e il diaschisma, e si
chiamano minimi per questo motivo, perché possono essere a mala pena percepiti
dall’udito, e perché se ad essi si aggiungono o tolgono intervalli maggiori, si ritiene
non cambino; perciò gli intervalli maggiori dei minimi di questo tipo, aumentati o
diminuiti, saranno ritenuti conformi a quelli. E ciò in verità vale solo per le orec-
chie più grossolane, al contrario non ha alcun valore in un’armonia perfetta.

§ 12. Infatti, l’intervallo di due suoni aventi il rapporto di 81 : 80 è costituito dal


comma, in modo tale che la misura del comma sia log. 81 – log 80 = 0,017920, e
perciò circa 56 comma completano l’intervallo d’ottava. Il diesis è l’intervallo fra i
suoni in rapporto 128 : 125 e dunque la sua misura è 0,03421527. Il diesis dunque è
circa due volte maggiore del comma e in un’ottava sono contenuti quasi 29 diesis.
Infine, il diaschisma è l’intervallo fra i suoni 2048 : 2025 e la sua misura è
0,01629528, dunque all’incirca 61 diaschismata completano l’ottava. Risulta inoltre
evidente che il diaschisma è la differenza fra un diesis e un comma.

§ 13. Questi intervalli così piccoli non sogliono invero ricorrere nella musica in
uso, né si impiegano suoni tanto poco distanti fra loro; e tuttavia nella musica si
trovano differenze degli intervalli maggiori tanto piccole, che per esprimerle sarà
necessario introdurre questi intervalli minimi. Invece, gli intervalli più piccoli che

26
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,415037 in 0,415038. Cfr. Ivi, p. 283.
27
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,034215 in 0,034216. Cfr. Ivi, p. 284.
28
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,016295 in 0,016296. Cfr. Ibidem.
124 Leonhard Euler

si usano realmente nella musica e si è soliti esprimere coi suoni, sono i semitoni sia
maggiori che minori, e i limma ugualmente maggiori e minori; intervalli che, poi-
ché distano poco fra loro, sono stimati dagli inesperti come uguali, e sono indicati
col nome di semitoni.

§ 14. Il semitono maggiore è l’intervallo tra i suoni in rapporto 16 : 15, la cui mi-
sura dunque è 0,09310929. Invece il semitono minore si determina fra i suoni 25 :
24, il cui rapporto è superato da quello 128 : 125 che esprime il diesis; la misura
del semitono minore sarà dunque 0,058894, e aggiunta a questa la misura del diesis
produce quella del semitono maggiore. Pertanto, completano l’ottava all’incirca
dieci semitoni maggiori con due diesis, ossia circa 17 semitoni minori.

§ 15. Il limma maggiore, che è formato dai suoni in rapporto 27 : 25, oltrepassa
di un comma il semitono maggiore e pertanto la sua misura è 0,011102930. Il limma
minore poi è l’intervallo fra i suoni che hanno il rapporto 135 : 128, e perciò supera
di un comma il semitono minore, mentre sottratto dal limma maggiore ha come re-
sto il diesis. Perciò la misura del limma minore è 0,076814. Quindi, nove limma
maggiori costituiranno all’incirca un’ottava, ma di limma minori per completare
un’ottava se ne richiedono 13.

§ 16. Queste quattro specie di intervalli, come abbiamo già detto, sono solite es-
sere chiamate senza distinzione semitoni; in realtà si chiamano anche seconde mi-
nori, il cui nome come per ottava, quinta e quarta trae origine dal genere diatonico.
Le integrazioni poi di questi intervalli all’ottava, contenute nei rapporti fra i suoni
15 : 8; 48 : 25; 50 : 27; e 256 : 135, sono chiamate per la stessa derivazione del
nome, settime maggiori. E le loro misure sono appunto 0,906890; 0,94110531;
0,888970; e 0,92318532; questi sono gli intervalli più grandi minori dell’ottava che
sono certamente in uso.

§ 17. I semitoni, in ordine di quantità, vengono dopo gli intervalli che sogliono
essere indicati col nome di tono e così pure di seconda maggiore. D’altro canto vi
sono tre specie di toni, delle quali la prima, che consiste nel rapporto 9 : 8, si chia-
ma tono maggiore, la cui misura è perciò 0,169924; quindi sei toni congiunti di
questo tipo superano l’ottava di più di un comma. Il tono minore è contenuto nel
rapporto 10 : 9 ed è minore di un comma rispetto al tono maggiore, cosicché misu-
ra 0,152004. Ai toni si riferisce, in terzo luogo, pure l’intervallo contenuto nei suo-
ni 256 : 225, che supera il tono maggiore di un diaschisma e quello minore di un
diesis. Poi, fra questi toni, quelli mancanti al completamento dell’ottava si chiama-
no settime minori.

29
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,093109 in 0,093110. Cfr. Ivi, p. 285.
30
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,0111029 in 0,0111030. Cfr. Ibidem.
31
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,941105 in 0,941106. Cfr. Ibidem.
32
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,923185 in 0,923186. Cfr. Ibidem.
Capitolo VII - I nomi assunti dai vari intervalli 125

§ 18. Inoltre, il tono contiene due semitoni intesi in senso lato. Infatti, il tono
maggiore è dato sia dalla somma del semitono maggiore con il limma minore, sia
dalla somma del semitono minore con il limma maggiore. Il tono minore poi è dato
dalla somma del semitono maggiore e minore. Infine, il tono massimo contenuto
nel rapporto 256 : 225 è dato dalla somma di due semitoni maggiori. Allo stesso
modo gli intervalli seguenti hanno origine aggiungendo i semitoni.

§ 19. Dai toni aggiunti al semitono nascono gli intervalli ai quali è stato imposto
il nome di terza minore, anche se propriamente meriterebbe questo nome soltanto
l’intervallo contenuto dai suoni [in rapporto] 6 : 5. Questi intervalli, infatti, differi-
scono da questo rapporto o di un comma, o di un diaschisma, o di un diesis, e con-
cordemente sono considerati come terza minore, che è una consonanza abbastanza
gradita, cosa che va tenuta presente anche a proposito degli altri intervalli che sono
consonanze piacevoli. Il completamento della terza minore in riferimento all’ottava
si chiama sesta maggiore ed è contenuta nel rapporto 5 : 3, e perciò la misura della
terza minore è 0,263034 e della sesta maggiore 0,73696533.

§ 20. La terza maggiore, ossia quella che determina una consonanza gradita, su-
pera di un semitono minore la terza minore, ed è l’intervallo fra i suoni che hanno
il rapporto di 5 : 4. La sua misura è 0,321928; dunque questa terza maggiore è co-
stituita da un tono maggiore ed uno minore congiunti. Inoltre, il completamento
della terza maggiore all’ottava si chiama sesta minore, che è formata quindi dai
suoni che hanno il rapporto di 8 : 5 e la cui misura è 0,67807134. La sesta in greco
si chiama anche hexachordon, cosicché la sesta maggiore corrisponde all’esacordo
maggiore e quella minore al minore.

§ 21. Se alla terza maggiore, contenuta nel rapporto 5 : 4, si aggiunge un semito-


no maggiore 16 : 15, nel comporre questi rapporti si otterrà il rapporto 4 : 3 con il
quale si indica l’intervallo Diatessaron, ossia la quarta. Il completamento di questo
intervallo all’ottava è Diapente, ossia la quinta, contenuta nel rapporto 3 : 2, ma di
questi intervalli si è già trattato sopra35. Resta ora solamente da notare che la diffe-
renza fra una quinta e una quarta è un tono maggiore, consistente nel rapporto 9 : 8,
la qual differenza fornì per la prima volta agli antichi l’idea del tono maggiore.

§ 22. Dal momento che tutti gli altri intervalli differiscono reciprocamente per
semitoni, i musicisti hanno collocato fra la quinta e la quarta pure il suono media-
no, che disterà di un semitono da entrambe. Ora, questo suono è detto tritono, poi-
ché è composto da tre toni, o diversamente è anche detto quarta eccedente, o quinta
diminuita, o quinta falsa. In corrispondenza alle quattro diverse specie di semitono
si hanno altresì quattro diverse specie di tritono, la prima delle quali è contenuta

33
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,736965 in 0,736966. Cfr. Ivi, p. 286.
34
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,678071 in 0,678072. Cfr. Ibidem.
35
Rudolf Bernoulli rimanda ai parr. 9 e 10 del presente capitolo. Cfr. Ivi, p. 287.
126 Leonhard Euler

nel rapporto 64 : 45 ed è una quarta con semitono maggiore. La seconda specie è


una quinta diminuita di un semitono maggiore, ed è contenuta nel rapporto 45 : 32.
La terza specie è una quarta con un semitono minore, mentre la quarta è una quinta
diminuita di un semitono minore; dunque quella è contenuta nel rapporto 18 : 25,
questa invece nel rapporto 25 : 36, e di queste l’ultima è anch’essa una doppia terza
minore.

§ 23. Come questi intervalli hanno ottenuto i loro nomi dai numeri e si chiamano
seconda, terza, quarta, quinta, etc., fino all’ottava, così nomi simili sono stati dati
anche ad intervalli composti o maggiori dell’ottava. Così l’ottava con una seconda
maggiore o minore è chiamata nona maggiore o minore; allo stesso modo l’ottava
con una terza è chiamata decima, l’ottava con una quarta undecima, e così via ag-
giungendo sempre sette ai nomi degli intervalli semplici: così duodecima è l’ottava
con la quinta, decima quinta è una doppia ottava; e da questi esempi si possono
comprendere sufficientemente i nomi di questo tipo.

§ 24. Affinché anche questi intervalli appaiano con i loro nomi in un solo sguar-
do, e si percepiscano tanto più facilmente quanto fra di loro siano distinti, è sem-
brato opportuno aggiungere la tabella seguente, nella quale nella prima colonna
sono collocati i nomi degli intervalli semplici, poi i rapporti numerici fra i suoni,
nella terza le misure degli intervalli espresse con i logaritmi scelti a questo proposi-
to, nella quarta inoltre ho aggiunto il grado di piacere in base al quale questi inter-
valli piacciono, e da questi [gradi di piacere] si può immediatamente giudicare
quanto alcuni intervalli saranno più graditi all’udito di altri.

Nome degli intervalli Rapporto fra i suoni Misura Grado di piacere

Diaschisma 2048 : 2025 0,01629536 XXVIII


Comma 81 : 80 0,017920 XVII
Diesis 128 : 125 0,03421537 XX
Semitono minore 25 : 24 0,058894 XIV
Limma minore 135 : 128 0,076814 XVIII
Semitono maggiore 16 : 15 0,09310938 XI
Limma maggiore 27 : 25 0,11102939 XV
Tono minore 10 : 9 0,152004 X
Tono maggiore 9:8 0,169924 VIII
Terza minore 6:5 0,263034 VIII
Terza maggiore 5:4 0,321928 VII

36
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,016295 in 0,016296. Cfr. Ivi, p. 288.
37
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,034215 in 0,034216. Cfr. Ibidem.
38
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,093109 in 0,093110. Cfr. Ibidem.
39
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,111029 in 0,111030. Cfr. Ibidem.
Capitolo VII - I nomi assunti dai vari intervalli 127

Quarta 4:3 0,41503740 V


Tritono 25 : 18 0,47393141 XIV
45 : 32 0,49185142 XIV
64 : 45 0,508148 XV
36 : 25 0,526068 XV
Quinta 3:2 0,584962 IV
Sesta minore 8:5 0,67807143 VIII
Sesta maggiore 5:3 0,73696544 VII
Settima minore 16 : 9 0,83007545 IX
9:5 0,84799546 IX
Settima maggiore 50 : 27 0,888970 XVI
15 : 8 0,906890 X
256 : 135 0,92318547 XIX
48 : 25 0,94110548 XV
Ottava 2:1 1,000000 II

Dunque, in ragione del piacere, questi intervalli progrediscono così: ottava, quin-
ta, quarta, terza maggiore e sesta maggiore, tono maggiore, terza minore e sesta
minore, l’una e l’altra settima minore, il tono minore e una sola settima maggiore
distante dall’ottava di un semitono maggiore, i semitoni e le rimanenti settime
maggiori.

40
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,415037 in 0,415038. Cfr. Ibidem.
41
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,473931 in 0,473932. Cfr. Ibidem.
42
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,491851 in 0,491852. Cfr. Ibidem.
43
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,678071 in 0,678072. Cfr. Ibidem.
44
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,736965 in 0,736966. Cfr. Ibidem.
45
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,830075 in 0,830076. Cfr. Ibidem.
46
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,847995 in 0,847996. Cfr. Ibidem.
47
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,923185 in 0,923186. Cfr. Ibidem.
48
Rudolf Bernoulli corregge il numero 0,941105 in 0,941106. Cfr. Ibidem.
CAPITOLO OTTAVO
I generi musicali

§ 1. Finora abbiamo trattato la natura dei suoni in generale e da questi abbiamo


esposto le regole per formare l’armonia, ma non si è ancora presentata
l’opportunità di esporre le regole particolari delle composizioni musicali. Prima
che queste regole possano essere conformate alla prassi, è infatti necessario consi-
derare gli strumenti musicali e come accordarli. E poiché i suoni che sono impiega-
ti per produrre le opere musicali si offrono all’udito per mezzo della viva voce o
degli strumenti, prima d’ogni altra cosa sia la voce, sia gli strumenti devono essere
resi adatti a produrre i suoni di cui c’è bisogno per esprimere le opere musicali.

§ 2. Dunque, dal momento che l’esponente dell’opera musicale contiene tutti i


suoni necessari, da questo medesimo esponente si intenderà quanti e quali suoni
devono trovarsi negli strumenti musicali. La costruzione degli strumenti musicali
dipende dunque dall’esponente delle opere musicali, che per mezzo di quegli stru-
menti si devono offrire all’udito, in modo tale che, se volessimo riprodurre le opere
musicali di altri esponenti, si ricerchino anche per queste altri strumenti musicali
che siano conformi a quegli esponenti.

§ 3. Una volta stabilito l’esponente dell’opera musicale dunque, gli strumenti de-
vono essere adeguati ai suoni da esprimere, in modo tale che in essi siano contenuti
tutti i suoni che quell’esponente comprende in sé, a meno che alcuni suoni non sia-
no troppo gravi o troppo acuti per poter essere percepiti dalle orecchie, e perciò
possono essere sicuramente omessi come superflui. Invece i suoni che l’esponente
stabilito contiene si calcolano in base ai suoi divisori, di conseguenza gli strumenti
musicali devono essere costruiti in modo tale che comprendano tutti i suoni perce-
pibili espressi dai divisori di quest’esponente. Al contrario, anche da un dato stru-
mento musicale si capisce a quale genere di produzioni musicali esso sia idoneo.

§ 4. Invero anche i suoni che sono contenuti in un dato strumento musicale sono
indicati egregiamente attraverso l’esponente, che finora è il minimo comune multi-
plo di tutti i suoni contenuti in quello strumento. Dunque, dall’esponente di uno
strumento musicale si capisce a quale specie di produzione musicale esso sia ade-
guato. Naturalmente, in questo strumento musicale non possono essere espresse
altre opere musicali, se il loro esponente non è divisore dell’esponente dello stru-
mento. Ma per questo si richiede che in uno strumento siano contenuti tutti i suoni
che nascono dai divisori del suo esponente; infatti, se alcuni di questi mancassero,
lo strumento sarebbe imperfetto e non idoneo alla pratica.

§ 5. Pertanto per costruire bene uno strumento musicale va scelto un esponente


adeguato che contenga gli esponenti di tutte le opere musicali da produrre per mez-
Capitolo VIII - I generi musicali 129

zo di esso.
zoCiò
di zo
esso.
fatto,
di esso.
Ciò
si devono
fatto,
Ciò fatto,
siricercare
devono
si
zodevono
dizo
ricercare
tutti
esso.
di zo
esso.
iricercare
divisori
Ciò
ditutti
zo
esso.
Ciò
fatto,
diifatto,
di
tutti
esso.
divisori
Ciò
siquest’esponente
devono
ifatto,
sidivisori
Ciò devono
difatto,
siquest’esponente
ricercare
devono
diricercare
siquest’esponente
devono
edricercare
tutti
intro- tutti
iricercare
divisori
editutti
intro-
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edidi
tutti
divisor
intro-
quest
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durre nello
durre
strumento
durre
nello nello
strumento
i suoni
strumento
che
i suoni
sono
durre
i suoni
che
espressi
durre
nello
sono
che
durre
nello
strumento
da
espressi
sonodurre
quei
nello
strumento
espressi
singoli
nello
strumento
dai suoni
quei istrumento
da
divisori,
suoni
singoli
quei
che i suoni
che
sono
singoli
ad
divisori,
i sono
suoni
che
eccezio-
espressi
divisori,
sono
espressi
che
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eccezio-
sono
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ad
quei
daeccezio-
espressi
quei
singoli
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que d
ne tuttavia
ne di
tuttavia
ne
quelli
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che, dell’eccessiva
ache,
necausa
tuttavia
nea causa
tuttavia
dell’eccessiva
ne dituttavia
dell’eccessiva
gravità
ne
quelli
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quelli
di
che,
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quelli
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che,
di
a causa
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quelli
ache,
ocausa
acutezza,
non
dell’eccessiva
ache,
ocausa
acutezza,
dell’eccessiva
possono
a causa
non
dell’eccessiva
possono
non
dell’eccessiva
gravità
possono
gravità
ograv
acu o
essere percepiti.
essereessere
percepiti.
Ma oltre
percepiti.
Ma
a questi
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Masuoni,
aoltre
essere
questi
essere
aper
questi
percepiti.
suoni,
essere
amore
percepiti.
suoni,
per
essere
percepiti.
diMa
amore
uniformità
per
Ma
oltre
percepiti.
amore
oltre
diMa
a uniformità
questi
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oltre
diMa
questi
ne
uniformità
suoni,
aoltre
possono
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suoni,
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suoni,
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possono
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suoni,
possono
per
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amore
uniformi
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fa-
amodi
cilmente cilmente
aggiungere
cilmente
aggiungere
altri,
aggiungere
affinché
altri, iaffinché
altri,
cilmente
suoni
cilmente
affinché
contenuti
icilmente
aggiungere
suoni
aggiungere
icilmente
suoni
contenuti
nelle
aggiungere
altri,
contenuti
singole
aggiungere
altri,
nelle
affinché
altri,
affinché
ottave
nelle
singoleialtri,
affinché
suoni
singole
diventino
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suoni
affinché
contenuti
i ottave
suoni
diventino
contenuti
i suoni
diventino
contenuti
nellenelle
conte
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uguali diuguali
numero.
uguali
di numero.
E questo
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Enon
questo
solo
E questo
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ammesso
solo
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di
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numero.
nella
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numero.
questo E
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questo
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non
è ammesso
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ma
non
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ammesso
pratica,
sì che
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gli strumenti
gli strumenti
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produrre
strumenti
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produrre
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produrre
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musicali.
perfetti
più
opere
più
siano
perfetti
più
opere
musicali.
siano
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perfetti
siano
musicali.
aattiprodurre
asiano
atti
produrre
a atti
produrre
più aopere
più
produrre
opere
più
musical
oper
mus
più

§ 6. Non§solo6. Non
§quindi
6. solo
Non qualunque
quindi
solo quindi §qualunque
qualunque 6.§Non
divisore 6. §solo
6.
dell’esponente
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Non §quindi
divisore
solo
Non 6. quindi
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solo
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preso
qualunque
quindi
solo
qualunque
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considerazione
preso
qualunque
divisore
preso
qualunque
in
divisore
considerazione
dell’esponente
in
divisore
considerazione
dell’esponente
divisore
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dell’
pres
introduceintroduce
un suono
introduce
unnello
suono
unstrumento,
suono
nello nello
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introduce
ma introduce
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anche introduce
unma ilsuono
un
introduce
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un
doppio,
anche
nello
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suo
nello
unstrumento,
ilquadruplo,
suono
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suo
nello
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nello
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quadruplo,
ma ottuplo,
strumento,
ma
anche
quadruplo,
anche
maottuplo,
il suo
anche
ma
il ottuplo,
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ecc… e parimenti
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ecc…
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ecc…
e parimenti
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ecc…
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metà,
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metà,
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la
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metà,
questa
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parte,
questa
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quarta
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parte,
ecc…
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ecc…
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C
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avverrà
ne avverrà
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ne
infatti
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che
detti
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infatti
che
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riempiti
infatti
tutti
gli
che
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intervalli
gli
tutti
che
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riempiti
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gli
un
tutti
intervalli
riempiti
numero
detti
gli
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intervalli
unda numero
detti
diapason un diapason
diapason numero
detti
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diap
uguale diuguale
suoniuguale
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maniera
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uguale
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suoni
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maniera
suoni
uguale
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siano
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Perciò
e simile.
siano
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suoni
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Perciò
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Perciò
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maniera
otterrà
divisi
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Percs
sto vantaggio
sto vantaggio
che,
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se un’ottava
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un’ottava
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un’ottava
correttamente
vantaggio
sto
è stata
vantaggio
sto
è correttamente
stata
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stoaccordata,
correttamente
che,
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se un’ottava
se
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accordata,
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da
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correttamente
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correttamente
stata
si riformino
accordata,
correttame
accord a
senza difficoltà
senzasenza
difficoltà
le altredifficoltà
ottave
le altresia
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sia
sia
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in
sia
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quan-
più
sia
sia
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acute
più
sia
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piùquan-
più
gravi;
acute
sia
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quan-
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gra
ep
49 49 49
to dei singoli
to deisuoni
tosingoli
dei contenuti
singoli
suonisuoni
contenuti
in un’ottava,
contenuti
to dei
in
to un’ottava,
dei
singoli
altri
in
tosingoli
un’ottava,
dei
sesuoni
tosingoli
nealtri
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suoni
produrranno
contenuti
singoli
se
altri
suoni
contenuti
ne se produrranno
suoni
contenuti
ne
indiun’ottava,
produrranno
in
contenuti
piùun’ottava,
acuti
indiun’ottava,
più
altri
inodiun’ottava,
altri
acuti
se
piùnese
altri
acuti
produrra
one se
altri
prod
one
più gravi più
di una
gravi
più o più
gravi
di una
ottave.
diouna
più oottave.
piùpiùottave.
gravi
più gravipiù
di una gravi
dipiù
una
o più
gravi
diounaottave.
piùdioottave.
una
più oottave.
più ottave.

§ 7. Se quindi
§ 7. Se §l’esponente
7.
quindi
Se quindil’esponente
dellol’esponente §dello
strumento 7.§Se 7.
dello § 7.
strumento
fosse
quindi
Se §l’esponente
strumento
quindi
A,
Se 7.
efosse
quindi
il’esponente
Se
suoi fosse
quindi
A,l’esponente
divisori
e dello
iA,suoi
l’esponente
dello
e strumento
ifossero
divisori
suoi
dello
strumento
divisori
1,dello
strumento
fossero
fosse
a, fosse strumento
fossero
A,
1, ea,
fosse
A,
i 1,
suoi
e fos
iA,
a, sud
b, c, d, e,b,ecc., b,oltre
c, d, c, ecc.,
e, d,aie,suonioltre
ecc., indicati
ai
oltresuoni
ai
b, da suoni
indicati
c, questi
b,d, c,e,indicati
b,ecc.,
d, da
divisori,
e,
c, ecc.,
questi
b,oltre
d, da c, ecc.,
e, oltre
questi
d, divisori,
ai
dovranno
e,suoni
oltre
ecc.,
aidivisori,
suoniindicati
dovranno
ai
oltre
essere
suoni
indicati
dovranno
ai da
suoni
introdotti
indicati
essere
questi
daindicati
questi
essere
introdotti
dadivisori,
questi
divisori,
da
introdotti
questi
dovran
divisodod
nello strumento
nello nello
strumento
anche strumento
i suoni
anche2, anche
i 2a,
suoni
nello
2b,
i suoni
2,
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strumento
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2,
nello
strumento
2b,
2a,
ecc.
2c,
nello
strumento
2b,anche
e2d, parimenti
2c,
strumento
anche
ecc.
i2d,suoni
anche
eiecc.
parimenti
suoni
4,2,
anche
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i 2a,
suoni
parimenti
2,4b,2a,
2b,
i 4,
suoni
2,
4c,
2b,
2c,
4a,
2a,
ecc.
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cui i suonicuisiano
i suoni
cuipercepibili.
i suoni
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percepibili.
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i suoni
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siano
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§ 8. Pertanto,
§ 8. Pertanto,
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strumenti
musicali
gliformemente
strumenti
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raggiungono
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gli
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le ottave,
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musicali
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strumenti
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musicali
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tempo
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senza
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ottave. ottave. ottave.

§ 9. In séguito,
§ 9. In
§ 9.dunque,
séguito,
In séguito,
prenderemo
dunque, § 9.come
dunque, §prenderemo
In9. séguito,
prenderemo §esponenti
In 9. § 9.
come
séguito,
In dunque,
séguito,
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prenderemo
dunque,
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dunque,
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opere
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ricercheremo m
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e quanti
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49 49 49 49
L’originale L’originale
latino L’originale
presenta
latino
il presenta
termine
latino presenta
autiores, il 49ma
il termine si 49
L’originale
termine
L’originale
tratta
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L’originale
latino
senza
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L’originale
presenta
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senza
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presenta
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di
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refuso
di
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ma
senza
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sicor-
autiores, senza
tratta
ma
dubbio
sicor-
dubb
senza
tratt
di
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reggibile
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in acutiores,
qui lezione
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lezione
quireggibile
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qui
reggibile
adottata.
inreggibile
in acutiores,
reggibile
acutiores, inlezione
lezione
in acutiores,
qui lezione
acutiores, adottata.
qui adottata.
lezione
qui adottata.
qui adottata.
130 Leonhard Euler

qualunque ottava debba contenere. Per A è tuttavia opportuno considerare solo i


numeri dispari, poiché sarebbe superfluo assumere i pari, a causa dei numeri binari
già contenuti in 2m. Qualunque esponente 2mA darà perciò una specifica divisione
dell’ottava, tanto in ragione del numero dei suoni, quanto in ragione degli intervalli
che i suoni hanno fra loro. Una divisione dell’ottava di questo tipo suole anche es-
sere chiamata dai musicisti genere musicale, e di tali generi tre sono conosciuti da
lungo tempo: il genere diatonico, cromatico ed enarmonico.

§ 10. Se il suono più grave dell’ottava, la cui divisione si ricerca da un dato e-


sponente 2mA, sarà E, il più acuto sarà 2E e i rimanenti suoni saranno compresi tut-
ti entro i limiti E e 2E. Perciò è opportuno che i singoli divisori dello stesso A
siano moltiplicati per potenze di due tali che siano maggiori di E o minori di 2E, e
tutti questi costrutti daranno suoni contenuti nell’ottava. Da ciò si capisce che
nell’ottava devono essere contenuti tanti suoni quanti sono i divisori di A, dal mo-
mento che ciascun divisore dello stesso A introduce un suono in ogni ottava.

§ 11. Se dunque l’esponente dello strumento, che d’ora in poi chiameremo espo-
nente del genere musicale, sarà 2map, essendo a numero primo, un’ottava conterrà
p + 1 suoni, poiché ap ha altrettanti divisori. Se invece l’esponente sarà 2mapbq,
nell’ottava saranno contenuti i suoni (p + 1) (q + 1) o pq + p + q + 1; infatti il nu-
mero apbq non ha più di tanti divisori, se invero a e b saranno numeri primi dise-
guali. Similmente l’esponente del genere 2mapbqcr darà i suoni (p + 1) (q + 1) (r +
1) contenuti entro l’intervallo di una sola ottava. Sulla base di ciò, dunque,
dall’esponente del genere si può giudicare quanti suoni siano contenuti in
un’ottava.

§ 12. Invero gli stessi divisori di A mostreranno quali siano questi suoni contenu-
ti in ciascuna ottava; infatti, i singoli divisori devono essere moltiplicati per le po-
tenze di due, tali che il massimo divisore stia al minimo in un rapporto minore del
doppio. E questo risulterà più facile attraverso i logaritmi che abbiamo qui adotta-
to, per mezzo dei quali, poiché il logaritmo di due è uno, subito apparirà chiaro per
quale potenza di due qualsiasi divisore debba esser moltiplicato, affinché i logarit-
mi di tutti i suoni non differiscano fra loro di più di una unità.

§ 13. Esamineremo dunque i generi musicali sia già noti, sia ignoti, dal più sem-
plice ai più complessi, che ovviamente possono essere usati, e per qualunque gene-
re rileveremo a quali opere musicali esso sia commisurato. Ora, il genere musicale
più semplice è 2m, che si avrà se A è uguale ad 1. Pertanto, nell’intervallo
dell’ottava è contenuto il solo suono 1, che il suono 2 segue subito salendo di
un’intera ottava. Dunque, tutti i suoni contenuti in uno strumento musicale saranno
1 : 2 : 4 : 8 : 16, poiché raramente gli strumenti musicali abbracciano più di quattro
Capitolo VIII - I generi musicali 131

ottave50. Tuttavia questo genere, per l’eccessiva semplicità, è inadatto a produrre


qualche armonia.

§ 14. L’esponente 2mA, dunque, darà nell’ordine il genere musicale successivo,


se si pone A = 3, i cui divisori sono 1 e 3; quindi i suoni che costituiscono l’ottava
sono 2 : 3 : 4. In questo genere l’ottava è perciò divisa in due parti, delle quali la
prima è un intervallo di quinta, la seconda di quarta. E ancora, la forma di questa
ottava, considerando 3 il suono più basso, può essere rappresentata così 3 : 4 : 6,
dove l’intervallo inferiore è una quarta, quello superiore invece una quinta. Infatti
tutti i suoni dello strumento, disposti secondo l’esponente 2m · 3, saranno 2 : 3 : 4 :
6 : 8 : 12 : 16 : 24 : 32. Tuttavia questo genere è troppo semplice, tanto che non è
mai entrato nella pratica.

§ 15. Fino ad oggi in musica non si sono ammesse altre consonanze, se non quel-
le i cui esponenti siano costituiti dai soli numeri primi 2, 3 e 5, cosicché i musicisti,
nel formare le consonanze, non sono andati oltre il quinario. Perciò, anche qui

50
Questa affermazione, chiaramente riferita al clavicembalo, appare importantissima dal punto di vista
storico, in quanto permette di inquadrare – andando forse oltre le stesse intenzioni dell’autore – la tipo-
logia di strumento prevalentemente in uso nell’Europa orientale e in Russia nel periodo di stesura del
saggio. Nel primo capitolo, infatti, Euler ci aveva già comunicato l’altezza del La3 di un registro di otto
piedi, codificabile in 392 Hz. (Per particolari cfr. cap. I, par. 10, p. 61, e soprattutto la nota 8). Ora
l’autore ci fornisce altre informazioni. Sostiene infatti che il cembalo composto da quattro ottave fosse
quello maggiormente in uso all’epoca, e ne conferma l’àmbito (cfr. cap. XII, par. 16, p. 175, e par. 20,
p. 188) – appunto – in quattro ottave basate su C (Do1). In questo modo, egli da un lato chiarisce ine-
quivocabilmente la questione, fugando ogni dubbio sulle ricorrenti citazioni del tasto F (Fa1), che po-
trebbero ingenerare confusione sull’àmbito della tastiera; dall’altro ci dà conferma della diffusione,
ancora intorno agli anni trenta del secolo, di questi strumenti, la cui estensione della tastiera trovava
origine nei modelli italiani e fiamminghi secenteschi, con la sola differenza dell’ottava bassa stesa,
anziché corta italiana. Naturalmente esistevano anche altri strumenti con un’estensione maggiore; lo
stesso Euler vi accenna nel secondo dei passi succitati. Non è certamente questa la sede per affrontare
un problema così vasto e complesso, tuttavia, a conferma della validità di queste affermazioni, basterà
osservare che una pietra miliare della musica come il Clavicembalo ben temperato (Das wohltemperir-
te Clavier) di Johann Sebastian Bach è tranquillamente eseguibile su un cembalo con quest’àmbito.
Del resto, ancora nel 1753, Carl Philipp Emanuel Bach, nella prima parte del suo saggio, parlando del-
le caratteristiche richieste a un clavicordo di buona fattura, dice: «Ecco gli attributi che un buon clavi-
cordo deve avere: oltre a un bel suono, carezzevole, un numero di tasti sufficiente, che deve estendersi
almeno dal Do grave al Mi5. Questo Mi5 è necessario per provare su di esso anche musiche scritte per
altri strumenti che possono raggiungere il Mi5 abbastanza comodamente. Per questa ragione i composi-
tori si spingono volentieri così in alto». Cfr. C. PH. E. BACH, Versuch über die wahre Art, das Klavier
zu spielen, Berlin, 1753; trad. it. Saggio di metodo per la tastiera, L’interpretazione della musica ba-
rocca, a cura di Gabriella Gentili Verona, Milano, Edizioni Curci, sesta edizione, 1991, pp. 25-26. (Va
tuttavia precisato che la nota Mi5 è stata da me corretta, in quanto palese fraintendimento della curatri-
ce della traduzione nella conversione della nomenclatura anglosassone in quella italiana. Il testo tradot-
to presenta infatti la nota Mi3, che è una parziale, ma scorretta traslitterazione del testo originale).
Tutto ciò permette di ridimensionare notevolmente l’idea, oggi diffusa, che nella prima metà del Sette-
cento la maggior parte degli strumenti d’oltralpe avesse un àmbito di cinque ottave con nota base Fa0,
fermo restando il fatto che diverse composizioni dell’epoca lo prevedono, o comunque abbisognano di
una tastiera con un numero di tasti superiore alle quattro ottave.
132 Leonhard Euler

all’inizio per indicare A non prenderò in considerazione altri numeri eccetto 3 e 5 e


le loro potenze; quindi, trattati questi generi musicali che da qui possono nascere,
tenteremo di introdurre anche il 7, dal quale forse infine si potranno creare nuovi
generi musicali e comporre opere musicali nuove e non ancora udite.

§ 16. Il terzo genere musicale sarà dunque 2m · 5, nel quale i suoni contenuti
nell’ottava sono 4 : 5 : 8, e di questi due intervalli l’inferiore dà la terza maggiore,
il superiore la sesta minore. Però, questo genere non può essere utilizzato sia per-
ché è troppo semplice, sia perché contiene il numero 5, omesso il 3, e perciò ha
consonanze più complesse di quelle più semplici tralasciate. Sarebbe infatti conve-
niente usare nelle consonanze i numeri primi maggiori, tralasciati i minori, per il
fatto che in questo modo l’armonia risulterebbe più complessa del necessario e
meno gradita.

§ 17. In questi due generi vi fu in A un’unica misura, 3 o 5. Perciò, prendiamo


ora due misure, e l’esponente di quarto genere sia 2m · 32, nel quale i divisori della
quantità A, ovvero 32, sono 1 : 3 : 9. Dunque, l’ottava conterrà questi suoni 8 : 9 :
12 : 16, e consiste in tre intervalli il primo dei quali è il tono maggiore e gli altri
due in realtà sono quarte. E questo è il primo genere che si dice fosse entrato
nell’uso, il cui autore è stato il primo inventore della musica in Grecia, cioè Mercu-
rio, il quale formò questi quattro suoni da altrettante corde, per cui lo strumento è
stato chiamato tetracordo. E a partire da questo strumento i musicisti successivi,
per dimostrare la loro venerazione verso Mercurio, sono stati soliti dividere i loro
generi più complessi in tetracordi.

§ 18. Dunque, in questo primo genere della musica, che si accorda magnifica-
mente con le leggi dell’armonia, e anche per questo ha trascinato ad un sommo li-
vello di ammirazione gli ascoltatori che fino ad allora non avevano conosciuto
nessuna armonia, tranne la quinta, la quarta, il tono maggiore e l’ottava, non erano
stati trovati altri intervalli graditi alle orecchie. E anche dopo questo tempo, fino a
quelli di Tolemeo rimase ignota la consonanza chiamata terza, dal momento che
Tolemeo per primo la introdusse nella musica.

§ 19. L’esponente del quinto genere musicale sarà 2m · 3 · 5, perché a causa dei
divisori 1 : 3 : 5 : 15 dello stesso 3 · 5, conterrà in un’ottava i suoni 8 : 10 : 12 : 15 :
16. Gode quindi del tutto felicemente dell’intervallo di terza maggiore e minore, di
sesta maggiore e minore, di quinta e quarta, del semitono maggiore e della settima
maggiore. Tuttavia, non risulta che questo genere fosse mai stato in uso, sebbene
fosse dotato di maggiore varietà del precedente genere di Mercurio. La ragione di
tutto ciò è senza dubbio il fatto che, fino a Tolemeo, abbiano ignorato la terza sia
maggiore che minore, a causa del numero 5; ma costui finalmente avrebbe intro-
dotto un genere più composto.
Capitolo VIII - I generi musicali 133

§ 20. L’esponente 2m · 52 costituisce il sesto genere, nella cui ottava, a causa dei
divisori 1 : 5 : 25 dello stesso 52, sono contenuti i suoni che hanno questo rapporto
16 : 20 : 25 : 32, dai quali l’ottava è divisa in tre intervalli, di cui i primi due sono
di terza maggiore, mentre l’ultimo una terza maggiore con diesis. E non stupisce
che questo genere non sia mai entrato nell’uso, sia perché in tempi assai antichi le
terze erano sconosciute, sia perché le consonanze contenute in questo genere non
erano abbastanza piacevoli, e a ciò si aggiunge il fatto che questo genere manca di
intervalli piacevolissimi come la quinta e la quarta.

§ 21. Il settimo genere sarà per noi quello il cui esponente è 2m · 33. Dunque, i
divisori dello stesso 33 sono 1 : 3 : 9 : 27, dai quali si forma l’ottava seguente 16 :
18 : 24 : 27 : 32, e che, d’altra parte, non risulta sia mai stato in uso. L’esponente
dell’ottavo genere è 2m · 32 · 5, i cui divisori dispari sono sei, 1 : 3 : 5 : 9 : 15 : 45,
per cui i suoni seguenti 32 : 36 : 40 : 45 : 48 : 60 : 64, costituiranno l’ottava. E que-
sto genere racchiude la somma grazia e meriterebbe di essere recuperato all’uso, se
non fosse già contenuto nei generi comuni. Il nono genere ha l’esponente 2m · 3 · 52
e nell’ottava contiene i seguenti suoni 64 : 75 : 80 : 96 : 100 : 120 : 128; invece il
decimo genere di esponente 2m · 53 avrà nell’ottava questi suoni 64 : 80 : 100 :
125 : 128.

§ 22. Quindi, l’undicesimo genere avrà come esponente 2m · 34 perciò nell’ottava


conterrà i suoni 64 : 72 : 81 : 96 : 108 : 128. Si deve notare, riguardo a questo ge-
nere come anche al precedente, che in essi vi sono degli intervalli e delle conso-
nanze, che non sono contenuti nel genere ammesso anche ai nostri giorni. Perciò,
anche il genere che ora è in uso e che si chiama diatonico-cromatico, non com-
prende questi due ultimi generi; in realtà comprende in sé tutti i generi precedenti,
cosicché il genere ora in uso serve anche a quelle opere musicali alle quali sono
applicati tutti i generi precedenti.

§ 23. Il dodicesimo genere, a sua volta, è determinato dall’esponente 2m · 33 · 5,


dunque nell’ottava conterrà questi otto suoni 128 : 135 : 144 : 160 : 180 : 192 : 216
: 240 : 256. E questo genere concorda assai da vicino con il genere diatonico degli
antichi, anche se gli antichi hanno collocato soltanto sette suoni in questo genere.
Infatti, omesso il suono 135, questo genere concorda innanzitutto con il genere dia-
tonico sintono di Tolemeo, nel quale l’ottava si divide in due tetracordi, dei quali
ciascuno comprende un intervallo diatessaron e si divide in tre intervalli in modo
tale che il più piccolo sia il semitono maggiore, seguendo il tono maggiore e il ter-
zo il tono minore.

§ 24. In realtà, anche questo nostro genere ha la stessa divisione, omesso il suono
135; iniziando infatti l’ottava dal suono 120, avrà questa forma:

120 : 128 : 144 : 160 | 180 : 192 : 216 : 240


134 Leonhard Euler

delle quali due parti, l’una e l’altra è l’intervallo diatessaron, diviso in modo tale
che gli intervalli più piccoli 120 : 128 e 180 : 192 siano semitoni maggiori, i medi
128 : 144 e 192 : 216 toni maggiori, i più grandi 144 : 160 e 216 : 240 toni minori.
Pertanto, il genere diatonico di Tolemeo era dotato di singolare dolcezza, come an-
che dall’esperienza è testimoniato, dal momento che questo genere è ancora oggi in
uso, mentre si trascurano altri generi degli antichi, dotati di minore o di nessuna
grazia.

§ 25. Dal momento che poi questo genere diatonico degli antichi manca del suo-
no 135, che tuttavia ugualmente appartiene all’ottava come i rimanenti, non si deve
stimare certamente per perfetto; nondimeno tuttavia, poiché tanto grande è la coe-
renza tra questo e il nostro genere duodecimo, lo chiameremo diatonico corretto. Si
capisce inoltre da ciò, quanto ostinatamente gli antichi musicisti aderirono al primo
ritrovato di Mercurio, così da dividere gli strumenti musicali in tetracordi e i singo-
li tetracordi in tre parti, e questo ordinamento si presentò abbastanza armoniosa-
mente in questo genere, mentre negli altri fu la causa di un’armonia sgradevole.

§ 26. Oltre a questo genere diatonico sintono di Tolemeo, furono in uso presso
gli antichi molte specie del genere diatonico, e i loro intervalli contenuti in tetra-
cordi singoli si disponevano così:

Diatonico di Pitagora 243 : 256; 8 : 9; 8 : 9


Diatonico molle 20 : 21; 9 : 10; 7 : 8
Diatonico tonico 27 : 28; 7 : 8; 8 : 9
Diatonico uguale 11 : 12; 10 : 11; 9 : 10

E in tutti questi vi era la seguente regola, che il primo intervallo fosse all’incirca
un semitono, gli altri due all’incirca toni, e tutti insieme completassero una quarta.
Si capisce inoltre facilmente quanto imperfetti e assurdi siano questi generi, cosic-
ché non ci si deve meravigliare che siano totalmente estinti.

§ 27. Come dunque ai nostri giorni gli strumenti musicali vengono solitamente
divisi secondo le ottave, e tutte le ottave sogliono essere distribuite egualmente,
così gli antichi amavano dividere i loro strumenti per quarte e amavano spartire le
singole quarte ugualmente in tre intervalli, e nel fare ciò seguivano il tetracordo di
Mercurio più della stessa armonia. E specialmente i musicisti pitagorici portarono a
termine questa divisione con numeri arbitrari, senza alcun riguardo per l’armonia,
come appare abbastanza chiaramente dagli esempi riportati; e in questo modo, con
codesti numeri portarono non poco danno alla musica, cosicché sono stati ripresi
giustamente da Aristosseno e dai suoi seguaci.

§ 28. D’altro canto, il genere diatonico sintono di Tolemeo, che è scaturito feli-
cemente da questo modo ingiusto di trattare la musica, a buon diritto è ancora in
Capitolo VIII - I generi musicali 135

uso, e siuso,
può eosservare
si può osservare
nei cembali,
nei cembali,
nei clavicordi
nei clavicordi
e negli altri
e negli
strumenti
altri strumenti
a tastieraa tastiera
nei qualinei
si hanno
quali sitasti
hanno
di doppio
tasti digenere,
doppio deigenere,
qualidei
i più
quali
lunghi
i piùedlunghi
inferiori
ed inferiori
emetto- emetto-
no suoninodelsuoni
genere
deldiatonico
genere diatonico
sintono. sintono.
Perciò, allo
Perciò,
stesso
allomodo
stessoinmodo
cui siinindicano
cui si indicano
questi tasti
questi
contasti
le lettere,
con le così
lettere,
anchecosìglianche
stessiglisuoni
stessisono
suoni
indicati
sono indicati
comodamente
comodamente
dalle medesime
dalle medesime
lettere. Di
lettere.
qui, dunque,
Di qui, dunque,
il suono il192
suono
sarà192indicato
sarà indicato
con C, econi se-
C, e i se-
guenti 216,
guenti
D; 240,
216, E;D;256,
240, F;
E;288,
256,G; F; 320,
288, A;G; 360,
320, H;A; e360,
384,H;c.e 384, c.

§ 29. Con § 29.le stesse


Con lelettere
stessepoi, lettere
ma poi,
minuscole,
ma minuscole,
si indicanosi indicano
i suoni piùi suoni
acutipiùdi acuti di
un’ottava,
un’ottava,
ossia espressi
ossia espressi
da numeri dadue
numerivoltedue
piùvolte
grandi;
più egrandi;
queste elettere
questeminuscole
lettere minuscole
con una con
o piùuna ottave
o piùindicano
ottave indicano
i suoni più i suoni
acuti.più
Così,
acuti.
320
Così,
sia A,
320sarà
sia 640,
A, sarà
a; 1280,
640, a; 1280,
a'; 2560,a';a'';2560,
5120,a'';a''';
5120,
etc. a''';
Perciò,
etc. aPerciò,
lettere amaiuscole
lettere maiuscole
o minuscole o minuscole
di questoditipoquesto tipo
corrisponderanno
corrisponderanno
suoni espressi
suoni espressi
da numeri dasuccessivi.
numeri successivi.
Cioè, con Cioè,
C sicon
indicano
C si indicano
tutti tutti
i suoni contenuti
i suoni contenuti
in questainformula 2n · 3; con
questa formula 2n D
· 3;i suoni
con Dcontenuti in 2n · 33in
i suoni contenuti 2n ·E33i; con E i
; con
suoni contenuti in 2n · 3 in
suoni contenuti · 5;2ncon
· 3 ·F5;i suoni
con Fcontenuti
i suoni contenuti
in 2n; con in G2n;i suoni
con Gcontenuti
i suoni contenuti
n 2 n 2
in 2 · 3 in 2 · A3 i; suoni
; con con Acontenuti
i suoni contenuti
in 2n · 5;ine2ncon· 5;
H ei suoni
con Hcontenuti in 2n · 32in· 5.
i suoni contenuti 2n · 32 · 5.
n 3 n 3
Invece, ilInvece,
suono ilomesso
suono 2omesso · 3 · 25 nel· 3 genere
· 5 nelcomune
genere comune
si chiamasi Fs,
chiama
ed è Fs,
un Fedconè un F con
semitono.semitono.

§ 30. L’esponente 2n · 32 · 522n costituisce


§ 30. L’esponente · 32 · 52 costituisce
il successivo
il successivo
genere decimo
genere terzo,
decimo la terzo,
cui la cui
ottava dunque
ottava compongono
dunque compongono
questi 9 questi
suoni, 9128
suoni,
: 144128: 150
: 144
: 160
: 150
: 180
: 160
: 192
: 180
: 200
: 192
: : 200 :
225 : 240225
: 256,
: 240e :a 256,
questoe agenere
questosembrano
genere sembrano
aver miratoavergli
mirato
antichi
gliquando
antichi trova-
quando trova-
rono il genere
rono ilcromatico,
genere cromatico,
anche seanchenon percepirono
se non percepirono
alcuna armonia
alcuna armonia
in questoingene-
questo gene-
re cromatico.
re cromatico.
Stabilirono
Stabilirono
infatti ininfatti
primoinluogo
primodue luogosemitoni
due semitoni
nel tetracordo
nel tetracordo
di di
questo genere,
questo egenere,
dopo questi
e dopouna questi
terzaunaminore,
terza minore,
ossia piuttosto
ossia piuttosto
il complemento
il complemento
di di
due semitoni
due semitoni
alla quarta.
allaInvece,
quarta. nel
Invece,
nostro
nelgenere
nostrosigenere
ascoltano
si ascoltano
due voltedue duevolte
semi-due semi-
toni, ai quali,
toni, aiomessi
quali, un
omessi
certoun numero
certo numero
di suoni,diseguono
suoni, seguono
le terze minori;
le terze eminori;
intantoe intanto
necessariamente
necessariamente
il genereilcromatico
genere cromatico
degli antichi
deglieraantichi
alquanto
era alquanto
imperfetto imperfetto
e perciò e perciò
questo genere
questodecimo
genere terzo
decimoè stato
terzoa èbuon
statodiritto
a buondadiritto
noi corretto
da noi incorretto
cromatico.
in cromatico.

§ 31. Presso
§ 31.gli
Presso
antichi
glisiantichi
trovavano
si trovavano
principalmente
principalmente
tre specietredispecie
generedicromati-
genere cromati-
co, che essi
co, che
dividevano
essi dividevano
in due tetracordi,
in due tetracordi,
che poi dividevano
che poi dividevano
in tre intervalli,
in tre intervalli,
che si che si
trovavanotrovavano
così in quelle
così intrequelle
specie.tre specie.

CromaticoCromatico
antico antico243 : 256;243 67 :: 76;
256;4864
67 : :76;
54274864 : 5427
CromaticoCromatico
molle molle 27 : 28; 1427: 15;
: 28;5 14
: 6 : 15; 5 : 6
CromaticoCromatico
sintono sintono 21 : 22; 1121: 12;
: 22;6 11
: 7 : 12; 6 : 7

ChiunqueChiunque
vedrà facilmente
vedrà facilmente
quanto unaquanto
qualsiasi
una qualsiasi
specie dispecie
questodigenere
questocromati-
genere cromati-
co si opponga
co si opponga
ai veri princìpi
ai veri princìpi
dell’armonia.
dell’armonia.
Invece, avrebbero
Invece, avrebbero
potuto richiamare
potuto richiamare
all’uso questo
all’uso nostro
questogenere
nostro cromatico,
genere cromatico,
mantenuta
mantenuta
la divisione
la divisione
in tetracordi,
in tetracordi,
nel nel
seguenteseguente
modo, omessi
modo,i omessi
suoni 225
i suoni
e 150,
225accogliendo
e 150, accogliendo
questi suoni
questi
nell’ottava:
suoni nell’ottava:

120 : 128;120
144: :128;
160 144
| 180
: 160
: 192;
| 180
200: :192;
240 200 : 240
136 Leonhard Euler

nei
neiquali
qualilaladivisione
divisionedel
delprimo
primotetracordo
tetracordoè èdiatonica
diatonicasintona,
sintona,mentre
mentredel
delsecondo
secondo
cromatica
cromaticagenuina.
genuina.

§ §32.32.Il Ilquattordicesimo
quattordicesimogenere
genereil ilcui esponenteè è2m2m· 3· 3· 5· 35, 3nell’ottava
cuiesponente , nell’ottavaavrà
avràque-
que-
stistisuoni
suoni256 256: 300
: 300: 320
: 320: 375
: 375: 384
: 384: 400
: 400: 480
: 480: 500
: 500: 512;
: 512;chiameremo
chiameremoquesto questoge-
ge-
nere
nereenarmonico
enarmonicocorretto,
corretto,dal
dalmomento
momentoche chesembra
sembraavvicinarsi
avvicinarsiininqualche
qualchemodo
modoalal
genere
genereenarmonico
enarmonicodegli degliantichi.
antichi.E Eproprio
propriogligliantichi
antichitralasciarono
tralasciaronoleleseguenti
seguentidi-di-
visioni
visionididiquestoquestogenere
generediditetracordo:
tetracordo:

Enarmonico
Enarmonicoantico
antico 125
125: 128;
: 128;243243
: 250;
: 250;6464
: 81
: 81
Enarmonico
Enarmonicotolemaico
tolemaico 4545
: 46;
: 46;2323: 24;
: 24;
4 :45: 5

nessuna
nessunadelle
dellequali
qualipuò
puòstare
starecon
conl’armonia.
l’armonia.Invece
Invecegligliantichi
antichiavrebbero
avrebberopotuto
potutou-u-
sare
sarecon
conunaunaqualche
qualchegrazia,
grazia,alalposto
postodel
delgenere
genereenarmonico,
enarmonico,questa
questadivisione
divisione
dell’ottava
dell’ottavainintetracordi
tetracordie equesta
questadivisione
divisionedei
deitetracordi:
tetracordi:

240
240
: 250
: 250
: 256
: 256
: 320
: 320| 375
| 375
: 384
: 384
: 400
: 400
: 480
: 480

omesso
omessocioè
cioèil ilsuono
suono300;
300;ma
mamancando
mancandoquesto
questostesso
stessosisideve
deveritenere
ritenereil ilgenere
genere
imperfetto.
imperfetto.

§ §33.
33.Il Ilgenere
generedecimodecimoquinto
quintosarà saràcontenuto
contenutoininquesto esponente2m2m· ·5454e e
questoesponente
nell’ottava
nell’ottavaavrà avrài seguenti
i seguentisuoni:
suoni:512 512: 625
: 625: 640
: 640: 800
: 800: 1000
: 1000: 1024;
: 1024;ma maquesto
questo
genere,
genere,a acausa
causadegli
degliintervalli
intervallipiù piùduri
durie eperpermancanza
mancanzadidiconsonanze
consonanzepiù piùgradevo-
gradevo-
li,li,non
nonpuòpuòessere
essereusatousatocome
cometerzo
terzofrafraleleconsonanze
consonanzeesposte. L’esponente2m2m· 3· 535
esposte.L’esponente
costituirà
costituiràpoi poiil ilgenere
generedecimo
decimosesto,
sesto,e enellanellasua
suaottava
ottavasaranno
sarannocontenuti
contenutiquesti
questi
suoni:
suoni:128128: 144
: 144: 162: 162: 192
: 192: 216
: 216: 243
: 243: 256;
: 256;e equesto
questogenere,
genere,per permancanza
mancanzadelle delle
consonanze
consonanzenate natedal dal5,5,non
nonhahasufficiente
sufficientevarietà.
varietà.Invece
Inveceil ilgenere
generedecimo
decimosettimo,
settimo,
espresso
espressocon l’esponente2m2m· 3· 43·4 5,
conl’esponente · 5,sembra
sembraessere
essereil ilmeno
menosconveniente
sconvenienteadadessere
essere
accolto
accoltonella
nellapratica,
pratica,infatti
infattiunaunasua
suaottava
ottavaqualsiasi
qualsiasiconterrà
conterrài seguenti
i seguentisuoni
suoniininor-
or-
dine
dinedidirapporto:
rapporto:256 256: 270
: 270: 288
: 288: 320
: 320: 324
: 324: 360
: 360: 384
: 384: 405
: 405: 432
: 432: 480
: 480: 512.
: 512.
Contro
Controquesto
questogenere
generenon nonsisipuòpuòeccepire
eccepirenulla,
nulla,sesenon
nonche
cheininesso
essooccorrono
occorronointer-
inter-
valli
vallitroppo
troppopiccoli,
piccoli,comecomeil ilcomma,
comma,percepibili
percepibilia amalamalapena
penadall’udito.
dall’udito.

§ §34.
34.Dovrebbe
Dovrebbeseguire seguireoraoral’esposizione
l’esposizionedel delgenere
generedecimo
decimoottavo,
ottavo,il ilcui
cuiespo-
espo-
nenteè è2m2m· 3· 33·3 5· 25; 2che
nente ; cheininrealtà
realtàmerita
meritadidiessere
esseretrattato
trattatoininununcapitolo
capitoloa aparte,
parte,poi-
poi-
ché
chéè èlolostesso
stessogenere
generediatonico
diatonicocromatico
cromaticousato
usatoaiainostri
nostrigiorni
giornidadatutti
tuttii musicisti.
i musicisti.
DaDaultimo,
ultimo,affinché
affinchéi generi i generifinora
finoraesposti
espostisiano
sianopiù piùchiaramente
chiaramentevisibili
visibilicoicoiloro
loro
esponenti,
esponenti,ciciè èsembrato
sembratoopportuno
opportunoaggiungere
aggiungerelalaseguente
seguentetabella,
tabella,nella
nellaquale
qualesono
sono
descritti
descrittisiasiagligliesponenti
esponentididiciascunciascungenere,
genere,siasiai suoni
i suonicontenuti
contenutiininciascuna
ciascunaottava,
ottava,
e ecosì
cosìpure
puregligliintervalli
intervallifrafrasuoni
suonicontigui.
contigui.Ho Hoaggiunto
aggiuntoanche
anchei nomi
i nomiassunti
assuntidaidai
suoni,
suoni,e ehohosegnalato
segnalatocon conununasterisco
asteriscoscritto
scrittoaccanto
accantoallaallalettera
letterai isuoni
suoniignoti
ignoti
aiaipiù.
più.
Capitolo VIII - I generi musicali 137

TABELLA DEI GENERI MUSICALI


Note
musicali Suoni Intervalli Nomi degli intervalli
I GENERE; esponente 2m
F [PER LA TIPOGRAFIA:
1
inserire qui 2il file] 1:2 Diapason o Ottava
f
II GENERE; esponente 2m · 3
F 2
2:3 Diapente o Quinta
c 3
3:4 Diatessaron o Quarta
f 4
III GENERE; esponente 2m · 5
F 4
4:5 Terza maggiore
A 5
5:8 Sesta minore
f 8
IV GENERE; esponente 2m · 32
F 8
8:9 Tono maggiore Genere musicale
G 9
3:4 Quarta antichissimo di
c 12
3:4 Quarta Mercurio
f 16
V GENERE; esponente 2m · 3 · 5
F 8
4:5 Terza maggiore
A 10
5:6 Terza minore
c 12
4:5 Terza maggiore
e 15
15 : 16 Semitono maggiore
f 16
VI GENERE; esponente 2m · 52
F 16
4:5 Terza maggiore
A 20
4:5 Terza maggiore
cs 25
25 : 32 Terza maggiore con Diesis
f 32
VII GENERE; esponente 2m · 33
F 16 8:9 Tono maggiore
3:4 Quarta
8:9 Tono maggiore
27 : 32 Terza minore diminuita di un comma
VIII GENERE; esponente 2m · 32 · 5
F 32
8:9 Tono maggiore
G 36
9 : 10 Tono minore
A 40
8:9 Tono maggiore
H 45
15 : 16 Semitono maggiore
c 48
4:5 Terza maggiore
e 60
15 : 16 Semitono maggiore
f 64
138 Leonhard Euler

IX GENERE; esponente 2m · 3 · 52
F 64
64 : 75 Terza minore diminuita di un Diesis
Gs 75
15 : 16 Semitono maggiore
A 80
5:6 Terza minore
c 96
24 : 25 Semitono minore
cs 100
5:6 Terza minore
e 120
15 : 16 Semitono maggiore
f 128
X GENERE; esponente 2m · 53
F 64
4:5 Terza maggiore
A 80
4:5 Terza maggiore
cs 100
4:5 Terza maggiore
f* 125
125 : 128 Diesis enarmonico
f 128
XI GENERE; esponente 2m · 34
F 64
8:9 Tono maggiore
G 72
8:9 Tono maggiore
A* 81
27 : 32 Terza minore diminuita di un comma
c 90
8:9 Tono maggiore
d 108
27 : 32 Terza minore diminuita di un comma
f 128
XII GENERE; esponente 2m · 33 · 5
F 128
128 : 135 Limma minore
Fs 135
15 : 16 Semitono maggiore
G 144
9 : 10 Tono minore
A 160
8:9 Tono maggiore Genere Diatonico corretto degli
H 180
15 : 16 Semitono maggiore Antichi
c 192
8:9 Tono maggiore
d 216
9 : 10 Tono minore
e 240 15 : 16 Semitono maggiore
f 256
XIII GENERE; esponente 2m · 32 · 52
F 128
G 144 8:9 Tono maggiore
24 : 25 Semitono minore
Gs 150
15 : 16 Semitono maggiore
A 160
8:9 Tono maggiore
H 180 Genere Cromatico corretto degli
15 : 16 Semitono maggiore
c 192 Antichi
24 : 25 Semitono minore
cs 200
8:9 Tono maggiore
ds 225
15 : 16 Semitono maggiore
e 240 15 : 16 Semitono maggiore
f 256
Capitolo VIII - I generi musicali 139

XIV GENERE; esponente 2m · 3 · 53


F 256
Gs 300 64 : 75 Terza minore diminuita di un Diesis
15 : 16 Semitono maggiore
A 320
64 : 75 Terza minore diminuita di un Diesis Genere
H* 375
125 : 128 Diesis enarmonico Enarmonico
c 384
24 : 25 Semitono minore corretto degli
cs 400
5:6 Terza minore Antichi
e 480
24 : 25 Semitono minore
f* 500
125 : 128 Diesis enarmonico
f 512
XV GENERE; esponente 2m · 54
F 512
512 : 625 Terza maggiore diminuita di un Diesis
A* 625
125 : 128 Diesis enarmonico
A 640
4:5 Terza maggiore
cs 800
4:5 Terza maggiore
f* 1000
125 : 128 Diesis enarmonico
f 1024
XVI GENERE; esponente 2m · 35
F 128
8:9 Tono maggiore
G 144
8:9 Tono maggiore
A* 162
27 : 32 Terza minore diminuita di un comma
c 192
8:9 Tono maggiore
d 216
8:9 Tono maggiore
e* 243
243 : 256 Limma pitagorico
f 256
XVII GENERE; esponente 2m · 34 · 5
F 256
Fs 270 128 : 135 Limma minore
G 288 15 : 16 Semitono maggiore
9 : 10 Tono minore
A 320
80 : 81 Comma
A* 324
9 : 10 Tono minore
H 360
15 : 16 Semitono maggiore
c 384
128 : 135 Limma minore
cs 405
15 : 16 Semitono maggiore
d 432 9 : 10 Tono minore
e 480 15 : 16 Semitono maggiore
f 512
CAPITOLO NONO
Il genere diatonico-cromatico

§ 1. La ragione per chiamare il nostro genere decimo ottavo Diatonico-cromatico


è evidente dallo stesso esponente 2m · 33 · 52, dal momento che questo è il minimo
comune multiplo degli esponenti del genere diatonico 2m · 33 · 5 e del cromatico 2m
32 · 52, e perciò presenta questi due generi congiunti. Da ciò è lecito subito suppor-
re che questo nostro genere converrà col genere accolto oggi dai musicisti, anche
se i musicisti formarono questo genere dal cromatico e dal diatonico degli antichi.

§ 2. Per prima cosa, dunque, ricercheremo i suoni che devono essere contenuti in
qualunque ottava del nostro genere. Perciò prenderemo tutti i divisori del numero
33 · 52 che sono i seguenti 1, 3, 5, 32, 3 · 5, 52, 33, 32 · 5, 3 · 52, 33 ·5, 32 · 52, 33 · 52,
ossia in numeri ordinari 1, 3, 5, 9, 15, 25, 27, 45, 75, 135, 225, 675. Dal momento
che il più grande fra questi è 675, gli altri dovranno essere moltiplicati per le po-
tenze di due tali che siano tutti contenuti nel rapporto 1 : 2, cioè nell’intervallo dia-
pason. Quindi, questi numeri, disposti secondo l’ordine di quantità, daranno questi
suoni successivi di un’ottava 512 : 540 : 576 : 600 : 640 : 675 : 720 : 768 : 800 :
864 : 900 : 960 : 1024.

§ 3. In un’ottava di questo nostro genere saranno dunque contenuti 12 suoni, e


questo numero concorda anche con il numero dei suoni del comune genere diatoni-
co-cromatico; se poi i suoni siano propriamente gli stessi nei due generi, lo mostre-
ranno gli intervalli. Anche nel nostro genere gli intervalli progrediscono fra suoni
contigui in questo ordine:

512
Limma minore
540
Semitono maggiore
576
Semitono minore
600
Semitono maggiore
640
Limma minore
675
Semitono maggiore
720
Semitono maggiore
768
Semitono minore
800
Limma maggiore
864
Semitono minore
900
Semitono maggiore
960
Semitono maggiore
1024

Vedremo come questi intervalli concordino con la divisione comune dell’ottava.


Capitolo IX - Il genere diatonico-cromatico 141

§ 4. Sebbene i musicisti dissentano ancora circa la divisione dell’ottava, e si ser-


vano dei più svariati modi da una parte e dall’altra, tuttavia ne appresi uno tra gli
altri scritti dei musicisti, che sembra provato al massimo grado. In questo gli inter-
valli progrediscono iniziando dal suono F in questo modo:

F
Limma minore
Fs
Semitono maggiore
G
Semitono minore
Gs
Semitono maggiore
A
Limma maggiore
B
Semitono minore
H
Semitono maggiore
c
Semitono minore
cs
Limma maggiore
d
Semitono minore
ds
Semitono maggiore
e
Semitono maggiore
f

Questi intervalli sono ricavati dal libro di Mattheson intitolato Die General-Bass
Schul51.

§ 5. Questo modo di dividere l’ottava sembra essere abbastanza nuovo, dal mo-
mento che molti anni prima i musicisti hanno usato un altro procedimento. Poiché
dunque giunsero al modo riferito, non si deve dubitare che abbiano appreso con
l’esperienza che questo modo fosse più idoneo a produrre l’armonia. Dal momento
che, dunque, questo genere comune differisce così poco dal vero genere armonico,
infatti hanno soltanto due intervalli discordanti e un unico suono B differente, la
verità dei nostri princìpi, dopo aver vinto notevolmente le altre, è pure confermata
mirabilmente da questa così stretta concordanza della nostra teoria con una lunga
esperienza.

§ 6. Dunque, il modo accettato di dividere l’ottava è già stato innalzato a tanta


perfezione dalla sola presentazione che, per renderlo perfettissimo non è necessaria
altra correzione, se non che il solo suono indicato con la lettera B sia reso più grave
di un diesis soltanto, che è la differenza fra limma maggiore e minore. Poi, applica-
ta questa correzione, si avrà il genere musicale perfettissimo e adattissimo a pro-
durre l’armonia. E per quanto riguarda il numero dei suoni, questo genere conterrà
tanti suoni, né più né meno di quanti ne richiede l’armonia, e nel frattempo tutti i

51
Si tratta – come si è visto (cfr. Introduzione, nota 5) – del saggio di Johann Mattheson intitolato
Große General-Baß-Schule, pubblicato ad Amburgo nel 1731.
142 Leonhard Euler

suoni manterranno fra loro la stessa relazione che è determinata dalle leggi
dell’armonia.

§ 7. Dunque i suoni accettati oggi nell’uso e i loro intervalli del genere diatonico-
cromatico, ma corretti dalla teoria si disporranno come rappresenta la tabella se-
guente. Inoltre, questa tabella è allestita secondo l’usanza dei musicisti, dal mo-
mento che inizia dal suono C e procede fino a c, tuttavia abbiamo espresso i suoni
in due modi con numeri interi, o ridotti ai loro fattori, affinché si possa giudicare
più facilmente la loro reciproca relazione e gli intervalli.

GENERE XVIII. Esponente 2m · 33 · 52


Note Suoni Intervalli Nomi degli intervalli
musicali
C 27 · 3 384
24 : 25 Semitono minore
Cs 24 · 52 400
25 : 27 Limma maggiore
D 24 · 33 432
24 : 25 Semitono minore
Ds 2 · 32 · 52 450
15 : 16 Semitono maggiore
E 25 · 3 · 5 480
15 : 16 Semitono maggiore
F 29 512 Genere Diatonico-
128 : 135 Limma minore
Fs 22 · 33 · 5 540 cromatico
15 : 16 Semitono maggiore odierno corretto
G 26 · 32 576
24 : 25 Semitono minore
Gs 23 · 3 · 52 600
15 : 16 Semitono maggiore
A 27 · 5 640
128 : 135 Limma minore
B 33 · 52 675
15 : 16 Semitono maggiore
H 24 · 32 · 5 720
15 : 16 Semitono maggiore
c 28 · 3 768

E questa tabella è la continuazione di quella dei generi musicali aggiunta al pre-


cedente capitolo.

§ 8. Da questa tabella, inoltre, si apprende subito quale rapporto mantenga cia-


scun suono rispetto a un qualunque altro. Affinché questi rapporti siano ben visibili
è sembrato inoltre opportuno aggiungere la seguente tabella, nella quale sono con-
tenuti tutti gli intervalli semplici dei singoli suoni agli altri suoni:

Note musicali Intervalli Nomi degli intervalli


C : Cs 24 : 25 Semitono minore
C:D 8:9 Tono maggiore
C : Ds 64 : 75 Terza minore diminuita di un diesis
C:E 4:5 Terza maggiore
C:F 3:4 Quarta
Capitolo IX - Il genere diatonico-cromatico 143

C : Fs 32 : 45 Tritono
C:G 2:3 Quinta
C : Gs 16 : 25 Sesta minore sottratta di un diesis
C:A 3:5 Sesta maggiore
C:B 128 : 225 Settima minore
C:H 8 : 15 Settima maggiore
C:c 1:2 Ottava
Cs : D 25 : 27 Limma maggiore
Cs : Ds 8:9 Tono maggiore
Cs : E 5:6 Terza minore
Cs : F 25 : 32 Terza maggiore con diesis
Cs : Fs 20 : 27 Quarta con comma
Cs : G 25 : 36 Tritono
Cs : Gs 2:3 Quinta
Cs : A 5:8 Sesta minore
Cs : B 16 : 27 Sesta maggiore con comma
Cs : H 5:9 Settima minore
Cs : c 25 : 48 Settima maggiore
Cs : cs 1:2 Ottava
D : Ds 24 : 25 Semitono minore
D:E 9 : 10 Tono minore
D:F 27 : 32 Terza minore diminuita di un comma
D : Fs 4:5 Terza maggiore
D:G 3:4 Quarta
D : Gs 18 : 25 Tritono
D:A 27 : 40 Quinta sottratta di un comma
D:B 16 : 25 Sesta minore sottratta di un diesis
D:H 3:5 Sesta maggiore
D:c 9 : 16 Settima minore
D : cs 27 : 50 Settima maggiore
D:d 1:2 Ottava
Ds : E 15 : 16 Semitono maggiore
Ds : F 225 : 256 Tono maggiore con diaschisma
Ds : Fs 5:6 Terza minore
Ds : G 25 : 32 Terza maggiore con diesis
Ds : Gs 3:4 Quarta
Ds : A 45 : 64 Tritono
Ds : B 2:3 Quinta
Ds : H 5:8 Sesta minore
144 Leonhard Euler

Ds : c 75 : 128 Sesta maggiore con diesis


Ds : cs 9 : 16 Settima minore
Ds : d 25 : 48 Settima maggiore
Ds : ds 1:2 Ottava
E:F 15 : 16 Semitono maggiore
E : Fs 8:9 Tono maggiore
E:G 5:6 Terza minore
E : Gs 4:5 Terza maggiore
E:A 3:4 Quarta
E:B 32 : 45 Tritono
E:H 2:3 Quinta
E:c 5:8 Sesta minore
E : cs 3:5 Sesta maggiore
E:d 5:9 Settima minore
E : ds 8 : 15 Settima maggiore
E:e 1:2 Ottava
F : Fs 128 : 135 Limma minore
F:G 8:9 Tono maggiore
F : Gs 64 : 75 Terza minore diminuita di un diesis
F:A 4:5 Terza maggiore
F:B 512 : 675 Quarta sottratta di un diaschisma
F:H 32 : 45 Tritono
F:c 2:3 Quinta
F : cs 16 : 25 Sesta minore sottratta di un diesis
F:d 16 : 27 Sesta maggiore con comma
F : ds 128 : 225 Settima minore
F:e 8 : 15 Settima maggiore
F:f 1:2 Ottava
Fs : G 15 : 16 Semitono maggiore
Fs : Gs 9 : 10 Tono minore
Fs : A 27 : 32 Terza minore diminuita di un comma
Fs : B 4:5 Terza maggiore
Fs : H 3:4 Quarta
Fs : c 45 : 64 Tritono
Fs : cs 27 : 40 Quinta sottratta di un comma
Fs : d 5:8 Sesta minore
Fs : ds 3:5 Sesta maggiore
Fs : e 9 : 16 Settima minore
Fs : f 135 : 256 Settima maggiore
Capitolo IX - Il genere diatonico-cromatico 145

Fs : fs 1:2 Ottava
G : Gs 24 : 25 Semitono minore
G:A 9 : 10 Tono minore
G:B 64 : 75 Terza minore diminuita di un diesis
G:H 4:5 Terza maggiore
G:c 3:4 Quarta
G : cs 18 : 25 Tritono
G:d 2:3 Quinta
G : ds 16 : 25 Sesta minore sottratta di un diesis
G:e 3:5 Sesta maggiore
G:f 9 : 16 Settima minore
G : fs 8 : 15 Settima maggiore
G:g 1:2 Ottava
Gs : A 15 : 16 Semitono maggiore
Gs : B 8:9 Tono maggiore
Gs : H 5:6 Terza minore
Gs : c 25 : 32 Terza maggiore con diesis
Gs : cs 3:4 Quarta
Gs : d 25 : 36 Tritono
Gs : ds 2:3 Quinta
Gs : e 5:8 Sesta minore
Gs : f 75 : 128 Sesta maggiore con diesis
Gs : fs 5:9 Settima minore
Gs : g 25 : 48 Settima maggiore
Gs : gs 1:2 Ottava
A:B 128 : 135 Limma minore
A:H 8:9 Tono maggiore
A:c 5:6 Terza minore
A : cs 4:5 Terza maggiore
A:d 20 : 27 Quarta con comma
A : ds 32 : 45 Tritono
A:e 2:3 Quinta
A:f 5:8 Sesta minore
A : fs 16 : 27 Sesta maggiore con comma
A:g 5:9 Settima minore
A : gs 8 : 15 Settima maggiore
A:a 1:2 Ottava
B:H 15 : 16 Semitono maggiore
146 Leonhard Euler

B:c 225 : 256 Tono maggiore con diaschisma


B : cs 27 : 32 Terza minore sottratta di un comma
B:d 25 : 32 Terza maggiore con diesis
B : ds 3:4 Quarta
B:e 45 : 64 Tritono
B:f 675 : 1024 Quinta con diaschisma
B : fs 5:8 Sesta minore
B:g 75 : 128 Sesta maggiore con diesis
B : gs 9 : 16 Settima minore
B:a 135 : 156 Settima maggiore
B:b 1:2 Ottava
H:c 15 : 16 Semitono maggiore
H : cs 9 : 10 Tono minore
H:d 5:6 Terza minore
H : ds 4:5 Terza maggiore
H:e 3:4 Quarta
H:f 45 : 64 Tritono
H : fs 2:3 Quinta
H:g 5:8 Sesta minore
H : gs 3:5 Sesta maggiore
H:a 9 : 16 Settima minore
H:b 8 : 15 Settima maggiore
H:h 1:2 Ottava

In questo genere tutti gli intervalli dunque o sono le stesse consonanze alle quali
sono stati dati questi nomi, o differiscono da queste soltanto per intervalli minimi
che alle orecchie più ottuse risultano impercettibili. E intendendosi questo massi-
mamente anche dai musicisti, affinché nessun intervallo differisca dal nominato
più del minimo, ossia di un comma, o di un diesis, o di un diaschisma, gli stessi
musici pratici dovranno riconoscere che la nostra correzione è stata fatta a ragione.
E infatti, ammesso il suono B più acuto di un diesis, come vogliono i musicisti, al-
lora Cs : B sarà una sesta maggiore con comma e diesis, e questi due intervalli tut-
tavia, anche se minimi, formano assieme all’incirca un semitono minore, cosicché
in questo consueto genere l’intervallo Cs : B sarebbe come settima minore piutto-
sto che come sesta maggiore. Allo stesso modo, B : cs sarà una terza minore dimi-
nuita di un comma e di un diesis, e perciò sarà più simile al tono che alla terza.

§ 9. Dalla tabella precedente abbiamo allestito la seguente, nella quale si possono


vedere gli intervalli posti assieme in ordine:
Capitolo IX - Il genere diatonico-cromatico 147

Seconde minori
24 : 25 Semitono minore 15 : 16 Semitono maggiore
C : Cs Ds : E
D : Ds E:F
G : Gs Fs : G
Gs : A
128 : 135 Limma minore B:H
F : Fs H:c
A:B
25 : 27 Limma maggiore
Cs : D
Seconde maggiori Terze maggiori
9 : 10 Tono minore 4:5 Terza maggiore perfet-
ta
D:E C:E
Fs : Gs D : Fs
G:A E : Gs
H : cs F:A
Fs : B
8:9 Tono maggiore G:H
C:D A : cs
Cs : Ds H : ds
E : Fs
F:G
Gs : B 25 : 32 Terza maggiore con
diesis
A:H Cs : F
225 : 256 Tono maggiore con Ds : G
diaschisma Gs : c
Ds : F B:d
B:c
Terze minori Quarte
64 : 75 Terza minore diminuita 512 : 675 Quarta diminuita di un
di un diesis diaschisma
C : Ds F:B
F : Gs 3:4 Quarta perfetta
G:B
C:F
27 : 32 Terza minore diminuita D:G
di un comma Ds : Gs
D:F
E:A
Fs : A
Fs : H
B : cs
G:c
5:6 Terza minore perfetta Gs : cs
Cs : E B : ds
Ds : Fs H:e
E:G
Gs : H
20 : 27 Quarta con comma
148 Leonhard Euler

A:c Cs : Fs
H:d A:d
Tritoni Seste minori
18 : 25 Quarta con semitono 10 : 25 Sesta minore diminuita
minore di un diesis
D : Gs C : Gs
G : cs D:B
32 : 45 Quinta diminuita di un
F : cs
semitono maggiore G : ds
C : Fs
E:B 5:8 Sesta minore perfetta
F:H
Cs : A
A : ds
Ds : H
45 : 64 Quarta con semitono E:c
Ds : A maggiore
Fs : d
Fs : c Gs : e
B:e A:f
H:f B : fs
H:g
25 : 36 Quinta diminuita di un
semitono minore
Cs : G Seste maggiori
Gs : d 3:5 Sesta maggiore per-
Quinte C:A fetta
27 : 40 Quinta diminuita di un D:H
comma E : cs
D:A
Fs : cs Fs : ds
G:e
2:3 Quinta perfetta H : gs
C:G
Cs : Gs 16 : 27 Sesta maggiore con
Ds : B comma
Cs : B
E:H
F:d
F:c
A : fs
G:d
Gs : ds 75 : 128 Sesta maggiore con
A:e Ds : c diesis
H : fs Gs : f
B:g
675 : 1024 Quinta con diaschisma
B:f
Settime minori Settime maggiori
128 : 225 Sesta maggiore con 27 : 50 Ottava diminuita di un
C:B limma minore D : cs limma maggiore
F : ds
Capitolo IX - Il genere diatonico-cromatico 149

9 : 16 Ottava diminuita di un 8 : 15 Ottava diminuita di un


tono maggiore semitono maggiore
D:c C:H
Ds : cs E : ds
Fs : e F:e
G:f G : fs
B : gs A : gs
H:a H:b

135 : 256 Ottava diminuita di un


limma minore
5:9 Ottava diminuita di un Fs : f
tono minore B:a
Cs : H
E:d 25 : 48 Ottava diminuita di un
Gs : fs semitono minore
Cs : c
A:g
Ds : d
Gs : g

§ 10. Da questa tabella, dunque, si vedono subito gli intervalli che due suoni qua-
lunque, compresi nell’intervallo d’ottava, hanno tra loro. Allo stesso tempo si vede
anche la notevole differenza fra intervalli di uguale nome che comunemente dagli
inesperti sono stimati come uguali. Si danno cioè quattro specie di semitoni, tre di
toni, e altrettante di terze minori ecc… come si può vedere dalla tabella. Vi è inve-
ce un’unica specie di tutte le ottave e il suo rapporto perfetto è contenuto in 1 : 2;
infatti questo intervallo, a causa della sua perfezione, può sopportare a stento
un’alterazione dal rapporto 1 : 2 senza che l’udito subito ne tragga un grande fasti-
dio. E infatti quanto più perfetto e più facilmente percepibile è l’intervallo, tanto
più sensibile diventa anche il benché minimo errore; al contrario, invece, una pic-
cola alterazione si sente di meno negli intervalli meno perfetti.

§ 11. Gli strumenti musicali potranno inoltre essere facilmente accordati col mo-
nocordo a questo genere diatonico-cromatico, ossia dividendo il monocordo con gli
stessi rapporti che i suoni devono mantenere fra loro, i cui princìpi abbiamo inse-
gnato nel primo capitolo. Chi invece volesse accordare gli strumenti musicali in
questo modo con il solo udito, dovrebbe essere fornito di questi tre requisiti: che
per prima cosa possa distinguere l’intervallo d’ottava e formarlo col solo udito, per
seconda cosa che possa distinguere e formare pure la quinta contenuta nel rapporto
2 : 3, e per terza infine, che sia capace di produrre esattamente la terza maggiore, o
tendendo o rilasciando le corde.

§ 12. Chi dunque possiede tanta abilità d’udito, incominci l’accordatura dello
strumento musicale con il seguente ordine. Primo, fissi il suono F, come le circo-
stanze stabiliscono, e da questo egli ricaverà tutti i suoni segnati con la stessa lette-
ra. Poi, formi la sua quinta c e la terza maggiore A, e come primo requisito ricaverà
tutti i rimanenti suoni segnati con le stesse lettere. Terzo, formi dal suono C la sua
150 Leonhard Euler

quinta G e la terza maggiore E, e questo suono E sarà allo stesso tempo la quinta
del suono A, e da A formi pure la sua terza maggiore cs. Quarto, dal suono G formi
la quinta d e anche la terza maggiore H, e poi da E anche la terza maggiore Gs, e
questo suono sarà pure la quinta dello stesso Cs. Quinto, da H crei la quinta fs e la
terza maggiore ds, ovvero da Gs potrà formare anche ds. Infine, la quinta dello
stesso Ds darà il suono B, e ricavando in questo modo le ottave, tutto lo strumento
sarà convenientemente accordato.

§ 13. Ma tutto questo procedimento dell’accordatura si comprenderà con più pre-


cisione dalla figura qui aggiunta.

Poiché dunque i suoni E, H, Gs, Fs, Ds, e B, si determineranno in un duplice


modo sia per quinte che per terze, da ciò si otterrà un aiuto non trascurabile
nell’accordare gli strumenti, dal momento che un errore commesso per caso può
essere subito percepito e corretto.

§ 14. Ma sebbene poi la musica del giorno d’oggi con l’esperienza si sia estesa
principalmente a questo genere musicale perfetto da cui si può abbondantemente
vedere la superiorità di questo genere, tuttavia si deve anche molto al caso che [i
musicisti] siano arrivati fin lì. Infatti, mentre appresero che nel genere diatonico vi
sono sia toni che semitoni, ritennero di costruire un genere più perfetto dividendo i
singoli toni in due parti, e intercalando tra gli intervalli distanti un tono nuovi suo-
ni, con ciò avrebbero ottenuto suoni vicini al semitono maggiore poco distanti dalla
sensibilità accreditata.

§ 15. E in questa operazione offrirono sacrifici non solo alla fantasia, ma anche
all’armonia, dal momento che decisero di raccogliere suoni tali che concordassero
non soltanto con l’armonia, ma anche costituissero un genere musicale abbastanza
perfetto. Devono dunque riferire questa assai felice invenzione, accreditata piutto-
sto alla sorte che alla vera conoscenza dell’armonia; accadde infatti, per caso che il
genere diatonico-cromatico genuino sia stato suddiviso in modo che siano in esso
contenuti 12 suoni, e quelli vicini distanti reciprocamente tra sé di un semitono.
Capitolo IX - Il genere diatonico-cromatico 151

§ 16. E ciò apparirà tanto più chiaro dal fatto che molti musicisti hanno pensato
che la vera musica consista più nell’uguaglianza degli intervalli che nella loro
semplicità. Questi, dunque, per compiacere se stessi più dell’armonia, non hanno
esitato a dividere l’intervallo diapason in dodici parti uguali e a istituire con questa
divisione i 12 suoni abituali. E si convincevano tanto più in questa operazione, per-
ché in questo modo tutti gli intervalli diventano uguali e perciò è lecito modulare in
tutti questi modi suddetti ogni opera musicale senza alcuna alterazione, e modulare
dal modo autentico in qualsiasi altro. E con questa opinione non si sono affatto in-
gannati, ma non si sono accorti che così facendo si toglieva l’armonia da ogni mo-
do52.

§ 17. Perché ciò appaia ancor più chiaramente mostreremo i singoli suoni sia del
nostro genere diatonico-cromatico, sia di questo genere equabile, espressi in loga-
ritmi uguali, in modo che possa essere subito giudicata la differenza degli interval-
li; porremo invece il logaritmo del suono F = 0.

Note musicali Genere autentico Genere equabile Differenze


F 0.000000 0.000000 0.000000
Fs 0.076815 0.083333 + 0.006518
G 0.169924 0.166666 – 0.003258
Gs 0.228819 0.250000 + 0.021180
A 0.321928 0.333333 + 0.011405
B 0.398743 0.416666 + 0.017923
H 0.491852 0.500000 + 0.008147
c 0.584962 0.583333 – 0.001629
cs 0.643856 0.666666 + 0.022810
d 0.754886 0.750000 – 0.004886
ds 0.813781 0.833333 + 0.019552
e 0.906891 0.916666 + 0.009775
f 1.000000 1.000000 0.000000

È pertanto evidente che, fra gli stessi suoni di entrambi i generi, la differenza è in
ogni caso maggiore di un comma, per cui l’armonia risulta un poco disordinata.
Pure le quinte e le quarte differiscono dalle autentiche solo appena della decima
parte di un diaschisma, ma le terze maggiori e minori si allontanano molto di più, e
tuttavia in queste consiste l’armonia non meno che nelle quinte e nelle quarte. Infi-
ne, questo genere va considerato massimamente contrastante con l’armonia perché
non ha nessun rapporto razionale fra i suoni tranne le ottave, anche se le orecchie
meno acute percepiscono appena la differenza.

52
Su questa questione cfr. Introduzione, nota 57.
152 Leonhard Euler

§ 18. Altri invece, mantenuti invariati i suoni del genere diatonico, non hanno e-
sitato a stabilire a loro arbitrio i rimanenti suoni, detti cromatici, senza alcun rispet-
to per l’armonia. Un genere musicale di questo tipo, in cui sia il tono maggiore che
il tono minore sono divisi in due parti all’incirca uguali, delle quali però quella in-
feriore è maggiore di quella superiore e ciascuna è definita dal rapporto sopraparti-
colare, si affermò non molto tempo fa in Inghilterra. E in ciò l’autore sembra avere
seguìto Pitagora, che giudicò che dovessero essere introdotti nella musica i soli
rapporti sopraparticolari per ottenere l’armonia: così fra i suoni distanti un tono
maggiore inserì un suono in rapporto 17 : 16 col suono più grave, e 17 : 18 col
suono più acuto. E quanto poco questa divisione sia conforme all’armonia, risulta
abbastanza evidente da quanto fin qui esposto.

§ 19. È stato dunque esposto il genere decimo ottavo, detto Diatonico-Cromatico,


ai nostri giorni entrato nell’uso a tal punto che assolutamente tutte le modulazioni
sogliono essere fatte in quello. Inoltre, questo genere ha tra le altre la seguente pro-
prietà distintiva: che tutti i suoi intervalli sono per il senso pressoché uguali, per
cui una qualsiasi melodia con intervallo di semitono, di tono, o qualsiasi altro sia
più acuto che più grave, può essere cantata facilmente; cosa che non può avvenire
in un altro genere, dove la disuguaglianza degli intervalli è maggiore. Prima di a-
dattare a questo le regole generali del comporre, prenderemo in considerazione gli
altri generi che seguono questo, secondo l’ordine che abbiamo usato.
CCAPITOLO
APITOLODECIMO
DECIMO

Gli
Glialtri
altrigeneri
generimusicali
musicalipiù
piùcomposti
composti

§§1.1.Dopo
Dopoaveraveresposto
espostoi idiciotto
diciottogeneri
generipiùpiùimportanti,
importanti,nei
neiquali
qualièècontenuta
contenutasiasia
l’antica,
l’antica,sia
sialalamusica
musicad’oggigiorno,
d’oggigiorno,non nonsarà
saràfuori
fuoriluogo
luogoesporre
esporrealcuni
alcunigeneri
generipiù
più
composti
compostiche chemantengono
mantengonouna unarelazione
relazionestretta
strettacon
conquelli
quelligià
giàtrattati,
trattati,oopossono
possono
essere
esserefelicemente
felicementeammessi
ammessinell’uso
nell’usoperperdare
dareuna
unamaggior
maggiorperfezione
perfezioneallaallamusica.
musica.
Pertanto,
Pertanto,nelnelrecensire
recensirei iseguenti
seguentigeneri
generinonnonprocederemo
procederemonell’ordine,
nell’ordine,comecomeini-
ini-
ziammo,
ziammo,né nélilitratteremo
tratteremotutti,
tutti,perché
perchéililcompito
compitosarebbe
sarebbeinfinito
infinitoeedidinessuna
nessunautili-
utili-
tà,
tà,ma
maesporremo
esporremosoltanto
soltantoquelli
quelliche
checicisembreranno
sembrerannoidonei
idoneialalnostro
nostroproposito.
proposito.

§§2.2.Prenderemo
Prenderemoininconsiderazione,
considerazione,dunque,
dunque,ililgenere
genereililcui esponenteèè22mm· ·332 2· ·
cuiesponente
33
55, ,che,
che,aabuon
buondiritto,
diritto,conviene
convienechiamare
chiamareCromatico-Enarmonico,
Cromatico-Enarmonico,dal dalmomento
momento
che
chequesto
questoesponente
esponenteèècomposto
compostodagli
dagliesponenti
esponentideideigeneri
genericromatico
cromaticoededenarmo-
enarmo-
nico,
nico,ededèèililminimo
minimocomune
comunemultiplo
multiplodidiquesti
questiesponenti.
esponenti.Dunque,
Dunque,nell’ottava
nell’ottavadidi
questo
questogenere
generesaranno
sarannocontenuti
contenutitre
trevolte
voltequattro,
quattro,ossia
ossiadodici
dodicisuoni,
suoni,come
comenelnelge- ge-
nere
nerediatonico-cromatico,
diatonico-cromatico,che chenasceranno
nascerannoda daaltrettanti
altrettantidivisori
divisoridello stesso332 2· ·553 3
dellostesso
eesaranno
sarannoi iseguenti:
seguenti:
221010: : 332 2· ·553 3: : 227 7· ·332 2: : 224 433· ·552 2: :228 8· ·55: : 225 5· ·332 2· ·55: : 222 2· ·33· ·553 3: :
1024
1024 : :1125 1125: :1152 1152 : : 1200 1200: : 1280 1280: : 1440
1440: : 1500
1500: :
229 9·3·3: :226 6552 2: : 223 3· ·332 2· ·552 2: :227 7· ·33· ·55: : 224 4· ·553 3: :221111. .
1536
1536 : :1600 1600 : : 1800
1800: : 1920 1920: : 2000
2000: :2048.
2048.

§§3.3.Inoltre,
Inoltre,dalla
dallaseguente
seguentetabella
tabellarisulterà
risulteràevidente
evidentecome
comeprocedano
procedanoi isuoni
suonididi
questo
questogenere
genereCromatico-Enarmonico
Cromatico-Enarmonicoeequanti
quantiintervalli
intervalliabbiano
abbianotra
traloro.
loro.

Nomi
Nomi
Suoni
Suoni Intervalli
Intervalli Nomi
Nomidegli
degliintervalli
intervalli
delle
dellenote
note
CC 223 3· ·33 768
768
Cs
Cs 225 5· ·552 2 800
800 24
24: :25
25 Semitono
Semitonominore
minore
Ds
Ds 222 2· ·332 2· ·552 2 900
900 88: :99 Tono
Tonomaggiore
maggiore
15
15: :16
16 Semitono
Semitonomaggiore
maggiore
EE 226 6· ·33· ·55 960
960
24
24: :25
25 Semitono
Semitonominore
minore
F*
F* 223 3· ·552 2 1000
1000
125
125: :128
128 Diesis
Diesisenarmonico
enarmonico
FF 221010 1024
1024
1024
1024: :1125
1125 Tono
Tonomaggiore
maggiorediminuito
diminuitodidiunundiesis
diesis
G*
G* 332 2· ·553 3 1125
1125
125
125: :128
128 Diesis
Diesisenarmonico
enarmonico
GG 227 7· ·332 2 1152
1152
24
24: :16
16 Semitono
Semitonominore
minore
Gs
Gs 224 4· ·33· ·552 2 1200
1200
15
15: :16
16 Semitono
Semitonomaggiore
maggiore
AA 228 8· ·55 1280
1280
88: :99 Tono
Tonomaggiore
maggiore
HH 225 5· ·332 2· ·55 1440
1440
24
24: :25
25 Semitono
Semitonominore
minore
c*c* 223 3· ·33· ·553 3 1500
1500 125
125: :128
128 Diesis
Diesisenarmonico
enarmonico
cc 229 9· ·33 1536
1536
154 Leonhard Euler

§ 4. In questo genere, dunque, gli intervalli fra suoni vicini sono assai disuguali,
cioè toni maggiori, semitoni e diesis, cosicché una melodia composta in questo ge-
nere non potrebbe essere trasposta in nessun altro suono. E da ciò appare assai
maggiormente la prerogativa del genere diatonico-cromatico, esposto nel capitolo
precedente, nel quale tutti gli intervalli sono all’incirca uguali all’udito; si capisce
altresì che questa uguaglianza è nata per caso, e che non è assolutamente necessaria
per produrre l’armonia, come pure è sembrato evidente a molti.

§ 5. Vi sono poi in questo genere tre suoni che non si trovano nel genere accredi-
tato come diatonico-cromatico, e li ho segnati con le lettere F*, G*, c* evidenziate
con l’asterisco, dal momento che si avvicinano assai ai suoni designati con queste
lettere nel genere consueto, infatti distano da essi soltanto di un diesis. Perciò, poi-
ché una differenza così piccola può essere percepita a stento dalle orecchie, una
volta accordati con la consueta procedura gli strumenti al genere diatonico-
cromatico, potranno produrre non sconvenientemente opere musicali adatte al ge-
nere 2m · 32 · 53, assumendo i suoni consueti F, G, c, al posto di F*, G*, c*, errore
che risulta pressochè impercettibile al senso dell’udito.

§ 6. Con maggior grazia certamente il genere diatonico-cromatico sarà accomo-


dato alle opere musicali dell’esponente 2m · 32 · 53, di quanto usano frequentemente
fare i musicisti quando trasportano una melodia composta da dati suoni ad altri
suoni, per cui più spesso accade che impieghino al posto dell’intervallo, che prima
era un semitono minore, un semitono maggiore o un limma maggiore, e questa dif-
ferenza è anche maggiore di un diesis. Inoltre, anche se si avessero strumenti ac-
cordati al genere cromatico-enarmonico, se questi non fossero accordati in maniera
precisissima, il che potrebbe essere garantito a stento, non arrecherebbero maggior
piacere degli strumenti consueti.

§ 7. Dunque, il genere diatonico-cromatico si estende più ampiamente di quanto


dichiari il suo esponente 2m · 33 · 52, perché può essere comodamente applicato an-
che alle opere musicali che presentano l’esponente 2m · 32 · 53, da cui si vede chia-
ramente la superiorità del genere musicale entrato in uso. Ma ancora più
ampiamente il suo utilizzo si estende anche ai generi più composti, disposti in mo-
do che i suoni che differiscono dal genere diatonico-cromatico si avvicinino il più
possibile ai suoni di questo genere e possano così essere impiegati sicuramente al
loro posto. Esporremo, dunque, qui in maniera più estesa di che tipo siano questi
generi ai quali il genere diatonico-cromatico può soddisfare.

§ 8. Si uniscano gli esponenti di tutti e tre i vecchi generi in modo tale che abbia
origine il genere diatonico-enarmonico, il cui esponente sarà 2m · 33 · 53; in questo
genere sono contenuti assieme i generi diatonico, cromatico ed enarmonico, natu-
ralmente fino al punto in cui sono stati da noi corretti. Dunque, un’ottava di questo
Capitolo X - Gli altri generi musicali più composti 155

genere conterrà sedici suoni, dodici suoni appunto del genere diatonico-cromatico,
e oltre a questi quattro suoni nuovi che sono tanto poco diversi da quelli, da poter
essere totalmente omessi senza una sensibile perdita di armonia, esattamente come
abbiamo detto del genere precedente. Ora, i sedici suoni di un’unica ottava saranno
i seguenti:

Nomi Suoni Intervalli Nomi degli intervalli


delle note
C 210 · 3 3072
Cs 27 · 52 3200 24 : 25 Semitono minore
D* 3
3 ·5 3
3375 128 : 135 Limma minore
D 27 · 33 3456 125 : 128 Diesis
Ds 24 · 33 · 52 3600 24 : 25 Semitono minore
15 : 16 Semitono maggiore
E 28 · 3 · 5 3840
24 : 25 Semitono minore
F* 25 · 53 4000
125 : 128 Diesis
F 212 4096
128 : 135 Limma minore
Fs 25 · 33 · 5 4320
24 : 25 Semitono minore
G* 22 · 32 · 53 4500
125 : 128 Diesis
G 29 · 32 4608
24 : 25 Semitono minore
Gs 26 · 3 · 5 2 4800
15 : 16 Semitono maggiore
A 210 · 5 5120
128 : 135 Limma minore
B 23 · 33 · 52 5400 15 : 16 Semitono maggiore
H 27 · 32 · 5 5760 24 : 25 Semitono minore
c* 24 · 3 · 5 3 6000 125 : 128 Diesis
c 211 · 3 6144

Dunque, al posto dei suoni estranei D*, F*, G*. c[*]53 che differiscono dai pri-
mari D, F, G, c soltanto per un diesis, questi ultimi potranno essere praticati abba-
stanza sicuramente.

§ 9. Se per caso a qualcuno questa differenza, che è il diesis, sembrasse maggiore


di quanto stimi che i suoni primari possano essere introdotti in luogo degli estranei,
dal momento che il diesis è l’intervallo più grande fra i più piccoli, costui tuttavia
ammetterà, senza ombra di dubbio, che l’errore non è maggiore di un comma.
D’altra parte i suoni estranei differiscono dai principali al massimo di un comma
nei generi i cui esponenti sono contenuti in 2m · 3n · 52, essendo n un numero terna-
rio maggiore. Ma le ottave dei generi di questo tipo, per n minore di 8, si possono
vedere insieme nella tabella aggiunta.

53
Originale: c. L’asterisco è stato aggiunto in quanto palesemente mancante.
156 Leonhard Euler

Esponente del genere 2m · 37 · 52


Nomi Suoni Logaritmi Intervalli Nomi degli intervalli
delle note dei suoni
F 215 15,00000
8 3 0,07682 Limma minore
Fs 2 ·3 ·5 15,07682
0,01792 Comma
Fs* 24 · 37 15,09475
0,05888 Semitono minore
G* 2 · 36 · 52 15,15363
0,01628 Diaschisma
G 212 · 32 15,16993
0,05888 Semitono minore
Gs 29 · 3 · 52 15,22882
0,01792 Comma
Gs* 25 · 3 5 · 5 15,24675
0,07517 Semitono minore con diaschisma
A 213 · 5 15,32193
0,01792 Comma
A* 29 · 3 4 15,33986
0,05888 Semitono minore
B 26 · 33 · 52 15,39874
0,01792 Comma
B* 23 · 37 · 5 15,41668
10 2 0,07517 Semitono minore con diaschisma
H 2 ·3 ·5 15,49185
0,01792 Comma
H* 26 · 3 6 15,50978
0,05888 Semitono minore
c* 23 · 35 · 52 15,56867
0,01628 Diaschisma
c 214 · 3 15,58496
0,05888 Semitono minore
cs 211 · 52 15,64385
0,01792 Comma
cs* 27 · 34 · 5 15,66178
0,07681 Limma minore
d* 37 · 52 15,73860
0,01628 Diaschisma
d 211 · 53 15,75489
0,05888 Semitono minore
ds 28 · 32 · 52 15,81377
0,01792 Comma
ds* 24 · 36 · 5 15,83171
0,07517 Semitono minore con diaschisma
e 212 · 3 · 5 15,90689
0,01792 Comma
e* 28 · 35 15,92482
0,05888 Semitono minore
f* 25 · 34 · 52 15,98371
0,01628 Diaschisma
f 216 16,00000

Dunque, in questo genere, ai dodici suoni del diatonico-cromatico si aggiungono


dodici nuovi suoni, le cui differenze da quelli sono o commi, o diaschismi, diffe-
renze che potendosi distinguere a stento con l’udito, questi nuovi suoni potranno
sicuramente essere omessi, e al loro posto si potranno usare i consueti. E così il ge-
nere diatonico-cromatico è ugualmente praticabile e deve essere considerato il ge-
nere il cui esponente è 2m · 37 · 52.

§ 10. Con sufficiente eleganza, dunque, il genere diatonico-cromatico, il cui espo-


nente è solamente 2m · 33 · 52, può essere impiegato per esprimere le opere musicali i
cui esponenti sono assai più composti, e contenuti nell’esponente 2m · 37 · 5. Sebbene,
infatti, per le opere di questo tipo si disponga di un’ottava con un numero di suoni due
Capitolo X - Gli altri generi musicali più composti 157

volte maggiore, come richiede l’esponente, tuttavia qualsiasi variazione nell’armonia


potrebbe essere percepita a stento, usando il genere sia completo che incompleto, stan-
te una differenza tanto piccola. Ma si può procedere in modo simile oltre il numero
sette, così che il genere musicale oggi entrato in uso serva per l’esponente generale
2m · 3n · 52, anche qualora si prenda un numero n grande.

§ 11. Che dunque le cose stiano in questi termini, e che il genere diatonico-
cromatico abbia la più ampia applicazione, lo dimostrano sufficientemente le com-
posizioni quotidiane dei musicisti. A stento, infatti, si trova una composizione mu-
sicale d’oggigiorno il cui esponente non sia più composto di quello del genere 2m ·
33 · 52. E tuttavia gli stessi musicisti sono costretti intanto ad ammettere che, consi-
derando con sommo rigore la cosa, i suoni ammessi non bastino, ma, a causa di una
minima distanza, siano usati questi suoni piuttosto che, introducendone di nuovi,
rendere la musica più difficile da trattare.

§ 12. La cosa riuscirebbe meno felicemente, se volessimo ampliare ancor più il


nostro genere diatonico-cromatico accrescendo l’esponente dello stesso cinque. In-
fatti, accresciuta la potenza di cinque, i suoni di questo tipo si avvicinano di più ai
consueti; e questi suoni differiscono dai consueti di più di un comma, cioè di un
diesis o più, errore che può essere avvertito, poiché un diesis è circa la metà di un
semitono. Intanto tuttavia, affinché si veda meglio tutto ciò, abbiamo aggiunto
l’ottava del genere con esponente 2m · 33 · 55.

Nomi Suoni Logaritmo Intervalli Nomi degli intervalli


delle dei suoni
note
F 261 (54) 16,00000 0,04259 Semitono minore sottratto di un diaschisma
Fs* 22 · 33 · 54 16,04259 0,03422 Diesis
Fs 29 · 33 · 5 16,07682 Semitono minore
0,05890
G* 26 · 3 2 · 5 3 16,13571 Diesis
0,03422
G 213 · 32 16,16992
0,02468 Semitono minore sottratto di un diesis
Gs* 23 · 3 · 5 5 16,19460 Diesis
0,03422
Gs 210 · 3 · 52 16,22882
0,05890 Semitono minore
A* 27 · 5 4 16,28771
0,03422 Diesis
A 214 · 5 16,32193
0,04260 Semitono minore sottratto di un diaschisma
B* 33 · 55 16,36453
0,03422 Diesis
B 27 · 33 · 52 16,36874
0,05890 Semitono minore
H* 24 · 3 2 · 5 4 16,45763
0,03422 Diesis
H 211 · 32 · 5 16,49185
8 3 0,05890 Semitono minore
c* 2 ·3·5 16,55075

54
La potenza in questione non è 261, ma 216. Si tratta, come in altri casi, di un refuso di stampa.
158 Leonhard Euler

c* 28 · 3 · 5 3 16,55075 0,03422 Diesis


c 215 · 3 16,58496 0,02468 Semitono minore sottratto di un diesis
cs* 25 · 55 16,60964 Diesis
0,03422
cs 212 · 52 16,64386 Limma minore
0,07681
d* 25 · 33 · 53 16,72067
0,03422 Diesis
d 212 · 33 16,75488
0,02468 Semitono minore sottratto di un diesis
ds* 22 · 32 · 55 16,77956
0,03422 Diesis
ds 29 · 32 · 52 16,81368
0,05890 Semitono minore
e* 26 · 3 · 5 4 16,87267
0,03422 Diesis
e 213 · 3 · 5 16,90689
0,05490 Semitono minore
f* 210 · 53 16,96578
0,03422 Diesis
f 217 17,00000

§ 13. In questo genere i suoni che si aggiungono come nuovi sono frapposti al-
ternativamente ai consueti, e ciascuno di questi dista dal suo principale del diesis, e
dal momento che non è insensibile, questa differenza può tollerare a stento
l’omissione dei suoni nuovi. Inoltre, ciascuno di questi suoni è più vicino ai suoni
principali che lo precedono che a quelli che lo seguono, dai quali abbiamo mutuato
i nomi: ossia il suono Gs* è più vicino al suono G che al suono Gs, cosicché con-
verrebbe usare al suo posto il suono G; e questa cosa in realtà presenterebbe u-
gualmente una gran difficoltà, poiché il suono G dovrebbe essere usato al posto del
suono G*; ma i suoni diversi G* e Gs* non potranno essere espressi da uno stesso
suono. Dunque, per tale musica converrebbe piuttosto dividere l’ottava in 24 inter-
valli, giacché anche questo genere avrebbe quella prerogativa, affinché tutti gli in-
tervalli fossero all’incirca uguali fra loro.

§ 14. Del resto, duplicato in questo modo il numero dei suoni, questo nuovo ge-
nere musicale avrebbe il più vasto campo d’applicazione; infatti, non solo potrebbe
adattarsi ai generi con l’esponente 2m · 33 · 55, ma anche a quelli con l’esponente 2m
· 33 · 5p, dove p indica il numero quinario maggiore. E ciò basterebbe anche al ge-
nere universale 2m · 3n · 5p, il che è abbastanza evidente a meno che n e p non siano
numeri molto grandi, ma la stessa armonia non permette assolutamente di sostituire
numeri grandi al posto di n e p.

§ 15. Dunque, al genere diatonico-cromatico il cui esponente è 2m · 33 · 52 non


può essere concessa da un’armonia non modificata un’estensione più ampia di
quella contenuta nelle opere musicali sotto l’esponente 2m · 37 · 52. Sebbene infatti
con lo stesso diritto il tre possa avere una potenza più grande della settima, tuttavia
le stesse leggi dell’armonia vietano di comporre opere tali, il cui esponente sia più
composto. Perciò non sarà conveniente estendere l’uso di questo genere accreditato
al di là delle opere musicali contenute nell’esponente 2m · 37 · 52; e neppure i musi-
cisti del giorno d’oggi sono soliti oltrepassare questo termine.
subito con quale tasto debba essere espresso un qualsivoglia suono contenuto
nell’esponente 2m · 37 · 52, posto come principale dello stesso F il suono 2n, dove n
indica un poi
numero fisso musicale
preso a caso.
159 Capitolo X - Gli altri generi musicalimpiù composti
3 2
§ 16. Affinché il genere accreditato, il cui esponente è 2 · 3 · 5 ,
soddisfi l’esponente più composto 2m · 37 · 52, a ciascun suono ossia tasto degli
§ 16.§Affinché
16.
§ 16.
Affinché
Affinché
poi ilpoi genere
poi
il genere
il musicale
genere musicale
musicale
accreditato,
accreditato,
accreditato,
il cuiilesponente
cui
il cui
esponente è 2m è· 23m3è ··25m323,· ·353 2·, 52,
esponente
strumenti
soddisfi
soddisfi
si attribuisce
soddisfi
l’esponente
l’esponente
l’esponente
un duplice
più composto
più piùcomposto
suono,
composto
come si capisce
2m · 23m7 2· m5327·, ·3a75ciascun
2
·, 5a2,ciascun
dallo
a ciascun
suono
schema
suono
ossia
suono
di
ossia
tasto
questo
ossia
tasto
degli
tasto
degli
degli
genere annesso al paragrafo 9: infatti, per esempio, i tasti sicontrassegnati con ladilet-
strumenti
strumenti
tera genere
genereH annessoTasti Suoni Suoni Tasti
strumenti
si attribuisce
si attribuisce
mostreranno
genereannesso
si attribuisce
annesso alsia
al paragrafo
un duplice
un un
al iparagrafo
paragrafosuoni
duplice
duplice
suono,
9:sotto
9: infatti, infatti,
9:per
suono,
come
suono,come
l’esponente
infatti,
esempio,
per per
sicome
esempio,
capisce
sim capisce
capisce
dallo
3i2 tasti
i 2tastii· tasti
esempio,
dallo
Suoni
schema
dallo
schema
·contrassegnati
5,contrassegnati
contrassegnati sia quelli
schema
di
con la
questo
sotto
con
questo
let-
di
con
questo
la let-
la let-
Suoni
l’esponente
tera tera
H tera
mostreranno
m
primari secondari
Hm ·mostreranno
3
H 2mostreranno6
.
6m m6
Perciò
sia isia
6
abbiamo
suoni
sia
i suoni aggiunto
isotto
suoni sotto la
l’esponente
sotto seguente
l’esponente 2m · 2tabella,
l’esponente 3m2 2··m35,
2
· da primari
2
·3siacui
5, 5,si sia
· quelli
sia intuisce
quelli
sotto
quellisotto
sotto secondari
l’esponente
l’esponente
l’esponente
2 · 3
2 . ·
2Perciò
3 ·
. 3
Perciò
subito con qualen-2tasto debban-13essere .abbiamo
Perciòabbiamo
abbiamo
aggiuntoaggiunto
aggiunto
la seguente
la seguente
la seguente
tabella,tabella,
tabella,
da cui
da si
cui
da intuisce
cui
si intuisce
si intuisce
2espresso
5 essere un n qualsivoglia suono n-11 contenuto
n 5 contenuto
2 contenuto
subito C
subito
con
subito
nell’esponente
nell’esponente
con
quale
nell’esponente
2 2
con
mquale
m
nell’esponente
· ·
3 3
tasto
quale
7 tasto
·
7m m275debba
,
2 · 32 ··253 ,· ·posto
2
2 tastodebba
posto
72 · 3
essere
debba
come
2
35 ·, 5posto
come
·
, posto
5 c
espresso
essereespresso
principale
come 1
principale
comeprincipale
2
espresso
un
dello
principale
· 3
qualsivoglia
un
dellodello
un
qualsivoglia
stesso
stesso
qualsivoglia
dello
F
stesso
il suono
suono
Fstesso
il suono
2 suono
F ilFsuono
2· n3, dove
suono
il2suono
·
contenuto 5
, dove n n
nn, dove
2 , 2dove n n
indica
indica un
indica
un numero
indica
numero un n-5
un numero fisso
fisso2fisso
numero preso
preso
fisso a caso.a4 caso.
an-9caso.
preso preso a caso. n-3 2 n-7 4
Cs 2 · 5 2 · 3 · 5 cs1 2 · 5 2 ·3 ·5
3 Suoni
TastiTasti
Tasti Tasti
DprimariSuoni
Suoni
primari
Suonin-5
Suoni
2primari
primari
Suoni
· 3secondari
secondari
n-16
Suoni
secondari
Suoni
37 · 5Tasti
Tasti
· Tasti
2secondari 2 TastiSuoni
d1 primari Suoni
primari
n-3
Suoni
2primari 33
Suoni
·primari Suoni
Suoni
secondari
secondari2 Suoni · 37 · 52
n-14 Suoni
secondari
secondari
n-2 n-2 n-2 n-13 5 n-13
n-13 25 52 2 n n n n-11 5 n-11
n-11 25 52 2
2 · 3 2 · 232 · 52· 3 2· 5n-12 · c36 · 5 ds
2· 3 2· 5· 3 · c35 · 5c c2 · 32 ·23n-6· 3 2 2 2
2 · 3 2 · 3 · 5 2 · 3 2· 5n-10 · 36 · 5
C C C 2 ·23 2· n-8 3 · 23 2· 3 2· 5· 3 · 35 · 5
C
Cs Cs Cs Dsn-2
n-5 2n-5 n-52
n-13
2n-9 4n-9
5
2 ·25 2· 5 · 25 ·23 ·25· 3 · 35cs· 5 cs cs
n-5 2 n-9 4
2
n-94
1
41
1
1

1
1n
2 1 ·25 2· 5 · 5
n-3
1
n-3
2n-3 n-32
2
2
n-11
n-7
n-7
4n-7
5
2 ·23 ·25· 3 · 35 · 5
4
n-74
2
4

Cs 22 ··253 2· 3 · 223 ·2·33 ·2·55· 3 · dcs


n-5 3n-5 n-53 3n-16 7 n-16
n-16 27 721 2 2 ·5 3 ·3
n-3 3n-3 n-33 3 22 ·2·33 ·2·55· 3 · 35 · 5
n-14 7 n-14
n-14 27 72 2
D D D n-4 n-8 355 · 5d d2 ·23 2· n-2 n-6 5
D Ds Ds
Ds E n-5
n-8 2
32n-8 2n-82 · 3 ·
2n-16 5 76 n-12
26 2
22 ··233 ·25· 3 · 2235 · 52·· 33 2·· 55· 3 · ds
n-12 2 n-12 · 1
3
11
1
d35 · 5ds ds
6 e221 ··233 ·25· 3 · 35 · 5 22 2·· 33 22·· 55· 3 · ·335 · 5
1
1
n-3
n-6
1
2
32n-6 2n-62 ·23 · 5 2 n-14
n-10 76 n-10
n-10 26 6

n-8
n-4 2n-4 2n-4 n-12
n-8 6
5n-8 n-85 5 n-6
n-2 2n-2 2n-2 n-10
n-6 6
5n-6 n-65 5
Ds
E E E 2 ·23 · ·525· n3 · ·523 · 5·2·33 2··5n-11 3 · 3dse 4 e2 e2 ·23 · ·525· n+2 3 · ·53 · 5 2 ·2·33 2··5n-9 3 · 34 2
F
E F F
F nn-4
2 n
2 ·3·5 2 2
2 n
2n-11
n-8
2 ·3 5n-11
2· 3 2
4 n-11
24
2
· 5· 3 1
·
11
·
17
f
e
3
42
35 ·
·25
5
1f
1
f
f 2
1
1 n+2
1 n-2
2 ·3·5 2 2
n+2 n+2
2 n-9 2
2 · 3 3 · 35 · 5
2 · 2
n-6 3 ·25
· ·3 ·5
45n-9 2n-94 42 2

n-7 3n-7 n-73 3n-11 7 n-117


n-11 n-5 3n-5 n-53 3 n-9 7n-9 n-97 7
3 · 2353 · 52· 3 2 ·n-11
2 ·3 ·5 f 7
3 · 353 · 5 2 ·23 2· n-9
2 · 3 ·25 · 37
Fs Fs Fs 2 ·23 ·25· n-7 3 · fs 3 fs fs 2 ·23 ·25· n-5 3 ·3
G G Fs 2 ·23 22· 3 ·· 233 · 52· 3 22· 5· 3 ·· g335 · 5g fs g2 1 ·23 22· 3 ·· 33 · 5 2
n n-11 4 2 1 1 1n+2 n-9 4 2
F 2
n-3 2n-3 n-32 2n-14 6 n-14
n-14 26 162 2 2 n-1 2n-1 n-12 2 n-12 6 n-12
n-12 26 62 2
G n-7 3 n-11 7 1 1 1n-5 3
2· 3 2· 5· 3 · 35 · 5
n-9 7
Fs 22 ··233 · ·525· 3 · ·5223 · 5 2·· 33 2· 5· 3 · gs
n-6 n-6 2n-6 2 n-102 5 n-105
n-10 fs
51 22 ··233 · ·525· 3 · ·53 · 5 22 ··233 ·25· 3 · 35 · 5
n-4 n-4 2n-4 2 2 n-8 5n-8 n-85 5

G22 ··235 22· 5 ·· 2253 ·2·33 22··53 · ·3ga3 · 5a ag221 · 5·23 ·225n-1· 5· 32 22 ·2·33 22··5n-12
n-3 2 n-14 356 · 5gs 2 gs 6 2
Gs Gs Gs
3 · ·33 · 5
1 1 1
n-3 2n-2 n-2 n-14 6 24 nn-1 2n n-12 6 24
G
A A A n-2 n-6 4n-6 n-6 4
11 1 1
n n-4 4n-4 n-4 4

n-6
n-9 3n-9 22n-93 32n-10 57 n-127
n-12 2 n-12 7 n-4
n-7 3n-7 22n-73 32 2 n-8
n-10 5n-10
7 n-107 7
Gs
B B B 2 ·23 · ·525· n-6 3 · 235 · 522· 3 2· 5·n-10 3 · gsb355 · 5b b2 ·23 · ·525· n-4 3 · 35 · 52 2 ·2·33 ·2·55·n-83 · 355 · 5
H
A H Gs
H n-5
2
n-2
2 ·5
2n-5
· 2
3 ·2
25
· n-52
3 ·
· 2 3
3
5 ·
2n-9
n-6
2 ·3 ·55·64n-9
2 3 2
2n-96
· 3 ·6·11
3
1h
a
3
152
· 5h
1

1
gs
h 2
2 ·5
1

1n1n-3
· 232n-3
·2
25
· 3 ·· 335 · ·55 22 ··233 22· 3 ·· 33 · 5
n-32 2 n-7
n-4 64n-7 n-76 6

n-1 n-1 n-1 n-12 5 n-12


n-12 25 2 n+1 n+1 n+1 n-10 5 n-10
n-10 25 52 2
c c c2 ·23 2· n-2
A22 ··235 ·225· 5 ·· 2255 ·2·33 ·22·5·5n-63 ·· 335bcs4 · 5 cs acs221 ··235 ·225· n5· 5· 5 22 ·2·33 ·22·5·5n-43 ·· 3354 · 5
n-9 3 3 · 23
2 n-12 2· 3 2· 5· 3 · c35 · 5c c2
7 2 2 2n-7 ·23 2· 3 · 3
3 2 2 2· 3 2· 5· 3 · 35 · 5
n-10 7
B n-4 2n-4 n-42 2n-8 4n-8 n-84 41 n-2 2n-2 n-22 2 n-6 4n-6 n-64 4
cs cs cs n-5 2 n-9 6 2 2 2
n-3 2 n-7 6
dH d d22 ··233 ·25· n-9
n-4 3n-4
3 · 2233 ·22·33 2· 5·n-12
n-43 3n-15 7 n-15
n-15 27
3 · hd357 · 5d d22 ··233 ·25· n-7
172 2 n-2
3 · 33 2 22 ·2·33 2· 5·n-10
3n-2 n-23 3 n-13 7 n-13
n-13 27
3 · 357 · 5 72 2

cds ds B 2 · 3 · 5 2 · 3 · 5 b 21 ·23 ·25· 3 ·· 335 ·· 55 22 ·2·33 ·22·5·53 · ·353 · ·55


2
2 2 2
n-1 2n-12 56 n-11
26 n+1 n-10 5 26
2ds
n-7 · 3
2n-7 2n-72 2 ·
n-11 2 n-11
2 ·23 ·25· 3 · 235 · 52· 3 2· 5· 3 · ds3 · 5 22c
6
35 · 5ds ds 2 2 n-5
2 · 32n-5 2n-52 2 2 n-9 6n-9 n-9 6

n-4 2n-3 n-3 n-8 45n-7 n-75 n-2 2n-1 n-1 n-6 45n-5 n-55
cs
e n-3
e e2 ·253 · 52· n-5 n-7
3 · ·5232· 5 ·23 ·25· n-9 5
3 · 3ecs 6 e e2 ·253 · 52· n-3
n-1 n-5
3 · ·532· 5 2 ·23 ·25· n-7 3 · 36 5

fd f fH 22 ·23 22 · 223 · 52·· 33 22·· 55· 3 · ·3fd35 · 5f hf221 ·23 22 · 3 · 5 22 ·2·33 ·22·5·53 ·· 335 · 5
22 2 2
n+1
n-4 3n+1 n+1 n-10
n-15 47 n-10
n-10 22 4 42 2 n+3 3n+3 n+3 n-8 4n-8
7 2n-8
24 42 2
2 2 2 n-2 n-13
n-6 3n-6 n-63 3n-10 7 n-107
n-10
27 n-4 3n-4 n-43 3 n-8 7n-8 n-87 7
fs fs fs
2 · 3 · 5 2 · 3 · 5n-12 ds5 2 2 · 3 · 5n+1 2 · 3 ·25 · 35 · 52
2 ·23 ·25· n-1 2 ·23 ·25· 3 · 35 · 5 2 ·23 2· n-10
g g cg2 ·23 22· 3 ·· 233 2· 3 22· 5· 3 ·· g335 ·· 55g cg22 · 32 ·223 · 3· 3
n-7 2 3 · 235 · 52· 3 2 · 3 · fs
2 n-11 6 3 fs fs 2n-5 2 2 n-9 6 3 ·3
ds n-2 2n-2 n-22 2n-13 6 n-13
n-13 26
2
622 2
2
n 2n n2 2 n-11 6 n-11
n-11 26 62 2
n-3 n-7 5 2 2 2n-1 2 2· 3 2· 5· 3 · 35 · 5
n-5 5
egs gs gs n-522 ··233 ·· 552· 3 · ·5223 · 5··233 ·25· 3 · 35egs· 5 gs gs
n-5 2n-5 2 n-9 2 5n-9 n-95 52 22 ··233 ·· 552· 3 · ·53 · 5 22 ··233 ·25· 3 · 35 · 5
n-3 n-3 2n-3 2 2 n-7 5n-7 n-75 5
n-4 2 n-8 4 n-2 2 n-6 4
cs
fa a a22 ·25 22· 5 ·· 2255 ·2·33 22··53 ·· 33fa · 5 a acs
n+1
n-1 n-1 n-1 n-10
n-5 4
4n-5 24
n-5 4
22
2

2
2
22 2 ·25 22· 5 ·· 55
2
2
n+3 n-1 n-1
n-1
22 ··233 ·225· 3 ·· 33 · 5
n-8
n-3 44n-3 2n-34 4

n-6
bfs b b2 ·23 ·25· n-4
n-8 3n-8 2n-83 32n-10 7 n-117
n-11 2 n-11
3 · 2353 · 52· 3 2· 5·n-15 7
3 · bfs n-4
n-6
357 · 5b2 b2 ·23 ·25· n-2 3n-6 2n-63 32 2 n-8
n-9
3 · 353 · 5 2 ·23 ·25· n-13 7n-9 n-97
3 · 35 7· 5 27

hg h dh22 ··233 ·225· 3 ·· 22335 · 5·2·33 22··53 · ·3hg3 · 5h hd222 · 3·23 ·225· 3 ·· 335 · 5 22 ·2·33 22··53 · ·33 · 5
22 2 2
n-4
n-2 22n-4 n-42 2n-8
n-13 6n-8
6 26
n-8 6 n-2 2 2n-2 n-22 2 n-6 6n-6
6 26
n-6 6
2 2 2n n-11
n n n n-11 5 n-11
n-11 25
252 2 n+2 n+2 n+2 n-9 5n-9 2n-95 52 2
c c c2 · 32 ·23n-7· 32 2 22· 3 2· 5·n-11
1
gs 1
ds2 · 3 · 52 · 23 · 5· 3 ·25 3 ·· cgs3356 ·· 55c dsc22 2 ··233 · 522·n-53 ·· 332 · 52 22 ··233 ··2255· n-93 ·· 3356 ·· 55
1n-5

n-1
2 n-9

n-5
5

4
3
2
3 3n-3

n-1
2 n-7

n-3
5

4
a § 17.§Dunque,217. ·Dunque,
§ 17.5 Dunque, 2in questa·in3tabella atabella 2 mostrano
·i5suoni 2 primari
· 3e secondari,
5 mostrano
3gli5 sono
in 2
n-3 questa questa
n-7tabella
si si mostrano
si in-1suoni
primari
i suoniprimarie secondari, e secondari,
per pro-
per per
pro-pro-
bdurredurre e n-8
i quali
durre 2 3
· 3
i quali ·25 2
èi quali
idoneo · 23
è idoneo ·
n-11
è un 5 ·
idoneo
7
3 2
· 5
tasto
un un · 3
tastob
qualunque.
2 tasto e
qualunque. 2
qualunque.
n-6
·
2 Primari,
3
3 ·2
2
5
Primari, · 3 ·
Primari, 5
senzasenza 2
dubbio,
n-9 725n-5 ·sono
· 3 dubbio,
senza
dubbio,·sono stessi
gli gli
stessi
stessi
m n-2 3m 2 m
23 32 2
suoni h suoniderivati
suoni
n-4
2 derivati
2
· 3derivati
dall’esponente
· 5n+1dall’esponente
2 dall’esponente
n-8
· 3 del
6 genere
del del
genere
2genere2 · 32 · ·
3 2
· 53
· ,
5· ai
· 35 quali
·
, ai
5 ,quali
ai
di
2 quali
conseguenza
di
n-6
· 3conseguenza
di
6 conseguenzadevono
devono
devono
c1
f2 · 3 2 2 · 3 2· 5n-10 · c34 · 52 f22 · 3 2 n+3 2 · 3 ·25n-8 · 34 · 52
n n-11 5 2
2

3
h
n+2 n-9 5 2

fs 2 n-6 · 33 · 5 2 n-10 · 37 fs2 2 n-4 · 33 · 5 2 n-8 · 37


§ 17. Dunque, in n-2 questa2 tabella n-13 si6 mostrano2 i suoni n primari
2 e secondari, n-11 per 6 pro-
g
durre i quali è idoneo 2 · 3 un tasto 2 qualunque.
· 3 · 5 g2 Primari, 2 ·senza3 dubbio, sono 2 ·gli3 · stessi52
suoni derivati dall’esponente
n-5 2 deln-9 genere
5 2m · 33 · 52, n-3
ai quali2 di conseguenza
n-7 5devono
160 Leonhard Euler

essere adattati il più esattamente possibile i tasti. I suoni secondari poi non possono
essere prodotti con sommo rigore dagli stessi tasti, ma poiché differiscono assai
poco dai primari, per esprimerli questi tasti possono essere usati tranquillamente
senza alcun sensibile danno dell’armonia. Infatti, anche se il comma o il diaschi-
sma – intervalli con cui i suoni secondari differiscono dai primari – possono essere
distinti da orecchie acutissime, tuttavia, poiché i suoni secondari non possono esse-
re mescolati ai primari né nella stessa consonanza, né in una successione di due
consonanze, anche l’errore potrà non essere percepito da un udito acutissimo. Se, per
esempio, il tasto F è stato usato nella prima consonanza per esprimere il suono 2n, lo
stesso nella centunesima consonanza potrà rappresentare il suono 2n-11 · 34 · 53.

§ 18. Dunque, da questa tabella si capisce anche subito con quali tasti debba essere
espressa una serie di suoni o di consonanze proposta nei numeri. Per ottenere questo
numero è opportuno che n sia assunto in modo tale che siano trovati tutti i numeri
proposti nella tabella, dal momento che il più grande non comprende più di sedici vol-
te il più piccolo. Perciò, il numero n dovrà essere determinato o dal massimo fra i nu-
meri proposti, o dal minimo, e da ciò si ricaveranno facilmente i tasti dovuti per i
suoni rimasti; posto che, come stabiliamo, il minimo comune multiplo dei numeri
proposti sia contenuto in 2m · 37 · 52.

§ 19. Dunque, tutte le opere musicali, alle quali il nostro genere diatonico-
cromatico è adattato, sono comprese in questo esponente 2m · 37 · 52, cosicché altre
opere di diverso esponente non possano essere prodotte da strumenti accordati se-
condo questo genere. Perciò, gli esponenti di tutte le opere musicali devono essere
composti da questi tre soli numeri: 2, 3, 5, e dalle loro potenze, e inoltre la potenza
del cinque non potrà superare la seconda, né quella del tre la settima; cosicché
l’enunciato di Leibniz55, che in musica non si è soliti contare oltre il cinque, è del
tutto corretto.

§ 20. E sarebbe veramente difficile introdurre nella musica oltre questi tre un altro
numero, ad esempio 7, poiché le consonanze nei cui esponenti sia introdotto il sette
suonerebbero troppo duramente e turberebbero l’armonia. Infatti, le consonanze nei
cui esponenti vi sia solo il sette col due, dovrebbero essere difficilmente ammesse, per
aver trascurato gli intervalli più piacevoli nati dal 3 e dal 5. Ma, unito il 7 con 3 e 5,
per produrre l’esponente della consonanza 2m · 3 · 5 · 7, la consonanza risulterebbe
tanto composta da non poter piacere all’udito. Intanto mostreremo i suoni disposti
nell’ottava secondo il genere di cui è esponente 2m · 33 · 52 · 7.

55
Per un breve accenno all’influsso delle idee leibniziane sul Tentamen, cfr. Introduzione, p. 8.
Capitolo X - Gli altri generi musicali più composti 161

Esponente del genere 2m · 33 · 52 · 7


Nomi delle note Suoni Logaritmi Intervalli
dei suoni
F 212 12,00000
3 2 0,03617 512 : 525
Fs* 2 ·3·5 ·7 12,03617
0,04064 35 : 36
Fs 25 · 33 · 5 12,07681
0,05247 27 : 28
G* 27 · 5 · 7 12,12928
0,04064 35 : 36
G 29 · 32 12,16992
0,03618 512 : 525
Gs* 33 · 52 · 7 12,20610
0,02272 63 : 64
Gs 26 · 3 · 5 2 12,22882
0,07039 20 : 21
A* 24 · 32 · 5 · 7 12,29921
0,02272 63 : 64
A 210 · 5 12,32193
0,07039 20 : 21
B* 28 · 3 · 7 12,39232
0,00642 224 : 225
B 23 · 33 · 52 12,39874
5 2 0,05247 27 : 28
H* 2 ·5 ·7 12,45121
0,04064 35 : 36
H 27 · 32 · 5 12,49185
0,07039 20 : 21
c* 25 · 33 · 7 12,56224
0,02272 63 : 64
c 211 · 3 12,58496
0,03618 512 : 525
cs* 22 · 32 · 52 · 7 12,62114
0,02272 63 : 64
cs 28 · 52 12,64386
0,07039 20 : 21
d* 26 · 3 · 5 · 7 12,71425
0,04064 35 : 36
d 28 · 33 12,75489
0,05247 27 : 28
ds* 210 · 7 12,80736
0,00642 224 : 225
ds 25 · 32 · 52 12,81378
0,07039 20 : 21
e* 23 · 33 · 5 · 7 12,88417
0,02272 63 : 64
e 29 · 3 · 5 12,90689
0,07039 20 : 21
f* 27 · 32 · 7 12,97728
0,02272 63 : 64
f 213 13,00000
CAPITOLO UNDICESIMO
Le consonanze nel genere diatonico-cromatico

§ 1. Nel capitolo precedente, al paragrafo 16, si è chiaramente mostrato quali


suoni siano compresi nel genere diatonico-cromatico, e in quel luogo non solo sono
stati definiti i suoni che i tasti degli strumenti indicano, ma anche i suoni secondari
che gli stessi tasti possono rappresentare abbastanza comodamente. Ora, dunque,
passeremo alle consonanze ed esporremo quali consonanze il genere diatonico-
cromatico sia adatto ad esprimere, e inoltre con quali tasti convenga sia rappresen-
tata ciascuna consonanza.

§ 2. Poiché il numero due alza o abbassa i suoni di un’ottava, i suoni diversi di


un’ottava o più ottave, anche se non identici, siano di certo considerati simili, e per
la stessa ragione converrà considerare simili le consonanze i cui esponenti non dif-
feriscono se non per la potenza di due. Dunque, l’insieme delle consonanze simili
di questo tipo sarà definito con il nome di specie delle consonanze, e sostituendo
determinati numeri al posto di m, si otterranno le singole consonanze che costitui-
scono questa specie.

§ 3. D’ora in poi, dunque, esprimeremo le specie di consonanze di questo tipo


con le formule 2m · A, nelle quali m indica un numero indefinito, invece A un de-
terminato numero dispari. Inoltre, le consonanze comprese sotto questa specie sa-
ranno determinate dagli esponenti A, 2A, 22A, 23A, 24A, ecc. Infatti, i suoni che
costituiscono queste consonanze saranno espressi nelle singole medesime lettere, e
la differenza consisterà soltanto nelle ottave, in cui i suoni di queste consonanze
differiranno fra loro, e questa differenza non muterà di molto la natura della conso-
nanza.

§ 4. Talvolta, tuttavia, queste consonanze contenute in una specie non devono es-
sere considerate interamente come le stesse, infatti differiscono comunque per il
piacere con il quale ciascuna è percepita dall’udito. Così se la consonanza
dell’esponente A appartenesse al grado di piacere n, allora la consonanza 2A si ri-
ferirebbe al grado n + 1, la consonanza 22A al grado n + 2, la consonanza 23A al
grado n + 3. Perciò la più semplice e più facile a percepirsi delle consonanze della
stessa specie, sarà quella che ha A come esponente, la consonanza 2A seguirà que-
sta in ordine di piacere, 22A seguirà poi questa, e così via.

§ 5. Quanto maggiore, dunque, è il numero che si sostituisce al posto di m


nell’esponente della specie delle consonanze 2m · A, tanto più la consonanza diven-
ta composta e di più difficile percezione all’udito. Poiché dunque la nostra capacità
di percepire non si estende oltre un dato grado, bisogna fissare un limite nei gradi
di piacere, oltre il quale non è lecito rendere le consonanze più composte. Ma que-
Capitolo XI - Le consonanze nel genere diatonico-cromatico 163

sto limite non può essere costituito se non attraverso l’esperienza; è infatti noto che
assai raramente i musicisti sono soliti usare consonanze più composte di quelle che
appartengono al dodicesimo grado, e non pare perciò necessario dimostrare se ne
facciano uso. Sia dunque questo per noi il limite stabilito, superando il quale le
consonanze siano illecite e da bandire dall’armonia.

§ 6. Per enumerare ed esporre, dunque, le consonanze che trovano luogo nel no-
stro genere diatonico-cromatico, bisogna prendere per quelle esponenti tali da esse-
re contenuti nell’esponente del genere 2m · 33 · 52. Infatti, anche se questo genere
soddisfa pure l’esponente 2m · 37 · 52, tuttavia, per il motivo addotto, non possono
essere usate consonanze che non siano contenute in 2m · 33 · 52. Avremo dunque le
seguenti dodici specie di consonanze:

I 2m
II 2m · 3
III 2m · 5
IV 2m · 32
V 2m · 3 · 5
VI 2m · 52
VII 2m · 33
VIII 2m · 32 · 5
IX 2m · 3 · 5 2
X 2m · 33 · 5
XI 2m · 32 · 52
XII 2m · 33 · 52

§ 7. Inoltre, queste specie di consonanze, qualora agli esponenti di sopra si ag-


giungano gli indici, possono presentarsi in più forme. Infatti, l’esponente di una
qualsiasi specie 2m · A potrà essere indicato con un qualunque indice B, in modo
che la specie sia espressa in questo modo 2m A (B), mentre 2m A B sarà divisore
dello stesso 2m · 37 · 52; se invero si concede questa più ampia estensione del gene-
re diatonico-cromatico. Ma poiché la base di ciascuna consonanza è il suono indi-
cato dall’unità, sarà B la base della consonanza 2m · A (B); cosicché, comunque
vari l’indice B, le consonanze espresse attraverso 2m · A (B) differiscano soltanto
per le basi.

§ 8. Dal momento che qui ci siamo proposti di trattare solo le consonanze consi-
derate in se stesse, e queste non saranno mutate dagli indici, ignoreremo qui gli in-
dici, o piuttosto assumeremo per indice l’unità. Infatti, una consonanza definita in
questo modo, potrà essere trasformata facilmente in qualunque indice, sostituendo
al posto del suono indicato con l’unità il suono espresso con l’indice, e al posto dei
restanti gli altri suoni che distano dalla base dei medesimi intervalli. Poiché dunque
164 Leonhard Euler

la lettera F dà il suono indicato 1, ovvero il suono che dista alcune intere ottave dal
suono F, in questo capitolo la base sarà sempre o il suono F, o un suono alcune ot-
tave più grave di F.

§ 9. Perciò, in tutte le consonanze che qui presenteremo il suono, ossia il tasto F,


sarà indicato con l’unità, o con il numero due, o con una potenza di due, come ri-
chiederanno le circostanze. È sembrato infatti opportuno mostrare tutte le conso-
nanze all’interno dell’intervallo di tre ottave, cosicché trascureremo i suoni o più
gravi di F, o più acuti di f''. Poiché dunque, secondo questo proposito, raramente
possiamo mostrare le consonanze complete, F denoterà il tasto ora 1, ora 2, ora 4,
ecc., da cui ottenere tutte le forme con le quali ciascuna consonanza può comparire
nell’intervallo stabilito di tre ottave.

§ 10. Per rappresentare questi suoni useremo due pentagrammi ordinari, il primo
dei quali è provvisto di chiave di soprano, il secondo di chiave di basso; e in questi
rappresenteremo le consonanze secondo l’uso consueto, in modo tale che tutte le
note siano contenute fra questi due pentagrammi. E anche questo è il motivo per
cui non tratteremo né i suoni più gravi di F, né quelli più acuti di f''. E in effetti non
può essere assunto uno spazio ancora più grande per dover sostituire in séguito altri
suoni al posto di F, affinché più consonanze successive non richiedano un interval-
lo più grande di quattro ottave.
Capitolo XI - Le consonanze nel genere diatonico-cromatico 165

§ 11. Per questo motivo, dunque, abbiamo descritto nel modo consueto, con le
note musicali, le consonanze di ciascuna specie secondo l’ordine di piacere. Ab-
biamo inoltre aggiunto sopra l’esponente delle consonanze descritte, quindi fra i
pentagrammi il grado di piacere, e sotto i numeri coi quali in ciascuna consonanza
è indicato il suono F. Oltre a ciò, nella prima parte di questa tabella abbiamo pre-
sentato le consonanze soltanto fino al XII grado, in quanto ammesse più spesso
nell’uso; sotto tuttavia abbiamo disposto le consonanze fino al grado XV, che in
realtà devono essere considerate dissonanze. Non è stato necessario disporre parec-
chie specie a causa dell’intervallo troppo piccolo in cui poter presentare le conso-
nanze più composte. Così, la consonanza 23 della prima specie non può essere
presentata all’interno dell’intervallo di tre ottave, e ancor meno le consonanze suc-
cessive, perciò anch’esse sono state omesse.

§ 12. La tabella inizia dall’unisono o suono semplice, che è come la più semplice
delle consonanze. Lo segue la consonanza detta ottava, e i due suoni che la costi-
tuiscono distano fra loro reciprocamente un intervallo d’ottava; e questa è la con-
sonanza più semplice dopo l’unisono, che si percepisce assai facilmente, e per farla
risuonare due corde possono essere accordate facilmente con il solo udito. La terza
consonanza è composta di tre suoni, e i suoi suoni distano fra loro reciprocamente
per ottave e così realizzano un’armonia gradita. E queste sono le consonanze di
prima specie, la maggior parte delle quali cade nell’intervallo di tre ottave.

§ 13. La seconda specie abbraccia le consonanze in cui si presentano oltre


l’ottava gli intervalli di quinta e quarta. Quanto a ciò che riguarda la quinta, è chia-
166 Leonhard Euler

ro che essa è resa semplicissima, se la si accresce di un’ottava, in modo tale che


l’ottava con la quinta non solo si offra alle orecchie più gradita della semplice
quinta, ma possa essere usata anche con maggior successo per accordare gli stru-
menti. Fissato cioè il suono F, da esso sarà molto più facile formare il suono c',
piuttosto che il suono c. Perciò, chi volesse accordare gli strumenti musicali con il
solo udito, non formerà le quinte semplici, ma le ottave con le quinte, ricevendone
un aiuto di non poco conto. Le restanti consonanze di questa specie si presentano
frequentemente e sono bene accette all’udito.

§ 14. La consonanza più semplice di terza specie è la doppia ottava con la terza
maggiore, intervallo che è molto più piacevole all’udito sia della semplice terza
maggiore, sia dell’ottava con la terza maggiore. Perciò per accordare bene gli
strumenti musicali sarà più conveniente formare doppie ottave con terze maggiori,
piuttosto che semplici terze maggiori; ovvero, se i suoni sembrano troppo lontani,
potranno piuttosto essere usate a questo scopo ottave con terze maggiori. Dunque,
nell’accordare gli strumenti musicali converrà soprattutto usare questi aiuti secon-
do le regole sopra esposte, dalle quali l’operazione prescritta sarà resa più facile ed
esatta.

§ 15. Queste dunque sono le tre specie più semplici, nella prima delle quali si
presenta solamente un unico suono, nelle restanti solo due, anche se i suoni che dif-
feriscono fra loro di una o più ottave sono considerati come gli stessi, e perciò, per
la loro notevole semplicità, sogliono essere usati raramente, se non nelle composi-
zioni a due voci. Le specie seguenti comprendono una maggior quantità di suoni,
tale che possono avere luogo comodamente anche in composizioni polifoniche. Di
questo tipo è la quarta specie, nelle cui consonanze si trovano tre suoni F, C e G;
più spesso, tuttavia, i musicisti usano questa specie quando aggiungono al basso o
la quinta con la seconda, o la settima con la quarta: consonanze queste che soglio-
no invero essere definite dissonanze dai musicisti: non tanto perché siano meno
piacevoli, quanto perché sono soliti chiamare consonanze la sola specie che segue
con le tre precedenti.

§ 16. Segue ora la quinta specie che fornisce ai musicisti sia tutte le consonanze
più composte, sia la maggior parte delle dissonanze. Queste consonanze sono so-
prattutto due che si notano subito dall’inizio di questa specie: la prima è composta
dai suoni F, A, C, mentre la seconda dai suoni A, C, E. E queste due consonanze,
in qualunque ordine saranno collocati i suoni, sogliono essere chiamate triadi ar-
moniche. Sono inoltre chiamate triadi principali se i suoni sono stati disposti in
modo tale che dal più basso l’uno disti una terza maggiore o minore, l’altro una
quinta. E da queste triadi principali hanno origine triadi meno principali, se i suoni
sono disposti in un altro ordine.
Capitolo XI - Le consonanze nel genere diatonico-cromatico 167

§ 17. E poi è definita maggiore la triade armonica nella quale la terza maggiore è
unita alla quinta, minore quella in cui la terza minore si unisce alla quinta; maggio-
re è quindi la triade F, A, C, minore invece A, C, E. Come entrambe queste triadi
debbano essere espresse con somma dolcezza dai suoni si vede chiaramente dalla
tabella, dalla quale risulta, al tempo stesso, quanto inferiore sia il piacere se i suoni
sono disposti in un altro ordine. Quanto poi al modo più adatto di esprimere cia-
scuna consonanza, o accordo, come suole essere definito dai musicisti, si spieghe-
ranno molte più cose sotto.

§ 18. Oltre queste due triadi, questa stessa quinta specie contiene più dissonanze,
così chiamate dai musicisti, che è dato vedere da ambedue le parti della tabella. In-
fatti, i musicisti nel comporre le opere sono soliti usare come consonanze solamen-
te triadi maggiori o minori, e riempire con queste la maggior parte delle opere, e
trattano tutte le restanti consonanze, che solo mescolano a quelle, chiamandole con
il nome di dissonanze, sebbene più spesso abbiano ancor più dolcezza delle triadi,
per quanto in verità queste sogliano essere maggiormente considerate.

§ 19. Le consonanze della sesta specie sono interamente maggiori, dal momento
che la più semplice, che può essere espressa nell’intervallo di tre ottave, ascende al
grado undicesimo; è dunque usata assai raramente dai musicisti, e conviene usarla
raramente. Le consonanze di settima e di ottava specie sono più tollerabili e posso-
no essere mescolate con molta più grazia alle consonanze più semplici. La nona e
la decima specie poi, per la troppa rudezza non possono essere usate se non con
somma cautela. Neppure la consonanza delle ultime due specie può essere esibita,
non oltrepassando il dodicesimo grado. Dunque, le consonanze di queste specie, o
piuttosto le dissonanze, si devono cercare nell’altra parte della tabella.

§ 20. Si possono dedurre da qui le regole utili per comporre un basso continuo,
per quanto possibile molto piacevole, in cui, posto il suono più grave della conso-
nanza da produrre, suole essere indicato da numeri aggiunti quali suoni più acuti
debbano essere prodotti insieme ad esso. Questi suoni poi sono indicati attraverso
numeri derivati dai nomi degli intervalli ammessi, cosicché 6 indica che la sesta, 7
la settima, ecc. si devono unire al basso. Inoltre, questi numeri non indicano soltan-
to gli intervalli semplici; ma accresciuti di una o più ottave, a seconda di come ri-
chiede l’occasione, e si lascia all’abilità del musicista decidere se usare intervalli
semplici o composti.

§ 21. Per esporre, dunque, le regole di questo tipo, inizieremo dagli intervalli
semplici, nei quali si deve aggiungere un unico suono al basso. Per prima cosa, se è
stata indicata l’ottava, sarà più piacevole aggiungere l’ottava semplice, piuttosto
che la doppia o la tripla ottava. Se si è stabilito di aggiungere una quinta perfetta o
imperfetta (le quinte imperfette infatti in questa circostanza vengono di solito con-
siderate come le perfette), converrà usare non la quinta semplice, ma l’ottava con
168 Leonhard Euler

la quinta. Al contrario, la quarta semplice sarà più piacevole all’udito di una quarta
accresciuta di una o più ottave, e perciò qualora le circostanze per caso impedisca-
no di usarla semplice, dev’essere posta il meno possibile distante dal basso.

§ 22. Se è stata prescritta la terza maggiore, al suo posto conviene usare non la
terza semplice, ma una accresciuta di due ottave, al contrario la terza minore è più
gradita all’udito se è semplice, o il meno possibile distante dal basso. Le seste poi,
sia maggiori che minori, sono più piacevoli, quanto meno distanti sono prese dal
basso. Allo stesso modo, la settima minore vicina al basso, ossia semplice, è prefe-
ribile alle più distanti; invece, la settima maggiore, quanto più grande è l’intervallo
con cui dista dal basso, tanto più sarà gradita. La seconda maggiore, con un tono
maggiore, deve distare moltissimo dal basso, la seconda con un tono minore, inve-
ce, pochissimo. Allo stesso modo, la seconda minore, quanto più vicina si prende
al basso, tanto più sarà piacevole. Infine, il tritono, quanto più distante si prende
dal basso, tanto meno turberà il piacere.

§ 23. Si devono dunque osservare queste regole se si deve aggiungere al basso un


unico suono, cosa che si usa assai raramente, e tuttavia queste regole rimangono
ugualmente utili se si devono congiungere più suoni con il basso, per qualunque
infatti valgono le stesse regole che si dovranno osservare in presenza di un solo
suono. Come poi debbano essere espressi assai piacevolmente i suoni qualora vi
siano più numeri al basso, sarà possibile vederlo dalla tabella qui aggiunta, la quale
è formata dalla precedente tolti solo alcuni suoni, affinché ciascun suono ottenga
un posto di basso.

§ 24. Per esprimere chiaramente queste cose sono stati necessari tre pentagram-
mi, nel più basso dei quali sono rappresentate le sole note del basso con i numeri
soprascritti, come suole accadere nel basso continuo, o generale; poi, i due restanti
pentagrammi contengono l’intera consonanza, dalla quale i numeri aggiunti al bas-
so sono espressi assai convenientemente e piacevolmente. Ci siamo qui serviti di
una scala vuota, ma sarà facile adattare l’uso di questa tabella, trasportandola a
qualsiasi altra scala e ad altri suoni. Abbiamo distinto come prima il grado di pia-
cere, e abbiamo notato anche la specie alla quale appartiene ciascuna consonanza.
Infine, questa tabella è formata di due parti, nella prima delle quali sono enumerate
le consonanze fino alla decima specie, nella successiva, invece, le consonanze delle
due specie restanti.
Capitolo XI - Le consonanze nel genere diatonico-cromatico 169
CAPITOLO DODICESIMO
I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico

§ 1. Dopo le consonanze del genere diatonico-cromatico, converrebbe trattare la


successione delle consonanze. Ma poiché la successione delle consonanze si deve a-
dattare al modo musicale, è sembrato più saggio enumerare ed esporre i modi prima di
spiegare le regole secondo le quali è opportuno unire in qualunque modo le consonan-
ze. Fissati infatti i termini entro cui dobbiamo stare nell’unire le consonanze, sarà più
facile spiegare le regole della composizione e comporre un concerto.

§ 2. Poiché il modo musicale null’altro è se non l’esponente di una serie di con-


sonanze, e l’esponente del modo comprende in sé gli esponenti delle singole con-
sonanze, è evidente che l’esponente del modo non può essere troppo semplice;
diversamente infatti potrebbe darsi un’insufficiente varietà nelle consonanze. Per-
ciò, respingeremo questi esponenti 2n, 2n · 3, 2n · 32, 2n · 3 · 5, 2n · 52, come inutili
per designare i modi, e inizieremo la trattazione dai più composti.

§ 3. Ma poiché l’esponente del modo dev’essere contenuto nel genere diatonico-


cromatico, il cui esponente è 2n · 33 · 52, avremo i sei modi seguenti, i cui esponenti
saranno:

I 2n · 33
II 2n · 32 · 5
III 2n · 3 · 5 2
IV 2n · 33 · 5
V 2n · 32 · 52
VI 2n · 33 · 52

Infatti, sebbene il genere diatonico-cromatico si estenda assai oltre l’esponente 2n ·


3 · 52, tuttavia il modo non può essere più composto, sia per non diventare impercet-
3

tibile, sia perché non si debba usare nello stesso modo lo stesso tasto per esprimere
due suoni diversi, cosa che sarebbe intollerabile.

§ 4. Quando poi in un’intera opera musicale i modi sono cambiati ripetutamente


e i passaggi avvengono da alcuni modi in altri, allora, senza danno dell’armonia,
l’esponente dell’intera opera, in cui sono contenuti gli esponenti di tutti i modi, può
essere più composto di 2n · 33 · 52, e potrà elevarsi fino a 2n · 37 · 52. Perciò, per
comporre intere opere musicali, sarà opportuno stabilire questa norma, che ciascun
modo sia contenuto nell’esponente 2n · 33 · 52, e l’esponente dell’intera opera non
divenga più grande di 2n · 37 · 52.
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 171

§ 5. I primi tre dei sei modi recensiti sono troppo semplici, e perciò nella mu-
sica del giorno d’oggi possono avere poco spazio, dal momento che non ammet-
tono la grande varietà con la quale oggi ci si diletta di musica. E tuttavia
possono essere tuttora usati per accordi facili e melodie più semplici, tranne il
primo, in cui non trovano luogo neppure le terze e le seste. Il secondo modo poi
è abbastanza idoneo ad esprimere modulazioni semplici e allegre che consistono
di consonanze più facili, e proprio per questo è usato più spesso dai musicisti. Il
terzo modo, anche se ricorre assai raramente, tuttavia può ugualmente essere u-
sato non sconvenientemente in modulazioni facili di questo tipo.

§ 6. Nei tre ultimi modi, invece, è compresa tutta la musica del giorno d’oggi.
Infatti, in questi tre modi sono contenuti come specie tutti i modi che i musicisti
sono soliti impiegare. Infatti, il modo che si usa chiamare maggiore dai musici-
sti riguarda il nostro quarto modo, mentre il minore si riferisce al nostro quinto
modo. Ora, soprattutto i musicisti del giorno d’oggi usano impiegare nelle loro
opere un modo composto da maggiore e minore, che deve essere riferito al sesto
modo, e ciò si nota al massimo grado nelle opere contemporanee.

§ 7. Questi modi, come li abbiamo espressi senza indici, hanno tutti per base il
suono F, che è indicato dall’unità o da una potenza di due. Qualunque modo poi
può essere trasposto affinché la base sia trasposta ad altro suono, dal quale invero il
modo non sia mutato quanto alla sua conformazione naturale. Dunque, queste tra-
sposizioni dei modi, che sono solite ricorrere assai frequentemente nella musica, le
chiameremo variazioni dei modi, e le indicheremo con indici uniti ad esponenti,
cosicché l’indice designerà la base alla quale si riferisce lo stesso modo. Così, se
l’indice è 3, la base del modo sarà il suono C, e con indice 5, la base sarà A, come
si capisce da quanto detto prima.

§ 8. La variazione poi si chiamerà pura, se l’esponente del modo, unito all’indice,


sarà contenuto nell’esponente autentico del genere diatonico-cromatico, che è 2n ·
33 · 52. Se invece l’esponente del modo con l’indice sarà più composto di 2n · 33 ·
52, e tuttavia sarà contenuto in 2n · 37 · 52, allora la stessa variazione sarà da noi
chiamata impura, perché i suoni del genere musicale non concordano esattamente,
ma soltanto approssimativamente. Inoltre, questa variazione non è contenuta nep-
pure in questo esponente 2n · 37 · 52, e di diritto potrà essere ritenuta illecita e con-
traria all’armonia.

§ 9. Dunque, il primo modo, il cui esponente è 2n · 33, avrà tre variazioni pure,
appunto 2n · 33 (1), 2n · 33 (5), 2n · 33 (52), le cui basi saranno F, A, Cs, e ammetterà
12 variazioni impure, che con le loro basi saranno le seguenti:

C 2n · 33 (3)
G 2n · 33 (32)
172 Leonhard Euler

D 2n · 33 (33)
A 2n · 33 (34)
E 2n · 33 (3 · 5)
H 2n · 33 (32 · 5)
Fs 2n · 33 (33 · 5)
Cs 2n · 33 (34 · 5)
Gs 2n · 33 (3 · 52)
Ds 2n · 33 (32 · 52)
B 2n · 33 (33 · 52)
F 2n · 33 (34 · 52)

dove i suoni secondari A, Cs, F, sono indicati in corsivo.

§ 10. Nella tabella seguente abbiamo indicato tutte le variazioni dei singoli modi,
sia pure che impure, e per ogni variazione abbiamo scritto il tasto con cui si indica
la base. Ora, poiché anche tutte le consonanze ammettono tali variazioni, ed è al-
tresì utile sapere quali di queste variazioni siano pure e quali impure, è sembrato
opportuno mostrare in questa tabella non solo le variazioni dei modi, ma anche di
tutte le consonanze.

I II III IV V
n n n 2 n
2 ·3 2 ·5 2 ·3 2 ·3·5 2 · 52
n

Variazioni Variazioni Variazioni pure Variazioni pure Variazioni


pure pure pure
2n · 3 (1) F 2n · 5 (1) F 2n · 32 (1) F 2n · 3 · 5 (1) F 2n · 52 (1) F
n n n 2 n n 2
2 · 3 (3) C 2 · 5 (3) C 2 · 3 (3) C 2 · 3 · 5 (3) C 2 · 5 (3) C
n n n 2 n n 2
2 · 3 (5) A 2 · 5 (5) A 2 · 3 (5) A 2 · 3 · 5 (5) A 2 ·5 G
(32)
2n · 3 (32) G 2n · 5 (32) G 2n · 32 (3 · E 2n · 3 · 5 G 2n · 52 D
5) (32) (33)
2n · 3 (3 · E 2n · 5 (3 · E 2n · 32 (52) Cs 2n · 3 · 5 (3 · 5) E
5) 5)
2n · 3 (52) Cs 2n · 5 (33) D 2n · 32 (3 · 52) Gs 2n · 3 · 5 (32 · 5) H
n 2 n 2
2 · 3 (3 · 5) H 2 · 5 (3 · 5) H
n 2 n 3
2 · 3 (3 · 5 ) Gs 2 · 5 (3 · 5) Fs
n 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 173

Variazioni Variazioni Variazioni Variazioni Variazioni


impure impure impure impure impure
2n · 3 (33) D 2n · 5 (34) A 2n · 32 (32) G 2n · 3 · 5 (33) D 2n · 52 (34) A
2n · 3 (34) A 2n · 5 (35) E 2n · 32 (33) D 2n · 3 · 5 (33 · 5) Fs 2n · 52 (35) E
n n 4 n 2 2 n 4 n 2 6
2 · 3 (33 · 5) Fs 2 · 5 (3 · 5) Cs 2 · 3 (3 · 5) H 2 · 3 · 5 (3 ) A 2 · 5 (3 ) H
n n 6 n 2 4 n 4 n 2 7
2 · 3 (35) E 2 · 5 (3 ) H 2 · 3 (3 ) A 2 · 3 · 5 (3 · 5) Cs 2 · 5 (3 ) Fs
n n 7 n 2 3 n 6
2 · 3 (34 · 5) Cs 2 · 5 (3 ) Gs 2 · 3 (3 · 5) Fs 2 · 3 · 5 (3 ) E
n n 6 n 2 2 2 n 5
2 · 3 (33 · 52) D 2 · 5 (3 · 5) Ds 2 · 3 (3 · 5 ) Ds 2 · 3 · 5 (3 ) Gs
n n 7 n 2 5 n 6
2 · 3 (36) H 2 ·5 (3 ·5) B 2 · 3 (3 ) E 2 · 3 · 5 (3 ) H
n n 2 4 n 6
2 · 3 (35 · 5) Gs 2 · 3 (3 · 5) Cs 2 · 3 · 5 (3 · 5) Ds
n n 2 3 2
2 · 3 (34 · 52) F 2 · 3 (3 · 5 ) B
n n 2 5
2 · 3 (36 · 5) Ds 2 · 3 (3 · 5) Gs
n n 2 4 2
2 · 3 (35 · 52) C 2 · 3 (3 · 5 ) F
n n 2 5 2
2 · 3 (36 · 52) G 2 · 3 (3 · 5 ) C

I Modo II Modo III Modo


n 3 n 2
2 ·3 2 ·3 ·5 2n · 3 · 52
Variazioni pure Variazioni pure Variazioni pure
n 3 n 2
2 · 3 (1) F 2 · 3 · 5 (1) F 2 · 3 · 52 (1)
n
F
n 3 n 2 n 2
2 · 3 (5) A 2 · 3 · 5 (3) C 2 · 3 · 5 (3) C
n 3 2 n 2 n 2 2
2 · 3 (5 ) Cs 2 · 3 · 5 (5) A 2 · 3 · 5 (3 ) G
n 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E
Variazioni impure Variazioni impure Variazioni impure
n 3 n 2 2
2 · 3 (3) C 2 · 3 · 5 (3 ) G 2 · 3 · 52 (33)
n
D
n 3 n 2 2 n 2 4
2 · 3 (3 · 5) E 2 · 3 · 5 (3 · 5) H 2 · 3 · 5 (3 ) A
n 3 2 n 2 3 n 2 5
2 · 3 (3 · 5 ) Gs 2 · 3 · 5 (3 ) D 2 · 3 · 5 (3 ) E
2n · 33 (32) G 2n · 32 · 5 (33 · 5) Es 2n · 3 · 52 (36) H
n 3 2 n 2 4
2 · 3 (3 · 5) H 2 · 3 · 5 (3 ) A
n 3 2 2 n 2 4
2 · 3 (3 · 5 ) Ds 2 · 3 · 5 (3 · 5) Cs
n 3 3 n 2 5
2 · 3 (3 ) D 2 · 3 · 5 (3 ) E
n 3 3 n 2 5
2 · 3 (3 · 5) Fs 2 · 3 · 5 (3 · 5) Gs
n 3 3 2
2 · 3 (3 · 5 ) B
n 3 4
2 · 3 (3 ) A
174 Leonhard Euler

2n · 33 (34 · 5) Cs
n 3 4 2
2 · 3 (3 · 5 ) F

IV Modo V Modo VI Modo


n 3 n 2 2
2 ·3 ·5 2 ·3 ·5 2n · 33 · 52
Variazioni pure Variazioni pure Variazioni pure
n 3 n 2 2
2 · 3 · 5 (1) F 2 · 3 · 5 (1) F 2 · 3 · 52 (1)
n 3
F
n 3 n 2 2
2 · 3 · 5 (5) A 2 · 3 · 5 (3) C
Variazioni impure Variazioni impure Variazioni impure
n 3 n 2 2 2
2 · 3 · 5 (3) C 2 · 3 · 5 (3 ) G 2 · 33 · 52 (3)
n
C
n 3 n 2 2 3 n 3 2 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E 2 · 3 · 5 (3 ) D 2 · 3 · 5 (3 ) G
n 3 2 n 2 2 4 n 3 2 3
2 · 3 · 5 (3 ) G 2 · 3 · 5 (3 ) A 2 · 3 · 5 (3 ) D
n 3 2 n 2 2 5 n 3 2 4
2 · 3 · 5 (3 · 5) H 2 · 3 · 5 (3 ) E 2 · 3 · 5 (3 ) A
n 3 3
2 · 3 · 5 (3 ) D
2n · 33 · 5 (33 · 5) Fs
2n · 33 · 5 (34) A
n 3 4
2 · 3 · 5 (3 · 5) Cs

§ 11. Da questa tabella, dunque, si capisce quante variazioni, sia pure che impu-
re, una qualunque consonanza, e parimenti un qualunque modo, ammetta in uno
strumento ben temperato. Così è chiaro che la triade armonica che è contenuta
nell’esponente 2n · 3 · 5, ha sei variazioni pure ed otto impure; e tuttavia tre di quel-
le impure concordano con le pure, perché le basi secondarie A, E, H e Cs sono
comparse già fra le pure come primarie, cosicché cinque soltanto vanno considera-
te impure, le cui basi sono: D, Fs, Cs, Ds e Gs. Poi, con questa tabella si determi-
nano anche le trasposizioni dei modi, sia pure che impure, e subito appare evidente
quanto possa essere grande l’intervallo in cui è lecito trasporre una data modula-
zione, affinché rimanga pura, o risulti impura, e in quali casi diventi anche illecita.
Pertanto, le cose che si diranno della variazione di un modo sarà facile trasferirle a
tutti gli altri.

§ 12. Dopo le variazioni dei modi si devono considerare le specie diverse di cia-
scun modo che hanno origine qualora al posto di una potenza indefinita di due si
sostituiscano nell’esponente del modo le potenze definite. Così le specie del modo
2n · 33 · 5 saranno espresse dai seguenti esponenti: 33 · 5, 2 · 33 · 5, 22 · 33 · 5, 2[3]56

56
Originale: 22 · 33 · 5. L’iterazione dell’espressione precedente è stata emendata, considerandola un
refuso di stampa.
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 175

· 33 · 5, 24 · 33 · 5, ecc. sostituendo cioè successivamente a n, i numeri interi positivi


0, 1, 2, 3, 4, ecc. Ciascuna specie del modo poi ha le stesse variazioni del modo, sia
pure che impure, dal momento che esse saranno determinate non dalla potenza di
due, che è contenuta nell’esponente del modo, ma soltanto dai numeri con indici 3
e 5, che non si muteranno nelle specie.

§ 13. Le specie di uno stesso modo differiscono fra loro in ragione dei gradi di
piacere ai quali si riferiscono. Infatti, la specie di un qualunque modo è stimata tan-
to più semplice, quanto minore è il numero che si sostituisce a n. Così la specie di
un qualsivoglia modo diventa semplicissima se si pone n = 0, diventa più composta
di un grado con n = 1, e ascenderà di due gradi con n = 2, e così via: come si può
capire dalle cose dette sopra sulla determinazione del grado di piacere, al quale si
deve riferire un qualunque esponente determinato.

§ 14. Certamente il numero delle specie di ciascun modo considerato in se stesso


sarebbe infinito, a causa degli innumerevoli valori determinati che possono essere
sostituiti a n. Ma, a parte che le cose che si offrono ai sensi rifiutano un numero in-
finito, l’intervallo fra il più basso dei suoni gravi e il più alto degli acuti determina
in qualsiasi modo il numero definito delle specie. Infatti, qualunque modo contiene
in sé un dato numero di suoni primi che, accrescendo il numero n, si ripetono più
spesso in varie ottave, in maniera tale che se lo stesso suono ricorre già in tutte le
ottave, una ulteriore moltiplicazione del numero n non possa indurre una maggior
diversità.

§ 15. Affinché questo sia percepito più chiaramente, si deve notare che ciascun
modo ha i suoi suoni primi, che sono espressi da numeri dispari, dai quali, molti-
plicati per due o per la sua potenza, hanno origine i restanti numeri derivati. Per
cui, quanto maggiore sarà la potenza di due, per la quale si moltiplica, tanti più
suoni derivati avranno origine dallo stesso suono primo; e infine il numero fissato
delle ottave sarà completato da suoni, affinché, anche se si accrescesse ulterior-
mente la potenza di due, tuttavia più suoni non vi possano trovar luogo. Ma queste
cose appariranno chiaramente dalle tabelle seguenti.

§ 16. L’adattamento di un qualsiasi modo o specie ad un sistema di suoni comu-


nemente ammesso negli strumenti musicali porta alla terza varietà, che general-
mente suole contenere quattro ottave, nelle quali il suono più grave si indica con il
carattere C, mentre quello più acuto c'''. Entro questi limiti, dunque, devono essere
contenuti i suoni di qualsiasi modo e specie, che pure devono essere espressi negli
strumenti, cosicché i suoni più gravi di C e più acuti di c''' si devono respingere
come inutili57. Inoltre, l’insieme dei suoni di qualsiasi specie contenuti entro i sud-
detti limiti sarà da noi definito il sistema di questa specie.

57
Per la questione inerente all’àmbito della tastiera del clavicembalo cfr. cap. VIII, par. 13 e soprattut-
to la nota 50.
176 Leonhard Euler

§ 17. In più modi una stessa specie può essere generalmente inclusa all’interno di
quell’intervallo definito tra i suoni, a seconda che il suono F sia espresso con una o
un’altra potenza di due. Infatti, se si pone F = 1, tutti i suoni espressi con numeri
maggiori di 12 dovranno essere respinti; e se F = 2, potranno essere espressi soltan-
to i suoni contenuti fra i numeri 2 e 24. Se poi F = 4, i suoni idonei saranno com-
presi fra i limiti 3 e 48, e se F = 8, i limiti saranno 6 e 96; e allo stesso modo si
otterranno i limiti per le altre potenze di due, dalle quali è espresso il tasto F.

§ 18. Dunque, il sistema di ciascuna specie dei modi è definito da una data po-
tenza di due assunta per indicare il tasto F. A tal condizione una stessa specie avrà
spesso per numero più sistemi, che consisteranno di vari insiemi di suoni. Un si-
stema di suoni di questo tipo, che una data specie determinata in un dato modo
contiene, suole essere definito dai musicisti ambito, il quale determina dal genere
diatonico-cromatico quei tasti che è lecito usare in una data modulazione. I musici-
sti riconoscono invero per ciascun modo un unico àmbito, ma dalle seguenti tabelle
si vedrà che non solo qualsiasi modo, ma la specie di ciascun modo ammette più
sistemi o ambiti, con i quali la musica potrà essere sempre variata meravigliosa-
mente.

§ 19. Per acquisire, dunque, una completa nozione di tutte le specie e i sistemi di
ciascun modo, ho aggiunto la seguente tabella in cui ho svolto i singoli modi sopra
descritti, così da passare in rassegna per i singoli esponenti del tasto F le singole
specie di ciascun modo con i loro sistemi. In questa tabella, dunque, non compaio-
no solo tutte le specie di ciascun modo che, appunto, hanno luogo nell’intervallo
di quattro ottave, ma anche tutti i sistemi in cui i tasti sono indicati dalle note con-
suete.

Modi
Sistemi
2 · 33
n

Specie Se F = 4
2 3
2 ·3 C : F : c : g : c' : g' : d'' : g''
3 3
2 ·3 C : F : c : f : g : c' : g' : c'' : d'' : g''
24 · 33 C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : d'' : g'' : c'''
5 3
2 ·3 C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : d'' : f'' : g'' : c'''
Se F = 8
3 3
2 ·3 C : F : G : c : g : c' : d' : g' : d'' : g''
4 3
2 ·3 C : F : G : c : f : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
5 3
2 ·3 C : F : G : c : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : g'' : c'''
6 3
2 ·3 C : F : G : c : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : f'' : g'' : c'''
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 177

Se F = 16
4 3
2 ·3 C : F : G : c : d : g : c' : d' : g' : d'' : g''
5 3
2 ·3 C : F : G : c : d : f : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
6 3
2 ·3 C : F : G : c : d : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : g'' : c'''
7 3
2 ·3 C : F : G : c : d : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : f'' : g'' : c'''
Se F = 32
5 3
2 ·3 C : D : F : G : c : d : g : c' : d' : g' : d'' : g''
6 3
2 ·3 C : D : F : G : c : d : f : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
27 · 33 C : D : F : G : c : d : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : g'' : c'''
8 3
2 ·3 C : D : F : G : c : d : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : f'' : g'' : c'''

Modi
Sistemi
2n · 32 · 5
Specie Se F = 1

32 · 5 F : c' : a' : g''


2
2·3 ·5 F : f : c' : a' : c'' : g'' : a''
22 · 32 · 5 F : f : c' : f' : a' : c'' : g'' : a'' : c'''
3 2
2 ·3 ·5 F : f : c' : f' : a' : c'' : f'' : g'' : a'' : c'''
Se F = 2

32 · 5 c : a : g' : e''
2
2·3 ·5 F : c : a : c' : g' : a' : e'' : g''
2 2
2 ·3 ·5 F : c : f : a : c' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a''
23 · 32 · 5 F : c : f : a : c' : f' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a'' : c'''
4 2
2 ·3 ·5 F : c : f : a : c' : f' : g' : a' : c'' : e'' : f'' : g'' : a'' : c'''
Se F = 4
2
3 ·5 C : A : g : e' : h'
2 · 32 · 5 C : A : c : g : a : e' : g' : e'' : h''
2 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : g : a : c' : e' : g' : a' : e'' : g'' : h''
3 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : g' : a' : c'' : e'' : a'' : h''
24 · 32 · 5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a'' : h'' : c'''
5 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : e'' : f'' : g'' : a'' : h'' : c'''
178 Leonhard Euler

Se F = 8

2 · 32 · 5 C : G : A : e : g : e' : h' : h''


2 2
2 ·3 ·5 C : G : A : c : e : g : a : e' : h' : e'' : h''
23 · 32 · 5 C : F : G : A : c : e : g : a : c' : e' : g' : a' : h' : e'' : g'' : h''
4 2
2 ·3 ·5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : e' : g' : a' : h' : e'' : g'' : a'' : h''
5 2
2 ·3 ·5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : h' : e'' : g'' : a'' : h'' : c'''
26 · 32 · 5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : e'' : f'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 16

22 · 32 · 5 C : E : G : A : e : g : h : e' : h' : h''


3 2
2 ·3 ·5 C : E : G : A : c : e : g : a : h : e' : g' : h' : e'' : h''
24 · 32 · 5 C : E : F : G : A : c : e : g : a : h : c' : e' : g' : a' : h' : e'' : g'' : h''
5 2
2 ·3 ·5 C : E : F : G : A : c : e : f : g : a : h : c' : e' : g' : a' : h' : c'' : e'' : g'' : a'' : h''
6 2
2 ·3 ·5 C : E : F : G : A : c : e : f : g : a : h : c' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : e'' : g'' : a'' : h'' :
c'''
27 · 32 · 5 C : E : F : G : A : c : e : f : g : a : h : c' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : e'' : f'' : g'' : a'' :
h'' : c'''
Se F = 32
3 2
2 ·3 ·5 C : E : G : A : H : e : g : h : e' : h' : h''
24 · 32 · 5 C : E : G : A : H : c : e : g : a : h : e' : g' : h' : e'' : h''
5 2
2 ·3 ·5 C : E : F : G : A : H : c : e : f : g : a : h : c' : e' : g' : a' : h' : e'' : g'' : h''
6 2
2 ·3 ·5 C : E : F : G : A : H : c : e : f : g : a : h : c' : e' : g' : a' : h' : c'' : e'' : g'' : a'' : h''
27 · 32 · 5 C : E : F : G : A : H : c : e : f : g : a : h : c' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : e'' : g'' : a'' :
h''
28 · 32 · 5 C : E : F : G : A : H : c : e : f : g : a : h : c' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : e'' : f'' : g'' :
a'' : h'' : c'''

Modi
Sistemi
2n · 3 · 5 2
Specie Se F = 4
2
3·5 C : A : e' : cs''
2
2·3·5 C : A : c : a : e' : cs'' : e''
22 · 3 · 5 2 C : F : A : c : a : c' : e' : a' : cs'' : e''
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 179

23 · 3 · 5 2 C : F : A : c : f : a : c' : e' : a' : c'' : cs'' : e'' : a''


4 2
2 ·3·5 C : F : A : c : f : a : c' : e' : f' : a' : c'' : cs'' : e'' : a'' : c'''
5 2
2 ·3·5 C : F : A : c : f : a : c' : e' : f' : a' : c'' : cs'' : e'' : f'' : a'' : c'''
Se F = 8

2 · 3 · 52 C : A : e : cs' : e' : cs'' : gs''


2 2
2 ·3·5 C : A : c : e : a : cs' : e' : cs'' : e'' : gs''
23 · 3 · 5 2 C : F : A : c : e : a : c' : cs' : e' : a' : cs'' : e'' : gs''
24 · 3 · 5 2 C : F : A : c : e : f : a : c' : cs' : e' : a' : c'' : cs'' : e'' : gs'' : a'' : c'''
5 2
2 ·3·5 C : F : A : c : e : f : a : c' : cs' : e' : f' : a' : c'' : cs'' : e'' : gs'' : a'' : c'''
6 2
2 ·3·5 C : F : A : c : e : f : a : c' : cs' : e' : f' : a' : c'' : cs'' : e'' : f'' : gs'' : a'' : c'''
Se F = 16

22 · 3 · 5 2 C : E : A : cs : e : cs' : e' : gs' : cs'' : gs''


3 2
2 ·3·5 C : E : A : c : cs : e : a : cs' : e' : gs' : cs'' : e'' : gs''
24 · 3 · 5 2 C : E : F : A : c : cs : e : a : c' : cs' : e' : gs' : a' : cs'' : e'' : gs''
5 2
2 ·3·5 C : E : F : A : c : cs : e : f : a : c' : cs' : e' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' : gs'' : a''
6 2
2 ·3·5 C : E : F : A : c : cs : e : f : a : c' : cs' : e' : f' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' : gs'' : a'' : c'''
27 · 3 · 5 2 C : E : F : A : c : cs : e : f : a : c' : cs' : e' : f' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' : f'' : gs'' : a'' :
c'''
Se F = 32
3 2
2 ·3·5 C : Cs : E : A : cs : e : gs : cs' : e' : gs' : cs'' : gs''
24 · 3 · 5 2 C : Cs : E : A : c : cs : e : gs : a : cs' : e' : gs' : cs'' : e'' : gs''
5 2
2 ·3·5 C : Cs : E : F : A : c : cs : e : gs : a : c' : cs' : e' : gs' : a' : cs'' : e'' : gs''
6 2
2 ·3·5 C : Cs : E : F : A : c : cs : e : f : gs : a : c' : cs' : e' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' : gs'' :
a''
27 · 3 · 5 2 C : Cs : E : F : A : c : cs : e : f : gs : a : c' : cs' : e' : f' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' : gs''
: a'' : c'''
28 · 3 · 5 2 C : Cs : E : F : A : c : cs : e : f : gs : a : c' : cs' : e' : f' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' : f'' :
gs'' : a'' : c'''
Se F = 64

24 · 3 · 5 2 C : Cs : E : Gs : A : cs : e : gs : cs' : e' : gs' : cs'' : gs''


5 2
2 ·3·5 C : Cs : E : Gs : A : c : cs : e : gs : a : cs' : e' : gs' : cs'' : e'' : gs''
180 Leonhard Euler

26 · 3 · 5 2 C : Cs : E : F : Gs : A : c : cs : e : gs : a : cs' : e' : gs' : a' : cs'' : e'' : gs''


7 2
2 ·3·5 C : Cs : E : F : Gs : A : c : cs : e : f : gs : a : c' : cs' : e' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' :
gs'' : a''
28 · 3 · 5 2 C : Cs : E : F : Gs : A : c : cs : e : f : gs : a : c' : cs' : e' : f' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' :
gs'' : a'' : c'''
29 · 3 · 5 2 C : Cs : E : F : Gs : A : c : cs : e : f : gs : a : c' : cs' : e' : f' : gs' : a' : c'' : cs'' : e'' :
f'' : gs'' : a'' : c'''

Modi
Sistemi
2 · 33 · 5
n

Specie Se F = 4
3
3 ·5 C : A : g : e' : d'' : h''
2 · 33 · 5 C : A : c : g : a : e' : g' : d'' : e'' : h''
2 3
2 ·3 ·5 C : F : A : c : g : a : c' : e' : g' : a' : d'' : e'' : g'' : h''
3 3
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : g' : a' : c'' : d'' : e'' : g'' : a'' : h''
24 · 33 · 5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : d'' : e'' : g'' : a'' : h'' : c'''
5 3
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : d'' : e'' : f'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 8

2 · 33 · 5 C : G : A : e : g : d' : e' : h' : d'' : h''


2 3
2 ·3 ·5 C : G : A : c : e : g : a : d' : e' : g' : h' : d'' : e'' : h''
3 3
2 ·3 ·5 C : F : G : A : c : e : g : a : c' : d' : e' : g' : a' : h' : d'' : e'' : g'' : h''
24 · 33 · 5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : d' : e' : g' : a' : h' : c'' : d'' : e'' : g'' : a'' : h''
5 3
2 ·3 ·5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : d' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : d'' : e'' : g'' : a'' : h'' :
c'''
26 · 33 · 5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : d' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : d'' : e'' : f'' : g'' : a'' :
h'' : c'''
Se F = 16

22 · 33 · 5 C : E : G : A : d : e : g : h : d' : e' : h' : d'' : fs'' : h''


3 3
2 ·3 ·5 C : E : G : A : c : d : e : g : a : h : d' : e' : g' : h' : d'' : e'' : fs'' : h''
24 · 33 · 5 C : E : F : G : A : c : d : e : g : a : h : c' : d' : e' : g' : a' : h' : d'' : e'' : fs'' : g'' : h''
5 3
2 ·3 ·5 C : E : F : G : A : c : d : e : f : g : a : h : c' : d' : e' : g' : a' : h' : c'' : d'' : e'' : fs'' :
g'' : a'' : h''
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 181

26 · 33 · 5 C : E : F : G : A : c : d : e : f : g : a : h : c' : d' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : d'' : e'' :
fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
27 · 33 · 5 C : E : F : G : A : c : d : e : f : g : a : h : c' : d' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : d'' : e'' : f''
: fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 32

23 · 33 · 5 C : D : E : G : A : H : d : e : g : h : d' : e' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''


4 3
2 ·3 ·5 C : D : E : G : A : H : c : d : e : g : a : h : d' : e' : fs' : g' : h' : d'' : e'' : fs'' : h''
5 3
2 ·3 ·5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : g : a : h : c' : d' : e' : fs' : g' : a' : h' : d'' : e'' :
fs'' : g'' : h''
26 · 33 · 5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : f : g : a : h : c' : d' : e' : fs' : g' : a' : h' : c'' : d''
: e'' : fs'' : g'' : a'' : h''
27 · 33 · 5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : f : g : a : h : c' : d' : e' : f' : fs' : g' : a' : h' : c'' :
d'' : e'' : fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
28 · 33 · 5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : f : g : a : h : c' : d' : e' : f' : fs' : g' : a' : h' : c'' :
d'' : e'' : f'' : fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 64

24 · 33 · 5 C : D : E : G : A : H : d : e : fs : g : h : d' : e' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''


5 3
2 ·3 ·5 C : D : E : G : A : H : c : d : e : fs : g : a : h : d' : e' : fs' : g' : h' : d'' : e'' : fs'' : h''
6 3
2 ·3 ·5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : fs : g : a : h : c' : d' : e' : fs' : g' : a' : h' : d'' :
e'' : fs'' : g'' : h''
27 · 33 · 5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : f : fs : g : a : h : c' : d' : e' : fs' : g' : a' : h' : c''
: d'' : e'' : fs'' : g'' : a'' : h''
28 · 33 · 5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : f : fs : g : a : h : c' : d' : e' : f' : fs' : g' : a' : h' :
c'' : d'' : e'' : fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
29 · 33 · 5 C : D : E : F : G : A : H : c : d : e : f : fs : g : a : h : c' : d' : e' : f' : fs' : g' : a' : h' :
c'' : d'' : e'' : f'' : fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 128

25 · 33 · 5 C : D : E : Fs : G : A : H : d : e : fs : g : h : d' : e' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''


6 3
2 ·3 ·5 C : D : E : Fs : G : A : H : c : d : e : fs : g : a : h : d' : e' : fs' : g' : h' : d'' : e'' : fs''
: h''
27 · 33 · 5 C : D : E : F : Fs : G : A : H : c : d : e : fs : g : a : h : c' : d' : e' : fs' : g' : a' : h' :
d'' : e'' : fs'' : g'' : h''
28 · 33 · 5 C : D : E : F : Fs : G : A : H : c : d : e : f : fs : g : a : h : c' : d' : e' : fs' : g' : a' : h'
: c'' : d'' : e'' : fs'' : g'' : a'' : h''
182 Leonhard Euler

29 · 33 · 5 C : D : E : F : Fs : G : A : H : c : d : e : f : fs : g : a : h : c' : d' : e' : f' : fs' : g' : a'


: h' : c'' : d'' : e'' : fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''
210 · 33 · 5 C : D : E : F : Fs : G : A : H : c : d : e : f : fs : g : a : h : c' : d' : e' : f' : fs' : g' : a'
: h' : c'' : d'' : e'' : f'' : fs'' : g'' : a'' : h'' : c'''

Modi
Sistemi
2 · 32 · 52
n

Specie Se F = 4
32 · 52 C : A : g : e' : cs'' : h''
2 2
2·3 ·5 C : A : c : g : a : e' : g' : cs'' : e'' : h''
2 2 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : g : a : c' : e' : g' : a' : cs'' : e'' : g'' : h''
3 2 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : g' : a' : c'' : cs'' : e'' : g'' : a'' : h''
24 · 32 · 52 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : cs'' : e'' : g'' : a'' : h'' : c'''
5 2 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : cs'' : e'' : f'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 8
2 2
3 ·5 G : e : cs' : h' : gs''
2 · 32 · 52 C : G : A : e : g : cs' : e' : h' : cs'' : gs'' : h''
2 2 2
2 ·3 ·5 C : G : A : c : e : g : a : cs' : e' : g' : h' : cs'' : e'' : gs'' : h''
3 2 2
2 ·3 ·5 C : F : G : A : c : e : g : a : c' : cs' : e' : g' : a' : h' : cs'' : e'' : g'': gs'' : h''
4 2 2
2 ·3 ·5 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : cs' : e' : g' : a' : h' : c'' : cs'' : e'' : g'': gs'' : a'' :
h''
25 · 32 · 52 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : cs' : e' : f ': g' : a' : h' : c'' : cs'' : e'' : g'': gs'' :
a'' : h'' : c'''
26 · 32 · 52 C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : cs' : e' : f ': g' : a' : h' : c'' : cs'' : e'' : f'' : g'': gs''
: a'' : h'' : c'''
Se F = 16

2 · 32 · 52 E : G : cs : e : h : cs' : gs' : h' : gs''


2 2 2
2 ·3 ·5 C : E : G : A : cs : e : g : a : h : cs' : e' : gs' : h' : cs'' : gs'' : h''
3 2 2
2 ·3 ·5 C : E : G : A : c : cs : e : g : a : h : cs' : e' : g' : gs' : h' : cs'' : e'' : gs'' : h''
4 2 2
2 ·3 ·5 C : E : F : G : A : c : cs : e : g : a : h : c' : cs' : e' : g' : gs' : a' : h' : cs'' : e'' : g'' :
gs'' : h''
25 · 32 · 52 C : E : F : G : A : c : cs : e : f : g : a : h : c' : cs' : e' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : e''
: g'' : gs'' : a'' : h''
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 183

26 · 32 · 52 C : E : F : G : A : c : cs : e : f : g : a : h : c' : cs' : e' : f' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' :
e'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
27 · 32 · 52 C : E : F : G : A : c : cs : e : f : g : a : h : c' : cs' : e' : f' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' :
e'' : f'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 32
2 2 2
2 ·3 ·5 Cs : E : G : H : cs : e : gs : h : cs' : gs' : h' : ds'' : gs''
23 · 32 · 52 C : E : G : A : H : cs : e : g : gs : h : cs' : e' : gs' : h' : cs'' : ds'' : gs'' : h''
4 2 2
2 ·3 ·5 C : E : G : A : H : c : cs : e : g : gs : a : h : cs' : e' : g' : gs' : h' : cs'' : ds'' : e'' :
gs'' : h''
25 · 32 · 52 C : E : F : G : A : H : c : cs : e : g : gs : a : h : c' : cs' : e' : g' : gs' : a' : h' : cs'' :
ds'' : e'' : g'' : gs'' : h''
26 · 32 · 52 C : E : F : G : A : H : c : cs : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : e' : g' : gs' : a' : h' : c'' :
cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h''
27 · 32 · 52 C : E : F : G : A : H : c : cs : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : e' : f' : g' : gs' : a' : h' :
c'' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
28 · 32 · 52 C : E : F : G : A : H : c : cs : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : e' : f' : g' : gs' : a' : h' :
c'' : cs'' : ds'' : e'' : f'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 64
3 2 2
2 ·3 ·5 Cs : E : G : Gs : H : cs : e : gs : h : cs' : ds' : gs' : h' : ds'' : gs''
24 · 32 · 52 C : Cs : E : G : Gs : A : H : cs : e : g : gs : h : cs' : ds' : e' : gs' : h' : cs'' : ds'' :
gs'' : h''
25 · 32 · 52 C : Cs : E : G : Gs : A : H : c : cs : e : g : gs : h : cs' : ds' : e' : g' : gs' : h' : cs'' :
ds'' : e'' : gs'' : h''
26 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : e : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' : g' : gs' :
a' : h' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : h''
27 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' : g' :
gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : g'' : gs'' : a'' : h''
28 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' : f' : g'
: gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
29 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' : f' : g'
: gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : f '': g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 128
4 2 2
2 ·3 ·5 Cs : E : G : Gs : H : cs : ds : e : gs : h : cs' : ds' : gs' : h' : ds'' : gs''
25 · 32 · 52 C : Cs : E : G : Gs : A : H : cs : ds : e : g : gs : h : cs' : ds' : e' : gs' : h' : cs'' : ds''
: gs'' : h''
184 Leonhard Euler

26 · 32 · 52 C : Cs : E : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : g : gs : a : h : cs' : ds' : e' : g' : gs' : h'


: cs'' : ds'' : e'' : gs'' : h''
27 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' : g' :
gs' : a' : h' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : h''
28 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' : g'
: gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h''
29 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' :
f': g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
210 · 32 · 52 C : Cs : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' :
f': g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : f'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 256

25 · 32 · 52 Cs : Ds : E : G : Gs : H : cs : ds : e : gs : h : cs' : g' : gs' : h' : ds'' : gs''


6 2 2
2 ·3 ·5 C : Cs : Ds : E : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : g : gs : h : cs' : ds' : e' : gs' : h' :
cs'' : ds'' : gs'' : h''
27 · 32 · 52 C : Cs : Ds : E : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : g : gs : a : h : cs' : ds' : e' : g' : gs'
: h' : cs'' : ds'' : e'' : gs'' : h''
28 · 32 · 52 C : Cs : Ds : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' : e' :
g' : gs' : a' : h' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : h''
29 · 32 · 52 C : Cs : Ds : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' :
e' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h''
210 · 32 · 52 C : Cs : Ds : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' :
e' : f' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
211 · 32 · 52 C : Cs : Ds : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : ds : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : ds' :
e' : f' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : ds'' : e'' : f'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''

Modi
Sistemi
2 · 33 · 52
n

Specie Se F = 4
3 2
3 ·5 C : A : g : e' : cs'' : d'' : h''
3 2
2·3 ·5 C : A : c : g : a : e' : g' : cs'' : d'' : e'' : h''
22 · 33 · 52 C : F : A : c : g : a : c' : e' : g' : a' : cs'' : d'' : e'' : g'' : h''
23 · 33 · 52 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : g' : a' : c'' : cs'' : d'' : e'' : g'' : a'' : h''
4 3 2
2 ·3 ·5 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : cs'' : d'' : e'' : g'' : a'' : h'' : c'''
25 · 33 · 52 C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : f' : g' : a' : c'' : cs'' : d'' : e'' : f'' : g'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 8
33 · 52 G : e : cs' : d' : h' : gs''
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 185

2 · 33 · 52 C : G : A : e : g : cs' : d' : e' : h' : cs'' : d'' : gs'' : h''


2 3 2
2 ·3 ·5 C : G : A : c : e : g : a : cs' : d' : e' : g' : h' : cs'' : d'' : e'' : gs'' : h''
23 · 33 · 52 C : F : G : A : c : e : g : a : c' : cs' : d' : e' : g' : a' : h' : cs'' : d'' : e'' : g'' : gs'' : h''
C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : cs' : d' : e' : g' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : e'' : g'' :
24 · 33 · 52
gs'' : a'' : h''
C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : cs' : d' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : e'' : g''
25 · 33 · 52
: gs'' : a'' : h'' : c'''
C : F : G : A : c : e : f : g : a : c' : cs' : d' : e' : f' : g' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : e'' : f''
26 · 33 · 52
g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 16
33 · 52 E : cs : d : h : gs' : fs''
2 · 33 · 52 E : G : cs : d : e : h : cs' : d' : gs' : h' : fs'' : gs''
2 3 2
2 ·3 ·5 C : E : G : A : cs : d : e : g : h : cs' : d' : e' : gs' : cs'' : d'' : fs'' : gs''
C : E : G : A : c : cs : d : e : g : a : h : cs' : d' : e' : g' : gs' : h' : cs'' : d'' : fs'' : gs''
23 · 33 · 52
: h''
C : E : F : G : A : c : cs : d : e : g : a : h : c' : cs' : d' : e' : g' : gs' : a' : h' : cs'' : d''
24 · 33 · 52
: e'' : fs'' : g'' gs'' : h''
C : E : F : G : A : c : cs : d : e : f : g : a : h : c' : cs' : d' : e' : g' : gs' : a' : h' : c'' :
25 · 33 · 52
cs'' : d'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : h''
C : E : F : G : A : c : cs : d : e : f : g : a : h : c' : cs' : d' : e' : f' : g' : gs' : a' : h' :
26 · 33 · 52
c'' : cs'' : d'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
C : E : F : G : A : c : cs : d : e : f : g : a : h : c' : cs' : d' : e' : f' : g' : gs' : a' : h' :
27 · 33 · 52
c'' : cs'' : d'' : e'' : f'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 32
33 · 52 Cs : D : H : gs : fs' : ds''
3 2
2·3 ·5 Cs : D : E : H : cs : d : gs : h : fs' : gs' : ds'' : fs''
22 · 33 · 52 Cs : D : E : G : H : cs : d : e : gs : h : cs' : d' : fs' : gs' : h' : ds'' : fs'' : gs''
C : Cs : D : E : G : A : H : cs : d : e : g : gs : h : cs' : d' : e' : fs' : gs' : h' : cs'' : d''
23 · 33 · 52
: ds'' : fs'' : gs'' : h''
C : Cs : D : E : G : A : H : c : cs : d : e : g : gs : a : h : cs' : d' : e' : fs' : g' : gs' :
24 · 33 · 52
h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : gs'' : h''
C : Cs : D : E : F : G : A : H : c : cs : d : e : g : gs : a : h : c' : cs' : d' : e' : fs' : g'
25 · 33 · 52
: gs' : a' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : h''
C : Cs : D : E : F : G : A : H : c : cs : d : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : d' : e' : fs' :
26 · 33 · 52
g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : h''
C : Cs : D : E : F : G : A : H : c : cs : d : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : d' : e' : f' :
27 · 33 · 52
fs' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
28 · 33 · 52 C : Cs : D : E : F : G : A : H : c : cs : d : e : f : g : gs : a : h : c' : cs' : d' : e' : f' :
186 Leonhard Euler

fs' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : f'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : h'' : c'''
Se F = 64
2 · 33 · 52 Cs : D : Gs : H : fs : gs : ds' : fs' : ds'' : b''
2 3 2
2 ·3 ·5 Cs : D : E : Gs : H : cs : d : fs : gs : h : ds' : fs' : gs' : ds'' : fs'' : b''
Cs : D : E : G : Gs : H : cs : d : e : fs : gs : h : cs' : d' : ds' : fs' : gs' : h' : ds'' : fs''
23 · 33 · 52
: gs'' : b''
C : Cs : D : E : G : Gs : A : H : cs : d : e : fs : g : gs : h : cs' : d' : ds' : e' : fs' : gs'
24 · 33 · 52
: h' : cs'' : d'' : ds'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : G : Gs : A : H : c : cs : d : e : fs : g : gs : a : h : cs' : d' : ds' : e' :
25 · 33 · 52
fs' : g' : gs' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : d : e : fs : g : gs : a : h : c' : cs' : d' :
26 · 33 · 52
ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : d : e : f : fs : g : gs : a : h : c' : cs' : d' :
27 · 33 · 52
ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : d : e : f : fs : g : gs : a : h : c' : cs' : d' :
28 · 33 · 52 ds' : e' : f' : fs' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : b'' : h''
: c'''
C : Cs : D : E : F : G : Gs : A : H : c : cs : d : e : f : fs : g : gs : a : h : c' : cs' : d' :
29 · 33 · 52 ds' : e' : f' : fs' : g' : gs' : a' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : f '': fs'' : g'' : gs'' : a'' : b''
: h'' : c'''
Se F = 128
22 · 33 · 52 Cs : D : Fs : Gs : H : ds : fs : gs : ds' : fs' : b' : ds'' : b''
3 3 2
2 ·3 ·5 Cs : D : E : Fs : Gs : H : cs : d : ds : fs : gs : h : ds' : fs' : gs' : b' : ds'' : fs'' : b''
Cs : D : E : Fs : G : Gs : H : cs : d : ds : e : fs : gs : h : cs' : d' : ds' : fs' : gs' : b' :
24 · 33 · 52
h' : ds'' : fs'' : gs'' : b''
C : Cs : D : E : Fs : G : Gs : A : H : cs : d : ds : e : fs : g : gs : h : cs' : d' : ds' : e'
25 · 33 · 52
: fs' : gs' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : fs : g : gs : a : h : cs' : d' :
26 · 33 · 52
ds' : e' : fs' : g' : gs' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : fs : g : gs : a : h : c' :
27 · 33 · 52 cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' : b'' :
h''
C : Cs : D : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs : a : h : c' :
28 · 33 · 52 cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' :
a'' : b'' : h''
C : Cs : D : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs : a : h : c' :
29 · 33 · 52 cs' : d' : ds' : e' : f' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs''
: a'' : b'' : h'' : c'''
C : Cs : D : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs : a : h : c' :
210 · 33 · 52
cs' : d' : ds' : e' : f' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : f '': fs'' : g'' :
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 187

gs'' : a'' : b'' : c'''


Se F = 256
23 · 33 · 52 Cs : D : Ds : Fs : Gs : H : ds : fs : gs : b : ds' : fs' : b' : ds'' : b''
Cs : D : Ds : E : Fs : Gs : H : cs : d : ds : fs : gs : b : h : ds' : fs' : gs' : b' : ds'' :
24 · 33 · 52
fs'' : b''
Cs : D : Ds : E : Fs : G : Gs : H : cs : d : ds : e : fs : gs : b : h : cs' : d' : ds' : fs' :
25 · 33 · 52
gs' : b' : h' : ds'' : fs'' : gs'' : b''
C : Cs : D : Ds : E : Fs : G : Gs : A : H : cs : d : ds : e : fs : gs : b : h : cs' : d' :
26 · 33 · 52
ds' : e' : fs' : gs' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : fs : g : gs : a : b : h :
27 · 33 · 52
cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : fs : g : gs : a : b :
28 · 33 · 52 h : c' : cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g'' : gs'' :
b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs : a : b
29 · 33 · 52 : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : g''
: gs'' : a'' : b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs : a : b
210 · 33 · 52 : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : f ': fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' :
g'' : gs'' : a'' : b'' : h'' : c'''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs : a : b
211 · 33 · 52 : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : f ': fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : f'' :
fs'' : g'' : gs'' : a'' : b'' : h'' : c'''
Se F = 512
24 · 33 · 52 Cs : D : Ds : Fs : Gs : B : H : ds : fs : gs : b : ds' : fs' : b' : ds'' : b''
Cs : D : Ds : E : Fs : Gs : B : H : cs : d : ds : fs : gs : b : h : ds' : fs' : gs' : b' : ds''
25 · 33 · 52
: fs'' : b''
Cs : D : Ds : E : Fs : G : Gs : B : H : cs : d : ds : e : fs : gs : b : h : cs' : d' : ds' :
26 · 33 · 52
fs' : gs' : b' : h' : ds'' : fs'' : gs'' : b''
C : Cs : D : Ds : E : Fs : G : Gs : A : B : H : cs : d : ds : e : fs : g : gs : b : h : cs'
27 · 33 · 52
: d' : ds' : e' : fs' : gs' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : Fs : G : Gs : A : B : H : c : cs : d : ds : e : fs : g : gs : a : b :
28 · 33 · 52
h : cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e'' : fs'' : gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : B : H : c : cs : d : ds : e : fs : g : gs : a :
29 · 33 · 52 b : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : cs'' : d'' : ds'' : e '': fs'' : g'' :
gs'' : b'' : h''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : B : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs :
210 · 33 · 52 a : b : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e '': fs''
: g'' : gs'' : a'' : b'' : h''
211 · 33 · 52 C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : B : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs :
188 Leonhard Euler

a : b : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : f' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e '':
fs'' : g'' : gs'' : a'' : b'' : h'' : c'''
C : Cs : D : Ds : E : F : Fs : G : Gs : A : B : H : c : cs : d : ds : e : f : fs : g : gs :
212 · 33 · 52 a : b : h : c' : cs' : d' : ds' : e' : f' : fs' : g' : gs' : a' : b' : h' : c'' : cs'' : d'' : ds'' : e '':
f'' : fs'' : g'' : gs'' : a'' : b'' : h'' : c'''

§ 20. Per quanto riguarda la composizione musicale, si devono poi osservare qui,
ad una ad una, le cose seguenti. Per prima cosa, una volta scelto il modo, si devono
scegliere sia una specie che un sistema definiti in cui comporre. Poi, determinato il
sistema, si definiscono tutti i suoni che possono comparire in questa composizione
musicale, in modo tale che, per il tempo in cui si usa questo sistema, non sia lecito
applicare altri suoni tranne quelli assegnati: a meno che lo strumento musicale non
comprenda suoni più gravi di C, o più acuti di c''', nel qual caso potranno essere
usati anche tali suoni58, finché cioè sono contenuti nell’esponente della specie, cosa
che si può vedere facilmente dallo stesso esponente.

§ 21. Per prima cosa, dunque, in questa tabella appare il modo il cui esponente è
2n · 33, alla cui determinazione deve essere presente il suono espresso attraverso 33,
ossia 27. Pertanto, non esiste nessun sistema di questo modo per F = 1, né per F =
2, dal momento che, in questi casi, il suono 27 supera il limite ultimo c'''. Per que-
sta ragione è stato subito posto F = 4, nella qual ipotesi il suono 33 è espresso dal
tasto d''; oltre questo suono, c’è poi anche necessità del suono espresso o attraverso
1, o attraverso la potenza di due, che non cade all’interno di questo intervallo, se
non è n = 2. Quindi, il primo sistema di questo modo ha come esponente 22 · 33,
nell’ipotesi F = 4.

§ 22. Rimanendo poi F = 4, questo modo ammette quattro sistemi i cui esponenti
sono 22 · 33, 23 · 33, 24 · 33, 25 · 33, né se ne possono dare di più in un intervallo di
quattro ottave. Infatti, anche se si prendesse come esponente 26 · 23, compariranno
quegli stessi suoni che hanno risposto all’esponente 25 · 33, cosicché non avesse
origine un sistema diverso. Per la stessa ragione, se si pone F = 8, si hanno quattro
sistemi, e altrettanti posto F = 16 e F = 32, dove è fissato di nuovo un termine; in-
fatti nell’ultimo sistema il cui esponente è 28 · 33, già nelle singole ottave sono pre-
senti tutti i suoni primi, per cui non si dà un sistema più composto.

§ 23. Così dunque, in tutto vi sono 16 sistemi del primo modo il cui esponente è
2n · 33, il secondo modo poi il cui esponente è 2n · 32 · 5, ha 33 sistemi. Inoltre, il
numero dei sistemi del terzo modo, il cui esponente è 2n · 3 · 52, è 30. Segue questo
il quarto modo il cui esponente è 2n · 33 · 5, assai usato dai musicisti odierni, nel
quale si trovano 36 diversi sistemi. Nel quinto modo, che ugualmente suole essere
usato spessissimo e come esponente ha 2n · 32 · 52, i sistemi sono 48. Infine, il sesto

58
Per particolari cfr. cap. VIII, par. 13 e soprattutto la nota 50.
Capitolo XII - I modi e i sistemi nel genere diatonico-cromatico 189

modo composto e assai frequentemente in uso presso i musicisti odierni, possiede


66 sistemi diversi. Di conseguenza tutti questi sei modi congiuntamente compren-
dono 229 sistemi diversi.

§ 24. Chi osserverà più attentamente le forme di tutti questi sistemi, vedrà che in
qualsivoglia di quelli, gli intervalli diapason sono pieni di suoni in maniera diversa,
eccettuati gli ultimi sistemi di ciascun modo, le singole ottave dei quali contengono
tutti i suoni primi del modo, e sono stati completati da un eguale numero di suoni.
Alcuni sistemi poi sono stati maggiormente completati con suoni nell’ottava più
bassa, altri in quelle di mezzo, altri in quella più acuta, per cui potrà essere scelto il
sistema più idoneo per un dato concerto. Infatti, chi voglia attribuire al basso le
parti principali nella modulazione, ha bisogno del sistema nelle cui ottave più basse
i suoni ricorrano assai frequentemente; al contrario, chi desidera collocare la mas-
sima varietà nel discanto, ricorrerà ad un sistema nel quale soprattutto le ottave più
acute sono state riempite dai suoni. Infine, anche chi collochi la maggior veemenza
nelle voci medie, troverà ugualmente sistemi adatti allo scopo. Ma i musicisti
odierni sembrano in qualche modo avere già avvertito questa massima differenza
nei modi, guidati più dall’esperienza che dalla teoria; perciò questa nostra enume-
razione, dalla quale comprenderanno distintamente ciò che prima avevano suppo-
sto soltanto confusamente, arrecherà loro non poco aiuto.
CAPITOLO TREDICESIMO
Il metodo di composizione in un modo e sistema dati

§ 1. L’esponente di un’intera opera musicale suole essere assai spesso così com-
posto da non poter essere affatto percepito, se non lo si determina per gradi. Perciò,
un’opera musicale di questo tipo va distribuita in più parti, ciascuna delle quali ab-
bia esponenti più semplici e facili a percepirsi. Dunque, per comporre un’opera
musicale corretta è necessario, prima della disposizione delle parti, spiegare
dall’unione di quali di esse l’intera opera è costituita. L’esponente di una parte di
questo tipo null’altro è se non il modo musicale; per questa ragione in una compo-
sizione musicale bisogna esporre prima il metodo di composizione in un dato mo-
do, che consenta di intraprendere la composizione di un’opera ben fatta. Detto ciò,
si dovrà poi spiegare come occorra congiungere tra loro più parti del genere, e da
queste comporre tutta l’opera musicale.

§ 2. Dal momento che la teoria dei modi è stata trattata nel capitolo precedente
non solo più diffusamente, ma anche più accuratamente di come suole farsi gene-
ralmente e ciascun modo è stato distribuito nelle sue specie e sistemi: oltre ad uno
stesso modo determinato bisognerà scegliere pure il suo sistema, nel quale avvenga
la composizione. Invero qui non sono considerate le variazioni dei modi, dal mo-
mento che avvengono per sola trasposizione, e da queste non risulta variata la reci-
proca relazione fra i suoni presenti in ciascun sistema. Perciò, in tutti i sistemi la
base, ovvero il suono espresso dall’unità, sarà il tasto F, o un qualche altro suono
più grave delle ottave.

§ 3. Scelto dunque un modo adatto allo scopo, è necessario cercare sia la sua
specie, sia il sistema conveniente. Anche se questa cosa dipende dall’arbitrio di chi
compone, tuttavia il sistema definisce in qualche modo il proposito stesso, come
abbiamo già notato nel capitolo precedente. Infatti, per l’ottava a cui vorrà attribui-
re il peso maggiore adotterà altresì quel sistema, nel quale quell’ottava medesima
sia massimamente colma di suoni. Ma a questo scopo è sufficiente la sola cono-
scenza della tabella sopra riportata, cosicché sarebbe superfluo riferire più a lungo
queste cose.

§ 4. Definito poi il sistema di un dato modo e della sua data specie, nella tabella
dei sistemi situata sopra sono bell’e pronti tutti i suoni che si potranno usare nella
composizione, donde si potranno distinguere i suoni appartenenti a questo sistema
da quelli estranei. Una simile delimitazione è rispettata completamente anche dai
musicisti più competenti, se le loro opere saranno esaminate secondo la regola dei
nostri sistemi. Apparirà così che, con regole non in contrasto con l’armonia,
può avvenire che la voce superiore di una stessa opera musicale usi toni maggiori e
l’inferiore toni minori; infatti la specie 26 · 33 · 5 del modo il cui esponente è
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 191

2n · 33 · 5 è composta secondo il sistema F = 32, in modo tale che nelle due ottave
più gravi vi siano i tasti F e f, mentre in quelle più alte fs' e fs'', cosa che agli in-
competenti può sembrare un grave errore. Allo stesso modo, molte altre composi-
zioni, che ai musici pratici sembrano paradossali, anche se non possono dubitare
della loro piacevolezza, saranno pienamente approvate attraverso questa tabella dei
sistemi e si concilieranno con la vera armonia. Infatti, non può affatto accadere che
una modulazione qualsiasi sia piacevole, e che questa nello stesso tempo non con-
cordi con i nostri princìpi armonici.

§ 5. Assunto tuttavia un sistema determinato, la stessa composizione ammetterà


la massima varietà. Dal momento che una composizione è perfezionata da più con-
sonanze che devono essere collocate in serie, sia l’ordine delle consonanze, sia la
loro natura procurerà una grandissima e quasi infinita diversità. Per quanto riguar-
da le stesse consonanze, esse sono desunte o tutte da una stessa specie, o da varie
specie: di qui la composizione nasce semplice o mista. In questa sede chiameremo,
ad esempio, composizione semplice quella formata da consonanze della stessa spe-
cie, o espresse dallo stesso esponente; mista invece quella in cui sono collocate
consonanze delle varie specie.

§ 6. Per prima cosa, occorre pertanto considerare la specie di composizione sem-


plice che è formata dai soli suoni semplici, ossia – che è la stessa cosa – da conso-
nanze espresse dall’esponente 1. Una composizione di questo tipo si dice applicarsi
ad un’unica voce, poiché non produce mai più di un suono nello stesso tempo, ed è
impiegata anche frequentemente nelle opere composte, quando spesso tutta
l’armonia è lasciata ad un’unica voce.

§ 7. Inoltre tale composizione, che consta di soli suoni semplici, non soffre pres-
soché alcuna difficoltà. Infatti, assunto un sistema a piacere dalla tabella sopra ri-
portata, ad un solo sguardo appariranno tutti i suoni che sarà lecito usare in questa
armonia. Chiunque, dunque, potrà mescolare fra loro liberamente questi suoni del
sistema scelto, e formare da questi una melodia conveniente; né in questa faccenda
si dovrà osservare nient’altro se non che si evitino successioni troppo dure di suoni,
anche se l’esponente del sistema scelto sarà assai composto. Infatti, tali suoni, la
cui successione sarebbe troppo sgradevole, non esistono neppure nei sistemi più
semplici.

§ 8. Scelto un sistema, converrà subito annotare le successioni di suoni che sono


più difficili a percepirsi e, o non usarle mai, o solo talvolta, ossia quando si dovrà
suscitare un affetto triste. Inoltre, non poca grazia si aggiungerà all’armonia, se si
usano con maggiore moderazione i suoni che sono propri del sistema proposto, e
che non erano ancora presenti nei sistemi precedenti più semplici, e se ricorrono
invero più spesso i suoni che nel sistema proposto sono comuni con i più semplici.
192 Leonhard Euler

§ 9. Quando poi in un sistema dato si deve comporre la serie delle consonanze


sia della stessa, sia di diverse specie, allora prima di tutto bisogna esporre come e
con quali suoni una qualsiasi consonanza debba essere espressa in quel sistema.
Precisamente le consonanze sono da noi indicate in considerazione delle altre at-
traverso esponenti ed indici, con i quali si palesano i suoni che le costituiscono, e
oltre a ciò per un dato sistema si deve vedere da qual numero sia espresso il tasto F.
Perciò, per esprimere una consonanza proposta con i dovuti suoni, è necessario,
oltre all’esponente e all’indice, prestare attenzione a quella potenza di due, dalla
quale è indicato il tasto F nel sistema assunto.

§ 10. A questo scopo ho aggiunto la seguente tabella, dalla quale apparirà subito
chiaro con quali suoni una qualunque consonanza debba essere espressa per un da-
to valore del tasto F. Nella prima colonna si deve cercare l’esponente della conso-
nanza con l’indice, mentre nell’altra il valore dello stesso F per il sistema assunto,
perciò questa seconda colonna mostrerà la forma della consonanza da esprimere.
Così, se si dovrà esprimere questa consonanza 24 ·3 · 5 (32) nel sistema in cui F è
indicato per 32, la tabella mostrerà che essa è composta da questi suoni D : G : H :
d : g : h : d' : fs' : g' : h' : d'' : fs'' : h'', fra i quali si potranno scegliere quelli che so-
no idonei allo scopo.

Consonanze 2n
Variazioni
Forme
2n (1)
Specie Se F = 1
1 (1) F
2 (1) F:f
2
2 (1) F : f : f'
23 (1) F : f : f' : f''
Variazioni
Forme
2n (3)
Specie Se F = 1
1 (3) c'
2 (3) c' : c''
Se F = 2
1 (3) c
2 (3) c : c'
22 (3) c : c' : c''
Se F = 4
1 (3) C
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 193

2 (3) C:c
2
2 (3) C : c : c'
23 (3) C : c : c' : c''
Variazioni Forme
n
2 (5)
Specie Se F = 1
1 (5) a'
2 (5) a' : a''
Se F = 2
1 (5) a
2 (5) a : a'
2
2 (5) a : a' : a''
Se F = 4
1 (5) A
2 (5) A:a
2
2 (5) A : a : a'
3
2 (5) A : a : a' : a''
Variazioni Forme
2n (32)
Specie Se F = 1
2
1 (3 ) g''
Se F = 2
2
1 (3 ) g'
2 (32) g': g''
Se F = 4
2
1 (3 ) g
2 (32) g : g'
2 2
2 (3 ) g : g' : g''
Se F = 8
1(32) G
2(32) G:g
22 (32) G : g : g'
3 2
2 (3 ) G : g : g' : g''
Variazioni
Forme
2n (3 · 5)
Specie Se F = 2
194 Leonhard Euler

1 (3 · 5) e''
Se F = 4
1 (3 · 5) e'
2 (3 · 5) e' : e''
Se F = 8
1 (3 · 5) e
2 (3 · 5) e : e'
2
2 (3 · 5) e : e' : e''
Se F = 16
1(3 · 5) E
2(3 · 5) E:e
2
2 (3 · 5) E : e : e'
3
2 (3 · 5) E : e : e' : e''
Variazioni
Forme
2n (52)
Specie Se F = 4
2
1 (5 ) cs''
Se F = 8
2
1 (5 ) cs'
2
2 (5 ) cs' : cs''
Se F = 16
2
1 (5 ) cs
2 (52) cs : cs'
2 2
2 (5 ) cs : cs' : cs''
Se F = 32
1(52) Cs
2(52) Cs : cs
2 2
2 (5 ) Cs : cs : cs'
23 (52) Cs : cs : cs' : cs''
Variazioni
Forme
2n (33)
Specie Se F = 4
1 (33) d''
Se F = 8
1 (33) d'
2 (33) d' : d''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 195

Se F = 16
3
1 (3 ) d
2 (33) d : d'
2 3
2 (3 ) d : d' : d''
Se F = 32
1(33) D
2(33) D:d
2 3
2 (3 ) D : d : d'
23 (33) D : d : d' : d''
Variazioni
Forme
2n (32 · 5)
Specie Se F = 4
1 (32 · 5) h''
Se F = 8
1 (32 · 5) h'
2 (32 · 5) h' : h''
Se F = 16
1 (32 · 5) h
2 (32 · 5) h : h'
2 2
2 (3 · 5) h : h' : h''
Se F = 32
2
1(3 · 5) H
2(32 · 5) H:h
2 2
2 (3 · 5) H : h : h'
3 2
2 (3 · 5) H : h : h' : h''
Variazioni
Forme
2n (3 · 52)
Specie Se F = 8
2
1 (3 · 5 ) gs''
Se F = 16
2
1 (3 · 5 ) gs'
2
2 (3 · 5 ) gs' : gs''
Se F = 32
2
1 (3 · 5 ) gs
2 (3 · 52) gs : gs'
2 2
2 (3 · 5 ) gs : gs' : gs''
196 Leonhard Euler

Se F = 32
2
1(3 · 5 ) Gs
2(3 · 52) Gs : gs
2 2
2 (3 · 5 ) Gs : gs : gs'
3 2
2 (3 · 5 ) Gs : gs : gs' : gs''
Variazioni
Forme
2n (33· 5)
Specie Se F = 16
3
1 (3 · 5) fs''
Se F = 32
3
1 (3 · 5) fs'
3
2 (3 · 5) fs' : fs''
Se F = 64
3
1 (3 · 5) fs
2 (33 · 5) fs : fs'
2 3
2 (3 · 5) fs : fs' : fs''
Se F = 128
1(33 · 5) Fs
2(33 · 5) Fs : fs
2 3
2 (3 · 5) Fs : fs : fs'
23 (33 · 5) Fs : fs : fs' : fs''
Variazioni Forme
n 2 2
2 (3 · 5 )
Specie Se F = 16
2 2
1 (3 · 5 ) ds''
Se F = 32
1 (32 · 52) ds'
2 (32 · 52) ds' : ds''
Se F = 64
1 (32 · 52) ds
2 (32 · 52) ds : ds'
22 (32 · 52) ds : ds' : ds''
Se F = 128
2 2
1(3 · 5 ) Ds
2(32 · 52) Ds : ds
2 2 2
2 (3 · 5 ) Ds : ds : ds'
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 197

23 (32 · 52) Ds : ds : ds' : ds''


Variazioni Forme
n 3 2
2 (3 · 5 )
Specie Se F = 64
3 2
1 (3 · 5 ) b''
Se F = 128
1 (33 · 52) b'
2 (33 · 52) b' : b''
Se F = 256
1 (33 · 52) b
2 (33 · 52) b : b'
622 (33 · 52) b : b' : b''
Se F = 512
3 2
1(3 · 5 ) B
2(33 · 52) B:b
2 3 2
2 (3 · 5 ) B : b : b'
3 3 2
2 (3 · 5 ) B : b : b' : b''

Consonanze 2n · 3
23 (32 · Variazioni
5 2) Ds : ds : ds' : ds''
Forme
2n · 3 (1)
Variazioni Forme
2nSpecie
(33 · 52) Se F = 1
3 (1) Specie F : c' Se F = 64
21 ·(333 (1)
· 5 2) F : f : c' : c''
b''
22 · 3 (1) F : f : c' : f' : c'' : c''' Se F = 128
3
12 (3· 33 ·(1)
5 2) F
b' : f : c' : f' : c'' : f'' : c'''
2 (33 · 52) b' : b'' Se F = 2
2 · 3 (1) F : c : c' Se F = 256
2
12 (3· 33 ·(1)
5 2) F
b : c : f : c' : c''
3
2 (3· 33 ·(1)
5 2) F c : f : c' : f' : c'' : c'''
b : b'
224
2 (3 33 (1)2
· ·5 ) F c :: fb''
b : b' : c' : f' : c'' : f'' : c'''
SeFF==512
Se 4
2 3 2
2 · 3· (1)
1(3 5) C
B : F : c : c'
23 ·33· (1)
2(3 5 2) C
B:F
b : c : f : c' : c''
24 3 2
· 3 (1)
2 (3 ·5 ) C
B:F c : f : c' : f' : c'' : c'''
b : b'
35 3 2
2 (3
· 3 (1)
·5 ) C
B:F c :: fb''
b : b' : c' : f' : c'' : f'' : c'''

Consonanze 2n · 3
Variazioni
Forme
2n · 3 (1)
198 Leonhard Euler

Variazioni
Forme
2n · 3 (3)
Specie Se F = 1
3 (3) c' : g''
2 · 3 (3) c' : c'' : g''
2
2 · 3 (3) c' : c'' : g'' : c'''
Se F = 2
3 (3) c : g'
2 · 3 (3) c : c' : g' : g''
22 · 3 (3) c : c' : g' : c'' : g''
23 · 3 (3) c : c' : g' : c'' : g'' : c'''
Se F = 4
3 (3) C:g
2 · 3 (3) C : c : g : g'
22 · 3 (3) C : c : g : c' : g' : g''
23 · 3 (3) C : c : g : c' : g' : c'' : g''
4
2 · 3 (3) C : c : g : c' : g' : c'' : g'' : c'''
Se F = 8
2 · 3 (3) C:G:g
2
2 · 3 (3) C : G : c : g : g'
23 · 3 (3) C : G : c : g : c' : g' : g''
4
2 · 3 (3) C : G : c : g : c' : g' : c'' : g''
25 · 3 (3) C : G : c : g : c' : g' : c'' : g'' : c'''
Variazioni
Forme
2n · 3 (5)
Specie Se F = 2
3 (5) a : e''
2 · 3 (5) a : a' : e''
2
2 · 3 (5) a : a' : e'' : a''
Se F = 4
3 (5) A : e'
2 · 3 (5) A : a : e' : e''
22 · 3 (5) A : a : e' : a' : e''
23 · 3 (5) A : a : e' : a' : e'' : a''
Se F = 8
2 · 3 (5) A : e : e'
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 199

22 · 3 (5) A : e : a : e' : e''


3
2 · 3 (5) A : e : a : e' : a' : e''
24 · 3 (5) A : e' : a : e' : a' : e'' : a''
2
2 · 3 (5) E : A : e : e'
3
2 · 3 (5) E : A : e : a : e' : e'
24 · 3 (5) E : A : e : a : e' : a' : e'
5
2 · 3 (5) E : A : e : a : e' : a' : e'' : a''
Variazioni
Forme
2n · 3 (32)
Specie Se F = 4
2
3 (3 ) g : d''
2
2 · 3 (3 ) g : g' : d''
22 · 3 (32) g : g' : d'' : g''
Se F = 8
3 (32) G : d'
2 · 3 (32) G : g : d' : d''
2 2
2 · 3 (3 ) G : g : d' : g' : d''
23 · 3 (32) G : g : d' : g' : d'' : g''
Se F = 16
2
2 · 3 (3 ) G : d : d'
22 · 3 (32) G : d : g : d' : d''
23 · 3 (32) G : d : g : d' : g' : d''
24 · 3 (32) G : d : g : d' : g' : d'' : g''
Se F = 32
2 2
2 · 3 (3 ) D : G : d : d'
23 · 3 (32) D : G : d : g : d' : d''
4 2
2 · 3 (3 ) D : G : d : g : d' : g' : d''
5 2
2 · 3 (3 ) D : G : d : g : d' : g' : d'' : g''
Variazioni
Forme
2n · 3 (3 · 5)
Specie Se F = 4
3 (3 · 5) e' : h''
2 · 3 (3 · 5) e' : e'' : h''
Se F = 8
3 (3 · 5) e : h'
2 · 3 (3 · 5) e : e' : h' : h''
200 Leonhard Euler

22 · 3 (3 · 5) e : e' : h' : e'' : h''


Se F = 16
3 (3 · 5) E:h
2 · 3 (3 · 5) E : e : h : h'
2
2 · 3 (3 · 5) E : e : h : e' : h' : h''
23 · 3 (3 · 5) E : e : h : e' : h' : e'' : h''
Se F = 32
2 · 3 (3 · 5) E:H:h
22 · 3 (3 · 5) E : H : e : h : h'
23 · 3 (3 · 5) E : H : e : h : e' : h' : h''
24 · 3 (3 · 5) E : H : e : h : e' : h' : e'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 3 (52)
Specie Se F = 8
3 (52) cs' : gs''
2 · 3 (52) cs' : cs'' : gs''
Se F = 16
3 (52) cs : gs'
2 · 3 (52) cs : cs' : gs' : gs''
2 2
2 · 3 (5 ) cs : cs' : gs' : cs'' : gs''
Se F = 32
2
3 (5 ) Cs : gs
2 · 3 (52) Cs : cs : gs : gs'
2 2
2 · 3 (5 ) Cs : cs : gs : cs' : gs' : gs''
3 2
2 · 3 (5 ) Cs : cs : gs : cs' : gs' : cs'' : gs''
Se F = 64
2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : gs
2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : gs : gs'
23 · 3 (52) Cs : Gs : cs : gs : cs' : gs' : gs''
4 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : gs : cs' : gs' : cs'' : gs''
Variazioni
Forme
2n · 3 (32 · 5)
Specie Se F = 16
2
3 (3 · 5) h : fs''
2 · 3 (32 · 5) h : h' : fs''
2 2
2 · 3 (3 · 5) h : h' : fs'' : h''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 201

25 · 3 (3 · 52) Ds : Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds'' : gs''


Se F = 32
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds''
34(32 · 5) 2 H : fs'
23 · 3 (32 · 52) Ds : Gs : ds : gs : ds' : ds''
2 · 3 (3 · 5) H : h : fs' : fs''
2 · 3 (3 · 52) Ds : Gs : ds : ds'
22 · 3 (32 · 5) H : h : fs' : h' : fs''
Se F = 256
23 · 3 (32 · 5) H : h : fs' : h' : fs'' : h''
24 · 3 (3 · 52) Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds'' : gs''
Se F = 64
2 · 3 (3 · 5 ) Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds''
23· 3 (32 · 5)2 H : fs : fs'
2 · 3 (3 · 5 ) Gs : ds : gs : ds' : ds''
22 · 3 (32 · 5)2 H : fs : h : fs' : fs''
2 · 3 (3 · 5 ) Gs : ds : ds'
23 · 3 (32 · 25) H : fs : h : fs' : h' : fs''
Se F = 128
24 · 3 (32 · 5) H : fs : h : fs' : h' : fs'' : h''
23 · 3 (3 · 52) Gs : gs : ds' : gs' : ds'' : gs''
Se F = 128
2 · 3 (3 · 52) Gs : gs : ds' : gs' : gs''
22 · 3 (32 · 5) Fs : H : fs : fs'
2 · 3 (3 · 5 ) Gs : gs : ds' : ds''
23 · 3 (32 · 25) Fs : H : fs : h : fs' : fs''
34(3 · 52)2 Gs : ds'
2 · 3 (3 · 5) Fs : H : fs : h : fs' : h' : fs''
Se F = 64
25 · 3 (32 · 5) Fs : H : fs : h : fs' : h' : fs'' : h''
22 · 3 (3 · 52) gs : gs' : ds'' : gs''
Variazioni
2 · 3 (3 · 52) gs : gs' : ds'' Forme
2n · 3 (3 · 52)
3 (3 · 52) gs : ds''
Specie Se F = 32
Specie Se F = 32
2
3 (3 · 5 ) gs : ds''
2n · 3 (3 · 52)
2 · 3 (3 · 52) gs : gs' : ds'' Forme
2
Variazioni
2
2 · 3 (3 · 5 ) gs : gs' : ds'' : gs''
25 · 3 (32 · 5) Fs : H : fs : h : fs' : h' : fs'' : h''
Se F = 64
2 · 3 (3 · 5) Fs : H : fs : h : fs' : h' : fs''
34(3 · 522) Gs : ds'
2 · 3 (3 · 5) Fs : H : fs : h : fs' : fs''
23· 3 (3 ·2 52) Gs : gs : ds' : ds''
2 · 3 (3 · 5) Fs : H : fs : fs'
22 · 3 (32· 52) Gs : gs : ds' : gs' : gs''
Se F = 128
23 · 3 (3 · 52) Gs : gs : ds' : gs' : ds'' : gs''
24 · 3 (32 · 5) H : fs : h : fs' : h' : fs'' : h''
Se F = 128
2 · 3 (3 · 5) H : fs : h : fs' : h' : fs''
23· 3 (3 ·2 52) Gs : ds : ds'
2 · 3 (3 · 5) H : fs : h : fs' : fs''
22 · 3 (32 · 52) Gs : ds : gs : ds' : ds''
2 · 3 (3 · 5) H : fs : fs'
23 · 3 (32 · 52) Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds''
Se F = 64
24 · 3 (3 · 52) Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds'' : gs''
23 · 3 (32 · 5) H : h : fs' : h' : fs'' : h''
Se F = 256
2 · 3 (3 · 5) H : h : fs' : h' : fs''
22 · 3 (32· 52) Ds : Gs : ds : ds'
2 · 3 (3 · 5) H : h : fs' : fs''
23 · 3 (32 · 52) Ds : Gs : ds : gs : ds' : ds''
34(32 · 5) 2 H : fs'
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds''
Se F = 32
25 · 3 (3 · 52) Ds : Gs : ds : gs : ds' : gs' : ds'' : gs''
202 Leonhard Euler

Variazioni Forme
2n · 3 (32 · 52)
Specie Se F = 64
3 (32 · 52) ds' : h''
2 · 3 (32 · 52) ds' : ds'' : h''
Se F = 128
3 (32 · 52) ds : h'
2 · 3 (32 · 52) ds : ds' : h' : h''
2 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) ds : ds' : h' : ds'' : h''
Se F = 256
2 2
3 (3 · 5 ) Ds : h
2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : ds : h : h'
22 · 3 (32 · 52) Ds : ds : h : ds' : h' : h''
23 · 3 (32 · 52) Ds : ds : h : ds' : h' : ds'' : h''
Se F = 512
2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : B : h
2 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : B : ds : h : h'
23 · 3 (32 · 52) Ds : B : ds : h : ds' : h' : h''
4 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : B : ds : h : ds' : h' : ds'' : h''

Consonanze 2n · 5
Variazioni
Forme
2n · 5 (1)
Specie Se F = 1
5 (1) F : a'
2 · 5 (1) F : f : a' : a''
22 · 5 (1) F : f : f' : a' : a''
23 · 5 (1) F : f : f' : a' : f'' : a''
Se F = 2
2 · 5 (1) F : a : a'
22 · 5 (1) F : f : a : a' : a''
23 · 5 (1) F : f : a : f' : a' : a''
4
2 · 5 (1) F : f : a : f' : a' : f'' : a''
Se F = 4
22 · 5 (1) F : A : a : a'
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 203

23 · 5 (1) F : A : f : a : a' : a''


4
2 · 5 (1) F : A : f : a : f' : a' : a''
25 · 5 (1) F : A : f : a : f' : a' : f'' : a''
Variazioni
Forme
2n · 5 (3)
Specie Se F = 2
5 (3) c : e''
2 · 5 (3) c : c' : e''
22 · 5 (3) c : c' : c'' : e''
Se F = 4
5 (3) C : e'
2 · 5 (3) C : c : e' : e''
2
2 · 5 (3) C : c : c' : e' : e''
3
2 · 5 (3) C : c : c' : e' : c'' : e''
Se F = 8
2 · 5 (3) C : e : e'
22 · 5 (3) C : c : e : e' : e''
23 · 5 (3) C : c : e : c' : e' : e''
4
2 · 5 (3) C : c : e : c' : e' : c'' : e''
Se F = 16
2
2 · 5 (3) C : E : e : e'
3
2 · 5 (3) C : E : c : e : e' : e''
24 · 5 (3) C : E : c : e : c' : e' : e''
5
2 · 5 (3) C : E : c : e : c' : e' : c'' : e''
Variazioni
Forme
2n · 5 (5)
Specie Se F = 4
5 (5) A : cs''
2 · 5 (5) A : a : cs''
2
2 · 5 (5) A : a : a' : cs''
23 · 3 (5) A : a : a' : cs'' : a''
Se F = 8
2 · 5 (5) A : cs' : cs''
22 · 5 (5) A : a : cs' : cs''
23 · 5 (5) A : a : cs' : a' : cs''
4
2 · 5 (5) A : a : cs' : a' : cs'' : a''
204 Leonhard Euler

Se F = 16
2
2 · 5 (5) A : cs : cs' : cs''
23 · 5 (5) A : cs : a : cs' : cs''
4
2 · 5 (5) A : cs : a : cs' : a' : cs''
5
2 · 5 (5) A : cs : a : cs' : a' : cs'' : a''
Se F = 32
3
2 · 5 (5) Cs : A : cs : cs' : cs''
4
2 · 5 (5) Cs : A : cs : a : cs' : cs''
25 · 5 (5) Cs : A : cs : a : cs' : a' : cs''
6
2 · 5 (5) Cs : A : cs : a : cs' : a' : cs'' : a''
Variazioni
Forme
2n · 5 (32)
Specie Se F = 4
2
5 (3 ) g : h''
2 · 5 (32) g : g' : h''
2 2
2 · 5 (3 ) g : g' : g'' : h''
Se F = 8
5 (32) G : h'
2 · 5 (32) G : g : h' : h''
2 2
2 · 5 (3 ) G : g : d' : g' : d''
23 · 5 (32) G : g : g' : h' : g'' : h''
Se F = 16
2 · 5 (32) G : h : h'
22 · 5 (32) G : g : h : h' : h''
3 2
2 · 5 (3 ) G : g : h : g' : h' : h''
24 · 5 (32) G : g : h : g' : h' : g'' : h''
Se F = 32
2 2
2 · 5 (3 ) G : H : h : h'
23 · 5 (32) G : H : g : h : h' : h''
4 2
2 · 5 (3 ) G : H : g : h : g' : h' : h''
25 · 5 (32) G : H : g : h : g' : h' : g'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 5 (3 · 5)
Specie Se F = 8
5 (3 · 5) e : gs''
2 · 5 (3 · 5) e : e' : gs''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 205

22 · 5 (3 · 5) e : e' : e'' : gs''


Se F = 16
5 (3 · 5) E : gs'
2 · 5 (3 · 5) E : e : gs' : gs''
2
2 · 5 (3 · 5) E : e : e' : gs' : gs''
23 · 5 (3 · 5) E : e : e' : gs' : e'' : gs''
Se F = 32
2 · 5 (3 · 5) E : gs : gs'
22 · 5 (3 · 5) E : e : gs : gs' : gs''
23 · 5 (3 · 5) E : e : gs : e' : gs' : gs''
24 · 5 (3 · 5) E : e : gs : e' : gs' : e'' : gs''
Se F = 64
2
2 · 5 (3 · 5) E : Gs : gs : gs'
23 · 5 (3 · 5) E : Gs : e : gs : gs' : gs''
4
2 · 5 (3 · 5) E : Gs : e : gs : e' : gs' : gs''
5
2 · 5 (3 · 5) E : Gs : e : gs : e' : gs' : e'' : gs''
Variazioni
Forme
2n · 5 (33)
Specie Se F = 16
5 (33) d : fs''
2 · 5 (33) d : d' : fs''
2 3
2 · 5 (3 ) d : d' : d'' : fs''
Se F = 32
3
5 (3 ) D : fs'
2 · 5 (33) D : d : fs' : fs''
2 3
2 · 5 (3 ) D : d : d' : fs' : fs''
3 3
2 · 5 (3 ) D : d : d' : fs' : d'' : fs''
Se F = 64
3
2 · 5 (3 ) D : fs : fs'
2 3
2 · 5 (3 ) D : d : fs : fs' : fs''
23 · 5 (33) D : d : fs : d' : fs' : fs''
4 3
2 · 5 (3 ) D : d : fs : d' : fs' : d'' : fs''
Se F = 128
22 · 5 (33) D : Fs : fs : fs'
23 · 5 (33) D : Fs : d : fs : fs' : fs''
24 · 5 (33) D : Fs : d : fs : d' : fs' : fs''
206 Leonhard Euler

25 · 5 (33) D : Fs : d : fs : d' : fs' : d'' : fs''


Variazioni
Forme
2n · 5 (32 · 5)
Specie Se F = 32
2
5 (3 · 5) H : ds''
2
2 · 5 (3 · 5) H : h : ds''
22 · 5 (32 · 5) H : h : h' : ds''
23 · 5 (32 · 5) H : h : h' : ds'' : h''
Se F = 64
2 · 5 (32 · 5) H : ds' : ds''
22 · 5 (32 · 5) H : h : ds' : ds''
23 · 5 (32 · 5) H : h : ds' : h' : ds''
4 2
2 · 5 (3 · 5) H : h : ds' : h' : ds'' : h''
Se F = 128
22 · 5 (32 · 5) H : ds : ds' : ds''
23 · 5 (32 · 5) H : ds : h : ds' : ds''
24 · 5 (32 · 5) H : ds : h : ds' : h' : ds''
5 2
2 · 5 (3 · 5) H : ds : h : ds' : h' : ds'' : h''
Se F = 256
23 · 5 (32 · 5) Ds : H : ds : ds' : ds''
24 · 5 (32 · 5) Ds : H : ds : h : ds' : ds''
5 2
2 · 5 (3 · 5) Ds : H : ds : h : ds' : h' : ds''
26 · 5 (32 · 5) Ds : H : ds : h : ds' : h' : ds'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 5 (33 · 5)
Specie Se F = 64
3
5 (3 · 5) fs : b''
3
2 · 5 (3 · 5) fs : fs' : b''
22 · 5 (33 · 5) fs : fs' : fs'' : b''
Se F = 128
5 (33 · 5) Fs : b'
2 · 5 (33 · 5) Fs : fs : b' : b''
2 3
2 · 5 (3 · 5) Fs : fs : fs' : b' : b''
23 · 5 (33 · 5) Fs : fs : fs' : b' : fs'' : b''
Se F = 256
3
2 · 5 (3 · 5) Fs : b : b'
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 207

22 · 5 (33 · 5) Fs : fs : b : b' : b''


3 3
2 · 5 (3 · 5) Fs : fs : b : fs' : b' : b''
24 · 5 (33 · 5) Fs : fs : b : fs' : b' : fs'' : b''
Se F = 512
2 3
2 · 5 (3 · 5) Fs : B : b : b'
23 · 5 (33 · 5) Fs : B : fs : b : b' : b''
4 3
2 · 5 (3 · 5) Fs : B : fs : b : fs' : b' : b''
5 3
2 · 5 (3 · 5) Fs : B : fs : b : fs' : b' : fs'' : b''

Consonanze 2n · 32
Variazioni
Forme
2n · 32 (1)
Specie Se F = 1
2
3 (1) F : c' : c''
2 · 32 (1) F : f : c' : c'' : g''
2 2
2 · 3 (1) F : f : c' : f' : c'' : g'' : c'''
3 2
2 · 3 (1) F : f : c' : f' : c'' : f'' : g'' : c'''
Se F = 2
2
2 · 3 (1) F : c : c' : g' : g''
2 2
2 · 3 (1) F : c : f : c' : g' : c'' : g''
23 · 32 (1) F : c : f : c' : f' : g' : c'' : g'' : c'''
4 2
2 · 3 (1) F : c : f : c' : f' : g' : c'' : f'' : g'' : c'''
Se F = 4
2 2
2 · 3 (1) C : F : c : g : c' : g' : g''
3 2
2 · 3 (1) C : F : c : f : g : c' : g' : c'' : g''
24 · 32 (1) C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : g'' : c'''
5 2
2 · 3 (1) C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : f'' : g'' : c'''
Se F = 8
23 · 32 (1) C : F : G : c : g : c' : g' : g''
24 · 32 (1) C : F : G : c : f : g : c' : g' : c'' : g''
25 · 32 (1) C : F : G : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : g'' : c'''
6 2
2 · 3 (1) C : F : G : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : f'' : g'' : c'''
Variazioni
Forme
2n · 32 (3)
Specie Se F = 4
208 Leonhard Euler

32 (3) C : g : d''
2
2 · 3 (3) C : c : g : g' : d'
22 · 32 (3) C : c : g : c' : g' : d'' : g''
3 2
2 · 3 (3) C : c : g : c' : g' : c'' : d'' : g''
Se F = 8
2 · 32 (3) C : G : c : g : d' : d''
22 · 32 (3) C : G : c : g : d' : g' : d''
3 2
2 · 3 (3) C : G : c : g : c' : d' : g' : d'' : g''
24 · 32 (3) C : G : c : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
Se F = 16
22 · 32 (3) C : G : d : g : d' : d''
23 · 32 (3) C : G : c : d : g : d' : g' : d''
4 2
2 · 3 (3) C : G : c : d : g : c' : d' : g' : d'' : g''
25 · 32 (3) C : G : c : d : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
Se F = 32
3 2
2 · 3 (3) C : D : G : d : g : d' : d''
24 · 32 (3) C : D : G : c : d : g : d' : g' : d''
5 2
2 · 3 (3) C : D : G : c : d : g : c' : d' : g' : d'' : g''
26 · 32 (3) C : D : G : c : d : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
Variazioni
Forme
2n · 32 (5)
Specie Se F = 4
32 (5) A : e' : h''
2 · 32 (5) A : a : e' : e'' : h''
22 · 32 (5) A : a : e' : a' : e'' : h''
3 2
2 · 3 (5) A : a : e' : a' : e'' : a'' : h''
Se F = 8
2 · 32 (5) A : e : e' : h' : h''
22 · 32 (5) A : e : a : e' : h' : e'' : h''
3 2
2 · 3 (5) A : e : a : e' : a' : h' : e'' : h''
24 · 32 (5) A : e : a : e' : a' : h' : e'' : a'' : h''
Se F = 16
22 · 32 (5) E : A : e : h : e' : h' : h''
23 · 32 (5) E : A : e : a : h : e' : h' : e'' : h''
4 2
2 · 3 (5) E : A : e : a : h : e' : a' : h' : e'' : h''
25 · 32 (5) E : A : e : a : h : e' : a' : h' : e'' : a'' : h''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 209

Se F = 32
3 2
2 · 3 (5) E : A : H : e : h : e' : h' : h''
24 · 32 (5) E : A : H : e : a : h : e' : h' : e'' : h''
5 2
2 · 3 (5) E : A : H : e : a : h : e' : a' : h' : e'' : h''
6 2
2 · 3 (5) E : A : H : e : a : h : e' : a' : h' : e'' : a'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 32 (3 · 5)
Specie Se F = 16
32 (3 · 5) E : h : fs''
2 · 32 (3 · 5) E : e : h : h' : fs''
2 2
2 · 3 (3 · 5) E : e : h : e' : h' : fs'' : h''
23 · 32 (3 · 5) E : e : h : e' : h' : e'' : fs'' : h''
Se F = 32
2
2 · 3 (3 · 5) E : H : h : fs' : fs''
22 · 32 (3 · 5) E : H : e : h : fs' : h' : fs''
3 2
2 · 3 (3 · 5) E : H : e : h : e' : fs' : h' : fs'' : h''
24 · 32 (3 · 5) E : H : e : h : e' : fs' : h' : e'' : fs'' : h''
Se F = 64
2 2
2 · 3 (3 · 5) E : H : fs : h : fs' : fs''
23 · 32 (3 · 5) E : H : e : fs : h : fs' : h' : fs''
4 2
2 · 3 (3 · 5) E : H : e : fs : h : e' : fs' : h' : fs'' : h''
5 2
2 · 3 (3 · 5) E : H : e : fs : h : e' : fs' : h' : e'' : fs'' : h''
Se F = 128
3 2
2 · 3 (3 · 5) E : Fs : H : fs : h : fs' : fs''
24 · 32 (3 · 5) E : Fs : H : e : fs : h : fs' : h' : fs''
5 2
2 · 3 (3 · 5) E : Fs : H : e : fs : h : e' : fs' : h' : fs'' : h''
6 2
2 · 3 (3 · 5) E : Fs : H : e : fs : h : e' : fs' : h' : e'' : fs'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 32 (52)
Specie Se F = 32
32 (52) Cs : gs : ds''
2 · 32 (52) Cs : cs : gs : gs' : ds''
2 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : cs : gs : cs' : gs' : ds'' : gs''
23 · 32 (52) Cs : cs : gs : cs' : gs' : cs'' : ds'' : gs''
Se F = 64
2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : gs : ds' : ds''
210 Leonhard Euler

22 · 32 (52) Cs : Gs : cs : gs : ds' : gs' : ds''


3 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : gs : cs' : ds' : gs' : ds'' : gs''
24 · 32 (52) Cs : Gs : cs : gs : cs' : ds' : gs' : cs'' : ds'' : gs''
Se F = 128
2 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : ds : gs : ds' : ds''
23 · 32 (52) Cs : Gs : cs : ds : gs : ds' : gs' : ds''
4 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : ds : gs : cs' : ds' : gs' : ds'' : gs''
5 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : ds : gs : cs' : ds' : gs' : cs'' : ds'' : gs''
Se F = 256
3 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Ds : Gs : ds : gs : ds' : ds''
24 · 32 (52) Cs : Ds : Gs : cs : ds : gs : ds' : gs' : ds''
5 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Ds : Gs : cs : ds : gs : cs' : ds' : gs' : ds'' : gs''
6 2 2
2 · 3 (5 ) Cs : Ds : Gs : cs : ds : gs : cs' : ds' : gs' : cs'' : ds'' : gs''
Variazioni
Forme
2n · 32 (3 · 52)
Specie Se F = 64
32 (3 · 52) Gs : ds' : h''
2 · 32 (3 · 52) Gs : gs : ds' : ds'' : b''
2 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Gs : gs : ds' : gs' : ds'' : b''
23 · 32 (3 · 52) Gs : gs : ds' : gs' : ds'' : gs'' : b''
Se F = 128
2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Gs : ds : ds' : h' : b''
22 · 32 (3 · 52) Gs : ds : gs : ds' : b' : ds'' : b''
23 · 32 (3 · 52) Gs : ds : gs : ds' : gs' : b' : ds'' : b''
24 · 32 (3 · 52) Gs : ds : gs : ds' : gs' : b' : ds'' : gs'' : b''
Se F = 256
2 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : ds : b : ds' : b' : b''
23 · 32 (3 · 52) Ds : Gs : ds : gs : b : ds' : b' : ds'' : b''
4 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : b''
5 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : gs'' : b''
Se F = 512
3 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : B : ds : b : ds' : b' : b''
24 · 32 (3 · 52) Ds : Gs : B : ds : gs : b : ds' : b' : ds'' : b''
5 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : B : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : b''
6 2 2
2 · 3 (3 · 5 ) Ds : Gs : B : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : gs'' : b''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 211

Consonanze 2n · 3 · 5
Variazioni
Forme
2n · 3 · 5 (1)
Specie Se F = 1
3 · 5 (1) F : c' : a'
2 · 3 · 5 (1) F : f : c' : a' : c'' : a''
2
2 · 3 · 5 (1) F : f : c' : f' : a' : c'' : a''
3
2 · 3 · 5 (1) F : f : c' : f' : a' : c'' : f'' : a'' : c'''
Se F = 2
3 · 5 (1) c : a : e''
2 · 3 · 5 (1) F : c : a : c' : a' : e''
22 · 3 · 5 (1) F : c : f : a : c' : a' : c'' : e'' : a''
23 · 3 · 5 (1) F : c : f : a : c' : f' : a' : c'' : e'' : a'' : c'''
24 · 3 · 5 (1) F : c : f : a : c' : f' : a' : c'' : e'' : f'' : a'' : c'''
Se F = 4
3 · 5 (1) C : A : e'
2 · 3 · 5 (1) C : A : c : a : e' : e''
2
2 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : a : c' : e' : a' : e''
3
2 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : f : a : c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
24 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : f : a : c' : e' : f' : a' : c'' : e'' : a'' : c'''
5
2 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : f : a : c' : e' : f' : a' : c'' : e'' : f'' : a'' : c'''
Se F = 8
2 · 3 · 5 (1) C : A : e : e'
2
2 · 3 · 5 (1) C : A : c : e : a : e' : e''
23 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : e : a : c' : e' : a' : e''
4
2 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : e : f : a : c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
5
2 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : e : f : a : c' : e' : f' : a' : c'' : e'' : a'' : c'''
Se F = 16
2
2 · 3 · 5 (1) C : E : A : e : e'
23 · 3 · 5 (1) C : E : A : c : e : a : e' : e''
4
2 · 3 · 5 (1) C : E : F : A : c : e : a : c' : e' : a' : e''
5
2 · 3 · 5 (1) C : E : F : A : c : e : f : a : c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
212 Leonhard Euler

Variazioni
Forme
2n · 3 · 5 (3)
Specie Se F = 2
3 · 5 (3) c : g' : e''
2 · 3 · 5 (3) c : c' : g' : e'' : g''
2
2 · 3 · 5 (3) c : c' : g' : c'' : e'' : g''
Se F = 4
3 · 5 (3) C : g : e' : h''
2 · 3 · 5 (3) C : c : g : e' : g' : e'' : h''
2
2 · 3 · 5 (3) C : c : g : c' : e' : g' : e'' : g'' : h''
23 · 3 · 5 (3) C : c : g : c' : e' : g' : c'' : e'' : g'' : h''
Se F = 8
3 · 5 (3) G : e : h'
2 · 3 · 5 (3) C : G : e : g : e' : h' : h''
2
2 · 3 · 5 (3) C : G : c : e : g : e' : g' : h' : e'' : h''
23 · 3 · 5 (3) C : G : c : e : g : c' : e' : g' : h' : e'' : g'' : h''
4
2 · 3 · 5 (3) C : G : c : e : g : c' : e' : g' : h' : c'' : e'' : g'' : h''
Se F = 16
2 · 3 · 5 (3) E : G : e : h : h'
22 · 3 · 5 (3) C : E : G : e : g : h : e' : h' : h''
23 · 3 · 5 (3) C : E : G : c : e : g : h : e' : g' : h' : e' :
4
2 · 3 · 5 (3) C : E : G : c : e : g : h : c' : e' : g' : h' : e'' : g'' : h''
5
2 · 3 · 5 (3) C : E : G : c : e : g : h : c' : e' : g' : h' : c'' : e'' : g'' : h''
Se F = 32
2
2 · 3 · 5 (3) G : E : H : e : h : h'
3
2 · 3 · 5 (3) C : E : G : H : e : g : h : e' : h' : h''
24 · 3 · 5 (3) C : E : G : H : c : e : g : h : e' : g' : h' : e'' : h''
5
2 · 3 · 5 (3) C : E : G : H : c : e : g : h : c' : e' : g' : h' : e'' : g'' : h''
Variazioni
Forme
22 · 5 (3 · 5)
Specie Se F = 4
3 · 5 (5) A : e' : cs''
2 · 3 · 5 (5) A : a : e' : cs'' : e''
2
2 · 3 · 5 (5) A : a : e' : a' : cs'' : e''
3
2 · 3 · 5 (5) A : a : e' : a' : cs'' : e'' : a''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 213

Se F = 8
3 · 5 (5) e : cs' : gs'
2 · 3 · 5 (5) A : e : cs' : e' : cs'' : gs''
2
2 · 3 · 5 (5) A : e : a : cs' : e' : cs'' : e'' : gs''
3
2 · 3 · 5 (5) A : e : a : cs' : e' : a' : cs'' : e'' : gs''
24 · 3 · 5 (5) A : e : a : cs' : e' : a' : cs'' : e'' : gs'': a''
Se F = 16
3 · 5 (5) E : cs : gs'
2 · 3 · 5 (5) E : cs : e : cs' : gs' : gs''
2
2 · 3 · 5 (5) A : cs : e : cs' : e' : cs'' : gs''
23 · 3 · 5 (5) A : cs : e : a : cs' : e' : gs' : cs'' : e'' : gs''
4
2 · 3 · 5 (5) A : cs : e : a : cs' : e' : gs' : a' : cs'' : e'' : gs''
5
2 · 3 · 5 (5) A : cs : e : a : cs' : e' : gs' : a' : cs'' : e'' : gs'' : a''
Se F = 32
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : cs : gs : gs'
2
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : cs : e : gs : cs' : gs' : gs''
23 · 3 · 5 (5) Cs : E : A : cs : e : gs : cs' : e' : cs'' : gs''
4
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : A : cs : e : gs : a : cs' : e' : gs' : cs' : e'' : gs''
25 · 3 · 5 (5) Cs : E : A : cs : e : gs : a : cs' : e' : gs' : a' : cs'' : e'' : gs''
Se F = 64
2
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : Gs : cs : gs : gs'
23 · 3 · 5 (5) Cs : E : Gs : cs : e : gs : cs' : gs' : gs''
4
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : Gs : A : cs : e : gs : cs' : e' : gs' : gs''
5
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : Gs : A : cs : e : gs : a : cs' : e' : gs' : cs'' : e'' : gs''
Variazioni
Forme
2n · 3 · 5 (32)
Specie Se F = 4
3 · 5 (32) g : d'' : h''
2 · 3 · 5 (32) g : g' : d'' : h''
2 2
2 · 3 · 5 (3 ) g : g' : d'' : g'' : h''
Se F = 8
2
3 · 5 (3 ) G : d' : h'
2 · 3 · 5 (32) G : g : d' : h' : d'' : h''
22 · 3 · 5 (32) G : g : d' : g' : h' : d'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (3 ) G : g : d' : g' : h' : d'' : g'' : h''
214 Leonhard Euler

Se F = 16
2
3 · 5 (3 ) d : h : fs''
2 · 3 · 5 (32) G : d : h : d' : h' : fs''
22 · 3 · 5 (32) G : d : g : h : d' : h' : d'' : fs'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (3 ) G : d : g : h : d' : g' : h' : d'' : fs'' : h''
24 · 3 · 5 (32) G : d : g : h : d' : g' : h' : d'' : fs'' : g'' : h''
Se F = 32
2
3 · 5 (3 ) D : H : fs'
2 · 3 · 5 (32) D : H : d : h : fs' : fs''
22 · 3 · 5 (32) D : G : H : d : h : fs' : h' : fs''
23 · 3 · 5 (32) D : G : H : d : g : h : d' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''
4 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : G : H : d : g : h : d' : fs' : g' : h' : d'' : fs'' : h''
5 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : G : H : d : g : h : d' : fs' : g' : h' : d'' : fs'' : g'' : h''
Se F = 64
2
2 · 3 · 5 (3 ) D : H : fs : fs'
2 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : H : d : fs : h : fs' : fs''
23 · 3 · 5 (32) D : G : H : d : fs : h : d' : fs' : h' : fs''
4 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : G : H : d : fs : g : h : d' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''
25 · 3 · 5 (32) D : G : H : d : fs : g : h : d' : fs' : g' : h' : d'' : fs'' : h''
Se F = 128
2 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : Fs : H : fs : fs'
23 · 3 · 5 (32) D : Fs : H : d : fs : h : fs' : fs''
4 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : Fs : G : H : d : fs : h : d' : fs' : h' : fs''
5 2
2 · 3 · 5 (3 ) D : Fs : G : H : d : fs : g : h : d' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 3 · 5 (3 · 5)
Specie Se F = 8
3 · 5 (3 · 5) e : h' : gs''
2 · 3 · 5 (3 · 5) e : e' : h' : gs'' : h''
2
2 · 3 · 5 (3 · 5) e : e' : h' : e'' : gs'' : h''
Se F = 16
3 · 5 (3 · 5) E : g : gs'
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : e : h : gs' : h' : gs''
22 · 3 · 5 (3 · 5) E : e : h : e' : gs' : h' : gs'' : h''
23 · 3 · 5 (3 · 5) E : e : h : e' : gs' : h' : e'' : gs'' : h''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 215

Se F = 32
3 · 5 (3 · 5) H : gs : ds''
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : H : gs : h : gs' : ds''
2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : H : e : gs : h : gs' : h' : ds'' : gs''
3
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : H : e : gs : h : e' : gs' : h' : ds'' : gs'' : h''
24 · 3 · 5 (3 · 5) E : H : e : gs : h : e' : gs' : h' : ds'' : e'' : gs'' : h''
Se F = 64
2 · 3 · 5 (3 · 5) Gs : H : gs : ds' : ds''
22 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : gs : h : ds' : gs' : ds''
23 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : e : gs : h : ds' : gs' : h' : ds'' : gs''
24 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : e : gs : h : ds' : e' : gs' : h' : ds'' : gs'' : h''
5
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : e : gs : h : ds' : e' : gs' : h' : ds'' : e'' : gs'' : h''
Se F = 128
22 · 3 · 5 (3 · 5) Gs : H : ds : gs : ds' : ds''
23 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : ds : gs : h : ds' : gs' : ds''
4
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : ds : e : gs : h : ds' : gs' : h' : ds'' : gs''
25 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : ds : e : gs : h : ds' : e' : gs' : h' : ds'' : gs'' : h''
Se F = 256
23 · 3 · 5 (3 · 5) Ds : Gs : H : ds : gs : ds' : ds''
24 · 3 · 5 (3 · 5) Ds : E : Gs : H : ds : gs : h : ds' : gs' : ds''
5
2 · 3 · 5 (3 · 5) Ds : E : Gs : H : ds : e : gs : h : ds' : gs' : h' : ds'' : gs''
Variazioni
Forme
2n · 3 · 5 (32 · 5)
Specie Se F = 32
3 · 5 (32 · 5) H : fs' : ds''
2 · 3 · 5 (32 · 5) H : h : fs' : ds'' : fs''
2 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) H : h : fs' : h' : ds'' : fs''
23 · 3 · 5 (32 · 5) H : h : fs' : h' : ds'' : fs'' : h''
Se F = 64
3 · 5 (3 · 5) fs : ds' : h''
2 · 3 · 5 (3 · 5) H : fs : ds' : fs' : ds'' : h''
2
2 · 3 · 5 (3 · 5) H : fs : h : ds' : fs' : ds'' : fs'' : h''
23 · 3 · 5 (3 · 5) H : fs : h : ds' : fs' : h' : ds'' : fs'' : h''
4
2 · 3 · 5 (3 · 5) H : fs : h : ds' : fs' : h' : ds'' : fs'' : b'' : h''
216 Leonhard Euler

Consonanze 2n · 52
Variazioni
Forme
2n · 52 (1)
Specie Se F = 4
2 2
2 · 5 (2) F : A : a : a' : cs''
3 2
2 · 5 (1) F : A : f : a : a' : cs'' : a''
Se F = 8
3 2
2 · 5 (1) F : A : a : cs' : a' : cs''
Variazioni
Forme
2n · 52 (3)
Specie Se F = 8
2
2 · 5 (3) C : e: e' : gs''
22 · 52 (3) C : c : e : e' : e'' gs''
3 2
2 · 5 (3) C : E : c : e : c' : e' : e'' : gs''
Se F = 16
22 · 52 (3) C : E : e: e' : gs': gs''
23 · 52 (3) C : E : c : e: e' : gs': e'' : gs''
Se F = 32
23 · 52 (3) C : E : e : gs : e' : gs': gs''
Variazioni
Forme
2n · 52 (32)
Specie Se F = 32
2 2 2
2 · 5 (3 ) G : H : h : h' : ds''
3 2 2
2 · 5 (3 ) G : H : g : h : h' : ds'' : h''
Se F = 64
3 2 2
2 · 5 (3 ) G : H : h : h' : ds'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 52 (33)
Specie Se F = 64
2 3
2 · 5 (3 ) D : fs : fs' : b''
22 · 52 (33) D : d : fs : fs' : fs'' : b''
3 2 3
2 · 5 (3 ) D : d : fs : d' : fs' : fs'' : b''
Se F = 128
2 2 3
2 · 5 (3 ) D : Fs : fs : fs' : b' : b''
3 2 3
2 · 5 (3 ) D : Fs : d : fs : fs' : b' : fs'' : b''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 217

Se F = 256
3 2 3
2 · 5 (3 ) D : Fs : fs : b : fs' : b' : b''

Consonanze 2n · 33
Variazioni
Forme
2n · 33 (1)
Specie Se F = 4
2 3
2 · 3 (1) C : F : c : g : c' : d'' : g''
23 · 33 (1) C : F : c : f : g : c' : g' : c'' : d'' : g''
4 3
2 · 3 (1) C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : d'' : g'' : c'''
5 3
2 · 3 (1) C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : d'' : f'' : g'' : c'''
Se F = 8
3 3
2 · 3 (1) C : F : G : c : g : c' : d' : g' : d'' : g''
24 · 33 (1) C : F : G : c : f : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
5 3
2 · 3 (1) C : F : G : c : f : g : c' : d' : f' : g' : c'' : d'' : g'' : c'''
Se F = 16
24 · 33 (1) C : F : G : c : d : g : c' : d' : g' : d'' : g''
25 · 33 (1) C : F : G : c : d : f : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
Se F = 32
25 · 33 (1) C : D : F : G : c : d : g : c' : d' : g' : d'' : g''
Variazioni
Forme
2n · 33 (5)
Specie Se F = 16
2 3
2 · 3 (5) E : A : e : h : e' : h' : fs'' : h''
3 3
2 · 3 (5) E : A : e : a : h : e' : h' : e'' : fs'' : h''
24 · 33 (5) E : A : e : a : h : e' : a' : h' : e'' : fs'' : h''
5 3
2 · 3 (5) E : A : e : a : h : e' : a' : h' : e'' : fs'' : a'' : h''
Se F = 32
23 · 33 (5) E : A : H : e : h : e' : fs' : h' : fs'' : h''
24 · 33 (5) E : A : H : e : a : h : e' : fs' : h' : e'' : fs'' : h''
25 · 33 (5) E : A : H : e : a : h : e' : fs' : a' : h' : e'' : fs'' : h''
Se F = 64
4 3
2 · 3 (5) E : A : H : e : fs : h : e' : fs' : h' : fs'' : h''
25 · 33 (5) E : A : H : e : fs : a : h : e' : fs' : h' : e'' : fs'' : h''
Se F = 128
25 · 33 (5) E : Fs : A : H : e : fs : h : e' : fs' : h' : fs'' : h''
218 Leonhard Euler

Variazioni
Forme
2n · 33 (52)
Specie Se F = 64
3 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : gs : ds' : ds'' : b''
22 · 33 (52) Cs : Gs : cs : gs : ds' : gs' : ds'' : b''
23 · 33 (52) Cs : Gs : cs : gs : cs' : ds' : gs' : ds'' : gs'' : b''
4 3 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : gs : cs' : ds' : gs' : cs'' : ds'' : gs'' : b''
Se F = 128
22 · 33 (52) Cs : Gs : ds : gs : ds' : b' : ds'' : b''
23 · 33 (52) Cs : Gs : cs : ds : gs : ds' : gs' : b' : ds'' : b''
24 · 33 (52) Cs : Gs : cs : ds : gs : cs' : ds' : gs' : b' : ds'' : gs'' : b''
5 3 2
2 · 3 (5 ) Cs : Gs : cs : ds : gs : cs' : ds' : gs' : b' : cs'' : ds'' : gs'' : b''
Se F = 256
23 · 33 (52) Cs : Ds : Gs : ds : gs : b : ds' : b' : ds'' : b''
24 · 33 (52) Cs : Ds : Gs : cs : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : b''
5 3 2
2 · 3 (5 ) Cs : Ds : Gs : cs : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : gs'' : b''
Se F = 512
4 3 2
2 · 3 (5 ) Cs : Ds : Gs : B : ds : gs : b : ds' : b' : ds'' : b''
25 · 33 (52) Cs : Ds : Gs : B : cs : ds : gs : b : ds' : gs' : b' : ds'' : b''

Consonanze 2n · 32 · 5
Variazioni
Forme
2n · 32 · 5 (1)
Specie Se F = 1
2
3 · 5 (1) F : c' : a' : g''
2 · 32 · 5 (1) F : f : c' : a' : c'' : g'' : a''
2 2
2 · 3 · 5 (1) F : f : c' : f' : a' : g' : c'' : g'' : a'' : c'''
3 2
2 · 3 · 5 (1) F : f : c' : f' : a' : c'' : f'' : g'' : a'' : c'''
Se F = 2
2
3 · 5 (1) c : a : g' : e''
2 · 32 · 5 (1) F : c : a : c' : g' : a' : e'' : g''
2 2
2 · 3 · 5 (1) F : c : f : a : c' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a''
3 2
2 · 3 · 5 (1) F : c : f : a : c' : f' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a'' : c'''
Se F = 4
2
3 · 5 (1) C : A : g : e' : h''
2
2 · 3 · 5 (1) C : A : c : g : a : e' : g' : e'' : h''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 219

22 · 32 · 5 (1) C : F : A : c : g : a : c' : e' : g' : a' : e'' : g'' : h''


3 2
2 · 3 · 5 (1) C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a'' : h''
Se F = 8
2 · 32 · 5 (1) C : G : A : e : g : e' : h' : h''
22 · 32 · 5 (1) C : G : A : c : e : g : a : e' : g' : h' : e'' : h''
23 · 32 · 5 (1) C : F : G : A : c : e : g : a : c' : e' : g' : a' : h' : e'' : g'' : h''
Se F = 16
2 2
2 · 3 · 5 (1) C : E : G : A : e : g : h : e' : h' : h''
23 · 32 · 5 (1) C : E : G : A : c : e : g : a : h : e' : g' : h' : e'' : h''
Se F = 32
23 · 32 · 5 (1) C : E : G : A : H : e : g : h : e' : h' : h''
Variazioni
Forme
2n · 32 · 5 (3)
Specie Se F = 4
2
3 · 5 (3) C : g : e' : d'' : h''
2
2 · 3 · 5 (3) C : c : g : e' : g' : d'' : e'' : h''
22 · 32 · 5 (3) C : c : g : c' : e' : g' : d'' : e'' : g'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (3) C : c : g : c' : e' : g' : c'' : d'' : e'' : g'' : h''
Se F = 8
32 · 5 (3) G : e : d' : h'
2 · 32 · 5 (3) C : G : e : g : d' : e' : h' : d'' : h''
22 · 32 · 5 (3) C : G : c : e : g : d' : e' : g' : h' : d'' : e'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (3) C : G : c : e : g : c' : d' : e' : g' : h' : d'' : e'' : g'' : h''
Se F = 16
32 · 5 (3) E : d : h : fs''
2 · 32 · 5 (3) E : G : d : e : h : d' : h' : fs''
22 · 32 · 5 (3) C : E : G : d : e : g : h : d' : e' : h' : d'' : fs'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (3) C : E : G : c : d : e : g : h : d' : e' : g' : h' : d'' : e'' : fs'' : h''
Se F = 32
2 · 32 · 5 (3) D : E : H : d : h : fs' : fs''
22 · 32 · 5 (3) D : E : G : H : d : e : h : d' : fs' : h' : fs''
3 2
2 · 3 · 5 (3) C : D : E : G : H : d : e : g : h : d' : e' : fs' : h' : d'' : fs'' : h''
Se F = 64
2 2
2 · 3 · 5 (3) D : E : H : d : fs : h : fs' : fs''
23 · 32 · 5 (3) D : E : G : H : d : e : fs : h : d' : fs' : h' : fs''
220 Leonhard Euler

Se F = 128
3 2
2 · 3 · 5 (3) D : E : Fs : H : d : fs : h : fs' : fs''
Variazioni
Forme
2n · 32 · 5 (5)
Specie Se F = 4
32 · 5 (5) A : e' : cs'' : h''
2 · 32 · 5 (5) A : a : e' : cs'' : e'' : h''
2 2
2 · 3 · 5 (5) A : a : e' : a' : cs'' : e'' : h''
23 · 32 · 5 (5) A : a : e' : a' : cs'' : e'' : a'' : h''
Se F = 8
32 · 5 (5) e : cs' : h' : gs''
2 · 32 · 5 (5) A : e : cs' : e' : h' : cs'' : gs'' : h''
2 2
2 · 3 · 5 (5) A : e : a : cs' : e' : h' : cs'' : e'' : gs'' : h''
23 · 32 · 5 (5) A : e : a : cs' : e' : a' : h' : cs'' : e'' : gs'' : h''
Se F = 16
2
3 · 5 (5) E : cs : e : h : gs'
2 · 32 · 5 (5) E : cs : e : h : cs' : gs' : h' : gs''
2 2
2 · 3 · 5 (5) E : A : cs : e : h : cs' : e' : gs' : h' : cs'' : gs'' : h''
23 · 32 · 5 (5) E : A : cs : e : a : h : cs' : e' : gs' : h' : cs'' : e'' : gs'' : h''
Se F = 32
2
3 · 5 (5) Cs : H : gs : ds''
2 · 32 · 5 (5) Cs : E : H : cs : gs : h : gs' : ds''
2 2
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : H : cs : e : gs : h : cs' : gs' : h' : ds'' : gs''
3 2
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : H : cs : e : gs : h : cs' : e' : gs' : h' : cs'' : ds'' : gs'' : h''
Se F = 64
2
2 · 3 · 5 (5) Cs : Gs : H : gs : ds' : ds''
22 · 32 · 5 (5) Cs : E : Gs : H : cs : gs : h : ds' : gs' : ds''
3 2
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : Gs : H : cs : e : gs : h : cs' : ds' : gs' : h' : ds'' : gs''
Se F = 128
22 · 32 · 5 (5) Cs : Gs : H : ds : gs : ds' : ds''
23 · 32 · 5 (5) Cs : E : Gs : H : cs : ds : gs : h : ds' : gs' : ds''
Se F = 256
23 · 32 · 5 (5) Cs : Ds : Gs : H : ds : gs : ds' : gs''
Variazioni
Forme
2 · 32 · 5 (3 · 5)
n

Specie Se F = 16
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 221

32 · 5 (3 · 5) E : h : gs' : fs''
2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : e : h : gs' : h' : fs'' : gs''
22 · 32 · 5 (3 · 5) E : e : h : e' : gs' : h' : fs'' : gs'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : e : h : e' : gs' : h' : e'' : fs'' : gs'' : h''
Se F = 32
32 · 5 (3 · 5) H : gs : fs' : ds''
2 · 32 · 5 (3 · 5) E : H : gs : h : fs' : gs' : ds'' : fs''
2 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : H : e : gs : h : fs' : gs' : h' : ds'' : fs'' : gs''
23 · 32 · 5 (3 · 5) E : H : e : gs : h : e' : fs' : gs' : h' : ds'' : fs'' : gs'' : h''
Se F = 32
32 · 5 (3 · 5) Gs : fs : ds' : b'
2 · 32 · 5 (3 · 5) Gs : H : fs : gs : ds' : fs' : ds'' : b''
2 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : fs : gs : h : ds' : fs' : gs' : ds'' : fs'' : b''
23 · 32 · 5 (3 · 5) E : Gs : H : e : fs : gs : h : ds' : fs' : gs' : h' : ds'' : fs'' : gs'' : b''
Se F = 128
2
2 · 3 · 5 (3 · 5) Fs : Gs : ds : fs : ds' : b' : b''
22 · 32 · 5 (3 · 5) Fs : Gs : H : ds : fs : gs : ds' : fs' : b' : ds'' : b''
3 2
2 · 3 · 5 (3 · 5) E : Fs : Gs : H : ds : fs : gs : h : ds' : fs' : gs' : b' : ds'' : fs'' : b''
Se F = 256
22 · 32 · 5 (3 · 5) Ds : Fs : Gs : ds : fs : b : ds' : b' : b''
23 · 32 · 5 (3 · 5) Ds : Fs : Gs : H : ds : fs : gs : b : ds' : fs' : b' : ds'' : b''
Se F = 512
2
2 · 3 · 5 (3 · 5) Ds : Fs : Gs : B : ds : fs : b : ds' : b' : b''

Consonanze 2n · 3 · 52
Variazioni
Forme
2n · 3 · 52 (1)
Specie Se F = 4
2
3 · 5 (1) C : A : e' : cs''
2 · 3 · 52 (1) C : A : c : a : e' : cs'' : e''
Se F = 8
2
2 · 3 · 5 (2) C : A : e : cs' : e' : cs'' : gs''
Variazioni
Forme
2n · 3 · 52 (3)
Specie Se F = 8
2
3 · 5 (3) G : e : h' : gs''
222 Leonhard Euler

2 · 3 · 522 (3) C : G : e : g : e' : h' : gs'' : h''


2 · 3 · 5 (3) C : G : e : g : e' : h' : gs'' : h''
Se F = 16
Se F = 16
2 · 3 · (3) 522 E : G : e : h : gs' : h' : gs''
2 · 3 · 5 (3) E : G : e : h : gs' : h' : gs''
Variazioni
Variazioni Forme
2nn · 322 · 522 (3) Forme
2 · 3 · 5 (3)
Specie Se F = 32
Specie Se F = 32
3· 522(322) D : H : fs' : ds''
3·5 (3 ) D : H : fs' : ds''
2·3 · 522 (322) D : H : d : h : fs' : ds'' : fs''
2 · 3 · 5 (3 ) D : H : d : h : fs' : ds'' : fs''
Se F = 64
Se F = 64
2·3· 522 (322) D : H : fs : ds' : fs' : ds'' : b''
2 · 3 · 5 (3 ) D : H : fs : ds' : fs' : ds'' : b''

31 Consonanze n 3
Consonanze 22n ·· 333 ·· 55
Variazioni
Variazioni Forme
2nn · 333 · 5 (1) Forme
2 · 3 · 5 (1)
Specie Se F = 4
Specie Se F = 4
333 · 5 (1) C : A : g : e' : d'' : h''
3 · 5 (1) C : A : g : e' : d'' : h''
2 · 333 · 5 (1) C : A : c : g : a : e' : g' : d'' : e'' : h''
2 · 3 · 5 (1) C : A : c : g : a : e' : g' : d'' : e'' : h''
Se F = 8
Se F = 8
2 · 333 · 5 (1) C : G : A : e : g : d' : e' : h' : d'' : h''
2 · 3 · 5 (1) C : G : A : e : g : d' : e' : h' : d'' : h''
2
2 · 3 · 5Variazioni
(3) C : G : e : g : e' : h' : gs'' : h''
Variazioni Forme
2nn · 333 · 5 (5) Forme
Se F = 16
2 · 3 · 5 (5)
2 · 3 · 52 (3)
Specie E : G : e : h : gs' : h' : gs'' Se F = 16
Specie Se F = 16
333 Variazioni
· 5 (5) E : cs : h : gs'' : fs''
3 · 5 (5) E : cs : h : gs'' : fs'' Forme
2 · 333 ·25n ·(5)
32 · 52 (3) E : cs : e : h : cs' : gs' : h' : fs'' : gs''
2 · 3 · 5 (5) E : cs : e : h : cs' : gs' : h' : fs'' : gs''
Specie Se F = 32
Se F = 32
333· ·552 (5)
(32) Cs
D : :HH: :fs'gs: :ds''
fs' : ds''
3 · 5 (5) Cs : H : gs : fs' : ds''
2 · 333· ·552 (5)
(32) Cs
D : :HE:: dH: :hcs : gs
: fs' : h : fs'
: ds'' fs'': gs' : ds'' : fs''
2 · 3 · 5 (5) Cs : E : H : cs : gs : h : fs' : gs' : ds'' : fs''
Se F = 64
Se F = 64
2 · 333· ·552 (5)
(32) Cs
D : :HGs: fs: H : fs: :fs'
: ds' gs: :ds''
ds' :: b''
fs' : ds''
2 · 3 · 5 (5) Cs : Gs : H : fs : gs : ds' : fs' : ds''
§ 11. In questo modo, per mezzo di questa tabella potranno essere espresse tutte
§ 11. In questo modo, per mezzo di questa tabella potranno essere espresse tutte
le consonanze che in un dato sistema non Consonanze
oltrepassano 2 ilndodicesimo
· 33 · 5 grado di pia-
le consonanze che in un dato sistema non oltrepassano il dodicesimo grado di pia-
cere. Ho tralasciato tuttavia le consonanze più composte, sia perché ricorrono più
Variazioni
cere. Ho tralasciato tuttavia le consonanze più composte, sia perché ricorrono più
raramente presso i musicisti, sia perché l’armoniaForme sarà piuttosto sconvolta che per-
raramente
2n · 33presso
· 5 (1) i musicisti, sia perché l’armonia sarà piuttosto sconvolta che per-
fezionata da queste consonanze. Tuttavia, nelle consonanze che sono rappresentate
fezionataSpecie
da queste consonanze. Tuttavia, nelle consonanze che sono rappresentate
in questa tabella vi è tanta diversità e anche tanteSe F = 4 di dissonanze,
specie come sono
in3 questa tabella vi è tanta diversità e anche tante specie di dissonanze, come sono
definite
3 · 5 (1) dai musicisti, che C :non
A : gsolo
: e' :sarebbe
d'' : h'' superfluo, ma anche nocivo all’armonia
definite dai musicisti, che non solo sarebbe superfluo, ma anche nocivo all’armonia
usarne
2 · 33 · 5altre
(1) più composte.
C : A : c : g : a : e' : g' : d'' : e'' : h''
usarne altre più composte.
Se F = 8
2 · 33 · 5 (1) C : G : A : e : g : d' : e' : h' : d'' : h''
Variazioni
Forme
2n · 33 · 5 (5)
Specie Se F = 16
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 223

§ 12. Inoltre questa tabella potrebbe in verità sembrare lacunosa da questo punto
di vista, perché non sono aggiunti agli esponenti delle consonanze altri indici ec-
cetto i dispari: ma, ciò nonostante, anche le consonanze che hanno gli indici pari
possono essere espresse per mezzo di questa tabella. Si debba esprimere, infatti, la
consonanza E (2 i) per il sistema F = 2n, dove E indichi l’esponente, e i il numero
dispari; si cerchi allora la forma della consonanza E (i) per il sistema F = 2n, e si
prendano tutti i suoni più acuti di un’ottava, o – che è la stessa cosa – si prenda la
forma della consonanza E (i) per il sistema F = 2n – 1.

§ 13. Allo stesso modo, se la consonanza da esprimere fosse E (4 i) e F = 2n, in


tal caso si assuma dalla tabella la consonanza E (i) per F = 2n e si prendano i singo-
li suoni più acuti di due ottave: ossia si soddisferà la domanda assumendo anche la
consonanza E (i) per il sistema F = 2n – 2. Ugualmente anche la consonanza E (2m i)
grazie alla tabella potrà essere mostrata per il caso F = 2n, prendendo dalla tabella
la consonanza E (i) per il caso F = 2n – m, o qualora non si trovasse nella tabella
questo caso F = 2n – m, allora si assuma la consonanza E (i) per il sistema F = 2n e si
prendano i singoli suoni m più acuti delle ottave.

§ 14. Tutte le volte in cui ricorre una consonanza da esprimere il cui indice è un
numero pari, allora si divida l’indice per la potenza di due tante volte finché il quo-
ziente della divisione non risulti dispari, poi si divida il valore dello stesso F nel
sistema assunto per la stessa potenza di due, e per questo sistema sia espressa la
consonanza coll’indice dispari, ossia generato dal quoziente precedente: così, se
per il sistema in cui è F = 32 si richiede questa consonanza 23 · 3 · 5 (12), divido 12
e 32 per 4 e sostituisco i quozienti 3 e 8 al posto di quei numeri, in modo che la
consonanza desiderata risulterà se sotto il valore di F = 8 si cerca la consonanza
23 · 3 · 5 (3), che dalla tabella sarà C : G : c : e : g : c' : e' : g' : e'' : g'' : h''.

§ 15. Se invece nella tabella all’esponente della consonanza con l’indice non cor-
rispondesse un valore dello stesso F tanto grande quanto si ha nel sistema in cui si
assume la composizione, allora anche questa consonanza non potrebbe essere asso-
lutamente espressa, a causa dei suoni troppo gravi non presenti negli strumenti.
Tuttavia, affinché si possa esprimere una consonanza almeno simile, è necessario
moltiplicare l’indice o per 2, o per un’altra potenza di due, finché non si trovi nella
tabella il valore dello stesso F dal sistema assunto, diviso per quella potenza di due.
Come se F = 64, la consonanza 23 · 3 · 5 (1) non può essere espressa con i suoni
consueti, e perciò potrà essere sostituita con la consonanza 23 · 3 · 5 (4), che coin-
ciderà con la consonanza 23 · 3 · 5 (1), correlata al sistema F = 16, che sarà C : E :
A : c : e : a : e' : e''.

§ 16. Ciò detto sulla formazione delle consonanze, si dovrà procedere al metodo
di composizione in un dato sistema. Ma come l’esponente del sistema determina
tutti i suoni semplici che trovano luogo nel sistema medesimo, così anche questo
224 Leonhard Euler

stesso esponente definisce tutte le consonanze pertinenti al sistema. Infatti, non


possono ricorrere altre consonanze se non quelle i cui esponenti, moltiplicati per i
loro indici, non siano contenuti nell’esponente del sistema, ovvero quelli che siano
divisori di questo esponente del sistema, per cui sarà facile ripartire tutte le conso-
nanze che si trovano in un dato sistema.

§ 17. Prima di tutto si deve però stabilire se convenga utilizzare un unico genere
di consonanze o diversi, affinché si possano enumerare più facilmente tutte le con-
sonanze che trovano luogo nel sistema proposto. Si ottengono così i seguenti dieci
generi di consonanze:

I. 2n VI. 2n · 52
II. 2n · 3 VII. 2n · 33
III. 2n · 5 VIII. 2n · 32 · 5
IV. 2n · 32 IX. 2n · 3 · 52
V. 2n · 3 · 5 X. 2n · 33 · 5

Sono infatti esclusi i due rimanenti generi di consonanze, cioè 2n · 32 · 52 e 2n · 33 · 52,


dal momento che questi non presentano nessuna consonanza che non oltrepassi il
dodicesimo grado.

§ 18. Scelti uno o più di questi generi, si deve cercare quante specie e quante va-
riazioni di questi siano contenute nell’esponente del sistema. Ma le specie di que-
sto genere sono determinate dalla potenza determinata al posto dell’indefinita 2n
che deve essere sostituita, mentre le variazioni sono determinate attraverso gli indi-
ci congiunti con gli esponenti. L’enumerazione sarà quindi costituita così: per pri-
ma cosa si divida l’esponente del sistema per gli esponenti delle singole specie di
consonanze e si trovino tutti i divisori dei quozienti; quindi questi divisori siano
man mano sostituiti agli indici.

§ 19. I musicisti sono soliti usare nelle composizioni a più voci soprattutto il
quinto genere, il cui esponente è 2n · 3 · 5, dal momento che in questo sono conte-
nute non solo tutte le triadi armoniche, ma anche molte cosiddette dissonanze. Ol-
tre a queste dissonanze poi usano anche assai spesso le consonanze dai generi IV,
VIII e X come dissonanze, e qualche volta aggiungono i generi VI, VII e IX. I ge-
neri più semplici, cioè I, II e III, servono loro soltanto nei bicinia o nei tricinia,
poiché gli altri in questi casi sono per lo più inadatti per l’eccessivo numero di
suoni che entrano necessariamente nelle consonanze.

§ 20. Per chiarire la cosa con un esempio, ci sia proposto il sistema il cui espo-
nente è 25 · 33 · 5 e F = 8: dunque in questo esponente saranno contenute le seguen-
ti specie e variazioni di consonanze del quinto genere:
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 225

3 · 5 (1) 3 · 5 (3) 3 · 5 (32)


3 · 5 (2) 3 · 5 (2 · 3) 3 · 5 (2 · 32)
3 · 5 (22) 3 · 5 (22 · 3) 3 · 5 (22 · 32)
3 · 5 (23) 3 · 5 (23 · 3) 3 · 5 (23 · 32)
3 · 5 (24) 3 · 5 (24 · 3) 3 · 5 (24 · 32)
3 · 5 (25) 3 · 5 (25 · 3) 3 · 5 (25 · 32)
2 · 3 · 5 (1) 2 · 3 · 5 (3) 2 · 3 · 5 (32)
2 · 3 · 5 (2) 2 · 3 · 5 (2 · 3) 2 · 3 · 5 (2 · 32)
2 · 3 · 5 (22) 2 · 3 · 5 (22 · 3) 2 · 3 · 5 (22 · 32)
2 · 3 · 5 (23) 2 · 3 · 5 (23 · 3) 2 · 3 · 5 (23 · 32)
2 · 3 · 5 (24) 2 · 3 · 5 (24 · 3) 2 · 3 · 5 (24 · 32)
22 · 3 · 5 (1) 22 · 3 · 5 (3) 22 · 3 · 5 (32)
22 · 3 · 5 (2) 22 · 3 · 5 (2 · 3) 22 · 3 · 5 (2 · 32)
22 · 3 · 5 (22) 22 · 3 · 5 (22 · 3) 22 · 3 · 5 (22 · 32)
22 · 3 · 5 (23) 22 · 3 · 5 (23 · 3) 22 · 3 · 5 (23 · 32)
23 · 3 · 5 (1) 23 · 3 · 5 (3) 23 · 3 · 5 (32)
23 · 3 · 5 (2) 23 · 3 · 5 (2 · 3) 23 · 3 · 5 (2 · 32)
23 · 3 · 5 (22) 23 · 3 · 5 (22 · 3) 23 · 3 · 5 (22 · 32)
24 · 3 · 5 (1) 24 · 3 · 5 (3) 24 · 3 · 5 (32)
24 · 3 · 5 (2) 24 · 3 · 5 (2 · 3) 24 · 3 · 5 (2 · 32)
25 · 3 · 5 (1) 25 · 3 · 5 (3) 25 · 3 · 5 (32)

§ 21. Invece dal quarto genere in questo sistema si avranno le seguenti conso-
nanze, che possono essere usate dai musicisti come dissonanze:

32 (1) 32 (3) 32 (5) 32 (3 · 5)


32 (2) 32 (2 · 3) 32 (2 · 5) 32 (2 · 3 · 5)
32 (22) 32 (22 · 3) 32 (22 · 5) 32 (22 · 3 · 5)
32 (23) 32 (23 · 3) 32 (23 · 5) 32 (23 · 3 · 5)
32 (24) 32 (24 · 3) 32 (24 · 5) 32 (24 · 3 · 5)
32 (25) 32 (25 · 3) 32 (25 · 5) 32 (25 · 3 · 5)
2 · 32 (1) 2 · 32 (3) 2 · 32 (5) 2 · 32 (3 · 5)
2 · 32 (2) 2 · 32 (2 · 3) 2 · 32 (2 · 5) 2 · 32 (2 · 3 · 5)
2 · 32 (22) 2 · 32 (22 · 3) 2 · 32 (22 · 5) 2 · 32 (22 · 3 · 5)
2 · 32 (23) 2 · 32 (23 · 3) 2 · 32 (23 · 5) 2 · 32 (23 · 3 · 5)
2 · 32 (24) 2 · 32 (24 · 3) 2 · 32 (24 · 5) 2 · 32 (24 · 3 · 5)
22 · 32 (1) 22 · 32 (3) 22 · 32 (5) 22 · 32 (3 · 5)
22 · 32 (2) 22 · 32 (2 · 3) 22 · 32 (2 · 5) 22 · 32 (2 · 3 · 5)
22 · 32 (22) 22 · 32 (22 · 3) 22 · 32 (22 · 5) 22 · 32 (22 · 3 · 5)
226 Leonhard Euler

222 · 322 (233) 222 · 322 (233 · 3) 222 · 322 (233 · 5) 222 · 322 (233 · 3 · 5)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 3) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 (2 · 3 · 5)
233 · 322 (1) 233 · 322 (3) 233 · 322 (5) 233 · 322 (3 · 5)
2 · 3 (1) 2 · 3 (3) 2 · 3 (5) 2 · 3 (3 · 5)
233 · 322 (2) 233 · 322 (2 · 3) 233 · 322 (2 · 5) 233 · 322 (2 · 3 · 5)
2 · 3 (2) 2 · 3 (2 · 3) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 (2 · 3 · 5)
233 · 322 (222) 233 · 322 (222 · 3) 233 · 322 (222 · 5) 233 · 322 (222 · 3 · 5)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 3) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 (2 · 3 · 5)
244 · 322 (1) 244 · 322 (3) 244 · 322 (5) 244 · 322 (3 · 5)
2 · 3 (1) 2 · 3 (3) 2 · 3 (5) 2 · 3 (3 · 5)
244 · 322 (2) 244 · 322 (2 · 3) 244 · 322 (2 · 5) 244 · 322 (2 · 3 · 5)
2 · 3 (2) 2 · 3 (2 · 3) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 (2 · 3 · 5)
255 · 322 (1) 255 · 322 (3) 255 · 322 (5) 255 · 322 (3 · 5)
2 · 3 (1) 2 · 3 (3) 2 · 3 (5) 2 · 3 (3 · 5)

§§ 22.
22. Poi,
Poi, dai
dai generi
generi VII,
VII, VIII
VIII ee X
X si
si otterranno
otterranno le
le seguenti
seguenti consonanze:
consonanze:
333 (1) 333 (5) 322 · 5 (1) 322 · 5 (3) 333 · 5 (1)
3 (1) 3 (5) 3 · 5 (1) 3 · 5 (3) 3 · 5 (1)
333 (2) 333 (2 · 5) 322 · 5 (2) 322 · 5 (2 · 3) 333 · 5 (2)
3 (2) 3 (2 · 5) 3 · 5 (2) 3 · 5 (2 · 3) 3 · 5 (2)
333 (222) 333 (222 · 5) 322 · 5 (222) 322 · 5 (222 · 3) 333 · 5 (222)
3 (2 ) 3 (2 · 5) 3 · 5 (2 ) 3 · 5 (2 · 3) 3 · 5 (2 )
333 (233) 333 (233 · 5) 322 · 5 (233) 322 · 5 (233 · 3) 333 · 5 (233)
3 (2 ) 3 (2 · 5) 3 · 5 (2 ) 3 · 5 (2 · 3) 3 · 5 (2 )
333 (244) 333 (244 · 5) 322 · 5 (244) 322 · 5 (244 · 3) 333 · 5 (244)
3 (2 ) 3 (2 · 5) 3 · 5 (2 ) 3 · 5 (2 · 3) 3 · 5 (2 )
333 (255) 333 (255 · 5) 322 · 5 (255) 322 · 5 (255 · 3) 333 · 5 (255)
3 (2 ) 3 (2 · 5) 3 · 5 (2 ) 3 · 5 (2 · 3) 3 · 5 (2 )
2 · 333 (1) 2 · 333 (5) 2 · 322 · 5 (1) 2 · 322 · 5 (3) 2 · 333 · 5 (1)
2 · 3 (1) 2 · 3 (5) 2 · 3 · 5 (1) 2 · 3 · 5 (3) 2 · 3 · 5 (1)
2 · 333 (2) 2 · 333 (2 · 5) 2 · 322 · 5 (2) 2 · 322 · 5 (2 · 3) 2 · 333 · 5 (2)
2 · 3 (2) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2) 2 · 3 · 5 (2 · 3) 2 · 3 · 5 (2)
2 · 333 (222) 2 · 333 (222 · 5) 2 · 322 · 5 (222) 2 · 322 · 5 (222 · 3) 2 · 333 · 5 (222)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2 ) 2 · 3 · 5 (2 · 3) 2 · 3 · 5 (2 )
2 · 333 (233) 2 · 333 (233 · 5) 2 · 322 · 5 (233) 2 · 322 · 5 (233 · 3) 2 · 333 · 5 (233)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2 ) 2 · 3 · 5 (2 · 3) 2 · 3 · 5 (2 )
2 · 333 (244) 2 · 333 (244 · 5) 2 · 322 · 5 (244) 2 · 322 · 5 (244 · 3) 2 · 333 · 5 (244)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2 ) 2 · 3 · 5 (2 · 3) 2 · 3 · 5 (2 )
222 · 333 (1) 222 · 333 (5) 222 · 322 · 5 (1) 222 · 322 · 5 (2)
2 · 3 (1) 2 · 3 (5) 2 · 3 · 5 (1) 2 · 3 · 5 (2)
222 · 333 (2) 222 · 333 (2 · 5) 222 · 322 · 5 (2) 222 · 322 · 5 (2 · 3)
2 · 3 (2) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2) 2 · 3 · 5 (2 · 3)
222 · 333 (222) 222 · 333 (222 · 5) 222 · 322 · 5 (222) 222 · 322 · 5 (222 · 3)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2 ) 2 · 3 · 5 (2 · 3)
222 · 333 (233) 222 · 333 (233 · 5) 222 · 322 · 5 (233) 222 · 322 · 5 (233 · 3)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2 ) 2 · 3 · 5 (2 · 3)
233 · 333 (1) 233 · 333 (5) 233 · 322 · 5 (1) 233 · 322 · 5 (3)
2 · 3 (1) 2 · 3 (5) 2 · 3 · 5 (1) 2 · 3 · 5 (3)
233 · 333 (2) 233 · 333 (2 · 5) 233 · 322 · 5 (2) 233 · 322 · 5 (2 · 3)
2 · 3 (2) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2) 2 · 3 · 5 (2 · 3)
233 · 333 (222) 233 · 333 (222 · 5) 233 · 322 · 5 (222) 233 · 322 · 5 (222 · 3)
2 · 3 (2 ) 2 · 3 (2 · 5) 2 · 3 · 5 (2 ) 2 · 3 · 5 (2 · 3)
244 · 333 (1) 244 · 333 (5)
2 · 3 (1) 2 · 3 (5)
244 · 333 (2) 244 · 333 (2 · 5)
2 · 3 (2) 2 · 3 (2 · 5)
255 · 333 (1) 255 · 333 (5)
2 · 3 (1) 2 · 3 (5)

§§ 23.
23. Se
Se ora
ora si
si desumeranno
desumeranno dalla
dalla tabella
tabella delle
delle consonanze
consonanze quante
quante consonanze
consonanze
possono
possono essere espresse per il valore F = 8, si presenterà la seguente quantità
essere espresse per il valore F = 8, si presenterà la seguente quantità sia
sia di
di
consonanze, sia di dissonanze:
consonanze, sia di dissonanze:
3 · 5 (2) C : A : e'
3 · 5 (2) C : A : e'
3 · 5 (222) c : a : e''
3 · 5 (2 ) c : a : e''
3 · 5 (233) F : c' : a'
3 · 5 (2 ) F : c' : a'
3 · 5 (244) f : c'' : a''
3 · 5 (2 ) f : c'' : a''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 227
195
2 · 3 · 5 (1) C : A : e : e'
2 · 3 · 5 (2) C : A : c : a : e' : e''
2 · 3 · 5 (22) F : c : a : c' : a' : e''
2 · 3 · 5 (23) F : f : c' : a' : c'' : a''
2 · 3 · 5 (24) f : f' : c'' : a''
22 · 3 · 5 (1) C : A : c : e : a : e' : e''
22 · 3 · 5 (2) C : F : A : c : a : c' : e' : a' : e''
222· ·33· ·55(1)
(22) F :: cA: :f e: a: e': c' : a' : c'' : e'' : a''
C
2
(23)
22 · ·33· ·55(2) F :: fA: c'
C : c: :f'a: :a'e'::c''
e'': a''
3
22 · ·33· ·55(2(1)
2
) F : c : a : c' : a' : e'': c' : e' : a' : e''
C : F : A : c : e : a
3
22 · ·33· ·55(2(2)
3
) C :: fF: :c'A: :a'c :: c''
F f : :aa''
: c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
3 2
22 · ·33· ·55(2(24)) fF::f'c :: c''
f : :a a''
: c' : f' : a' : c'' : e'' : a'' : c'''
2242 ·· 33 ·· 55 (1)
(1) C
C :: F
A :: A
c :: ec :: ae :: e'
f : :ae'': c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
4
222 ·· 33 ·· 55 (2)
(2) C :: F
C F :: A
A :: cc :: af ::ac': :c'e': :e'a': :f'e''
: a' : c'' : e'' : a'' : c'''
5
222 ·· 33 ·· 55 (1)
(22) C
F :: cF :: fA: a: c: c'
: e: :a'f :: ac'': :c'e'': e' : f' : a' : c'' : e'' : a'' : c'''
: a''
2
23 · ·53(3)· 5 (23) G
F :: fe: :c'h': f' : a' : c'' : a''
3
32 · ·53(2· 5· 3) C:G
(1) F :: A e' :: ch'': e : a : c' : e' : a' : e''
323· ·53(2· 52 ·(2)
3) cC:: g'F:A e'' : c : f : a : c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
3
2 · ·33· ·55(3) (22) CF :: cG: :f e: a: g: c'
: e': f': h'
: a': h''
: c'' : e'' : a'' : c'''
24· ·33· ·55(2(1)· 3) C:F c :: gA: :e'c :: g'
e :: fe'': a: h''
: c' : e' : a' : c'' : e'' : a''
2
24· ·33· ·55(2(2) · 3) cC:: c'F : g'
A : ce'': :f g''
: a : c' : e' : f' : a' : c'' : e'' : a'' : c'''
252 · 3 · 5 (1)
(3) C:F G :: A
c :: ec :: ge : e'
f : :ag': c'
: h': e'
: e''
: f': :h''a' : c'' : e'' : a'' : c'''
232· ·53(3)
· 5 (2 · 3) C : c : g
G : e : h': c' : e' : g' : e'' : g'' : h''
232· ·53(2· 5· 3)
(22 · 3) cC:: c'G:: g'
e' :: e''
h'' : g''
3
23 · ·53(2· 52 ·(3)
3) c : g' : e'' : g : c' : e' : g' : h' : e'' : g'' : h''
C : G : c : e
223· ·33· ·55(3)
(2 · 3) C :: G
C c ::ge :: c'g :: e'
e' :: g'
h' :: c''
h'' : e'' : g'' : h''
4
22 · ·33· ·55(2(3)· 3) C :: cG::gc :: e'e :: g'
C g :: c'e'': :e'h'': g' : h' : c'' : e'' : g'' : h''
2
23 · 35 ·(35 )(22 · 3) G
c :: c'd'::g'h' : e'' : g''
2
322· ·53(2· 5· 3(3)) gC :: d''
G :: ch'': e : g : e' : g' : h' : e'' : h''
22· ·33· ·55(3(22)· 3) G
C : cg :: gd': :c'h': :e'd'': g'
: h''
: e'' : g'' : h''
2
22· ·33· ·55(2(2·2 3· 3)
) gc : c'
g' : g'
d' : h''
e'' : g''
232 · 3 · 5 (3)
(32) G:G
C g :: d'
c :: eg': :gh': c'
: d''
: e': h''
: g' : h' : e'' : g'' : h''
2 · 3 · 5 (2 · 33)2)
23
g : g' : d'' : g'' : h''
C : c : g : c' : e' : g' : c'' : e'' : g'' : h''
243 · 3 · 5 (3)
(32) G:G
C g :: d'
c :: eg': :gh': c'
: d''
: e': g''
: g': :h''
h' : c'' : e'' : g'' : h''
2 3 2
3 · (25 (3
) ) G :: c'd' ::g''
F h'
23 · 532(2(2·2)32) gF : d''
c : :c'h''
: g' : g''
2 · 32· (2 ) 2)
5 3(3 G
F :: fg: :c'd': :c''h'::g''
d'' : h''
(2 · 32)
22· ·33·2 5(2) g :: g'
C F : d'
c ::gh'': c' : g' : g''
22 · 3 · 5 (32) G : g : d' : g' : h' : d'' : h''
22 · 3 · 5 (2 · 32) g : g' : d'' : g'' : h''
23 · 3 · 5 (32) G : g : d' : g' : h' : d'' : g'' : h''
2 3
3 (2 ) F : c' : g''
2 · 32 (22) F : c : c' : g' : g''
2 · 32 (23) F : f : c' : c'' : g''
228 Leonhard Euler

22 · 32 (22) F : c : f : c' : g' : c'' : g''


22 · 32 (23) F : f : c' : f' : c'' : g'' : c'''
23 · 32 (1) C : F : G : c : g : c' : g' : g''
23 · 32 (2) C : F : c : f : g : c' : g' : c'' : g''
23 · 32 (22) F : c : f : c' : f' : g' : c'' : g'' : c'''
24 · 32 (1) C : F : G : c : f : g : c' : g' : c'' : g''
24 · 32 (2) C : F : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : g'' : c'''
25 · 32 (1) C : F : G : c : f : g : c' : f' : g' : c'' : g'' : c'''
32 (3) C : g : d''
2 · 32 (3) C : G : g : d' : d''
2 · 32 (2 · 3) C : c : g : g' : d''
22 · 32 (3) C : G : c : g : d' : g' : d''
22 · 32 (2 · 3) C : c : g : e' : g' : d'' : g''
23 · 32 (3) C : G : c : g : c' : d' : g' : d'' : g''
196
23 · 32 (2 · 3) C : c : g : c' : g' : c'' : d'' : g''
24 · 32 (3) C : G : c : g : c' : d' : g' : c'' : d'' : g''
32 (2 · 5) A : e' : h''
2
2 · 3 (5) A : e : e' : h' : h''
2 · 32 (2 · 5) A : a : e' : e'' : h''
22 · 32 (5) A : e : a : e' : h' : e'' : h''
22 · 32 (2 · 5) A : a : e' : a' : e'' : h''
23 · 32 (5) A : e : a : e' : a' : h' : e'' : h''
3 2
222 ·· 332 (2
(22·) 5) A
F :: ca :: fe': c'
: a': g'
: e'' : a''
: c'' : h''
: g''
2224 ·· 3322 (2
(5)3) A
F :: fe: :c'a :: f'e': :c''
a' :: g''
h' :: e''
c''': a'' : h''
232 · 323 (1)(2) C:F:G c ::gc :: c'g : g' g' ::g''
c' : d'' g''
3
23 · 32 (2) (1) C:F:G c ::fc: :gg: :c'c': :g'd': :c''g'::g''
d'' : g''
23 · 332 (2)
(22) C
F :: cF :: fc: :c'f : f'g : g'
c' : g'
c'' :: c''
g''::d''
c''': g''
4 3
2
2 · 3 (1) C : F : G : c : f : g : c' : g' g' :: c''
d' : c'' g'' : d'' : g''
24 · 323 (2) a :: c'f' : g'
C : F : c : f : g : c' f' :: g'c'': :c''g'': :d''c''': g'' : c'''
25 · 332 (1) C : F : G : c : f : g : c' : d' f' ::g'f' : g'
c'' :: c''
g'' ::d''c''': g'' : c'''
32 (3)
· 5 (2) C:A g :: d''
g : e' : h''
2 2
(3)2)
23 · ·35 (2 C
c :: aG: :g'g :: e''
d' : d''
2 2
23 · ·35 (23·) 3) C
F :: c'
c :: ga': :g'g'': d''
22· ·3322· (3)
5 (1) C:G:A c ::ge :: d'g : g'
e' : h'
d'': h''
22· ·3322· (2 · 3)
5 (2) C:A
c ::gc :: e'g : g'
a :: e'
d'': :g'g'': e'' : h''
23· ·3322· (3)
5 (22) C
F :: cG: :ac: :c'g :: g'
c' :: a'
d' :: e''
g' : d''
g'' : g''
23· ·3322· (2
5 (2 3
· 3)) C
F :: fc::c'g :: a' g' : c''
c' : c'' g'' :: d''
a'' : g''
242 · 32 (3)
· 5 (1) C:G:A
c ::gc :: c'e : d'
g :: ag': :e'c'': g'
: d''
: h': g''
: e'' : h''
2
3 (2 · 5) A : e' : h''
2 · 32 (5) A : e : e' : h' : h''
2 · 32 (2 · 5) A : a : e' : e'' : h''
22 · 32 (5) A : e : a : e' : h' : e'' : h''
22 · 32 (2 · 5) A : a : e' : a' : e'' : h''
23 · 32 (5) A : e : a : e' : a' : h' : e'' : h''
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 229

197
2 2
2 · 3 · 5 (2) C : F : A : c : g : a : c' : e' : g' : a' : e'' : g'' : h''
22 · 32 · 5 (22) F : c : f : ac' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a''
22 · 32 · 5 (23) F : f : c' : f' : a' : c'' : g'' : a'' : c'''
23 · 32 · 5 (1) C : F : G : A : c : e : g : a : c' : e' : g' : a' : h' : e'' : g'' : h''
23 · 32 · 5 (2) C : F : A : c : f : g : a : c' : e' : g' : a' : c'' : e'' : g'' : a'' : h''
23 · 32 · 5 (22) F : c : f : a : c' : f' : g' : a' : c' : e'' : g'' : a'' : c'''
32 · 5 (2) G : e : d' : h'
2
3 · 5 (2 · 3) C : g : e' : d'' : h''
2
22· ·332· ·55(3)
(2) C:F G :: A
e :: gc : d'
g :: ae'::c'h': :e'd'': g'
: h''
: a' : e'' : g'' : h''
22· ·3322· ·55(2(2·2)3) C : c : g : e' : g' : d'' : e'' : h''
F : c : f : ac' : g' : a' c'' e'' : g'' : a''
22 · 32 · 5 (2 (3)3) C
F :: fG: c'
: c: :f'e::a'g : c''
d' : e'
g'': :g'a'': h' : d'' : e'' : h''
: c'''
232 · 32 · 5 (1)
(2 · 3) c :: gG: :c'A: :e'c :: g'
C:F e : gd'': :ae''
: c': g''
: e'::h''
g' : a' : h' : e'' : g'' : h''
3 2
2 · 3 · 5 (2)(3) G :: A
C:F c :: ec :: gf :: gc'::ad': :c'e': :e'g': g'
: h': a'
: d'': c''
: e'': e''
: g'' : h''
: g'' : a'' : h''
23 · 32 · 5 (22·) 3) C
F :: cc :: fg: :ac': :c'e': :f'g': g'
: c''
: a': d''
: c': :e''
e'': :g''
g'': :h''
a'' : c'''
23
3 · 5 (2) G e :: d'g : h'
C:A e' : d'' : h''
322· ·353 (2
· 5 ·(1)
3) C:G
g :: e'A::d''
e :: gh'': d' : e' : h' : d'' : h''
2 · 323 · 5 (3)
(2) C:G
A c: e : g : d'
a :: e'e' ::g'h' ::d''
d'' :: e''
h'': h''
2 · 32 · 5 (2 · 3) C : c : g : e' : g' : d'' : e'' : h''
22 §· 324.
2
· 5 Ecco
(3) dunque una grande :quantità
C G : c : e : sia
g : d'di: e'consonanze,
: g' : h' : d'' : e''sia: h''di dissonanze –
2 2
2come· 3 ·sono
5 (2 · soliti
3) chiamarle i musicisti
C : c : g–: c'che
: e' è: g'
possibile
: d'' : e'' : usare
g'' : h'' solo in questo siste-
ma.
23 · 3In
2
· 5realtà
(3) il numero delle consonanze
C : G : c : ediverrebbe
: g : c' : d' : e'ancora
: g' : h'maggiore
: d'' : e'' : g''se: h''
si aggiun-
gessero anche
23 · 32 · 5 (2 · 3) le consonanze deiC primi
: c : g : tre generi,
c' : e' : g' : c''che
: d'' abbiamo
: e'' : g'' : h''omesso in questo
censimento.
3 Da qui, dunque, si intuisce la somma varietà di composizioni che pos-
3 · 5 (2) C : A : g : e' : d'' : h''
sono3 essere prodotte in un unico sistema; una ancor maggior varietà avrà altresì
2 · 3 · 5 (1) C : G : A : e : g : d' : e' : h' : d'' : h''
luogo nei sistemi più composti, che cioè abbiano esponenti più composti, come sa-
33 · 5 (2)
2rà· facilmente C :i A
chiaro a chi sviluppi : c : g :rimanenti
sistemi a : e' : g' : d'' : e''stesso
allo : h'' modo.

§ 25.
24. Dopo
Ecco una tale enumerazione
dunque una grande quantitàdi consonanze e dissonanzesiain di
sia di consonanze, undissonanze
dato sistema–
non sarà
come sonodifficile mostrare la
soliti chiamarle composizione
i musicisti – che in questo stesso
è possibile usare sistema, mescolando
solo in questo siste-
fra loro
ma. a piacere
In realtà consonanze
il numero e dissonanze.
delle consonanze Si provvederà
diverrebbe ancora massimamente
maggiore se si al aggiun-
piacere
se si evitano
gessero anchesuccessioni
le consonanzedi consonanze
dei primi tre troppo dure,
generi, chei cui esponenti
abbiamo cioèinsiano
omesso di
questo
poco più semplici
censimento. Da qui,dello stesso
dunque, esponente
si intuisce del sistema:
la somma varietàcosa che andrà mantenuta
di composizioni che pos-
specialmente
sono in quei sistemi
essere prodotte i cui esponenti
in un unico sonoancor
sistema; una oltremodo composti.
maggior varietà avrà altresì
luogo nei sistemi più composti, che cioè abbiano esponenti più composti, come sa-
rà §facilmente
26. Ora, poiché
chiaro alachi
musica
sviluppidiletta massimamente
i sistemi con stesso
rimanenti allo la varietà,
modo.si deciderà di
cambiare soprattutto le consonanze e di non collocare le più affini in successione;
di§questo tipo una
25. Dopo sonotale
quelle i cui esponenti
enumerazione ed indici non
di consonanze differiscono
e dissonanze fradato
in un lorosistema
se non
per
non lesarà
potenze di due.
difficile Si otterrà
mostrare questo se noninsiquesto
la composizione pongono mai sistema,
stesso tre o più mescolando
consonanze
in
fra successione,
loro a piacereilconsonanze
cui esponente della successione
e dissonanze. differisca
Si provvederà molto dall’esponente
massimamente al piacere
del
se sisistema.
evitanoRichiede
successioniciò di
anche la stessatroppo
consonanze naturadure,
del sistema, se infatticioè
i cui esponenti l’esponente
siano di
poco più semplici dello stesso esponente del sistema: cosa che andrà mantenuta
specialmente in quei sistemi i cui esponenti sono oltremodo composti.

§ 26. Ora, poiché la musica diletta massimamente con la varietà, si deciderà di


cambiare soprattutto le consonanze e di non collocare le più affini in successione;
di questo tipo sono quelle i cui esponenti ed indici non differiscono fra loro se non
per le potenze di due. Si otterrà questo se non si pongono mai tre o più consonanze
230 Leonhard Euler

di tutto il sistema non è contenuto in una qualunque parte della composizione, que-
sta potrebbe facilmente sembrare abbassata in un sistema più semplice.

§ 27. Ciò che qui è stato esposto su una qualsiasi parte della composizione,
dev’essere osservato soprattutto nella prima parte, affinché chi ascolta conosca su-
bito l’esponente dalla prima parte del sistema. Dunque, fin dall’inizio si dovranno
comporre sùbito quelle consonanze, l’esponente delle quali, prese congiuntamente,
riassuma lo stesso esponente del sistema. E questa stessa regola va osservata al
massimo grado anche nell’ultima parte della composizione, affinché proprio dalla
stessa conclusione si capisca da quale sistema sia costituita la composizione.

§ 28. I musicisti odierni osservano con cura anche questa regola ovunque nelle
loro opere, quando stabiliscono le loro clausole finali, in modo tale che da queste si
possa percepire l’esponente di tutto il sistema che hanno usato almeno nell’ultima
parte. Per mostrare più chiaramente ciò, sarà utile considerare la clausola finale nel
sistema sviluppato in precedenza, preparata secondo la regola ammessa, il cui e-
sponente era 25 · 33 · 5 e F = 8, che si riferisce al modo musicale di C maggiore. È
chiaro che, se nella seconda consonanza non fosse presente il suono f', che è la set-
tima rispetto al basso G, gli esponenti di queste tre consonanze successive sarebbe-
ro: 23 · 32 (2 · 3) : 22 · 3 · 5 (32) : 23 · 3 · 5 (2 · 3). L’esponente comune di queste
consonanze, considerate insieme, sarebbe dunque 24 · 32 · 5, poiché tutti gli indici
sono divisibili per 3, che ad ogni modo sarebbe molto più semplice dell’esponente
del sistema 25 · 33 · 5. Perciò, si adatterà convenientemente alla regola data il suono
f', il cui esponente è 25, affinché l’esponente di tutta la clausola produca 25 · 33 · 5,
e l’udito sia appagato attraverso tale clausola dalla qualità e dalla natura comples-
siva del sistema.

§ 29. Peraltro questa licenza dei musicisti potrebbe sembrare troppo audace e
contraria alle regole dell’armonia finora stabilite, poiché l’esponente della sola
consonanza mediana, aggiunto il suono f', diventa 25 · 33 · 5, e si estende fino al
grado 16, cosa che può essere a stento tollerata. Ma oltre al fatto che il suo rapporto
è già stato indicato, poggia sopra un altro fondamento che suole essere osservato
dai musicisti riguardo alle dissonanze e che da noi finora non è ancora stato tocca-
Capitolo XIII - Il metodo di composizione in un modo e sistema dati 231

to. Fin qui infatti abbiamo trattato solamente le consonanze principali, ciascuna
delle quali è considerata per se stessa, quelle meno principali invece non le abbia-
mo ancora accennate.

§ 30. Questa differenza poi ha origine soprattutto dalla natura del tactus, alcune
parti della quale sono ritenute principali, altre meno principali e queste posteriori
sono completate con le consonanze meno principali. Pertanto queste consonanze
possono superare di molti gradi le principali, senza alcuna perdita di armonia, pur-
ché si impieghino con misura: infatti in queste non si valuta né il grado di piacere,
né la concatenazione delle consonanze principali.

§ 31. Questa concatenazione poi si crea fra due suoni delle consonanze principali
interpolando i medi; ad esempio, se tra i suoni g' ed e' viene inserito il suono me-
diano f', e di nuovo lo si congiunge con la consonanza precedente, come si è fatto
anche nell’esempio addotto. Tali innesti di suoni, che non riguardano propriamente
le consonanze avvengono per passaggio [da una all’altra consonanza] e perciò sono
accettati. Inoltre, anche nelle diminuzioni delle note musicali si introducono fre-
quentemente suoni non contenuti nelle consonanze, dai quali tuttavia l’armonia
non risulta compromessa.

§ 32. Sebbene tuttavia il rapporto fra questi suoni abbia come scopo una compo-
sizione legata e florida, tuttavia è opportuno osservare qui incidentalmente che i
suoni inseriti di questo tipo sono contenuti nel sistema e i tactus si devono usare
nei luoghi meno principali. La ragione per cui l’armonia non è turbata da questi
suoni è che sono contenuti nel sistema e l’idea del sistema è da questi rappresentata
all’udito molto più pienamente di quanto accadrebbe per mezzo delle sole conso-
nanze. In realtà, le regole che è opportuno osservare in questa circostanza sono sta-
te abbondantemente esposte dai musicisti.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
La permutazione dei modi e dei sistemi

§ 1. Per quanto la varietà che ha luogo in un unico sistema sia molteplice, tuttavia
se si mantiene troppo a lungo lo stesso sistema, è inevitabile che nasca un fastidio
più che un piacere. Dal momento che, infatti, la musica richiede tanta varietà quan-
to piacere nei suoni e nelle consonanze, l’udito deve cambiare oggetto più spesso.
Come dunque, attraverso la composizione riferita nel capitolo precedente, viene
presentato all’udito l’esponente del sistema, così, quando questo sarà stato suffi-
cientemente percepito, si dovrà passare ad un altro sistema.

§ 2. Questa mutazione può avvenire in più modi: per prima cosa, infatti, un solo
sistema ammette varie mutazioni, rimanendo invariati il modo e la sua specie.
Quindi, la mutazione diventerà più sensibile qualora la trasposizione avvenga in
un’altra specie del modo, o anche in un altro modo; le mutazioni di questo tipo
possono essere ricavate abbondantemente dalla precedente tabella dei modi e dei
sistemi. Inoltre, gli stessi modi, e anche le loro singole specie e sistemi, ammettono
più variazioni non mostrate nella tabella data, che nascono qualora si congiungano
gli indici con gli esponenti, da cui è indotta nella musica la massima varietà.

§ 3. Come infatti si istituisce il confronto di diverse consonanze fra loro non at-
traverso i soli esponenti, ma anche attraverso gli indici, così pure uno stesso modo,
aggiungendo indici diversi assume diverse forme, che non sono state espresse nella
tabella del capitolo precedente, dove l’unità ha sempre il posto degli indici. Qui
dunque, dove abbiamo stabilito di confrontare fra loro i diversi modi e i diversi si-
stemi, e di mostrare le trasposizioni da alcuni in altri, aggiungeremo l’indice
all’esponente di ciascun modo e sistema.

§ 4. Affinché poi si capisca come debba essere la composizione nel sistema il cui
esponente è unito all’indice, inizieremo dagli indici che sono potenze di due; sia
dunque E (2n) l’esponente del sistema per il quale è F = 2m, è chiaro che la compo-
sizione può avvenire attraverso l’esponente E, e dev’essere resa allora più acuta di
n ottave. Ma poiché ciò è soggetto a molti inconvenienti, la composizione sia fatta
nel sistema dell’esponente E per il valore F = 2m-n, che si applicherà ugualmente al
sistema proposto.

§ 5. Se invece l’indice non sarà una potenza di due, ma un qualunque altro nume-
ro p, la composizione nel sistema il cui esponente è E (p) avverrà nel caso in cui
F = 2m, componendo nel sistema dell’esponente E ed elevando, inoltre, i singoli
suoni all’intervallo 1 : p. Poiché, tuttavia, in questo modo si giunge per lo più a
suoni troppo acuti, si prenda la potenza di due più vicina allo stesso p, che è 2k, e si
attui la composizione nel sistema dell’esponente E (2k), secondo il caso precedente;
Capitolo XIV - La permutazione dei modi e dei sistemi 233

ciò fatto, tutta la composizione sia trasposta all’intervallo 2k : p. Con questo ordine,
secondo le regole del precedente capitolo, si potrà formare la composizione musi-
cale in qualsiasi sistema il cui esponente è unito all’indice.

§ 6. Se dunque l’opera musicale consta di più parti, ciascuna delle quali si riferi-
sce ad un proprio sistema, allora prima di tutto si deve considerare l’esponente di
tutta l’opera musicale, che è il minimo comune multiplo di tutti gli esponenti dei
sistemi che si usano. Perciò, da questo esponente assunto a piacere si dedurranno a
vicenda gli stessi sistemi e i loro esponenti, allo stesso modo in cui prima sono stati
derivati gli esponenti delle singole consonanze dall’esponente del sistema.

§ 7. Scelto poi liberamente un esponente in cui sia contenuta l’intera opera musi-
cale da comporre, è necessario che sia determinata, nello stesso tempo, anche la
potenza di due, con la quale si indica il suono F, che deve rimanere invariata in tut-
ti i sistemi. E tuttavia, non per questo motivo in tale opera musicale trovano luogo i
soli sistemi in cui F si indica con la stessa potenza di due, ma oltre a questi, anche
tutti gli altri in cui il valore dello stesso F è minore. Ma ciò accade a causa degli
indici uniti agli esponenti dei sistemi, i quali, se saranno pari, si ricondurranno ai
sistemi in cui le potenze minori di due esprimono il suono F, come si capisce dalla
regola del comporre nei sistemi esposta sopra, i cui esponenti sono uniti agli indici.

§ 8. Prima di definire gli stessi sistemi che sono contenuti nell’esponente


dell’opera musicale, conviene enumerare i modi contenuti in quello stesso espo-
nente. In realtà, non solo si devono considerare gli stessi modi valutati di per sé, in
quanto indicati dagli esponenti, ma anche le singole variazioni dello stesso modo,
che sono indicate attraverso gli indici. Dai modi saranno poi derivate le specie, che
mostrano nello stesso tempo i sistemi per il valore dato dello stesso F, per ciascuno
dei quali si deve costruire la composizione, come si è già spiegato.

§ 9. Inoltre, i modi, se si assumono i più semplici, sono principalmente due, e-


spressi dagli esponenti 2n · 33 · 5 e 2n · 32 · 52; infatti il modo il cui esponente è 2n ·
33 · 52 va considerato composto da questi due. Di questi modi, il primo 2n · 33 · 5 è
chiamato dai musicisti modo maggiore, mentre il successivo 2n · 32 · 52 è chiamato
modo minore, e i musicisti nelle loro opere generalmente usano questi soli. Inoltre,
ciascuno di questi due modi comprende più variazioni, con laggiunta di indici, e
queste variazioni hanno ottenuto da parte dei musicisti denominazioni particolari,
visibili nella tabella qui sotto:

Modi maggiori
n 3 m
2 · 3 · 5 (2 ) Modo di C maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 3) Modo di G maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 5) Modo di E maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 32) Modo di D maggiore
234 Leonhard Euler

2n · 33 · 5 (2m · 3 · 5) Modo di H maggiore


2n · 33 · 5 (2m · 33) Modo di A maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 32 · 5) Modo di Fs maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 34) Modo di E maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 33 · 5) Modo di Cs maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 34 · 5) Modo di Gs maggiore
Modi minori
2n · 32 · 52 (2m) Modo di A minore
n 2 2 m
2 · 3 · 5 (2 · 3) Modo di E minore
2n · 32 · 52 (2m · 32) Modo di H minore
2n · 32 · 52 (2m · 33) Modo di Fs minore
2n · 32 · 52 (2m · 34) Modo di Cs minore
2n · 32 · 52 (2m · 35) Modo di Gs minore

§ 10. Qui abbiamo enumerato solamente le variazioni dei modi che sono conte-
nute nell’esponente 2n · 37 · 52, e abbiamo rilevato che può essere aggiunto a que-
sto, abbastanza comodamente e senza una notevole diminuzione di armonia, il
genere diatonico-cromatico ora entrato nell’uso. Perciò, abbiamo attribuito questi
nomi a codeste variazioni dei modi, perché la maggior parte dei sistemi di ciascuno
di questi modi comprende gli stessi suoni che i musicisti ritengono costituiscano
l’àmbito dei modi nominati. Così, chi consideri la maggior parte dei sistemi del
modo 2n · 33 · 5 (2m) esposti nella tabella, osserverà che è contenuto in questi
l’àmbito del modo di C maggiore, così chiamato dai musicisti, e ugualmente che il
modo 2n · 32 · 52 (2m) concorda con l’àmbito del modo di A minore.

§ 11. Affinché, dunque, sia evidente quale posto trovino nell’opera musicale le
variazioni di ciascuno dei due modi suddetti, consideriamo gli esponenti che pos-
sono essere scelti per esprimere l’intera opera musicale, che già sopra abbiamo
mostrato, i quali non devono superare l’esponente 2n · 37 · 52 del genere diatonico-
cromatico preso in senso più ampio. Così sarà 2n · 33 · 52 l’esponente più semplice,
dal quale possono essere composte le opere musicali, nelle quali sono appunto pre-
senti le variazioni dei modi, e comprende i seguenti quattro modi:

2n · 33 · 5 (2m) Modo di C maggiore


2n · 33 · 5 (2m · 5) Modo di E maggiore
2n · 32 · 52 (2m) Modo di A minore
2n · 32 · 52 (2m · 3) Modo di E minore

Tutte le specie di questi modi e delle loro variazioni avranno invero origine se, al
posto di n e m, si sostituiscono i singoli numeri interi in successione, i quali non
rendano maggiore di k la somma di m + n.
Capitolo XIV - La permutazione dei modi e dei sistemi 235

§ 12. Dunque, nelle opere musicali di questo genere si può già trovare una som-
ma varietà nel permutare tra sé i sistemi, sicché non sembra necessario cercare ope-
re musicali di esponenti più composti. Infatti, oltre al fatto che in questo esponente
è contenuta una sufficiente varietà, il genere diatonico-cromatico accreditato con-
corda benissimo con tutte queste opere, senza alcuna alterazione, non diversamente
da quanto accade nelle opere più composte. La permutazione di questi modi è al-
tresì utilizzata spesso dai musicisti d’oggigiorno, nelle cui opere sono ricorrenti le
modulazioni da E maggiore in E minore, e da questo in C maggiore e A minore e
viceversa.

§ 13. Questo genere di opere musicali, poiché è semplicissimo usarlo, così merita
di essere considerato perfettissimo; segue questo [il genere] il cui esponente è 2k ·
34 · 52, in cui sono comprese tutte le mutazioni di modi e sistemi che sogliono esse-
re usate anche per lo più dai musicisti; cosicché in questo esponente sono contenu-
te all’incirca tutte le opere musicali, se ovviamente sono trasposte nel modo
dovuto. Infatti, chi voglia esaminare le opere musicali secondo questa regola, non
considererà gli stessi modi mutati di per sé, ma la loro reciproca relazione, che con-
fronterà con la reciproca relazione dei modi qui mostrati.

§ 14. Questo esponente 2k · 34 · 52 comprende poi sette variazioni del modo mag-
giore e minore che si susseguono fra loro:

2n · 33 · 5 (2m) Modo di C maggiore


n 3 m
2 · 3 · 5 (2 · 3) Modo di G maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 5) Modo di E maggiore
2n · 33 · 5 (2m · 3 · 5) Modo di H maggiore
2n · 32 · 52 (2m) Modo di A minore
2n · 32 · 52 (2m · 3 · 5) Modo di E minore
2n · 32 · 52 (2m · 32) Modo di H minore

Chi ora consideri quanta abbondanza di specie e sistemi sia contenuta in questi
modi, non solo ammirerà la somma varietà in questo genere, ma riconoscerà anche
che le altre mutazioni dei modi non sono usate neppure dai musicisti, pertanto sa-
rebbe superfluo prendere in considerazione esponenti più composti.

§ 15. Ora, enumerati i vari modi e sistemi che è lecito usare nel comporre
un’intera opera musicale, bisogna spiegare quali modi si mutino facilmente fra lo-
ro, e come debba avvenire il passaggio da uno all’altro. Come, infatti, in uno stesso
modo non è lecito congiungere assieme fra loro tutte le consonanze ad esso perti-
nenti, ma soltanto quelle che gli sono affini e che producono successioni gradite,
così allo stesso modo il passaggio dei diversi modi fra loro in una composizione
dev’essere gradito.
204
236 Leonhard Euler

204
§ 16. Da ciò si comprende che è necessario confrontare due modi che si susse-
guono reciprocamente, in modo tale che abbiano in comune fra loro una o più con-
sonanze.
§ 16. Da Infatti,
ciò siquando
comprendesi giunge che èadnecessario una consonanza confrontare che èdue comune
modi ad cheentrambi
si susse-i
204
modi,
guono reciprocamente, in modo tale che abbiano in comune fra loro una o più con-e
allora si potrà terminare facilmente il primo modo e iniziare il successivo,
così facendo
sonanze. nonquando
Infatti, si sentiràsi alcun
giungesalto ad una o vuoto consonanza intollerabile. che è Inoltre,
comuneilad nuovo modoi
entrambi
può iniziare anche da una pausa interposta,
modi, allora si potrà terminare facilmente il primo modo e iniziare il successivo, e o da una parte principale terminata
§ 16. Da ciò si infatti
dell’opera; comprende che è necessario confrontareil postodue modi che si susse-
così facendoallora
204 non si sentirà si pensa
alcun che saltolaopausa vuotocolmi intollerabile. della consonanza
Inoltre, il nuovo modo ordi-
guono
naria. reciprocamente, in modo tale che abbiano in comune fra loro una o più con-
può iniziare anche da una pausa interposta, o da una parte principale terminata
sonanze. Infatti, quando si giunge ad una consonanza che è comune ad entrambi i
dell’opera; allora infatti si pensa che la pausa colmi il posto della consonanza ordi-
modi, allora si potrà terminare facilmente sono il primo modo e iniziare il successivo, e
§ 17.
naria.16. Poiché
Da ciò dunque dai musicisti
si comprende che è necessario soprattutto confrontare ammesse due le triadi
modi chearmoniche
si susse-
204
così facendo
contenute non si sentirà
nell’esponente nalcun 3 salto o vuoto intollerabile. Inoltre, il nuovo modo
guono reciprocamente, in2modo · 3 ·tale 5, nella che abbiano cui successione in comune consistono
fra loro unale opere
o piùmusi-
con-
può
cali, iniziare
si
sonanze. deve anche
Infatti, da una
considerare
quando quali
si pausa
giunge modi interposta,
ad abbiano una in ocomune
consonanza da unache parte
le principale
consonanze
è comune addi terminata
questo
entrambi ti-i
§ 17. Poiché dunque dai musicisti sono soprattutto ammesse le triadi armoniche
dell’opera;
po,
modi,e quali
allora allora
meno,
si infatti
potràaffinchési pensa
terminare nsi capisca3 che la
facilmente verso pausa il qualicolmi
primo modiil posto
modo possa
e della consonanza
avvenire
iniziare il il ordi-e
passaggio
successivo,
contenute
§ 16. Danell’esponente
ciò si comprende 2 · 3che · 5,è nella necessario cui successione confrontare consistono
due modileche opere musi-
si susse-
naria.
da
cosìunfacendo
modo dato. Trascureremo tuttavia, per in brevità, in lequesta disquisizione le po-
guono reciprocamente, in modo tale che abbiano in comune fra loro una o piùmodo
cali, si deve non si sentirà
considerare quali alcun modi salto abbiano o vuoto intollerabile.
comune Inoltre,
consonanze il nuovo
di questo ti-
con-
tenze
può
po, e di
qualidue,
iniziare sia
anche
meno, negli
da esponenti
una
affinché sipausacapisca sia negli
interposta,verso indici,
quali o perché
da modiuna da essi
parte
possa sono
principale
avvenire variate
il solo
terminata
passaggio le
sonanze.
§ 17. PoichéInfatti,dunque
quandodai si giunge
musicisti adsono una consonanzasoprattutto che è comune
ammesse ad armoniche
le consonanza
triadi entrambi i
specie.
dell’opera;
da un modo allora
dato. infatti si
Trascureremo pensa che
tuttavia, per la pausa colmi
brevità, il posto
in questa della
disquisizione ordi-
le po-e
modi,
contenuteallora si potrà
nell’esponenteterminare
2n · 3che 3facilmente
· 5,è nella cuiil primo
successione modo e iniziare
consistono il successivo,
§ 16.
naria.
tenze di Da ciò
due, siasinegli
comprende
esponenti sia necessario
negli indici, confrontare
perché da essi modile
due sono opere
che
variate
musi-
si solo
susse-
le
così facendo
cali, si deve non si sentirà
considerare quali alcun 3 salto
modi m o vuoto
abbiano in intollerabile.
comune le Inoltre, il nuovo
consonanze di modo
questo ti-
guono reciprocamente, in modo
specie. 2 · 3 ·tale
n
5 (2 che ) Modo abbiano di C maggiore in comune fra loro una o più con-
può einiziare
po, quali ancheaffinché
meno, da una sipausa capisca interposta,verso quali o da modiunapossa parte avvenire
principale terminata
sonanze.
§ 17. Infatti,
Poiché quandodai
dunque si giunge
musicisti adsono
Triadi una consonanza
soprattutto
armoniche che è comune
ammesse adilarmoniche
le consonanza
triadi passaggio
entrambi i
dell’opera;
da un modo allora
dato. infatti si pensa
Trascureremo n 3 che
tuttavia, la pausa per colmi ilin
brevità, posto
questadella
disquisizione leordi-
po-
modi,
contenute
§ 16. allora
Da si potrà
nell’esponenteterminare
22 ·· 333che
n facilmente
· 5·· 55,
3
è(2nella
m
· 5cui il primo
(3)di:successione modo
2 e iniziare
consistono il
modile successivo,
opere musi- e
naria.
tenze
così
cali, due,ciò
facendo
deve siasinegli
sidireciprocamente,
non
comprende
esponenti
si sentirà
considerare quali alcun sia(1)
salto
necessario
: )3Modo
negli o vuoto indici, 3Cconfrontare
· maggiore
5 (3 )
perché
intollerabile. da due sono
essi
Inoltre,
che
variate
iluna
nuovo
si solo
susse-
modo le
guono in nmodo 3 modi tale m abbiano
che abbiano in comunein comune le consonanze
fra loro di oquesto
più ti-
con-
specie. 2 · 3 · 5 Triadi (2 · 3) armoniche Modo di G maggiore
può
po, iniziare anche da una pausa interposta, o da unache parte principale terminatai
§ e17.
sonanze.quali meno,
Infatti,
Poiché affinché
quando
dunque daisi si giunge capisca
musicisti
3 · 5 Triadi (1)ad:sono verso
3una
quali
consonanza
soprattutto
·armoniche
5 (3)
modi
: 3 · 5 (32) ammesse
possa avvenire
è comune
le triadi adilarmoniche
passaggio
entrambi
dell’opera;
da un modo allora
dato. infatti si
Trascureremo pensa che
tuttavia, la pausaper colmi
brevità, il posto
in questa della consonanza
disquisizione ordi-
modi,
contenuteallora si potrà
nell’esponente 22n2n·n·3·3333·33facilmente
terminare 5·· 5(3)
5,(2
(2 mnella
:m· 3)3)Modo· 5Modo (3il2)di
cui primo
successione
:di3CG modo
·maggiore 3
5maggiore
(3 ) e iniziare
consistono opere le
illesuccessivo, po-e
musi-
naria.
tenze
così di due,
facendo sia
non negli
si esponenti
sentirà alcun sia
salto negli o indici,
vuoto perché
intollerabile. da essi sono
Inoltre, ilvariate
nuovo solo
modo le
cali, si deve considerare quali modi
2n · 33 · 5 Triadi
abbiano
(2m · 5) armoniche
in comune le consonanze di questo ti-
Modo di E Maggiore
specie.
può einiziare
po, quali meno,ancheaffinché
da una sipausa capisca interposta,verso 2quali o da modiuna parte avvenire
possa principale terminata
il passaggio
§ 17. Poiché
dell’opera; dunque dai musicisti
33 ·· 55 Triadi (1) ::sono
(3) 33 ··armoniche
55 (3 soprattutto
(3) ) :: 33 ·· 55 (3
colmi(3il))in
23
ammesse le consonanza
triadi armoniche
da un modoallora dato. infatti si pensa
Trascureremo n che
3 tuttavia, la pausaper brevità, posto
questadella
disquisizione leordi-
po-
contenute nell’esponente 22n23·n··3· 5333·3(5) · 5(2
5, 3mnella
: (2 m
· )53)
5)Modo(3Modocui5)di:successione
·indici, 3C·E (32 · 5)daconsistono
5Maggiore le opere musi-
naria. di due,
tenze sia negli esponenti5· sia negli di Gmaggiore
maggiore
perché essi sono variate solo le
cali, si deve considerare2nquali modi
· 33 · 5 (2Triadi m abbiano in comune le consonanze di questo ti-
· 3 · 5) armoniche
Modo di H maggiore
specie.
po,§ e17.
quali meno, affinché
Poiché dunque dai 3musicisti si capisca verso quali modi possa avvenire
le triadiilarmoniche
passaggio
· 55 Triadi
· 353 ·(5) : 3 ::·sono
(3)
(1) 353 ·(3 55 ·(3soprattutto
5)2) :: 33 ·· 55 (3
·armoniche
(3) (323))·ammesse
5)
da un modo dato. Trascureremo n
contenute nell’esponente2n232·n2·3·n5·33· (3 3 tuttavia, per brevità, in questa disquisizione le po-
tenze di due, sia negli esponenti ·3
3 3 · 5,
35· ·5(2
·5)sia
m mnella
5(2 :· 33m· )·3)
(2 negli · 5Modo
5) (3cui
5)Modo 2
Modo
indici,disuccessione
· 5) diC:di3E
Gmaggiore
H (33 · 5)consistono le opere musi-
·Maggiore
5maggiore
maggiore
cali, si deve considerare quali modi
2n · 32 ·Triadi
abbiano
52 (2m) armoniche
in comune da
Modo di A minore
perché essi sono variate
le consonanze solo ti-
di questo le
specie.
po, e quali meno, affinché si capisca verso2 2quali modi 23 3 possa avvenire il passaggio
3 ·35· 3(3 53 ·(5)
· ·555) (1)
: :33::· 3·535·(3
Triadi
(3) ·armoniche
5 ·(3
5(3 (3)
5)· )5)
:: 33: ·3· 55· (3
5(3(3))· 5)
· 5)
da un modo dato. Trascureremo n n nn3 3 32 m2m m m
tuttavia, per brevità, in questa disquisizione le po-
tenze di due, sia negli esponenti232·2523· 3(1)
· ·335· :5(2
·3·sia5·(2
5(2 5· (2
3·(3)
negli)3) )5):Modo
· Modo
5) 3Modo
· 5di(5)
indici, diCdiEG
A:maggiore
H3Maggiore
·maggiore
5 (3 ·da
maggiore
minore
perché 5) essi sono variate solo le
n 2 2
specie. 2 · 3 · 5 Triadi
(2 m
· 3 armoniche
· 5) Modo di E minore
2 2 23 3
3(3
53 ·(5)
33· ·355·(1) ·:·5535)
(3)
:· :353::·(3)
Triadi
(1) 3·535·(3
:5(3
53·(3
·armoniche·5)5)
·5)
(3) : 33: ·3·:553· (3
:(5) 5(3 ))·(35)
· 5(3 · ·5)5)
·23·n3n33·2·3:3·353·3525(2
3 2· 2n52n·n2(3) ·2·5(2 mm
2m
5m(2
(3 32· ))3)
· (2 m
3·:Modo
5) ·3Modo
)5) ·Modo
5)5Modo
(3 ·Cdi
didi5)
E
G 5 (32 · 5)
:Maggiore
Adi
H 3Emaggiore
·minore
maggiore
maggiore
minore
2n · 32 · 52Triadi (2m · 3armoniche 2
) Modo di H minore
2 2 2 23 3 2
3 ·353· (3) 53: 3·(5)
·355·(1)
3(3 ·:·55·35) (1)
Triadi
5(3) :353::·(3)
:· (3 )3·53:5·(3
·3armoniche
53··(3
:5(3 (3)
5·5) :(5)
)5)
·5(3 : 3·3:5)
·3·:553·: (3
53(3 · ))5·(35)
· 5(3 (3 5)· 5)
· ·5)
·nn·23·2·3n3)332·3:2·353··525(2
3 · 252n22n(3 2m
5m(2
5·2·25(2 mm3 m 2
(3 3· )·3)
· (2 5) ·3Modo
3·:3)5))5) 2
(3di
·Modo
5Modo
Modo G
·di
5)
E
di
AdiH · 5 (33 · 5)
maggiore
:Emaggiore
3minore
Maggiore
H
minore
minore
Triadi armoniche
2 2 2 23 3
33· ·5353(3·3525)·(1)
· (3) 3(3
5: 3·(5)
:·5·35)
5(3) :353:23·(3)
:· (3 )3·5:5·(3
3:5(3
3··(3 )5)
·5(3
5·5) : 3·3:·5)
:(5) ·:553·: :(3
·35) 53(3 · ·)5·(3
·35(3 ·(3
55)
(3 23
·5)
5)· ·5)5)
22n22n·nn·23··3n3332·32·35··525(2 2m
5m(2
52·2(2 mm m 2
3· ·5)
· (2 ·Modo
3· 3)5) didi
)5)Modo
Modo
Modo E Maggiore
AdiH
di minore
HEmaggiore
minore
minore
Triadi armoniche
2 3
33· ·5353(3·3525)·(1)
· (3) 5: 3(5)
(3 :··35) :35323·(3)
5:· (3 )·5:5(3 3··25·5)
3:(3 ·5(3
5) 2
:(5)
3·:·5)
·35)
:53·: :(3 · ·5·(3
53·35(3 55) 23
·5)
·(3
(3 5)· ·5)5)
22n2n·n·23·3n332·2·35·52(2 5m(2
52·2(2 2mm m 2
· (2
3· ·3· 3)5)
)5)Modo
·Modo didi
Modo
Modo AdiH
di Emaggiore
minore
minore
H minore
Triadi armoniche
2 23 2 2 3 23
Capitolo XIV - La permutazione dei modi e dei sistemi 237

§ 18. Confrontati questi modi fra loro, in primo luogo sarà chiaro che è facile
passare dal modo di C maggiore al modo di G maggiore, e viceversa, dal momento
che hanno due triadi comuni e cioè 3 · 5 (3) e 3 · 5 (32); in secondo luogo, che non
si dà il passaggio dal modo di C maggiore, né al modo di E maggiore, né a quello
di H maggiore, e viceversa, poiché non vi è nessuna consonanza comune. In terzo
luogo, sarà facile pure il passaggio dal modo di C maggiore a quello di A minore,
perché le due consonanze 3 · 5 (1) e 3 · 5 (3) sono comuni all’uno e all’altro. In
quarto luogo, sarà ugualmente facile il passaggio dal modo di C maggiore a quello
di E minore, perché anche le due triadi 3 · 5 (3) e 3 · 5 (32) sono comuni agli stessi.
In quinto luogo, si capisce che il passaggio dal modo di C maggiore a quello di H
minore è più difficile, in quanto fra loro vi è soltanto un’unica consonanza comune,
appunto 3 · 5 (32).

§ 19. Similmente, per quanto riguarda il modo di G maggiore, in primo luogo si


vede che da esso non è dato passare né al modo di E maggiore, né a quello di H
maggiore, non essendoci nessuna consonanza comune. In secondo luogo, si vede
che è difficile il passaggio dal modo di G maggiore ad A minore, a causa dell’unica
consonanza 3 · 5 (3) comune ad entrambi. In terzo luogo, sarà facile il passaggio
dal modo di G maggiore ad E ed H minori, grazie alle due consonanze comuni ad
entrambi. Poi, il modo di E maggiore ha un passaggio facile al modo di H maggio-
re, e ugualmente pure ai modi di A ed E minori, perché ovunque due consonanze
sono comuni: sarà invece difficile il passaggio dal modo di E maggiore al modo di
H minore a causa di un’unica consonanza comune.

§ 20. Tuttavia, dal modo di H maggiore è assai difficile il passaggio al modo di


A minore, sia per un’unica consonanza comune, sia per i sistemi troppo diversi, la
cui causa sarà spiegata più diffusamente fra poco. Ma si passerà più facilmente ai
modi di E ed H minore dal modo di H maggiore, grazie a due consonanze comuni.
Inoltre, è facile il passaggio dal modo di A minore a E minore, nullo invece al mo-
do di H minore; infine, si avrà un passaggio facile dal modo di E minore a H mino-
re. Ma tutte queste cose sono presentate in un unico prospetto in questa tabella:

C magg G magg E magg H magg A min E min. H min.


C magg ——— facile nullo nullo facile facile difficile
G magg facile ——— nullo nullo difficile facile facile
E magg nullo nullo ——— facile facile facile difficile
H magg nullo nullo facile ——— difficile facile facile
A min facile difficile facile difficile ——— facile nullo
E min facile facile facile facile facile ——— facile
H min difficile facile difficile facile nullo facile ———
238 Leonhard Euler

È dunque evidente che il passaggio dal modo di E minore a tutti gli altri modi è
facile.

§ 21. Da qui, tuttavia, si capisce soltanto quante variazioni dello stesso genere di
consonanze abbiano in comune due modi, da cui anche si può formare un giudizio
abbastanza sicuro circa il passaggio da un modo ad un altro. In realtà, se dovesse
accadere che due modi, pur avendo generi di consonanze comuni, tuttavia non
ammettano specie comuni, in quel caso il giudizio precedente dovrà cadere. Perciò,
si devono considerare non solo i modi in generale, come abbiamo fatto qui, ma an-
che le loro specie e sistemi, affinché sia chiaro se in essi abbiano luogo le stesse
consonanze. Soltanto dopo aver fatto ciò, si concluda quali passaggi siano ammessi
e come.

§ 22. Chi si degnerà di accostare tutte queste cose al metodo di composizione e


alle opere dei musicisti odierni, riconoscerà un accordo tanto maggiore, quanto più
interessa investirà nel paragone. Perciò, non dubito che la nostra teoria musicale
offrirà agli artisti esperti un’occasione per elevare questa scienza al maggiore gra-
do di perfezione, con l’aiuto di una teoria vera ed ancora ignorata.

FINE
Bibliografia
I. LETTERATURA PRIMARIA

1) TENTAMEN NOVAE THEORIAE MUSICAE


EULER LEONHARD, Tentamen novae theoriae musicae, Petropoli, Ex Typographia Academiae
Scientiarum, 1739;
EULER LEONHARD, Tentamen novae theoriae musicae, edizione in facsimile in «Monuments of
Music and Music Literature in facsimile», Second series-Music Literature XC, New York,
Broude Brothers, 1968;
EULER LEONHARD, Tentamen novae theoriae musicae, edizione moderna in «Leonhardi Euleri
Opera Omnia», Series tertia, Volumen primum, Lipsiae et Berolini typis et in aedibus B. G.
Teubneri, 1926, pp. 197-427.

2) ALTRI SCRITTI MUSICALI DI LEONHARD EULER


EULER LEONHARD, Dissertatio physica de sono, Basileae, 1727, in «Leonhardi Euleri Opera
Omnia», Series tertia, Volumen primum, Lipsiae et Berolini typis et in aedibus B. G. Teubneri,
1926, pp. 181-196;
EULER LEONHARD, Tentamen explicationis phaenomenorum aeris, Petropoli, 1729, in «Leonhar-
di Euleri Opera Omnia», Series secunda, Volumen trigesimum primum, Basileae, Birkhäuser,
1994, pp. 1-17;
EULER LEONHARD, Conjectura physica circa propagationem soni ac luminis, Berolini, 1750, in
«Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series tertia, Volumen quintum, Basileae, Birkhäuser, 1963,
pp. 113-124;
EULER LEONHARD, Lettres à une Princesse d’Allemagne sur divers sujets de Physique et de Phi-
losophie, 3 voll., Berlin, 1768-72, in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series tertia, Volumen
undecimum, Volumen duodecimum, Turici, O. Füssli, 1960,pp. 1-312; traduzione italiana Lette-
re ad una principessa tedesca, a cura di Gianfranco Cantelli, Torino, Boringhieri, 1958;
[EULER LEONHARD], Lettere ad una Principessa d’Alemagna Sopra diversi soggetti di Fisica e di
Filosofia scritte da Mr Eulero e tradotte dal franzese con aggiunta di note dall’abate Oronzo
Carnevale, 3 voll., Napoli, Fratelli Terres, 1787;
EULER LEONHARD, Conjecture sur la raison de quelques dissonances, Berlin, 1766, in «Leonhar-
di Euleri Opera Omnia», Series tertia, Volumen primum, Lipsiae et Berolini typis et in aedibus
B. G. Teubneri, 1926, pp. 508-515;
EULER LEONHARD, Du véritable caractère de la musique moderne, Berlin, 1766, in «Leonhardi
Euleri Opera Omnia», Series tertia, Volumen primum, Lipsiae et Berolini typis et in aedibus B.
G. Teubneri, 1926, pp. 516-539;
EULER LEONHARD, Sur le mouvement d’une corde qui, au commencement, n’a été ébranlée que
dans une partie, Berlin, 1767, in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series secunda, Volumen
decimum, Turici, Lipsiae, O. Füssli, 1947, pp. 426-451.

3) LETTERE E FONTI MANOSCRITTE


Commercium epistolicum, in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series quarta A, Volumen se-
cundum,Basileae, Birkhäuser, 1998;
Commercium epistolicum, in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series quarta A, Volumen quin-
tum,Basileae, Birkhäuser, 1980;
EULER LEONHARD, [Esame del Trattato di Giuseppe Tartini], Padova, Archivio Musicale della
Cappella Antoniana, Ms. D. VI. 1894, cc. 16a-16e;
EULER LEONHARD, Letter to J. Ph. Rameau, Berlin, 1752, in «Complete Theoretical Writings»,
edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. V, pp. 147-48;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Letter to Johann II Bernoulli, Paris, 1750, in «Complete Theoretical
Writings», edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. VI, pp. 195-
196;
240 Bibliografia

RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Letter to the Swiss mathematician Leonhard Euler, Paris, 1752, in
«Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology,
1967-72, vol. V, p. 146;
TARTINI GIUSEPPE, [Risposta all’esame di Eulero], Padova, Archivio Musicale della Cappella
Antoniana, Ms. D. VI. 1894, cc. 17a-17f;
TOALDO GIUSEPPE, [Lettera al padre F. A. Vallotti], Padova, Archivio Musicale della Cappella
Antoniana, Ms. D. VI. 1894, c. 15.

4) SCRITTI MUSICALI DI ALTRI AUTORI


BACH CARL PHILIPP EMANUEL, Versuch über die wahre Art, das Clavier zu spielen, Berlin, Hen-
ning, 1753; traduzione italiana Carl Philipp Emanuel Bach, Saggio di metodo per la tastiera, a
cura di Gabriella Gentili Verona, Milano, Edizioni Curci, 1973, sesta edizione, 1991;
BACH CARL PHILIPP EMANUEL, Versuch über die wahre Art, das Clavier zu spielen, zweiter theil,
Berlin, Winter, 1762; traduzione italiana Carl Philipp Emanuel Bach, Saggio di metodo per la
tastiera, seconda parte, a cura di Gabriella Gentili Verona, Milano, Edizioni Curci, 1993;
GASPARINI FRANCESCO, L’Armonico pratico al Cimbalo, Venezia, Bortoli, 1708; ristampa ana-
statica, introduzione di Luigi Ferdinando Tagliavini, «Bibliotheca Musica Bononiensis», collana
diretta da Giuseppe Vecchi, sezione IV, n. 90, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 2001;
MATTHESON JOHANN, Große General-Baß-Schule, Hamburg, Kißner, 1731; facsimile Hildesheim,
Zürich, New York, Georg Olms Verlag, 2006;
MOZART LEOPOLD, Versuch einer gründlichen Violinschule,Ausburg, Johann Jakob Lotter und
Sohn, 1787; traduzione italiana Leopold Mozart, Scuola di violino, a cura di Giovanni Pacor e
Gloria Giliberti, Gaeta, Edizioni Geroglifico, 1991;
QUANTZ JOHANN JOACHIM, Versuch einer Anweisung, die Flöte traversiere zu spielen, Berlin,
Voß, 1752; traduzione italiana Johann Joachim Quantz, Saggio di un metodo per suonare il flau-
to traverso, a cura di Luca Ripanti, Milano, Rugginenti editore, 1992;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, Paris, Ballard,
1722; ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American
Institute of Musicology, 1967-72, vol. I;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Nouveau système de musique théorique où l’on découvre le Principe de
toutes les Règles nécessaires à la Pratique. Pour servir d’Introduction au Traité de l’Harmonie,
Paris, Ballard, 1726; ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R.
Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. II;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Génération harmonique, ou traité de musique théorique et pratique,
Paris, Prault, 1737; ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings», edited by E. R. Ja-
cobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. III, pp. 1-150;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Démonstration du principe de l’harmonie, servant de base à tout l’art
musical théorique et pratique, Paris, Durand-Pissot, 1750; ristampa anastatica in «Complete
Theoretical Writings», edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol.
III, p. 174;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Nouvelles Réflexions de M. Rameau sur sa Démonstration du principe
de l’harmonie, Paris, Durand-Pissot, 1752; ristampa anastatica in «Complete Theoretical
Writings», edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. V, pp. 96-
142; traduzione italiana Nuove Riflessioni di Mr. Rameau sopra la sua Dimostrazione del Prin-
cipio dell’Armonia, Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, Ms. K. 70;
RAMEAU JEAN-PHILIPPE, Extrait d’une réponse de M. Rameau à M. Euler, sur l’identité des oc-
taves, Paris, Mercure de France, 1752; ristampa anastatica in «Complete Theoretical Writings»,
edited by E. R. Jacobi, American Institute of Musicology, 1967-72, vol. V, pp. 165-188; tradu-
zione italiana Risposta di Mons. Rameau a M. Eulero sopra l’identita (sic) delle Ottave, Bolo-
gna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, Ms. K. 66;
RICCATI GIORDANO, Saggio sopra le leggi del contrappunto, Castelfranco, Giulio Trento, 1762;
Bibliografia 241

RICCATI GIORDANO, Le leggi del contrappunto dedotte dai Fenomeni e confermate dal razioci-
nio, Udine, Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi”, Ms. 1026-I, cc. 20-21;
TARTINI GIUSEPPE, Trattato di Musica secondo la vera scienza dell’Armonia, Stamperia del Se-
minario di Giovanni Manfré, Padova, 1754; edizione in facsimile in «Monuments of Music and
Music Literature in facsimile», Second series-Music Literature VIII, New York, Broude Bro-
thers, 1966;
TARTINI GIUSEPPE, Trattato di Musica secondo la vera scienza dell’Armonia, Stamperia del Semina-
rio di Giovanni Manfré, Padova, 1754; edizione moderna a cura di Enrica Bojan, «Poetica», Palermo,
Novecento, 1996;
TARTINI GIUSEPPE, De’ Principj dell’Armonia musicale, Padova, Stamperia del Seminario, 1767;
edizione in facsimile in «Monuments of Music and Music Literature in facsimile», Second se-
ries-Music Literature LXIV, New York, Broude Brothers, 1967;
TARTINI GIUSEPPE, Scienza platonica fondata nel cerchio; edizione moderna a cura di Anna To-
deschini Cavalla, Padova, CEDAM, 1977;
VALLOTTI FRANCESCO ANTONIO, Della scienza teorica e pratica della moderna musica, Padova,
Manfrè, 1779; edizione moderna Padova, Il messaggero di S. Antonio, Basilica del Santo, 1950.

5) ALTRE FONTI MUSICALI


DESCARTES RENE, Compendium Musicae, Utrecht, 1650; edizione moderna Abregé de musique,
Édition nouvelle, traduction, présentation et notes par Frédéric de Buzon, Paris, Presses Univer-
sitaires de France, 1987;
DESCARTES RENÉ, Compendium Musicae, Utrecht, 1650; traduzione italiana Cartesio, Breviario
di musica, a cura di Luisa Zanoncelli, Firenze, Passigli Editori, 1990;
DIDEROT DENISE, Principes généraux d’acoustique, in Memoires sur différents sujets de mathé-
matiques, Paris, 1748, in «Œuvres complètes», vol. II, a cura di J. Mayer, Paris, Hermann, 1975,
pp. 235-281; traduzione italiana Denise Diderot, Princìpi generali di acustica, a cura di Alessan-
dro Arbo, in «Rivista di estetica», 9, 1998, pp. 71-85;
LEIBNIZ GOTTFRIED WILHELM, Epistolae ad diversos, a cura di C. Kortholt, Lepzig, Breitkopf &
Härtel, 1738-1742;
LEIBNIZ GOTTFRIED WILHELM, Princìpi della natura e della grazia fondati in ragione, 1718, in
«Saggi filosofici e lettere» a cura di V. Mathieu, Bari, Laterza, 1963;
PTOLEMAEUS CLAUDIUS, Harmonicorum libri tres, nunc primum Graece editus, Oxonii, Johannes
Wallis edidit, 1682;
SAUVER JOSEPH, Système général des intervalles des sons et son application à tous les systèmes
et à tous les instruments de musique, Mémoires de Paris, 1701;
AA.VV., Aristoxeni musici antiquissimi, Harmonicorum elementorum libri tres; Cl Ptolemaei Harmo-
nicorum, seu De musica libri tres; Aristotelis De obiecto auditus, sive audibilibus; Porphyrij de decem
praedicamentis liber, seu potius pars libri de Praedicabilibus; Omnia nunc primum Latine conscripta
& edita ab. Ant. Gogauino Grauiensi, Venetijs, apud Vincentium Valgrisium, 1562.

6) SITI INTERNET
THE EULER ARCHIVE (www.math.dartmouth.edu/~euler/)

II. LETTERATURA SECONDARIA

1) OPERE GENERALI E STRUMENTI BIBLIOGRAFICI


DIZIONARIO ENCICLOPEDICO UNIVERSALE DELLA MUSICA E DEI MUSICISTI, Torino, UTET, 1985,
voci: Barca Alessandro, Calegari Francesco Antonio, Eulero Leonardo, Martini Giovanni Batti-
sta, Riccati Giordano, Tartini Giuseppe, Vallotti Francesco Antonio;
LEXICON TOTIUS LATINITATIS, ab Aegidio Forcellini, lucubratum deinde a Iosepho Furlanetto,
emendatum et auctum nunc vero curantibus Francisco Corradini et Iosepho Perin emendatius et
auctius melioremque in formam redactum,Patavii, Arnaldus Forni excudebat Bononiae Grego-
riana edente, 1965;
242 Bibliografia

NEW GROVE DICTIONARY OF MUSIC AND MUSICIANS, second edition, edited by Stanley Sadie,
Macmillan Publishers limited, 2001, voci: Barca Alessandro, bandora, bandura, Calegari Fran-
cesco Antonio, Euler Leonhard, lira, lira organizzata, mandora, Martini Giovanni Battista, pan-
dura, Riccati Giordano, Tartini Giuseppe, the age of Euler, Vallotti Francesco Antonio.

2) ARTICOLI E SAGGI
AROUET FRANÇOIS-MARIE, detto VOLTAIRE, Dictionnaire philosophique, Genève, 1764; tradu-
zione italiana Voltaire, Dizionario filosofico, a cura di Maurizio Enoch sul testo critico stabilito
da Raymond Naves, Roma, Grandi Tascabili Economici Newton, 1991;
BAILHACHE PATRICE, Une histoire de l’acoustique musicale, Paris, CNRS, 2001;
BAILHACHE PATRICE, Leibniz et la théorie de la musique, Paris, Klincksieck, «Domaine musico-
logique», 1992;
BARBIERI PATRIZIO, Calegari, Vallotti, Riccati e le teorie armoniche di Rameau: priorità, con-
cordanze, contrasti, in «Rivista italiana di musicologia», XXVI-2, 1991, pp. 241-302;
BARBIERI PATRIZIO, Il sistema armonico di Tartini nelle «censure» di due celebri fisico-
matematici: Eulero e Riccati, in Tartini, il tempo e le opere, a cura di Andrea Bombi e Maria
Nevilla Massaro, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 321-343;
BARBIERI PATRIZIO, Martini e gli armonisti ‘fisico-matematici’: Tartini, Rameau, Riccati, Vallot-
ti, in Pompilio Angelo (a cura di), Padre Martini musica e cultura nel Settecento europeo, Firen-
ze, Leo S. Olschki Editore, 1987, pp. 173-205;
BARBIERI PATRIZIO, Acustica, accordatura e temperamento nell’Illuminismo veneto; con scritti
inediti di Alessandro Barca, Giordano Riccati e altri autori, Roma, Torre d’Orfeo, 1987;
BARBIERI PATRIZIO, Tartinis Dritter Ton und Eulers Harmonische Exponenten. Mit einem un-
veröffentlichten Manuskript Tartinis, in «Musiktheorie», VII-3, 1992, pp. 219-234;
BARBIERI PATRIZIO, Gli armonisti padovani del Santo nel Settecento, in Sergio Durante, Pierluigi
Petrobelli (a cura di), Storia della musica al Santo di Padova, Vicenza, Neri Pozza Editore,
1990;
BELLINA ANNA LAURA, Tartini e i princìpi dell’armonia. Sette lettere inedite, in «Miscellanea di
studi in onore di Marco Pegoraro» a cura di Bianca Maria Da Rif e Claudio Griggio, I: da Dante
al Manzoni, L. S. Olschki, Firenze, 1991, pp. 295-303;
BELLISSIMA FABIO, L’aritmetica nella teoria della musica di Gaffurio, in Franchino Gaffurio,
Theorica Musicae, introduzione di Ilde Illuminati e Cesarino Ruini, traduzione italiana e com-
mento di Ilde Illuminati, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini,
2005;
BOZZOLATO GIAMPIERO, Giuseppe Toaldo: uno scienziato europeo nel Settecento veneto, Brugi-
ne, Edizioni 1+1, 1984;
BUSCH HERMANN RICHARD, Leonhard Euler’s Beitrag zur Musiktheorie, Kölner Beiträge zur
Musikforschung 58, Regensburg, Gustav Bosse Verlag, 1970;
CARBONI DOMENICO, Alla corte imperiale di Pietroburgo: fortuna delle opere di Baldassare Ga-
luppi in Russia, in Maria Teresa Muraro, Franco Rossi (a cura di), Galuppiana 1985, studi e ri-
cerche, «Atti del convegno internazionale», Venezia, 28-30 ottobre 1985, Firenze, Leo S.
Olschki, 1986, pp. 113-126;
CHAILLEY JACQUES, Rameau et «la théorie musicale», in «Revue Musicale», n. 260, 1964;
CHRISTENSEN THOMAS, Rameau and musical thought in the Enlightenment, Cambridge, Cam-
bridge University Press, 1993;
DE BROSSES CHARLES, Lettres familières écrites d’Italie en 1739 et 1740, Sérieys, 1799; tradu-
zione italiana Charles De Brosses, Viaggio in Italia, a cura di Bruno Schacherl, Bari, Laterza,
1992;
DE PIERO ALVISE (a cura di), Notizie intorno alla vita del conte Giordano Riccati, Venezia, Fon-
dazione Scuola di San Giorgio, 2011;
DE PIERO ALVISE, Della maniera di perfezionare la musica: due lettere di Giordano Riccati a
Giovenale Sacchi sui duetti da camera di Handel e di Bononcini, in Davide Bonsi (a cura di),
Giordano Riccati. Illuminista veneto ed europeo, «Atti del convegno internazionale di studi»,
Bibliografia 243

Venezia, 6-8 ottobre 2010, «Studi di Musica Veneta» 30, Firenze, Leo S. Olschki, 2012;
DEL FRA LUCA (a cura di), Commercio di Lettere intorno ai Principj dell’Armonia fra il Signor
Giuseppe Tartini; ed il Co. Giordano Riccati, «Musicalia» 7, Lucca, LIM, 2007;
D’IPPOLITO BIANCA MARIA, MONTANO ANIELLO, PIRO FRANCESCO (a cura di), Monadi e monado-
logie: il mondo degli individui tra Bruno, Leibniz e Husserl, «Atti del convegno internazionale di
studi», Salerno, 10-12 giugno 2004, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2005;
DU PASQUIER LOUIS-GUSTAVE, Léonard Euler et ses amis, Paris, Librairie Scientifique J. Her-
mann, 1927;
ENESTRÖM GUSTAV, Bericht an die Eulerkommission der Schweizerischen naturforschenden Ge-
sellschaft über die Eulerschen Manuskripte der Petersburger Akademie, in «Jahresbericht der
Deutschen Mathematiker-Vereinigung, 22», 1913;
ENESTRÖM GUSTAV, Die Schriften Eulers chronologisch nach den Jahren geordnet, in denen sie
verfasst worden sind, in «Jahresbericht der Deutschen Mathematiker-Vereinigung», Ergänzungs-
band 4 (3 Teile), 1910-1913;
ERLE GIORGIO, Leibniz, Lully e la teodicea, Padova, Il Poligrafo, 2005;
FEDERICI DOMENICO MARIA, Commentario sopra la vita e gli studi del Conte Giordano Riccati
Nobile Trivigiano, Venezia, Coleti, 1790; ristampa anastatica, Venezia, Fondazione Scuola di
San Giorgio, 2009;
FELLMANN EMIL ALFRED, Leonhard Euler, tranlated by Erika and Walter Gautschi, Basel, Bos-
ton, Berlin, Birkhäuser Verlag, 2007;
GAZZOLA FLORINDO, L’accordatura degli antichi strumenti da tasto, Padova, Armelin Musica,
2003;
GOUK PENELOPE, Isaac Newton, Pythagorean magus, in Penelope Gouk, Music, science and
natural magic in seventeenth-century England, New Haven and London, Yale University Press,
1999;
GOZZA PAOLO, La musica nella rivoluzione scientifica del Seicento, Bologna, Il Mulino, 1989;
GOZZA PAOLO, Le radici musicali dell’Estetica, in Paolo Gozza, Antonio Serravezza, Estetica e
Musica, L’origine di un incontro, Bologna, Clueb, 2004;
LESCHIUTTA SIGFRIDO, Organologia, in Alda Bellasich, Emilia Fadini, Sigfrido Leschiutta, Mark
Lindley, Il clavicembalo: organologia, accordatura, notazioni, diteggiatura, Torino, EDT Musi-
ca, 1984, pp. 3-38;
LINDLEY MARK, L’accordatura, in Alda Bellasich, Emilia Fadini, Sigfrido Leschiutta, Mark
Lindley, Il clavicembalo: organologia, accordatura, notazioni, diteggiatura, Torino, EDT Musi-
ca, 1984;
LUPPI ANDREA, Lo Specchio dell'Armonia Universale, Estetica e musica in Leibniz, Milano,
Franco Angeli, 1989;
PASQUINI ELISABETTA, Giambattista Martini, «L’amoroso canto» 6, Palermo, L'Epos, 2007;
PETROBELLI PIERLUIGI, Tartini, le sue idee e il suo tempo, «Musicalia» 5, Lucca, LIM, 1992;
POLZONETTI PIERPAOLO, Tartini e la musica secondo natura, Lucca, LIM, 2001;
ROSSI FRANCO, Dalla Grecia a San Pietroburgo: Ifigenia non si ferma in Tauride, in Rodobaldo
Tibaldi (a cura di), Baldassare Galuppi “il Buranello”, aspetti e vicende della vita e dell'arte,
«Atti del convegno di studi», Parma, 24-25 maggio 2006, «Musica in atto» III, Venezia-Parma,
Marsilio/Casa della Musica, 2007, pp. 13-31;
RUDIO FERDINAND, Vorwort in «Leonhardi Euleri Opera Omnia», Series tertia, Volumen pri-
mum, Lipsiae et Berolini, Teubner, 1926, pp. VII-XXV;
RUSSO FRANCESCO PAOLO (a cura di), Giovanni Paisiello e la cultura europea del suo tempo,
«Atti del convegno internazionale di studi», Taranto, 20-23 giugno 2002, Lucca, LIM, 2007;
SEMINARA GRAZIELLA, Jean Philippe Rameau, «Constellatio Musica 5», Palermo, L’Epos, 2001;
SGUBEN LIVIA, Leibniz e la moderna pratica musicale, in Prospettive nell’Estetica del Settecen-
to, «Pratica filosofica 7», Milano, CUEM, 1995;
SMITH CHARLES SAMUEL, Leonhard Euler’s «Tentamen novae theoriae musicae», Dissertazione,
Bloomington, Indiana University, 1960;
244 Bibliografia

TEBALDINI GIOVANNI, Giuseppe Tartini. Appunti storico-critici. I: Tartini ed Euler, in «Gazzetta


musicale di Milano», LII-31, 5-8-1897 pp. 444-448.

3) ALTRI TESTI
FRANZOI UMBERTO, DI STEFANO DINA, Le Chiese di Venezia, Venezia, Azienda Autonoma Sog-
giorno e Turismo di Venezia, 1975;
LORENZETTI GIULIO, Venezia e il suo estuario, Trieste, Edizioni Lint, 1974;
TASSINI GIUSEPPE, Edifici di Venezia distrutti o vôlti ad uso diverso, Venezia, Filippi Editore,
1969;
TASSINI GIUSEPPE, Curiosità Veneziane, Venezia, Filippi Editore, 1970.
Ringraziamenti

Non sarei mai stato in grado di portare a termine un simile lavoro senza la
collaborazione di diverse persone. Ringrazio quindi tutti coloro che, a vario titolo,
hanno contribuito al suo buon esito: l’Accademia delle Scienze di Torino nella persona
del Presidente Pietro Rossi, per aver acconsentito alla pubblicazione e per averla
parzialmente finanziata; il Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di
Bologna, nella persona del Direttore Giuseppina La Face, per aver cofinanziato la
pubblicazione; il Dottorato di ricerca in Musicologia e Beni musicali, nelle persone dei
coordinatori Paolo Gozza e Angelo Pompilio. Ringrazio particolarmente Paolo Gozza,
per l’entusiasmo con cui mi ha assistito nel corso del triennio dottorale, per i numerosi
consigli che mi ha fornito in fase di traduzione, e per aver contribuito alla pubblicazione
con i suoi fondi di ricerca; Fabio Bellissima, le cui spiegazioni matematiche hanno reso
più comprensibile un testo altrimenti oscuro; Patrizio Barbieri, per avermi chiarito
alcune questioni fisico-matematiche; Lorenzo Bianconi, per aver incentivato la
pubblicazione e averne seguìto con costanza le varie fasi, fornendo di volta in volta
preziosi suggerimenti; Giorgio Pestelli, per aver presentato in seno all’Accademia delle
Scienze di Torino la mia tesi dottorale; Giancarlo Scarpa per l’amichevole aiuto
prestatomi durante la revisione della traduzione; tutto lo staff dell’Accademia delle
Scienze per aver seguìto con passione e pazienza l’intera vicenda editoriale. Ringrazio
infine quanti mi sono stati vicini in questi anni, genitori e amici, per aver creato intorno
a me un clima di serenità, senza il quale questo volume non avrebbe mai visto la luce.
Indice
Indice
Indice
Indice

Il Tentamen
Il Tentamen
IlIl Tentamen
Tentamen
novaenovaetheoria
novae
novae
theoria
musicae
theoria
theoria
musicae
musicae
musicae
di Leonhard
di Leonhard
didi Leonhard
Leonhard
Euler:
Euler:
Euler:
Euler: p. 3p. 3 p.p. 33
traduzione
traduzione
traduzione
traduzione
e introduzione, di Alvise
e introduzione, di Alvise
eeintroduzione,
introduzione, di
De
diAlvise
Alvise
Piero
De Piero
De
DePiero
Piero
1. Euler
1. Euler
e 1.
1.Euler
la musica
eEuler
la musica
eelalamusica
musica 3 3 33
2. Dal
2. Tractatus
Dal2.2.
Tractatus
Dalde
Dal Tractatus
Tractatus
musica
de musica
de
demusica
al Tentamen
musica
al Tentamen
alalTentamen
novae
Tentamen
novae
theoriae
novae
novae
theoriae
musicae
theoriae
theoriae
musicae
musicae
musicae 5 5 55
3. La3.critica
La 3.3.La
critica
Lacritica
critica 15 15 15
15
4. La4.presente
La 4.4.La
presente
Laedizione
presente
presente
edizione
edizione
edizione 39 39 39
39

Esame
Esame
delEsame
Esame
Trattato
del Trattato
del
deldi
Trattato
Trattato
Giuseppe
di Giuseppe
didiGiuseppe
Giuseppe
Tartini, diTartini,
Tartini, Leonhard
di Leonhard
Tartini,didiLeonhard
Leonhard
Euler
EulerEuler
Euler 41 41 41
41
Risposta
Risposta
Risposta
all’esame
Risposta
all’esame
all’esame
all’esame dididiEulero,
di Eulero,
di Eulero, Giuseppe
di Giuseppe
Eulero, didiGiuseppe
Giuseppe
Tartini
TartiniTartini
Tartini 45 45 45
45

Saggio
Saggio
diSaggio
Saggio
una
di una
nuova
didinuova
una
una
teoria
nuova
nuova
teoria
musicale
teoria
teoria
musicale
musicale
musicale 51 51 51
51
Prefazione
Prefazione
Prefazione
Prefazione 52 52 52
52
Cap.Cap.
I: Il suono
I:Cap.
Cap. I:I:
Il suonoe Ill’udito
Ilsuono
suono
e l’uditoeel’udito
l’udito 58 58 58
58
Cap.Cap.
II: IlII:
Cap.
Cap.
piacere II:
II:Il
Il piacere eIlipiacere
piacere
princìpi
e i princìpi
eedell’armonia
i iprincìpi
princìpi
dell’armonia
dell’armonia
dell’armonia 74 74 74
74
Cap.Cap.
III: La
III:
Cap.
Cap.LaIII:
musica III:
musica
La
La
in musica
genere
musica
in genereiningenere
genere 85 85 85
85
Cap.Cap.
IV: LeIV:
Cap.
Cap.LeIV:IV:
consonanze
consonanze
Le
Leconsonanze
consonanze 92 92 92
92
Cap.Cap.
V: La V:
Cap.
Cap.
LaV: V:La
successione
successione
Lasuccessione
successione
delledelle
consonanze
consonanze
delle
delleconsonanze
consonanze 105 105 105
105
Cap.Cap.
VI: LaVI:
Cap.
Cap.LaVI:
serie VI:
serie
delle
La
Ladelle
serie
serie
consonanze
consonanze
delle
delleconsonanze
consonanze 114 114 114
114
Cap.Cap.
VII: VII:
Cap.
ICap.
nomiIVII:
VII:
nomi
assuntiIInomi
assunti
nomidaiassunti
assunti
vari
dai vari
intervalli
dai
daiintervalli
vari
variintervalli
intervalli 121 121 121
121
Cap.Cap.
VIII:VIII:
Cap.
Cap. VIII:
IVIII:
I generi generi
musicali
IIgeneri
generi
musicalimusicali
musicali 128 128 128
128
Cap.Cap.
IX: IlIX:
Cap.
Cap.Il IX:
genere IX:diatonico-cromatico
genere IlIlgenere
genere
diatonico-cromatico
diatonico-cromatico
diatonico-cromatico 140 140 140
140
Cap.Cap.
X: GliX:
Cap.
Cap.
GliX:
altri X:
altri
generi
Gli
Gligeneri
altri
altri
musicali
generi
generi
musicalipiù
musicali
musicali
composti
più composti
più
piùcomposti
composti 153 153 153
153
Cap.Cap.
XI: LeXI:
Cap.
Cap.LeXI:XI:
consonanze
consonanze
Le
Leconsonanze
consonanze
nel genere
nel genere
nel
nel
diatonico-cromatico
genere
genere
diatonico-cromatico
diatonico-cromatico
diatonico-cromatico 162 162 162
162
Cap.Cap.
XII: XII:
Cap.
ICap.
modiIXII:
XII:
modi
e i Isistemi
Imodi
emodi
i sistemi
enel
ei isistemi
sistemi
genere
nel genere
nel
nel
diatonico-cromatico
genere
genere
diatonico-cromatico
diatonico-cromatico
diatonico-cromatico 170 170 170
170
Cap.Cap.
XIII:XIII:
Cap.
Cap. XIII:
IlXIII:
Il metodo metodo di
IlIlmetodo
composizione
metodo
di composizione
didicomposizione
composizione
in uninmodo
un modo
inineun
un
sistema
modo
modo
e sistema
dati
eesistema
sistema
dati dati
dati 190 190 190
190
Cap.Cap.
XIV:XIV:
Cap.
Cap. XIV:
XIV:
La permutazione
La permutazione
LaLapermutazione
permutazione
dei modidei modi
edei
deimodi
emodi
sistemi
dei sistemi
eedei
deisistemi
sistemi 232 232 232
232

Bibliografia
Bibliografia
Bibliografia
Bibliografia 239 239 239
239
Ringraziamenti
Ringraziamenti
Ringraziamenti
Ringraziamenti 245 245 245
245
214

Pubblicazione realizzata con il contributo


dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Dipartimento di Musica e Spettacolo

Anno di fondazione della rivista 1759


Direttore responsabile Luciano Gallino
Autorizzazione del tribunale n. 2686 del 13-04-1977
Iscrizione al R.O.C. n. 2037 del 30-06-2001

Finito di stampare nel mese di aprile 2012

Stampato da
Tipografia Bodrato s.n.c. - Torino

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