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Alessandro Tassoni, La secchia rapita

I, 1-2
Vorrei cantar quel memorando sdegno,
ch’in ammò già ne’ feri petti umani,
un’infelice vil secchia di legno,
che tolsero ai Petroni i Gemignani.
Febo, che mi raggiri entro lo ’ngegno
l’orribil guerra e gli accidenti strani,
tu, che sai poetar, servimi d’aio
e tiemmi per le maniche del saio.
 
E tu, nipote del rettor del mondo,
del generoso Carlo ultimo glio,
ch’in giovinetta guancia e ’n capel biondo
copri canuto senno, alto consiglio,
se dagli studi tuoi di maggior pondo
volgi tal or, per ricrearti, il ciglio,
vedrai s’al cantar mio porgi l’orecchia,
Elena trasformarsi in una secchia.
 
 
La secchia rapita si accorda con i canoni aritotelici del genere
epico: infatti gli eventi narrati sono fatti storici e la narrazione
rispetta, nei limiti del possibile, la verosimiglianza. Racconta infatti il
con itto tra Modenesi e Bologensi nel corso della metà del XIII
secolo, quando Bologna era schierata con i Guel e Modena con i
Ghibellini.Questo ossequio alle norme dell’epica però è subito
contraddetto da due fattori:
1. Tassoni mescola eventi di epoche diverse: la Secchia è
rapita dai Modenesi al termie della battaglia di Zappolino nel
1325. A questo episodio l’autore sovrappone la battaglia
della fossalta del 1249, durante la quale re Enzo viene fatto
prigioniero dai bolognesi.

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2. Allude a famiglie e personaggi dei tempi suoi con una
leggera ironia
 
I primi quattro versi rispecchiano quello che sulla carta è
l’argomento del poema. Troviamo in apertura il condizionale ‘Vorrei’
in un tentativo quasi di celebrazione.
Il poema inizia infatti, come è solito di questo genere testuale, con
un tono molto alto per poi chiudersi con uno ben più inferiore.
L’autore chiede aiuto ad Apollo per la trattazione di questo tema e lo
stesso Apollo viene descritto come se fosse un bambino incapace
di camminare e più volte l’autore sottolinea la sua incapacità nella
narrazione di questo scontro.
Gia dal titolo vediamo che

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