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Finita

l’esperienza con Brookmeyer, Jimmy Giuffre si trasferisce a New York. Qui


dal gennaio 1959 all’agosto 1960 incide per la Verve diversi album: Ad Lib, 7
Pieces, The Easy Way, Pieces For Clarinet and String Orchestra/Mobiles, In Person.
In questo periodo Giuffre suona molto al Five Spot, dove entra a contatto con
Ornette Coleman. I gruppi dei due sassofonisti spesso si alternavano sul palco
del Five Spot. Al contatto, artistico e personale, con il padre del Free, Giuffre non
è certo indifferente. Di Coleman dirà che gli insegnò a suonare con l’anima
piuttosto che con le dita. Come già era successo, Jimmy Giuffre cerca di trovare
una propria dimensione sonora e stilistica all’interno delle correnti artistiche
che lo circondano e come aveva fatto in California, anche a New York riesce a
dare una propria interpretazione della nuova musica che stava nascendo in quel
periodo, il free jazz. Giuffre resta affascinato dall’estetica di Ornette Coleman e
vuole portare quel tipo di poetica all’interno della propria musica. Lo fa, ma con
un approccio più sofisticato e cameristico, tratti distintivi di tutta la precedente
produzione artistica del musicista Texano. Il trio rimane la formazione ideale
per Giuffre, ma cambiano questa volta i musicisti; Paul Bley al piano e Steve
Swallow al contrabbasso. Questo nuovo trio dal 1961 al 1962 incide tre album:
Thesis, Fusion e Free Fall.


FUSION


- Jesus Maria
- Emphasis
- In The Morning Out There
- Scootin About
- Cry Want
- Brief Hesitation
- Venture
- Afternoon
- Trudgin

Fusion viene registrato fra gennaio e marzo del 1961. In questo disco c’è una
libera ricerca di nuove forme compositive, strutturali e sonore. Il concetto di
tonalità viene in parte abbandonato per poi essere ripreso. Questo disco sembra
essere un’alternativa alla bollente energia dell’hard bop così come alle rivolte
musicali e socio-culturali del free. È fondamentale, come in passato, l’interplay
fra i tre musicisti; piano e contrabbasso si fondono con il suono così delicato
eppur anomalo, sfuggente, alieno in certi casi, del clarinetto. E’ molto coraggiosa
la scelta stilistica di Giuffre; rinuncia alla tradizione virtuosistica del proprio
strumento per costruire un linguaggio innovativo che faccia respirare e parlare
il clarinetto insieme agli altri strumenti, che lo faccia vibrare sommessamente
senza dover per forza urlare. Il materiale sonoro è liquido ma non informe,
composito ma fluido, ricco di stimoli e legato alle proprie radici. Le dissonanze
sono immediatamente stemperate da continue consonanze, il semplice sembra
tramutarsi in complicato e viceversa. In Fusion c’è un dialogo continuo tra i
musicisti che porta il trio ad improvvisare in una costante ricerca tematica. Il
volume basso, il suono soffice, permettono all'ascoltatore di percepire
continuamente nuove suggestioni, richiami, visioni. Il disco si apre con una
composizione di Carla Bley, “Jesus Maria”, che offre agli ascoltatori l’opportunità
di entrare a contatto con il tipo di spazio sonoro creato dal trio. La linea
melodica scivola lentamente fuori dal clarinetto, circondato dalle triadi di Paul
Bley che così descrive la tessitura armonica, creando nel contempo uno spunto
per le improvvisazioni. Swallow suona rarefatto non preoccupandosi di creare
una pulsazione, prestando molta attenzione alla mano sinistra del pianoforte.
Nelle improvvisazioni c’è un intrecciarsi tra le frasi di Giuffre e Bley che
sembrano poi concluse dagli interventi del contrabbasso. Questo crea uno spazio
sonoro che sembra passare di mano in mano fra i tre musicisti. Nel secondo
brano, Emphasis, composto da Giuffre il trio suona in modo più “energico”. Il
tema è ibrido, richiama soluzioni melodiche della musica colta contemporanea,
però esposte con pronuncia jazz. Anche lo sviluppo delle improvvisazioni
sembra rispettare le tradizioni jazzistiche, ma entrambi i solisti alternano frasi
dal linguaggio jazz a frasi di natura opposta, più timbriche ed intervallari. Il
basso accompagna in walkin, con dei “raptus” che interrompono il fluire della
pulsazione ritmica. Scottin’n About è il brano dove possiamo maggiormente
sentire le influenze della musica colta contemporanea. Il materiale tematico è
molto spigoloso, non vi è un centro tonale ben preciso, il basso alterna dei pedali
ritmicamente incostanti ma su una pulsazione ben precisa, come nei brani
precedenti lo swing compare e scompare all’interno delle frasi dei tre musicisti.
Cry, Want è un brano noir, il clarinetto intona una melodia dalle sfumature blues,
la ritmica interviene con armonie cupe che trascinano il tema in una dimensione
più scura. Il tutto culmina in un’improvvisazione minimale, dove il clarinetto
“canta” su dei voicing essenziali di pianoforte, il contrabbasso suona
sporadicamente con interventi timbrici aggressivi. Questa fase onirica termina e
il tema blues del clarinetto riecheggia.











In Brief Hesitation scompare del tutto l’idea di pulsazione. C’è un dialogo
armonico fra piano e clarinetto, i due strumenti entrano ed escono dal materiale
tematico senza mai abbandonarne del tutto le componenti melodico-armoniche.
Il basso interviene solo a sostegno della mano sinistra del pianoforte, ne
scaturisce un brano molto intimo e delicato. Venture in contrapposizione al
precedente brano, è una composizione molto spigolosa ed articolata. C’è
pulsazione, anche se in dei momenti viene abbandonata, e questa pulsazione è
swingante, ma senza una metrica ben precisa. Il tema iniziale presenta una
particolarità; la prima frase è eseguita dai tre strumenti con una sorta di canone
“sgangherato”, piano e contrabbasso sembrano fare il “verso” al clarinetto. I tre
musicisti sembrano suonare uno contro l’altro: la sezione ritmica ha un
atteggiamento molto aggressivo, il clarinetto alterna frasi spigolose e articolate a
lunghi suoni. In Afternoon è interessante come il pianoforte accompagni le due
esposizioni del tema iniziale. La prima volta accompagna con accenti in levare,
utilizzando voicing in un registro del pianoforte che rendono le armonie molto
timbriche. La seconda volta espone in anticipo la linea melodica del clarinetto.
Nelle improvvisazioni come nel tema, il contrabbasso alterna una linea in walkin
a momenti coronati. Questa scelta di giocare sull’interruzione di un flusso
ritmico su pulsazione, alternato da momenti “aperti”, è uno degli elementi
cardine di tutto il disco.























THESIS


- Ictus
- Carla
- Sonic
- Whirrrr
- That’s True, That’s True
- Goodbye
- Flight
- The Gamut
- Mee Too
- Temporarily
-Herb and Ictus



Thesis viene registrato soltanto qualche mese più tardi rispetto a Fusion. Questi
due dischi, seppur simili tra loro, presentano sostanziali differenze, soprattutto
da un punto di vista sonoro e di gestione degli spazi fra i tre strumenti. Dove in
Fusion c’era suono comune, qui spesso gli strumenti appaiono isolati tra loro,
intenti a elaborare i loro assunti, forti della precedente compattezza, della loro
raggiunta fusione. Lo stesso clarinetto di Giuffre suona leggermente più alto, su
registri più acuti. Le composizioni sono più angolose, aggressive, libere da
tonalità. Dopo essere riusciti a fondere i loro suoni, i tre musicisti delineano ora
le loro tesi programmatiche, manifestando la volontà di esporre le loro singole
idee, uscendo dal materiale fuso e spargendo note e suoni nell'aria. Il tutto
sempre in maniera sommessa, quasi a non voler disturbare troppo, come se
fossero di lato rispetto al fluire degli eventi. Se le strutture armoniche in Fusion
comparivano e scomparivano, su Thesis sono quasi completamente distrutte. In
Thesis scrittura ed improvvisazione si fondono sempre di più, percepire cosa ci
sia di scritto e cosa di improvvisato è per l’ascoltatore complesso.
Il brano che apre il disco, “Ictus” ne è un esempio lampante. La melodia intensa
ed articolata viene esposta in modo fugace ed aggressivo senza lasciare tempo
di capire se si tratti di un episodio scritto o se ci stiamo già trovando dentro
un’improvvisazione. Un altro brano che ha questa caratteristica è Whirrrr. Anche
qui troviamo una scrittura influenzata dall’improvvisazione e viceversa. Il tema
è leggermente più strutturato e orchestrato. I tre strumenti sono su tre piani
diversi, ognuno ha il suo parametro espressivo ed il proprio ruolo. Piano e
clarinetto sono in contrapposizione e giocano su un botta e risposta, il basso
esegue una linea in walkin molto veloce, senza un preciso centro tonale.









In “That’s True, That’s True” il trio si riavvicina al linguaggio della tradizione
jazz. Il pezzo è ricco di swing. Le armonie modali, che riconducono ad atmosfere
blues, fanno da tappeto al tema eseguito dal contrabbasso. L’improvvisazione è
collettiva, non c’è mai un ruolo stabilito di accompagnatore o solista, tutti e tre
gli strumenti ricoprono entrambe le funzioni contemporaneamente,
sovrapponendosi e sostenendosi vicendevolmente.







Flight e The Gamut, sono due composizioni che risentono molto dell’influenza
che ha su Giuffre la musica colta contemporanea. Sono brani atonali senza una
pulsazione ben precisa, gli accordi non hanno la semplice funzione armonica ma
sono dei colori timbrici. Ogni strumento sperimenta timbri e nuove soluzioni,
trascinando l’ascoltatore in un viaggio sonoro inaspettato ed in continua
evoluzione. È stupefacente, soprattutto in flight, l’uso delle dinamiche interne al
brano. Si percepisce una profonda fusione fra i tre musicisti, le improvvisazioni
sono così ben gestite che sembrano frutto della penna di un compositore
visionario. Anche in queste due composizioni è difficile distinguere il limite fra
parti scritte ed improvvisate. Questi sono forse i due brani che anticipano il
concetto musicale che sarà poi intrapreso nel successivo disco “ Free Fall”.
































Free Fall


-Propulsion
-Threewe
-Ornothoids
-Dichotomy
-Man Alone
-Spasmodic
-Yggdrasill
-Divided Man
-Primordial Call
-The Five Ways


Qualche mese dopo la registrazione di Thesis, il trio torna nuovamente in studio
di registrazione, dando alla luce quello che può essere definito lo zenit del
gruppo, il punto di arrivo della ricerca di Giuffre e dei suoi due compagni di
viaggio. Continua, in questo disco, la voglia di Giuffre di sviluppare e portare su
un nuovo livello di complessità le innovazioni accennate nei precedenti dischi.
Dopo i due ottimi dische Fusion e Thesis, che però non rompono del tutto con la
tradizione, nel 1962 il sodalizio dei tre musicisti tocca il punto più alto con Free
Fall. Questo disco stupisce prima di tutto concettualmente, con i suoni
inaspettati riferimenti alla mitologia nordica, come ad esempio la dedica a
Yggdrasil (albero cosmico della mitologia Norrenna). Giuffre afferma nelle note
interne del disco “ L’antica mitologia nordica sembra quanto di più lontano ci sia
da un album di musica, ma sia nell’una che nell’altra vi è un riconoscimento delle
forza dell’ignoto, una voglia di raggiungere l’origine delle cose. Questo mondo
eterno e senza tempo sembra riflettere alcune delle sensazioni provate durante la
composizione e la registrazione di questo album.”
“ Nuovo” e “ignoto” descrivono benissimo la musica incisa in Free Fall. Una
musica in cui jazz e musica da camera si incontrano e vanno a braccetto, in cui il
ritmo non è più esplicitato, ma viene espresso sottotraccia dal magistrale lavoro
di Steve Swallow al contrabbasso. Le armonie assumono nuovi significati,
timbrici evocativi. La musica alterna momenti studiati sin troppo
minuziosamente ad altri in cui trionfa l’improvvisazione libera (fondamentale in
questo senso è anche l’influenza del coevo Ornette Coleman). “Durante le prove
abbiamo passato tanto tempo a parlare quanto a suonare .Ci ponevamo tante
domande: come possiamo suonare a una determinata velocità, ma senza un
tempo prefissato? Per quanto tempo è possibile improvvisare senza far
riferimento a una tonica? Qual è la melodia che riusciamo a suonare più a lungo
ininterrottamente?” Ricorda Steve Swallow –
Free Fall è una delle registrazioni più rivoluzionarie degli anni 60’. Mentre artisti
come Coleman, Coltrane e Taylor cercavano di demolire la musica dall’interno
verso l’esterno, rompendo le precedenti forme e convenzioni, con musiche
aggressive ed esplosive, Giuffre crea la sua personale rivoluzione, dove in primo
piano c’è la musica e non la personalità del musicista, una rivoluzione minimale,
micro tonale, cameristica. ”Free Fall”, suona certamente meno ostico di altre
sperimentazioni “avanguardistiche” che lo hanno seguito, ma contestualizzato in
quel 1962 il suo contributo allo sviluppo del free jazz resta di grossa portata.
Free fall” è dunque l’ultimo capitolo della storia di uno dei gruppi che più d’ogni
altro influenzerà il jazz a venire. Al contrario del contemporaneo ‘free’, la scelta
del trio è quella di un’esplorazione quieta, quasi immobile, ma in ‘caduta libera’,
verso le sonorità più nascoste della musica, una ricerca spesso disarticolata in
una scomposizione “pointillistica” che tende all'astrazione del silenzio. Nel disco
cinque brani sono per il solo clarinetto: Propulsion, Ornothoids, Man Alone,
Yggdrasi, Primordial Call. In questi brani viene fuori tutta la poetica e la ricerca
del clarinettista Giuffre, padrone di idiomi non solo jazz, ma anche
contemporanei e colti, che guardano alle musiche di grandi compositori europei
come, Milhaud, Stravinsky, Messiaen. In quese tracce Giuffre spreme tutti i
contenuti del suo clarinetto, esplora varie forme, musicale ed espressive, usa il
suono del suo strumento per creare paesaggi sonori evocativi e descrittivi, gioca
con le tonalità e con il silenzio.
Dichotomy , Divided Man sono invece due brani per contrabbasso e clarinetto.
Qui i due musicisti forzano la mano sul concetto di divisione e dicotomia
all’interno dell’interplay, clarinetto e contrabbasso sono su assi totalmente
opposti, ci immaginiamo due persone che conversano su un determinato
argomento, entrambe hanno lo stesso punto di vista, ma la logica espositiva di
ogni singolo è totalmente opposta a quella dell’altro. Ne scaturisce una musica
schizofrenica, ma al tempo stesso con un chiaro fine estetico. I restanti brani,
Threewe, Spasmodic e The Five Ways, sono per trio.

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