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La Vita
Giosuè Carducci nasce nel 1835 a Valdicastello, in Versilia (Toscana). Il padre, a causa dei suoi
interessi politici, viene accusato di attività eversiva ed è costretto a trasferirsi con tutta la famiglia a
Firenze, ma Carducci dimostrerà per tutta la sua vita un profondo attaccamento per quella che lui
stesso definisce la mia Maremma. Nel 1853 entra alla Normale di Pisa e si laurea in lettere con una
tesi sulla poesia cavalleresca, per poi iniziare la sua carriera di insegnante nel 1856. Inizia così un
periodo a dall'invettiva contro il Romanticismo, e in particolar modo col secondo Romanticismo,
ultima fase del movimento culturale caratterizzata da un eccessivo patetismo e sentimentalismo. A
questa corrente (e in particolar modo a Manzoni) Carducci rimprovera l'assoluto disinteresse nei
confronti dei classici, di cui si definisce scudiero. Nel 1860 riceve la cattedra di eloquenza
all'università di Bologna (tra i suoi allievi vi sarà pure Pascoli). All'università, dove insegnerà per
quarant'anni (fino al 1904), Carducci matura un orientamento giacobino, repubblicano e
anticlericale.
Il 1870 è l'anno dei grandi lutti: perderà la madre e il figlioletto Dante, per il quale compose
Canto Antico. Nel 1878 avviene invece la svolta politica: dopo l'incontro a Bologna con il re
Umberto e la regina Margherita di Savoia (sua grande ammiratrice) Carducci abbandona il
temperamento giovanile avvicinandosi alla monarchia.
Il poeta diventa così il vate, il cantore ufficiale della “terza Italia”, quella della monarchia sabauda,
venuta dopo l'Italia romana (la “prima Italia”) e quella del Medioevo comunale (la “seconda Italia).
Nel 1904, a causa di una paralisi, è costretto a ritirarsi dall'insegnamento. Nel 1906 riceve il Premio
Nobel per la letteratura, per poi morire l'anno dopo a Bologna.
ricchezza dei molteplici dialetti italiani e nel fare ciò egli ha fallito perché, a dispetto di tutti i suoi
sforzi, non è comunque riuscito a riprodurre perfettamente il toscano parlato.
Le scelte politiche
Da un punto di vista politico Carducci, influenzato sicuramente dalla figura paterna, maturerà
un'ideologia giacobina e repubblicana, segnata dalla polemica verso la classe dirigente borghese
(celebre è lo sdegno di Carducci alla notizia dell'arresto di Garibaldi voluto dal governo).
Ma ben presto il poeta abbandonerà le posizioni giovanili, avvicinandosi sempre di più alla
monarchia. La svolta è completa nel 1880 ed è sicuramente dovuta a ragioni personali (non
dobbiamo dimenticarci della reciproca ammirazione tra il poeta e la regina Margherita) ma anche e
soprattutto alla nuova vocazione monarchica che va diffondendosi in quegli anni in tutta Europa.
Il bipolarismo
Walter Binni ha invece individuato all'interno delle opere di Carducci la presenza costante di un
tema unificante: il contrasto tra l'esaltazione della vita e un energico sentimento di morte. Proprio
per questo motivo Carducci è stato definito il “poeta del bipolarismo”.
Questa tendenza è chiara nell'idillio Rimembranze di scuola, in cui il poeta, ricordando un giorno di
scuola, in un lontano giugno della sua fanciullezza, afferma di aver intuito proprio in
quell'occasione il sentimento di stretta connessione tra vita e morte.
Per esprimere questo sentimento bipolare Carducci si serve di due strumenti: i colori e i suoni.
Il bipolarismo si riversa anche nello stile, in cui prevalgono principalmente due toni: quello epico e
quello tragico.
confluirono nella raccolta Juvenilia (cioè “poesie giovanili” → il termine è ripreso da Ovidio),
pubblicata a Firenze nel 1871. I temi principali sono l'esaltazione del classicismo, del passato in
generale e della corretta moralità del mondo rurale in contrapposizione con i vizi del presente.
La prima di queste presenta ancora una tematica perlopiù polemica (il giambo era il genere greco
dell'invettiva, utilizzato da poeti quali Archiloco e Ipponatte, mentre gli epodi sono testi satirici
composti da poeti latini come Orazio).
Al contrario in Rime Nuove, Carducci affronta tematiche quasi esclusivamente intimistiche ed
autobiografiche.
La grande svolta stilistica avverrà nella Odi barbare. Per quanto riguarda il titolo, il termine “Odi”
richiama ancora una volta al mondo classico, mentre l'aggettivo “barbare” è in realtà la definizione
che gli antichi avrebbero dato a tali odi, poiché noi moderni leggiamo i testi con un senso di tonalità
e non di quantità.
La novità di questa raccolta sta nel tentativo, da parte del poeta, di riprodurre il ritmo dell'esametro
(verso della classicità) attraverso il metro moderno (ovvero in versi settenari e ottonari). →
esempio: La Nevicata (Odi barbare).
Tale esperimento, che dimostra ancora una volta il profondo attaccamento ai classici,
paradossalmente segna il progressivo avvicinamento di Carducci al Decadentismo. Questa corrente,
come abbiamo visto, criticava il rigore formale del mondo classico, del quale però salva la
musicalità e il ritmo, capaci di creare una perfetta corrispondenza tra forma e contenuto (tale
concetto sarà estremizzato da D'Annunzio, il quale dirà “il verso è tutto”). La stessa attenzione la
ritroviamo anche in Carducci, che riprende il ritmo classico per la sua musicalità, capace di portare
il poeta dall'apparenza all'essenza delle cose (altra tematica decadente).