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Gli inizi – Soledades, pubblicato per la prima volta nel 1903 e poi, in 2ª edizione ampliata, nel 1907
con il titolo di Soledades, Galerías y otros poemas – s’inseriscono, per temi e stile, nell’intimismo
modernista; «los universales del sentimiento»: il tempo, la morte, Dio; la condizione umana; ancora
nell’ambito di una poesia simbolista (Rubén Darío, tra tardo romanticismo e simbolismo francese).
Più avanti, va verso una «palabra esencial en el tiempo», dove la poesia è legata alle circostanze
storiche e alla vita dell’uomo. Il suo linguaggio poetico procede verso la depurazione. È il caso di
Campos de Castilla, pubblicato nel 1912. Machado scrive in contatto diretto con la terra castigliana
e tra i temi appaiono il paesaggio e la gente di Soria, oltre alle meditazioni sulla realtà spagnola.
Sulla scia delle Leyendas di Bécquer, si situa il lungo poema (romance) intitolato La tierra de
Alvargonzález. «Nel 1917 avvenne l’incontro con García Lorca; Federico faceva parte della
comitiva di alunni che Martín Domínguez Berrueta, professore di storia dell’arte dell’Università
di Granada, guidava in uno dei soliti viaggi di studio per la Castiglia, León, Galizia e Andalusia.
Sostarono in Baeza, nel cui Casino si celebrò un «acto» in onore degli ospiti: Lorca udì dalla viva
voce di don Antonio La tierra de Alvargonzález (che dovette influire sul Romancero gitano) e suonò
al piano tra le altre musiche La vida breve che Falla aveva ambientato a Granada senza averla mai
visitata» (Macrì, 1994: 17-18).
La prosa di Machado è raccolta nel libro intitolato Juan de Mairena (1934-1939), il nome
dell’eteronimo che l’autore aveva creato per scrivere – in modo anche frammentario – di poesia,
filosofia, politica, tematiche sociali, ecc. Dopo la sua morte, per il suo impegno politico e i suoi
versi dedicati alla terra castigliana, Antonio Machado viene considerato un poeta «civico».