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La lex de imperio Vespasiani

Vespasiano uscì vincitore su Vitellio durante la guerra civile del 68-69 d.C., dopo la seconda battaglia di
Bedriaco, che vide Antonio Primo guidare alla vittoria le forze di Vespasiano, dopo una lunga battaglia (i
vitelliani avevano imprigionato i loro capi per evitare che passassero dalla parte di Vespasiano e infine,
dopo un duro scontro durato tutta la notte, la legio III Gallica guidò alla vittoria Antonio Primo, esaltandosi
alla vista del sole che sorgeva – il Sole era venerato come una divinità ad Emesa, in Siria, la stessa provincia
dove era di stanza la legione).

Vitellio venne infine abbandonato da tutti e scannato pubblicamente:

«Quindi al nemico che incalzava per terra e per mare oppose da una parte il fratello con la flotta, i soldati di
leva e una squadra di gladiatori, dall’altra gli eserciti di Bedriaco con i loro comandanti. Ma, sconfitto
dovunque o sul campo o per tradimento, venne a patti col fratello di Vespasiano, Flavio Sabino, per aver
salva la vita e un appannaggio di cento milioni di sesterzi. Subito dopo, sui gradini del palazzo, davanti a una
folla di soldati dichiarò di voler abbandonare quel potere che aveva assunto suo malgrado. Ma, di fronte
alle generali proteste, differì la questione e, fatta passare una notte, si ripresentò ai Rostri alle prime luci del
giorno: in veste dimessa e tra i singhiozzi ripeté le stesse dichiarazioni, questa volta leggendole da un testo
scritto. […] giurò – e volle che tutti quanti giurassero – che niente avrebbe avuto più a cuore della pubblica
pace. Quindi, toltosi il pugnale dal fianco, lo porse dapprima al console, poi, siccome quello lo rifiutava, agli
altri magistrati e, infine, ai singoli senatori. Poiché nessuno voleva accettarlo, fece per allontanarsi con
l’intenzione di deporlo nel tempio della Concordia. Ma alcuni gridarono che «era lui la Concordia». Tornò
allora sui suoi passi e affermò che non solo voleva conservare quella lama, ma che anzi accettava per sé il
soprannome di Concordia.»
(Svetonio, Vita di Vitellio, 15)

«C’era chi gli gettava sterco e fango e chi gli gridava incendiario e crapulone. La plebaglia gli rinfacciava
anche i difetti fisici: e in realtà aveva una statura spropositata, una faccia rubizza da avvinazzato, il ventre
obeso, una gamba malconcia per via di una botta che si era presa una volta nell’urto con la quadriga
guidata da Caligola, mentre lui gli faceva da aiutante. Fu finito presso le Gemonie, dopo esser stato
scarnificato da mille piccoli tagli; e da lì con un uncino fu trascinato nel Tevere.»
(Svetonio, Vita di Vitellio, 17)

Vespasiano era diventato unico imperatore. Si poneva ora il problema della sua legittimità; impose che la
data di inizio del suo imperium fosse il 1° luglio del 69, data in cui l’avevano acclamato imperatore le legioni
e non dicembre, cioè quando Vitellio era stato sconfitto; a tal proposito, per controllare il senato, ricoprì
anche la censura, immettendo molti italici e provinciali.

Si decise dunque di promulgare una Lex de imperio Vespasiani, in cui gli venivano concessi con un unico
mandato tutti i poteri imperiali: imperium proconsulare maius, tribunicia potestas, pontificato massimo etc.
Il testo, riscoperto nel 1347 da Cola di Rienzo e giunto miracolosamente in parte integra a noi (una tavola
bronzea che stava nella Basilica di San Giovanni in Laterano, ora si trova nei Musei Capitolini), racchiudeva
otto clausole, di cui la terza e la quarta senza precedenti:

1. [che all’imperatore Cesare Vespasiano Augusto]


sia lecito concludere trattati con chiunque voglia, così come fu consentito al divo Augusto, a
Tiberio Giulio Cesare Augusto e a Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico;
2. che gli sia consentito di convocare e presiedere il senato, sottoporre o rimettere (al senato) il tema
della consultazione, far votare i senatusconsulta tramite la presentazione di una proposta o senza
discussione, così come fu consentito al divo Augusto, a Tiberio Giulio Cesare Augusto, Tiberio Claudio
Cesare Augusto Germanico;
3. che quando il senato sia convocato per sua volontà o autorità, ordine o mandato o comunque in
sua presenza si mantenga e si conservi nello stesso modo la pienezza del diritto, come se il senato
fosse stato convocato e si tenesse in base alla legge (i.e. lex Iulia de senatu habendo promulgata da
Augusto nel 9 a.C.);
4. che nei comizi elettorali si tenga conto, al di fuori dell’ordine dei candidati a una magistratura, a una
potestà, imperium o a una curatela che egli abbia raccomandato al senato e al popolo romano
oppure ai quali abbia dato o promesso la propria preferenza;
5. che gli sia consentito di ampliare ed estendere i confini del pomerio, quando riterrà che sia utile
per la res publica, così come fu consentito a Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico;
6. che egli abbia il diritto e il potere di compiere e realizzare qualunque cosa riterrà utile alla res
publica e consono alla grandezza delle questioni divine, umane, pubbliche e private, così come fu
per il divo Augusto, per Tiberio Giulio Cesare Augusto, per Tiberio Claudio Cesare Augusto
Germanico;
7. che l’imperatore Cesare Vespasiano sia svincolato da quelle leggi e da quei plebisciti dai quali fu
scritto che non fossero vincolati il divo Augusto o Tiberio Giulio Cesare Augusto o Tiberio Claudio
Cesare Augusto Germanico e che all’imperatore Cesare Vespasiano Augusto sia consentito
compiere tutte quelle cose che fu necessario che facessero, in base a qualsiasi legge o proposta, il
divo Augusto, Tiberio Giulio Cesare Augusto o Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico;
8. che tutto ciò che prima di questa legge sia stato compiuto, realizzato, decretato, ordinato
dall’imperatore Cesare Vespasiano Augusto o da chiunque su suo ordine o mandato sia valido
come se fosse stato compiuto per ordine del popolo o della plebe.
SANCTIO
Se qualcuno, in forza della presente legge, abbia compiuto o avrà compiuto atti contrari a leggi,
proposte, plebisciti o senatoconsulti oppure se, in forza della presente legge, non avrà compiuto
quello che dovrà compiere in base a una legge, proposta, plebiscito o senatoconsulto, non subisca
danno, nessuno debba rendere conto al popolo per questi fatti, nessuno sia accusato o citato in
giudizio per questi fatti, nessuno consenta che presso di sé si intenti un processo per questi fatti.

Nella metà (o forse più) che non è stata ritrovata, dovevano apparire le funzioni istituzionali principali
dell’imperatore, ovvero la tribunicia potestas e l’imperium proconsulare maius, poteri forse votati nei
comizi. Non sappiamo neanche se fossero previsti altri atti che descrivessero l’iter di entrata in funzione di
questa lex e se quest’ultima sia stata un’eccezione o se invece venisse votata per ogni imperatore: in
questo caso dopo l’acclamazione e il senatoconsulto che ne riconosceva la legittimità, i comizi avrebbero
dovuto votare l’approvazione o meno della legge che riconosceva l’imperatore come tale.
Figura 1: https://it.wikipedia.org/wiki/Lex_de_imperio_Vespasiani#/media/File:Lex_De_Imperio_Vespasiani_-_Palazzo_Nuovo_-
_Musei_Capitolini_-_Rome_2016.jpg
Figura 2: https://it.wikipedia.org/wiki/Vespasiano#/media/File:Aureus_%C3%A0_l%27effigie_de_Vespasien.jpg
Figura 3: https://it.wikipedia.org/wiki/Vespasiano#/media/File:The_Triumph_of_Titus_Alma_Tadema.jpg

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