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RERUM GESTARUM DIVI AUGUSTI, QUIBUS ORBEM TERRA[RUM] IMPERIO POPULI ROM[A]NI
SUBIECIT, ET IMPENSARUM, QUAS IN REM PUBLICAM POPULUMQUE ROMANUM FECIT, INCISARUM
IN DUABUS AHENEIS PILIS, QUAE SU[N]T ROMAE POSITAE, EXEMPLAR SUB[IECTUM.
(Qui è stata posta una copia del)le imprese del divino augusto, con le quali sottomise tutta la terra al
dominio del popolo romano, e delle spese che fece per la repubblica e per il popolo romano, incise in
due pilastri di bronzo, che sono situati a Roma, conformi all’originale
RES PUBLICA, NE QUID ACCIDERET, A SENATU MIHI PRO PRAETORE SIMUL CUM
CONSULIBUS TRADITA EST TUENDA. P]OPULUS AUTEM EODEM ANNO ME CONSULEM, CUM
[CONSUL UTERQUE IN BEL[LO CECIDISSET, ET TRIUMVIRUM REI PUBLICAE
CONSTITUENDAE IN QUINQUENNIUM CREAVIT.
io quando avevo 19 anni, arruolai un esercito per decisione privata e a mie spese, attraverso il quale
vendicai la repubblica oppressa in libertà dalla dominazione di una fazione . A causa di queste imprese,
il senato, con decreti onorifici, mi ammise nel suo ordine, sotto i consoli caio pansa e aulo irzio,
dandomi la carica di console. nel medesimo tempo mi diede il potere militare.
La repubblica fu assegnata a me dal senato perché fosse difesa, affinché non succedesse qualcosa, a me
con il rango di pretore e nello stesso momento con i consoli. Lo stesso anno il popolo invece mi nominò
console, poichè entrambi i consoli erano morti in guerra e triumviro per la ricostruzione della
repubblica per un quinquennio
2.. QUI PARENTEM MEUM [INTERFECER]UN[T EO]S IN EXILIUM EXPULI IUDICIIS LEGITIMIS ULTUS
EORUM SCELUS, E]T POSTEA BELLUM INFERENTIS REI PUBLICAE VICI B[IS A]CIE.
mandai in esilio coloro che uccisero mio padre, rivendicai il delitto con una condanna giusta. e poiché
mossero guerra alla repubblica vinsi due volte in battaglia.
3.ARMA TERRA ET MARI CIVILIA EXTERNAQUE TOTO IN ORBE TERRARUM SUSTINUI VICTORQUE
OMNIBUS SUPERSTITIBUS CIVIBUS PEPERCI. EXTERNAS GENTES, QUIBUS TUTO PARCERE POTUI,
CONSERVARE QUAM EXCIDERE MALUI. MILLIA CIVIUM ROMANORUM [SUB] SACRAMENTO MEO
FUERUNT CIRCITER [QUINGENTA. EX QUIBUS DEDU[XI IN COLONI]AS AUT REMISI IN MUNICIPIA
SUA STIPENDIS EMERI]TIS MILLIA ALIQUANT[O PLUS QUAM TRECENTA, ET IIS OMNIBUS AGROS A
ME EMPTOS AUT PECUNIAM PRO PRAEDIIS A ME DEDI. NAVES CEPI SESCEN[TAS PRAETER] EAS, SI
QUAE MINORE[S QUAM TRI]REMES FUERUNT.
combattei spesso guerri civili ed esterne per mare e per terra in tutto il mondo come vincitore,
risparmiai tutti i cittadini superstiti.
Le genti straniere, che potei salvare in maniera sicura, preferii risparmiarle che ucciderle. sotto il mio
comando ci furono circa 500mila soldati romani.
Tra questi poco più di trecentomila, una volta compiuto il servizio militare, o li inviai nelle colonie o li
rimandai nei loro municipi e a tutti loro assegnai territori comprati da me o somme di denaro come
ricompensa.
catturai 600 navi nemiche oltre a quelle più piccole delle triremi, se ce ne furono.
4. [BIS] OVANS TRIUMPHAVI ET TRI[S EGI] CURULIS TRIUMPHOS ET APPELLATUS SUM V]ICIENS ET
SEMEL IMPERATOR. CUM DEINDE PLURIS TRIUMPHOS MIHI SENATUS DECREVISSET. IIS SUPERSEDI
ET TANTUMMODO LAURUS DEPOSUI, IN CAPITOLIO VOTIS, QUAE QUOQUE BELLO NUNCUPARAM,
REDDITIS. OB RES A [ME AUT PER LEGATOS] MEOS AUSPICIS MEIS TERRA MA[RIQU]E PROSPERE
GESTAS QUI[NQUAGIENS ET Q]UINQUIENS DECREVIT SENATUS SUPPLICANDUM ESSE DIS
IMMORTALIBUS.
DIES, PER QUOS EX SENATUS CONSULTO [SUPPLICATUM EST, FUERE DC[CCLXXXX. IN TRIUMPHIS
MEIS] DUCTI SUNT ANTE CURRUM MEUM REGES AUT R[EG]UM LIB[ERI NOVEM. CONSUL F]UERAM
TERDECIENS CUM [SCRIBEB]A[M] HAEC, [ET ERAM SE]P[TIMUM ET T]RICEN[SIMU]M TRIBUNICIAE
POTESTATIS.
Ho trionfato due volte con un’ovazione e tre volte celebrai trionfi curuli e fui chiamato 21 volte
imperatore. quando il senato mi decretò diversi trionfi, li declinai tutti. Deposi solamente l’alloro dai
fasci in campidoglio, sciogliendo i voti che avevo pronunciato per ciascuna guerra. Per le imprese
condotte da me o dai miei luogotenenti, sotto i miei auspici, per terra e per mare in modo felice, il
senato decretò che si dovessero elevare suppliche agli dei immortali per 55 volte
non accettai la dittatura che fu offerta a me sia presente che assente dal popolo e dal senato sotto il
consolato di marco marcello e lucio arrunzio. però non rifiutai la cura dell’annona durante una grande
mancanza di frumento. E dopo aver fatto queste cose in modo non trascurato dopo pochi giorni liberai
dal pericolo presente e dal timore l’intero il popolo, con mie spese e a mia solerzia. non accettai anche
il consolato a me dato, sia annuale che perpetuo.
6.QUAE TUM PER ME GERI SENATUS] V[O]LUIT, PER TRIB[UNICI[A]M POTESTATEM PERFECI, CUIUS
POTESTATIS CON LEGAM ET IPSE ULTRO QUINQUIENS A SENATU DEPOPOSCI ET ACCEPI
Poi le cose che il senato volesse fossero fatte da me, le feci attraverso la tribunica potestà , in questo
potere io per mia stessa decisione chiesi e ottenni dal senato un collega.
7.. [TRI]UMV[I]RUM FUI REI PUBLICAE C]ON[S]TI[TUENDAE ANNIS CONTINUIS [DECEM. P]RINCEPS
SENATUS FUI USQUE AD EUM DIEM, QUO DIE SCRIPSI [HAEC, PER ANNOS] QUADRAGINTA.
PONTIFEX [MAXIMUS, AUGUR, XV VIR]UM SACRIS FACIUNDIS, VII VIRUM EP]ULON[UM, FRATER
ARVALIS, SODALIS TITIUS], FETIALIS FUI
fui triumviro per la ricostruzione della repubblica per 10anni continui. fui princeps del senato fino al
giorno in cui scrissi queste cose, per 40 anni.
fui pontefice massimo, augure quindecemviro, preposto a fare i riti sacri, settemviro degli epuloni,
fratello degli arvali, soldato di tizio e feziale
8.PATRICIORUM UMERUM AUXI CONSUL QUINTUM IUSSU POPULI ET SENATUS. SENATUM TER LEGI,
ET IN CONSULATU SEXTO CENSUM POPULI CONLEGA M. AGRIPPA EGI. LUSTRUM POST ANNUM
ALTERUM ET QUADRAGENSIMUM FEC[I], QUO LUSTRO CIVIUM ROMANORUM CENSA SUNT CAPITA
QUADRAGIENS CENTUM MILLIA ET SEXAG[I]INTA TRIA MILLIA. TUM [ITERUM CONSULARI CUM
IMPERIO LUSTRUM [S]OLUS FECI C. CENSORINO [ET C.] ASINIO COS. QUO LUSTRO CENSA SUNT
CIVIUM ROMANORUM [CAPIT]A QUADRAGIENS CENTUM MILLIA ET DUCENTA TRIGINTA TRIA
MILLIA. TERTIUM CONSULARI CUM IMPERIO LUSTRUM CONLEGA TIB. CAESARE FILIO] MEO FECI,]
SEX. POMPEIO ET SEX. APPULEIO COS. QUO LUSTRO CENSA SUNT] CIVIUM ROMANORUM CAPITUM
QUADRAGIENS CENTUM MILLIA ET NONGENTA TRIGINTA SEPTEM MILLIA. LEGIBUS NOVI[S] LATIS
ET REDUXI MULTA EXEMPLA MAIORUM EXOLESCENTIA IAM EX NOSTRA CIVITATE ET IPSE
PROPOSUI MULTARUM RERUM EXEMPLA IMITANDA POSTERIS.
durante il mio 5 consolato aumentai il numero dei patrizi per ordine del popolo e del senato.
tre volte scelsi i nuovi senatori e nel mio 6 consolato feci il censimento della popolazione con il mio
collega marco agrippa celebrando la cerimonia lustrale dopo 42 anni dall’ultima. In questo censimento
furono registrati 4 milioni 63 mila cittadini romani. poi ancora una volta feci un censimento con il
potere consolare, da solo, sotto il consolato di gaio censorino e gaio asinio. in questo censimento
furono registrati 4 milioni 233mila cittadini romani. e feci un terzo censimento con potere consolare
con il collega mio figlio tiberio cesare, sotto il consolato di sesto pompeio e sesto apuleio. in questo
censimento furono registrati 4 milioni 937 mila cittadini romani. Dopo aver promulgato leggi nuove,
proposte di mia iniziativa, riportai in uso molti costumi degli avi, che ormai nella nostra città non si
usavano più e io stesso ho proposto molti esempi che devono essere imitati dai posteri.
9.PRO VALETUDINE MEA QUINTO QUOQUE ANNO PER CONSULES ET SACERDOTES UT VOTA
SUSCIPERENTUR, SENATUS DECREVIT
il senato decretò che venissero fatti dei voti per la mia buona saluta per mezzo dei consoli e dei
sacerdoti ogni 5 anni. In questa occasione di voti spesso mentre io ero in vita facevano dei giochi.
10. NOMEN MEUM SENATUS CONSULTO INCLUSUM EST IN SALIARE CARMEN ET SACROSANCTUS IN
PERPETUUM [UT ESSEM ET, QUOAD VIVEREM, TRIBUNICIA POTESTAS MIHI ESSET, PER LEGEM
STATUTUM EST. PONTIFEX MAXIMUS NE FIEREM IN VIVI LOCUM,RECUSAVI, [POPULO ILLUD
SACERDOTIUM DEFERENTE MIHI, QUOD PATER MEU[S HABUERAT. CEPI ID SACERDOTIUM
ALIQUOD POST ANNOS, EO MOR[T]UO QUI ID PER CIVILES DISSENSIONES OCCUPAVERAT, CUNCTA
EX ITALIA [AD COMITIA MEA] TANTA MULTITUDINE, QUANTA ROMAE NUN[Q]UAM ANTEA FUISSE
TRADITUR, RECEP[I] P. SULPICIO C. VALGIO CONSULIBU[S].
il mio nome per decisione del senato fu incluso nel carme saliare e fu sancito dalla legge che finchè
fossi stato vivo, avrei avuto la tribunicia potestas. affinchè non prendessi il posto di un vivo pontefice
massimo, lo rifiutai, nonostante il popolo mi consegnava quel sacerdozio che mio padre aveva avuto.
accettai quel sacerdozio dopo qualche anno sotto il consolato di Publio Sulpicio e Gaio Valgio, quando
era morto colui che lo aveva occupato prima a causa del disordine interno, da tutta l’Italia ai miei
comizi veniva una moltitudine di gente che a Roma mai si era vista prima d’ora.
13. [IANUM] QUIRINUM, QUEM CL]AUSSUM ESS[E MAIORES NOSTRI VOLUERUNT, CUM [P]ER
TOTUM IMPERIUM POPULI ROMANI ESSET TERRESTRIS NAVALISQUE PAX, CUM PRIUSQUAM]
NASCERER, AB URBE CONDITA BIS OMNINO CLAUSUM [F]UISSE PRODATUR M[EMORI]AE, TER ME
PRINCI]PE SENAT]US CLAUDENDUM ESSE CENSUI[T].
il tempio di Giano quirino, che i nostri antenati vollero che rimanesse chiuso quando fu
vittoriosamente conseguita la pace in tutto l’impero del popolo romano attraverso il mare e la terra
prima che io nascessi da quando fu fondata la città si ricorda essere stato chiuso in tutto due volte, per
tre volte il senato decretò che dovesse essere chiuso sotto il mio principato.
15. par 1
PLEBEI ROMANAE VIRITIM HS TRECENOS NUMERAVI EX TESTAMENTO PATRIS MEI, ET NOMINE
MEO HS QUADRINGENOS EX BELLORUM MANIBIIS CONSUL QUINTUM DEDI, ITERUM AUTEM IN
CONSULATU DECIMO EX [P]ATRIMONIO MEO HS QUADRINGENOS CONGIARI VIRITIM
PERNUMER[A]VI,
alla plebe romana pagai a testa trecento sesterzi in conformità al testamento di mio padre e a nome
mio diedi 400 sesterzi a ciascuno proveniente dalla vendita del bottino di guerra quando ero console
per la quinta volta, ancora nel mio decimo consolato dal mio patrimonio pagai a testa 400 sesterzi di
congiario.
16 PECUNIAM [PR]O AGRIS, QUOS IN CONSULATU MEO QUARTO ET POSTEA CONSULIBUS M. CRASSO
ET CN. LENTULO AUGURE ADSIGNAVI MILITIBUS, SOLVI MUNICIPIS.
pagai ai municipi i soldi per i campi che durante il mio quarto consolato e poi durante il consolato di
marco crasso e gneo lentulo augure, assegnai ai soldati
17. QUATER [PECUNIA MEA IUVI AERARIUM, ITA UT SESTERTIUM MILLIENS ET QUING[EN]- TIE[N]S
AD EOS QUI PRAERANT AERARIO DETULERIM. ET M. LEPIDO ET L. AR[R]UNT[I]O COS. IN AERARIUM
MILITARE, QUOD EX CONSILIO M[EO] CO[NS]TITUTUM EST, EX [QUO PRAEMIA DARENTUR
MILITIBUS, QUI VICENA [AUT PLURA STI[PENDI]A EMERUISSENT, HS MILLIENS ET
SEPTING[E]NTI[ENS TI. CAESARIS NOMINE ET [M]EO DETULI
aiutai l’erario 4 volte con i miei soldi, così consegnai 150 milioni di sesterzi a coloro che
sovrintendevano l’erario. E sotto il consolato di marco lepido e lucio arrunzio, nell’erario militare, che
fu costituito da una mia proposta, perché da esso si prendessero i premi da dare ai militari che
avessero servito per 20 o più anni di servizio, misi dal mio patrimonio centosettanta milioni di sesterzi
20 CAPITOLIUM ET POMPEIUM THEATRUM UTRUMQUE OPUS IMPENSA GRANDI REFECI SINE ULLA
INSCRIPTIONE NOMINIS MEI.
rinstaurai il campidoglio e il teatro di Pompeo, entrambe con spese enormi, senza nessuna iscrizione
del mio nome
21par1 IN PRIVATO SOLO MARTIS ULTORIS TEMPLUM [FORUMQUE AUGUSTUM [EX MA]N[I]BIIS
FECI. THEATRUM AD AEDEM APOLLINIS IN SOLO MAGNA EX PARTE A PRIVATIS EMPTO FECI, QUOD
SUB NOMINE M.MARCELLI GENERI MEI ESSET.
Feci sul suolo privato il tempio di Marte ultore e il foro di augusto con il bottino di guerra. Presso il
tempio di Apollo su suolo comprato in gran parte da privati costruii un tempio, che volli fosse
intitolato sotto il nome del mio genero, Marco Marcello.
24. IN TEMPLIS OMNIUM CIVITATIUM PROV[INCI]AE ASIAE VICTOR ORNAMENTA REPOSUI QUAE
SPOLIATIS TEM[PLIS HOSTIS] CUM QUO BELLUM GESSERAM PRIVATIM POSSEDERAT. STATUAE
[MEA]E PEDESTRES ET EQUESTRES ET IN QUADRIGEIS ARGENTEAE STETERUNT IN URBE XXC
CIRCITER, QUAS IPSE SUSTULI EXQUE EA PECUNIA DONA AUREA IN AEDE APOLLINIS MEO NOMINE
ET ILLORUM QUI MIHI STATUARUM HONOREM HABUERUNT, POSUI.
ricollocai nei templi di tutte le città dell’asia, vincitore, gli ornamenti che, dopo aver spogliato i templi
nemici, aveva posseduto privatamente colui a cui guerra. Furono innalzate nell’urbe circa 80 mie
statue di argento, pedestri, equestri e sulle quadrighe, che io stesso rimossi e dal denaro ottenuto misi
a nome mio doni dorati nel tempio di apollo e a nome di coloro che avevano onorato le mie statue.
IURAVIT IN MEA VERBA TOTA ITALIA SPONTE SUA ET ME BELLO, QUO VICI AD ACTIUM, DUCEM
DEPOPOSCIT.
tutta l'Italia giurò di sua spontanea volontà fedeltà nelle mie parole e mi chiese come comandante della
guerra che poi vinsi ad Azio.
26 OMNIUM PROVINCIARUM POPULI ROMANI], QUIBUS FINITIMAE FUERUNT GENTES QUAE NON
PARERENT IMPERIO NOSTRO, FINES AUXI. GALLIAS ET HISPANIAS PROVINCIAS, I[TEM GERMANIAM,
QUA INCLU]DIT OCEANUS A GADIBUS AD OSTIUM ALBIS FLUMINIS PACAVI, ALPES A RE]GIONE EA
QUAE PROXIMA EST HADRIANO MARI [AD TUSCUM IMPERIO ADIECI, NULLI GENTI BELLO PER
INIURIAM INLATO. MEO IUSSU ET AUSPICIO DUCTI SUNT [DUO] EXERCITUS EODEM FERE TEMPORE
IN AETHIOPIAM ET IN AR[A]BIAM
Allargai i confini di tutte le province del popolo romano, con le quali erano confinanti popolazioni che
non erano ancora sottoposte al nostro potere. Pacificai le province delle Gallie e delle Spagne, in quella
parte che confina con l’oceano, da Cadice alla foce del fiume Elba. Aggiunsi all’impero le Alpi, dalla
regione che è prossima a mare Adriatico fino al Tirreno, senza aver portato guerra ingiustamente a
nessuna popolazione. Per mio comando e sotto i miei auspici due eserciti furono condotti, all’incirca
nel medesimo tempo, in Etiopia e nell’Arabia
27. AEGYPTUM IMPERIO POPULI [RO]MANI ADIECI. aggiunsi l’egitto all’impero del popolo romano
31. AD ME EX IN[DIA REGUM LEGATIONES SAEPE] MISSAE SUNT NUMQUAM ADHUC VISAE APUD
QUEMQUAM ROMANORUM PRINCIPEM.
furono mandate a me dai regni dell’india, spesso, ambascerie, mai viste prima di me da nessun
comandante romano.
Quando ero giunto al tredicesimo consolato, il Senato, l’ordine equestre e tutto il popolo Romano, mi
chiamò padre della patria, decretò che questo titolo dovesse venire iscritto sul vestibolo della mia
casa, e sulla Curia Iulia e nel Foro di Augusto sotto la quadriga che fu eretta su decisione del Senato, in
mio onore. Quando scrissi questo, avevo settantacinque anni.