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Versione T69, pag 114 “Il culto di Cerere e Libera a Enna”

Antica è questa credenza, o giudici, che persiste dall’antichissima letteratura dei Greci e dai ricordi, che
tutta l’isola di Sicilia è stata consacrata a Cerere e Libera. Poichè altre genti credono così, allora gli stessi
Siciliani si sono convinti di ciò tanto che sembra che sia innato e insito nella loro anima. Infatti si crede
che queste dee siano nate in questi luoghi e le messi siano state inventate in questa terra per la prima volta
,e che sia stata rapita Libera, che chiamano ugualmente Proserpina, e questo luogo ,poichè è situato al
centro dell’isola, è chiamato ombelico di Sicilia. Si dice che Cerere poichè voleva cercare e seguire le
tracce di questa, accendesse le torce con gli stessi fuochi che erompono dalla cima dell’Etna ;(si dice
che)queste viaggiassero per tutto il mondo (tra loro mentre lei stessa procedeva) Enna dunque dove si
ricordano esserci queste imprese che riferisco, si trova in un luogo altissimo e prominente , dove in cima
ci sono pianure di campagna e acque perpetue , è stata tutta limitata da ogni ingresso e conformata,
intorno al lago e al bosco ci sono numerosi e gradevolissimi fiori ,ogni periodo dell’anno ,lo stesso luogo
dove sembra che sia accaduta quel ratto della vergine di cui siamo venuti a conoscenza da bambini

Versione t49, pag. 99 ,Ambasceria di Giugurta a Roma


Aderbale, sebbene avesse mandato a Roma degli ambasciatori che informassero il senato dell’uccisione
del fratello e dei suoi beni, tuttavia fiducioso nella moltitudine di soldati si preparava a combattere. Ma
non appena le cose giunsero alla lotta, essendo stato vinto fuggì dalla battaglia nella provincia e in seguito
andò a Roma. Allora Giugurta, terminati i consigli di guerra, dopo che si era impossessato di tutta la
Numidia con impeto considerando di temere il popolo romano e contando di non avere speranza
contro la sua ira se non nell’avarizia della nobiltà e nel suo denaro. Così in pochi giorni mandò a Roma
degli ambasciatori con molto oro e argento a cui ordinò per prima di riempire i vecchi amici di doni, poi
di conquistarne nuovi, infine di non dubitare a procurare qualunque cosa possano elargendo.

Versione T57, pag 103


Allora erano praticati i buoni costumi della casa e della vita militare; la concordia era massima, la
discordia minima. La giustizia e il bene avevano influenza su di loro non più con le leggi che con la virtù
naturale. Contro i nemici praticavano litigi, dissidi, rivalità; i cittadini gareggiavano con i cittadini in
virtù. Erano splendidi nei sacrifici agli (dei), sobri a casa, fedeli agli amici. Con queste due arti, con
coraggio in guerra , dove la pace era stata raggiunta con moderazione , si prendevano cura sia di loro
stessi sia della repubblica . Di queste ose io ho numerosissime prove, che in guerra più di una volta si
punì quelli che avevano combattuto in ostilità e che fatti indietreggiare si erano allontanati dalla
battaglia, dopo che questi avevano osato disertare o sconfitti abbandonare la posizione; in pace in realtà
praticavano il potere con favori e subita un’offesa preferivano perdonare invece di perseguire.

Versione T61, pag. 105


Ma questo stesso rimasto pochi giorni presso C. Flaminio nel territorio di Arezzo mentre fornisce armi al
vicinato precedentemente incalzato, con i fasci e con altre insegne di potere nell’accampamento si dirige
verso Manlio. Quando ciò è noto a Roma, il senato giudica Catilina e Manlio nemici, a tutta la folla
rimanente fissa un giorno prima di cui è lecito deporre le armi senza danno, fuorchè ai condannati a
morte. Inoltre stabilì che i consoli facessero arruolamento, che Antonio con l’esercito finisse di dare la
caccia a Catilina, che Cicerone fosse in difesa della città. In questo periodo il potere del popolo romano
mi sembrò sommamente patetico. A questo, poichè ogni cosa sembrava vinta con le armi , in casa
affluirono ozio e ricchezze, che i mortali considerano di primaria importanza, tuttavia furono i cittadini
che procedettero a mandare in rovina con animi ostinati se stessi e la repubblica romana. Infatti con due
decreti del senato di fronte a tanta moltitudine nè indotto da un profitto aveva svelato la congiura , né
nessuno si era allontanato dall’accampamento di Catilina. Tanta forza del male….. aveva invaso molti
animi di cittadini.
T62, Pag 105, “Morte dei Catilinari nel carcere Tulliano

Dopo che , come ho detto, il senato ebbe accolto la proposta di Catone , il console, deciso che (fosse)la
cosa migliore nel farlo la notte che stava per arrivare, affinché nulla in quel periodo cambiasse, ordina ai
triumviri preparare le cose che l’esecuzione richiede. Egli stesso, disposte delle guardie, condusse giù nel
carcere Lentulo; la stessa cosa fu fatta per gli altri pretori.C’è un luogo nel carcere, che è chiamato
Tulliano, dove si sale un poco al lato sinistro, sommerso circa dodici metri sotto terra. Delle pareti e
inoltre una volta collegata con pietre fornici lo fortificano da ogni parte; ma anche il suo aspetto è terribile
per la trascuratezza, le tenebre e l’odore terribile.Dopo che Lentulo fu fatto scendere in questo luogo , i
vendicatori di pene capitali, a cui era stato ordinato (ciò), gli tagliarono la gola con un cappio. Così quel
patrizio dall’illustrissima famiglia dei Corneli, che aveva avuto il potere consolare a Roma, incontrò una
morte degna dei suoi misfatti. La pena fu inflitta nello stesso modo a Cetego,Statilio, Gabinio , Cepiore.

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