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colonia d' Aquin<>. - LXXXIX. Parte OtoneI ai fratello SàIvio TlZiano affi.
data la p@Wica 'l1Ùete e cura.
• re.. paliano comirlc;ò ee, Tacito nac'lue t come credesi, in Terni il 5'"
dell' era volgare, 807 di Roma: fu queslau sotto Veopuiano, e d.' quindeceaviri
aihiIlini. SpOIÒ la figliuol. d'Agricola, • lasciò Roma per alcun tempo. {:i tornò
negli ultimi lempi di pOlDi.iano, • fu ccnsole w&tiiuito scue il regno di l'ferva.
Congeltorui che mori... oltuagenario vellO il t 3:. di G. Cristo.
t QIUlUl"O imperadori, cioè Gaiba, Olone, Vilellio e Domiziano.
"$ tre gru ..... civi/i.; cioè,.Ua Olone e Vilellio, tra Vi~lIio e Vlllp..iallo••
tra lo. hlonio e Dcmisiano,
• del/allo Nerone. Vedi appre..o, lib.lI, 8.
5 rovi".te città: Ercolani e Pompei, per le eruzioni del Vesuvio, l'Inno di
Roma 832, secoado di Tito: nel qual diUllro l'ed ancbo l'lillio ~ Vec.ebio.
e poteuA intima. Lat.: .. "t.riore". potenuam; IO cioè nel l'alano del
principe.
r: ~---.
tica. Olìre alli molti casi umani, in cielo e terra folgora am- 14
monitrici, segni e prodigii , lieti, tristi, scuri è chiari. Né iIlI
mai fu per si atroci mali del romano popolo, conosciuto si 'tJ
bene èhe gl' iddii non curano la salute nostra, si bene i ga- ~
stighi. l ,
I ~
..
iO IL usao PIlUlO DELl.E STOBIE.
l
IL LIBRO PBDlO DELLE STORIE.
telac ...o clegEIl_altooo.N.l lat •• pl,. p'rum legere" .'bl .ICaDche di-
boria: • cbe ua prude el.ggl uu I1tro prode. _ E .ce.DDa I UD .ntico UIO della
mili.ia, pel qual., cbi flcna la l.va el.ggeva un certo aumere d.' migliori, • po-
leil d,," a '1DOIti facoltà ebe ciascuno .I.gg.....i nno o più compagni in cui i'ià'
li Ild..... Oade Ia Iceueica•• pir viram legit- è divenuta quasi prov.rbial ••Virlll-
lio, lE". XI, 632, l'usI I aigni6cI" cbe n.lla bauaglia ogni prode d••igoa tu'llI'
miei aD'altro prod.per mùaurù con lui.
u.
IL LIBRO PRUIO DELLE STORIE.
.0.
altro, venendo sempre peggiori avvisi: fuggendosi molti,
'discostandosi tutti,che prima mostrarono tanta fede e co-
della legion ventunesima, che rubò certe paghe che gli El-
vezi mandavano alle guardie d'una loro forteza, Di che sde-
gnali ritennero, un centurione eon alcuni soldati, intercelle
le lellere del germanico esercito alle legioni di Pannonia.
Cecina bramoso di guerra, non dava lor tempo di pentirsi,
.per gastigarli, Subito mosse il campo: diede il guasto al con-
tado: saccheggiò quel luogo, per lunga pace fattocome una
città, ameno e frequentato per saluliferi bagni. Mandò a
.dire agli aiuti retini, che dessero alle spalle agli Elvezi ri-
voltati contro alla legione.
LXVIII. Essi innanz! al pericolo Ceroci, in su') fatlo
codardi, se ben fecero nel principio lor capo Claudio Severo,
non conoscevano armi né ordini né eran d'accordo. Com-
battendo con pratìchisslmì , andavano al macello. Pericoloso
era l'assedio dentro a mura vecchie e scassinate. Di qua era
Cecina con Corteesercilo; di là i Reti, fanti e cavalli, armi-
gera e ben' istruita gioventù: sacco e sangue per tutto, Onde
essi cosi rinchiusi, confusì e parte feriti, Cuggirono, gittate
giù l'armi, al monte Vocezio. 1 Caccionneli una coorte di
Traci mandatavi. Germàni e Reti tenner loro dietro, e per
le selve e tane ne tagliarono a pezi molle migliaia, e molte
vendéro alla tromba." E ogni cosa spogliato, tirando aUa
volla d'Aventico a loro metropoli, Curon mandate e accettate
le chiavi. Cecina uccise Giulio Alpino, come sommovilore
della guerra: gli altri rimise alla discrezione di Vilellio.
LXIX. Non sarebbe agevole a dire se.gli ambasciatori
elvezi trovassero più invelenito l' imperadore o .i soldati,
che,' chiedendo lo sterminio di quella città, con le mani e
con l'armi, vanno in su 'l viso agli ambasciadori, e Vitel·
lio raffibbiava ~ parole e minaccer. ma Claudio Cosso uno di
essi, famoso dicitore, con accorta natura velando sua arte,
però più creduto, mitigò i soldati: i quali, come Ca il volgo,
che, tosto mutandosi, corre alla misericordia, quanto s'era
SOMMA.RIO.
. IsollilVili
C07ll01i.
I
M. S1LVIO OTONB AUG.
L. S1LVIO OTONB TIZI1NO.
'1" J L. V,BG,N,O RUFO la le-
S oli. u~h conda "olia.
An. di R. DCCCUII. (di Cr. 69). Co,nol>. POMPBO VOPISCO.
SOl li lUUi
, ConIOIi.
I CELIO S1BINO.
T. FLAVIO S1BINO.
,Sodilu!ti
Comol>.
l T. ABBIO ANTONINO.
P. MARIO CBLSO.
sinoa che non è dato. Tanto pm che il giovane era per na-
lura d'ogni grandeza capace, beUo, con una certa maest!;
le cose di Vespasiano prospere; in Cavore i ri8poDsi, e la
Cortona che, negli l!-nimi inclinati a credere, val per tatto.
Gionto in Corintn, città di Acaia, ebbe avvisi certi della
merte di Galba, e gli era detto che Vitellio era armato, e
Caceva guerra: dal che travagliato, Cece con pochi amici con-
siglio di totto. «S'io seguito il viaggio di Roma, preso per
allri onorare, chi me ne saprà grado'! sarò statico di Vitel-
lio o d'Olone. S'io torno addietro, oll'endo al certo chi vin-
cerà, mentre se ne dubita: se mio padre s'accosterà a ono,
io figlioolo sarò scosato: se cercherà l'imperio per sé, che
importa oll'endere, se si tratta di guerra'! »
II. Dibattato per tali discorsi da timore e speranza, que-
sta superò, e tornò indietro. Alcani dissero per martello l
della reina Berenice. TIgiovane non le voleva male, ma non
lasciava le Caccende perciò: Ca giovane allegro e di piaceri:
più modesto neU' imperio soo che del padre. Costeggiate
adunque l'ACaia e l'Asia e la banda sinistra, navigò a Rodi,
in Cipri; indi più ingolfato, in Soria. Vennegli disio di visi-
tare il tempio di Venere in paro,' celebrato da'paesani e
da'Corestieri. Tedio non fia dir qui brevemente l'origine di
questa divozione, il sito del tempio, e la Corma della dea,
dift'erente da quella degli aUri luoghi.
III. L'antica memoria Ca il tempio edificato dal re Ae-
ria: I alcano dice che questo è il nome di essa dea: la moderna
Cama è che Cìnara ' sagrò il tempio. Venere, nata del mare,
quivi arrivò: la scienza e arte dell' indovinare vi portò Ta-
mira di Cilicia; con patto che i discendenti saoi e quei del
re governassero la religione. Poscia, perché i reali avessero
d'onore alcun vantaggio da' Corestieri, qaesti cederono a
• pero m",./ello, perebè martellalo dall' amore.
I Ciu. doli' ilola di Cipro.
, .I.,.,,,. Vedi An. III, 6S•
• Ci..,,.,,. Elicbio lo dice 6glio di Apolloe di F.rnaet. Omero (lliad., XI,
JO)dice ch'.gli dODò ad Ag.m.aaoa. aaa Ieriea ,
••••••••• QDlDdo etrepitose In Cipro
Cone I. ramI. che l'Ac:bha armatI.
V_ Troi. epl.su do... J...le.
(IIonl·1
:iO
.
114 IL LIBRO SBCOl'lDO DaLLB STOBla.
I
I leI._I. Ile' .,.1. purglU dii vizi.
Ftlr'e ••l11 pii 'irti) qui ligoi6co •ror. o chi più rubo., secondo il
Ialo che Il• • rtl""" Ire•• Mo Dell'wo COIIIlllle, Far. d'"".. C084 .. c"i più
li... ~ ID P.r. fI ti,." ti,.", v.le CDft'f'fI,,,,,,.UtI 9;V'''''Dd ••
S il/.. d.' "."rr.",.,,". Lesse' .b.ll4 ~/If".~ Altri lemplicemeo!e,
• "eli_.•
lS6 IL LIBRO SECONDO DELLE STORIR.
, la .punCò da '1ft.ila valorosa parola, polè fare che eli. dice..e di.er-
IImente, o ceuasae da quel valorosoparlare.
IL LmBO SECOllDO DELLE STOBIB. 89
l'armala d' Otone pigliava la nerbonese, I già giurala a Vi-
tellio, e ambaseiadori I di quelle città a chieder llOCCOrBO.
Ifandovvi sotto Giulio Classicodue coorti de' Tungri e quattro
bande di cavalli e tutti i cavalli treveri: parte ne rimase iD
Fregius, acciocché mandaudOBi tutte le forze per terra, non
sopraggiugnesse loro l'armala del nimico, non ellllendo guar-
dato il mare. Dodici frotte di cavalli e un fiore di fa~ti, con
una coorte di Liguri, antica guardia del luogo, e ctuquecento
novelli Pannoni sfidarono il nimico; il quale llenza iudugio
accettò. Ordioaronsi in questa guisa. Tenevano le colline in
su 'l mare parte de' soldati d'armata mescolati con paesani;
il piano tra i colli e 'l mare, pretoriani. Nel mare i vascelli
accostati, e volti a terra stavano pronti minacciando. I Vi-
telliani forti di cavalli più che di fanti, mettono gli alpi-
giani sopra i colli, le coorti con le me serrate dietro a' ca-
valli. Le frotte de' Treveri male accorte si presentarono al
nimico, e turono da' soldati vecchi ricevute; e co' sassi in-
contanente le percosse per fianco una mano di paesani from-
bolieri ottimi, che mescolati tra' soldati, facevano nella vit-
toria le stesse prove si i codardi come i valorosi. E per più
terrore, que' di mare gl' investirono alle spalle; e cosi cir-
condati, erano disfatti tutti, se la notte non copriva i fuggenti.
XV. Non quietano i Vitelliani perciò; chiamano aiuti;
e'I nimico, per lo successo negligente e sicuro, assaltano,
Ammazano le scolte, sforzano il campo,e l'armata spaven-
tano; sinchè gli otoniani, ripreso animo a poco a poco e di-
fesi da un coDe vicino, corrono loro addosso. La strage fu
atroce; i capitani tnngri, tenuta un pezo la puntaglia,' op-
pressì caddero. Né senza sangue vinsero gli otoniani, per-
ché, per troppo oltre seguitar i nimiçi, da certi cavalli che
rivoltaron faccia, furono circondali. E quasi fatto tregua,
perché l'armata di qua e l cavalli di là non si Infestassero,
si ritirarono i vitelliani in Antibo terra della provincia ner-
bonese, e gli otoniani in Albenga di Liguria •.
h
n. LIBRO SECONDO DELLE STORIE. 61
XVIII. Sporinna, che teneva Piacenza, sapeva non esser
vero, e voleva, se si accostasse, non uscire, nè avventurare
tre coorti pretoriane e mille soldati d'insegne con pochi
cavalli, contro a un esercito di veterani. Ma que' soldati no-
velli e sfrenati, ritte le insegne e bandiere, saltan fuori: al
capitano che vuoltenerli, voltan le punte: sprezano i centu-
rioni e tribuni: gridano esservi tradimento: è Cecina chia-
mato. Spurinna seguitò lor pasta, prima per forza, poi finse
di consentirvi a fine di persuaderli con più autorità, se si
mitigassero.
XIX. Giuntialla vista del Po , e facendosi notte, parve
da porre il campo. Questa fatica non usata, a' soldati della
cUtà tolse animo, e ripenlivansi; e mostravano i più posati,
a che pericolo si mettevano d' essere inghiolliti si pochi in
pianura da Cecina con tanto esercito. E già per tutto il
campo parlavan meno allieri, frametlendosi i centurioni e
lriboni, e celebrando lo gran vedere del capitano d'avere
scelto per forteza e piaza di tulta la guerra quella forte e
ricca città. Spurinna non tanto rimproverò, quanto con le ra-
gioni mostrò la lor colpa, e tutti, dalle spie lasciatevi in poi,
li rimenò in Piacenza meno fastidiosi e più ubbidienti. For-
tiieò le mura, fece bertesche, I alzò torrioni, vi provvide
l'armi, e misevi la' riverenza e voglia d'ubbidire; di che
quella parte, per allro valorosa, mancava.
XX. Cecina, come avesse dietro all' alpi lasciata la li·
eenza e la crudeltà, passò per l'Italia modestamente. Superbo
parve aUe terre e città col dare alle persone togate udienza
in saio di più colori, e braconi alla barbara. E Salonina sua
moglie, benchè a niuno nocesse, offendeva cavalcando so-
pra nobil palafreno coverto di porpora: vedendo noi per
nalura la nuova fortuna altrui con mal occhie, e niuni esli-
mando doversi moderare più di quei che già ci vedemmo
ell.uali.' Cecina passò il Po, e' con trattato e promesse tentò
~li otooiani nella fede; e fu lenlato altresì: andaro aUOTn6
l come va il popola.o eco Vedi la nota al cap. 29, lib. I degli Annali, alle
parole: o 4.JSO o sei.
, tentcti ti b adalncco , tenuti a bada. Lat.r ti tnnrqnnm !ral4de et cl,n.
ctatìonibus Valentis prrelio drfi,;sscnt. JJ
IL LIBIO SBCONDO DELLE STORIE. 67
valol'OBi; magnificandoli per più scusa e men dispregio del-
l'essere stati vinti. E quantunque Valente avesse piu legioni
e aiuti quasi il doppio, i soldati nondimeno inchinavano a
Cecina, come più benlgao, giovane, alto di persona, e per
una cotal vana loro compiacenza. Onde si astiavano, e ride-
vansì, Cecina delle codardie e macchie di, Valente; questi,
della gonlìeza e vanità di Cecina. Ma celato l'odio, tiravano
a un segno; I ed a Otone scrivevan lettere vituperose senza
pensar a quel che poteva avvenire; quando i capitani d'Oto-
ne, che avevan che dire molto più di Vitellio, se n'astene-
vano. .
XXXI. Perché veramente innanzi che facessero la lor
fine, Otone egregia, e Vitellio sceleratissima, si avea men
paura de' vili piaceri di costui, che delli appetiti ardenti
d' Otone. Era questi divenuto tremendo e odioso per la morte
di Gaiba: quegli, dell'origine della guerra da niuno imputa-
to.' ViteUio era per lo ventre e per la gola nimico a se stes-
so. Otone-, con lo spendio, crudeltà e audacia, pareva alla
republica più dannoso.
Tosto che Cecina e Valente furon congiunti con tutte
le forze, non avrebbero differita la giornata. Otone fece
consiglio, se la guerra si dovesse trattenere, o provar la
fortuna. Parve a Svetonio Pauli no, tenuto lo più scaltro
guerriero de' suoi tempi ,appartenerglisi discorrere di tutta
la guerra; e conchiuse che a' nimici bisognava sollecitare, a
loro indugiare.
XXXIl. cc Essere l'esercito di Vitellio comparito tutto,
e poco potersene aspettare, per essere le Gallie sospette, e
non metter conto abbandonar la ripa del Reno, perché v'en-
trino nazioni tanto moleste: i soldati d'Inghilterra aver che
[are con que' nimici: essere il mare in mezo: 3 armi alIe Spa-
gne non avanzare: la nerbonese per le galee, e per la rotta
ancor tremare: l'Italia di là dal Po essere dall' Alpi chiusa,
& t;ra.,dJlO a l'n, ,ero" miravano a UD intento medesimo.
I da ";""0 imputato; pncbè it;Davissimo, nulla avrebbe osato da se, le
non fOSJe stato meno su da Fabio Valente e da Cecina , 'Yogliosi di far novità.
J _l,ere il mare jJl meao: il britaneicc esercito esser trattenuto quindi
dal nemico , quincj diill mare. Lat.r I l Britnnntcum "mi/Uem host« et mrrri di-
stineri, Jf
68 IL LIBRO SECOND6 DBLLE STORIE;
per mare non soccorsa,I e guasta nel passar solo dell' eserci-
to, che non ha onde cavar da vivere, e digiuno non può du-
rare: que' corpi calosci t de' soldati Germani, che sono i più
atroci e i più feroci che i nimieì abbiano, condotti nella sta-
te, non reggeranno alla mutazion del paese e dell' aria: -es-
sere molte guerre possenti e furiose, svanite per tedio e lun-
gheza. Essi avere all' incontro tatti i comodi, fede per tutto.
La Pannonla , Mesia, Dalmazia, co' loro eserciti non tocchi.
Italia e Roma capo del tutto, il senato e'l popolo, non mai
scuri nomi, 8 se ben talora UD poco rannngoiati: rìeeheze infi-
nite, pubbliche e private, e contanti, che nelle discordie cit-
tadinesche vagliono più che'l ferro: soldati di complessione
avveza all'Italia, o a' climi ca1di: difenderli il Po e sicure
città per mura e uomini; Piacenza difesa aver chiarito che
niana s'arrenderebbe. Trattenesse per tanto la guerra pochi
giorni sino all'arrivo della legion quattordicesima di gran
nome per sé, e con gli aiuti di Mesia; e se allora, fatto nuovo
consiglio, paresse, con le forze cresciute si combatterebbe. Il
XXXIII. Del parere di Pauli no fu Mario Celso: e cosi
consigliò Annio Gallo mandatone a domandare, perché era
poco innanzi caduto da cavallo. Otone voleva dar dentro: a
Tiziano 8UO fratello, e Procolo prefetto del pretorio, come Il
ignoranti, parea mill' anni; l e col dire che la fortunae gl' id-
dii e'l genio d'Oione cosi lo consigliavano e l'aiuterieno; con
folle adulazione tolsero animo di replicare. Risoluto il com-
battere, si disputò se l'imperadore doveva trovarvisi o 110.
Gli autori del mal consiglio lo spinsero a ritirarsi in Brescel-
lo; levarsi dalla fortuna, e serbarsi all'ultimo uopo, e all'im-
perio. Questo giorno fu la prima ~ovina d'Otone, essendo
seco partito il meglio de' pretoriani, cavalieri e alabardieri,
e caduto l'animo a' rimagnenti: perché i capitani eran so-
spetti, e Otone (di cui solo si fidavano i soldati, ed egli a lor
« non soccorsa, perché tutte le flotte erano per Olon~~
, corpi calosei; fiacchi J s6brati. Così più avanti, cap. 93: Que' corpi
(C
cagionevoli àe'Tedeschì e Francioaiç non sofFerendo il gran caldo, nel vicino Te-
vere si gittavano J e ammalavami. " .
J non mai .fCll.ri nomi. Più veramente e senza reUorica dice 10 storico (SI.
1,55): CI nomi già spenti del senato e popol romano. t •
.t. parea miU' an,,;; l'area sovercbio l' indugio, e insistevano di far presto.
IL LIBRO SEcmlDO DELLE STORIE. 6$1
soli dava credenza) avea lasciato in compromesso l'autorità
de'capi.
XXXIV. Ogni cosa sapevano i vileUiani da molti fuggi-
tivi che sono nelle guerre civili: e le spie, per volontà d\
spiare i falli d'altri, scoprivano i loro. E vedendo Cecina e
Valente il nimico armeggiare, saldi e attenti lo lasciavan (il
che è savìeza) far sacco nella stoltizia; I fingendo voler pas-
sare il Po contro a' gladiatori per un ponte, cominciato, per
non impigrire i soldati, di navi equidistanti incatenate con
travi, per resistere alla corrente; con l'ancore all'errate per
tenerlo fermo; co' canapi lunghi, per alzarsi col fiume quando
egli ingrossa; e con una torre in su l'ultima nave del ponte.
per tenere, sparando tiri; il nimico.discosto.
XXXV. Gli otoniani ne fecero on' altra in su la ripa, e
tiravano sassi e fuochi. Il fiume faceva un' isola: brigavano
d'enttarvi i gladiatori in barche: i Germani a nuoto passa-
vano loro innanzi. Macro vedendone passati molti, empiè le
barche de' suoi più feroci, e quelli assali. Ma non combat-
tono i gladiatori col coraggio de' soldati: e barcollando nel
fiume, non aggiustavano le ferite, come quelli a piè fermo
in ripa. E .cadendosi addossò rematori e soldati. qua e là,
spaventati diversamente, i Germani si gitlan nell' acqua:
atlaccansi alle poppe: montano in su le corsie: affondano i
vascelli in so gli occhi 11' ambi gli eserciti, con tanta alle-
greza de' vitelliani, quanta rabbia delli otoniani, che be-
stemmiando quella rolla e chi n'era cagione, ruppero i va-
scelli salvati, e finirono la battaglia con la fuga.
XX XVI. Gridavasi, « Muoia Macro; » e già ferito da lon-
tano di lancia, gli erano addosso con le spade; ma tribuni
e centurioni accorsivi lo salvarono. Non guarì dopo, Vestrì-
cio Spurinna, d'ordine d' Otone, lasciata poca guardia in
Piacenza, venne con le forze a soccorrere. E Olone diede
a Flavio Sabino, disegnato consolo, la carica di quelle genti
ehe aveva Macra: piacendo a' soldati questo scambieltar ca-
f lo Iasctavan .... fn;' sacco nella stoili&ia... aspettavano cb' 'Sli restasse at
)~io della sua medesima stoltezu.Lat.: _lIlienllm stultuiem opper;e!Jarttl"·.N
V~di ,,4.... , IV, 60; Slor.IV, .9. (
'10 IL 1.11180 SECOIlDO DaLLE STODE.
I balt."do, tornado.
S de] "0" da,. d.",,.o. Del Doa aUaccar la bau.glia.
~ Tadlo e Plutareo VIa qui lì d' accorde , che o qutlli h. 100'e da "..Uo,
o alD~duc hanno .Uinto iii un' i)lesu sorgente, Y.eùi i" 01011_ t'. G.
12 IL LI~RO SECONDO DELLE STORIE.
_i.
ora lali .....0 di me, ....ggeado me Il.110 r.Uo deg"" cii Il .fFeuuo.. dimo.tn..
•ioni. Ma Don vogliate negarmene UDa masgiore, la qual è di lasc:iarmi ODon"o!-
mori .. per t.oli <iu.dioi • Il raui. Se meritevole Itato io 0000 di otteoer
l'impero rom.oo, d'uopo Il.b'io uoo mi .chi.i di lpeoder la ..ila. pro den.
tria. So beoillimo, <h. i oemici DOO baooo DDa .iuoria ferma • aicun. Riferito
p"
ci vieDe che la milizia, che move per Doi dana Misia, noa ;, già lontana molti
Sioroi di Itrad.: per ooi giù seeudono al mare Adri.tico l'A.i. e la Siria •
l'Esitto: eia r...or oodro pur .000 l. truppe cbe guerr.ggiaoo eentro i Giud.i I
e il _ o altresl Il per noi: • • 000 già io nostro poI... i figliaoli d.' n.mici • l.
mogli. Pure la,guena, che noi facciamo, noa è già in difesa dell' Italia contro di
Anoiba1e o di Pirro O dei Cimbri, ma .11' è contro dei Romaoi; ·ood. tanto ..io-
citori quaoto .. iati Id ofFeoder ... niamo la patria: imperciocchè, ciò cb. è beae •
ehi ..iace, toro. oempte. daODO di Cred.temi pur., ch'Io pOliO ora più glo-
rioaameale morire che r.goa.. , Don gg.odo com' es io po... di t.oto".D-
uggio ai Romaoi col ..ineere, di quaolo pOliO loro rne dando morte I me
ateuo pa- lo pace e eoocordi. di loro med.limi,. percbè più 000 .bbia l'Itali.
a wdere nD giorno così 10ltaOlo•• (Traduaioo. di G. Pompeì.)
---------
76 IL LIBRO SECONDO DELLE STOBÌE.
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IL LIBRO SIlGOl'lDQ DIlLLB S'rOmB. '79
VaDO con ogni uideza il sagro e 'I profano. Baleoni uecieero
lor nimici,privati sotto spezie di soldati d' Otone. I pratichi
del paese volevano in preda i terreni grassi e i padron ricchi.
Chi replicava uccidevano: né ardivano i capitani, a loro
obbligatissimi, rattenerli, Cecina meno avaro, ma più ambi-
zioso; Valente, per li brutti guadagni, infame: però all'allrui
colpe chiudeva gli oechì, Ilalia già macinata non poteva pià
tollerare tanti soldati e cavalli e danni e òllraggi.
LVU. Qoando Vitellio, non sapendo di sua vittoria, ve-
Diva Yia come a viva guerra eol rimanente delle forze di Ger-
mania; lasciati pochi soldati vecchi nelle guarnigioni, avendo
in foria fatto genti nelle Gallie per rinfrescar le legioni che
rimanenDo. La goardia dellaripa commisse a Ordeonio FIac-
co: egli con ottomila Inghilesi di più, camminalo poche giollr
nate, intese la vittoria di Bedriaeo: e finita la vila IfOlolJe e
la guerra. Chiama a parlamento, e alza al cielo la virlù de'
soldati: raB'rena l'adulazione disonesta di qoeHi domandanti
lotti che facesse cavaliere Asiatico suo liberto. Poseìa per
deboleza, quel che negò io pnblìco, fece a ona cena: e
delli anelli onorò 4,siatico schiavo vituperoso, che s'aggraD-
diva per trìstlzie,
L vln. In qoe' giorni vennero avvìsì, che ambe le Mail-
ritanie s' eran volle a Vitellio, avendo morto Loceio Albino
procuratore. Gostut messo da Nerone a governo della cesa-
riense, e da. Gaiba della tingitana, avea non poche forze.
Diciotto coorti, cinque cornette, i gran nomero di Mori, gente
assassina, rapace, e perciò da guerra. HorlQ Gaiba egli s'ae-
costò a Otone; e non baslandogli l'Alfrica, ucceìlava alla Spa-
gna, divisa da poco stretto. Clovio Rufo avendone paura, al
lilo accostò la legion decima per passare; e mandò innanzi
centurioni a tirare i Mori a divozion di Vilellio. Poca fatica
dorarono per la fama del germanico esercito per lolto'l mondo.
E dicevasi che il proccuratore AlbiDo, prese l' insegne regie,
8' intitolava il re Iuha.
LÌX. Onde, mutati gli animi, uccisero Asinio Pollione
• ci"ql<e cornett«; La cornelia ~ un'in,egna propria d'un drappello cli <2-
Talltria, e la"'olla, -come qui, piglia.i pel drappello medeaimo. Cosi travasi anche
più nanli; Iii>. 111, 2.
80 IL LmRO !BeONDO DILLI STORII.
J
IL LIBRO SECONDO DELLE STO.IL
nella civil guerra che gli altri non usavano neHa pace: col
lener forle di non largheggiare a' soldati, l'esercito faceva
migliore. Con ambasciadorì Cermò il Parlo e l'Armeno, per
DOO aver molestia alle spalle, ~Dude di fone, occopale in
guerra civile. Parve che Tilo doveue leDer la Giudee, e Ve-
spasiano la chiave d' Egilto. E che ad atrl'ORtar Vilellio ba-
slasse parte delle forze, lIociano capo, il nome di V8Ipuia-
no, e il destino, che laUe pnole. Si serìsse a hJlti gli eser-
citi e legali, che a ciascUDo dei pre&oriani da Vilellio casei e
offesi, offerissero il soldo.
LXXXIIL Muei3JK) COIl genie spedita, a gaisa di com-
pagno dell' imperio, DeD ministro, marciava né adagio, per
niuna paura mostrare, nè rallo, per dar tempo alla fama di
crescere; sapendo d'aver poche forze, e credersi le cose 100-
tane esser maggiori. Ha 'dietro gli veniva la legion sesta con
grande squadra di tredici mila ve88i11ari. L'armata aveva
fallo venire del mar Maggiore a Goslantiaopoli: e stava in
dubio di làsciar la Ifesia, e 008 tutti i cavalli e fanti andar
a Darazo, e con le galee chiudere il mare verso Italia, e
dielro assicurar l'Acaia e l'Asia disarmale; che non si guar-
dando, andrieno in bocca a VileUio: il quale ancora non sa-
prebbe qual parle d' Italia si difendere, se tutti i liti di
Brindisi, Taranto, Basilicala e Calabria tf infe&ta888ro a
un tratto,
LXXXIV. Erano adlllnque per le provinoie gran rOlllOri
di navi, armi e uomini. L'importanza era lrovar danari:
questi dicendo Mooiano esser il nerbo deHa guerra civile,
non guardava ne' giudizi o torlo o diriUo, ma a chi più ne
dava. I ricchi erano spiali, e Ingeiatì, Le quali iniquKà iD-
tollerabili, ma nella guerra scusabili, rlma88l'O neDa pace.
VeBpa8iaDO nel principio di suo imperio v' andava a rilento:
ma poscìa per la buona Cortona, e da' maeslri pravi le im-
parò, e ardi. Aiulò la g-uerra Maciano, anche col suo, per
rifarsi di questa Iargbeza privata ia molli doppi dalla re-
publica. AUri lo vollero imitare, ma pochissimi ebbero quella
licenza nel riavere..
LXXXV. Accelero l'impresa di Vespasiano l'esercilo
d'Illiria venuto dal suo. La legion tersa insegnò all' allre di
92 IL LUIn o SECO~ DO DELLE SrORlE.
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IL LIBRO SECONDO DELLE ST08IE. 93
parte di Vespasiano, fo gran fiamma a qoesta guerra: go-
deva più de'pericoli che de'lor premii: lasciava le cose eerte,
e già acquistate, per le nuove, in aria, e pericolose. Comin-
ciò adunque a smuovere e sqootere ciò che vacillava. Si
scrisse alla legion quattordicesima in Britannia, alla prima
in Ispagna, per aver l'una e l'altra tenuto da Otone contro
a Vitellio. Si sparsero lettere per le Gallie, e gran goerra in
un attimo ardea. Gli eserciti d'Illiria già s' eran dichiarati:
gli altri terrebbero da chi vincesse.
LXXXVII. Mentre che queste cose da Vespasiano e
da' suoi si facevano per le provincie, Vitellio ogui di piè
disprezevole e lento, baloccandosi intorno all'amenità d'ogni
terra e villa, se n'andava a Roma con gravosa moltitadine.
Sessanta mila armati lo seguitavano Iicenziosissimi: più no-
mero di bagaglioni e guatteri, anche in comparazione deUi
schiavi per natura insolentissimi, senza il gran traino de'le-
gati e cortigiani non atti a ubbidire, ancorché con somma
severità rettì.: I senatori e cavalieri venuti da Roma ad in-
eontrarlo per paura, per adulare molti, anzi a poco a poco
tutti per non rimaner soli; senza i giullari, strioni, coc-
chieri, per disonesti servigi notissime baziche di Vitellio, I e
carissime. Tanta moltitudine raceozata saccheggiava e gua-
stava non pure le città e terre, ma i contadi, essendo già la
ricolta matura, come paese nimìco,
LXXXVIII. La discordìa cominciata aPavìa, ond'eran
seguiti molti crudeli ammazamenti, tra le legioni e gli aiuti
ancor durava: ma, tutti all' ammazar paesani erano uniti.
La strage grande segui sette miglia fuori di Roma. Ove Vi-
tellio divideva il mangiare a' soldati, qnasl avesse avuto a
ingrassare gladiatori. La plebe vi corse, e mescolossi per
tutto il campo. Alcuni con villano scherzo a certi soldati
balocchi tagliano bellamente la cintura, e ridendo doman-
davano s' eran ben cinti. Quegli animi, non soliti esser bef-
fati. con le spade ignude vanno addosso al popolo sens'arme r
e vi fu morto, tra gli altri, il padre d'un soldato trovandosi
eol figliuolo. Fu riconosciuto: e ìl easo divolgato rattenne la
furia contro gl' innocenti. Ma Roma andò sozopra, eorren-
• baaiche di Pile/lio, cagnolli. compagnoni di Vilellio.
IL LIBRO SECONDO DELLB STORIE.
c'c.
I Icio,./1rò; pompa, Ollentllioae.
I e 11011 lascialldolo p/pe,.e; e lollecil.ndolo, C.cendogligran pmnura.
S cA. ,./t,.Of1apa, d"opi cola la qrdnt· essensa , che commenlava e ìater-
prttan 0llni COli lotlilmenle.
IL LIBRO SECONDO DELLE STORIE. 93
infelice per le antiche rotte a Cremera et ADia; Il era igno-
rante d'ogni ragione umana e divina, e involto tra liberti e
famigliari'balordi, e come ebbri. Ma nel far de'consoli, chie-
deva come gli altri candidati ciVilmente: nel teatro, come
spettatore, nel Cerchio, come partigiano, cercava piacer al-
l'infima plebe. Grate nmanitadi, venendo da virtù; ma, sa-
pendosì chi egli era, erano ilidegnitadi e viltadi. Veniva in
senato a udire eziandio cause leggieri. Avvenne che Elvidio
Prisco, eletto pretore, non sentenziò a suo modo; di che Vi.
tellio prima s'altero alquanto, e chiamò i trìbanì in aiuto
deHa sprezata sua podestà. Alli amici che, credendolo molto
più adirato, iI mitigavano, disse, ({'Non esser cosa nuova lo
intendere due senatori le cose pubbliche diversamente: aver
usato anch' egli contraddire a Trasea. J) Mosse riso la IDa
sfacciataggine d'agguagliarsi a Trasea. Altri lodarono l'avere
scelto lui, e non qualche potente per esempio di vera gloria.
XCII. Fece P. Sabino generale de' pretoriani; Giulio
Prisco, di centurione, eolonnello d'una coorte; potenti am-
bo, Prisco per lo favore di Valente, Sabino, di Cecina. Eran
discordi: Vitello niente poteva; e Cecina e Valente gover-
navao l; imperio. Già si odiavano, e gli odii mal si nascon-
devano nella guerra e ne' padiglioni: le male bìette ,' e la
città, feconda madre di òimicizie, le raUizò, ,e;;»;lise ambo
in gara d'onori, di codazi e turbe di salutanti, mOs(Ì'Ilftdosi
Vitellio variamente inclinato or' all' uno or' all' altro. La
grandeza non è mai sicura, quand' eli' è troppa. E lo stesso
Vilellio, che or veniva in repentina collora , or faceva spro-
positate careze, sprezavano e temevano. Non perciò con più
lenteza rapivauo le case, i giardini e le riccheze dell' impe-
rio, mentre infelice e compassi6nevol turba di nobili, che
insieme co' figliuoli GaIba avea rendnti alla patria, non tro-
vavano alcuna pietà nel principe. Fu cosa grata a' grandi, e
approvata dalla plebe, render loro il diritto sopra lor liber-
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IL l.IBRO SECONDO DEl.l.B SfOau.
'I ItlIvIII" t~1I ti". '(50tiitltetldi' cOlllig7/J cioè, Ilan irresoluto, aubbioso•
• o #palla tI'amlci, O coll'aiuto a'amiei. c,
I l' .I•• ìe r &000 i veDli aquilonì , propili a chi Daviga <l'flalia vello
l'OrieDle. Vedi G. Cua"" B. G., rn, i07.
• 8(f'"tnrr:1riru·e~ far C:Orrtft; quasi.nllero i gnn':hi.
IL LIBRO SECONDO DEtLE STORn!o
Il
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101
SOMMARIO.
. ) Canloli
Sur'Fog.
l A.. C. FABIO V!LENTa.
AuIlNO CBWfA .
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IL J,lBJlO TERZO DELLE sroara, fOi},
11. Antonio. Primo, 1 fulmine di 'fUesta guerra, rispose:
(l ~Ia prestesa a 1010 uLile, a Vitellio dannosissima: aver,
loto la littoria tolto e non dato vigore, eome stati fuor di
CalOj()- per blUe le terre d' Italia in,grandi agi, terribili a' soli
aIl9gi; ~ quaato prima feroci., or ingolfati 3 ne'piaceri. Nel Cer-
chio" DI!1 teatri, nelle geatileze di Roma fatti morbidi o in-
fermi; ma con un poeodi tempo, con l' uso della guerra tor-
nere\lbero come prima. Avere la Germania, onde viene lor
• forza, DOlI Jo.nlaDa: Breìtagna a un dito di mare; , le Gallie
e le SpagJw aIlato: da tutte uomini, cavalli e danari e l'Italia
e le ~:le di Boma. E se volessero muover guerra. hanno
dae armate, e il mare di Illiria netto. Che gioveria chiuder i
meRlif che, la guerra rimetter a quest' altra state? In tanto
danari e viveri onde uscirieBo? Facesson capitale" più tosto
che le legioni di PaDDOaia. tradite non vinte. si struggono
di Tendicarsi: che gli eserciti di Mesia eran giunti interi 'e
salvi. Se ViteUio ha più legioni; e noi più soldati valorosi,
niente corrotti,. più accesi, per quella vergogna, a vìrtù.Ca-
valli INHI viatianche allora che si perdè: 6 anzi due cornette T
di Pannonia e Mesia ruppero il nemico. Ora sedici insieme,
col calpestio, wl frasl.u919-, 8 con la polvere, sconfonderanno;
rialfOlleraDl» quanti cavalli e cavalieri divezi della guerra
vi avrà. lo medesimo,..se non sarò impedito, eseguirò questo
mio CIOBSiglio. Voi clI.e non vi sete ancor dichiarati; ritenete
le legio&i: a me bastano le coorti spedite. Non aro prima
Da piA in Ualia,9 she. voi udirete ViteIlio rotto: goderavvi
l'animo di seguitarmi, e calpestar queste pedate vittoriose.»
I 4atDIÙO Primo. Vedi sORra" U, 86:.
I a' loli alloggi; cioè,a' soli paesi dove aDoggia..no. Lat.' _ tantnm 1iiTrpI"
tìIIG _ _ dlu.. .
• "" iaflo.flJlti ec., laIÌto or ip10lfati eco '
• Il . . . dilo di ~,.e" a 'breve tratto di mare.
e F_UCA capita l. ee., confidassero piuttosto in questo, che eco Oppu","
.. ~ puttaJto di qnesla epporlunità, che le IegioDi eco
'~6i"B"d •• Valeriani: -La cavalleria nel'pu", allor vibla, anzi neJfri-.,
&l4) .,.,Ja8ilto sbaragliò l'esercito di Vilellio~ "
7 d". co,.",tte, Vedi la noIa dellib. Il, !ili.
• fraltluJlo, frastuono.
1/ No. ".ò prima un pie in Italta, Legge:. Lam , r'l.rattÌ'ltlJli~ ec.·
Altri .,.e.le,."ta lIdlUia .• Ma la 'Vera lezione è: «[am reseratam Ttaliam.limpu.1-
6&1 YiuJM ru audi.ti.s;.. .. tra pocO udrete aperta I' Italia, 'abballulo VitelJio••
iol I L LIDno Tlmzo nRU Fo sro nrs .
li. Tali ose mand è fuor con occhi di fuoco e voce te r-
ri bile per e sere udito discosto [essendosi me-colali col co n-
slalin enturioni e oldati), con tanta effica cia , che moss :\D COra
i ben ecustdcrati canti. L' a lt ra turba gridava; I( Que lo è il
capitnno ; gli altri da nu lla .)l Tal fama s' era acquistata in altro
consiglio Callo sopra certe lettere di Ve spa siano . dov non
parlò, come molti, riserltalo, per aver poi sue riliral e ; I ma a
viso aperto, che piace al soldato; a parte di colpa o cloria. "
I V. II secon do stimato ora Cornelio Fusco pro ccuratore,
ch e tanto sparl ò d i Yitelllo, che, se ella a ndava al con lr ari o ,
s' era giucato ogn i spe ra nza. l'ilo Ampio Flaviano and nndoci
pe r natura Il pe là a rllento ," luso pelli i oldali, ch' e' non
si r i ordnsse che celi cm stato par ent e ,li Yitellìo. E nel
primo motivo dell e le gioni ' fu gì tos }, Il poi tornato , fu er e-
duto ordir tradimento. Al tesoch è a Flaviano , )la. salo (Ii Pau -
nonia in Jtalla c uscilo di peri colo , venn e desi o (Ii novità;
d' essere rifalltl legutn , Il me . colarsi in gue r ra civile , sollee ì-
tandon olo Cornelio Fu sco, non per bisogn o del fall o suo ; ma
pe r aggiugnere a quella part e , surg e nte a llora, splendo re dal
nome co nsol are.
Y. Ma perch è il pa . a ~ !:: i o in Italia fusse utile o sicur o,
' i sc r isse ad A(loni o Saturniuo che cnn l' ese rcito Ili Ml',ia
s' affrettasse, Il per non la sciar le provincie di sarmat e iII pred a
a barbare ge nli, si soldarono i principali Sarmali \ , zil!;i.' i
qua li fecero oìler tu Ili ge nte Il gra n cavalleria , lIel101 qual sola
vugliono . E fu ricusata , perch é n on tentassero guerra Ira-
« ptr avet" poi su« rttirate ~ per aver modo di ritirarsi daUa sua p:nol.J I
SeD1-a parere di contnddirsi. Ulat.: .. hu.c ìllnc tractllrlu (iDeetta 'Yuhil) inter ..
pre"'tiolle. "
i a parI. di colpa . o gloria . QUUIO luogo nello n..liooo e comioi.oo
e nelle altre edizioni pedisseque, e m~nireJumtnte guaito t leggendorisi : • m~ I
..40 aperte (cb. piace 01soldolo) o parte comp.goo di colpa • glori••• Oltre lo
partalcsi Il sproposito J quell' d: parte compagno Ò ripetitiooe I Dilla fone di un
pentim eetc del M ,. do•• o a parI. O compagno dove Il.....r "neeIlate t oe-eero
h eancellatu .. non fu f.lla p.r inavver ten... I1IUlo ba: • Aptrl. deseeodilll
In carusam vldebal",.; eoque lfTalior m ìl ìttlms erat, ClIlpa l't' glo,.i~ so-
dal. ..
S andandoci.... a rilento ~ fII lodo tardo a risolyersi.
• ncl primo motivo delle 1~8ion;~ al primo mOl'ersi. Lat. ~ • taplante
ùt:ionllm molli . •
5 laliti, p,.uo il Ponto EUlSioo , lu'con6ni d.llo RUlSi•• dtll'l1ngberia.
IL LIBRO TBBZO DELLB STOIUE. 10lS
niera tra le nostre discordie, o passassero a chi li pagasse
meglio, senza tener contò di fede. Tiraronsi in lega Sido e
Italìco, re de' Svevi, antichi divoti de' Romani, gente di pro-
messe osservante. Furon messi aiuti alle frontiere verso la
Rezia, contraria, per esser retta dal procnrator Porcio Set-
timo, di fede sincera a Vitellio. Fu mandato adunque Sestilio
Feli~ con la banda di cavalli tauriana, t otto coorti di fanti,
con gioventù norica, a pigliar la ripa del fiumeEno/ che, di-
vide i Norici da' Reti: ambì-Iuggirono la battaglia, e la for-
tuna di parte flavia altrove si dimostrò"
VI. Volando Antonio, co' vessillari tratti delle coorti e
con parte de' cavalli, alla volta d'Italia, gli fu compagno
Arrio Varo,· vaìoroso in guerra, allievo (in quelle prospere
guerre d'Armenia) di Corbulonej le cui virtù si diceva che
egli segretamente infamò a Nerone, e ottenne il primopilo per
cotal brutto favore, che poi fu sua rovina.' Occupando Primo
e Varo intorno Aquilea ogni cosa, furon volentieri ricevuti
dalli Opitergi e Altini" Fu messo guardia in Altino contra
all' armata di Ravenna, non sapendosi ancora se era rìbel-
lata. Guadagnaronsi Este e Padova. Ivi si seppe tre coorti di
Vitellio e la cornetta 1 della scriboniana essersi fermati a Fer-
rara," e fattovi un ponte, e anche slarvisi mal guardati. Si
valsero dell' occasione. Furono all' alba quasi tutti senz' arme
sorpresì, e pochi, secondo il dato ordine, ammazatine j for-
zati gli altri per paura a mutar fede. Alcuni si arreser subito:
molli al nemico sforzallteli tagliarono il ponte e la via.
VII. Divolgatasi tal vittoria de' flaviani in principio di
o
è,
, ricOfIolcial4. esplonta.
I diJic/. L.t,: • operiblU •• 11Polili: • coa tar c.".lieri. •
• p/ccom. La Crwea ddai..,.: • Piccoae, .trumeato di t'erro eoa punle
quame, • 'w. di .ubbia, col quale .i rompOiloi ....i, e Caa.i .ltri Inori di
pietra, comeIDatÙli, e.imili.. Ma il !elto b. dolabrtll. ehe .ODO "eramOllle
le pialle. R.ftatlIo Pasto.. Dota • que.to lUOlO, ehe • eli .1 t.tti .lromeati lIn-
r .... DO i Rom"'; • ta", le lor torlificaaioai, e ...."... sotto le mm.l!lie de' DI-
miei; e soa (orse quelle ehe ....l!l!oali aell. CoIODDI di Tr.iaae al aam. 299.
o
• .rp;,.ltasIOlJo delle lo,. ..... "1 • occ"if moriuero di paara della foru e
degli sguardi di costoro 1 Lat.: a non tolerent;» Don avessero cuor di sosteDeJl.
I e<mterdlnl.1\ L.t.: «pagani] » per atto di dispregio , 000 degnaodoli
del nome di soldati, ma Itimandoli quasi rozzi e inesperti Dorghigiani.
Hl u. LORO uuo DaLLE STOarB.
Ille . E l' a pparecch io e l'allea 'a c 'l < ecano e l' all rc co. c
li furoo dipinre maggior cl 'cr . • 'c vi mancò chi dice. 'c:
o e gli Ti, ma Bio o iii cJi tulli fc te.... iano e ciub-
bil Il m tre il principe h m Ic.» Quando quelli che spe-
colano i cuori de' princip cggon Vilcllio tin to bene ,' da
poter Ilare a l scacco." ne la clan la cura a L. Vill.'lIi
che per astio maligno non pote 8 patire di vederlo per la sua
eran fama pas re innanzi a ,macchiato d' ogni bruttura .
Apre la camera dell' imperadore c '01 lìr;liuol di quello in
braccio a lui • ineinoc hia; c domandandoli esso che ciò fu -
' C, « 'on portargli (di ) lacrime e preghi per proprio doolo
o pericolo, ma di uo Iratello Il ulpoti: rider i di Ve [la ia-
no, da tante legioni germani 'he, da lanli va alli pote nti c
fedeli da tanti spazi di terra e m. re tenuto disco to : nella
città, in seno avere il nimieo , che i vanta de' suoi avoli
iunii e antonli, d'esser di schiatta impe riale, e ma trasi
dolce e l rgo n' soldati . a costui ogn ' un vnlgers l , mentre Vi-
tellio a chi li è nimico amico non badando, lira u un
emolo che da tavola r imira i lrava 'li dci principe: esser bene
di 51 cellerata allezrla farlo tri to, c dare a dìvcdoro che
ViteIIio i: vì o c regge: , in oznì caso, ha un ti liuolo. »
.::1:. Dibattutosi Ira l paura Il In oglia , per levar i
il pericolo de l tener Ble o vivo e 'l carico di farlo morire alla
scoperta, si ittò al eleno; il che più i credette , e endolo
andato a vedere con alleureza erandissima oltre a l crudel
vanto datos i (io riferirò le parole proprie ) duvcr pasciuto
gli o chi della morte del uo nimico. Fu in Ble o ollre alla
chiar eza del san gue c gentileza de' costum i, fcde ostinata.
Cecina il tcnlò, e altri capi di quella pari comi nciati a stu c-
ca si fii "iteltìo , ancora in buon se ; cd ci sempre forte ,
s nt , q uie to: i poco de' ubiti onori, Don ch d I prin i-
pa lo curante l che poco n mancò al on parcrne dezuo.
,'L. 111 tanto Fabio ' t III con mandrie d' cunu ihi o
con ubine ca mmi nando più I eutc che la nu rra non ama ,
• tl,,'obcn. f!~aua.i ,sdeSDilto t: iGas rito, La : _ arptra t,u If• • Col .a che Del
primo dej;li 1.nnali , e. -I I!: • Gallo y, dn tol limo, replico te . •
I da l'.'e~ d ..r. A D IClO lo I dCCO, iD G"U' eh. DI..o l'0ln. aorri.D-
u n I.
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... UBlO 'l'BllZO DJUJ BrOm. 123
eIibe avVIS. io estrema diligenza, I che Lueilìo Baiso avea
data r armata di RavtlllWl: e pcMva, s'ei fusse uscito di
p8l11O, I tener Cecina iii. r«vello, o esser a ~mpo a trovarsi
.alla giornata. Né maBCe ehi consigliarlo d'andar 00' suoi
pia jdali per 1l'jgetti, scansata Ravenna, a Ostilia e ere-
mona:altri, .di chiamar i pretorìanì da Roma, e pasear per
forza. Egli ,Ili tratteooc; e, quando era tempo da fare, Ile
lì' endò io eoll8igii.Non prese né l'uno spediente né l'alleo:
teaue via di mezo (che ne' pericoli DOB eiè pep), né a
bastanza 8n'ent1ll'Ò Gè provvide.
o
XLI. Serilllle a Vitelli per ai~o, Vennero tre coorti con
la CBl'aUeria di B.reUagna: troppo n_ero a frodare, e poco
.a sCon:arla passata. a E quantunqlle Valente avesse da pensar
tant~, èbbe infamia d'aver voluto sfogare ogni brutta libi-
dine per le ease delli alloggianti. Avea forza e danari e lus-
suria, mio che aUimo ai parte da chi rovina." Qoandol'aioto
finalmente arrivò, chiarì la fìaeeheza del consiglio; perchè sl
podlì Don potev.anoaUraversar il nilnieo, quando lussero
stati fedelissimi: e fidare non Ile ne poteva, se bene li rite-
.neva un poco di modestia e rinrenza al capitane ; legami,
clle nonteagono più che taatoJl ehi braIU garbugli, G e ha
mandato giù lal'isiel'a. T I pedoni ìnnane] e i cavalli appresso,
llOBpeUalldone, mandò a Rimini, ed ci OOD pochi nell' av-
.e1l6ità llOD. mulati, voltò nell' Umbria; indi in Toscaaat ore,
.ìnteso il caso di <4emona, gli venae noD bassopensiero e,
·se gli rillScin, .(eJribiJe, di dar di piglio 'alle navi, :porre in
&erra 1n qualllDqoe Iuego-della PllO'Vincia Berlloll68e 1 c.biaIDar
le .GaUie, le geati di Germania; e aooendM! ~va guerra.
• ,.i" ut,.,m4 diligeJIaa.. eon gran te.lerità. Lat.:.11 pernicib'''I.n1I.Dciis acce-
pit. .. ·Cosi.4nn. l, 3. Cosi pure il Dati, Lepid , pago tI.: .. tI pio va no.•••
manaò.jg diliSeo.. un <OI1tadiDo • compr... dell. n ..
I .' eifUJII.""'cu.o di pl46.o, le .i fos.. afFrllt.alo.
• .n sfonar la,.pIl8.rata.. a sfonare il passo.
• vi.i. ch. ultimo .i pa~t. eco La ragione ~ percb~ oIFelifltà non' Clun-
bile, l.'J'iù diIli.ile. temperare; .. come be aeuo 101"", iiI>. U, ''l.
I "OlI leIlgOllo più cIre ""to, DQJl . .!alIDO molt ,~Uene1C. Ililll!"dire.
G chi b~ama ga~b"g/i. Lal.: .. avid •• pe~icul'rl"" Sopra, cap. 26.• Più
di tutto si t_ea de' propri soldati, nimici più dell' indugio che del pericolo.•
T ha mandalo giù la vi..ier«, JlOJl ha vergogna; uacc.ialo,impudeate. Lal.:
.. d.d.co~b uC"~O$ •• Già avevano lJ.'adilo Gaiba e Otone, Vedi"'nn. JU, 26.
~ -::-,..,.., - - - - -_. -- -
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D. LDaO TE1lZ0 DEU.B "Ollm.
celo ela persone de' fuggitivi, e fiDi la guen'3 Rnfle. Ve..
llfI88iano ljeto delJa l'ittoria, andandogli, ogni eoea, me' che
JlOn desideraY3, ebbe iD EgiUo avviso del 81Iceedulo a c~
mODa. Tanto più sollecito d'aad8l' in AleseaDdria, per i8t~
gaer ora che }'eeercito di Vi1ellio era, rotto, uehe Boma
COlI la fame, bisopola d'aiuto ineItiero, e metter ihailllieo
in earelltia e diIIlordia, chiudendo le tratte de'vil'eri di ttlUa
l'AJrrica, la. quale li apparecehiua di assallare per ma... e
per terra.
XLIX. Slando il mODdo in tanto trambtasto, l meolre la
fortuna dell' imperio si muta, Antonio Primo dopo ii fatto di
tremoDa lleIl fu cosi. DeUo.~ PU'8'fagli alla guerra aVilr SCMb
,dillfalto, e a~ ogni T8Ili.duo: e fDl'8e la fe1ilOlità 8ICOpelll811l8
• ·Datura avara, nperba, e.gli altri vizi naBellsti. Calpestaq U.
lia eoDl8'lUa presa; teneva lelegioDi per sue; egni suo detto
• fallo tendeva a fasosi grande; e per far licenziosi i soldati·,
rimettat'. nelle legioni ill'ifare i centurioni morti; onde 8NIID
faUi i piùlICaIldo!osi; né i soldatì ·'IltavaDocO' capilani; ma
questi dalla tioleaza lor& eran tirati1 e di lali eose sediziole
e guaslalriei della· milizia f8C88 81Iad&gno, senza temere. di
MaciaJlo che rt. appreSlllva, che era peggio che a.ere·spre-
zato Vespasiaito.
L. Venendone il vemo, e allagando il Po.la piallura.
DlOllIela.gente spedita. Lasciate in Verona le insegne, l'aquile
deDe vioeilrici legioni, feriti, vecclli, e gran parte de' 88Di,
pareDdogli finita, la gnerra, baslar le ooorti e le bande, e delle
legioni il fiore. Unìui ancora la legioD8undiéeSima, atata
prima a vedere, poi aolente di DDD l' 8518rritronta aDa ~
(oria. :B più semila Dalmati di nuoyO s~ilU. Pnppeo Sllv8ftO
staio'lOII801e li Cl'ODIBIldava. Maperchè egli ne sapeva poce,
e 'J tempo da fatti OODtmIl8Va in disconì-; ADDio BasS9 lelJll~
d'ODa legiODe,gli era sempre appI'el!l8O, e sotto colore d'ai-
hidirlo faceva destramente ogni cosa. Chiedendo i soldati del-
l'armata di Ravenna d'esser Jatti dì legioni, se ne scelsero
Dg" b Googlc
IL LIIlRO TERZO DBLLB STO_m. t37
LXVIII. Non è quore umano che non fussi intenerito a
redere il romano principe, dianzi padron del mondo, abban-
donato il trono della sua grandeza, per mezo della città e del
popolo, nscirsi dell' imperio. Cosa non veduta, non udita più
unque!Fu Cesare dettatore di repente ucciso; Gaio in 0c-
culto tradito; Nerone I nascose di notte in villa sconosciuta;
Pisone e GaIba caddero quasi in battaglia; ma Vitellio, in suo
parlamento, tra suoi soldati a viflfadelle donne, dopo alcune
parole, e a sua fortuna convenienti: « Che per la pace e ben
publieo cedeva: a~essono almeno di lui mèmoria, e com-
passione de' suoi innocenti, fratello, moglie e piccoli fìgliuo-
li; » e ora a tutti, ora a uno a uno porgendo Germanico, lo
raccomandava; finalmente soll'ocato dal piagnere, si trasse
da canto il pugnale, e lo diede a Cecilio Semplice consolo,
quasi dandogli la podestà sopra la vita e morte de' cittadini.
Recusandolo egli, né consentendolo gli uditori, si parli per
portare Del tempio della Concordia le insegne dell' imperio,
e lomarsene a casa del suo fratello. Raddoppiaron le grida:
Il Non in casa privata: in palagio, » E chinser le strade, da
quella in fuori che va in Via Sagra. Allora egli non sapendo
che farsi, tornò in palagio.
LXIX. Già era sparso che egli renunziava l'imperio; e
Y1a~io Sabino avea scritto ai tribuni che tenessero i soldati
a freno. Comese adunque a Vespasiano tutta la republica fusse
caduta in grembo, i primi senatori, i più de' cavalieri, tutti
j soldati di Roma e la guardia di notte, empieron la casa di
Sabino; ove fo riferito dell' all'eziondel popolo, e come i sol-
dati'germani mìnaceiavano. Ma Sabino era passato tanto 01- .
tre, che non poteva tornare indietro: e eìascuno per paura
di sé, e per non esser da' vitelliani assaliti, sparsi e deboli,
lo spignevano tardo e lento all' arme; ma come in tali casi
avviene, fu .buono ognono a consigliare e pochi a entrar nel
pericolo. Scendendo Sabino con armati, l'alI'rontano dal lago
fondano I valorosissimi vitelliani, i qual, dopo sprovveduta e
. •"q"~ mai.
I Nmoo1l. era fuggito, COllIe parti.- Vitellio, ma di Dotll, e DlICGI_II,
DOD "o11 • "Orano popalo• • (Fornaciari.)
S 11 lago di FQDd.Dio era pres.o il mODte QuiriDale.
1:18 ILI,.IBIlO TERZO, nELLE STOIlIB.
riale foron per capitar male, non volendo i soldati udir nulla
di pace. Vi fu ferilo Aroleno Rustico prelore; il che dispiacqoe
(ollre all' aver violato ono ambaseiadore e prelore) per la sua
propria degnilà. Sbaragliossi sua comitiva: illiUore che volle
fargli far largo, fu morto. E se non che la guardia che Peti-
lio diè loro, li difese, l'ambasceria, sagra anche ai barbari,
era dalla rabbia. civile, in so le mora della patria, violata fin
con la morte. Li ambaseiadori ad Anlonio ebbero meglio fare; l ,
per avere, non più modestia i soldati, ,ma più aolon1à il'
capitano.
'LXXXI. Ingerissi Ira li ambasciadori Mosonio Rofo ca-
valiere, filosofo stoico, e sputava senlenze de' beni della pace
e mali della guerra fra le squadre de' soldati. A molli moveva
riso, a' più Ìastidio. Allri lo spignevano o calpestavano; tanto
che da chi ammonito e da chi mìnaceiato , si rimase di quel
filosofare a sproposito. Incontrarono ancoravergiìli veslali
con ona leUera di Vilellio ad Anlonio chiedente sopraUenersi
il combaltere OD giorno solo; ches' acconcerebbe agevolmen-
le ogni cosa. Alle vergini fu dalo licenza onorevole, a Vilel-
lio risposto che Sabino nceìso e Campidoglio arso non pati-
vano accordi.
LXXXII. Nondimeno Anlonio parlò a' soldati di posarsi
a Ponlemolle per l'aUro di entrare in Roma. Qoesla diinora
tentava per mitigare essi soldati accanili per deUa baUaglia,
che al popolo, al senato, a' tempii e looghi sagri avesson rì-
guardo. Ma essi d'ogni indogio sospeUavano, come nimico
della viUoria, e le insegne rilocenli per li colli, benché con
plebaglia dielro non da guerra, parevan loro nimico esercito.
Mossersi verso Roma in Ire parti; una da via Oaminia ovesi
lrovava; altra dalla ripa del Tevere; la tersa pervia salari a
s'accostava a porta collina. La plebe fo sbaragliata da'cavalli.
I soldati vitelliani altresì fecero Ire risconlri: scaramucce fuor
di Roma molle' e varie: e più prospere a' Oaviani, meglio
capitanati, Qoe' soli ebber che fare che voltarono a sinistra
della città alli orti salusliani per vie strette e mollicciche.
Perché i vilelliani sopra le mora degli orli co' sassi e dardi
--
SOMMARIO.
13"
fIlO IL LlB80 QUA8TO DELLE STOBJE.
talchè la già odiata insolenza de'soldati d'. Otone e di Vitellio
si benediva. I capi della parte fieri accenditori della civile
guerra, Don potevano temperare la vittoria. Conciossiachè
nelle discordie e garbwgli vagliono ìpessìmì. la pace e quiete
vogliono virtù. .
I Il. Domisiano prese di Cesare il nome e la
ritridenza: 1
non ancora vò\lo a negozi, solo con li sverginamenli e adul-
tarii si mostrava figliuol del prìueipe," Il prefetto del pretorlo
era Arrio Varo: Antonio Primo poteva ogni cosa: il qoale
spogliava la casa del principe di danari e schiavi, quasi fus-
sero preda cremonese. Gli altri per lor modestia o ignobiltà,
quasi non si fusser fatti conoscer in guerra, non ebber nulla.
Roma spaurita, e a servire aeconcia, chiedeva che' si ta-
gliasse la via a L. Vitellio che tornava con sua gente da Ter-
racina, e si troncasse questo racimolo di guerra.! E furon
mandati cavalli innanzi alla Riccia: la battaglia ~ delle legioni
si fermò di qua.da Boville.' Non la stette Vitellio a pensare,"
e rimise in mano del vincitore sè e i soldati; i quali per non
minor rabbia che paura scagliarono in terra le infelici armi.
Passavano per Roma in lunga fila in mezo d'armati. Viltà
ne'Ilor visaggi non era: maninconosa flereza." Saldi alli
scherni e alle fischiate del volgo: pochi che ardirono scap-
par per forza, furono eircondali e oppressi; gli altri incarce-
rati. Parola nen usci da loro non degna, e, benchè in av-
versità, salvaron Tirtù e fama. Poscìa L. VileUio fu morto:
vizioso quanto il fratello; nel principato di lui più desto; per
le coi felicitadi non s'alzò quanto per le miserie precipitò.
III. In quesli giorni fu mandato Lucilio Basso con ca-
t la risidenva, il palazzo dci Cesari,
8 In Agricola, c. 7, ha detto • che dallo fortuna dell'adre l'insokn.. 'DTa
usurpava. • .
5 quest» racimolo di gr",rra, queslo piccinl reslo di guerra. Lal.: • re-
liqur belli.•
• la battaglia, la schiera,
5 Bo.i1le. Se ne additano le rM'ine i.. DD luogo l'''"so Albano, deuo le
Fratoceh!e;
6 non la stette•.• a pell~ttre; Don isteue in dubbio) non indugiò. Lat.: .. nec
ounctatus est 'Plltllilu."
, 1JIflninconosa jitr~~a. C~sj la Nestiana. e Lene:. nè occorreva che il
Volpi ci cacciasse UD ma, facendo questo bellissimo suono , ma man;nconos~ J
IL !.DRO QUARTO DELLE STOIIlL
l Gea u o d i Vilellio.
2 dI'"volte. L . prima nel !iL. Il, 9 1 delle Stori e,
I ben tdragon o a: colpi di .,tnlllra . D ante :
........ nr~n . l:"'io mi lu la
Sta letngoDo . ' colpi di feDtura.
t i ".ne" ,.i; cioa , gli Stoici.
I f allo 8t"tro• • veudcgh .1.10 F anlli. ,u. figlis, Vo.li .lnn . XVI, '8, 35.
I fa cn cc iat«, Vedi Anll. X, , I , 33.
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IL LIBRO QUARTO DELLE STORmo usa
Tei. Contesero prima con minacce e belle dicerie di qua e di
là, poi perché Gaiba non si lasciava intendere e molti sena-
tori ne 'I pregavano, Prisco se ne tolse giù, chi diceva per
moderanza; chi, secondo i cervelli, per deboleza. Il giorno
che in senato si dava l'imperio a Vespasiano fu risoluto
mandargli ambasciadori. Qui fu acerba contesa: Elvidio vo-
leva che li nominassero i magistrati col giuramento, Mar-
cello che !f imborsassero come aveva pronunziato il consolo
eletto.
VII. Ma diceva cosi, acciocché se altri fosse eletto, egli
non paresse lasciato in dietro. Vennero da queste dispute a
dimolte e male parole, « Perché tanta paura (diceva El-
vidio) aver Marcello del giudicio de' magistrati? esso aver
moneta, aver eloquenza da passar molli, se il baco delle
trislizie non lo rodesse. Borsa e sorte non discerner bontadi:
il passare per le filiere delli squittini esser trovato per ri-
prova della vita e fama di ciascheduno: andarne l'utile della
republica, l'onore di Vespasiano, che il senato gli mandi in-
contro sceltissimi uomini, che gli orecchi empiano dell' im-
peradore di santissimi ragionari, Essere stati Trasea, Sorano
e Senzio amici di Vespasiano, non doverseli i loro accusa-
tori, ancorché non punibili, mandare in su gli occhi; Questa
scelta d'uomini che il senato fa, quasi ammonire il principe
di quali fidar si debba o temere. Maggiore stromento non
aver il buono imperio che i buoni amici. A Marcello dover
bastare avere spinto Nerone a disperder cotanti innocenti.
Godessesi i guiderdoni e l'esserne andato netto, e lasciasse
Vespasiano a' migliori. »
VIII. Rispondeva Marcello: « Che qui non si dava con-
tro a lui, ma al consolo che aveva pronunziato secondo gli
antichi che, per levare competenze e nimicizie, facevano gli
ambasciadori per sorte. Non era nato cosa da scambiar gli
antichi ordini, né da rendere l'onore del principe, disonore
d' allrui. A questo complimento era atto ciascuno: guardas-
sesi più tosto ehel' ostinazione d'alcuno non irritasse il prin-
cipe nuovo, sospeso e osservante i volti e le parole di tutti.
I ma..dare i .. II' gli occhi. Politi: • gli accusatori de'quali, quaatllllqae
DOD aia 'l'edicDle di gUligore, non però si dovrehbeno mandare in mostra. •
IL LII:RO QUARTO DELLE STORD.
•
.:- -:::---- ----::::=.- -- -~:-=---_-:::: -- - --' ~
f
11J8 IL LIBRO QUARTO DELLE STORIE.
• nome e non forse, ee.s avevano piuttosto Dome che Coni di esercito•.
~ La NellljlDa: Il seoprendoci a poco qUf'gli indiai et ...
~ p"nt~.# schiere ordinate a modo di cunei. P,,"'a iD aigni&cllto di branc»,
,1111'"
.fchir.ra eco è vivo ancora presso i montanari tcscani , che dicOD6 ... tI di
I?~core~ per dire "" branco,
IL LIRO QUARTO D&LLB 5TOBIL 139
ehè franchi di tributo, avevan prese l'arme contra a'comunl
padroni: alla prima battaglia li cacciarono e vinsero: che
avverrebbe se le Gallie scotessero il giogo? e che rimanere
a' Romani in Italia? Col sangue degli sia ti pigliarsi li stati,
Non si guardasse alla battaglia di Vindite; perchè i cavalli
batavi sconfissero gli Edui e gli Arverni, e tra aiuti di Ver-
ginio vi -ebbe Belgi. E la Gallia, chi ben guarda, fu fatla
cadei' dalle proprie forse oggi tutte unile e vanlaggiate di
quanto saper di guerra fu mai ne' campi romani. Aver seco
que' vecchi IOldati che poco fa alterrarono le legiol1i di Oto-
ne. Stessons! serve la Soria e l'Asia e l'oriente, uso ad aver
re. Vivere in Gallia molti nati innanzi a'posti tributi. Essersi
cacciato per certo, non ha molto, di Germania la servitù, ta-
gliato a pezi Quintilio Varò, e provocato con guerra non
ViteUio imperadore ma Cesare Aguslo. Che la natura criò
libere insino alle bestie. La virtù è dell' uomo proprio bene;
gl' iddii aiutano i forli. Assalissono ora liberi e freschi gli
straechi e impacciali mentre uno vuole Vespasiano, altri Vi-
temo: esser ìa via aperta contro ambi. »
XVIII. Cosi Civile le Gallie e Germanie adocchiando, era,
se riuscito gli fosse, per farsi re di due gagliardissime e ricchis-
sime nazioni. Ma Ordeonìo Fiacco, da prima ìnfìngendosene,
gli diè campo. Avute le male nuove de' presi alloggiamenti,
disfatte coorti,cacciato dell'isola il nome romano, comanda a
Mummio Luperco legato che governava due legioni in guar-
nigione, che esca contro al nlmico, Luperco prestamenle
melte in campagna i legionari presenti, gli Ubii vicini, i ca-
valli treveri non lontani, e più una compagnia di eaval\i ba-
tavi acconci -più fa 1 segretamente a fuggire in su 'l combat-
tere e tradire i Romani con danno maggiore. Civile in melo
alle guadagnate insegne pèr innanimire i soldati suoi con la
gloria fresca e atterrire i nìmicì con la trista memoria, pose
dietro all' ordinanza sua madre e sorelle e le mogli e figliuo-
lini di lulti, per metter coraggio a vittoria e vergogna di fu-
ga. Le grida de' nostri non furon rigogliose, come il canto
levato si de'loro uomini e urla delle donne. La banda balav.a
si ruggi dal nostro corno sinistro e rivoltoceisi contro. Ma i
l più!a, tempo f•.
, f60 Il. UBBO QUARTO' DEtI.E STORIE.
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», 4
tO~ IL LIBRO QIJA.RTO DELLE STORlll:.
mal.o ee, Potitil "in quella oleurilà aodavano i~ raUo i colpi loro; dove i Ro--
mani nelle schiere de'barbari scoperti dallo splendor de'Cuochi" pigliavan di mira
I più principalio 4.1'ardire o d'aLito.•
» appa,."tl) Ipporu<tnle, cOIpicllO, iDligoe -l'e,. atldobba.entIJ, per lo
di..iu che iDdoll:lva.
S te /';mbe,.citNItlnoJ imhroccavauo , colpivanQ.
.. difO,."is61mi, di quei che fortissimi eraao,
I colf.,....} suerniti di ferro, ferrali. _,
I E manifesto cbe qui si .crenol h macchina deu a 1011."0# deacritta da
Vegtlio (IV, ii), e che f..cevui piaotando dritta un~ tuve iD terra, e IU questa
imperniaodoo o· .llra orUoonule • mebile io Buisa che .bb....ado.i l' aD Clpo,
1'.llro li .1 D.Il'UD. eslremilà pende.. DD ran60 di ferro,. d.lI'altr. uni
fllDe. Calavlli il raafio; anan6avaai il nemico; tiravIsi IU; poi liuDdo l'altro
capo della trave dal Ialo oppostc , veniva il povero diavolo a euere S~lliYeDtato
0.1 carDpo. Mi lODO Dn po' dist ..o nella d..criaion. del toll..o. perehe credo che
quella macchina aLLi.. dato origiae e Dome. qutlliuoco comuoiSlimo, cbe diceai
Far« .//'dtalena. e che pO,lrebbe....r deUo in c.mbip di Fare al tolle.o.
IL LIBRO QUA.RTO DELLE STORII. 18'1
forza, vi si stava ozioso,tentando con ambasciate e promesse
le legioni nella fede.
XXXI. Queste cose seguirono in Germania innanzi alla
giornata di Cremona, saputasi per lettere d'AntObio Primo
e bando di Cecina, e per l'appunto di bocca di Alpino Mon-
tano uno de' prefetti vinti. Quindi nacquero diversità d'ani-
mi; Gli aiuti di Gallia, che non, avevano né amore né odio
aUa parte, subitamente di consiglio de' capi si ribellano da
Vitellio.I soldati vecchi nicehiane;' pure, mossi da Ordeonio
FIacco e stimolati da' trìbunì , gli fecero omaggio, ma con
mal visO e animo, e con l'altre parole I del giuramento spic-
cate, ma a stento o tra i denti, o lasciato quel nome di Ve-
spasiano.
XXXII. Furon lette io parlamento le lettere d'Antonio
a Civile, le quali insospettirono i soldati, quasi scritte a uno
di sua fazione, e ch~ di loro trattano, come di nimici. Que-
ste nuove vennero a Gelduba in campo, e le cose medesime
vi furon dette e fatte, e mandato MontaDo a dire a Civile
che posasse l'armi straniere coperte con la maschera nostra.
Se egli aveva inteso giovare a Vespasiano, bastare il già
fatto. Civile rispose prima con astuzie, poi considerato quanto
Montano era di natura feroce e pronto a novità, dolutoli delle
sue fatiche e pericoli di venticinque annì nel campo romllDo,
( Belli meriti (disse] ora ne ricevo, la morte di mio fratello
c le catene mie e le crudelissime voci di questo esercito che
mi chìamav' al supplizio, delle qòali w cerco giusta ven-
detta. E voi, Treveri, e altre anime schiave che guiderdone
aspettate del vostro tante volle sparso sangue', se non milizia
misgradita," tributi sempiterni, verghe, mannaìe e pazi cer-
velli di padroni? Ecco che io con una sola coorte, e li Can-
ninefati e Batavi, uno spicchio di Gallia,' abbiamo que'vòli
spazi d'alloggiamenti abbattuti, ovvero li slringhiamo con
fame e ferro. Il nostro ardire o ci farà liberi, o, vin'i, saremo
• nicchiarto. A. Palili: .. aodavano rattenuti, u Lat.: .. clllltt.ba"tu.r. ..
, e co" l'ellr. parole "', Inundi: e mentrl ripeUvano ,\ resto della fo,.
nJub del giuramento, le loro parole etlDO 'piua'e.. doè tirate fuori a Joraa ee,
~ mi,gredlle, mllgtadita.
.. 1IJ10 Ipicc/aio di Gn.llillJ cioè, che siamo uno .picchio, te. Lat.: • ,%i~u(J
Calliarltm portio.»
168 IL LIBRO QUARTO DELLE STORIE.
h __
u, LlDRO QUARTO DELLE STORiE.
4 c01lficcn"do, inealeando,
J: di Ce6S,.e .. Domiziano.
S Ma~••llo.fac.va ocehiacei; C~i'P0 &hignavn. Lat: u ]',la~c.ll,,! ·mi..a.
cibI" ocu/is, C,.ifP'U "enidenl• • Valeriani: • Marcellò con occhi ardenti, Cri•
.spo con rilo maligno••
... bat.olle.. contese.
5 la P"~s.e pe,. li accruafo,.i.. parlò io favore degli accusatori.
• poicllè fil dat» [0,.0 8r,lle. manr, poichè furono contrastati. Lat..: .. post ..
',·"om obviam itnm, JJ Chi si assrarpa ad una cosa, p~'r far ch' e' la lasci ·SIi si d~
sulle mani, Di qui h metafora.
176 IL~IBRO QUARTO DELLE STORI&'
l per ... eRarll "1/,, "'''lUI, al macello, Lat.: • ItJnq.... m "d _""em delli-
"",.e,,'''''._
I " eeallo; tri!>uto, coutribuaiODe, b.iìelloo
S l.fo"'"nafa al'Q e basso. Lat.: • magna doc"me,,'. inllabililf0,.trl-
"-" snmma'l"t et ima mtscenììe:« Ehbea mente quel d'Orazio, Od. I, 3""', v. i,2:
........... r.let ulta IU"''''"
Mutare, ftt i",i,llnIC .,,,,,.,al de'"
06'",,.. prDlNtrt, eco
---------_.- _ ... _.
f,
IL LIDO QlJ.laTO DELLE STO.I&. t79
la fama, mandò gente a cavallo a uccider. Pìeone, Essi fu-
riosamente, non essendo ancor di chiaro, abbatton la porta
sua con le spade ignude, gran' parte di loro noI conoscendo,
perché eran tutti Cartaginesi d'aiuto e Mori..Avvenutisi vi-
cino alla camera ad uno schiavo, il dimandano, chi è, e day' è .
Pisone. Egli. con onorata menzogna disse Il Eccomi, » e fu
morto; come altresi "Pi80De poco appresso, conosciuto da
Bebio Massa, I uno de' procuratori d"Affrica, pèste tin'allora
di tutti i migliori, t e sarà spesso tra le eagionì de' nostri
mali. Festa da Adrumeto, 8 dove attendeva l'effetto, n'andò
aUa legione, e fece pigliarCetronio Pisano, maestro del campo,
per odio privato, ma lo diceva cagnotto di Pisone: e alcuni
soldati e centurioni puni, altri ne premiò; niuno per merito
ma per parere d'aver sopito una guerra.
L. Di poi acconciòle ,differenze tra gli Ofensi • e Lettitani "
che da piccoli rubaccbiamenti di biade e bestiami tra' con-
tadini, eran venuti all'arme e battaghe, Il popolo ofense in-
ferior di numero chiamò i Garamanti, gente indomita e
avveza a rubare tutto di i vicini. Onde i Lettitani ebber che
fare: guasto il paese , si serrarono entro le mura: vennero e
fanti e cavalli e cacciarono i Garamanti e si riebbe la preda,
da quella in fuori che fu venduta per le capanne e catapecchie
lontane. "
LI. Dopo la vittoria di Cremona e l'altre buone nuove
per tutto, molti d'ogni grado, messisi con pari ardire e for-
tuna a navigar di vernò, portarono la morte di Vitellio a Ve-
spasiano. Eranvi gli ambasciatori del re Vologese, e gli oll'er"
sere quarantamila cavalli parli: Lietae onorevol cosa gli fu
r offerta di tanti aiuti e non 'averne bisogno. Lo ringraziò e
disse che mandasse amhasciadorì al senato, e sapesse il tutto
esser quieto. Vespasiano tutto inteso alle cose d'Italia e
Roma, fastidiose novelle ha che Domiziano esce de' termini
dell' elà e del lecito a figliuolo. Laonde a Tito consegna ga-
I Spia ramosa.
, pé.ll~ ... di t,dti i migliori. Lat.! • optimo entqu« ezitio.ru..r. ,.
S CiII. d.II' AlFrica, oggi Hilmilmet.
• Ofenli. IIlOllO ba O..nli",;, ... dilcordiaJ.Eran popoli Aifriranial,ilanli
do,' oggi è TripDli. Cosi i Leputant,
i80 IL LIBRO QUARTO DELLE STORIE.
t '~" ifl h' ,,' $ol ./" tl lt· maH; in rnfM r lt~ Non fi,lllno, L:I rrase- ~ 101 1.1 d.,'
l'flgU;I[I; l;'o ddl.1. Itr~ l:lIJ i(n cristi ana . Il teste h. : te "U,/;tilJf u r imt IU ." ~Jf" 'h;' 'J-
' ;4", J,.,.,...
, il dl.dono 0/1' imp.rlo gallico: iDIoDdi, il gil1,ameDlo,
IL LIBRO QUARTO DELLE STORIE. 181S
con forze grandi circonda gli Agrippinesi, e quanti soldati
erano .in riva di Reno disopra fa giurar il medesimo; e uc-
cide i tribuni di Maganza e caccia via il maestro del campo
che non vollero giurare. Classico manda delli arrenduti i più
scelerati a offerire alli assediati perdono, accomodandosi alle
-cose presenti, aUrimente protestare fame, ferro e tutte le
crudeltà. E confortavanli i mandati a imitar loro.
LX. La fede e la fame, l'onore e l' infamia combatte-
vano gli assediati. Eran mancati i cibi soliti e gli strani.
Giumenti, cavalli, animali sozi e stomachevoli che la fame
fa saporosi, lutti s'erano manicati: finalmente frasche, ster-
l'i, erbe svelte tra' sassi furono esempio di misera soO'e-
renza. Ma cosi bellalaude macchiarono con laida fine, man-
dando a chiedere a Civile la vila. E non prima l' impetra-
rono che giurata I la fedeltà alle Gallie con patto di lasciar
tutto l'avere: e con essi manda gente che ritenga i danari,
ragasì e salmeria, e gli accompagni a irsene svaligiati. Alle
cinque migliaescon loro i Germani addosso: i più bravi in
su 'l luogo, molli furon morti sbandati, gli altri fuggirono
in dietro nel campo, dolendosene Civile e riprendendone i
Germani come rompitori di fede. Non s'afferma se egli
finse o pur non potè ritenere gli efferati. Spogliato il campo
vi ficcan fuoco che arse tutti gli avanzali alla zuffa.
LXI. Civile essendosi quando prese l'armi contro a'
Romani botato alla barbara' di non si tondere sino a ven-
delta, quando ebbe uccise. le legioni si londè sua bionda
e pettinata zazera, e mise, secondo si disse, certi prigioni
per bersagli alle frecce e bolzoni 3 che un suo figlioletto ti-
rava per giuoco. Ma egli nè alcun Batavo non si giurò li-
gio alle GalIie, confidalo nelle forze germane e bisognando
co'Galli combatter la signoria dell'imperio, si sentiva più forle
e più riputato. A Velleda mandò fra i presenti Mumio Luperco
legato d'una legione. Costei era vergine di nazione brutte-
t che giurnt«, che dopo aver giurata.
I ~.flendoll ..•• botato alla bllr.ba,.tI~ avendo all'uso de'barLari fatto voto eco
COli fece .nch~ G. CUaTe dopo la rolla di Colla e SaLino.
J ho/~o"i.l o Lolcioni, sono macchine darompermuraglie, ed ance UDa sorte
di freece rhe in camLio di punta Lanno UD.a capocchia, e si scasliano COD groua
lul..lu: luna roba Don d. an figl/ol_IIO. 11 tulo dice ìaculis.
16'
"!!.
f ~omandnto. È comandato.
!I tlella per~a e infamia ~ e- ; cioè, temevano della vergo@'na e infamia,
pensandc , come endrebherc eco
5 alla mercè di CIIi eco Tulto era in arbitrio di coloro ch' essi avevan
fatto fladroni di lor vita e morte. LaL: I l omnin in arbitrio Corwn qllos pit{}! ne-
ctsqne dominos fecis sent.•
IL LIJJBO QVUTO DELLE STOIUE. 187
co' lanciolli; e questo fu principio del loro discolpamenlo.
Le legioni, seguitando il viaggio, si fermano sotto le mura
de' Treviri, .
LXIII. Civile e Classico insuperbili per le prosperilà,
consuUarono di concedere a' loro eserciti il sacco della Co-
10Dia Agrippina. CrudeUà naturale e agonia di preda li vi
traeva; ragìon di guerra non era, ed è ulile a' nuovi stati
l'esser bacialo clemente, Civile ancora si ricordò del bene-
ficio delli Agrippinesi che custodirono con onore il figliuol suo
fallo ivi prigione al principio de' movimenti. Ma le genti oltre
Reno odiavano quella città troppo ricca e cresciuta, né parea
potersi alle g~erre dare altro fine che farla 'risedenza comune
di tutti i Germani, o, spiantata lei, rimanesser anche gli
Ubii disfalli.
LXiV. Laonde i Tenteri , popoli oltre Reno, manda-
roDOal consiglio delli Agrippinesi amhasciadorì, di cui IQ
più feroce cosi comìncìò. Il Ringraziali sieno i nostri e vostri
iddii e MarIe lo sovrano, l,e prode faccia a voi che rienlrali
nel corpo e nome germano, sarete aUa fin pure liberi, Ira noi.
liberi. Avvengachè i Romani ci abbiano insino a oggi chiusi
i fiumi, la lerra e quasi l'aria, perchè noi, non el possiamo
ragunare e parlare, se non se disarmali e come ignudi (vil-
lana cosa ad uomini Dali all' arme) e con guardie e costo. '
Ora affine che l'amicizia eleganza nostra siano eterne, vi
preghiamo a smantellare questa colonia di mura che son
forleze per mantenere schiavi, Anco le fiere tenute in gabbia
perdono lor fiereza. , Tagliate a pezi quanti Romani sono in
su'l vostro. Liberlà e signoria non s'incorporano insieme,
I beni delli uccisi vadano in comune, aéciò niuno ne nasconda,
né separi la sua causa. Sia l'una riva e l'aUra nostra e vo-
stra, come al tempo antico. Natura ha dalo la luce a luUi
gli uomini, così tutti li lerreni a' più valorosi. Ripig.liale
gli ordini e 'I vivere de' maggìerl; levate via le graveze con
le quali i Romani più che con l'armi struggono i soggetti.
veneione falla, o seconde l" ordine preso. Anc:he nello Scismtf: A avendo i Pro--'
testauti fallo convegna di prender l'umi. • Ma è voce antiquata.
----.01
IL L1BlIO QU&RTO DELLE STORIE. f89
gri e gridò: a Non abbiamo preso a far guerra noi Batavi
e Trevirl per esser padroni delle genti: gli iddii ci guardino
da tanta arroganza: Coglieteci per compagni: io vengo a ser-
virvi per capitano o soldato, come vorrele voi.'» Mosse i soi-
dali bassi, e mettevan le spade nel fodero, quando Campano
e Giuvenale de' principali Tungri gli si dìedono con tutta
lor gente: Labeone prima che fusse accerchialo fuggI. Civile
ricevette in fede anche i Betasii e' Nervii e li aggiunse a' suoi;
e l'aUre città per si gran fatti ne temevano o lo volevano.
LXVII. Giulio Sabino, fuor de' termini della lega ro-
mana, fa salutarsi Cesare, e con grande e disordinata sua
genia, cavalca con paza furia ne' Sequani, noslri confinanti
e amici, i quali non fuggirono la battaglia. La fortuna i
migliori favori. Rotti i Lingoni, Sabino che con temerità
aveva la battaglia affrettata, con egual paura l'abbandonò;
e per dar voce d'esser morto, arse la villa ove fuggi, e ere-
dettesi che da sé siesso vi s'ammazasse: ma com' ei fece
a vivere nascosto nove anni, ed ebbe fermi amici, e il bello
esempio d'Epponina sua moglie, diremo a suo luogo. l La
vittoria de' Sequani fermò l'impeto della guerra. I popoli
cominciarono a ravvedersi e tener conio dell' onesto e conve-
nutore furon primi quei di Bems, i quali per le Game bandi":
scono dieta per deliberare o pace-o libertà.
.. diremo a "'", IUOBQ• • Questa parte d'iltoria di Tacito s'è perduta; IDI
l' b••upplitaegregiameute il Brolier n.n' Appendice C~onologictl .1 V..pasiano,
1
t'.p_ f6, e l'ha prua, come'ivi si.dire aell"DRoluioDi, dall Amatorio di PIa-
tarco•• (B. p •• tere.) Non nn di"""o.e riferiremo il p'.Io.O f.Uci, confo..-
è .. c~onl.lo d. Simino nell' Ep'ilom. di Dian. C...io, Iib, LXVI, 3: • Ginlio
Sahino, personaggio primario tra i Lingonì , avendo aoch' egli raccollo un eser-
cito, fu appellato Cesare, eeme colai che da Giulio: Cesare spacciu'ui discelo.
Ma .into in più scontri, ruggini in certi campagna, e .i riDebian iD UO arpo1-
ero sotterraneo , cui a"'eva prima messo il fuoco. Laggiù vialt" lette anDi colli
moglie e v'ehtlt: due 6g1iuoli, mentre frattaoto era COri a voee rh' tgli foue morlo._
E .1 cap. iO <!e1l'i.I...o libro, ripiglia cosi il raeeonto r • Quel Sabino Gallo
c:b' el'ali.fallo chiamar Cuan, r cbe via lo , dopo ... er combattute "'aloroumenre,
el'a.i rinchtu.o iD uo sepolcroj fo scoperto, e io Roma eoadouo , e coo elio fII
data a morte la moglie su,. Peponilla (nl!1tOY~).(x, e Plularco EJJo1rOvl'J; il DO$lro,
Epronina) cb..... a10 serbato illeso. No .als. eh••Ila moslrando i figliuoli
a Vespasiaoo, dicesse per mo",ulo. misericordia: Quesli, o Cenre, bo paTtorili
e all.vali nel sepelero , .lIincb~ cr..c il numero d.i supplieanri, Peroccbò
sebbene con "l)1IesU pr.ghi.ra strapp a lui, • I quanti erano preaenti, I. la."
crime, pure DOO ri~cì a.olLeOeR misericordia.•
190 IL LIBRO QUARTO DELLE STORIE.
•
IL LIBRO QUARTO DBLLE STOIIB. 193
sparsa oste, e per molti.messaggt avvertiseono Valentino che
non arrischi il tutto. Tanto pio volando mandò Cerialea'Me-
diomatrici a spignere per la pio corta contro al nimico le
legioni; e raccozati quanti soldati trova in Maganza con quei
che menò, venne in tre di a Rigodulo 1 dove s'éra piantato
Valentino con gran gente trevera, difeso da' monti, dalla
Mosella, e fattovi fosso e muro. Non per tali fortificamenti
ristette il romano duce di non vi spìgnere la Canteria, met-
ter i cavalli in certa collina, beffandosi del nimico ragnna-
ticcio, non si dal sito aiutato che non pio valore Iusse ne'suoi.
I tiri de'nimici noiarono alquanto il salire. Venuti alle mane,
li pinsero o precipitaron giuso a rovina. E parte de' cavalli
ne' colli pio bassi presero i pio nobili Belgi, tra'quali fu Va-
lentino lor capitano.
LXXII. L'altro di, Ceriale entrò nella colonia de' Tre-
viri, struggendosi i soldati di spiantare quella città. « Questa
esser patria di Classico, questa di Tutore: per la costoro
scelerateza (diceano) rinchiuse e tagliate a pezi le legioni:
ehe proporzione aver con questo il peccato di Cremona, che
si rapi di grembo all'Italia, per aver fatto indugiare i vinci-
tori solo una notte? E questa nel fine di Germania posta,
delle spoglie delli eserciti, del sangue de' capitani trionfante
stare in piede? fussesìIa preda del fisco: bastar loro vedere
il fuoco, la rovina della colonia rubella, in ricompensa di
tanti alloggiamenti sperperati. J) Ceriale, per fuggir biasimo
di avvezar i soldati licenziosi e crudeli, attutò le loro ire; e
ubbidirono, pio modesti nella guerra fatta alli strani, che
nella passata civile. Commosse poi gli animi la miseranda
vista delle legioni fatte venir da' Mediomatrici. Stavano per
lo misfatto manìnconose, con gli occhi in terra: fra loro non
si salutarono, non rispondevano a' confortanti; sofficcavansi
ne' padiglioni, t Cuggian la luce; pio stupidi per la vergogna
che per la paura. Stavano i vittoriosi ancora attoniti, non
ardivan parlare nè pregare; con lagrime e silenzio, per loro
7
IL UBBO QUARTO DÈLLB STOBDì. 19'7
deDe legioni prese a Novesio e Bonna disperse, rari aD' in-
segne, e l'aquile quasi prese; acceso d'ira disse: & Voi non
lasciate FIacco, non Vocola. Qui 'Don é tradimento: non ci
ho fatto altro errore che creder che voi, dimenticato la J.ega
gallica, vi ricordaste del romano sacramento. lo sarè-anno-
verato tra i Nomisii e gli Erennii, acciocché tutti i vostri
legati muoiano per le m~ vostre, o dati a'nimici. Andate a
Vespùiano, anzi a Civile e ClaSsico che sen più vieinl , e
dite come voì avete piantato il vostro capitano nella batta-.
glia. Verranno le legioni, e non lasceranno me ,senza vendetta
né voi senza pena. Il
LXXVllI. Diceva il vero, e da'triboni il maestri del
eampo il medesimo si'rinfacciava. Ristringonsi in compagnie
e frotte, non si potendo distendere in battaglioni, perché il
nimico era sparso qua e là, e le trabacche e le bagaglie im-
pedivano, combattendosi dentro allo steccato. Tutore, Clas-
sico, Civile, ciascuno nel suo posto sUgava i suoi a combat-
tere; i Galli per la libertà, i Batavi per la gloria, i Germani
per la preda. E avevano tutti i vantaggi, sinché la legion
ventunesima, più dell' altre larga, sostenne impeto, eri·
pinse i nimìci, i quali, non senza divino aiuto, motati gli
animi di repente, in su 'I vìneere voltaron le spalle. Dìee-
vano averli spaventati le fanterie rotte nel primo affronto,
che riunendosi in cima del monte, parvero aiuto nuovo. Ma
fo pure loro cattìvìtà , che lascìàrono la vittoria per ìstrap-
parsi la' preda. ceriale, che per tracoranza ebbe a rovinare
il tutto, per francheza d'animo lo racquistò. Seguitò la for-
tuna; 'è gli alloggiamenti nemici lo di medesimo prese e
arse.
LXXIX. Poco posarono i soldati. Gli Agrippinesi doman-
davano aioto, oll'erendo la moglie e sorella di Civile e la
figliuola di Classico, lasciate per pegno della lega: e in tanto
uccisero i Germani sparsi per le case. Però con ragione si
raccomandavano, temendo che i nemici, rifalUsi, non si ac-
cendessero a speranza o a vendetta. Perché Civile veniva
via assai forte: la più ardente sua banda, composta di Cauci
e Frisoni, ancora intera. la quale era a Tolbiaco l tenitorio
• To/biaco, oggi Ziilpicfr.
17'
t18
3l:rippincse; ma ,'oliò a dietro per In uova dell ' s'e re
sta ta d i falla dOlI li A'rrippinc i co i o tI' CI' loro pieno
il ventre, uhh ri a ', addo rmentali rate I porte, filLovi
faoco, a rsili, Ceriale in 'e me li ce r. a Iuria, E Civile
obhc un' nltra puura , n n 1:.1 ) gioo quattordicc ima in ieme
con l' nrrn Il li il nna mole. la ' no i Bat avì dalla part del
ma re.. a l~ WO Prisc I ~ ato cond usse que lla leulone per
ter ra n ' • "ii C T UI " l'i c Il o' popoli li s' arreser o, L'ar-
mnta nssallroao , c le navi in m a gior parte pr sere U aflon-
clara o i Can uinefnti , c ruppero una mo ltl tudine di ' l'vii
mossas ì a uuerra per li Romani. Cla sico uucora ruppe i ca-
volli ma nda,li da Ceriale n' Novesio innanzi, I qual i pìcce li
dnn " la "p si, iulorhi . ano la fama dell: fresca ìttoria.
T. ••'.' . In questi giomi .Inda no fece ammalare il
fìaliaclc di "itellio, oslrando che a stirpare la di cordia con-
vc.ni. spe 'nere i semi: c UDII volle che Anlo nio Primo Io se
dc' co tigian ì di Domiziano, per ee losìa del tanto favore dc'
SI/Idoli c per la sila llltcrigia -ho non pa tiva cz uali non che
SIII fiori. Va nne utonio a Yo pasiano , che 11011 "Ii fa Ic
car zc ch ' ci " 3 ottava nè ma l vi o : tirato tla lilla banda
da ' meriti I ave ndo senza d uhhio la condotta d' ntonio fluita
la Ile l'I' , d311 ' altra, QOII rislava l uciano di scr tve rne 'Ii
ma le . e l!:II ' uno ID nocivo o stoso l' urtava: aveva ad-
dos o tIi 'l'ali peccati chia mava con su arroganza da di co-
sto ID livoa lienza , troppo ricordando i uoi uieriti. Diceva
li Itri po tronì : Cecilia pri gione a rrenduto, Gild e a poco il
)I li o a t • inno cadde (Li collo,' senza perb ùimo trar lo.
t ' .. :1. I n quella state che Ves pasiano in Ales and ria
dimorò, a penando l' et csie " p l' navi gare I si vide miracoli
che il ci lo I: gl ' iddii " a ma van o. Il povero ci co d'Alessan-
• e.J~/~ di eotl«, v ne in di istiml .
! l' n 'Iii. .. Ouo giorni l'rim a del D'I<'" .lellA c. ni.o h (di•• Pl inio) l' i.
rma gli .quiloui c cii aprclloautl prodromi.. Due giorni ,forQ ri("omind ~D o rege-
Iarmente p<" allri flun1nh~ e ai ;lpptUano t luie. · ) tJ le etesie sono (o.. e~
G . sa..... '. 111, 10 7) coni ,..ime ehi nayj .h Alt IIJr io. D un"", T ..
cltc 000 T u o I 'lui ìn1etulll:rt delle etesie. InfAuì dice .. s tato » lI'IUvi.fj1lJ ltÒII.I
die$••~ 0pP ",.l t!Jat u,.,,, do"" , i giorni costauu dei n nl i tlt CIi, ou.... i .;iorui nri
qu ali i \'en tl e.ti~ i. "Viri nlo re::ob rrnrnlC'Ji non eceitauo tuhite tcmp"k, et sou o
orl'o.lom .\1.
6io . 1 14 •• m, "br<,
.i . u one; i ')\l,Ii giurai,.e oodo V'sn'O, rrono d . 6 m' g·
~ LU&O oOllAllTO PELLE .sTOam.
I Colltgia,ono .cfrt la l"ce non "a perduta. Lat.t • Medici vari« dis«
"""t. Buic non "t'am vjm [,uniIJiA. .. 11 verho CPJlegill"~ di cui la (4ou$ca
del MaDIU&i cita 'JII"'I10 .010 eJelrlPÌD del DauDoaLi, sigDifica Decretare O',en-
unaia.., nel consulto medice, -
I jl cUco ,vUt. Qui vOl\iOQo a mente le scrofoie c~ UD tempo soleane gua·
n..pr propria loro virtù,. i re crisliaDi.simi.
• cfr. non pp..... og..adty{7la'" d.ll. m....opa. • È uDparaw.o ~.
Tacito, uomo di sì buon senso e.erltere , scrivesse questi miracoli, mostnQdQ
d' anrli pu 'veri, almeno De,MivamOllle. Può dini c~ DOD fece e.llii allro cb.
rilèrire quù che ai diceva". cbe. q& int~~f"'" n"nC quoqu. m.morant: ...il
.a..bbe .tata dal bUOD politico ch' e,Ii era melle re in ridicolo siiatli .miracoli.soUo
Ili occhi di Roma superoUaio... Qua DIo a Doi gli spiegberemo come il oIItlldersi
"sIi oracoli e gli altri prodigii dell' etnico saeerdoaìc .• (IL P"touJ
IL LIBRO QUARTO DELLB STORIE.
punto egli era lontano ottanta miglia. Onde egli intese che
quella fu visione, e il vocabolo Basilide 1 voleva dire che ci
regnerebbe•
.LXXXIII. Dell'origine di questa divozione non parlano
nostri autori. I sacerdoti d'Egitto dicono che al re Tolomeo,"
il primo l\lacedono che fermò le forze d: Egitto , uccrescendo
in AIe sandria , n uovam ente edificata. t mura c tem pi o div o-
zioni, apparve in sog no nn giovano di a ra n bel leza , e sta-
tura ma ggior che uman a, e li (li - e che ma nda sse in Pont e
ìlda tissimi suoi per la sua imma gin e ; ch è buon per quel re-
,,'110; quella ed iu che l' a vesse sa rebbe gra nde e famosa ;
o vidclo entro gr an fiam ma salire al cielo. Sve gliai o dal-
l' ag ùro e miracolo, lo conferi a' acerd oti Egizi che ogliono
intende rsi di lali cose. Ma a pcndo es -i poco ra giona re Ili
Pe nto o di cose di fuori , dimanda Timoteo at cn ie e degli
Eumolpidi , fallu ven ir d' El eu i per prim o acerdote, " che
religione e che dio fus Il quelln. Tiruotc o intese da' pratic hi
in Punto , che vi era la cillà di Sinope e pocu lontano un
tempio per a nticn fama tenuto di Giovo Dlte , ! perché 1111<1
Iìgura di donna "Ii è ap presso, detta da ' più P ro erpina. Ma
a T olomeo (come è natura de' prin cipi) pauroso, poi rassie u-
ruto , più a' piaceri be a religione inteso, c ogn ' alt ra cosa
cura nte , ap par i lo medesimo giovano più terribile, e minac-
ciò di spc rde re lui e il regno , SI!II el no n l' ubbidiva. AlIora
ei mand ò a mbasciadori e presenti a Scidr oternide , 1I11ura re
,le' lnop ìì , 'O ll ord in che ne l nav igare vi itassero Apollinc
Pitio. Eb bero buun vento. L'oracolo rispo o chia ro. Amlnssonu
o riport as ono l' Immag ine di suo pad re e 1I0n di sila sorella .'!
_ _o
203
IOIIMABl6.
Dg" b Googlc
n UBRO QUINTO DELLÈ STORIE. 208
cendo che piangere, Moisèsolodisse loro, non aspettasson più
aiuto da iddii nè da uomini, poiché da tutti erano abbando-
nati; credesson a lui, dato loro dal cielo, col cui aiuto aveano
scampate le prime miserie. Con tal fede, senza saper dove,
cominciano a camminare. Pativano sopra tutto d'acqua, e già
moribondi stramazavano in terra per tutto. Eccoti un gregge
d'asini salvatichi satoIli entrare in una caverna d' ombroso
bosco. Moisè vedendovi erboso il terreno, li seguitò e trovò
grosse polle d' acqua che li ricriò, e camminarono sei giorni
continui; l il settimo, cacciati gli abitatori, s'impadronirono
di quelle terre e fecervi città e 'I tempio.
IV. Moisè, per comandar quella gente in futuro, trovò
nuovi ordini a tutti altri contrari. Quivi è profano eiocchè a
noi sagre; lecito, lo aborrito. Consagrò in luogo ricondìto una
testa dell' animale che mostrò il cammino e spense la sete,
e nn montone sagrificòquasi in dispregio di Giove Ammone.
Sagrificano anche il boe, che è lo iddio Api delli Egizi. Non
-mangiano porco, per memoria di quella scabbia che gl' in-
fettò, onde questo animale è difettoso. Confessano col molto
ancor digiunare la lunga fame patita, e le rubate biade, col
pane loro azimo. Stanuosì" ogni settimo di, perché in quello
finirono lor fatiche, e allettati dall' infingardaggine, le dedi-
cano ogni settimo anno! Altri dicono, a riverenza di Satur-
no; o per essere useìta loro religione e gente da quelli Idei
cacciati con Salurno; o perché Salurno, de' sette pianeti che
reggono i mortali, si dicà lo più alto e possente, e i più dei
celesti ordini girino ed operino per seuenari,!
V. Questi, bene o male indotti, ordini concedansi all'an-
t drle alti colli; l'uno delto SiOD, o ciu. di D.vid; r altro Aera, cbe fu
jl punto eminente della città, fiDCbè non fu abassato accioccbè non soverchiassc
il tempie, il qual•• orgeva sopra UD torao colle detto il Mori.. Aucb. ,1\ T.sso,
Ger, I:
Gerus.J....ona oIDo ..m8 poot.
D' impari alteul.
li Fon"' p/p.' il Sii... cb. pK dunami forlll'va due .tapi, -cio. la pi-
•• iD. di Solom Ja fiociD. del &100.
~ UBIlQ QVlN.TQ DELLE STO\lJ,Jl. .211
LA GERMANIA
SOMMARIO.
, -_.-. __ .~._-----
U GEIUUNU. 227
al vestire, non di roba larga, che sventoli, come i Sarmati
e Parti, ma assettata che mostra ogni membro. Portano ano
ohe pelli di fiere: i vicini al Reno poco le curano, i lontani
le cercano, perché non hanno traffico, né cose forestiere.
Scelgono le pelle delle lor bestie, e vannole indanaiando di
squamme I di pesci dell' oceano là ollre,'da noi non cono-
sciuto.
XVIII. Gli uomini vestono come le donne; se non che
queste portano veli di lino vergati di rosso, e non fanno ma-
niche, ma ignude mostrano le hraccia e'l petto; quantunque
delle mogli mollo sìano scrupolosi, né vi loderesti tanto d'al-
tro costume. Perché soli questi harbari si contentano d'una
moglie, se non qualche nobilissimo, che, non per libidine,
ma per esser bramato da molle. Non dà la dote la moglie al
marito, ma il marito a lei Jn tante donora a pìacimento
de' padri o parenti; non ornamenti, non borie: nn paio di
buoi, un cavallo imbrigliato, scudo, picca e spada. In queste
la riceve il marito; cosi ella porta a lui qsalche arme. Questè
credono essere i legami, i sacramenti, gl'iddii delle noze. ;E
perché ella non si creda nOD avere a pensare a virtù né a
cui di guerra, la prima sera le fatta la predica, « che ella
è
....
LA GEJlIlANU.. 229
le nimicizie negli stlili liberi troppopcricolose.Non è gente
tantovaga 'di mangiare insieme ,e rìcevere forestierl. Ten-
gono cosa brulla chi negasse a qualsìsìa l'alloggiar 8000: gli
da, secondo il potere, di quel che v' è. Quando non ve n'è
più, lo mena senza invito a casa un altro, che gli tratta
ambidue con pari umanità, eonoscansi <!'no; chè al debito
verso al foresliere ciò non importa. Se nel partire chieggono
. alcuna cosa, s'osa darla, e con pari sieurtà chiedersi l'uno
all' altro. Cari hanno i presenli; ma. non vogliono per questi
restare obbligati né obbligare.
, XXII; Mangiano co' forestieri festevolmente. Levansì da
dormire mollo lardi, e lavansi con acqua per lo più calda,
essendovi quasi sempre verno; e vanno a mangiare ciascuno
in sua seggiola e deschetto, e spesso armali: poi alle Iaecen-
de. Consumare. il di e la notte beendo, non biasimo; oh- è
• come I stantechè.
. 'picco/i. Il testo dice limplicel, randiùi, Icbielli, non involti io alcuna
&imulazÌ1tne o dissimulaaiane, 1>-
5 ".i coraggio j nel cuore, nella mente..
II•. 20
260 LA GERMANIA.
I Imp'dlf'll li più forti occrtpare ee., era otUcolo ai più forli ùi occu-
pore eco
3 A. Politir • Tra la selva Ereinia, adunque, e ic!ue 6umi Reno e :Meno,
hanDoaJ)itafo S" Elvezj;- e pi~ addentro i Boii; l' UDa e l'altra n.a.ioncde'Galli."
-4 per lo pa$,$O claillden, e non aprire. Lal.: Cf,d ar&er~n'J noli ~d Cluto-
direnl!,r. • A. Polhi: • perchè Iaguardasserc , pcrcbè funer 8uardati.•
232 , LA GERMANI!.
t accatti J tributi.
1-80 gli occhi dall/elallori. Lat.: .. n.e p"blican,u allerit. N
S preltanaoni; prestazioni, balselli•
• q,ulIi cappate armi, com. armi elette da warsi all' opporlunità. C"p-
pare, pigliar. a scelta,
S ~1"ren; addecìma ti. Lat.: • t1ecrunal~" agros; • terreni tolti al nemico;
dislribuili .11. legioni, e settopoati ali. decima.
I buon discorso J mente aggiuslata, Luon senno.
7 "bbiJir. a chi gli ha Il riveder le file. II lat. ha: • prrrpon.re el.elo$,
audir« pr«pO.litol, noss« ordine... .. Va1eriani: • eleggersi buoni cspi , ubbi-
dire asli eletti, osservare gli ordini. If
LA GIBJI.lNU. 233
guerra.·Di rado scorrere, e a caso venire a battaglia, t per-
chè il propriodelli a cavallo t è presto vincere, presto ce-
dere. La velocità s' accasia a paura, la tarditàa fermeza.
XXXI. Quel che negli altri popoli di Germania usa 8010
.qualche gran bravo, i Catti tutti osservano per magnjlnimo
boto.; tosto che san fatti uomini, di lasciars! creseere barba
e capelli, si abbiano a ammazato un nimico. Allora sopra
quel sangue e quelle spoglie, si tondono e scuopron la 'fronte,
e tengonsi d'aver soddisfatto all' obbligo dell' esser nati ,e
.degnìdella palria e de' genilori.. I codardi si stanno nella
loro squallideza. I. più valorosi portano di più un anello di
ferro (cosa vergognosa a quella nazjoae) quasi per catena,
sino a che con l'uccidere un nimico non si disciolgono. Piace
a' più de' Catti tal porlalura. 4 E gìà canuli san guardali e
mostrati eziandio a' nimici. Questi cominciano le battaglie;
questì 80n sempre la prima schiera, di slrano aspetto; nè
anche in pace rasserenano punto la· faccia. Nienle banno
Bé fanno; dove. vanno, ivi mangiano; ·di quel d'altri san
prodighi; il loro disprezano; tanto che per vecchieza più
non possano s1 dura virtù.
XXXII. Dopo i Catti, il Reno, già in canal proprio e
degno' di esser confine,lrova gli Usipii e i Tenleri. Questi
non meno che i Catti a piede,. altra all' altro pregio d'arme,
san lodati a cavallo. Così furono allevati, e segultaeo. Que-.
sii sono gli, scherzi di lor fanciulli,. i giuochi de' giovani, I)
continovanò i vecchi. lcavalli 80n parledella famiglia,e ra-.
gione di redilà che viene, non al .figliuolo maggiore, ma al
più feroce e guerriero.
XXXIII. Dopo i Tenterl ne venivano i Brutteri: or di-
consi esserue.atatl cacciali e distrulli da' Caniavì e Angri7
,vari, di volontà de' vicini per troppo orgoglio e per dolceza
di .preda; o ci hannogl' iddii favorilo di far 'morire· altr' a
sessantamìla, non di ferro romano; e quello chepiù magni-
Ileo-è, gli han falli spettacolo e diletto a' nostri occhi. Deh
rìmangae nelle genti dari, se non" amore a noi, rabbia tra
toro; poiché la discordia de' nemici )0 maggiore aiuto che
è
dosso a' Fosi lor confinanti, minori di loro nelle cose pro-
spere, e compagni uguali nell' avverse.
• 'a ce-vin aHat o al lione come PllÒ ripOJarc~ Lal.: .lnter impetentes
et ,,;alitlos/niso qniesca s, ti .
LA GRIlIlANH.. 23lS
XXXVII. Seguono nel medesime golfo in su l'oceano
i Cimbri: èvvì oggi la ciltà piccola, il nome grande. Vi -sono
ancora levestigie de' campi posti in su l' una e l'altra riva,
i cui spazi oggi mostrano .lor gran gente' ed eserciti. I Secen-
quarant' anni aveva la città nostra la prima volta che s' udì-
ron l'armi de' Cìmbrì , nel consolato di Cecilio Mètello e
Papirio Carbone, dal quale ìnsino al secondo di Traiano ! im-
peradore sono da dugentodieci anni: e tanto si pena' avin-
cere la Germania. In. questo si lungo tempo son seguiti di
qua e di là molti danni. Non si spesso ci hanno dato da pen-
sare,iSanniti, Cartaginesi,le Spagne, i' Galli, né pure i
Parti; perché la libertà de' Germani-è piò ostinata, che quel
reame. B che altro che la morte di Crasso ci può rinfaecìar
l'oriente all'incontro. del morto Pacoro, e a Ventidio sotto-
messo?3 I Germani hanno al popolo romano rotti, o presi
Carbone, Cassio, Aurelio'Scauro, Servilio Cepìone e M, Man-
lio, con cinque consolari esercili; allo stesso Cesare tollo
Varo con tre legioni: E non gli hanno senza costo abbattuti,
Gaio Mario, in Italia , il divino 'Giulio in Gallia, Druso, Ne-
rone e Germanico ne' 101: paesi; e le gran bravate di Gaio
Cesare si convertirono in riso. Non si fece altro, sino a che
.con l'occasione delle nostre discordie e dell' armi civili, '
espugnate le nostre guarnigioni, aspirarono anche alla Gal-
Ija; e quindi cacciati, ne'seguenti tempi furono trionfali, imzi
che vinti.
XXXVIII. Diremo ora de' Svevi che nonsono, come i,
Catti e Tenteri, un popol solo, ma tengono di, Germania la
maggior parte, divisi in più nazioni e nomi, sotto il nome
cenerale de' Svevi. Al rivoltarsìI capelli voglion esser co-
gnoseiuti dagli allri Germani e dalli schiavi. Usanlo .altre
nazioni, pochi e giovani j' o per imitarli, come avviene; o
" elercil.l. L'Orelli Don accetta l'emendazione I:zercilll" del Lipsio;' ma
logg. Inlla r,de di tutti i codici. tam magoi .,,,iI,u fidem; • colle quali parole
Taci!o "uol.ignificar. tbe l'ampio giro del campo da essi beeupaio' rende credi-
bile il gran numero di quella geDIe cbe dicev..i uscite in '. .mi, '
/J,aI4,toltdo ili T,.oialto, ehe è l'anno di Roma 85f, di G..ù Crislo 98. '
Donde raeecgliesi ehe Tacilo in dello anno stesse scrivendo questo libro.
s . a "',nlidio 4ortome414;cioò, rorien!e,,,inlo da P. Ventidio B... Q.
• (haltlo ,,,lt,., ..aoio..i, pochi .. gioY"lti: Ira le altre nazioni tale uso è di
pochi e 8;"vani.
236 LA GERMANIA.
e
tU
SO:lfMARIO.'
• nel tlrarle o fine; nel volerne v.-derIl 6ae; nel Vlncerle, MI dabito che
h.: .. et vincer« in~lori"m et atteri .Iortlitlrun Il''''
]a lezione sia guasta. Il lat.
bU"abatl&r. "'
ti ne fiatalle J ne facesse parola.
,VITA DI GIULIO AGRICOLA..
.. ecli.J.I"rDno le sile 4appocagini. Non .' eeclissa se non ciò che rispl~D.
de, però qui, o è uu' irom., o uu' improprietà. lIh illttiuo ba • '"' er p ....tns
411"W- ............. "rorbuit ;1IAa" 1.!f'I1ti1Jl em:_tt......J • cioè, le guerre
ciyili sceppia\l iu.tpIIIl1IlIICUo, porsuo plomi»il pretasto al IUO DJIIl fir all1la.
Perchè, diceva,.Doa voglio che 1'impero abbia due guerre addosso, la civile e la
barbarica.
:I _ ltll_J cioè, ""I grido delle ntl-' 1\ lat.: • tlat ,,;cla>-lil ",.,
b.llo••
2112 TITA DI GIUUO AGRICOLA.
suo arrivo, la città d' Ordovieo tagliò a pezi quasi tutta una
banda di cavalli alloggiata in quei confini. Questo principio
inanimi la provincia. Tutti voievan la gnerra; chi seguitar
l' esempio, chi intender l'animo del nuovo legato. Agricola,
benché finita la state, sparsi i soldati per le' luogora, fallo
pensiero di svemani; COI8 lunghe e contrarie a cominciar
guerra; e molli lodassero più tosto l' asaieurare le cose s0-
spette; delibero farsi incontro al pericolo, e con le legioni e
pochi aiuti, perché gli Ordovici non ardivano campeggiare;
messosi innanzi a tutti per dare agli allri unimo, ordinò la
battaglia. Quasi tutti gli uccise. E sapendo che la loria i
dee seguitare, e che i primi successi si tirerehbon dietro
ogni cosa, risolve di pigliar l'isola di ooa, Iasciata d. Pau-
lino per la ribellione di tutta la Britannia, come dicemmo.
Mancandovi nav\lii(come nelle dubhieze avviene ) l' ing " no
.e la costanza del capitano fece passare , t lasciata o ni baga-
glia, un fiore d'aiuti che sapevano i guadi e, nolando, ree-
gere a loro usanza sé, arme e cavallo cou tanta presteza,
che i nimici aspettantisi armala, navi c mare, Irabiliali fa-
cevano ogni cosa agevole e vinta a chi u rreg iava ' i fat-
tamente. Cosi data d'accordo l'isola, divenne J ri ula fa-
moso e grande, come coluiche volle di prima giunta spendere
in fatiche e pericoli quel tempo che gli allri ogliouo in iiri-
monie e burbanze. Né per prosperità invanito, qu Ila appel-
lavà impresa o vittoria, ma aver tenuto i rintì in cervello:
nè pure le lettere d'avviso d'alloro inghi I nd ù, ma fece la
sua gloria maggiore col non la mostrare ; con iderando i a
quanta intendeva chi ne taceva cotanta.
XIX. Informato degli animi della provincia, e veduto
per altrui sperienze, che armi non bastano dove ingiurie
si fanno; delibero troncare le cagioni delle guerre, e riformo
prima 'se e la sua casa: fatica a molli maggiore che regger
la provincia. A schiavi né a liberti cose publiche non com-
metteva: soldati non accettò per amicizie nè per preghi di
centurioni; ma i migliori' stimava i 'più fedeli. Voleva tutte
le cose sapere, non tutte correggere; scusava i peccati leg-
fJieri; i gravi gravemente puniva; né anche sempre: ma
.. f~ce ptUI4,.e~ trovù il modo che pu,U&lro..
b Goog\c
'VITA DI GIULIO AGRICOLi. !l3
spesso si cooteotava del ripentire. Gli ufiei e maneggi dava
a gente da non errare, I anziché poi punire. Alleggeri le re-
sco88ioni de' grani, e altri tributi; tolto via quelle che più
sCottavano, inventate per mera baratteria. Perché i pove-
retti erano; per istrazio, costr~tti a perder tempo intorno a
que' magazini serrati, e a comprare e rivender grani: e le
città eran comandate a portargli da' prossimi alloggiamenti
in luoghi lontani e aspri; sin che quello che sana stato co-
modo a tutti, risultasse in utilità di pochi.
XX. Avendo per lo primo uno rimediato a questi di-
sordini, f~ benedire per mille volte la pace, la quale, per
tracuranza o sopporto di governatori passati, spaventava più
che la guerra. Venuta la state, ragunò l'esercito, lodò i sol-
dati venuti in ordinanza; gli altri garrl, Sceglieva esso i
luoghi dell'accampare, tastava i guadi, riconosceva i bosclÌi,
e nOB lasciava mài riposare il nimico con le scorrerie e
prede; e deppe il terrore, usando clemenza, allettava la pace.
Per Je quali cose
molte città, le quali fino a quel di non ave-
van voluto cedere, posata la collera, diedero statiehì, E vi
pose guardie e forteze con tanta ragione e cura, che niun,a '
parte, per aTanti nuova nella Britannia, rimase non tentata.
XXI. Lo sequente verno sicol18umò in peuieri utili,
pet' avvezare con cose piacevoli alla quiete e all' ozio quegli
uomini seh:aggi e rozi, però bellicosi: gli esortava in privato,
aiotava in publico a edificar tempii, magistrati, abituri. Lo-
dava i pronti, gWriva i lenti; in cotal guisa gli servivano
di sprone i garregiamenti d'onore. Faceva insegnar belle let-
tere a' figliuoli de'nobili, anteponendoli nell' ingegno a'Fran-
zesi, per iJÌvogliarli all'eloquenza della' lingua romana, poco
anzi abborrita. QJlÌndi piacque il vestire alla nostra foggia, e
a poco a poco con l'uso de',bagni, stravizi e ritrovi,· cad-
dero nelle lusinghe de' vizi; chiamandosi da' non pratichi
civiltà, ciò ch' era spezie di vassallaggio.
XXII. TI terzo anno di questa impresa, dato il guasto
sino alla palude Tau, scoprì nuove genti; di che spaurito il
nimico, non avendo animo d'attaccar quell' esereìto, ben-
« da 1I0Plerrare, incapace d~ enare.
• ritrovi. brigate di 1011.110.
n.
VITA. DI GIUUO A.GRlCOLA.;
• ttr'"i•••• f~tlo del rodo. Far del rest» è modo vivo ael popolo, e 4i.
snillca pnocarai Inehe qnel po' di danaro re_tato in tllca; e, per metafora, arri-
-ehiare Glni cosa, • dar fondo a tuuc, 11 lat. ha: • debellalum loret;. llreI>-
hai .pacciata Il suena. ,
I Or~1I ,"ard~ti .011 "",ra"',1w. 11 101. ha: ••11mir..."Z,,,,, pro ..eAoblUlo
là, I veDuti iD più luoShi alle mani coi Britanni, che difen-
devano il proprio, spesso vincitori e talor perdenti, vennero
finalmente a tale sterminio, che si mangiavano fra loro,
prima i più deboli, e poi i tratti per sorte. Cosi aggiratisi
per la Britannia, perdute le navi, per non saperle guidare;
tenuti per corsali, furon soprappresi, prima da' Svevi, e pòi
da' Frisi, n sapersi di già si gran caso, ne fe' riconoscere
alcuni che, bazarrati I da' mereatantl, in questi -scambia-
. menu di padroni, furon condotti alle nostre spiagge.
I XXIX. Nel principio della state, Agricola ebbe in casa
'un gran colpo per la morte d' un suo figliuolo d'un anno.
Ciò comportò non già con affettazione d'ambiziosa costanza,
come il più degli uomini forti, né meno con piagnistei da
donne; e la guerra gli servi per conforto. Mandata per tanto
innanzi l'armala, acciò, saccheggiati diversi luoghi, met-
tesse grande e vario spavento, con i' esercito in. punto, ac-
cresciuto de' più forti Britanni, provati per lunga pace, ar-
rivò al monte Granpio, preso già dal nimico. Perché i
Britanni niente atterriti per la passata rotta, veggendo in
,viso o la vendetta o ia schiavitudine; accortisi finalmente
.doversi il comun pericolo scacciare con la. concordia; con
ambascerie e con patti avevan tratto a loro il forte d'ogni
'citlà. Già erano sopra trentamila soldati, concorrendovi per
ancora tutta la gioventù, e vecchi rubizi e prosperosi, chiari -
e graduati nella milizia.I Quando Galgaco,.il primo tra quei
. capitani e per valore e per nascita, a quella moltitudine ra-
ganata, e chiedente battaglia, dìcesì, avere cosi plJrlato.
XXX. CI Qualunque volta io considero le cagioni della
guerra, e le nostre necessità, credo certo il giorno d'oggi e
Ia vostra' unione dover essere a tutta Britannia principio di
t.,.J. o,aeeoDdo Dlille.. Orelli, • pr ....A.bll.tar J. che il Polili Indac.'e: • come
pa mincoloftlDO trllportlti dal mare.• " forll il 1'Ioslrole.... pr.b.b_ t ' .
n postallaloft dell'e_p\' NelliaDO di G. CappoDieomlllle di lao Siudiaio: aD
Suidali come per miracolo. •
I Qairrdlll ,0.0 tr-6l1l..u or qws or 1•• 11 tulO di Tacilo ~ 'lui conotlo,
ed il NOllro Induce. lecoDdo il raccoDci_Dlo d.l Reaaao.
I bll.rrIlU, Lanllali, preli ia cambia.
I .....AI rr<bi., eco n poslillalore dell' esemplare NUliaDo di G. Cappoai
COrftlllle di lao capo: • 'recchi robulli e prosperoli. cbiari io guerra e adorni di
lor proclene. •
~.
l'ru DI GIULIIl AGRICOLI:.
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·268 VlT4 DI GIULIO 4GRICOLi.
SOMMARIO. l
I.
illoooto, o gli .cIi, o i oendi-,01i llllriiaa piA a mm gI'ÌDr:egtft. .
[Qui il dilcono di Benala re,ta tronco: ".,. ~ tlt1p& mfrarre a
p«itWe .otm.l/. congMsgendcl alle ifttmoe eDg'ÌOIIi dello corrotta do-
{lII8Ma '" oel<lrrnl, e1re ,Oft. quee"'. J .
nlVI-XUVlL c) Pià 1ega. • 1kria .. dire . _ mito tl'i ontori
antichi. FaDcIi _ , da TÌDcue a.ra di ~or.0le , eoocioni di magistrati,
aec_ di rei polenti, deslioeateIlimicizie di famÌ1Jl~ l fazioni di margiorenti 8
penw oootiolle iN pIeIooa • -..lo. /!I) Di pii: ~ prenrii portare allora
l' el..,_; Ueil...... aAIi oneri j favore 4t.' ClIpi e da' magistrati l'"viaciali;
autonlà preseo i p.an i. fama tra 'I popolo; C1iaaWe di nUiom j :preture;
HOAlail.-lXIVIU-AL.1I bcba 'h r.nmo •
_88htdioe mi iMdm eli-
_ . pià favernele • oratori: t. _ ..... f..a, ll81I e! p.llmO aena MI-
,;oDe O i. CIDOIlleria trau.te: libero il temI'" de\ l1ire e del prerogare j In·
IIlÌto l . . . .i, favore di popolo ~le j rei _aliti e djfesi dar concOrso
di latta I. eittà; .d.nanu pa'ID ..aati, e "'*
dirino poIeDtìllrimo di attleelre
cbiuuque . - XL-XLI. Nè per cib ~lat.roo crede lodevole quesla vigorosa elo-
quenza, perchè educata dalla liceDZl, che gli .telti càia..1IDO Iibenà, • com-
O'Q,'"ed by Google
DELLA PDOOn JlI.OQUBU.l. 2'11
p8gn~ di .Ndià~ • IU~-.mto di .p.opole .r~. MI ..I. tice à,' . . . ha
nta m cinà dlscordevoli • lacuulìll con fazionI, Dd potere aver luogo Delle
tranquille, dove nOD occorrono !u{Jgbe dicene in senlto o din8D2i al popolo·
molto meno ÌIl una repuhllliea io,," cWhlDll BOB gJf imperiti e la meltitn~
. dine;.,1 il più aavio, e 110 sol•. Meglie Boa dare eecasioo. al m~e ehe nn.
dicarlo; e se ci rosse una città dove niuno peccaue, tra booni e innocenti cit-
tadini sarebbe ÌDutile l'oratore, come tnr sani il medico. Però DOD è di do-
lere che era IlÌeno ...dwti gli erateri, ma bisopa unre i beai del proprio
temp. senza detrarre a lJ11e' de.gli altri.
XLII. Sciogliesi il conoquio (cbe fingesi tenuto l'a. di R. 828, di Cr. n.)
I .·io"MI AP••lif.lto e.llo, l'io DO" ci ayeui fatto il callo; fatto l' DID.
I ...."giA,. poIIU. Il Nutl. il Volpi ma"'/fBla~ 1'0'11; ma con manif.sto
. enon, percbè illltlao dice"AIfiI4~' 'ti",.q..1 peet«•. " E ~A"gia~., nel senso di
lcc_~" ,,11"p'~A~', .ope~chIA~' .. "O CO" pa~ol., è del popolo. d.na Crulca,
e Dlato un' altra volta aDcbe dal Dovannti, A ..". XV, SO; dove" F"'P.lIdl.•.
ad Inlurto mlJlo..,im el,di. lrmee: • i potenti... manciano i minori. .-
I p,.,. beato; io seno pur bealo, lielo, contento. È lo It... O cbe B.".. 1"~
.... eh. eco Lat~ "L"'lo~ mAgi. ec." .
• ......d.le 1411', maDdate iD ",alora le grelte muse del fòro, o gli aridi
sludi della giurisprudenll.
5 m'All.ghi A 'Olp.IIe, mi ricu,i come sospetto giudi.e.
DBLLA PEIlDm'A ·ELOQUENZa.
lui hau ricevuto, e ehe fu loro facile di .eeumular da .ò e di colmarne gli altri,
Marcello poi e Criapo aver portalo aUa lua Imiciaia ciò cbe non riceverono nè
pote..u ri_m dal principe, • .
t citi le ne ,.ifa 7 a chi reca utile?
I accII,,,,,.e. J1 Volpi lIoCella,.., cou ..... uife.to errore. Eppure I. Nestiaul,
da lui t.uto .~ergogu.t., dice beue.
o.
t cond"",i leglfÌ01e. pigliarle • uolo•
• ,.11 Ou! I Lat.: • clamorem pagum et l'oees inaJle.t.•
• dodici mila eco Lat.: • qUingtnta sestertia r » cinquecentomila sesteni,
che gli computano. un 88,466 lire.
Il. 2.
278 DBLLA PERDUTA ELOQUENZA.
l'ire a te, adoperar l'ingegno tuo per te; donare a te? 01·
tre a ciò a' poeli conviene, volendo far cosa che da veder
sia, lasciare la eonversasìone degli amici, i piaceri della
città, abbandonare ogo' altra faccenda e ritirarsi, come essi
dicono, in boschi solitari ed ermi.
X. Né ne veagono in quel credito e nome (per cui solo
faticano) che gli oratori: perché i poeti mediocri niun guata,
ei buoni, pochi. Qoando e's' é recitato la più bella cosa del
mondo, il grido non ne arriva alle pendìci della città, non
che per l'universo. Chi é quegli che venoto a Roma di Spa-
gna.o d'Asia, per non dire delle France maremme, t cerehì
di Saleio Basso? e se pure lo riscontra, guarda e passa,-.
come vedesse ima dipintnra o statua, Non per queslo, cui la
natura non avesse fallo oratore, negherò io ilfar versi, se
in ciò si eompiace o ne spera gloria: anzi questa parte d'elo-
qnenza, come egn' altra, stimo sagra e veneranda. Né soIa-
mente la vostra tragedia terribile, e 'l tuono eroico; ma
le gioconde ode, le lascive elegie; i giambi amari, gli epi-
grammi piacevoli, e qnalunque altra spezie sia di bello par-
lare, a tutte l'altre studiose arti antipongo, Ma io m'·acca-
piglio teco, a O Materno, che avendoti la natura piantato in
su la rècca dell' eloquenza, lo la pigli malej" hai conseguito
il meglio e ti attieni al peggiore. Sì come se tu fussi nato in
Grecia, dov' é onorevole esercitar le arti ancora giocose, e
gl' iddii ti avesser fatto nerboruto e forte come Nicostrato,
io non patirei che que' braccioni nali a combattere si per-
dessino in fare a' sassi o al maglio;& eosì ora dall'accademie
e dalle scene ti rìchiamo a' giudizi, alle cause, alle vere bat-
taglie; massimamente perché tu .non puoi anche dire, come
molti sogliono, cbe il poeta offenda meno che l'oratore. Per-
ché la bellissima forza tua naturale sì li riscalda che tu or-
• France maremme: modo proverbiale per .iggi6eare pa ..e molto IODlaDO.
, ~uariJa e passa: ci fa ricordare poco a proposito del verso di Dante,
clove quella Cra.. esprime noncuran.. e di'pregio. Ma qui si vuoi ,igDi6care ben
altre,
I m· accapiglio teco. Lat.: • tecum mihi reI est.•
I l'' la pigli male; tu erri, tu cfai iD Callo.
a fare •.•. al maglio. Il maglio è UDO strumento da ribatter la pana: qui
.pieg:. approssimativamente il giuoco del elisco. _
DRLLl PERDUTA ELOQUENZA. 179
fendi l'imperadore, e per bocea, nQD di qualche omicciatto,I
ma di Catone. Né ti scusa il dire, «.1'offendere é l'arte mia;
io son fedele al ctiéntolo; e m'è uscito di bocca nella foga
del dire;» e' pare che tu abbia, a posta per più offendere,
introdotto si grave persona; perché le .sue Si;lDO sentenze
approvate e lodate a una voce da tutti. Non dire adunque,
C( lo mi voglio riposare, viver sicuro;» poiché tu ti Liri ad-
I pe,. boee.. 11011 di "Wllela. o",leeiattocc. L.Jett... del testo dice' .. per
.more non di qualcbe amiee (o cliente), m..... di C.lone." A quelto periodo le-
guono nel teltO alcune parole cb. il Da..n•• ti b. lalclato di Ir.dum, percbè il
Liplio·. qualcun altro I. 100pettano inlnu•• Non COllI' Orem ••1lri. Sono qne-
Ile: • s,"tio ""id ""po"deri "o66it: "i ..e iIB,"til'" "ii ....... S,'I, "wc i.
iPlillludito,il1 ".«cip". laudJJ.rl# tt mo:r omn;IIm le~mo"ihllllerr;•• Apro,
dopo aver mOltrato • M.terno cb. l'offendere DOn è in lui scusato dalla neees-
.ità o dalfervore, ma relo più g.... dalla elesione, loggiunge: " So cb. cOla mi
li può mpGllder.: .be qnelte ItOCC.t. riportano Innde appro...ione, quelle
.ono lodate.lapra tutto n.lle accademie, e dipoi ..n per la hoeea di tutti..... Sia
pure, logginng. Apro; ma bilogna anebe eonfessare cbe d. questi pl.usi vengono
.ll'autore di gr.n pericoli e mole.tie. NOli di,.. ad...."". ee...
I • le . .I da,.l. b.... ad int••d ere. Non pare che .•bbia colto il .ero 10.
."'p,....
Diee il !elto: • iII "lIiblU (coBtro.eraiia) ,11 li " .. a..do ...etll. lit ,
cioè, • nelle quali coouoveraie"lpr.D1uteci dalla neculità di do.er difendere i rei
(. DOlI U09ale dan. elaiODO per odio de' poteuti, come nelle tragedie), Il alcu.n.
'IIolta aiaaa COltreW di cdlèndero,può ....... appro••ta la fede nOlt;. .erlo ileIioalo
• aauata la libertàdel pari ..
• "Wllldo io bi N,,.o ,cioè nella tragedia intitolata N.roae.-llIa q_
.to In"lo è aeltuto latino guOIto e di.perato I DÒ è del DOltro iltitDlo l'.. porre
le dilIicoltà, 6n qui non ..inte , che offre.
280 DELLA PERDUTA 8LOQUBNZA.
t l"anno chefilNno conloli ec.; cioè, l'a. di R. 7ft,e anati G. Cristo 43.
I Ho "ol,do piglia,.e q...do pauoinnanai, ho \'011.10 premettere quesle
t:ose. ' I
I n;' p;gliano l. giornal., Dè soff,oDo cbe li. loro ....gnato il aio,oo dagli
oratori, ma ]0 asaegnaDo.
• I 1I0n vien« al pWltO, O dic. borra; DOD vieDe .1 pllDID d.lla quiltioDe,. Ii
perde iD V'D' parole.
I ".A,slo C,ci"" (.ggiUD,e il Volpi) l.ggiamo 1 M. Don occorre; cbè f.cil-
meDteli 10UinteDde.ADcheil postillatore dell'es.mplare Nelli.no, Don intendendo
quelt'eUiui, cancella. con poco giudizio, il elle •
• filate"a d~ argomenti. Lat.: .. c"rsu argltmentorllm.• Filatelsa o fil..
streeea Ii dic., per modo basi o e dispregiativo, UDa Ieri. o lequela di eese o di
",riMI D••
5 dal bor6ellino d'Or'a.io. Lat.: • e:t' sacrario. ..
DBLLA PBRDUTA BLOQUBNZA. 287
le risa, a certi altri il senno: né sono un del popolo..••• J Canu-
to, Aride, Furnio, e Toranlo, e a qualonque 'altri della medesima
infermeria t quest' ossa e questo tìsìenme piacesse. Delle .en-
tùna che Call'O lasciò, apena me ne piace una o doe dice-
riuze; e veggo che io bo de'compagni. Contro ad A!linio ci
Druso, chi è che lo legga? I L'accuse contro a Vatinio son
bene lette e copiate, massimamente la seconda, ornata di pa-
role e sentenze, e accomodata a gli orecchi de' giud1ci: per-
ehé ìu vegga che Calvo eonoseeva il buono, e avrebbe voluto
essere più alto e ornato, ma gli mancò l'ingegno e le forze.
DeRe orazioni di Celio che diciamo? Piacciono, se non tuUe,
parte, vedendovisi la puliteza e alleza di questi tempi. Ma
quelle parole roze, que' concetti scanditi' sanno dell' antico,
e niuno credo che sia s\ all' antica che lodi Celio dove egli
è antico. Scusiamo Gaio Cesàre se egli per li gran pensieri
e affari non fece nella eloquenza quanto chiedeva r ingegno
suo divino. E Bruto lasciamo alla sua filosofia; perchè gli
stessi Illloi aDimiralori lo confessano nelle dicerie minore della
!loafama. Non legge la difesa di' Cesare di Decio Sannite, nè
di Bruto del re Deiotaro, nè gli altri di simll nerbo I e tipore,
se non chi anche ammira i versi loro messi nelle librerie, e
di Cicerone non migliori, ma più avventurali per essersi men
saputi. Asinio ancora, benchè nato ne'tempi più qua, mi pare
che studiasse co' Menenii e Apii; Pare' Pacovio ed Azio m'a-
niati, 8 non pure nelle Tragedie, ma nelle sue eraaìoni; si
duro e secco é. Ma lo 'disteso parlare, come il nostro corpo,
è bello, se non vi gonfiano le veni, non vi annoveri l' ossa:
ma sangue buono e temperato riempie le membra, entra
tra'moscoli, cuopre i nervi, e dà colore e grazia. Di Corvino
I w, del popolo. un uomo volgare cbe non .'intenda di nulla. - Que'to
luogo è Del testo scenciameate guuto e mutilo.
I del/.. ",edulm.. 1>'/e"",.,.I'" che abbia ò1 gUito gua.to e infermo come
....toro.
S clri è clr. lo le"a 1 cbi è cbe legga le sue ora.iODi contro Aoinio (al1ri
A.ioto) e Druso'
.. IcondiU, UDII- condimento t lenza sapore, .cioccbi.
• nerbo: per antifrui. Lat.: • ei' dem le1ltitudinil.•
8 Pac...io ed Ado mania ti, ,t i"imi. Non so perehe ò1 Volpi mella in
eor~j.o q'DtHO mani.tl t quasi rC:sse p:r.ro!a sospetta. E sì che i)·DaV31J&ati 1'un
1,iù volt••
288 DELLA PEBDUT& ELOQUBNZ.t..
.. da li" non reltò di 4r,.ifla,.e~ dal canto suo fece quanto potè per ani ..
• are eco
I buffon.~i. da Ico~.KBia • • eiecehe e degue di fru.ta.
a tP,uti'ia v.~~inà. Vedi Cic. in Pilon.10; e in P.,.". Accru. I, .~, no.
• fanno Fan l''·6,,mera,, gran pompa.
nELLA PEaDUTA ELOQUENZA. 289
in fastidio e odio, e ammirane que' di Calvo, con fI1IeUe an-
tiche cantafavole 1 innanzi a'giudici che non l'attendono, non
gli ode il popolo, a pena li patisce la parte; si sono mesti,
sciatti, smunti e sani per dieta. I Non dicono i medici quel
corpo sano che ha l'animo amitto: non basta non esser ma-
lato: vuolsi esser forte, lieto e pronto: chi sano, e non al-
è
I I IIo.rn o,.ato,.1 parla 110 Idocco ee, 1'f00 puIIIi bue esPreua 1'lIIlitai
di questo motto proverbio le. Per mOltr,re l, iRfemmiDi!a• mimie, el0'll1Cllza di.
«vaDO ebe Ili oratori cODcionavaDO t~"t ..tlme ...te o, come direbbesi 08Si, lenti-
m.lltolm.IIIe, lo che è proprio do' balleriDi; • porchè quali COllero eompeDI.li
del furto fatto loro d.gli oratori, dice"l,i cb' e' baU.....DO oloq....lemealo. ilIo-
Ilo ba: allt o,.,do"'1 'lO,"'; tenere dicere l AlllrioJlel dilerte laltar, 4iCtl~.,
tur,»
I q_lo è di ,,'_II II_lIl clt. IIoa .. Ing" da ...... 0••e 11011 dI Cico-
,.tnfO, "I corIo <Ii Gabi1lÙlao' Cedooo il primo 1u"ll0.a GabioiaDo (rolon allora
Camoso) • fioe di poterlÌ impuDemeDte preferire a CiceroDO. Cosi oggi (dice
l' Orelli) cjuelli ehe dispregi.no Coreeille e R.cioe, souo poi taDto modesti da
conteDt,r,; del aeeoDdoluOllO dopo Vitto. BDgO.
I ma dicci le cagio..i.... V' ha heuDa uolluto.
292 DELLA PERDUTA ELOQUENZA.
dee dare, se udirete qualche cosa forse che non vi gusti; po-
tendo ciascheduno in simili ragionari dir libero quel ch' ei
sente.
Seguita, disse Materno, e deDi antichi favella con libertà
anlica, la quale abbiamo più perduta che l'eloquenza.
XX VIII. Messalla disse: Non sono scure, lo sapete
me' di me, tu e Secondo e anche Apro, le cagioni di che
voi mi domandate, e tutti la intendiamo a un modo. Chi non
sa, l'eloquenza e l'altre buone arti esser mancate dell' antica
gloria, non per mancanza d' ingegui, ma per essere la gio-
ventù infingarda, i padri negligenti, i maestri ignoranti, gli
'antichi modi perduti? mali prima in Roma nati, poi per Ita-
lia sparsi, or vanno per le provincie benché de' nostri noi
sappiamo più ragionare. lo di Roma parlerò e de'difetti pro-
pri e casalinghi de' nostri figliuoli, com' e' nascono e poi cre-
scono con l'età; ma prima voglio alquanto toccare della se-
verità e regola de'nostri antichi nell'allevare e ammaestrare
i figliuoli. Primieramente ciascuna madre il figliuol suo ca-
stamente nato allattava; non in porcile di balia pagata, ma
in suo collo e seno; la cui prima lode era governar bene la
casa e attendere a' figliuoli. Davasi carico ad una parente at-
tempata, d'ottimi e provati costumi, che niuno della fami-
glia dicesse né facesse, presente lei, cosa brutta né disonesta;
e che non pure gli studi Ilpensieri de'fanciulli ma gli scherzi
e le ricreazioni ancora temperava con santità e modestia.
Cosi troviamo Cornelia madre de' Gracchi, Aurelia di Ce-
sare, Azia d'Agusto averli allevati e falli principi. Questo
severo ammaestrare teneva che la natura di quelli non si
torcesse per male vie, ma pura e netta pigliasse le buone
arti; e cui a milizia o a legge o ad eloquenza inchinasse,
a quella tutto si desse, qnella tutta s'ingoiasse. l
XXIX. Oggìdì, come il figliuolo è nato, si raccomanda
a una servaccia greca, e uno o dueschiavacci, che loro fa-
vole e pazie imprimono nella tenera cera di que' nobili ani-
mi. Niuno di tutta la casa guarda quel che si dica o faccia,
presente il padroncino, né gli stessi padre o madre gli av-
velano a bontà o modeslia, ma scorretti; onde a pocoa poco
,I 4"ingo;a44e. Lat.:. h"m:ir.'(t...
DELLA PEBDUTA ELOQUEllZA. 293
v' entra la sfacciateza e il fondere il suo I e quel d'altri. In
corpo alla madre pare a me che nasconoi vizi propri di que-
sta città. Zanni, t scherme, be' cavalli che, tenendo l'animo
tutto preso, che luogo vi lasciano alle buone arti 't in casa
non si parla mai d'altro: entra nelle scuole; tu non odi al-
tro in bocca de' giovanetti, né i maestri alli uditori contare
altre favole; accattando essi gli scolari non per insegnare e
giovare agl'ingegni, ma per uccellare agl'inchini e alle adu-
lazioni. Passano gli scolari i primi principii di leggierie" al
vedere gli autori, rivolgere l'antichità, aver notizia delle
cose, degli uomini e de' tempi, non attendono quanto biso-
gna. Vogllon solamentè quei che chiamano rettorici, i quali
quando in questa città venissero, e COme nessun conto ne
tenessero i nostri maggiori, dirò appresso.
XXX. Ora mi convien dire di quelli oratori che hanno,
come s'intende e vede ne' libri loro, durato infinita fatica,
pensatoci sempre, esercitatosi con ogni studio. Il Bruto di
Cicerone, come voi sapete, nell'ultima parte (perché la prima
conta degli oratori antichi) dice come cominciò, sali, e quasi
fu allevata, la sua eloquenza. In Roma da Q. Mucio udllegge
civile: da Filone aceademico e da Dione stoico bevve tutta
la filosofia. In Acaia e in Asia andò poscia per imparare an-
cora ogni varietà di scienze. Leggi Cicerone e vedraivi geo-
metria, musica, gramatica; e ehe non v' é't seppe le sottì-
glieze della laica, le utilità dell' etica, i moti e le cagioni
della fisica. Cosi amici ottimi, cosi è, ehe dalla mente
è ,
I ZIl"Jli~ btrioni.
I PalIano gli Ico/arl eco Veramente il testo dice: Mi passo de'primi ele-
menti degli scolari, dove anch' essi poco sudano , nò spendono il tempo cbe li
vorrebbe a 't'edere gli autori) rivolgere l' anticbità ee. " Transe» p,.ima diseen»
ti,,?, elemenca~ Haqrdbru et ip$il partlm ll1borat",. ~ nec in auctortbu» cogno-
.ceJIdll.... 101/1 o'per.- 101"",/1"•••
25'
294 ~EL~A PERDUTA ELOQUENZA.
dere atto een degnìtà della cosa, utilità de' .tempi, piacere
deIIi udienti.
XXXI. Queste cose volevan que' vecchi, .alle quali ere-
devano necessario, non chiacchierare nelle scuole, nècon
vani e ogn' altra cosa che veri puntigli;' la lingua e la voce
.adoperare; ma i loropeLti empìere di facoltà da potere dispu-
we del bene ti del male, del brullo e dell'onesto, del giu&to
\.11 non giusto, che llonb la materia dell' oratore; trattandosi,
rne' giudizi, dell' equità; nelle deliberazioni, dell' onesto; e
; ? mescolandosi le più volte: ove non può esser copioso, vario
• l'"ntigli, controversie•
.. le bl'/glte. Lesge-:ltorbe.... r ~lm ....nu. cb. lonole~. d.lcnoll'.
I ad o,ni mGlloU ~oll'I'4. Il test o dic •• a.dhibebit mlJnl4m 01 temp'I'abit
orationem;" cioè, .. e secondo che chiederà la natura di ciascheduno, adoprerà la
mano e governerà il discorso, se .vlà eco • La metafon è tolta 'o dal coochio o
òana nave, dove o l'auriga o il noccbiero adopra la mano' e governI secondo la
natura o de' venti o de' cavalli.
.. eh» J'iene a me_a spada~ cbe stringe da vicino.
I fOl'.a a combattere. QuellO lnoso ..elI. NeRi .... si legge così: a almuo-
..or qne.ti occetlenmo qnalehe CO" da'Poripatetici. DaraDDoci Iuegbi alli, e pronti
a ogDi dispula gli Accademici: gli Sloìci forza a combattere ec•• Così pure ancbe
il Volpi nella eorniniana ; se non che innanzi a gli Stoici pone un asterisehio •
mostrarl.'l1a parola sospetta: ed iq, vero Del testo Don v' è, e lIoì" l'abbiamo tolta.
,Av"'t'ertasiancora che il Davaoaati ba letto" nlllt"abim",1 aliq"id a Peripateti-
ciI: hi aptos cc._ Laddove altri Ieasoco r Il mùtuabimnr ti Peripateucis aptol
JlELL.l PERDUTA ELOQUE.\'\Z.l. 291
Platone, alteaa; Senofonte, grazia. Potrà anchè dall'Epicuro
e da Metrodoro qualche onesta sclamazione a proposito pi-
gliare l'oratore: chè non formiamo noi un filosofo; non una
città stoica, l ma uno non t1l.UO dato a una professione, ma
ornato di tane. Perciò gli oratori antichi apprendevano legge,
gramatìea, musica e geometria'; perché iu. moUe cause oc-
corre saperne: e delle leggi quasi in tutte.
X,XXII. Nè m.i si risponda, Cl: e' basta informarsi di quel
caso quando bisogna: » prima perché allramente ci servono
le cose proprie che }'accattate; e gran differenza è dal pos-
.sedere quel che tu di', all'esserti imboccato: poi perché il sa-
pere molte cose 'ci fa onore ancora ove non lo cercavi; e dove
non credevi si mostra eccellente; e conoscelo non solo il dotto
e saggio udilore,ma il popolo,che colui dice aver bene studiato,
aver tutti i termìni,"esser vero oratore: quale confermoche mai
non fu né può essere, se non chi é come il soldalo in guerra
In tuUe l'armi esercitato, cosi in giudizio di l.uUe le scienze
armato. Cosa si trascurata da'dicitori di questi tempi, che
nelle dicerie loro si .trova la feccia del favellare, e brutti e
vergognosi difetti: non sanno le leggi, non i decreti del
senato; ridonsi della giustizia della città, spaventansì della
filosofia, de' precetti de' savi: entro a pochi concelli e brevi
sentenze imprigionano l'eloquenza, come scacciata del regno
suo; e quella che già di tuUe l'arti padrona empieva di bel-
lissima compagnia li noslri petti, ora smozicata e tronca,
senza arredo, senza onore,sto per dire,senza libertà, 6' im-
paracchia 8 quasi una delle sporchissime arti. Questa adun-
que stimo io la cagion prima e principale del nostro tanto di-
acoslamento dall' eloquenza delli antichi. Che più be' testimoni
.De volete voi di Demostene appresso a' Greci, che fu, come
dicono le memorie, uditore studìosìssìmo di Platone? e di C,i-
J IIve,. tuut i termini: dicesi anche aver tutti i numeri, per Don mancare
d'alcun buon requisito. Il lat. ha: • per omnes ero,,'lentla! nUmerOI isse]". per
tutti i gradi.
I '·impllr..çchi«• • 'impara poco t male.
296 DELLA PJnDUTAELOQUENZA.
5 certen«, certo.
DELLA PBRDUTl ELOQUENZA. 299
tenere luogo rilevato né da vedere nella città. Né é maravi-
glia; poiché di peso eran portati al popolo;in senato non ba-
slava dir breve il suo parere, ma conveniva confermarlo con
bel dire e ingegnoso: in voce difendere l'accuse; in voce, e
non in carta, far le fedi pubbliche, Cosi era di somma utilità,
necessità, comodità l'eloquenza, e bella cosa e gloriosal'esser
tenuto dicitore, e per contrario brutta il parer mutolo o senza
lingua. E la vergogna non meno che l'utile gli stimolava a
non essere nel numero de' clièntoli, ma delli avvocati; a non
isviare la bottega aperta da'lor maggiori: l a non essere a'ma-
gistrati scorti per dappochi o rimandatine.
XXXVII. Nelli antichi armari, che ora spolvera Mucia-
no, sono (non so se l'avete vedute) undici filze d' atti I e tre
di lettere, che mostrano Gn, Pompeo e M. Crasso esser va-
lutinon pure per forze a armi, ma per ingegno e parlare.
Lentuli, Metelli, Lucu1li, Curioni e altra mano di grandi
avere a questi studi molto atteso; e che niuno in que' tempi
venne in grandeza senza eloquenza. Accrescevala lo splen-
dore delle materie e la Importanza delle cause; 8 essendo gran
diJl'erenza d'avere a parlar d'un froda, d'uno statuto, d'Un
contrabbando, o d'onori comperati, sudditi rubati, cittadini
uccisi; i quali mali si come meglio è non patire, onde siamo
ora felici, cosi quando se ne dee trattare, gran materia por-
gono all' eloquenza. Cresce con largheza delle cose la forza
dell' ingegno, né può chiaramente e illustremente parlare chi
tlimile materia non ha. Non é grande, credo io, Demostene
per l'accuse date a' suoi tutori, né Cicerone per le difese di
P. Quinzio e di Licinio Archia: Catilina, Milone, Verre e
Anlooio il circondano di tanta fama, non perché alla repn-
blicamettesse conta patire mali ciUadini per dar larga materia
agli oratori; ma perché questa facoltà, di che noi trattiamo,
non regna (vi dico) se non ne'lempi torbidi. Chi non sa che
• non vogliono le cose pia .... Tnduce seeoado la comaioDe del. ReDmo
••d lem,.", Yloltnt. _
I non volla.,4 o,-iuolo I non assegnaY:I il tempo agli oratori.La fraseaccenna
all'uso dell' 9riuolo a polvere. Lat.: • nemo in tra paucissima« hora« perorare
cO/feballlr. • . .
5 "on perivano ist«.... ecoL. lettera del testo dice: • erano liberi gli ag-
giora.meDti o proroghe .•
• ..e
"um.rO d' tWvo"., li. Aggiungi nò di giornI. PliDio, Epi.l. Il, 6:
• E noi .ialn più •• ggi de' DO.trl '. .cchi? Noi più gituti delle leggi mede.ime che
eencedcn taDte ore , tanti giorDi, tante proroghe? .tupi4i ...i e t.rdi come luma-
che? .i.m forse più. .chieui nel dir., più pre.ti .ll' int.ader., più retti Del giudi-
cate, Doi che precipitiamo le causecon manco elepsidre , che Don enDO i giorni,
COD cui .ol••••i ••porle? (trad. di P. 1>-, Para.il).
DELLA PBRDUTA BLOQUBNZA. lei
piccole, questi studi l dove si trattano oggi mai tutte le cause?
Perché si come i nobili cavalli si COnoscono al correre pes gli
spaziosi prati, cosi se gli oratori non veggono da poter quasi
liberi e sciolli correre il lor campo, debole e fiacca ne di-
viene r eloquenza. Ecci anche rotto il filo e ordine tanto stu-
diato; perché il giudice spesso, quando vuoi cominciare, ' li
domande:; e dal suo domandare conviene che 8' incominci.
Molte volte l'avvocato non vuole che le prove e testimoni
parlfno: quei se ne vanno, e rimansi quasi in solìtudiner dove
il dicitore vuoI grida e plauso, e quasi un certo teatro; come
toccava agli antichi oratori avere ogni dì, quando tanta gente
e nobiltà calcava le corli; a quaudo i raccomandati, 4 le
tribù, gli ambasciadori delle città, le parli d'Italia I venivano
a favorire; quando il popolo romauo molte volte stimava in-
teresse suo quello che si giudicasse. Alle cause e difese di
Gaio Cornelio, M. Scanro , T. Milone, l•. Bèslia, p. Vatinio
corse tuUa Roma, e potette tanta passione di popolosvegliare
e accendere ogni freddissimo dicitore. Onde per quelle dice-
rie, più che per alcune altre, si pregiano i loro autori.
XL Gli aringhi continui; l'esser lecito dar addossoa'po-
tenti; la gloria di farglisi nlmicì, fino a P. Scìpione, Silla e
Pompeio; il metterli, come fa l'invidia, anche in commedia,
quanto ardore accendevano agli ingegui I che fiaccola erano
agli oratori! Non parliamo noi di cosa quieta, piana, e che
ami modestia e bontà: questa grande e notabile eloqueuza è
- -............e---
--'.- .
DELLO )SCISMA D' INGmLTERRA.
307
AVVERTTh'lENTO.
r
-
300
Dj v. s. illwtrissillla
servitore affe:r.ionatissimo
BERNARDO DAVANZUI BoSTICHì'.
-
310
---
SereniIBimo Granduca.
t Qui certamente aeeennaai alla edizioae del Nesli, falla ]' anno 21'"anti', seb.
1>f"" oli. fa... dedicala al principe Loopoldo, che 01>1.0 col granduca comuoi Ili
studi o SIi ooori dolio lette re.
. -"
3H
-
313
AI LETTORI UMANISSIMI. t
IL
1
1
1
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1
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1
1
111
-
REGNO D'ARRIGO 'VIn.
-
SOMMARIO.
dnole col papa e con Cesare. Questi fa gravi rimostraDZe a ROlIla rei ano am-
basciatore. Il papa conoscesi aggirato dal re, e scrive 8 Campeggto che trae-
cheggi.- XII. Arrivo di Campeggio in Inghilterra: i buoni se ne contristano,
e perchè. Dolore della regina: sne fiere e nobili parole a Campeggio. Ipocrisia
d'Arrigo. Monastero insinuato a Caterina, e respinto.- XIII. Tresche cl' Ar··
rigo e della Bolena più aperta e sfrontata. Arrigo sollecita di fona la caosa del
divonio. Enormi domande al papa, e minacce. I legati lasciansi vincere a gin-
dicar la causa. La regina, citata, dà eccezione ai giudici, e si af,pella a Roma.
- XIV. Si prosegue la causa. Argomenti addotti a invalidare a dispensa.-
XV; Confutati dai savi della regina. - XVI. Altre ohiezioni disciolta. DI)-
cnmenti per la validità. Chi stesse eer la regina. - XVII. Virtù del Rof-
fense: ano libro per Caterina. Altri Iibri di altri, e auffragiode' teologi. Il
Ridleo nota la panialità de' legati. Il re nrge. Franche parole di cam'/ieg-
gioo Dnchi e baroni insolenti. - XVIII. Il rapa revoca a sè la causa. re
sene fingecentento, sperando inane arti.-X X. Ma cadnto di aperanza mostra
i denti a Vnolseo; lo spoglia di sue diguità; lo confìna in vi1la.- XX. Manda
Cramnero a Roma per suo avvocato, e fa scrivere a quanti dottoricclù e
teologastri più pnò. CostaDZa del Polo.- XXI. I più dotti e onesti uomini
d'Europa scrivono a difesa del matrimonio. Furberia d' Era8lO0. Turpe
consiglio di Melantone.- XXII. Nuove molestie al papa dal re. Vuolseo pri-
glorre: mnore. - XXIII. Con che arti Cramnero ai avesse l'arcivescovado di
Conturbia. - XXIV. Arrigo, colto il destro de' progre..i di Solimano, aizza
i! re di Francia contro a Carlo, e fa paura al papa; ma per poco, e perchè.
- XXV. Beni al clero inbolati: rottura manifesta con Roma. Il re Il8pO della
chiesa. TommaooMoro ritiratosi : Caterina cacciata: la Bolena reina.- XXVI. Lu-
tersni da lei protetti: Cromvel, pessimo arnese, inalzato. - XXVII. Frati ca-
lunniali e derisi: - XXVIII. da Tommuo Moro difesi. - XXIX. Giuramento
al clero richiesto. Fischero ingannato, ne piange. - XXX. Cramoero fa la
commedia di scomunicare il re, se non ripudia Caterina. Nozze e incorona-
zione della Bolena.- XXXI. Sdegso de' popoli e principi cristiani. Il para a
Marsilia. Insolenze degli ambasciatori d'Arrigo verso di lui, rresente e np~
vante re Francesco. Sentenza del papa: imperversamento de re. Nasce Li...
betta. Infìerito contro Caterina e suoi amici: Maria rimandata. Il Ro{{ense e
il Moro prigioni. - XXXII. Stati generali: sciama saneito : Maria esclosa) Li-
sabette chiamata al regno. Nome del papa raso e perseguito. Il re vicario di
Cristo. Sne nuove fogge da garhare alla Bolena. XXXIII. Lo Scisma odioso a
Francia; non piaciuto, per la causa, nemmeno agli eretici. Integrità e c0-
stanza del Polo l che scrive contro al re, e n' è colla famiglia perseguitato.-
XXXIV. Martino immane di più santi e dotti frati. - XXXV. Virtù e dottrina
di Tommaso Moro. Martirio del Boffense: suo elogio. - XXXVI. Il Moro ten- _
tato invano, disamiuato, condannato, dicapitato. - XXXVII. Arrigo, citato
a Roma, più imperveraa: rapisce e diserta i monasteri. - XXXVIII. Pali-
menti e morte di Caterina, suo elogio. - XXXIX. Il re infastidito della BI)-
Jena: scoperta incestuosa, adultera, dicapitata. - XL. Piglia la Giana Sei.
mera, Casa bolena schiacciata. Cromvelo vicario di papa Arrigo. Sinodo e nuovi
canoni, spelacchiati tra tutte le resie. - XLI. Armi commosse: vendette e
8anf:Ue. Muore di farlo la Giana. - XLII. Vani tentativi del papa per ridurre
Arrigo alla fede. I cardinal Polo spedito a ciò nelle Fiandre. Cercato a morte
da Arrigo: acampato: madre, fratelli, amici dicapitati a vendetta. -
XLIII. Strano di Franeescani," Martirio orribile del Foresto, confessore di
Caterina. Guerra. a' aantuari,e a'aanti.. San Tommll8o di Conturbia citato da
papa Arrifo, e acanenillato. - XLIV. Il papa forzato a dar fuori finalmente la
scomunica. Confiscati monasteri: ordini mendicanti cacciati: Cromvelo a8
n' ingraSS8.- XLV. Stati generali. Frati tentati ututamente da Arrigo inva-
no.-XLVI. Vendette di aangoe. Oriiinc dci monastero di Glasronia: aue
..
LIBRO PRIMO. 311
nech_~ e benelcenza. Martirio d~ll' abale Vaitingo.- nVII. R.lisiosi ater-
minati affatto d'Inghilterra. Ordine nuovo da Dio snscitato a difesa della f.de
per Ignazio di Loiola : sue elogio.~ XLVIII. Matrimonio d'Arrigo con Anna
di Clev.. : malaugurato per Cromvelo sebbene ne er_e. - XLIX. Cat~
lici di gran conto amitti, martoriati. Immanità di Cromvelo.- L. Arri~o a' an-
noi. Il' AIIINI, • perehè. Si volta a Caterina Avartla. Gran tracollo d, Crom-
velo: _ _to come fellone ribaldo. - LI. Arrigo ripndia Anna: piglia
l'Avarda e contraddice a una saa legge reeente.- LII. Continuano le pene-
emioni aa' cattolici, ed anco sngli eretici non rieonoac:enti il papato d'Arrigo.
Dieta di Ratiabona. Arrigo vorrebbe qnasi rappattmnani col fapa, ma senza
disfare il fatto. - LUI. L'Avarda adultera ammazzata co' SUOI bertoni. Leggc
sulle mogli reali. Piglia la Parra, sesta moglie.- LIV. Gran guerre di re-
Franeeaeo e alleati i de' protestanti in Genoania j del Turco in Ungheria, Ita-
lia e Spagua' tutti contro Cesare, soecors« d. Arrigo, che colto il deatro,
si fa re d'Irlanda, già de' papi, poi pa888ta in Arrigo lÌ per concessioae
.postolica, ora in Arrigo VIUI papa da lè. - LV. Guerra da Arrigo dicbia
rata a Francia e Scozia. Infienace so cattolici: rastrella ciò cbe reata di sacri
arredi preziosi: balzelli odiosi moltiplicati: graffia dove può, e brucia sem-
pre. - LVI. Mala fine di totti gli adolatori felloni d'Arrigo. e, i più, ;er-
e088i da lni &teaao. - LVII. Ammala a morte: rimordeai j vuoi rìeonciliarsi
colla cbieaa cattolica, non paò: fa riaprir ebiete, fa Iimesine. Moore. Sua na-
tura: suoi fatti: ano teatamento.
{ ti' "'f.mia. _Qunta lena ai lron r.Bio_ Del n._. XXY, Ii;.d
è beD illustrata do Giovoani Seldeno, c. XIV delle IUCc...ioni ad Lege« El,,"o-
rum... (Nola d.II'edio. Livornese.) - Qualche dubbio su questa dispen .. nacque
.io di questo tempo: .. F .. dubitalo (dice il Pallavicino lib, n, eap, ili, n.3)
prima in t.mpo d' .A.leuanliro VI, • plli di GiWio Il, I l l'impedimeuto pomui
torre dal pOIll.fìc.... Ma poi 08m dubbio du.guoSii dopo oner. dioamiaa
d.lla co... ' .
I Arrigo .tt<wo• .. En belto d.lla persona, geuerolD d'iDdol.,. ICCODOO ad
0Bl'ì SlIIrmo<>. civile .......io. I .uni .additi abbogli:aft doli. oplAlDdld., ""
incerte, promeue di sua giovineua, lupp05UO in lui pià viltù ch. iD. verità DOD
Iv.va: mentre i suoi viai (sebbene forse fin d'allora diseernìbili od occhio operi-
mentatD), DOD ..omdo peraeec o bastanza oviluppoti, non appariVino nè de.ta-
_o tiD!or.... Liusard, St.r. d" lnglo. ...1. l'L Citiamo la tradlloioAe di Dome-
nico Groll,ori. Rom., Salviw:ci, 1831.
5 Il dI: ~.'I dI.» G.
• gu ... t e, Non intender. il 4 giugno; m. (com. pone anch. il Lingud)
il U, B O di 13D Gio..mba....... U lot. ha:. <Ife... '''''art.... I.I«:IICOJ.
che il Nostro ha tolto com••inonimo di postrldle ei.u didl.'
I iii lall' B,".tI.Uo; eioè, -alla batl. cii Whtminoter.
e g/t altrt ebb.ro ec.: .. i mllchi ebbero... G.
? uta ili GI'Cnlrico; ....1 vesclo lIDO oli Gr .... wieh,. dice il Banoli.
• lIon tanto... ' 1 _ et. PHre!>b. cii primo lretto .. 01.... dire, che enDO
diJM.. utillimi non ."""'enteell.... _)di etl, mo aDelledi .. in. Me il .....o ~,
cb. d'età enno differonti nOD tanto, oioè pooo di6enotl, laddo'f. di ..ila er&DO
dif!'erentillimi. I1latino del Sandoro ho: .. FIJi. IlIte,. 8 ... rio_' et Chato,.l-
••"'. tum .liq_ "a4i«, tu", 10"B' -.lor _ _ dtHintilHado. S.perabat
mtll« annil.•
1fI'' '.,......
lIIa ~ir.......tat., ad .."mnt...... ,o: ntOribru v.,.o a"'pliu4 '1_
LIBBO PItIIRl. 319
in lei IllntilllJima, l in lui ~olTettil8ima.1 Arrigo diede Ma-
ria in custedia di Margherita, I figiitlok del fratello del re
Aànardo lfR11o,~ e diclliareUa prineipessa de' Brettoni
,VualIi,G grado propm dM re SlJClceditnro, e ma.IoIla a flUel
.go,... Qlìesti BrettOlli oeeuparoD già l'isola, e la dissero!
Brettagna, e neor tengono la Ior lingua, da mnll ah m-
tesa. Tatti i YieinipriIlcipi e re aspiranDO ad aver per moglie
:Muia;laA:ope qaimo re di Scosia, Carlo qaiDto imperadore:
PrcmeesclJ fa di Francia per UDO de' sei ~oli, o per sé,
Jl8NDdIl troppo t~; T e fu promesllll al delfino: tanto
erllBoi prioeipi eem, il mammlllllio d'Arrigo e eateritia
essere stato legittiao: poiché per mese della sua prole, che
non essendo legittima non saecedieora, qwelregno cerea"f3DO. 8
COIIIiIleiè la santimonia di caterina a venir a lI'8ia ad Arri-
go: i cortigial1i Ha' aeecesero, e Mll!8imameJtte' Tommaso
~ i" lei lalù,iMll• • Alu." di meua DlII.te 1* aui.tere a' Meri ulIiti
de' religio.i: l. mattina alle cinque vestiva.i a fretta , perdeado , come .olea dire,
queste poco eli tempo. Portava sette , come IOftiaria , l' ohilo di .... Ftoaeeoeo.
Tutti i veJIerdi e sabali digiuDava, e, le vigilie della MadoDDI. iD plDe e lequa'
.,ai r.eIdl e veneDll .i a. GOlJllUIi_a opi tIcJmeUu. dice.. l' ufi·
aiaolo dIllIa V..gia..: aei ore "fiDi IltllliDa .1Ilva iD .hiua. a ..._ f .... n.i
leggete vite di, ....ti. poi teman chiesa liDo a ore eli cena, .he pislian par-
ehia.iIIIa: pttgan HlDPft iii g hio a:ùla nllda teIn.. (SIDlim:t. Bi".
8c1U4".• .htfl./ib. l.)
I ire l .. 4DO~.....ti E. /p'. r'8i"","rtrillll, _ d,_, i"'.~
.... """, .,.calli".., l~.. W."..., ltII: qtar_ ..... • toi """'8"/";' Elio
...b.tm BI",.,.. , B'''ltitjiiJaa, ",",,"II/cII_tl.. dao .....~,"pit... (Sand.-
ral, op. cit.) Lo .tea... ooDruma il LiaSaftl. Que.to liglie, DomiDalo Enrico
FilIrOY, fu molto amalo dal re, .iI quaJe.olI.. ad aftslo faUo dDCa di JtiehmoDd,
eeate eli NOltiDgham, ammiraglio d' IDghilterra, IIlItode delle froDli..e 'COI-
_ i . laogotecate li' IrlaDda, si c:ncle che lo av"" desi8...10 '00 _sao re Del
l'ODO, a daDDO della prole legittima. Ma gli mollÌ la. .Ià di ili aui.
, M"~Bh.~ita. Madre del cardiDale BegiDaWo. Palc1.
• 4t1ofllJ~do~ .. AdeaNo. • Q.
" 11_11.. 1JWl!1i uaIl'ln"'''liDgua g.......w.•• igllifieò 4~""i8~/, e COD
qué.10 Dome ehiamaronsi gli AogloIIS.oDi, che ?'DDero ••nnapporai. quella
prima immigraaioDe. Oggi Qpaese de' Vualli ed Uvallia chiamali prirscipalo di
Galles, e l' esserD, principe è • litolo che tanto impnna- DIlla ~aD Bretlagua,
• quanto Della FraDcia quel di delfiDo... (PIa!lniciDe, lià.ll, cap. ili, Do i.)
• Il I..· di_o ...... cI& J.ome. ru.dlla. ,., G.
2 '""" .,.•.I .. fi<~II,llC.:,.llleppO \Meu IJ1<IIlli: 6ualmODlll fu
~o_.a G.
8 non succedev«, 914.el reeno ec.: le Don poteva regnare, a quel regno aspi-
l'M'aDO.. Q..
320 DBLLO BCllIBA D' ll'lGBILTJlBU
,_.ft
8 c.& ......." MiJblil,.e I • celebraDdo IUbilire. • G.
in .II1II1'" Per cODDlCue il mod8 leDnto dall' Aulore nel riltrin-
gue illllO oritIiuale, nOD..rà dilCuo raii:ontare quello discorso col testo la-
tiDa,clIe qu.iriP0rbaUlO Z • T. .~ tlUl 6e,.enit44~ Henric« rea: potentissime,
quertl""1ItI,.1. clUUanomi.o, li 71071 quod .ppo,..t 4ed q"Qd ye,."m elt 4Pec-
CMar# c ,..,Uaram .,i"calo~ non IJI~ IJJlJtum &ed pene omnill", docti,fajmo-
rAIII iu.dicio# libertJ ut,t &olatll. QrUJmqlUlm Bnim Chat.nrina t t,un nobi»
1;''''0 tJIm 6IJncti6.J;mlJf"..",intJ.# 'f#istat, tamen cllmfratri6 trli 1&:r0,. prilU
fu...." ,atu IIdml~,.{710>1p o 4 _ q_ tur« UIl:o,.e"fratris tui, q'U"7I tibi
lutI>.,.t1 ~. Ef,""ll"uum 71071 licet, 1uzbetU et ,.etinea41 Equidem 71071'
dllllUo A.glo., q<ù tu« inlpulo lub.Ullt, hoc idem Eya7l/feli"m colere qlU>d
"tu eo/ina..., et 1"'Opt""•• Id.m eti4m nobu."m 4enti,.e, lieet idpalam profi-
,..1 .0. alMl. ..t, doneo t". ..,.... it<u liblfr4m in hac carua .i4 fecerit di_
e...di pot.datem. N 14m e"'t.,.; nationellib.,.ilU de hil nuptii'lOmp." locu~
.-at. vel.menter .tlam dolent.., ",giam adolucentiam t"am ab aliorum;
DELLO &CISIIA D'.INGBlLTERU
I dlc""dogli: • e dicendogli.• G.
I par'"dogli ch. il pllpa: • e pareudosli che Clemente•• G.
a Ma p,r "0" p.rd,r. III pol""." 'c• • Ma, che che ue doy.... nunire.
TiDtO dalle yoslie di dominare, re.. osui yiolen.... G. .
• Il ch•• ller« non vollero: ••1 che .llor. DOD diedero orecchio•• G.
I du, Co,e gli propoeero : • due c•• i Sii propo.ero•• G.
I • dichi",a".: • e che dichiarali... G.
, contro lilla ""/11ra • al glur,: • eeatro .1 siure•• G.
8 , clr. 1111 dichiara.lon. eco • L. qual dichi.r..ioue sehbene potea larai
da'Ttlcovj; aendimeno te ... G. -
~u
- DELLO SCliHJ. .D' 1NGIIILTERRJ.
! la dicesse l te la credesse. ., G.
I Nè potrebbe: • Non potrebbe. n G.
I Campeggio e V""lseo : questi è et: ... CamP"llS. e Voobeo, eanliDali elet-
tiuimi; l' UDO è eco .. G~
I .. Godeva ... 0 ia q_I_le rendite del velCOV<ldo SarÌ5buieaae. n p.I.
l.vicini, Iib. Il, c. 1li.
5 dottissimo. Coalla "lampi del Facciotto e qUllUa del G. Le à1tre, ubitu-
riamente', devotissimo..
6 unitamente: Il d'accordo•• Go.
7 Leeitico, cap. xvur,
8 Deuteronomio.. cap. :XXV.
g dellralel ma. Mare. VI•
.
LUlRO PIWIO.
eìullo, che mai a' padri loro DOn 118 diedono commeuioae,
e ogni false esposto l'aia il .opplicate.
6. AveiefiDalmente qaeste DOze due impedimeoti: pa-
rentela (avendo Caterina consumato matrimOllio COD Artoro)
e giustizia di mantenere l'onestà pobblica, e bastare esser
contrane, quado DOD. &1_ consumato: ma Giolio dilpensa.
la parentela, e non l' onelltà. .
XV. A queste ragieoi, senza pregiudizio dell' appello, i savì
della rema, per non parer di cedere, risposere prestamente.
1. Che qoando il papa volle potersi le noze fare, Tolle
anco potersi fare lo spoosalizio. Altrimenti sarebbe gra.
vanità ceecedere OD ine, e i mezi da conseguirlo negare.
II g,ioviMtto re non potendo menare allora Ia .moglie, la
sposò. Domin, Ile aaebe l'aaello fu mal dato, perc1lè ,la
dispeDl& DOn ilpeeifiea ~'ei si dea, ma solamente che il
matrimollio si contragga: o P,Jr s'intende per nl!ce8Jaria
consegueDJla eoneedutol'accessOrio col principale' I E quando
l'anello. che è matrimoDiÒ promesso, ftlSle mal dato, DOn
.necerebbe amatrimoDio consamato, che pui stare senza
qoello, e la' soprabboDdanza I Doa vizia l'essenza. Anzi se a
qoesto callO uesse pensato chi compilò i eaneeì , arebbe or-
dinato, che ciasebedono prenlleBle la moglie del fratel 800
morto, dove laDto ben pobblico ne cWve88e succedere.
I. L'età d'Arrigo .on fII espressa, percllé non fo neees-
sarìa, non essendo contraria alle leggi, né poteva il pontefice.
supplire al difello di natura, La
parentela si fo etpre888, perché
le noze impediva. Né aneo si poò dire l'età, di-dodici anai non
abile a generare. dicendo 8BD Girolamo, cile Salomone e Acaz
generarono d' uadìeì e di dodici,' Né arebbe, per tale età • non
I In!elldi, È lloTto il =dere doe gli .ponuli forono mal eeetraui , .01 per.
ebi la di.pen.a non fa menUone di eui, m. diee .ol.mente ehe .i pOllono eele.
I.nn le nosle, forse l' .e,,"orio non .egDl il prineil'ale'
S e Itllo".."bbo.~.. r • perà>è I•••pr.Jobooda••••• G. .
I Il' ...liiel • di udiel•• L' i"'f"'"tor GioIltioiaDO, ....1 tomo!! dello ••
hm_ie.i, .ta~ elsa i .....mi, termÌD.ti dodici.ooi, .i Siudicbino lUi' nel
m.m-iD. Talmnuo B.rtolÙlo. medico ...1ebnto, eonobbe in Lioao QDI .en.
IpOl.ta di dieci anni, ebe di dodioifo madre. Lo.Sb_io, nelle _ O,._.io,,',
con di.e..; esempi .""erta, ebe eIconi muohi INnDO potato . . . ptoll di dodici
Inni. Vedi B" ..,Ia. Cent"". V. H. XVI l (!IDI. dell'eoIiliOllll Lioorn".)
• " ... 'fIle etoi: • per I. frioolo '1..liù degli ....i•• C#.
344 DELLO SClSK.l D' INGBILTEBB.l
che diceva aver udito dire a papa Giulio, l che non credeva
poter dispensar il matrimonio d'Arrigo con Caterina. Quelli
della reina ne produssero un'altra di esso papa, che ad Ar-
rigo settimo sopra tale proposito rispondeva: CI Noi non ab-
biamo mai negato né dubitato, come alcuni hanno detto, di
dispensarvi: ma risposto, I che volevamo tempo maturo e
consiglio, a per ciò fare con più onore di santa Chiesa e delle
parti. » Per la reina erano i più dotti e migliori uomini d'In-
ghilterra; Guglielmo Vuarano arcivescovo di Conturbia;
cinque vescovi, Cuthberto Tonstallo di Londra allora, e poi
di Dunelmia, Niccolò Vuesto eliense, Giovanni Clerco ba-
tonense, Giovanni Fishero rotrense, Arrigo Standicio asa-
fense;' e quattro teologi, Abelo, Fetherston, Povello e Ridleo.
XVII. Il Rotrense, lume della cristianità, esempio di
santità, sale della terra, dottore della Chiesa, presentò a' le-
gati un dottissimo libro in difesa dèl matrimonio d'Arrigo e
Caterina, con gravissimo parlare ammonendoli, « Non cer-
cassero Il nodo nel giunco, 5 né di travolgere le Scritture 8 di-
vine, o le leggi, già troppo in questa causa ventilate: av-
vertissero molto e molto, quanti mali questo separamento
apporterebbe; odii tra Carlo e 'Arrigo, parteggiamenti di
principi loro aderenti, guerre' forestiere 7 e civili, discordie
nella Fede, resie, scisme, sette ìntìaìte. lo, diss'egli, per
la fatica 8 e diligenza. mia in questo negozio ardisco dire, e
in questo libro lo provo con le Scritture sante, e col sangue
lo sosterrò, che podestà in terra non è che basti a scìorre
l udilo dire Il papa Giulio: • udito papa Giulio dire•• G.
I ma ,.llpollo: • no veramente i ma risposto ee... G.
8 tempo mllturo e consiglio ee.r • ~mpo maturo per ciò fare con maturo
consiglio, con più ODOTe eco • G•
• IIstif8nSe, d'A.ah o IIDt' A.aph. Eùens«, di Ely Della cODtia di CalD-
l>ridge; bllto"ense, di Bath nel Somer.et; roffen.e, di Rochester,
B il nodo nel gì"lIco:. nel giunco il nodo .• G.-Proverbio TerenliaDo e
plaut;llo: vedi Andrill V, "', 38, node.... in scirp« qUairil: e Dei Me ..ecmin,
i, 22, Allcbe EIlDio :
(I...,., ili Idrpo lOIitl ,//Od _ .. _ ....
• nvole .n.
• .teDia delgnD "Dcciiier Tommuo, che .i era dichiaralo a viao aperto favo-
unLl lede, e aoa -era nit ambilioso nè a~ido del danuo,IAsi spres-
• "Dte del futo • delle ricehe_, e Degl'impieghi .eppe CODaernre. la .ua prio-
• miera inlegrità. Vedi Ja J1'ita .<ritta dal.no nipote, iD principio.• (Nota del-
l' ediaioneLivorneae.)
8 che l'a"."a • che avea taldec:nto•• G. lIlat. ha: • Thomam Mo~..m
ad ~.8.m 1.,a"li. qui dic.nt Papam le,ato~u". mandata ....Iwi•••• 1,-.....-
q..e n".m .t ~elfi"am ad clUUam I" Rota Ip.i•• pd~ p~oc_ato~e• •""'. di-
('end.m ..,OC_.,., id .e maledtui "". liplfic.,.c.l a' ,ci,.d u""una Mnc ,.~
.
'poi".,. ,,'ato~.m a..t et...modi P/Wl/CIUII p~,.co"em "lIncla~1 ",II,t. nle n'••
LIBRO PRIMO. 349
Roma, èome luogo comune piacergli. » E tosto, t aspettando
che a'legati venisse rinovata la commissione, Donsì curo I che
nn uomo 8UO con parecchi della reina, e due notai a' legati,
che dodici miglia fuori di Londra ìnsieme villeggiavano, lo
intimasse,.a e dicesse, «che ii re voleva, che questa causa 81
spedisse a Roma. »
XIX. In tanto, Campeggio ebbe lettere dal papa, che a
Roma se ne ternasse in pèste. Quanto il re, perduta ogni
speranza, se n'infocasse, non si può dire: e dando la colpa
tutta a Vuolseo, primo inventore del divorzio, mostrò gran
segni d'averlo in odio. I'grandì , che lui governante il tutto,'
invidiavano, faUo consiglio, mandaron al re soscrìtte da loro
di molte sae scellerateze, e di seoneie e di laide. n re l'ebbe
care :1 e fece alli 6 di settembre cercar le valigie di Campeg- .
gio, che imbarcava, per pigliar le lettere e scritture di Vuo....
seo; e non ve n'ebbe.' Egli, non sapendo queste cose contra
di lui, andò a trovar il re in una villa presso a 8!lnt'Albano,
e di questo giudizio di Roma molto discorse con lui, e 8UO
consiglio. Stefano Gardinero segretario, che aveva negoziato
questo divorzio in Roma, e credeasi suotrovato, vedendolo
ÌB rovina, pregò Vuolseo che, presente il re e 'I consìglìo ,
chiarisse chi furo i primi aproporlo. « lo 8010 fui, e non
me ne pento, e sarei di bel nuovo, » rìspos'egìì, per grattare
gli orecchi 7 al re. Non passò guari , che il duca di Norfoic per
ordine del re lo ritenne, e forzò a rinunziare, prima la can-
celleria; data a Tomm880 8 Moro, uomo sìngelare, per lirarlo'
I E lodo ee, Lat.: • H~c qDidem ,.e41 dleeh'd, .p,,,"h" ".~o... l'et'
. _••a.elo. IIpad p"p"m br ...1 ejfeCla,.,U'Il, atlegalo,.,U'Il mudll'" ,.eno"a-
,.... "". al".. ea de c"aea, ..Inae InlqtJO animo Id qrllJdagehllla,. l.... c lalit..
I .0••1 ClU'ò. 000 gl' importò;l..ciò ehe aDda.se QDO ec.
I lo inlllllall'J cioè, il elecreto. La G. ha: • iltQllO iDtimas.ero •• ciii..
l' DOIDO del re, che il re .oleva cb. que.ta caDla.i .pedi... io Roma••
• IDi go"'''''''''''' tl tutu», In"ldll,,"no, • lo iD.idi ••allo•• G.
I Il r« r ehh. CII,.. : • Jl re dille che l'ebbe care•• G.
• IIq. l" JI" .bb.: • Don De troTò •• G.
, ".,."..,/l",.e gli o,.eccAl.c. Lat.:. qaod ",ddemITo/...i "e,.h"m4,.,.i_
h. . "'gli. d41.... .... n.mo ipo,."bllt•• Dopo que.IO periodo, la G. aglliuD.
ge: • VedeDdolÌpoi, Del .ole. f..eUargli teDer la porti, .' a••ide cb'esli era ia
i1i.,...i•••
I dllill Il Tommrr.o: • qual, di,de a Tommalo•• G.
• l'e,. 1/,.",./0: • l'n tirarlo dal sue•• G.
Il. 50
8110 DELLO SCliIU. D'INGHILTERRA
.1
_~era piao.• G. - n iiapN dice .~le, ..... qooeupaluaoo fll.liau&o
Vo!W> al u.
5 fUI e confinato! R fu confinato. '" G.
• dUaora: • perlinl_1a dimorI•• G.
• dd tonti 8i .. ceri s .. dI laD.lÌcollegi di doUiuimi uamiDi•• Go.
• Po/.o: • Polo illgllilo Go
, Il qlUlI. per la chi ua I • nel quale uomo guqgiluno lo spl..,dore
,a,l ulISlll1a clettriDl e la I>oDLà.. però andawloai egli I rilt.n.tD.atIIi IlnUa ope-
I.
rando, gli fu dato ee, .. Go.
non ,ioVQ : • Dè aadIe 'Plfuo gÌDYò. • G.
, f.ce 8,.. 8C.1U •• Ka od........ che ClIn.,. parl.au.: .. Certo, -.. CIUU
.. favorita da un re sì autorevole lì ricco, dovea trovar fautGri. Delle ICUOII: e De
• tro .... , ma pau/En.aLi cIse fl.".. i; e DomlDellll al prDnti qlllDJ.o speua'url per-
• c1Iè dI Fima, nell' isleuD tuo regno, fu ribuLtata, e i dife...... i nUfO&Illti.t
• nè I . .ebbe t",YaLo ,oltagno in VUUD luogo, IeDal LUI Ieuau ~5ll- Sa
.. questo t'è bisognalo fare iD casa tua, lasciati considerare che luà Ew:tà...
Poi"" Iib. III D. U.to ...
~o Ltln8el: • Langer. lI;t G.
I.IBIlO ...,. 381
c
....,
LIBRO PllDlO. 3!llS
Ba, seoDoaci1rta, pmo tI mare, e abboccossi, tra Cales e Bo-
logna,ciJl Te di Francia, Bdegnlltissfmò" con Carlo, per la ta-
glia dislftie!lta postagli Dell'aceordo di Cambrai per riavere i
figliuoli; mostrandogli che questoera'il tempo di vendicarsì.s
en. tanti \rlIvagIi assalirlo, Non vi era dimcultà, se non che
ti pontefice in questo tempo troppo dlspìacerebbee risolve-
-roDO iIi rermllTlo'con là paura, il mandarono due cardinali,
TOl'IWl'D e Landes,1Ia minacelarìo da parte dell' uno ,e dell' al-
tre, se egli s'attTaversasse lilla loro volontà. Ma Francesco
commise loro in segreto, che, quanto a lui, procedessono con
dolceza, e gfi pròponesaeno il parentado, che poi segui, di
Caterina di Lorenzo de' Medici giovane, con Arrigò duca
d'Orlierill, suo secondo fìgllnolo. E Arrigo, in
dispetto del
papa,efunolllVa Francesco a por decime alle 'chiese, ea la~
'sclarlo sposare Anna qtJiVÌ solennemente. Ma la nuova non
aspettata c!i So'imano rìtirato , 4 e Cesare in lfalia venuto, Ii
levò da pensiero, e Prancesco men pronto rendè alle giran-
dole d'Anigo;· .
XXV. n qual~ 1ot'nato in Inghilterra pensò d'impadro-
nirsi ancora di tutto il ehericato. E avendo poco innanzi i
legati'del papa, per la podestà che avevano (che allora co-
mincìò li. dirsi forestiera), centro alla voglia dèl re prevaricato"
analegge -detta In' inghllese 1hl premunire, 'i fece pronunzlgre
.. fico, resse lo stato di Firenze, dopo che fil dichiarato papa Giulio de'Medici,
• chiamalo Clemente VII. [Vedi SegDÌ, rita tIt Niccolò Capponi,pag.iO.} Ippo-
• 1tlofa""",merato come persoaa ,aslica I di,poco giudicio (pag. ti); ma ciò
• 1IOD oStallt<si aC'luiub molta autorità è grazia appresso ogni ,geale. ~ (Noti
den' edi•. Livornese.) ,
, ,a stlegrrÌlti..lma » • "pe.. ~olo sd'~"'lissìrrio .• G.
t f'endicarsi: " vendic3ni di Carlo ... G.
,'I 'Lanrlu: llPall.~i.ino" Tarbes, ,
" di Solimano ritirato: '" che Solimano .' era ritirato... G.
Il alk giNtndole ti' Arrigo. Lal.: .. ad Henrici constlt« .eq".nda••
••ai 'Pannioino ,StorIa del Concilio dI Trent., Iih. In, capo ii, D.' 3.
• pt"tvrtricato': • prevuicata.•-G.
1 legge.•. De(p~m"nlre, Qutlta ,legge, pn"hli<:ala sotto Riccar,do Il, vi...
ta~, I pena di cotlfiscà e d,i carcere, ~gli e~c1esialtid di èsereitare nel regno l'an-
toritla delewata da, pontefice, rispetto a eoll•• ioai di' beoefici,. lra.lozioni ed
altro, .ea.. lieen.. del re. Giovò di ridestare questa legge, q....;' obliata , •
fine di coglimdn 'fa'llo i leg.h, i quali, sapendo cl' emr VtJ1UU di cons....o del
". bon avevano pens2lo a premunirai d'uDa formale facoltà,
3118 DELio -scISMA D' 1K6BlLTlaaA
I Co. l.. 'I_l cltIfUul.. eco • Coo qoesto clounda, foUo.i mettue Id .rte.
i dottori ee.• G. - Il elere , I.eodo I copi un C'lII1ono iD Caotulm e lID Uio
iD Ehoroce, ,,"COYi ..aduli, mo.t,o••i troppo debole e maleaccorto, 001 la•
. . . .i iD'ÌDuaro quella fonaoll. cIelIl 'l""le oou .icIe o aoa li brigò di ..dero le
_.esuease.
J ",ort. dlf..",.•• Llt.: .11."" ....
",.dlocrl#fort"'II! et 1141d. t"B.m._
. • Il folle: • e Il folle•• G.
• riti mI prete O~ltt.do. Questo p,ete, come aarra il Soadero, CII iDsoo-
Doto d. aao .roccioto ....O.OSOI del ,e, il qule lo a..iearò d' o"n ottenetl la
hcllla poati8cil delllitonìo.• Sia bene che qui sia Iella. di.K il p~ .• LI bolli
.' ~ certo (,oB'lliunK Arriso) mo noa 'lui; e pe' ...., chiuso iD luogo eon '"-
puto da altri che do .me, Doa è onulo che lì I ori bruciata· .... n' ~ea lUori I
pilllinll•• Il prete, flCIDdo i luoi COliti ebe i re Don mentono; 'Ii .olae all' al-
tare t e cominciò la melil. . ,
. s. pochi .e~v."ti, Qui il n....n..ti la.cil 'CIba 1110111 lIia.uui~DI ~"":
Il i ao". pr~Tllit cbe nel matrimonio di Catl'rina aGa tsilte1'IDO i due impedi-
c
. LIB.O P."O. 81r1
XXVI. Alla nuova reina correva per grazie ogn'uno,.1
come avviene. Luterani t spezialmente, i quali favoleggiavano
de' frali; maladivano a il papa, 13 la gran riccheza della Chiesa.
Unodi questi, detto Tommaso Cromuel, a lei gratissimo, ma-
ligno, crudele, avarissimo uomo, fu aggiunto per teno a
Crammero arcivescovo, e Audleo eaneelliere, per guidare
con questo .triumvirato ogni cosa a suo modo; fu falto capo
dell'archivio, primo segretario, cavalier a spron d'oro, conte
d'Essezia, gran cancelliere, custode del sigillo, auditore delle
civili, e vicario dello spiriluale: la republica tutta, come già
a Vuolseo, gli fu data in mano. l
XXVII. Vedendo gli eretici il re poco amico del papa,
e da Anna di resia infèltato, spargevano nel volgo, e per le
corti de'principi, scritture maldicenti de'preti e frati. Una ne
fu porta al re intitolata, li: Supplica de'poveri mendicanti, li>
la quàle:, narrata, e con pungenle reltorica esaggerata la gran
mollitudine e miseria de' mendici veri, diceva, esserne ca-
gione certi mendici' grassi e grossi e oziosi, che col pigola-
menti di .lIinità e di pubbliea oaeltà" d,' quali il re IIIOatreyui Il meticaloao.
ma .he beae eliltnlao .olla Boleaa, per •• gioae dell' useni melcolato .011. IDI-
dre e .on••orell. di Ie.i. B '1Dl1ado il faUo della madre aoa li. YerD, è yero par
tempre che, iD q"II&o hruUo _gOlio, il re ap..tan il mOlceriao e iagollan il
_Do.
I co,.,...,. P'" gr-tuie 01'" IAlO: • coneva ognUDo per B"aie.• G.
I Lllbr"td: • e Lulerani .• G.
• ",.ltldiptnlO: • laeen'YaDo.• G.
• L'romwell ..irte come Wolsey, lao p.troao, da abietta fortua.: prima
.oldato, poi mereaol. iII Vea•• ia, Tornato ia laghillen., Itudiò I.ggi. Wolse)'
te ae yala. ael discierre i moaulOri een....igli p.r la foaduioa. da' 11IOi .0Uegil
doy, fece daalro e troyò gra.ia appo il c.rdiaale. Ebbe aaimo m.ligao. An...v :
dice il Liagl,d, imparalo da Ma.bin.m, che noio e nrtù aOD loa ehe aoml
tlOnti per balocco de' .ollegiali, ma dutili ••hi yuolaollenral aelle corti I A
leatir lui, l'iagegao d'aa graa politi.o Ita aello ICOrgere aUraYl!fIO quel nlo,
oade il priaeipe 11101 .oprire le lue yoglie" ael tfOy.re i ......i più lpediti di
ulisfa.le, aeaaa olFeadere .pertameatel. mor.l•• 1. reUgioDO. Caduto i1luo P'"
troao, lIIÒ tOlto quelta perfida dOllrioa, per aoa cadere een lui, .ome l'odio
pubblico gli delideran. Preaeatolli al re, • prima ......at. l. titabaau e d.I-
l.... de'p ti miDiltri, palpò destremeate la IlI.fo.ola p...ioa. per la Boleua,
e couchiu be aoa poteadoli omai oltea.r auDa d.l papa, .r. tempo di naÌft
.lle rotte, e di far d. I~. Più giocoado aOQ potenao ....re ad Arrigo queate pa•
• ole: però prese ad amare quel per&do, e lo li pOlI DalIUO printo C9D'islio. Di
qui la laa fortuaa •
• melldici: • m.aditlmi. _ G.
1118 DELLO SlBIlA. JY Dd1LTEBBA.
re,S splnntare, e liUti 'lIriifiJ:i, aTenmo ingezata la .metà
de~ d'Inghilterra: e -prepn _ ma8Ilti,« che,come-ne.
rieodi Cristo inlliml, e' p.<ke .de' peTeri, per aiaericordia.
p8l"~ag1isollevuse, diI1ri~a ogni sorte di lIDBÙli
la ... parte de'beDi:i daericid'~DelIuDoia.metll,
• 'BOn so_la dageldesiJna parte di tuffi _~ eltri: ta.:iaIse 11
ioni un per ceDto di "'.0
mmnOiGlID'flUltllDOV. _ con6-
1IC8llIe,' ,el' li aHri Buhic:are. E ~ 4ftll'ao col
sudenl del T01toe, ce. . OOIIIMlda la GeJlllli: altrimenti, lbs-
_o" gastigali. »
XXVIII. Tommaso Moro nsp.se con .n dotto il pI"O:-
du'e iIIn;' e prima ex 'lQepene DOlte &audi e hngie delli
eretiri: pI'fJdiBIe i mali,mediante mo,
a~ 'YÌPJOW ..
false 'CaI.Die -date:' mostrò, l'entrate ele'cheDei .0Il esser
&aDt&; apendersi iD 'Culto dmno, lavorii, _DliBe, pie apere;
~ vero -tesoro deHa povertà in ~ 'JDOno.
~ llell' al-
tro. It NilHlO eretie. gli HPpe replicare.
XXIX. l\aguaJtd&si ii filati, parve al re di faraga.are
l'ubbidienza ancora nelle cose spirituali, fin allora prestata
al pontefice, da tutto il clero: e che, per esser cosa pare
molto nuova,' la proponesse uno dì molla autorità, e Cosse
Giovanni Fisllero vescovo rollèDoll8, attisiimo a e9lld&rla: •
ricusando, rovinarlo, come Anna cercava, $ per la detta BIla
costante difesa del matrimonio di Caterina, fatta di1l3.nzì
a' legati: per la quale Anna gli fece avvelenar Ja peutola': non
",Ile la mattina' mangiare; ne morirono i serTeDti: IO Ric-
cardo I\lseo cuoco il conCessò, e ne fu giustiziato. n Bofl'en-
sa, lldila la volontà del re, e DOn gli essendo da lni 4DUJlell6O
t - de eol ptpl_ • • cbe li ehieMoo pnlati, èal;, dIftlNi, ........ .eoJ
.Itri DOGli, ebe col pigolare ee.• G.
• I..etnle'. "lICine•• G.
• . . c_filCa"e et••• -ne contoetR, per 81i1Iltri_ _.., '. Ii t...tlI-
gm ... _ G•
..fo-- • lino... G.
-. lì'~o. illtitolato • l-i"ellrRt ,.",... ....._ '" "...,..... _
• 4are r • c!llte "llii .emi,.i .ti Dio •• 'G.
" 'Jl- """to " r _ par tRIppe moko aa,,".• G.
• . . - ,A""a C....,o r • il cb. A..... _ V I I •• 0..
I la mattilla : • quella matti Da•• G.
lO ne morirono i serventt « .. i fauti luvi .... nterirauo.• Q..
scusa né dimora, ma deUo, a: che faceva 1 per chiarirsi~ se il
clero l'odiava; e che per levare scrupolo! giUJa8SOllOl cowli-
zionatamenle, se, é in qll.anto la parola d'Iddio lo coucedtlu&:
e COIUIiderato quanto rovìaosa tempesta aar.ehbe a' clLeriti
l'ira del re disprezatoj" e che col tempo e con lo sfogo,.' ~&
sto folle a.JDIJCe verrebbe a noia. e che ne.n gli maw:heriau
i rimostranJi, che questa ubsìdìensa si dne al polltelìca: »
stretto dalla necessììà, cedendo al tempo, avellOOD.e i dJMt
vescovi Cl"~o e l.eio 5 "(lUi la maggior parta, psauae
gli altri più forti con quella clausula cavi.UoBa. a.liur. .: Ili
dw. poi. pianse amaramente.
xxx. Sciallo dal pontefice, e legato al re, iD cotal ~
il yeSCOl'Q di Conturbia, in un villaggio detto DWlStal, yiciD&
ad Ampti!, dove Caterina era, più volte la citò, e aspeLtQ ia
vano quindici dI.: e poi con viso. barbero comandò al re.
« non tenesse più la moglie del fratel suo, altramente per
dovere di suo ufìcìo lo lIOOIDUllicherebbe: » (dicenti i hJtera-
ni, Cl ve' come ei parla libero al suo signorel benedetta sia
questa nosìra, libertà del Vangelo I ») e ieDteJuw., Cl essere
An:igo per giare divino fol".zato 8 taseiar Caterina, e poter
prendere altra moglie: che già menata l' avea, r come detto » è,
.. iDr.riOft, prn.lsero ad ogni rispetto dena superiore.• Pan ..ieìne, loe. cito
L'edizione del G. varia cOli: • H .•. eoatei Don dilcaccillse e CatenDI restituil-
se. Arrigo recato'Yi tallentenla eco •
t eo... r,..a monaca .. che lodo li dirà ee.r • con UDa moDICI trallato di
div,onio', e poi altri molli, cbe 10lto li dirà, rece morire ee•• G.
I pe~ li ",olU. .1111/1,."",1111 ec.: • per li molli ammlumtnlÌ••" G. "
I pillll: • 'riflilia... G.
• q"lIndo di n.c.uilà '~II: • 'l"ando già era di n",... il~ .• G. .
•• 'Passò per Dna d'Arrigo; e per me certamente il IiI, non ostante che
.. ,,' abbia in qualche numero ist orici, appresso i quali segreto d'impenetrahile
.. oscurità è il rinvenire cui ella fosse ..eramentc figliuola; a eagione de' tanti
• amadori che Anna sua madre li trae..a in came'n .• BartoH, Sto,.i!l d- In,hil-
ler~lI, lib. I, c. {.
e in IIollabile p"nto: .. in mal punto. " G.
7 I cordllfll.~I: • i Irati cordiglieri•• G. :- Fra li Francescani dell' o... r-
l'an_a.
I cortggillnl/: i frati Agostioiani.
IL SI
362 D l! LI. O SCISIIA D'INGHILTERRA
f D4cre6: • Dacrio... G.
, co,..igli» delli .t.ti ebbe: .. eonsiglio ebbe... G.
, per dannata e rtua'; cioè, teneva per dannata, e intende'n che dovesse
esser rasa ogni parola, leDtenza o ragione che e.primene la superiorità del ve-
6CO\lO di Roma. -
.. tante, litanie ..
!I in &a&era e rtui: • lasi e in zazzera... G.
a ma non la cagior:re: .. ma la cagione aborrirono ....-G. Pallavicino, lib III,
e. 15, D. 4: .. Diè CODto di quest" azione a "ari principi cattolici éd eretici: i se-
" condi approvarono il fatto; ma Gli uni e gli altri detestarono la cagione. J pro-
364 DELLO SCISMA D' INGI(ILTERRA
'. lell"nli avrehbon desiderllo che dichiarasse d'abbracciar la lor sella, MI esli
" Don volla mai farlo iD sua "ila: anzi suhito dopo la sottrazione dell' ubbidienza
..al papa fece bruciar molti eretici: Ò Id irato co' lutenni, percbè essi ripro:va-
• rana quelli rodi ce dalla quale richiedevano CJueato fruIto; O 651012elladottrina
• di quel1ihro ch'egli aveva scritto in coqfutazione della loro; o intento a Don
..alterar il IUD regno, con lasciarlo Della religione antiea ...
• l,de~an.: a )Dlerano pubblicamente•• G.
! si ~id;sse; cio~, delle cose scritte contro Arrigo IlIorcb~ questi pubblicò
il suo libro de' lette sacramenti.
5 scrisse : .. scrisse appresso •• G •
• il quale]» l,ce ec.: " il quale, Don trovando sèguito di fuori, a' suoi co-
mandò predicare e (arne volumi,. e mosse molli; chi pu amore, come, Sansool!.,
Tosso, Morisone ed altri critici; chi per timore, come Garùinero 't: Tonstallo
veseovi di Vintiutou e di Duaelme, Mandò, eco .. G.
5 b~;g;d;ni, deHI regolo di ..DIa Brigida.
~ che tre e"an priori, Manca nella G.
'J i mertorellì r .. i martiri. • G.
'non t,.OYayano: ,. i quali noo trovavano.• G.
LIBRO PRIMO. 365
assolvevano, per paura 1 del re. Cromuelo I comandò loro da
pàrte del re, che a pena della vita gli condannassero ìmman-
tenente: cosi fecero; e furon menati a morire nel loro abito,
non digradati: e con loro, per quarto, fra Riginaldo, brigi-
dino della badia di Sìon, gran maestro in divinità, greco ed
ebraico raro in que' tempi. Essendogli detto, Il gli stati vo-
gliono che tu dica, si o no, o via vadi alla giustizia; » rispo-
se, « questo è ben giudizio mondano: datemi spazio tre di a
prepararmi: » non fu udito; e disse, « io credo vedere i beni
del Signore nella terra de' viventi: » per la via esortava a,
pregare Iddio per lo re, che non si guastasse come Salomone
per amor di donna. Prete Giovanni Hailes fu il quinte mar-
tire. Furonoqueste giustiziefatte aHi quattro di maggio, fuori di
Londra: e, a maggior terrore dì-tutti, alla porta de' certosini i
quarti del priore confitti; e mandati due laici a svolgere i
giovani ad ubbidire al re: ma tenendoli i vecchi; tre di loro,
Unfrido Midelmoro, GuglielmoExmeu e Bastiano Nudegato,
furon fatti stare undici di ritti e fermi con catene a collo,
braccia e gambe: e alli 1.1 di giugno Portati in ceste per
Londra, alle forche impiccati, tagliato il canapo subìtamen-
te ,strappate loro le vergogne dal manigoldo, e gittate in
su 'l fuoco, 'sparati vivi, il cuore e le interiora tratte, le teste
tagliate, squartati, lessati i quarti, e per mostra al popolo in
vari luoghi confitti. Giovanni Rocestrio e Iacopo Valvero
ebbero grazia di essere impiccati solamente: in Eborace
dieci altri certosini, Riccardo Bero, Tommaso Greneo, Gio-
vanni Davis, Tommaso Gionsone, Guglielmo Grenuodo,
Tommaso Serìvano, Bnberto Salteo, Gualtieri Persono, Tom-
maso Bedingo, e Guglielmo Orno morìron di stenti) e fetore
in orribili carceri tra ladroni; e Cromuelo di loro morte si
dolce si battèo l'anca. De' francescani Arrigo n'aIDisse non
pochi: ma non altri, che li detti due giustiziò, per ~on v'es-
ser guadagno; avendogli già tutti cacciati de' loro conventi: o
per amore di Tommaso Urisleo, potente appresso al re; e
poi cancelliere, che gli amavave dava speranza di ridurli.
• .pe,. par,,.a : • per l'ira .• G. '
, C~om".lo. La stampa del Faeeiotto sempre C~/lm"elo. Non l'bo aceet-
t.to, perchè troppo,lontano d.lI' ortografia originale C~omw.ll.
~r
366 DELLO SCISM& D'INGHILTERR&
Tutti gli occhi eran volti nel Boffense e nel Moro, incarce-
rati, primai lumi d'Inghilterra.
XXXV. Moro era laico, gratissimo all' universale: non
produsse Inghilterra per molti secoli uomo si grande: nato
nobile in Londra: dottissimo in grèco e lalino: pratico in
magistrati e ambascerie 40 anni: ebbe due mogli, molti
figliuoli: non curò arricchire: non 'accrebbe cento ducali
d'entrata al suo patrimonio: arse d'amore della giustizia e
della religione, e di scawiared'Inghillerra le nuove resie di
Germania. In quella miseria non faceva segno di dolore:
come faceto di natura, gli altri rallegrava. Diceva, « che il
peccato noi cacciò del paradiso, e incarcerò in questo mon-
do: la morte ce ne trae, e mena all' esamina.» Dubitando
Arrigo, se tanto nemico al suo adulterio dovesse lasciar vi-
vere, o spegnere con tanta sua infamia tanta luce; intese,
che papa Pagolo terzo' aveva faUo cardinale il Rolfense, il
quale non darebbe mai contro al papa, né a sé: I onde deli-
berò uccidere prima costui, per veder se il Moro s' arren-
desse. Alli 22 di giugno' 1lS31J il più dotto e santo uomo d'In-
ghilterra, decrepito e cardinale, fu menato in disamina; in-
di, per non accettare che Arrigo fosse capo della chiesa, alla
morte. Quando ei vide il palco, gittò via il bastone, col quale
andava, e disse, l( orsù, piedi, fate questi pochi passi da
voi: » detto il Te Deum, mise il collo sotto la mannaia. Il
capo si tenne in sul ponte di Londra, infilzato in una lancia:
e tosto levossi, perché il dìceaao parer sempre più veneran-
do, e.fìerire. Fecelo Arrigo a settimo vescovo roft'ense: e lo
diede per consigliere e confessoro a Margherita madre
d' Arrigo ottavo; delli stadi e collegi, ond' uscita questa è
I Co~lgl;ò I • co....ò.• G.
I Il Hlcoo.do: • il Brosse IUO1• . . - 1... G.
I 10ft .,11"0 .11' .lfIr..o: • lODO .U'""'01 .. G.
• perdo 1 • percb~ 1111••1 buio! .. G.
5 I.. iIIII.. o. NOD lo fiDI, e rolLò a quelle p.rol. ciel uDselo • El Ini«c-
""'" m..... I.. hl""', J1orch~ fu preso e colldollo a morire. ,
B 811endo ••"dla : do '1De.L1 falla. .. G.
7 .. on 10p.,...... t... IfI: • 000 sapere .....ci Iflllli cotale. .. G•.
a cioè nlmlco: • come Dimito ... G.
368 DELLO SCISM.\ D'INGHILTERRA.
m~atu IU: dello Iceadere poi lalcia rue a me•• Fiaite le lue preci e detto al
popolo ehe moriva per la fede, e recitato UD mise,.e,.e, .,eane il carDe6ce ebe ,
cbiestogli perdoao, troacò quel ..alo capo. Quella maluaa la Margberilo, per
tempislimo, era per le cbiese di Loadra prega ado e raceado limosiue. Quaado
ebbe fiaito Il danaro; • Me.cbiaa a me (dille alla ra"le) . cbe bo dimeaticoto un
Iensuolc per iavolgere il corpo del padre mio.• Ella sape.. come il eèrpc del
Roflòa .. rn gittala ;gDudo, e cbe DiuDO alerebbe, per paDra, prestar quel ....iKio
al padre: Recalasi a uaa bottega viciaa, per tòrre 8 ered...u il drappo; pertando
la mano aU. tasca, come per dire., Don bo qui danari,. ce De trnvò quello appunto
che era necessario. Di che riconforhta come d'inaspettato prodijio, eorse il ren-
dere il pietesc ufficio al padre; aò alcune alò diltur.barla ••
.. Inpe"lona: .iD'persona,e, maDeando,,, G..
I 8emp~e peggio: • tuttavia peggio .• G.
i,.
I a 8polf/ja~e i convenIi. Bartoli, Sto~ia ti' l''ghilte~~a lib.I, c. L'Dai-
• .....al riguardo, dice egli, (Giovanni Stow nel/a pref; alla Cro•• ) ODde il
• parlamento.' indusle" a ecnsentìre al re Arrigo la podestà d'alienare i moai-
.. lteTi, fu, percioccbè la real camera ne arricchirebbe in perpetuo..... che ne
• •• gul? Occupate dal re quante era tutto il COli guade avere de' mODllcì e
.. d'ogni altra maniera relisiosi, biaolnaron più le!8'i del parlamento a ordinare
.. .contribuzioni ,dazii e gabelle, che da cinquecento anni addietro: e non molto
• apprelso fu necessario consentirgli altri IllIlidi ; e pRII graDdi preltl.Dle' e
mori iadebitato.• - Vedi a..ati il cap. L V. .
.. eioè.l dilamina"" La G. seua cioè..
370 DELLO SCIS~A D'INGHILTERRA
- doloro cbe il mio corpo .ia seppellito. Percbi .ebbene .0 cbe i beni e i mali di
" qul8giù Don lODO da eontar niente verso hl futura gloria che, ben combatteD-
" do, ri.eleraui in Doi; purela I.oave carità delle volle parole .tnto ehe f. beae
_. 011'onimo mio, tri.t,a alcuna volla .ino Ilio morte , por liman' delll prop<ii
., indegnità e iafennena ; e che la riaba. Dio .i rimeriti di quella cariti t e al-
• tend.te sempJ;l o pregarmi foru do lui io quo) pos.o ehe i yici..... Se ciò faco
_ ciate Co.o che lo farete), oon yj prooda .oll.dtudioo okuoo della mia COIUO'O
•
•
•
di que.ti apaaracclli da fanciulli. oolla cauu di Dio. Ho 6.
no'tormenli ebe mi .on preparati, Non sarebbe do q....ti clpelli bioncbi il farsi
InDi, o da .li porto
queste laae ] predieandc altrui il di.pr...o del mODdo e le yil. citI cielo. Di voi
" poi, sigDora e figlia mia, .i... o e morto Don mi dimeDti~herò mai. PrlBherò la
• misencordi.l divina che .i consoli ed aiuLi secondo la misura de' vOltri ~olori.
.. Voi fate similmente, e mal5imequaudo sarò in quel punto. Dicono cbe ci h
• IO!itre Biorni; però 'f i mando per testamento il mio Roa.rrio.•
I da Carlo: _ da Carlo 5UO nipote•• G.
I al ntatrimonio: • al matrimonio suo.• G.
5 Capaccio: Chopuys.
a flUsero rlcordali, ofalti da Cesare. Non è <biaro: il lat. b.. _ dilUII
l
"
• Clall' allO suo gndo J per farai compagni de'suoi lervi; e che ave•• 3.u10 I nebe
D l. debol.... di d.re oreeebi .U. lor dichia...ioni d' .more. M. se .U•• i .rn-
D .ta ... qni, o.i .bb.ndon.....n'impulso del licen.iose desiderio, Il qllesta
• unii. quisliont, cbe mai non ~i potrà Iciogliere. I ricordi del auo proceno e con-
• .,.indmenlo SODO peri li , forlt per opera di quelli cbe ne rilpettarono la memo-
• Ti.: e il DOllro giudicioè tenuto .ospeso tra le cODtradiuorie rappreaea'uD&e:
• de,Ii .mici" llemici 'lIoi•• (Trad. del Gr.,ori.)
I tllli 9 di mllggio: • •lli diciannoee di mISgio•• G. - e ben., per·
cbè Uht. ha:. decimoqlUlrto calenÌlas iUllital.•
a B comandò: __ comodo.• .G.
• Lilllb,utI ti" Autl: • Lillbetta &glillol. dell. Bolen•.• G.
• dtl Altlttl coltflUtI: • Ayendo Ann. il f.llo eonfuso, D G.
I ",olli o,.dini: • certi ordiDi J Il lra gli altri•• G.
, AI'Bmll,.ita ec.: • )' A..emaril, il Credo, i ComaDdamenti.• G.
8 che Itel IlIgrllmtlSlo: • cbl il ngrom.nlo deU. Ell<llrisli., il 1..... 11·
ItanwmeDto è.• G.
JJ.
374 IIELLO SCISMA D'INGHILTERRA
S Alche: • Aschio .• G.
LlBBO PRIMO. 378
vincia posta Illevante: I nella quale, perehè s'era per le nuove
graveze e per lo troppo caro risentita, e in altre ancora, rece
crudo scempio: 8 in Londra, di Tommaso Fizgarreto, oOQte
di Gbildar' in Ibernia, con cinque suoi zii, fiero a spettacolo.
Nacquegli alli 10 d'ottobre 1837 Adoàrdo di Giana Seimera,
trattole di corpo per forza da' eeruslchi, onde ella mori. a
XLII. Papa Pagolo terzo vedendo Arrigo aver gasU-
gato Anna, pietra dello scandolo, e dichiarato di non voler
seguitar Lutero, e tanti popoli sollevati abborrir questo sci-
sma, e per le morti di Caterina e di Giana lui sciolto ;sti-
mandolo ravveduto, soprattenne vie più l'eseouzione della
sentenza. E di parere dello imperadore e del re ai Francia,
mandò Reginaldo Polo, ratto poco prima cardinale, 8UO le-
gato' in Fiandra, per trattare di luogo vicino, a lor nome, di
ridarlo à fede cattolica.e Giunto a Parigi, accompagnato da
t spe.""": • Natri.... G.
, c"",,/lI: •• c....lIo.• G.
5 .. aodo,.,,: • per sed.r•.• G •
• ..l au<> l'"'Bo: • al luogo ouo•• G.
S "olt"toai atupofidto: .otapefauo voltatooi•• G.
8 i"; fi" • qaivi fu•• G. .
, fu tr"tlo : • fa opiDto•• G.
8 ,,"nde, b"r"Uò,/ora",ndo 'c.: • nDdè , ceDll, barattò, • altri cODtralli
fece, fornodo ee•• G.
382 DELLO SCl.1lA D' INOBILTEBB&
• abbino: .. abbiaDO•• G.
I data .•. por mORiio: .. ob.. f..... per...lia <ba. • Go
S archilalt<> r .. arcbiteUore.• G •
• poco fa r .. poco' prima.• G.
l, O,It' cOla: • MaQIDiec.... G.
6 Gi.dla: il dIXato di Giulie .. ; J,.ilacrlm.
LIBRO PRIMO. 383
figliuolo barone: e cinqoe giorni dipoi si fece parlamento in
Londra, dove Cromuelo era il tutte ,' e fece' dalli stati vince-
re, che si stimasse il valsenle d'ogn'Qno,e se ne desse al re
. qoaranta per cento; cosa non mai, udita (e non era ancor
l'anno, ch'egli avea svaligiato le chiese); e che l'ordine de'ca-
valieri di Rodi. nell' isola onico, si spegnesse, e il fisco
pigliasse i beni; onde Guglielmò-VQe&1on, loro gran mastro,
se ne mori di dolore.
XLIX. Furono presi Voilson dottore e Sansone vescovo
di Cieestre, per aver fallo limosina a certi prigioni che
aveano negato a l'autorità del re nella Chiesa. Riccardo Far-
mero ricehi98imo cìttadino di Londra fu condannato per lo
medesiDlo ia taUi i beni, e carcere perpetua. Giovanni Ne-
vello cavaliere a &pron d'oro, perchè cattolico era, e grali~
simo all'universale, fu messo a sospetto, e mentre giocava
col re, Cromuelo, così convenuto, lo invitò a cena; quindi
fu incarcerato, e a ghiado morto. Ad un nobile uomo, asso-
Jato di pena della vita, assente Cromuelo per la gotta, ve-
noto a ringraziarlo, 'disse: Il RingraziaDe i miei talloni, che
s'io v'era, tu sentivi altro suono, scìagurato, Il E perchè
molli altri non gli scappasser dell'unghie, fece fare una leg-
ge, che di maestà danneggiata si potesse condannare qua-
lunque assente, e non udito da' dodici. Bello fu che' egli
appannò nella sua ragna.
L. Anna di Cleves venne a noia ad Arrigo per molle
cagioni. La prima fu, che all'oltima dieta di Smalcald egli
mandò ambasciadori a chiedere approvazione della religione
anglicana riformata, e non l'ollenne: quelsoperbissimo a ani-
mo se ne sdegnò. La seconda fu, che Cesare pa88Ò di Spagna
in Fiandra per la Francia sicuro e carezato: eIl Guantesì
tumultuanti gastìgò , e mise il doca di Cleves in gran sini-
stro e lerrere: e Anigo ia pensiero di rappattumarsl con
Carlo. La terza, maggior 'di tutte, che, per esser Anna tede-
sca, non saper la lingua né i modi di Inghilterra, non di-
lettava né attraeva il re. Onde egli pose l'occhio a una Cate-
rina Avarda, I e deliberò torla per moglié; e Anna uccidere,
o rimandare; ma prima gastigare Cromuelo promovitore; e
con Roberto Trogmortone suo nìmico I cercando sue macca-
telle," sovvenne, che avendo i protestanti nella. prima dieta
di Smalcald fatto convegna di prender l'armi contro a Ce-
sare, e Arrigo' promesso di sottoscriverla, e poi variate le
cose, promessoa Cesare di no '1fare; di nuovosupplicandolne
l protestanti, ed ei dicendo non voler a Cesare mancare di
fede; Eromuelo, o per segreta commessìon d'Arrigo che te-
mea di Cesare e gli era caro vederlo impicciato co'Tedeschi,
o per quei gratuirsi, la sottoscrisse in nome d'Arrigo: Ce-
sare gli sene dolse,e la scrittura mandò: il re vergognan-
dosi, disse, « Cromuelo averlo' fatto senza sua saputa. Il E
senza dargli le difese, forse perché ei non gli squadernasse
in giudizio le commessioni di questa cosa e dell' altre, alli 3
di luglio, in Eborace, in consiglio del re avendo Cromuelo
mosso certo ragionamento, Tommaso Avardo duca di Nor-
fole gran marisciallo, zio di Caterina, che il re volea spo-
sare, interrompendolo disse:'« Di questo parlerem poi, ora
bisogna trattar di te, scelerato traditore, che hai rovinato
questo regno: vienne in carcere i » e toccollo con l'usata
bacchetta: ei non mori e non rimase vivo: e per necessità
seguitatolo, fu in su la porta corampopolo consegnato al bar-
gello; e per querela d'Arrigo, da'tre stati, il decimo di, per
quattro cose, eretico, fellone (che comprende ladronecci,
omicidi e altre lordure), traditore e barattiere, condannato e
dleoìlato r" in compagnia, per più vitupero, di Gualtieri, ba-
.. tirai, da se medesimo, che pur Del suo libro de' ucnmenti contra Lutero,
• provando la mooarchi. dell. chies. univers.le co.tiluita nel rom.no pontefice,
• e dettone che avanti di ribell.rle quel ..dizioso .posCata un' parte della Ger-
., mania, l'Europa l'A.ia l'America, quanto avei di cristianità il mondo, ricono-
.. 'ceva suo capo e monarca il sommo pontefice e la chìesa romani; nè la Imistl-
• rata 10nUDan•• de'luoghi, e l'erme solitudioi, e 'I terribilissimo oceano che li
• vedeao d...utì , logliev. l' .oimo e la pietà .' fedeli, sI che fin dalle Indie; fin
.. da capo al mondo, per attraverso mille disagi e pericoli, Don veniue.-o a sei-
• lometter le teste, e professare ubbidienaa e suggezione alla santa lede di Roma,
... come I madre t- mUltra di tutti i fedeli: lnfèrisce e concbiudeappunto cosi: -
• Dunque se un' taola poleslà e sì ampiamente difFusa, non l'ebbe il pootefice
" per commessione di Dio Dè per consentimento degli uomini, ma egli a .iva
" fOTia la si è usurpata, dicami Lutero, se il può, quando s'accinse il papa il
• nn. sì graode impfes. di suggeuarsi e di possedere il mondo' I priDcipìi di
.. UDa lÌ l~rmiData potensa Don p OSiODO essere occulti, massimamente le ciò è
.. avvenuto da poco in qua (come presume Lutero) e li memoria di poco men che
.. gli avoli nostri. E a' ei vorràdire questa esser cosa d'uDa o al più due età,
N apriamo le iSlorie, ed egli sopra else ce ne appunti il millesimo. Ma s'eli. è di
.. così antica origine, che la memoria del quando 5' incominciasse le li' è dìle-
• guaU e perduta, diari luogo .1 dispor di lutte le leggi, le quali vogliono che
" j diritti la cui dUTazione e possesso oltrepassa di tanto il raccordare degli uo-
.. mini che Don se ne può rinvenire il principio, s'abbuno per legittimamente
• fond.ti: e coosentimento di tutte le geDti è vieure il muovere quel che lunga-
" mente è durato immobile. Per certo chi rivolgerà gli aDDali, vi troverà le più
.. delle' chiese del cristianesimo, incontanente da che il mondo fu in pace, avere
"' ubbidito la chiesa romani. - Così egli, mentre sano di mente, ebbe vivi e
• vOSghianti in eapo i due lumi dell. ragione e della fede••
. ~ d· eresie r .. di resie. ,. G.
I lo li P,OIUIÒ, gliel protestè.
5 /.. Esala, cap. XIV, f3 e segg.:. E pur tn dicevi Del cuor tuo, io salirò
• in cielo, io inna)aerò il mio trono sopra le stelle di Dio ee••. Pur sei stato ca-
• 1.10 nell' inferno, nel foodo della fo.... Quelli che ti v~ranoo,li riguarderaano
• e ti ccusidererauno , dicendo: e eostui quell' uomo cbe facea tremar la terra,
• che scroJbn i regni' ec.... Tu non sarai aggiunto coa coloro nella seppol•
.. lura; percioecbè tu bai guasta )a lal terra, tu bai ucciso il tao popolo eco•
a ,.oglio/,. di Lodovico: • e moslie prima di Lodovico ... G.
LIBRO PRIMe. 393
di Francia I e poi di Carlo Brandone duea di Sofl'olc, e alla
sua stirpe: con disegno, 'come poi si vide, che, se Odoardo
mancasse, succedesse qual folJS6 maggiore di quella stirpe, e
non d'Arrigo' ottava,'
I • nOli ti' Arrigo Ollilvo: _ e DOD le6SliDO!e d'Arriso ottno•• G.-Ecco
il .i,lnllo'cbt De Ca il Dartoli•• Gio".ae, 011'" ad 0SDi comparuioDt, bel10 Del
• sarbo dtl10 ..ila e Dell' om.bilil~ e st•• ia del ..olto: c.".liere, in prod....
• d' ilrmi t iD ayvenenaa I maniere SeDlili, UDa mnaYiglia al suo tempo: prin-
cipe, per .alor d'animo, di gran cuore il Brandi imprese j t; d' usualmeDteIraD
• senno per Datura, e prudenu d' Icquiato~ amlD\e della virtù iD cui che si fosse;
mnuDenlo", de' lellerati, letterato .Dcb' 'Sli a di sublime iDsesno: 6n.lm.nte,
• '" di più p.rti d. '" egli 1010, cbe piÌl .ltri insieme da' luoi massiori : a ciò
• ID IlDa IDf!bilteria, aVY'I&1 a coatata. più di q_SU che ODorano la coroni.
• reale ritt~ t Ddol a I dII: " Ii ne ric:eyeasero ODore porlandola.:Ma quello iD cbe
• Arrigo IOpUVJ nlO og lli altro suo Pregio, fu l'e~arft reliSiolillimo e deUa cal.
• lo lieo red••l tenero e d ..lante, ebe U.ciID c.mpo '. dil"Ddula, colla "p"'d•
.. ,le. uo,1 suo .esn o , e Cuori d' ...0 Dul10 m'D pr06tlevole coli. pODn ••••• Co.1
• an d lo,,, m. nlet:. d. 1l0 vii. d' Arrigo,60ril. di qUInto h belle.nd'.Dimoe
~ di corpo. ~h dolI' in felice punto cb. lo Boleno il prese io .mor.,.d 'Sli, collo
• alcJlJpt u b alel1le iDfuocarsene J siUDJe il perdere 'D lei il cuore &no agli spa-
,. limi, e 'l IeaDO 6ne aìle pasaie, DPnè agevole I dire, se più difforme divenisse
• nell" aaimo per i ..iaii, o D.I corpo per la .Co.m.ta sn.....~ •.•• S •• li dìre , cbe
• • bilanci.", I. lue p....le virtÌl co' viai;. ne' qaali aDdò possior.Ddo Gao 011.
M morte, quelle, come aD Dalla, dilpoioDO iDDOIi.i o qDOlli• •
-
394
LIBRO SECONDO.
REGNI DI -ODOARDO Ji: DI MARIA.
SOMMARIO.
I. Odoardo d" Arrillo e della Seimeira, fancinllo novenno, IIridato re o
vicario di Cristo. Odoardo Seimeiro, zio del re e protettore del regno, empio
la corte d'eretici c caccia i cattolici.-lI. Fallci"'lezza del re abnsata d.gli
eretici. Predieasione .' eattqliei vietata. M.eetri d' err"re corrono d. ogni par
tè. - III. I pubblici studi avvelenati. Gli antichi e buoDi maestri cacciati ...
derisi. Teologum chiaDII.t.i.-:-l!t'. MUltin Bacero , Pietro Hartirf.e Bern ....
dino Ocbino dati e111l primarie UDivenità. Lwo ..ode e resie. La bibbia tra-
dotta, corrotta, e data alle diJputazioDi de' privati. Ateismodel Bucero t e mol-
lilie del M.rore. - V. Stati guerali a dar forDII. alla uuova religione. L'arme
del re posta invece di s,.nti e madonna. La messa 'vietata. Sacra suppellettile
dispersa. La liturgia vclgare. - VI. Il popolo più al buio di prima .. Guasta-
menti della messa, -- VlI. Il parlamento decide in cose di lede. Caso di Matteo
Barrone. Alcnni ripentili.- VIII. L'el'esiil .llaga l'isota. Pietà di Maria e
lermezza nella lede. Visitalori insolenti e predicatorelli eretici pel regno. Ce-
libato de' preti insidiato, nè invano. Adùl•• ioni laide degli eretici al 1'& e al
protettore. -IX. lzie donnesche tra la Parra, stata regiaa l e la Pr~ettora,
che era, passate a' mariti, e finite col ..ngue. - X. Que di CoMlovaglia e ,
Devonia pigliano le armi per la lede, ma senza efletto. Altri movimenti di po-
poli. Il Protettere, insidiato dal Dudleo, barcolla. - XI. Discordie tra .u1i
eretici, che si brucian tra loro.- XlI. Il parlamento dichiara legittimi i
filliinoli de' preti, contro il popolo che (Ili vuoI bastardi. Lo spieito di Dio ri-
svegliasi alquanto. Serie disput•• ioni de' più dotti cattolici.cogli eretici, con
vergofflll di qnesti. Molti insigni corrono a salvare la lede nell' esilio. -
XIII. Il Polo in Roma, dove concorrono altri esuTi ilInstri. Elezione di Giu-
l
lio 111.- XIV. Abominazioni de' vescovi eretici, Proietto Gardinero, Op-
pero e Milone Coverdalo, - XV. Pazzie ereticali anche uori ; e segni IO
Inghilterra d'ira divina. - XVI. Latroueggio legale sulla moneta. Sollevamento
di Dudleo, e rovina del Protettore.- XVlI. Macchinedi Dndleo per larsi re.
Maria salvasi dalle sue insidie, e, morto Odoardo si proclama rocina.-
XVIII. Giustizia di Dio sulla stirpe d'Arrigo. Giana eÌi Suffole pubblicata relli-
na, Francesco Inglefìldo, Speranze del Dudleo: lallite. Dichiarato traditore,
preso e morto. Tutti corrono a Maria.-XIX. Maria entra trionfante io Londra.
Reslituiace al papa l'autorità. Sne grandi opere a rivocare la smarrita lede nel
Regno. Cranmero bruciato vivo.- XI. Si riaprono le chiese: ripialiasi la predi-
eazione eattelica. Reginaldo Polo legato apostolico in Inghilterra.- XXI. Con-
Iliure contro la vita della regina. Ridicolo trovato degli eretici per sollevare il
popolo. Scoperti e svergognati. Matrimonio di Maria. Venuta del Polo. Parole
sue e del vescovo di Untinton al' parlamento. - XXlI. Il legato apostolico'
assolve solennemente il parlamento, chiedente ferdono. - XXllI. Savi prov-
vedimenti a rassettare le cose della religione ne regno. - XXIV. Morte della
rcgina Maria e di Beginaldo Polo.
I Co.. r • COllO.• G.
I d· 4r,.igo l • d'Anivo che vi.,vano.• G. .,
S i"B'g",m: _ ing!gnetti cnriosi. _ G•
• porlati di G.~mania : • portati di 'GermHlia di DIICOSO•• ,G. ,
• Il c.. ~lalo~i 'gi,.lla~i• • Era miracolo d'ogni di, nllcere, quasi dissi
~ per le piane, i mautri in divinità come le rone , .. pat~i; peroocbì chi ieri
• Ira nulla più che grammaUco, oggi naSena di sì .!eISO teologo, e domaui
• .altava a gracidare ÌIl cattedra mlutro , o predicatore in pergamo•• Bartoli,
Slo~. d.lr lngh//., lib. I, cap. I.
e Scoli. • In quei tempi furoD mes.i.in ridicolo da Era.mo talti i s06-
• 'lici, nel numcro d.i quali SOno add.tati gli Alberti.U, gli ScotisU. Vedi St"l.
• liti.. la.,. p. {87. Bal//''''. • (Nota dell' edi•• Livornese.)
LIBRO SECONDO. 397
giocose, I portandoli nelle bare per la città in piazza e fame
belli falò, cantando la vigilia.·
IV; Non per tanto questi teologi a da risa e da ciance non
movevano" a nuova fede i giudiciosi; onde convenne chia-
mar eretici di più nomèa:. Martino Bucero I tedesco, sbandilo
in Argentina; e due italiani, Pietro Martire e Bernardino.
Occhìno, e altri simili sfratati, che nelle sinagoghe aperte
loro in Londra faeean correre cortigiani, mercatanti e fem-
mine sacciute alle nuove licenze, alle dolci lingue d'Italia e
Francia. Ebbero Bucero in Conturbia, Martire in Oxonio le
prime cattedre con gran salari, e seminarono (chi ne dubita?)
negli animi. semplici false dottrine della predeslinazione, del
libero arbitrio e del fato: e e accesero i curiosi a disputare
delle cose grandissime: e sotto spezie di libertà cristiana in-
ducevano vita licenziosa e opinioni empie, de'santi, de' sa-'
gramenti, degli ufici in volgare, storcendo i sensi delle scrit-
ture. Ridevansi delle confessioni, Penitenze, astinenze da'ci-
bi, osservanze di giorni. Affermavano Il i concili degli antichi
padri e santi dottori aver preso di grandi errori, essere stati
oomini; e santo Agostino aver composto un gran libro di
sue cose rìdettee" i deta della santa Scrittura, e non i loro,-
doversi adorare. li Ma scopriamo no'i 8 qui la fallacia. Noi non
diciamo, che quei vadano innanzi alla Scrittura, ma doman-
diamo, chi si dea credere aver meglio dichiarato la Scrittu-
I esequie giDcOle: • gieeese esequie ... G.
I cantandD la vigi/ia:. cantando loro la vilia .• G. Lat.: • cllm can-
tibru /"GrJJribus• • E questa fu ioytoziooe e opera forestiera, cioè della Germa_
• Dia, dove già il corpo de' sacri eauoni , COD appunto le mede.ime e&equie da
.. beflè, li enno ani e lottenati I .. Bartoli, loc, cito
I teologi: • teolosastri.. G.
• moveVano: • ismevevano... G.
I Martino'· Bucer» ... Pietro Martire . .. Due infelici Ifratati, apostati
• dalla re1iBioDe e dalla Cede cattolica; vecchi ianamcrat', e DOD meao daonoiÌ
• all' onestà veduti, che alla Cede uditi; COli era in essi la vita Don meno sdruc-
• ciolante e lascibile, che la lingna. Fuvy. ancora il ramoso Bernardino Ochino
• a ",eodt:ni le sue Jreticbe CaDtasi., ne' circoli in piana terra e ma Don pUDtO
• mene pulilente degli litri due, i qnah Ipacciavano le loro con più maestà
., dille cattedre, como d'in lu'l banco •• (Bartoli, Sloria d'Inghilterra,
lib. I, cap. Il.)
e e de/fato < • ciel rato. G.
, ride"e: • lDal delle .• G. Acrcnu al libro delle Bitralta.ioni.
8 Icopr;anto IIoi : • lcopriamo•• G.
Il. M
31la DBLLO iClllIl! D'Il(GBlLTBRBA
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.f06 DELLO SCiSMA. D'INGHILTERRA.
• Cope"dlllo: • CODvordallo•• G.
I lopoill. La stampa del Facciollo o lo allro,f'l..olo. Il G..mha 10.010;
e dee dir così. Lat.: .. taraq,&am ... Ad e.b"Jam.•
I Poi.,,.,: • Proselto•• G.
I Domll7ldllto: • Oede dOl1W1dalo•• G.
I t"oppo "icc!uull. Vodi vol. l, paS' XLV, l' anorto".. del Colombo iD
Dota, • la eentreneta a questo luogo.
DELLO SCISMA D' INGBII.TERRA
t Part,.igel": .. Partrigrio... G.
2 Stannoppe: q Slanofio. ti G.
5 .A,..ri~o dtcca di Do"'ced,.e~faUo di SoJJòfe: tI Arrigo di Dorcestre, fiBo
duc. di Solrole•• G.
, e la maggiore: N t G iaea la maggiore. JI G.
u. 55
410 DELLO SCISMA D'INGHILTERRA
prigiona. Già vicina, l fu avvertita che il re era all'estremo,
ed ella in pericolo. Ritìrossì in Framingam', sua- rèeea Don
forte, ove in capo a venti di seppe la morte certa del re; e
eon franeo animo sperando in Dio, si pubblicò a suon di
trombe reina d'Inghilterra.
XVIn. Adoardo sedici anni visse: sette regnò: in di sei-
di Inglìo, eome Tommaso Moro pochi anni innanzi, mori:
segnale che Iddio volle gastìgar Arrigo della morle di quel
santo uomo con questa del proprio figliuolo: e delle tante
mogli, col seccar a buon' ora le sue propagginì.! La morte
d'Adoardo, troppo affrettata, e poco tenuta segreta, non la-
sciò alli due duchi provvedere a tutle le cose. Entrano in
forteza di Londra: fanno giurare B segretamente ubbidienza a
loro e a Giana da un fiore di nobili, e poi dal governatore di
Londra, e da sei senatori de' primi: due giorni poi bandìscon
reina la detta Giana. Il popolo ne rimase attonito, e sbotto-
neggiava," A Gilberto Porto, servidore, ne furon mOli gli
orecchi: Sandero suo padrone, che l'aeeusò, l'Istesso di in
Tamigi, con dar la volta alla barca, fu affogato: altri, per non
aver contro ~Iaria voluto scrivere incarcerati: Inglefildo, eava-
liere callolico e cortigiano di Maria, fu il primo. Il duca di
NoJ1omberlanda si tenea la cosa fatta, perché la nobiltà avea
giurato: il popolo gli pareva dal suo: le forze del regno erano
in man sua:' la volontà del re scritta nel testamento. Maria,
donna, I non sarebbe da' principi di fuora aiutata, avendo con
Arrigo secondo re di Francia, rendula Bologna, fatto pace;
e per conseguenza con la Scozia, la cui reina Maria era spo-
sata a Francesco pri mogenito di esso Arrigo: Carlo Cesare
aveva che far da sé, perché, avendo la Germania 8Oggioga-
ta, e il duca di Sassonia e langravio menati prigioni in
f vicintl: .. vicina a Londra .• G.
t eol leCCar a 6"0"- ora le i". p,.opaB'Ri,.~ : ft (OD 1& spepeR la lUI
schillh Del fiorir dell' etadi.• G. LII.: ne patri. tam Impll ropa,.. uJlu
H
H Iltnt : .. Ero. ,. G .
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U2 DELLO SCISMA D' INGHILTERRA
-~.~
• 'il' ...
419
ORAZIONE
NEl PRENDERE IL CONSOLATO
-
Se mai fu persona che amasse alcuna cosa e la tenesse
in pregio e ne avesse molla cagione, io certamente, vìrtuesì
e nobili ascoltanti, sono il si faUoverso di questa Accade-
mia, la quale primieramente mi riceveUe nel suo seno nella
mia più, tenera giovaneza, t e mi diè prima oeeasione e ar-
dimeBto di correre questo pubblico aringo, e con suoi pie-
eioli onori, quasi madre lu.ingbevole' con dolci pomi, più
volte allora allettandomi, mi accese di sé vagheza.
Peseia, quantunque io mi fossi per lungo tempo acco-
miatato da lei,' aUro fine eercaude," nondimeno ella pur mi
onorò il passalo anno della sua seconda dignità, a ed ora, co-
me voi vedele, mi ha dala la prima con questo bello e caro
vantaggio di succedere a persona a me .amicissima," ,per
,I • Ben COITilpond. 'l''ut. onaione • talle I••h .. opr,e .lII!, ..Ile qll.li
..... p.,I... , per cosi di.. , .1 r. int.nden • cbi .i pea.t,••otliJmul••• Sol.ini,
F.lli d.U· .Je•• d••11I Fio'".Ii.... ", Sl7.
I Conll.. fil IDDi. '
5 SC.tte due .aai ••n.. leggere.
• Cioè, la mer•• tll".
5 Fu .OD.iglie, e e0. Pi.t,o CovODi l' .aDO li74.
6 È q....li ADto.io Alhioai, di...aclented. quel Fran.ucbino degli Albini,
poe~ tOI.lao, Imico del P.lr.... , e ricordlto d. lui eee .&uo, raellendolo in
i._n GuiUooe cOn Cino •• 00 Dante. l'I.cque in Vene.i. dal leo.to. L....
e dt1I1 Gi di Pier Fraac_o Dd Beui.... Fu de' .ett. fOlldl&ori deU'Acx:..
deruia degli Iherali, e vi .i .bi.mò il P.~i.. Seri_le I••il. del ·m.naci.llo
Piero Slroni e un t,aU.to dell. Poe>ia, ricord.to da Luigi Alom.aDi nell' era-
.i..... in morte del S....tli. Quando prtle il <o,uolato,fec...... octID...odlll4
D,.• .ume ~ le"... d;.~ol""li liti ql.llo elM ,.ichi.tle Iti COla i• • • • ".,,4-
Fa,".
(C. Bartoli, I.ttera del 27 Dlar... lli74, pre..o il S.I.ioi, p. 211.) Gi.ub."
ti,ta Stroni, il Cieee , io una leuen. G. B. di Filippo Stroni due: • De.id ..
.. nnda V. S. iutend.. d il nome. qualche p.,ticol.rità dello ..ritLor. della
.. Vita del.ignor Piet,o reseial dì Fr.nri., ..ppi•• he ru _critta ùlMgno',
.. Antonio ~l1Jilli, che nacque ottanta tlDti anni iono in VIDlaia, d••e Luca
"20 OU.ZIONi l'iEL PRItNDIBE IL CONSOLATO
I PiDda,o Dell. prima delle Olimpicbo, ·i.p'GTO~ ~I~ UÒ(,Ip: DIti", .. in·
pe~o t l' .eq ..... Ma DO
oIlro poel. Don .ooaa idogDo:
. Oltima • l'acqua,... J. bo.. Piud.ro.
• mlnl.lro. La .Iampa origioalo del Sal.ioi, Odietre di ossa tutte 'o sltre ,
mo.lro. Eppure' era facile vedere cbe 'lui .cceoDasi alla perifrasi D.Dlelc. . .,
lole, .ppeJl'IO .
Lo mlail!ro ...81.... <I0Il. Il.''',a.
...
NOTIZIA DE' CAMBI. I
,
IVVEanllllNTO. - Nella NtJflot.".. C_I. lIIlI1a r..s_ fI.u• . ....... lIIlI1a 0...._ III
"""'. di C..intD • aoII. dao 0 _ r... 1o, bo ..plio la Ilampa OonnliDa doIl11U1i •
'LaDdi, Dea lo doI_ritU .bo bo palato ..oro IOlt'oe<bio ...........
DOtalo a1l'roprl .... bL
--
La mercatura si è I un'arte trovata dagli uomini per sop-
perire" a quello che non ha potuto far la- natura, di produrre
in .ognì paese ogni cosa necessaria I o comoda al viver uma-
no. Coloro adunque, che le cose cavano ond'elle abbondano,
e le conducono ov'elle mancano, 80n mercatanti; e quelle
, Il 4 qrull. di Dio",etla .Ia· _.di r..... ' '. a quelle di ome di Dii"''''
de•• A.... 'Indie di Dio cii ome. .. B-.
Il M4 4ccor/IoNdoll : ccorgeDdoli poi •• A.• di poi•• B.
Nonzu DS' C1IIIBI.: 0127
si dice nel primo della Politica, I che lè eese non si possono
agevolmente portar attorno e lontano,' per fuggir tanta m&-
lestia, convennero di elegger alcuna tosa che rUllAe comune
misura del valor di tuUe, e 'I misurato col misurante si pe......
mutasse; cioè che ciaseheduna cosa valesse un tantt» di quella;
e un tanto di quella si' desse e ricevesse in pagamento, e per
equivalente di ciascheduna. Elesser 1'0ro,'l'ariento e'I rame,
metaIll piu nobili e pcrtabtll.seontenentì in poca massa molta
valuta. Di questi fecer da prima I catai pezi rozl, grandi e pic-
coli, e gli spendevano a vista;' poi comlnciarOlt& a 'coniarli 7
col segno del comune, dimostrante'lor peso e bontà. t In Roma
fu battuto prima IO ii rame da Senio TuBo, tOP l'impronta
I cA. le Ctue .011 61 po6101l0 ~ te.: • che non tuttele eese li pOllono a,.e.. el-
meDI. porllre, m...imomeDte 10DloDO CII.'I..oglti 10llt..111 B.), per lor ri. qoe-
.la dUlit"ltk, _0_ _ di e!eg.... aa. COla o"" fDIII COIIIlIDe mIour. (t....
..........0 di .1. ._ ''''...,. ".,. eo_e mi"".. B.) dal ..lor di llllie l'al.
tre, cioì cb. d ..cbedana co.a Ce". eì.. ,e",dllll' alt,.. co,,, B,) val.... un tante
di quella, et di quella UD taDto .i d..... rice..e... ia pog.meDlo per lo equir.-·
leDle dllatto (. ".,.Ie 'q..,..,I1.II" di cI~Md_a 8.) • A.
S Et.'H,.l'_, 'C.l .. E qaeala fD oro.lItllUlto.d .ltre eOH .imill, .go-
..oli. portani, fa"Ddo"" da prima ro...m'Dte ceri i peni graDdi • piccoli.• B.
& po,.tahill:. • come più ag...ole • porI are, portando, eco • A.
5 DI q...dl ]ee... , ec.: • De'qaali f_..onoeia prirM certi ptaal rOUCI.nl.
gnadi e piccoli, te•• A;
5 • ,li 8pe.d.~",,0 .. ""'" : maaca ael B.
7 eOlli",./i,. batterli.• A. B.
• dl",o,tr',,"t.: _ dlmo.tnndo•• A... per diJDOIlftrt. • B.
g h",., ....Ic.. e. _ B,
IO f" R.m"fi' b.tt,,,o p,.im", ec.: Cprimler....ente A.) .11 primo che bal-
te... broDlO I.a 1\0•• fD Senio ". ..Uio. do.... f... IColpire WI& pecorai e di 'lui,
di.. PllDio,la poeuai. fu MILa, beaebè V.no.. e Colum.lla dicaDO ....r d.tt.
dal peealio, ciolod..li armeDtil ebe .nDO la riedaeua dogli aaticbi. • B, • dare
.colplo pecora o .lt.. bUli. d.' loro armellli detti p....d.. :. di qai, dic. Pli-
Dio, fu 1. pecuDio appellati; o piUtlosto. secoDdo V.noa. e ColamelI•• dal p"
calia, cioè dagli .rmeDli, .b. 'e"Do 1. ricche •• degli aDlicbi•• A.
~28 NOTIZIA DE' CAIIBI.
°
d'una pecora, altro animale de'loro armenli detti pecude,;
onde fu, dice Plinio, appellata la pecunia, o più tosto, se-
condo Varrone e Columella, dal peculio, cioè dal bestiame,
in che gli antichi aveano lor nlsente. Fo poi battuto il de-
nario d'argentc con questo segno X, perché valeva dìecì.dì
quelle monete prime di rame dette /ISSi; quindi fu poi forse
chiamata tutta la pecunia da"arl. I Tal origine ebbe il danaro,
e per conseguenza il secondo modo di trafficare, cioè del
comperare e del vendere; il che molto chiaro si dice nel
Deuteronomio al.eap, U: Cum autem longior fuerit via et lo-
CUI, ftecpotuen. adCUfl& euncta portare, vende. ornnia et in
precium redigu, portabi.que manu tua, et 'eme. e~ eadem pe-
cunia qutcquid tibi. placuerit. Tutti i mercatanti adonque che
volevan cavar robe d'un paese, conveniva che "i portassero
o altre robe per barattarle, o danari per comperarle. Per
agevolar ancor più e schifar la seommodeza e il pericolo
del viaggio, crescendo il commerzio, si trovò medo d'avere
i suoi danari dove altri gli volessi senzaportarglivi; perché
e' fu avvertito che se voi, verbigrazia, avete qui in Firenze
ducati 200, e gli vorrete rimetter in Lione, in mano al vostro
Tommaso Sertini,' per còmperarne libri; ed io ne vorrò trar
di mano a' Salviati, altrettanti ritratti di mia mercanzia, e
avergli qui, 'noi possiamo riseontrarei insieme; e bell' è ac-
commodarcil' un l'altro, dandomi voi li vostri qui, e fa-
. éendo io pagare in Lione da' Salviati li miei al Sertino.
Questo scambièvoleaccomodamento fu detto Cambio, il
, qoale non è altro che dare tanta moneta qui a ono, perché
e' te ne dia tanta altrove; o la: faccia dare dal commesso suo
al tuo; il quale scambio si 'faceva da prima del pari, per solo
commodo e servigio di mercanzia, onde trovossi.Cominciossi.
.poi ad aprir gli occhi, e veder che dall' un pagamento, all'al-
tro, correndo tempo, si poteva goder quel d'altri per questa
via, e pareva onesto renderne l'interesse, cioè quanti inter-
4 Cioèt d•• llr-tt '1I11f'mi~ ,. 'lIune.." dellll,.io ~ che porta'YIDoimpRllo.
I e redo III il padre di qadl' AI....ndro Se'lini, ehe ledò consolò nell' Ac-
cademi. 6~ ..nIÌD" col nlnnuti conloro. di lui Cintò Lnigi Allmlnni.
Poi Tommuo Sertill, che qneto e piano
De'miglior VI H&UWO i plIsl ., l' opre.
NOTIZIA. DE' CA.lllBl.
t arbitra"ti, speeulatorì,
".iJr
.f3'1
-
Al mollo illustra e reverendo
SIGNOR PIETRO USIMBARDI
BERNARDO DAVANZATI
SÙIII8.
• "."••do: • venendo.• B.
J comes' era: N come e' s'era ... B.
S de] valo,.., • di valore .• B.
• • id.a: • e idea delle cose.• B.• Ari'lot. E/hlc. i, 5, c. 5, e Comeat,
Ma.sopra Dante in 1ihreria Medicea, In], C. XXI. La moneta per sua natura è
duposta ad esser me.o solamente in agguagliaro. ogni mercato •• (Posi. dol
Dav.) • AriatoL' La peeunia, comune misura delle co.o: xowou p.C'rPOY•• (Post.
del Salv.)
I "dop.,."to: • eletto, • M. A. B.
, d"ll' antichttè » • dall' an!Ìchità molto adopento.• A. B. 11 B. aS'gino-
ge: • e amato. ., " Non mancano nazioni cbe Don di metalli, ma li aervano, o
di frutta, come di mandorle amare in Cambaia, cii cacao e di mait. in qualche
I luogo d'America, o di sale, come è nell' Abissinia, o di chiuoceiole marine. Le
r qnali cose se moneta siano o no, quando sulle parole li fusse qui per dispulare,
mollo si potrebbe argemeatando dire;' ma di nomi saria la disputa e non di
cose•• Gallani, Della Moneta, cap. 4.
, ".,. l.gg.: • per ferma legge•• B.
• la dav,,: • h dava volenliori. • B.
" altra .. .. altro.• A.
IO o Y'ramenle: • o vero.• A.. B.
ti ft da,. 10,.0 il vanto, • fece dare ad eui la prima corona •• B.
Il • Ipendevali p,.ima iII pui : .. e spendev3si prima il metallo in, ec... B.
L'A•• a peai..
U l' agg;"gn.: • s' agaiugn~ agevolmente•• B•
.. f""1Ie: • far le•• A. B.
U2 LEZIONI! DELLE MONETE.
d'altro; ella non. sarebbe fuor del suo stato accettata, come
fuor della generalmente 1 accordata materia; nè sarebbe mo-
neta universale; ma una taglia particulare, un contrassegno
o bullettino, o poliza di mano del principe lui obbligante a
renderaI presentatore tanta moneta vera; come già s' è usato
quando, per mancamento di essa, il ricorrere a simili spedienti
è stato salute pubblica. ! I Romani dunque chiamarono i lor
maestri di zecca, i tre uomini sopra l'affinare e batter il rame,
l'ariento e l'oro." Ulpìano, Pomponio ~ e gli altri ammaestrati
nella ragion 3 civile, dicono chiaramente che moneta buona
non è se non d'oro, d'ariento o di rame; onde fu Marcantonio
tra l~tre cose infamato d'aver battuto il danaio dell'ariento
misleale e mescolato col ferro. Dicesi CONIATO DAL PUBBLICO,
perchè rari metalli si trovan tutti puri; onde conviene, per
far le monete eguali, ridurre il metallo ad una fineza, ta-
gliarle d'un peso e suggellarle, per segno 6 che elle siano
leali, senza farne prova 7 ogni volta. Non è uficio questo da
privati uomini sospetti di froda,ma del principe, padre 8 di
tutti; perciò niuno di suo metallo può far moneta, quantun-
que ottima, solto pena di falsità; ma portarlo conviene alla
zecca pubblica, ed ella il prende e pesa e saggia e nota e
fonde e allega e cola e schiaccia e taglia e aggiusta e co-
nia e rende secondo sua legge," A PUCIIllENTO si dice perchè
ordine delle genti è, che moneta si faccia; ma cosi o cosi,
cioè tonda o quadra, o grossa o minuta, più pura o meno,
t generalmente, Manca nel B.
I Nelle atam .' c non è sinl~ssi, per maneansa delle parole qr&"uldo e il ,.1-
CfJ"re"e~ che ho restituite sulla fede dt tutti e ~Te i nostri Manoscritti.
r
s l' ariento e oro .• Trìnmviri monetale« ~,.;s argenti ~ auri flnto-
rei. L. 2, ff. de orig. iur, A. A. A. F. F. et vid, Valer. p~ob. noI. luris aDliq. !
pagoib38.• (Po.t. del Davanaati.) _ • A. A. A. F. F. A"ro. argento , trre I
jlando, feriundo, Vide Bembum in Episloli. Ialini •. » (Post, del Salvini.)
• Pomponio .. .. Pomponio nelle P.nd.lIe.» B.
S e ,li alt~i ammaestrati.. ec.e "e gli altri nella ragioDc civile ammae-
strali ... A.
6 per segno .. • per sapeni•• M. A.
'1 sen7,afarne propa: • lenu farne la pruova.• M. B-
a padre .. • padrone•• M.
9 Nel M. l'aulore pone in Postilla il.eguonleluogo del Boccaccio (Dee. IX,
~, n. 3), credo a conforIo del poli.indelo che ricorre in questo periodo. • E per.
dò è da guardare e come e quando e con cui e similmente dove si mottesgia ••
LEZIONE DELLE MONETE.
d' un' impronta o d'altra; d'un nome o' d'un' altro; questi
sono accidenti rimessi nel principe: basta che egli non toc-
chi la sostanza ove non ha potere, cioè non faccia moneta
che de' tre metalli, e non le' dea I mentito pregio, come sa-
rebbe.se'in lei, cimentata, non si trovasse tanto metallo fino,'
che al nome datole corrispondesse;' onde il popolo ingannato
sotto la fede pubblica che 'l. dee difendere, dir potesse- come·
il lupo a' pastori che la pecora si mangiavano, Il s'il facess'io,
voi grideresti accorrnomo, e leveresti a rumor la contrada. »5
Dicesi FATTO DALLB GENTI PREGIO E lIIISUR.l DI TUTT& LE COSB,
perchè cosi d' accordoson convenuti gli uomini, e non Per-
chè tanto vagliano di natura questi metalli. Un vitello natu-
rale è più nobile' che un vitel d' OTO, ma quanto è pregiato
meno? Un uovo ch'un mezo grano d'oro si pregia; valeva
a tener vivo il conte Ugolino nella torre della fame ancora
il decimo giorno; che tutto l'oro del mondo noi valeva-.Che
più a nostra vita' importa che 'I grano? nondimeno diecimila
granella" oggi si vendono un grano d'oro. Ma come è ciò, che
cose per natura si valenti' vagliano si poc'oror Da che radice
dipende che una cosa vaglia tanto più e dell'altre, più tosto
che tanto; o tant' oro. più tosto che cotanto? Domin se ella
fusse questa per avventura? Tutti gli uomini travagliano per
esser felici, la felicità credon trovare nel sodisfare a tuUe lor
voglie e bisogni. A ciò fare ha la natura create buone tuUe
le cose terrene; tuUe queste per accordo delle genti vaglion
tutto l'oro (e con esso intendo l'ariento e 'l rame) che si
travaglia: bramano adunque tutti gli uomini tutto l'oro per
comperar luUe le cose, per appagar tuUe lor voglie e bìso-
,,
'tJ
LEZIONE DELLE llIO"IlTB. U7
naio aIr-ot(imoariellce, altri che ne! C9ROsca 110ft le-fltima; t
cosi fece" 'I grati rifiuto Esa8~ e 'J gallo li' Es&po lasciò i'
,gioielle.' P:et' lo cootr.al'jo Apim, dliam8.'W da Plinio' fogrra
fiflMldolatiAsima,4 oolllRifioM o mese d'oro fii manice, e ve-
dulosi rimanere.eoR 4Hl quatto lfi milione,' per 00ft meulare,·
seeoade lui, ,8' ...v~eoo; e fo questo, dice Marziale, il P"'
ghiotto boccone ch' ei trangugiasse. Arislotite di miglior gu-
sto C91Df>llr.6 poehllibri di SpeusipJlo,filO!l6fo mortosì di que'
di, venti mila .dogeBcinquanlà ducali del sole 7 (io tiduoo
~ aBtiehl tMentiAecondo il BtIdeo Il questa moneta' per piu
tlllilll'O paiUre); e Aleseaollro MagflO quarantetto mUa' Il loi
ee diè pet' 'oomperre la storia degli animali; e Vergilio
de' nrfli .entono, ~he nei seAto dell' Eneida piangotl Yar-
oeDe, D'ebbe dieci AeAterzi dell' uno, che for tutti 'fiori Ili
CfWI,tt'I'MDlla degellleioqoallta. Vasi, pietre, statee, pittore e
altre ~ideze;89iMstate cemperate dismisorati IOpregi dalla
llUperbia emaRa, percM ooloro tanta parte di Iorbeatitadiae
trovat~inque~ cile ler vale U 8 quel tant'9ro.Similmente
gli ileeioi del Pera barattavan da prima a pezi d'oro uno
spedrio, un ago,n un SMul.glw; perebè di questi a lor nuovi e
IM.ravigtio&i faeev&R più festa, e più beatitudine traevano i l
elle di que,II'~oond' 14 abbondavaDO. E quando tolto l'oro di
~ contrade sarà Befte nostre vereato 15 (chè tosto avverrà
seguitando queste ricche navigazioai, che cpwinc~e l' an-
I .. Itri che ,,01 eonoec«, ec.: _ d••Itri eh, ,.et DOD .,.1101<>1 8011 li .li.
ma. -B. .
I CoI1 fec •.: _ però fiCI•• B.
, Il ,w;ello: _la. gioia •• B. '
• 'f.ordolatl'd.... : • prO,,".dlla•• U,
5 di mi/ione: _ di milione solamente.• o.
6 illelltqre: • patin stento.• B.
7 pe"tl mll.. das.ncinqua"t.. dacat; <lei •• 1., _ seMi .. A" • t800 fio.
rini." B.
• io rid"co~ ec.:_ i ridueo i .eterà ...noltra moneta .• 1).
I q"ora"tottD mila: _ 480 migliaia•• B,
o 40 di.lmlluratl: • di smisurati, • A.
'II, Ptl~~ • vùa.... A. B, M.
n ",,)a80: • ali aglio •• A. B,
.3 IraCW4no: .. senti1'iIOo.• B.
. , 0''''· I •
oDdtelii. • B.
U ,erI4Io: ~ caricato e raTe.eiato.- D.
,U8 LEZIONE DELLE MONEtE.
pegno doppio per tre anni sensa coste, Ben si 'dee t dlinque
tener gran conto di questo vivo membro della repubbtica, e
'guardarlo da que' maloriche 'd lui 'mlll eustodito si lIOgliono
ìngenerare, Calsità, monopolio,simonia, usnra, egli akri già
sgridati è noti per tetto. Pero io, lasciati questi, d'un 'sol ra-
gionerò, non rosi avvisato, e da' principi' trsseurato ; cioè
l'andar essì la moneta ogni di peggiorando: clel qual male
-da 'mostrar è fa 'raffice, il danno, Io-seandolo, il :rimedio, e
con qaesfofinlre.
Radice di queslO,eo'lDedi t..ti illllili,llÌ è la mzpidigia,
'la quale del pegg;ertlr le :monete ba meme occasioni 'e8CllSe
-avote; ma questa e la smana,' ehe ,.settala moneta di
·zeccàperl0 molto maneggilii'eè contare, 'C6I tempo, eUacala,
'o -een maI'arti li' è levato; illcilUDO, U'ft 'grane': il :popolo di
'Si poco non se n~ avvede o t:nl'll, 'pild' 'e1l'àpar cOlTe: 10 mal
monetìere di'tle a signorso,· '«Dacbe là lDOneta tua corre
leggicra 1 DD grano, meglio è guadagniarloti tu, aali eh'al
tro la tosi; D cosi la scema nn grano: ·Ie:Ieecbevicine, ciò
veduto, sceman la loro aRtesi; indi a eerto tempo.ai torna
alle medesime, e' scemasi 'un altro :gl'lllDO, e poi un altro e poi
altro e altro: tanto che in tuU' Baropada sessanta anni in
qua questo tarlo ha roso e oltr' al terzo di questo membro; e
cosi seguitando, prestamente lo condurremo 7 a niente, o ve-
t'8meote a que' cappelli dtaguti, che Corse eran le monete del
1etro che Lìcurgo diede agli Sparltni.11 danno è manifesto, 8
-percbè quanto la moneta peggioraebe di lega, 'che 'di peso,
&ante scemano l'entrate pubbliche e i credili e lefacoltà
'de' 'priVllli,pérob"in tanto 'IDen -oro o al'ienlo si,risquotono;
e chi meno melàllo ba, menocoee, che SOB li ''''eri 'beni, può
eeBJperare,; perché sempseavvìene che non Si tosto.la mo-
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LEZIONE DELLE MONETE.
l Nel B. manco.
i la I.brrtà: .. la forza. H G.
:5 jiate: • Tolle.• B.
...'III";';.' ".giOftlDI;.. ]h
I lo du.o d""l'l'0 l' e Ie \1- ..iri~.. D' !l'.
6 e »e 10rtO i principi in po.fst$$.io1le: CI e souoe i prinripi in lieUU l'tU-
,ustone•• B.
1 dispnìnr co' mnrstri r :. entrare tra i maestri, " D.
4:sa LEZIONE DELLE MONE'rs.
H.
.f1S9
ORAZIONE
• fi••amente: • Snmente, • A.
I fine artrfice: • fidi arteSci.• A. B. H. I. L;
a di b....o I~BO ed amile: • di II10go b...o et umile. • A. B.
• c"e el: • cbed eì • A. Icritlo, • dle dei. • '
a opi po': • ogni poco•• A. B.
6 Vandac. COI;mo: _ sran. Cosimo.• B.
, lodarla: • lodar lei•• A. B. C. D. H. L.
8 c,,:
agovol co... (6_a: • cbe nrebbe agnol coli•• A. B. C. D. H. L.
8 ma' più ," • m~i . • B. ,
IN MORTE DEL GaiNDUCA COSIMO PRIMO. .461
reali, che v' ha il granduca Cosimo portati entro. Or se in
Grecia eontrastaron sette città, ciascuna vantandosi d'esser·
patria d' Omero]Fiorenza mia, quant' hai tu maggior vanto,
che patria sei senza contrasto, Don d'Omero cantator d'eroi, l
ma di quest' eroe degnissimo d' es~r cantato da molti Ome-
tiT Similmente, la famiglia de' Medici è ampia, nominata I e
chiara nel mondo, come stella folgorante nel cielo; ma la
virtù e modestia di messer Salvestro, la grazia popolare di
messer Vieri, la richeza, la· magnificenza e la prudenza di
Cosimo e S Lorenzo vecchi, la gloria dell' armi del signor
. Giovanni, e gli altri lumi di questa casa tutt' insieme non
fanno questa gran face che vi ha or accesa il serenìssìmc
Cosimo. Tre romani pontefici, una reìna di Francia, 80n
quasi lampo che subito muor con loro,~ e non rimane in casa
perreditaggio, come fa questo chiarore di granduca di To-
scana.
Nel 800 nascere si viddero molti segni ed agnri delsuo
principato; ma io quel solo' che fu noto a ogn'uno, e gran
dir se ne fece, racconterò. Nel Mugello, per allegreza di
questo figliuolo nato al signor Giovanni, i luoghi suoi fecero
i fuochi. Il Giogo e gli altri luoghi de' Medici nella monta-
gna, ciò vedendo e noll'altro sapendo, gli fecero altresì
grandi. La Romagna fiorentina veduti questi fuochi di verso
Firenze, per Don errare gli fecer maggiori. Cesena, Faenza,
Ravenna, e tutta la Romagna del papa, vedendo i Fiorentini
far sk gran fuochi, pensando che papa Lione, che fiorentino
era, avesse qualche grand'allegreza avuta, gli fecer grandis-
simi. E cosk dal Mugello infìno al mar Adriatico·si fecer i
fuochi Della nascita di questo fanciollo. Quelle tre cose che
molto convengono a fanciullesca etade, belleza, gravità e
.r
I .OD Om.~o, ec.: • Doa d'Omero poeta uDtator degli eroi. _ A. B.
I .omlnata: • Domala. _ A. B. D. G. H. L.
'u.edi._A.B.
• cii•• rlblto mao~ co.. loro: • ehe COD lor muore. _ B. - _ che eOD loro
. labito muore. _ H. L. -SebbeDe io teuga queata orllione ..ritta eOD lutti Ja a..
rietà e grnilà I eeademieal pure DOD può Deglrai che '1"ute lodi DOD "ppiaDo
auai di colia.
, ma lo quel.olo: • de' quali quel 1010. _ B. __ ma io quel 1010 che CII
c!Uarulimo. - L. - . Dotiuimo. _ H.
39'
..62 OIlUIOR.
• ,n q_e".
./ld",1 "utrl 1M ".fJÙ"._to: _ «Ii _alai ..oatri .oLili di
qualo aobile "gioa._DIO. _ .... 11.C. H. L.
II. ,,"d.: _ lor guid•. _ A. B. C. L.
, belli: _ begli. - 4. B. L•
. • e ...dIU: _ • più .rdili. - B. l.
e: lei.,,: • sel..i. » I.
I .. Id ....';: _ "guau.i.• 4. B. I. , .
, .11• .. I ... fiw.. ..."., • 0Dde fone ~ dellO•• A. 8. I. - • fon. 'fioa
dellO.- L.
8 gli .P.",",,"': .. gli altrl ••• 0...... _ A.
, Il.'Ul' ~aK'o"i I ,.jdieol.: .'vaDe easioae e ridieolose.» A..
IO p... chè. M.aca DOlI••tampa fìorealiaa, ma certameal. per errere,
Il 4"8''';: .. Argi..l. _ A. B. L.
ollAzlolOl
sopra'lsuo tetto volò.Chi per mera forluna, come gli arconti
e.tesmotetì d'Atena che si traevan a sorte. I Molti per rediUl; e .
questi han loda, stimandosi che redat' abbino la virtù non
men che l'imperio. t Ma niuna maniera d'acquistar princi-
pato può avanzar questa del signor Cosimo, la qual fu non
pur naturale ed eroica come avet' udito, ma ammirabil' e
divina, com' ora.intendo mostrarvi.
Quegli avvenimenti e quelle opere umane che soverchian
l'umana possanza, e quell'abito al ben fare, che si chiama vir-
tù, è necessario che vengano da più alta cagione. I Greci l'at-
tribuivano a que' loro iddiij e coloroche facevau quelle gran
cose che sonoscritte ,:l'Ercole e di Teseo e d'Ettorre e d'Achille
non più uomini chiamavano ma semidei , e credevano che
fusser dagl' iddii generati, amati, e ne' loro all'ari aiutati,
come si legge di Minerva che riparava in battaglia' le frecce
a Menelao. l Romani, che tanto fecero con la virtù e col
sangue, rìeoneseevan nondimeno ogni cosa l dalla Fortuna:
dea, più ch' altro nume; da loro adorata. Onde' Lucio 8i11a,
che vinse la virtù e i trionfi e i sette consolati di Gaio Ma-
rio, sife' chiamare il Felice, e teneasi d'esser della Fortuna
figliuolo. Ed Agusto (cui il nostro gran Cosimo8 ebbe le stelle
e gli elJ'etti somiglianti) pregò gli dii che dessero al nipote
la sua fortuna; la quale fu stupenda massimamente in ciò,
che Bruto e Cassio con le congiure, Antonio e Lepido, Ir-
zio e Pansa eon gli eserciti, Cicerone con la lingua, e tutti
gli altri aimìcì suoi s'argomentarono e brigaron 7 per lui, e
furon (concedetemi questa licenza di favellare) asce e mar-
tella a fabbricargli e conficcargli lo stato. Considerate or voi
eon la vostra prudenza, accademici, s' il medesimo appunto è
intervenuto al granduca Cosimo; se i nimici suoi l' han fatto
a del magistrato della Balia, radualto io o..a di muler Lelio Torelli, e furoao
• eletti.... meaaer Francesco Cattani da Dlaeeeto , MesserLionardo Tanci e mes-
• ser Francesco Guidetti, uomini totti, e nell. nera teol'ogiae De'mo~li e po-
D litici Itadi, 'fera.tilSimi. D S.hioi, Fiuti COlllowl, pago -162.
Il. 40
OBA.ZIONE
.- . .-.,
-
IN MORTE DEL GRANDUCA cosmo PnIMO. 47t
mia mente. Cred e vas i , per esse r ce li sta tu - -rupre occupa to
ù' in torno a' aoverni della cit tà, che delle cose della euerra
nun cosi ben s i conoscesse; ma egli m ost rò con la prova il
contra rio. Ved uto che Siena raccettava n nimi co suo pe r
opprimer lui, s i fece incon tra, c pri ma l' assa ltò , sape ndo
he un mese solo che-n nimi co calpest i il tuo paese, fa ma e-
glor dann o, l ch e non cost à una lungh i sirna gu rra eh In
di faccia • in casa sua : olt ra che la repu tnztone è se mp re di
·hi a alla; stim an dosi ch' celi abbia prima de lle comuni
forze fallo ' , ~ iO D C e trova to le sua upe rio ri.! P res e qu el forte
p 'r 1111011 l'un miraLil secrcteza e pre teza, T enno il SIlO
/,,1111 110 se nz' un di ordine semp re fornito. Conobbe che il
ul mico non pale il p'ù r cc corsì , e rit enne il ma rc hese che
Il Oll i disco 14I e da q uello, e eli ordinò che, come il vedesse
mu ove, ombnll I perch è vi ncerebbe ; e cosi fu. Yed.le
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OR.l.ZIONE
. • IIIPvputll: _ ICCIdule •• B.
• ;oichè: • anonga che.• A, B,
I dorml. IOBnò. ee-e • dormisse e sognasse co.. allegra•• A. B.
• vit'lI: • vivace . • A. B.
Il cinq"ant- 411"i: • cinqUilul:lcidqut :mDi•• A. B. C. F.
• troppe: • DOit re. • B. .
40'
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474 ORAZlOI.'iB ll'l JIOIl'IB QBl, GlUNDUU COSLMO PIlIMO.
.. questo facilmente si spiega quando si riflette, cbe Firenle per trentasette anni
.. di quel gOYerno sodè sempre _ paee tranquillissin... , ••lIa 'l"al. si yMfero
.. Sorire la bé1Ia arti, la !lIUOrtllltae !li ocieA.. , e rieAmpe..... llOQ' gcnaelità.
.. gli uolJaiaj grandi, c quelli Il.eui che si erano ,opposti alle mire la più sublimi
.. degli antenati dell' iste..o Cosimo: e fra questi li nominano il divino Micbe-
.. lagnolo Bonarroti, e Piero Vottori, il più illSip ,"io letUrolo cII& ae
.. aIIDra l' lta1iL Vedi l' lNliilislÌlDe • .-... àl siS- clot"* A.Dpolo. . .
• Dlndini .... la Vita di piu Vettor;' p. 8; ~ 111o ,il Fio'.>Uin.~ li'" U •
• anno faS\!.• (Nota dell' edizione Livorne~l
......
t.
ACCUSA l DAI.! Il.!L SILENTE )L TRAVAGLlATO ~
.Del auo mdacalo dell8 ReggeDall degli .uterati;.
l .lccenn a a1..gretario,
I al Distos», Quesli è Giulio del Bene. leeoudo il CalascolodeSii Allenti,
cb. MI. serb..i nella M.gli.becbi.na.
5 mandato a Pila. • Coslila! in Pioa un Vi""gerenle a ""esli .lI1.~li che
...i si lro ......no •• il primo fu il Ya_/o (.lnlonio Albini)•• Sll..ini. FuU
Conlo/a_; p.g. 2'!O.
• Inlendi: Dovu teaer l'imperio tlute peehe lettim3De, quanti enao
oc11a eiu à i pochi accademici d:a poter leggere ciascuno la SUI lelione.
.lCCUU D4T.l D.lL SILENTE .lL TIl.lUQl.UTo. 477
Ienuto, notate con che astuzia. Trenta tornate e più nel-
l'Accademia non è capitato, nè lasciat'ordine, acciochè nulla
non si facesse e 'l tempo scorresse. In altri giorni ha tra-
mutato molte tornate ordinarie del giovedi; memoria nost"
continua di quel giorno felice, nel quale quest' Accademia
incominciò. Più forestieri più volte ha messi qua entro, e
quello che peggio è, faUo salire in cattedra messer Gìo, Dati
a darci la materia di ragionare, che tant' è a dire, quant' a
darci l'orma e il latino, anzi il cavallo.l
Indegnità e vergogne, oltr' a questa, ci ha faUe infinite.
Ecco il secondo colpo.Condannato senza ragione all' imlDOD-
deze il Desioso. Il Desioso si buon accademico e si grande e si
chiaro? Sceso dal seggio per risponder alla sua appellagìone,
e salito in cattedra come privato fosse. Mandato a Pisa il
privilegio non soscrìtto. Conehiusole proposizioni a rovescio,
delle quali vi dovete ricordar voi che 'l mi diceste, e giudici
sete. Fallo dipinger l'impresa e lo sgabello dell' Acerbo in-
nanzi che maturo accademico fusse; cioè accettato da quei
di Pisa, e vinto da noi; che, se per sorte non era, che scan-
dolo ne nasceva?
Queste cose e altre molte senza novero somiglianti per
lo libro degli Atti e per quel delie ieggi son manifeste: eia-
SCUDO che vuole può vederlesi. Però io solamente alquanto
m'allargherò sopr' a quelle che voi forse saper Don dovete.
Estimavate voi esser il nostro reggente andato a Pisa per dar
animo a voi, accademici, a seguitar di dar all'Accademia (ama
e rinomea, -esercitandosi, come cominciato avieno, in quella
città nobile e piena d'alto sapere : e a ragion l'estimavate;
ma che vi feo l' uom valentre? Udite' partilamente la storia.
Facevano i giovani pisani un calcio alla divisa; • e già
erano in assetto per cominciare, quand' il' nostro reggente
tuUo doglioso di non esser tra quelli,.si diede a frugare e
solfregarsi intorno a molti, e tanto s'arraballò e tanto
brigò ch' alla fine messer Domenico Buoninsegni, per diIi-
berarsi dalla costui seccaggine gli diè il suo luogo. Compari
t a da,.ci .... il catlallo; a sgridarci, a riprenderei.
I Vedi sopn il giuoce del e.ldo il Di.co",o del PII'o accademico Al.
'''''''0 (conte Gio••nn. de' B,rdi ,. Fire...., Giuali, t573, in 40.
478 ACCUSA DATA DAL SlLBNT& ~ TUVAGUATO.
---
.f81
-
Questi Provveditori da si facondo e franco erator accu-
sali, banno pur, Accademici, molte cose lodevoli e degne di
premio operate; le quali, rompend' io questo dlaccìo del
mio naturale e caro silenzio, avrei volentieri celebrate, se
nuovo caso importante qui non m'avessi fatto salire a
discoprirlovi incontaDente, non senza forte biasimar loro
(e quest' è quel che' mi duole) e gravissim' accusa: la qual'
accusa fìa nondimeno la lor salute, diliberandoli insieme
con tutti noi da estremo pericolo che ne soprastà non cono-
sciuto, da loro cagionato, da me avvertito, con l'occasione •
che io vi dirò, se con attenzione m'ascolterete.
Quella mia impresa del Torso a molti non soddisfece, e
particolarmente al Trasformato, qoantunqueeglia suo propo-
sito già l'allegasse nella sua orazione simposiea; Sogliono le
modeste imprese, sotto una scorza umile d'alcuna proprietà di
colui che la piglia, una midolla gentile d'alcuna suà virtù o
fortuna con ingegno accennare. Ciò non faceva il Torso mio, .
cbe solamente mostrava essere stato il mio silenzio dalla vo-
stra eloquenza punto e pen:0880; ond' io avvisai di rimutarla,
ed alla stanza andatone del nostro pittore, per Car sopra l'im-
presa vecèbia disegnar nuovo concetto, egli prestamente tro-
vatola, in mano la mi diè. Non l'ebbi si tosto avota, cb'io quasi
tutto Dii svenni e tramortii: la cagione si Cu ch'Io pensava que-
ste imprese esser dipinte in cotali assìeelle leggieri di faggio o
( 11 Giaguead (Bios,.. Univo artìc, D,\Y,\J1UTI) loda auai qUello e il pn.
cedente Icbeno accademico; ma dubilo che aOD gli avene letti (nrebbe uu Iran
fallo f l, yedeado ch' egli dice que'la Oruioae scrilla in difesa dei ~ro"edilori
de1\' Accademia. .
Il.
482 ORAZIONE IN GENERE DELIBERATIV.O.
"5'
.(S7
TOSCANA COLTIVAZIONE l
DELLE VITI I DELLI ARBORI.
Quegli ulivi del vostro Maiano, che voi mi mostruti, hanno bi·
sogno della presente dottriM, la qualeio per ciò vi mando, iMegnando
ella coltivare alla moderna nostra, e ilOR voooboU nostri; ondea noi·
Ilpiù wtile, che non sono gli cmtichi o foratieri awtori: e anoo Il bilo-
M ellÌlJurae' breve, e tratta da penone Mn di nwlta lettera, ma di
InIoM lfJerien:la.
. Da Mont' Ughi, il di 16 di aettembre, 1579. I
Affe1>ionatiaimo
BERN!RDO DA.VA.NUTr.
I Nel litolo .....n .critto: A/el#ll precetll della coIU~ ••iolle dolle .,ili
Il delll "rborl. Poi corresse come li Tede sopra. - Vo' qui ayverlire che mi lon
tenuto .....pre (..ho una o due ..olte, e no dirò il perchè ••uo Iliogo).1 MS. ori-
gin.le, che ...ri .....i dalle stampe, E perchè le più di esse nrielà mo.tRao pro-
..euire daaltro copiuutosnfe, n'.o leIlllto conio, I l' ho aotatl in piè di pagin •.
I Qusta 1eUen, iD alcllDi. manoscritti dalla Colti~"aioDo. tro ....i di d.t-
tator. più lorg•• e Don .arà inulile di riferire anco que.ta. che io eredo primo
gOtto, .1 perchè ...dasi qu.nto e come il no.lro .tUdi.sse .U. bre-.ità; e si aneera ,
pere" qvi dice più ehiMo, 'l""Uo dae ..U'aItra .eeealll appen' ••iOÌl, che CJ1'IIll
operetta è .ompendio di altra più ....t. e nOn .ua ••Ila qu.1e volle rare questa
eare.... Di.e dlloque .0.1:
• Quegli uli.. ì del vo.lro Mai.no hanno bisogno della pre•• nte dottrina, la
quale io perciò vi m.lndo, e stimo che elI~ Ti piacerà J iDlc:gnlDdo coltivare alla
DO)tra moderna, e co' nostri vocaboli, onde iii noi è più utile che DOQ lODO gli
latichi, o forestieri autori: et anco è bUODJ. e sic:oTl, come quel1a che fu Icritta
dauao, che la intendeva. m••on molt.lungh.... e mal ordine e d.ttato; l.nto
.he io per farvi maggior piacere. ne ho .premnto que.to .ugo, e conditolo di al-
cune gentilea., come io vorrei ehe ad ogni libro ehe ne arebbe mestieri .i r.c...i.
perc:bè Doi aaremmo alleYiati d'immensa. fltica e yana, e .ai IÌgnorì legilti mas-
.imamente. Da Monlni, il di t6 di settembre, i579 ...
.fS8
TOSCANA COLTIVAZIONE
DEU.B 1lT1 B DEIJJ ADORI.
BIn' .....
Lo~
Per I. ~ ti pià be,_
Vite , • lIOll .l'0Il......
COLTIVAZIONB TOSC.l1'iA. "89
ehìsee.' Dove, lenala bassa, inloza, ralliene il sugo, e 'nga-
gliardisce: e lale il vinoquale la vile. Ancora la vigna fa
è è
•
COLTIVAZIONE TOSCANA.
.. .,011 mi dDre e nOn mi torre. Quelta 50]a parte del proverhi.o serviVi al
praposito. Ma le Itampe lo mettono intero: te Non mi dare e DOD mi torre .. e la-
seiarni atar quando 10D molle. . . . .
i non ci è meglio. Le stampe: • meglio non ciba.•
5 8adlòli o "a,~ppol;1 sono certi tralci cbe le "ili buttano iulvecc::bio, e
cbesoglioDsi tigliare, percbè mangiano a ufo. Tuttavia, quando il c:oDlildiDO
vuole Ih3lsare·u~a "ile trascorsa, la: sega a eonveniente altenl, e bsciavi alcuni
saeppolì , per non indnsiar tanto a ria vere il· frullo: percbè qUei ti , dopo due
anni , fanno uva.
I nOn'Oft da lodare. Le stampe: R non pertanto da lodar IO no ~De' cbe
dicono.. ' .
S '·rdilità l ecoLe stampe: Il l'utile è di'gro1ll lunga del danno ma,sSlore.•
6 a dov«, Ave.va .('ritto: .. al luogo dove. Il
1 le «ut, Le stampe: .. le vite ...
8 fa ''''lflfol,a. Le stampe: • tira fosse, "
9 quantunque. C3Dcellò' III quanti...
fU si seccherìeno, Aveva scritto III e ai seecherieno henl!oì (lruto."
COLTIVUIONE TOSCAN....
tro, allcora'; tt'e meno .. 'ma non lì adentro .. nel.vei.so che s~gue.
8 Le stampe s .. lon m.lllio le harhat.lle...
3 son più r;lpettale.. e pi?l. Quelte parol~ mancllDO Delle Ilamre.
• Le stampe: .. approda...
!S Il .ltcondo a~no. Le lt:Jmpt: • e perebe il secondo anno, faono dell'uva. ~
I taglitr-a# lo. Aveva seriuo N laglieraiJo... Le stampe: • c tu il seguente
Dano taglieralo, • .
7 porte'tI' (o. Cancellò" portenilo. "
8 le ne pa. Le stampe: ••' avventa. .;.
SI manco. Le stampe: .. meao••
•0 j,.,l.gàti. Le stampe: • pillali;. doè, pigiati, calcati.
496 COLTIVAZIONE TOSC41U.
I SI.raordiDario, eeeellente,
Jal p.dale, Le slampe: .. del più aeeosto capo al pedale, ec...
51 di le"i,,.; le pol,..,... ee, Da primi "risle: •• e tante nOD n'a.ne la
vigna tua da poterae sì fallameDle seerre il bisogDo per lo vino che inleodi fare,
accomodali iD viciDlnu; ebè sarai l.. ciato seerre li modoluD, dandone altrettante
o pagandole .• Poi liscrisse come sopra.
a S. di q".i m•• i grappoli. ee. Questo periodo , Den'origiDale, e Del cod.
M, sta in 6ne dd eap. che segue, Ma il luosò suo por queslo vnameDle: pero qui
ho credulo di seguire piUlloslo le stampe, le quali furoDo forse snidate da un di-
Vl'UO autograro.
5 voltandola, L. 'l.mpe: .. rusclaudol....
COLTlV.lZIO~E TOSCANA. 499
nuovo sarà perfettillSima,e riditi delle pampanate, delle coc-
cole di ginepro e d'alloro, bollite nel vino, l! sale e alt~e
baie, che 6' usano per far. buone le bolli. Imbottato che hai,
riempi la botte insino a san Martino d'ottimo vino, ogni dua
sere; l falla ridere," e soffiatein bocca, e nettala prima col dito
intorno, e dentro e fuori; acciò che se immondeza vi ha di
fiori o panno o altro, vada via, e non possa dare al vino tri-
"sto odore o sapore, corrompendosi: meglio è 3 riempier lutto
l'anno, e subito turar Corte, e nettar.il cocchiume e la botte
con grossa invoglia, e tenerla pulitissima come lo specchio.
A' vini di poggio non isfondar mai botte, e non l'alzare, ma
come ella non gitta pio, turalabene di sotto edi "sopra, e
lascialastare.
XV. Vini di poggioeome si c01l8ervano.- Consérvansi i vini
di poggioe'I vini' di piano diversamente.Questi di piano! per le
loggie e 6per li portici al tramontano, quelli nellevolte profonde
turate e difese da vento. Mirabilmente si conserva pio anni,
e sempre acquista vigore il vin di sopra, mettendo la botte
in una buca fatta sotterra nella cantina, turala la bolle col
cocchiume Cortissimo, e con panno sopra esso, e con cenere
sopra il panno, e turata la buca con" asse impiastrata con
terra, sì che aria non vi possa penetrare. Se la buca è
e
asciutta di tufo, bene è; e se ella fosse "umida, e all'acqua"
vicina, pur è buona; e vi troverai conservato ottimo il vino
e la botte di dentro; avvenga che di fuori tutta muffatar e
però vuolsi nettare;equando sia vota, subito tirar su all'asciut-
i to, e sfondare; ma queste si.mantengono assai manco 7 che a
5 Jlon potrà' penetrare. Le stampe: • non per certo puolo d'ari:l. potrà
peDelnft.. .
502 COLTIV...ZIONE T08CUI....
I vi.... c~i"Dli. Il MS. originaI. dice .. òcdoli. Ma noa l' ho aeeettate , du-
bitando ehe .ia nDO.<or.o di penna; perchò '1....10 .. oeabolo Don l' un nel corpo
del capitolo, Oltreche , anche il cod. M ba oinacci..oli.
I 'Fendi, ee, Le .lampe: • 11tralcio "he tu propaggini, o il malllilld!o che
tu poni, fendi, ero.,
, il otlla. Le .lampe: • il ra.ci .•
• giRcere. Le stampe: • diacere.•
S pr",'o. Manca nelle stampe,
Il oinaccitloll. Qui nel MS. nD.doli li ..ede eancellato.
ISO t .èoi.;rlVAZIOlllS· TOSCANA•.
..
508 COLTIVAZIONE TOSCANA.
male e dà adietro, l mai più non rinviene; però non durar fatica
né a tagliarlo perchè ei rimetta, né altro fargli, che non n'are-
sii onore; ma cavalo via presto e riponvene un altro. Per dua
o tre anni non potar il piantone, poi lasciagli tre o quattro
rami, che facciano palco, legandogli a un palo, o più, secondo
il bisogno. Il quarto anno metti gli al piede un corbel di
coiacci mescolati con pecorina in una buca fatta di sopra,
aceiochè il grasso gli coli in su le barbe, adentro assai, ae-
eìochè lavorando la vanga non gli truovi, e la golpe, la ver-
nata, non gli cavi e manochi: e ogni quattro anni o cinque
fa questo medesimo, e non avendo pecorino, togli letame;
cosi farai a gli ulivi vecchi potandoli alla impazata, chè non
puoi nel troppo errare, eccetto i coreggiuoli che non vogliono
esser tocchi, o poco, e gli altri stare aperti e in vermene.
Con qoeste diligenze gli terrai freschi e morati, e avrai ulive
ogn'anno.
XLIII. Me.lagrani e cotogni, e !or coUivamento. - I me-
lagrani, peri e melicotogni si possono annestare, ma il pro-
prio è il porre i loro rami e rìmettltìecì con le barbe di
marzo a lona crescente, subito ch' ella uscitaj" perché, per
è
stio •
-\0.- uoili, lIIa Cenno "lia.•
I nastrt; Co.lle stampe e i maDo.critli. Eppure parrebbe dovesse dir. ee-
\: .
I et essendo eco Le sumpe: • e in tale stato tagliati i lesnami, in tale si
mantengono poi••
I eterni. Le stJmpe: • e '1t1uietenri. •
~ e ad"pe~ Le .\aml"!' .. o' "1:011000 .doper...... .
• nerboso, Le .lampe,: • nerboruto. •
S ch. lA lIUlA. Le stampe e il cod; M. Iggiungooo, • 4i..",0 i pnipttllica
di contado. • '
•,
OOLTlVUIONB TOSCANi. /S31
Aprile. - D'aprile pianta ulivi, fichi, melagrani, coto-
gni, tutti i posticci: le vite lega; zappa, vanga e pianta; tra-
sponi porri e cipolle, e tutte l'erbucce; all'uscita sem.iDa pa-
nico, miglio, saggina; getta via l'uova d,i colombi. Annesta
- a boociuolo è scudlcciuolo sin a tutto maggio: sarchia gli or-
taggi e. giardini e le biade. Chi traspone il cavolo di questo
tempo, tutto l'anno ne viene;' e nel buco I dove ~o .mem, sia
concime spento.
Maggio. - Di maggio sarchia e cava il zafferano, e olto
giorni dipoi il riponi. 8elJlina cardoni: trasponi ogni erbag..
gio per la state, menta, targone, capperi; lascia per seme lat-
tuga, e ogni erba fiorita; le vigne radi e ribatti. Annesta
aranci, cedri, limoni, melangoli, e gli altri frutti, a bacciuolo
e scudicciuolo; cògli i capperi per metter nell' aceto; svegli,
spegni la marcorella delle vigne; stilla ogni fìore per odori
e lisci.' .
Giugno. - Di giugno sega orzi e fieno e grano; all' ul-
timo radi i poponi, e metti rena loro intorno, semina pani-
co, miglio, sagginella e cardoni,
Luglio• .:.... Di luglio acconcia l'aia: conducivi il grano:
quello che vuoi per seme, verderognolo; e imbucalo subito,
chè meglio nasce e cestìsee: semina rape e radici e scioversi:
uccellasi a tortole e ortolani.
Agosto. - D'agoslo fa l'agresto; semina jape, radici,
sassefìca, navoni, carote e pastinache; tendi archetti a'becca-
fichi: semina lattuga in un ìuogo magro, per trasporre per la
vemata; togli seme vecchio, che nasce prima.Cògli le pere
bergamotte a luna scema. Si dà licenza a' lavoratori. Per
nuova legge la dèì dare di gennaio.
SeUembre. - Di settembre lavora i giardini, semina ogni
erbaggio, poni cipolle, maligie con pula spenta, carciofi o ca-
volìnì, spinaci, lattuga, con lupini cotti, carciofi, eonchnandoli
a' piedi; serba i pippioni per metter nelle colombaie; accon-
cia gli uccellari; rincalza i vivooli col pecorino, e cògli l'uva
....
1133
LETTERE.
• mlUe """ "......", "hi forI. "'8"e IIolhU ..d Al'Ùlolelb Ethlc" i,,'.rp""
• I""dc libi peltoli _ "O" ".lenl.... P""'U"'''' u •••, reparr",,"'m etc•
• Ciò premesso, ..rebbe for.. il <:oochiodere. che il Dav.....ti falle atato
• ingannalo da uo falao romon della ele.lone del BiccobuollO' a quella eattedra,
• por ciii taoto a....a ed ioUlilllleDte brigato. MI come .....bbe egli. verisimile
• che DellO apnio di ~uall.o Dlui e me...o, lrascorsi dal. febbn~o al U' siugoo,
• aoa potesse il Dav.aazati essere. -Italo abbastlna iDltratto di tutte le nanale
• viceode7 Noo resterebbe duoqoe altro a cooghielluran, le 000 che il D"ao-
• aati abbia eon dò velute ioleoderai dell'e/'aio... falla io qoello a!eo.o OD-
• DO ff>91 dal Riccobuooo ItOIlO Della peraono degoillima del preocipe AI...
• lIodro Esteose per lo ricoocili..ione di ameodue, le parli io quella piucchè
• lattenri. cODtela •
• Finalmeot. que.ta Iettera aceeooa lo .. ~slia ed epidemil di quell'ln_
.. no f59f, per cui celiÒ di viver. aocbe il c".trii.r G"dtJl, patir. di 1..11. I•
., ,G,.1i nobili. Coteste calamità dell'Italia, e di Firenze segnatamente, ci vengono
.. descrilte dal Mnratori Degli ,1 ...."11 d' ''''lia, e da Giu,eppe Maria Ileeattl
• nella SIori" crono/ogl." d.ll" .iII;' di FI,...... Cbi fo.se eetesto ."."/i...
• Gaddl. lo pollillllO app~uder. da vari acrillori fiorenti.i, Basli fra lnlti An-
m...
.. gelO Haria Baodioi, il qnal. ho teaooto l' elOSio dell' ln famiglia Gaddi,
.. e nominatamente di qnulo, che è NlcolòG"ddl, 6glio di Sioibaldo senatore.
• cavalier di no Giacomo, .ignor di Riano, il qOlle mori nel dI U giugoo {f>9I,
• Anche il Sella_i_ Flo ....,I..., nell' opera iotitolata Nocw. i.'orlco-
• g..Hiogiclt.'ji....nJin e, co.i,lerm. N'/colò d.l ....10.. Sinil>aldo ili T"d-
• d.o. ,,"lo f2 ollobr. fINIT,...,a//co di ."" J".opo• • Ipor. di Rittno • tll
• pi_ d.ll:Obao, a",b".d"'o... al drtelaidi ~...r"r... di M" ..,..• • di Sa-
• .01", '•• IB". n.ll.. ma,..Ift.enatl. Mori f. g.ugno, tf>9f••
1J38
" .
LETTÉIlB. 1$37
vare il mio nel Condo della malizia, bisognano stromenti bel-
lici e non le careze, che si ragionano di lasciare per onorata
via di stralcio a lui medesimo tirare a fine come buono e
bello.1 O &empora, o more. 1
Ringrazio V. S. e la signora Verginia dell' operato nel-
l'aUro negozio, del quale desidero all'Agnello I risoluzione.
Iddio la conservi. .
Di Firenze, li 11$ di marzo 11$96 ab Incar.
Di V. S, clarissima
servitore affezionatissimo
BIIBl'l.lBDO D.\v.lNZATI.
8.
18.
I Non so se quesli sia quel Bastianc Sanieollnl che pul,b1icò il hbro Co.
4mianarllm actiontcm' ee,
LETTERE.
Serenissimo Granduca,
Bernardo Davanzali con ogni riverenza espone, Che il
Magistrato de' Capitani di Parte lo ha condannalo a Don poter
murare in su'l suo meno di braccia tre e mezo discosto alla
stufa di Francesco de' Medici, e intonacare e imbiancare per
darle lume ben chiaro: Non ostante che una parte della casa
sua sia discosto dalla Stufa una spanna, e un' altra le sia con-
tigua; e che anticamente le fosse discosto, come per lo fon-
damento del moro appare, poco meno d'un braccio, cioè
quelli due piedi che le leggi permettono il piÌi discostarsi
dal vicino, e che l'uso di Firenze praticato sia che chi ha
finestra sopra tello, o corte del vicino la debba turare quando
il vicino vuole alzare, non vi essendo servitù in contrario.
Toccandosi adunque con mano l'aggravio, Supplica
V. A. Sm., che commetta la revisione di questa causa a quaì-
che dottore di Pisa, perehè egli non sia soffocato da' favori,
N. S. Iddio la feliciti.
•••
. ..
•
RIME.
-
SONE'ITO I. i
PER LA SABINA DI GIAN· BOLOGNA.
I • I! 10llello • çilll Bologlla lui gruppo della Sabill', 11011 li grm eoa, •
• par li seale ilei aamero il gUllo sicuro di quel aecolo eleg,atilSmao,. T _
iDI"o I Dul.".rio •• 111'14:0. Vacai" U.&O, pago i~ voi. III da' Nuovi
ocrltU.
D.
soserro II. t
SONETIO III. l
SONETTO IV. l
.,
A MESSER BENEDETTO VARCHI.
.. & atampato tra i So..etti 8pi~ituali del Varchi, Firenu, Ginnti, U73
in-i, • pago 99; eil è i.. risposta. al sonetto del Varchi che comincia:
IDDioli llori, e aGA iDee, .' a1caDo.
BUIB, 1S1S7
SONETIO V.l
~i'
lSIS8
SONE'IT{) VI. S
"I . . . . . . . Il aDllellO:
. .-mafia. pIt ~hmmI op'Oft;
:
e lei...;.· coaM p_ i .due cbea.,uoDO, .ad cit.1&O .li1Iro de' Sooetti del
Varcbi. .
d n.
.saNETl'O VB.. l
SONE'ITO VIII. I
SONE'ITO IX. l
MADRIGALE. I
EPITAFFIO I
PEL SEPOLCRO DI ANDREA DEL SARTO.
E cadde la Pittura
Velata il voltoelllUlgue; e Cosl resta.
t È stampato Del $ag~le di .Rime di diperti bdo.' aqlo,.1 cM fi0,.,,.o.,,
ne/XIP /ino al X PIII ",010, F."...... aoIia 6I4ntP;U'isa,.Ron.hi. C•• -1825,
p.g. 237. Nella prefaa_ I pago EXTdieaai eatnUo da'lIIlllOdiee apparteDuto a
Luigi Poirol, oggi m'llliabeehiaDo, iDlltolalll' llUtt. di .....,..,. NOD ....ado
stato pcssibile di ritrovar '1... 110 codici, DllD Illl plllllto _orarmi se questa è
...eramente la geDuina lnionl.
I È riferito d. Raffaello Dorghini nel Rlpoto (Fio,. ....... MarescollJ, -I5S1,
pago U7), on .i legge: • Ma Bernardo Da"anuU hDomo di grill "aIore neUo
.. scrivere, come li la da eia,cLlDo,e che beD CODOSce i meriti di Andna I ba IO-
• pu di lui falto queslo epilallio, ee:. io -
•••
APPENDICE.
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I
1S6l>
AVVERTIMENTO.
FRAMMENTI INEDITI.
I.
FII.uIME~TO 8TOII1CO SULLA B.t.SlLICA LATEB4NEl'iB.
PROEMIO.
Nellè antiche scritture si trovano tante riverende me-
morie, e piene di maieslà, della basilica Lateranense, ehe
meritamente ha il titolo di madre e capo di tuIle le chiese.
Però intendo 1 ritornarle in' luce, essendo dal tempo e negli-
gcnzia quasi spente. . .
LIBRO I.'
CAP. 1. Del" IS basiliche, 28 titoli, 18 diaconie. di Roma.
Santo Stefano e San Lorenzo, fuor delle mura, nella via Ti-
burtina.
I
La cagione, accìè che queste fussero la residenzia de' cin-
que primi patriarchi della cristianità. E fu data, quella in
Laterano, al Romano, che stava in Roma per l'ordinario;
l'altre, alli quattro patriarchi forestieri, per quando venivano
a Roma per li concilii, o per altro: San Pietro, al Constanti-
nopolitano; San Paulo, allo Alessandrino; Santa Maria Mag-
giore, allo Anliocheno; San Lorenzo, a l' Ierosolimilano.E
perchè a Roma, capo dell' altre chiese, si convenisse, furon
poi per privilegio aggiunti tre altri palriarchi, Aquileiense,
Gradense e Venelo, senza chiese in Roma. La chiesa è una:
il principal palriarca e capo delli altri, fu il Romano; però
a lui si facea concorso. Patriarca fu chiamalo un lempo il
pontefice romano.
Per queste cinque chiese si vede, che Roma rappresen-
ta, e in lei risiede tutta la chiesa Cristiana, e che ella è capo
di tutta ; poiché le membra sparse per tutto 'l mondo, ven-
gano a unirsi in lei.
Il patriarca di Roma, al quale tocca Laterano, è capo
di tutta la Cristianità. Pero Laterano è madre e capo di
tutte le chiese che sono in tutto '1 mondo cristiano. L'altre
quattro chiese significano le quattro parli del mondo, orien-
le, occidente, meridie, settentrione. Questa superiorità. del
Lateranense si vede dipinta nel palazo di Laterano,
I ponlefici romani abilarono in Lalerano mille anni,
da san Silveslro che edificò quel palazo, sino a Clemente
quinlo, che andò in Avignone; e dopo seltant' anni tornato
in Roma Gregorio undecimo, si messe in Vaticano, dove
sino a oggi abilano i ponlefici, per la oportunìtà della mole
d'Adriano, convertila in forteza.
Al servizio di questa basilica laleranense e del romano
ponlefice, per la sua dignilà e maiestà e preminenza, furon
dati sette vescovi delle sette vicine città, che ogni seUimana
dicessero messa allo altar grande, un di per uno; et assistes-
sero al ponlefice quando egli celebrava. E per questa dignità
e differenza da gli altri vescovi, furon chiamati vescovi car-
dinali, cioè principali; presa la simililudine dalli quattro
FR.lMMENTI INEDITI. 569
l'enti cardinali. E questa instiluzione è molto antica, legqen-
dosi nèl Bibliotecario, nella vita di Stefano quarto, dello
terzo, che fu creato nel 768, queste parole: Questi ordinò,
che dai sette vescovi cardinali ebdomadari, li quali hanno cura
di dir le messe grandi nella chiesa di san Salvatore, ogni do-
menica si celebrasse sopra l'altar di san Pietro, e si cantasse
Gloria in excelsis sopra i gradi per li quali si entra al!' altare,
dove san poste le immagini nel {rontiSpicio. l
I selle vescovi cardinali ebdomadarii furono eletti per dir
messa; cioè: l' Ostiense, la domenica; Silva candida, o vero
Santa Rufina, lunedi; Portuense, martedi; Sabino, merco-
ledi; Prenestino, giovedi ; Tusculano, venerdl; Albano, sa-
bato.
AI servizio dell' altre quattro patriarcali furon final-
mente assegnati selle ministri per ciascuna, non vescovi,
come alla lateranense, ma preti; e furon delti presbiteri car-
dinales, a differenza degli altri preti.
A ciascun di questi preti cardinali, che erano ventollo,
fu data in cura una chiesa di Roma; e queste furon chia-
male titoli e chiese titolari, perchè davan il titolo a' delli
preti cardinali; dicendosi, il prele cardinale della tal chiesa.
In quesle venlollo titolari chiese solamente era cura
d'anime; però ciascuna aveva molli clerici ministri, subdia-
cani, diaconi e preti, II capo di tutti, crealo da loro o dal
pontefice, si chiamava cardinale, cioè il principale e -più de-
gnodi tutti i cleriei di quel titolo.
Avendo san Piero dalo buon ordine alle cose della fede
di Cristo in oriente, e massime in lerosolima et in Antio-
chia, venne a Roma per far il medesimo; et elesse qui an-
cora alcuni vecchi uomini, buoni e fedeli, pieni di sapienzia
e di santo spirito, e ponendo lor la mano in capo, gli creò,
parte presbiteri, parte diaconi, per servizio e minislerio
della crescente Chiesa, non potendo egli solo supplire al bi-
sogno-Dìvìs« gli offizi: ai presbiteri dette la cura dell' ani-
cosi+,
apparsoli, nelle medaglie antiche di Conslantino è descritto
::le;
e cosi con parole intorno, HOC SIGNO VICToa ERIS.
Questo dunque fil il segno dell' esercito suo nel vessillo, col
quale in tre fatti d'arme disfece Massenzio, il quale in ul-
timo s'accampò ne' prati Quinzii, vicino al ponte Milvio; e
venuti al fatto d'arme, Massenzio cadde nel Tevere et affo-
gò. :B cosi, salvata Roma, Constantino la liberò dal tiranno,
COme aveva desiderato. Entrò in Roma trionfante. Il senato
gli fece l'arco, che è sotto 'I Palazio, ancor oggi detto di
. Constantino. Questa vittoria fu circa li 21 di settembre 313,
come scrivono Socrate e Sozomenio et Eusebio. Fattosi cri-
stiano questo imperadore, la religion fece subito grandissimo
acquisto. Mori a di 20 di maggio l'anno 331, e del suo ìm-
~ ~
3'78 FRAlIIDNTI INEDlfi.
r
FRAMMENTI INEDITI. 1S81
ekiamb Apostoli, cioè Mandati: Simon Pietro, e~ Andrea, suo
fratello minore, figli di Giovanni di Betsaida di Galilea: la-
cobo maggiore, e Giovanni Evangelista, figli di Zebedeo e di
Maria Salome, cugini di Cristo; tutti levati dalla rete, per-
ché erano pescatori allo stagno Genezaret e al lago di Tibe-
riade: Matteo., alias Levi, figliuolo d'Alfeo publicano, gali-
leo, poi Evangelista: Bartolommeo, alias Natanael: Tomaso,
cognominato Didimo: Filippo, galileo di Belsaida: lacobo
giusto, detto minore, e fratello del Signore,.e Giuda Lebbeo
suo fratello, cognominato Tadeo, figliuolo d'Alfeo e di Ma-
ria Cleofe:Simone Zelote, alias Cananeo; e Giuda Iscarìote,
figliuolo di Simone. Oltre a questi Apostoli elesse poi di tutto 'I
nu~ero de' credenti, altri 72 discepoli, li nomi de' quali non
si trovano tulti. Tre anni gli instrusse, e dette loro l'autorità e
sacramenti divini. Fu accusato per insegnare senza legittima
vocazione, farsi Messia, figliuolo di Dio, equale al Dio Padre,
turbare la religione, di Moisè, sollevare il popolo, violare il
sahato.dire che rovinerebbe e rifarebbe il tempio in tre di,
persuadere che non si desse il censo a Cesare. Condannato,
a 21$ di marzo, alI' ora sesta, in croce morì, il giorno della _
Pasca, come agnello imolato in su l'altare, l'anno suo 33
e 3 mesi. Apparsero i segni.' Di questi segni scrivono autori
gentili; T. Elio Tralliano, Iiberto d'Adriano imperadore: Eu-
sebio nelle Cronice cita alcuni scrittori gentili. E de' cri-
stiani, Tertulliano nell' Apologetico, cap. 21; Dionisio a Poli-
carpo e ad Apollinare. Onde fo ritto quell' altare IGNOTO
DEO, come negli Atti degli Apostoli. Origene contra Celso
lib. 2, e in Matheum, trace. 29; Tacito, L 21; Rufino, I. 11,
eap, 29, dice che li Egizii tengono il segno della Croce per
una delle loro note ieroglifice, e llignifìéa appresso di loro
VITA VENTURA: e vedesi in Roma antichi obelisci e sta-
tue con fregi egizii, dove è questo segno ~. losefo nel 18, c. 6
.Amiq., scrive di lesu, e di lo. Baptista: e Tertull • .Apolog.
c. 21, IS: Euseb. Hiltor. 2, et De prClpar. I. IS. Orosius, ee.:
Plut. in libro .Cur oracula de{eceNn&.
Sepolto, e poi risuscitato apparse a Maria et a' Discepoli:
lasciò le chiavi a Pietro. Il quarantesimo giorno nel monte
Oliveto ascese in cielo, 'lJidentibu, tlli" e siede alla destra del
49'
1I8! PRUIMEXTl IXEDlTl.
CAP. 7. - Restauratori.
CAP. 8. - Stto e (0f'ffl(J.
CAP. 9. - Altari e reliquie.
CAP. 10, 11, 12, 13. - CappeUe, Sepulcri, Oratorii.
LmRO II.
CAl'o t.- Et&lrau.
CAP. 2. - Ornamen«.
CAP. 3, ... - Ol/inatori, e lor pri'Oilegii.
C..... 5, 6, 7, 8, 9. - (}irimonie e riti e .talioni.
C"'P. 10,11,12. - Varietà mlle ,tarioRi.
C..... tS, U. - De' ConciUi. l
n:
.mC.l CIIlIKOl'lU DIl' PIlNlTBl'ITl Cap. 6, lib. J.
Da SozomeDo, BlIf. ~clui4ll., vn,6.
«Romseperspicuus est pamilenliom Ieens in quo stant
" m<B8ti ac velul Iugentes, Peracta autem liturgia, a myste-
" riis exclusi qu19 ad iniliatosperlinent, cum lamentatione et
" plancto ad terram sese pronos projiciunL Bpiseopus vero
Il ex adverso cumlacrymis accurrens, et ìpse ad pavimen-
m.
AN'l'ICA CIRIMONU DEGLI AGNUS DEI. Mb. 2, ·cap. 7.
Ponevasila cera bianca pura in su l'altare di san Pietro
in Laterano: un subdiacono apostolico la pigliava e portava
in palazo del papa; dove insieme con attrì subdiaconì e acco-
liti, in iuogo idoneo, con gran riverenza con le mani glifor-
mavano, mollìfìcando 'la cera con r olio santo e della cresima,
che restava del passato anno: poi si presentavano al papa, che
gli benediceva.
Oggi si .formano e benedìcaao con cirimonia più lunga,
come si pnò vedere ne' Iìbrì ceremoniali: e non ogn' anno,
l'BA_ENTI Il'IEDITL
IV.
DELLB STAZIONI. Cap. 8.
come dice Tertulliano (in lib. De Corona militum): Cl: Die Do-
» minico ieiunium nefas duximus, aut de genìculis adorare,
lt eadem immunitate a die PascblB in Penthecosten usque
» gaudemus, lO
E perché i romani pontefici antichi andavano certi gior-
ni, e massime la quadragesima, in processione a certe chiese
di Roma a orare, predicare e dir divini offizii, onde vi si
stava alcun tempo; da questo furon detti, giorni e luoghi di
stazione; e quello atto, stazione.
Autore, tu non mi piaci: I perchè io credo che fussin tro-
vate e dette da quelle stazioni o vero mansioni che fece il
popolo d' Israel caminando dall' Egitto per lo diserto sino in
• Discorr••n. buo". con' AUlore cb. b. dm.".i~ dal qnale b. nceollo
quell. uoti.i•. Noa m'è parlO ebe v.I.... la p.a. di rifrust.re cbi fosse coslai.
J'B.llDIEl'ITl ll'IEDITI. lS8lS
terra di promissione, cioè da' que' luoghi dove s'accampa-
vano et si posavano; e che i pontefici col popol dreto in pro-
cessione andassi in questo modo, quelle posate rappresen-
tando: se bene il numero non corrisponde, essendosi variate
e di numero e di luoghi.
Oggile chiese di stazione sono "3; li giorni, 83';gli altari
o vero luoghi, 86.
v.
DB' COl'lClLIL Cap. 13, U.
VI.
EX AIlTOInI L.tU PR!&MEJnO DE C.lBDtlUtmUS
, . ·UBB.lNO VI AD SU" 'lEMPOR.I.
VII.
EllraUo deUi C01IImo"i/orii di HIICMXio LirillC,e, 1'rima ,oldato, 1'0>
tROt\aco (rMlxe,s, CM mori al tempo di Tesdo,io e 'V/IlenCiniaflO
imperadori (staOlpatO' io.Colonia, ~ 560, io ~ 60 , per li Birkmannì],
CONTRA. LB ERESm.
durre nuove opinioni di fede: perchè allora nelle case, ne' pa-
rentadi, nelle città, nelle provincie, nel romano imperio entrò
il fuoco. Prima entrò nell' imperadore stesso, il quale con
anove leggi, quasi di luogo superiore battendo, percosse e
guastò i monasterii, i templi, le cirimonie, il clero: non si
vedeva se non carcere, esilii, prede, rovine, stopri, incèndii,
occisioni; solo per introdur nuova superstizione. Vedi Ambr.
ad Gratianum, l. 2° e 30, dove deplora le miserie eco
l{ Veddi un libro con sette sigilli. Gridava un angelo:
i Ai;giuDgO: • o IOgDO••
\. 5 accqderà. Così po.ngo, secondo il 'teslo .. et tWAerir; no ma la pltola
nnl. <hl D....n..li,;011 è leggibile, pttebè mangi.l. atrallo dall' iDcbiooU"o.
• Deuter. X III.
5 Sono parole test Dali del LiriDeDo,.
6 Ripeto: a Xa la l'Dia e'1 guscio 0.01••• o si dispugo••
7 Cioè, col Dome di Timutto .'intendono i dollari, ec.
dottrina che ti è stata commessa; l quel che ti è stato fidato;
non le tue invenzioni: di che debbi esser custode, non auto-
re: cioè, il talento inviolato e puro custodisci: s'egli è oro,
rendi oro, non piombo, o altro Craudato che abbi l'apparenza
dell' oro e non la natura. Beseleel neltabernaculo acconciava
e scompartiva le gioie con bell' ordine (Exed. 31): cosi il
teologo disponga, dichiari, e con la dottrina sua Cacci cono-
.seere nel Cabricare il tabernaculo spirituale dell'anime, dove
Dio abita, li passi belli della Scrittura; Cacci intendere quel
che prima si credeva; induca luce e copia dov' era 5,01 reve-
renzia e divozione. Eaàem qualdidicilU doce, vI cum dical nove
tlOn dicGInova. I
Se non si può dir nulla di nuovo, nè uscir di'quel che
hanno detto gli antichi padri, dunque non si potrà dare
acquisto nè miglioramento nè amplificazione alla Cede.-
Potrassi; ma sia acquisto e non permutazione. L' accresci-
mento è quando una cosa in sé stessa s'amplifica in quan-
tità; permutazione, quando si converte d'una in un' altra.
Cresca come fanno le membra del corpo nostro, che prima
son piccole e tenere, poi più roboste e maggiori d'età in
età: nondimeno sempre sono le medesime, e non nuove, e
non più e non meno. E si come se al corpo nostro s'aggiu-
gnessino più membra o levassino, o permutassino in membra
d'altri animali, il corpo nostro diverrebbe o mostruoso o
tronco o non umano, cosi la dottrina della religione debbe
crescere con questa regola; in sé stessa crescere di tempo in
tempo e dilatarsi; ma non variare o perdere o crescere le
parti sue sostanziali. Seminarono gli antichi nel campo eccle-
siastico grano di Cede. Multiplichiamolo noi si, ma non semi-
niamo zizania d'errore né altro nuovo seme. Aggiungi di-
stìnsìoaì, forme, specie; ma resti la natura, e '} numero di cia-
scun genere della dottrina cristiana. Non convertire le piante
di gigli e rose in cardi o spine, il cinamomo e balsamo in
aconito e loglio, È bene che i dogmi antichi sien dichiarati,
limati, ma non distorti o tronchi: ricevino evidenzia, luce,
• di ch,; cioè, d.n. dottrin •• ffid.l •.
I Bo cmlolo beoo riferire il proprio 10.10 ciel Lirio,ole. piutto.to che '1aello
citato dal Davauti. che infondo è lo Ilei iO , ma eoefuso•
..
1193
distinzione; ma ritengbino plenitudine, integritate, proprieta-
te. Però che una che sene cominciassi a poter scavare deJJe
tradizioni antiche, a poco a poco ~i leverebbon poi tutte. Cosi
del mescolare e confondere.
Servonsi gli eretici della Scrittura: sempre hanno in
bocca san Paulo, Ì' Evangelio, il Teslamento nuovo e vec-
chio, coprendo con questi aromati il fetore, con questo mele
il veleno dei loroargumenli per lngannarcì. Però grida il
Signore: Attmdile a falsis prophelis qui vmiutlt a(l vos in ve.li--
menlis omum, intrimecus aulem .unt lupi rapace. (Math. 7).
Come s' hanno a eogneseerer Ex fTUcliblu eGrum. Come co-
minciano éÌ parlare, subito dicon male de' snperìorì, degli
ordini antichi, delle opere buone; voglion guastare e rovi-
Dare ogni tosa; a questi sensl storcendo la Scrittura allegata.
Salanas transfigurat se in angelum luci.: non é maraviglia se
i suoi ministri si transfìgurano anche essi in iustì, Satanas al-
legò la Scrittura, in .Matth. .t: Scriplum e.t mim, ec, Se al Si-
gnore, che farà a noi? S1 come il capo al capo, cosi i mini-
stri a noi tenderanno insidie con le Seritture. Allettano gli
altri: Venite con esso noi, gettatevi giù dal tempio alto della
dottrina catolica; gli angeli vi sosterranno, che non vi p0-
trete far male. Cos1 il serpente: Mangia di questo pomo;
nequaquam morleris. Ricorrasi allora a' padri antichi, e veg-
gasi se quelle allegazioni sonda loro interpretate in queslo
senso: se DO, fuggi. Questi padri sono stati posti da Dio di
tempo in tempo per fondare la Chiesa. Paul. I Coro H.
Quosdam posuit Dew, eco - Expugnala .f10vilale anliquilal
defendallAr• • • . • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •. • • • •
VIII.
Qual cagione diremo noi che sia, che ciascheduna scienza
od arte nobile, in certe età, e dentro allo spazio di pochi anni
fiorisca, e regni, e salga in colmo, e poi ne scenda e scaggìa ,
e tal' ora si perda? L'arte della guerra e la militar disciplina
fu sotto i Romani eccellentissima, come ]' effetto ne dimo-
stro; non SI trovando essere stato altrove, né prima né poi,
SO'
!l9t
-tan to -valore e rnumero ·d i capitni, tanta 'tibedienzitt e 'vi r là
·di soldati, tanto acquisto di degni là e d' ·imperio. E se bene
.questa eceell6Dzia dell' anni romane durò molte centinaia
d' anni , e non una sola età , com noi dieevamo; con iderare
i ti he ella non dur ò nj;'l piu oltre la vita di quella repu-
hli a di qu ello imperio; e I vite delle r puhlich e d Ili
inip r1i i dclJhOllo 3 qu ell d eli uomini a pr o po ione a a-
Iinre, Cino '1 1I~dun ' sort e di (eLI re simllme ut nel tempo suo
• inn i Izò. La IrJ!.;ollia fu Cali, iIIu tre da quc' divini pi ili
d'E chilo, ofocle et Euri pide , che vi ' ero d'una età. ' a n-
tic: comcdia , IILon ' la e maldi cente, da Cralino, Ari 10-
Iau cl EUI'01i11 ; la nnova , dolce e Iacota,' da Iena nd r ,
F ile mone e Difìlo fur ono qua i negli anni rued esimi ritrova-
l , lasci ate iu uperahili, Le s étte de' filo ' oli zrandi qua. i
tutte inlomo a' I m pi di ce ra te romorcguìa ronu; si com
inl orno n IIUl'lIi di Isocrnt ~ I i ora tor i. I rnrnmati i , pillori,
sc ultor i, arch i! Ili Ili urido , tulli ue'{em pi ID rl6imi, qua.i
a sch i re vivuli sono. Né pure ai g re ci uomi li que lo adi-
venuto; ma pari ment e ai romani et a noi. .od: li imi ' nelln
t raaedia romana furono Accio , e "Ii altri Il 'tempi uoi. a
olia comedl ilio, T renzlo e fra n io , 11 l furono qua i,
in lilla la; Dm ' a one, Lucrezio , Orazio e r r"iIio nolln
pc ia; e Cic rone , Ort en s ìo , era so , C re e ,alone e l
Itri tanti nella loqu enzia. Dan le , il Petrarca e ' t c celo,
Ire lumi clelia lin eua no. tra , nell a no Ira città Il irouo l'un
dopo l'altro: e ch i gli ha pot uli a ~ ~ ua ;:liare? II icino, il
l'olizinno, D metrio , l' rcl ropi lo , l' Acciaiuolo , il Lnrnliuu,
'he l'ime- e r le lette re iII l tnlia , lulli furono al l mpo di 0-
ro nz o de' Medici; c qu esti n on già nella flneza d'Ile lettere,
ma bene nel concor o c num ero supe ra rono qu la L:l. I: ar-
chil ttura c le d ue alt r sorelle, col lume innauzi di . Ia ac-
cio, Pippo," Dona lo, rie bbero l' ant ico sp le nder . , ichcla-
nolo, da n a '110, dll J ndrea , dal S nn gnllo , d. alcuni
llri 'h e ono lati a' lempi de' nostri padri: u è prima di lor
IX.
FRAMMENTO DI NOVELLA.
x.
·QUA.L SU PIÙ UTILE, IL POETA. o L' ISTORICO. I
XI.
Quel desiderio naturale che banDO tutti gli uomini di
sapere, mosse da prima quelli antichi filosofi a voler ricer-
care le cagioni di quelli effetti, ch' essi tanti e si diversi ve-
devono e sI mirabili. Onde dal maravigliarsi nacque, come
ArÌstotile dice, il filosofare. I E cominciorno a considerare in
che modo le cose di questo universo si facessìrioj e parve loro
che tutte fussino insieme, e che le si facessìno l'una dell'al-
tra. Onde alcuni dissono, che quodlibtt ed in quolibet; che
ogni cosa era tramescolata d'ogni cosa; e che questo legno,
secondo loro, era composto di tutte le cose, di terra, di pie-
tra, di fuoco, d'osso: ma perché la parte maggiore é legno,
però si denomina da queRa. Ma questa opinione é riprovata
dal filosofo nel primo della Fisica. Simile a questa fa l' opi-
nione deno Epicuro, che disse che totte le 'cose si facevono
di queDi 'atomi che sono per l'aria, secondo che quelli a
caso s'abbattevono, appiccarsi insieme; e cosi tutte le cose
si facevono a caso. Ma questo non può essere; perché se le
cose non sono fatte da qualche intelletto che le ordini a
qualche fine, elle non possono essere fuor d'intenZione d'al-
cune: onde né
ancora a caso; non 'essendo altro venire una
cosa a caso, se non venire fuor di quello che era la ìnten-
zion prima.
Museo, poeta ateniese, come racconta Diogene Laerzio
a 10, fu il primo che disse, che totte le cose si facevono del
medesimo, e nel medesimo ritomavonol t E Lino, poeta te-
9'''''.... IX~UV o. IXV9'POl1tO. XIX' ."V
I Ecco il lUI o d'Ari.totil., .1.", TO
XIX' TO 'lrpl1>T01 'lpç IlevTO 'P,}oO'Oj'c, v. Ciò
nl. p.r le ec•• 6Jid>e, dOlI. quali la
m.rniglia è 6glia d.II' ignonn... madre del "P'''': qu.nlo poi .De morali, On-
aio dice" eea rlsioae:
Nil IIdlflirari p~ TU al 1UI4L•••
Sola,.... p« pouIIlllafW •• ..,...,. Hatur.
I Corr.s • risoh'eyoao••
Pft,40IOlBNTl mEDITI. aG9
bano nato di Mercurio e ·della musa Urania, disse che tutte
le cose furono insieme fatte; e il princtpio del suo poema
fu questo: Hv non T01'xp6~o~ OUTO~ EV"'CIl!"J ftCllVT' I7t~UllI!: n quale
seguitò Anassagora a 611: Omnia limul eranl, deinde acces-
siI meni rebus confu.is ordinandis. Gli Egizi dipoi disson
esser due cause, o vero principii di tutte le cose; n demone
buono et n malo; e l'uno dissero Giove et Oromasde; l'al-
tro, Plutone et Arimanio. Anassimandro disse, che tutte le I
cose eron fatte da un principio e da uno elemento im.~
menso..••., il quale non era aria né acqua né altro; le cu(
parti si mutavono, et il tutto restava immutabile. Il suo di-
scepolo Anassimene, che n principio di che son fatte tutte
le cose era l'aria; e questo era immenso. Archelao, discepolo
d'Anassagora, cogniominato fisico, per essere stato n primo
che portò! in Atene la filosofia naturale, disse che ilcaldo e
l'umido erono ] principii della generazione di tutte le cose.
Chi disse che da principio era una materia comune da per
sè stessa, a Dio equale (Bessarione, 17), e seconda cagione
(Bess, 18).
L'opinione del divinissimo Platone fu, che tutte le cose
uscìssìno da un primo principio, da lui chiamato ÀOyoç, n
quale non si esercita, secondo lui, a creare le cose visi-
bili e materiali, ma eonstìtuisee un secondo creatore, al
quale egli consegna la materia e le idee, nelle quali risgnar-
dando, introduca nella materia le .forme, a simiglianza di
queHe. Onde nel libro primo De rep. disse, che di tutte le
cose intelligibili era causa n bene, e di tutte le visibili il sole.
Aristotile disse, che le sustanzie eterne immateriali non fu-
rono mai create, e sempre fumo e sempre saranno, non
potendo non essere vnum princìpt'Mm......
XII.
Riccbeze vanno, come per doccioni dall' uno all' altro,
insino al ladro e al fisco.'
• VariaDte: • condusse.•
I Dalle po.tille agli OplUcoli di Plutarce.
FU.UENTI UlEDITI.
XIII.
Tura la finestra che risponde nella corte del ~icino, e
apri quella che guarda in camera tua.t
XIV.
Plutarco De socral. d03m.: rl. Abslmen!ìa eAim licitu 'A
'JoluplaLibus, exercilalio est ad ea qUlll prohibàta 'unt. J) Però
son buone ancora quell' opere che non ha comandate santa
Chiesa, nè si deono come superstizioni biasimare, perché
sono esercizio a quelle. l
XV.
Il cattivo stomaco e cattivo capo' fanno come dua cat-
tivi vicini che si fanno de' dispetti l'uno <in' altro. Lo sto-
maco manda de' fumi al capo, et il capo catarri allo stoma-
co. Il fegato troppo caldo trae a sè il calore dello stomaco e
lo raffredda; non altrimenti che un lume grande spegne un
piccolo, e il potente vicino occupa il terreno del povero.
XVI.
La medicina et il male son dua che si fanno guerra; il
paese è il corpo nostro che ne patisce sempre. Pero il medi-
carsi il manco che si può è la diritta. Ciamede diceva che le
medicine fanno come 'l piombino,! che sempre rompe qual-
che doccione.
XVII.
I fichi primaticci piacciono arati;· e nella fonda 5 si spre-
giano stagionati. A' tempi nostri le scarpe e le berrette del
XVllI.'
Diceva Tiberio: Tanto i bmtJi:ii rallegrano quanto si
pOSlOft renderè: gli eccesrivi .i pagano d'ingratilUdine. Per ciò
fogge ii fallito, benché assicurato lo faccia il credilore; e lo
scampato dallo affogare non puÒ vedere lo scampatore per
primo moto e impelo di ~alura.
XIX.
DELLA LI,NGUA PROPRIAMENTE FIORENTINA.
ransi ad alti atrari. :Ma quando ciò non succeda, e che le no-
stre proprietà non piacciano, con minore fatica sarà a la-
sciarle, potendosi, ancor senza queste, benchè a mio avviso
non cosi bene, questa ritrovata gran brevità del parla.. no-
stro adoperate.
xx.
DELLA M...NIE.... DI DIRE: LASCIARllIN SBCCO.
XXI.
Se gli animi de',,tiranni avessero sportello, noi vedrem-
mo là èntro i cani, i flagelli, cioè le loro crudeltà, .J.ibidini e
pessime pensate fare strazio di quelli animi, come de' corpi
gli spaventevoli stromenti, Nè gran fortuna, nè vila amena
petevan si fare che Tiberio stesso non conressasee i martori
e supplizii interni. Aristolile nel IX dell' Etica, c. a, diee e.
Che l' uomo.celleralo odia .è '~'IO; ,'uccide o nilfticli;~lWlla
"a in ,è che bene gli voglia; lo rode, lo lacera la 'WI CO.cinlla.
603
. TRATTATO
D,I GIOVANNI ANTONIO PO~CBI'
--- ..
Poiebè v~ è piaeintn, sì come è vostro solito, di fare
maggiore stima del giudizio mio, di quel c'he egli .~aglia,
chiedendomi parere (sendo voi risoluto di porre' una ragnaia)
del modo, che dovete tenere in eleggere il sito, che piante
vi si ricercano, e quanto debbauo esser lontano fra di toro,
.e 'Come debbano essere custodite e allevate fiuo al tempo di
. uceellarla, e quanto io stimi ,che per esser bella e buona le
si conveuga essere luuga e larga; io sebbeue uou so pìù: di
questa cosa, ch' io mi sappia dell' altre, tuttavolta sendone
da voi richiesto, vi dirò quello che a me ue paia: voi poi
col giudizio vostro esquisito, se cosa Dissuna ci sarà di buo-
no, l'andrete scegliendo e servendovene a quanto vi farà di
bisogno.
Dico adunque, che la ragnala, per mia eppìnìone è una
delle più belle e miglioli eommodìtà che po88ll avere una.
possessìone di qual si voglia genliluomo, avvengacliè questa,
oUre al far bella vista e ornamento alla villa tua, se è posta
però In luogo accomodato, ti tiene, oltre al piacere che dura
molli mesi dell' anno, la-casa abbondaate tutto il tempo ehe
t l'l.q". nel U5t , mori nel t616. Fu conlol. nell' A.!,"cIemlo /lorentina
...1 t!l95: Ira gli AIler ali li cbiamò lo SVII~ittlO.I'IlCl'fllier di Iin surlno, ...
natoreJ e commilurio.• Pi.ltoia, dO't'e fu lodato in 'fmi d. mODligaor GicwlDDi
Vil.onli. (Ve.li Salv, FII6'" CO"s., plg. 33~.)
I Vedi nel Tal. l, la Bi6li08""fi". pag. tYI.
6001 DEL MODO DI .UlfrAllE & CCSTODIU ClU UGIUU.
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