Le forme di governo secondo Aristotele tempo, decisero di rientrare in casa e assassinarlo tutti in-
sieme. Labda, stando accanto alla porta, udì i loro discorsi,
1. ARISTOTELE, Politica IV 1295a: Quanto alla tirannide, nel e nel terrore che prendessero nuovamente il bambino e lo
nostro esame della regalità abbiamo proposto di distin- uccidessero andò a nasconderlo nel luogo secondo lei più
guerne due specie, sia perché la loro natura si avvicina an- insospettabile – una cassa – sapendo che se fossero tornati
che in qualche modo alla natura della regalità, sia perché indietro per cercarlo avrebbero frugato dappertutto. E così
questa due forme di potere si fondano entrambe sulla fu: entrarono e perquisirono, ma visto che il bambino era
legge (...). Queste due specie sono (...) di tipo regale, in sparito decisero di andarsene e riferire a chi li aveva man-
quanto il monarca regna secondo la legge e col consenso dati di essersi attenuti fedelmente agli ordini. Così raccon-
dei sudditi, ma di tipo tirannico, perché il potere viene tarono al loro ritorno. Poi il figlio di Eezione crebbe: per
esercitato in modo padronale e secondo il proprio arbitrio. essere scampato a questo pericolo fu chiamato Cipselo, dal
Una terza specie di tirannide è quella che viene solita- nome della cassetta. Divenuto adulto, Cipselo, consultando
mente ritenuta la tirannide per eccellenza, e che corri- a Delfi l’oracolo, ricevette un responso indiscutibilmente
sponde alla regalità assoluta. In questo genere di tirannide propizio, e confidando in esso attaccò Corinto e se ne im-
rientra il regime in cui il monarca esercita un potere senza padronì. (...)
responsabilità su uomini che sono uguali o superiori a lui Dopo trent’anni di regno compì felicemente il corso
in vista del suo proprio interesse, e non nell’interesse dei della propria esistenza e gli successe al potere il figlio Pe-
governati (...). riandro. Periandro all’inizio era più mite del padre, ma
dopo essere entrato in rapporto con il tiranno di Mileto,
Trasibulo, divenne ancora più sanguinario di Cipselo. In-
La tirannide a Corinto
fatti aveva inviato a Trasibulo un araldo per chiedergli
quale fosse il metodo di governo più sicuro da adottare per
2. ERODOTO V 92: A governare Corinto erano i cosiddetti governare i propri concittadini. Trasibulo condusse l’inca-
Bacchiadi, che contraevano matrimoni solo al proprio in- ricato di Periandro fuori della città ed entrò in un campo
terno. Uno di loro, Anfione, aveva una figlia storpia di coltivato: camminando in mezzo alle messi, lo interrogava
nome Labda; e poiché nessun Bacchiade voleva sposarla se e reinterrogava sul motivo della sua venuta e nel con-
la prese Eezione figlio di Echecrate, del demo di Petra. Ee- tempo recideva tutte le spighe più alte, finché così facendo
zione non riusciva ad avere figli né da questa donna né da non ebbe distrutto la parte più bella e rigogliosa delle
un’altra; perciò si recò a Delfi per avere consigli sulla pro- messi. Traversato il campo, congedò l’araldo senza avergli
pria capacità di procreare. Mentre entrava nel tempio la dato alcun consiglio. Al ritorno a Corinto l’araldo riferì a
Pizia lo salutò con queste parole: «Eezione, nessuno ti Periandro che Trasibulo non gli aveva suggerito nulla; e
rende onore, benché tu ne sia assai degno. Labda è incinta aggiunse di stupirsi di essere stato inviato da un demente,
e partorirà un macigno, che cadrà su chi ha il potere e pu- da uno che si autodanneggiava: e gli raccontò quanto
nirà Corinto». La profezia resa a Eezione giunse alle orec- aveva visto fare a Trasibulo. Ma Periandro comprese il
chie dei Bacchiadi; essi non erano riusciti a interpretare un messaggio, cioè che Trasibulo gli consigliava di eliminare i
precedente responso su Corinto che coincideva con quello cittadini più eminenti; e a questo punto mostrò per intero
di Eezione e diceva: «Un’aquila è gravida sulle rocce, e darà ai Corinzi la propria malvagità. Gli assassinî e le persecu-
alla luce un leone feroce carnivoro: a molti piegherà le gi- zioni che Cipselo non aveva compiuto, Periandro li con-
nocchia. Rifletteteci bene, Corinzi, che abitate intorno alla dusse a termine.
bella Pirene e alla ripida Corinto». Il responso precedente-
mente dato ai Bacchiadi era oscuro, ma quando appresero
Policrate di Samo
quello ricevuto da Eezione subito compresero anche il
primo; ma per il momento non fecero nulla, avendo inten-
zione di eliminare il figlio di Eezione quando fosse nato. 3. ERODOTO III 39-43; 120-125: Mentre Cambise muoveva
Appena sua moglie ebbe partorito mandarono dieci di contro l’Egitto, anche i Lacedemoni fecero una spedizione
loro nel demo in cui viveva Eezione, allo scopo di uccidere contro Samo e Policrate figlio di Eace, il quale se n’era con
il neonato. Giunti a Petra, costoro si presentarono a casa di una rivolta impadronito. 2. Egli aveva dapprima divisa la
Eezione e chiesero del bambino. Labda, ignorando le ra- città in tre parti e l’amministrava con i fratelli Pantagnosto
gioni della loro venuta e credendo che volessero vederlo e Silosonte. Ma uno poi, Pantagnosto, lo uccise, e Silosonte,
per amicizia verso il padre, lo andò a prendere e lo diede il più giovane, lo cacciò, impadronendosi di tutta Samo. E,
in braccio a uno di loro. Strada facendo essi avevano deciso signore della città, aveva stretto un patto di ospitalità con
che il primo ad avere in mano il bambino avrebbe dovuto Amasi il re di Egitto, col quale scambiava doni. 3. E in po-
scaraventarlo per terra. Ma quando la donna lo portò e lo chissimo tempo la sua potenza aumentò, celebrata per la
diede loro, per sorte divina il neonato sorrise all’uomo che Ionia e per il resto dell’Ellade. Ovunque rivolgesse le armi
l’aveva preso, e a questi pianse il cuore all’idea di ucci- tutto gli riusciva felicemente. 4. Possedeva cento pente-
derlo. Mosso dunque a compassione, lo porse al secondo, e contori e mille arcieri. E prendeva e toglieva a tutti senza
il secondo al terzo; e così il bambino passò fra le braccia di distinzione di persona; perché diceva che all’amico si fa-
tutti e dieci senza che nessuno si decidesse ad ammazzarlo. ceva più piacere restituendogli ciò che gli si era preso, an-
Restituirono l’infante alla madre e uscirono; poi fermatisi ziché non prendendogli nulla del tutto. E aveva conqui-
sulla soglia cominciarono ad accusarsi a vicenda, rimpro- stato molte isole e anche molte città del continente. Tra
verando soprattutto al primo che l’aveva avuto in mano di l’altro, vinti sul mare i Lesbi, che con tutte le loro forze
non aver agito come convenuto. Infine, dopo un po’ di soccorrevano i Milesi, ne prese prigionieri molti, i quali,
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Le tirannidi nella Grecia arcaica
messi in catene, scavarono tutta la fossa intorno al muro che vi era stato insediato da Ciro. Questi volse l’animo ad
di Samo. un’empia impresa. Benché non avesse ricevuto nessun
[40] Ma Amasi, al quale è da ritenere che la grande pro- torto da Policrate di Samo, né avesse da lui udita alcuna
sperità di Policrate non sfuggisse, se ne preoccupava. E, parola sconsiderata, e senza anzi averlo ancora nemmeno
poiché la sua prosperità aumentava ancora di molto, gli veduto, bramò impadronirsene per metterlo a morte, e
scrisse una lettera, e inviò a Samo questo messaggio: vuole, la versione più diffusa, che il motivo fosse il se-
«Amasi a Policrate. 2. Dolce cosa è sentire che un amico e guente. 2. Se ne stava Orete alla porta del Re con un altro
ospite ha fortuna: ma a me, che so come la divinità sia ge- Persiano il cui nome era Mitrobate, governatore del dipar-
losa, i tuoi grandi successi non piacciono. A una fortuna timento di Dascilio, ed erano venuti, durante la conversa-
ininterrotta io preferirei, per me e per quelli che mi inte- zione, a diverbio. Discutevano di valentia; e Mitrobate ad
ressano, successi alternati a rovesci, e in quest’alternativa Orete: 3. «Che uomo sei!», aveva rinfacciato, «nemmeno
trascorrere la vita; 3. giacché non ho ancora sentito par- hai saputo conquistare al Re l’isola di Samo, sita presso il
lare di alcuno che, sempre favorito dalla sorte, non sia da tuo dipartimento! un’isola così facile da sottomettere, che
ultimo finito male, con le radici al sole. 4. Ora ascoltami e uno del luogo, sollevatosi, con quindici opliti se n’è impa-
combatti la tua buona fortuna. Rifletti, cerca che cosa ab- dronito, e n’è adesso il tiranno». 4. Dicono appunto gli uni
bia per te il maggior pregio, e la cui perdita sia per afflig- che nel sentir ciò e soffrendo dell’insulto, non tanto bramò
gerti più gravemente: sarà questa la cosa di cui devi di- Orete vendicarsi di chi gli aveva lanciato quella frase,
sfarti in modo che più non torni al mondo. E se in seguito i quanto di fare la completa rovina di Policrate, occasione
successi non ti coglieranno alternandosi con le sventure, dell’oltraggio.
tu rimedia nella maniera che ti ho suggerita». [121] Raccontano invece altri, meno numerosi, che
[41] Policrate lesse la lettera e capì che Amasi gli dava avesse Orete spedito a Samo un araldo per chiedere una
un buon consiglio. Cercò quale fosse l’oggetto prezioso per cosa qualsiasi – quale fosse non è detto –. Policrate si tro-
la cui perdita si sarebbe maggiormente rattristato, e cer- vava sdraiato nella sala degli uomini con accanto pure
cando trovò questo: aveva un sigillo che egli soleva portare Anacreonte di Teo; 2. e, o finse deliberatamente perché di-
legato in oro, scolpito in uno smeraldo e opera di Teodoro sprezzasse la potenza di Orete, o fu un capriccio del caso:
figlio di Telecle, da Samo. 2. Decise di disfarsene e fece così: fatto sta che, mentre l’araldo di Orete si presentò e gli par-
equipaggiò una pentecontera, vi si imbarcò, e comandò di lava, sarebbe avvenuto che Policrate, rivolto contro il
andare al largo. E quando fu lontano dall’isola si tolse, in muro, non si sia mosso e non gli abbia risposto.
vista di tutti i compagni di navigazione, il sigillo, e lo gettò [122] Sono queste le due spiegazioni che si danno della
nel mare. Ciò fatto virò di bordo e tornò nella sua casa; e si morte di Policrate, e ognuno può credere a quella delle due
rattristava per quella perdita. che preferisce. Orete dunque, il quale risiedeva a Magne-
[42] Ma il quinto o sesto giorno dopo di questo gli av- sia, sul fiume Meandro, mandò a Samo come latore di un
venne quanto segue. Un pescatore, che aveva preso un messaggio Mirso figlio di Gige, personaggio lidio. Egli era a
grande e bel pesce, lo ritenne degno di essere regalato a conoscenza dei piani di Policrate. 2. Il quale è il primo degli
Policrate. Lo portò quindi al palazzo e disse di voler essere Elleni da noi conosciuti che abbia pensato al dominio del
condotto alla sua presenza. Ciò gli fu accordato, ed offren- mare, oltre a Minosse di Cnosso e a qualche altro re del
dogli il pesce: 2. «O re», gli disse, «ho preso questo pesce, mare prima di questi: nell’epoca cosiddetta degli uomini
ma non mi è parso opportuno, benché io viva del mio me- Policrate fu il primo; e aveva buone speranze di regnare
stiere, recarlo al mercato. Mi sembrò che fosse degno di te, sulla Ionia e sulle isole. 3. A conoscenza dunque di questi
che sei un principe. A te dunque lo porto e l’offro». Lieto di suoi piani, gli mandò Orete un messaggio così concepito:
questo linguaggio: «Hai fatto benissimo», gli rispose Poli- «Dice Orete a Policrate: Apprendo che volgi in mente
crate. «Ti sono, per le parole e per il dono, doppiamente grandi imprese, ma che non hai denaro adeguato alle tue
grato; e ti invitiamo a cena». 3. Fiero dell’invito, il pesca- aspirazioni. Orbene, se mi ascolti avrai successo ed anche
tore se ne tornò a casa. I servitori aprirono il pesce; e gli salverai me. Contro me il Re Cambise ordisce morte e ciò
trovarono nel ventre il sigillo di Policrate. 4. Lo videro, lo mi viene riferito con certezza. 4. Tu dunque porta via da
presero, e subito festanti glielo portarono. E gli riferirono, qui la mia persona ed i denari, dei quali terrai tu la metà e
nel porgerglielo, come l’avessero trovato. Sorse in Poli- lascerai a me l’altra; sicché potrai, quanto a denari, re-
crate l’idea che l’avvenimento avesse origine divina, e gnare su tutta l’Ellade. E se non credi a ciò che ti garantisco
scrisse in una lettera tutto quello che aveva fatto e che sul mio tesoro, mandami il tuo uomo più fidato, al quale lo
cosa gliene era venuto. La scrisse e la consegnò perché mostrerò».
fosse portata in Egitto. [123] Lieto del messaggio, Policrate accettò. E, poiché
[43] Ma Amasi capì, leggendo la lettera che gli giunse, pare che avesse gran sete di denaro, mandò prima Mean-
che a nessuno era possibile sottrarre un altro a ciò che drio figlio di Meandrio, un concittadino che era suo impie-
deve avvenire; e che Policrate, che per la sua gran fortuna gato (non passò molto che costui offrì al tempio di Era
ritrovava anche ciò di cui aveva voluto disfarsi, non sa- tutta la suppellettile proveniente dalla sala degli uomini di
rebbe finito bene. 2. E gli inviò a Samo un araldo per di- Policrate, mobilio degno di nota). 2. Ma ecco che cosa fece
chiarargli che denunziava il trattato di ospitalità. Fece così Orete, come seppe che ci si doveva attendere l’inviato per
perché, quando una grande e terribile sventura avesse col- l’inchiesta: riempì otto casse di pietre, tranne un orlo
pito Policrate, non avesse egli a soffrirne come per un molto sottile; coprì le pietre di uno strato d’oro, legò le
ospite. casse e le tenne pronte. Meandrio venne, guardò, e riferì a
[120] Verso il tempo della malattia di Cambise avveniva Policrate.
quanto segue. Era governatore di Sardi Orete, un Persiano
2
Le tirannidi nella Grecia arcaica
[124] E questi, nonostante che gli indovini energica- golfo Termaico; quindi da lì si trasferì nel territorio del
mente lo dissuadessero, ed energicamente lo dissuades- Pangeo, dove si arricchì e raccolse soldati. Recatosi infine
sero gli amici, e benché inoltre anche la figlia avesse avuto a Eretria all’undicesimo anno, mise in atto un nuovo ten-
in sogno questa visione: che il padre, sospeso in aria, fosse tativo di riconquistare il potere, incoraggiato da molti e
lavato da Zeus e unto dal sole, si dispose al viaggio. 2. La specialmente dai Tebani, da Ligdami di Nasso e dai cava-
figlia aveva avuto quella visione e fece di tutto perché Po- lieri che governavano Eretria. Vinta una battaglia presso il
licrate non andasse da Orete; e anche mentre egli saliva tempio di Atena Pallenide, conquistò la città, disarmò il po-
sulla pentecontoro esprimeva funebri presagi. Egli la mi- polo e conservò stabilmente la tirannide (546 a.C.); e dopo
nacciava che se fosse tornato salvo l’avrebbe fatta rima- aver occupato Nasso, vi pose al governo Ligdami. (...)
nere zitella per tutta la vita; ed ella pregò che ciò si avve- [16] Pisistrato governava la città con equilibrio, più da
rasse: perché preferiva rimanere zitella anziché priva del concittadino che da tiranno. Nel complesso, infatti, era ge-
padre. neroso, mite e clemente con chi sbagliava, e inoltre pre-
[125] Ma Policrate incurante di ogni consiglio si recò da stava denaro ai poveri per i lavori, cosicché questi si gua-
Orete, imbarcando con sé molti della sua corte, fra cui il dagnavano da vivere facendo gli agricoltori. Agiva così per
crotoniate Democede di Callifonte, medico, e dei primi due ragioni: affinché essi non vivessero ammassati in città
nell’arte fra i contemporanei. 2. E, giunto a Magnesia fece ma sparsi per la campagna e affinché – godendo di una mo-
una mala morte, indegna di un signore magnanimo come desta agiatezza e occupandosi dei loro affari privati – non
lui; perché, tranne quelli che furono tiranni dei Siracusani, desiderassero né avessero il tempo di occuparsi di quelli
nemmeno uno degli altri tiranni ellenici è degno di essere pubblici. Contemporaneamente riuscì anche ad aumen-
per la sua magnificenza paragonato a Policrate. 3. Orete lo tare le entrate grazie al lavoro della terra: sui prodotti in-
uccise in una maniera che non conviene riferire e lo fece fatti riscuoteva le decime. Perciò creò i giudici dei demi ed
crocifiggere; e mandò liberi tutti quelli che fra gli uomini egli stesso andava spesso in campagna a ispezionare e a
del seguito erano Sami, esortandoli a serbargli gratitudine mettere pace fra i contendenti, affinché non trascurassero
della libertà restituita; mentre tenne in schiavitù quanti il lavoro per venire in città. Si dice che fu in occasione di
erano stranieri e schiavi di quelli del seguito. 4. E per Poli- una di tali visite che avvenne l’incontro fra Pisistrato e il
crate, che fu sospeso in alto, si avverò per intero ciò che contadino dell’Imetto, nella località poi detta “campo
sua figlia aveva visto in sogno: era, quando pioveva, lavato franco”. Vedendo un tale che scavava e lavorava una terra
da Zeus, ed era unto dal sole che distillava umori dal suo piena di pietre, si meravigliò e disse al proprio schiavo di
corpo. Tale fine ebbe la grande prosperità di Policrate: chiedergli che cosa producesse quel terreno, e il contadino
Amasi, il Re d’Egitto lo aveva presentito. rispose: «Soltanto disgrazie e dolori, e su di esse bisogna
dare la decima a Pisistrato!». Quell’uomo aveva risposto
Pisistrato di Atene così perché non lo conosceva, ma Pisistrato, compiaciuto
della sua franchezza e laboriosità, lo esentò da ogni tri-
4. ARISTOTELE, Costituzione degli Ateniesi 14-17: Pisistrato, che buto. Nemmeno nel resto egli tormentava il popolo con il
godeva fama di uomo quanto mai democratico e si era co- proprio governo, anzi gli procurava sempre tranquillità e
perto di gloria nella guerra contro Megara, si procurò da manteneva la pace; per questo si ripeteva spesso che la ti-
solo una ferita e persuase il popolo, su proposta di Ari- rannide di Pisistrato era come vivere al tempo di Crono.
stione, a concedergli una guardia del corpo, dichiarando di (...) Ma soprattutto veniva elogiato il suo carattere demo-
avere subito ciò da parte degli avversari politici. Ottenuti cratico e socievole. In genere teneva a governare ogni cosa
dunque i cosiddetti mazzieri, insieme a loro fece una rivo- secondo le leggi, senza concedersi nessun privilegio; e un
luzione contro il popolo e occupò l’Acropoli trentun anni giorno, citato in giudizio per omicidio davanti all’Areo-
dopo la legislazione di Solone, nell’arcontato di Comeo pago, si presentò personalmente per discolparsi, mentre
(561 a.C.). (...) Pisistrato, preso il potere, amministrò la cosa l’accusatore, impaurito, lasciò cadere l’accusa. Perciò ri-
pubblica più da concittadino che da tiranno. Ma prima che mase a lungo al potere, e quando venne cacciato lo riprese
il suo potere si consolidasse i partigiani di Megacle e di Li- facilmente. Infatti gli era favorevole la maggioranza dei
curgo si misero d’accordo e lo cacciarono nel sesto anno nobili e dei democratici, giacché gli uni se li conciliava con
dopo la prima conquista del potere, durante l’arcontato di le relazioni personali, gli altri soccorrendoli nei loro affari
Egesia. Ma undici anni più tardi Megacle, soccombendo privati; ed era proprio fatto per piacere a entrambi.
alla discordia civile, richiamò Pisistrato a condizione che [17] Pisistrato dunque invecchiò al potere e morì di ma-
sposasse sua figlia, e gli restituì il potere in un modo molto lattia sotto l’arcontato di Filoneo (527 a.C.), trentatré anni
tradizionale e semplicissimo: dopo aver sparso la voce che dopo la sua prima tirannide, rimanendo in carica per di-
Atena stava riconducendo Pisistrato in patria, egli trovò ciannove anni, mentre gli altri li passò in esilio.
una donna alta e bella, la travestì da dea e la fece entrare
in Atene insieme a Pisistrato; e questi avanzava su un coc- I figli di Pisistrato
chio affiancato dalla donna, e i cittadini lo accolsero con
venerazione e meraviglia. 5. TUCIDIDE VI 54-59: Dunque Pisistrato si spense, già vec-
[15] Così avvenne dunque il suo primo ritorno. Ma poi chio, mentre era tiranno: e a salire al potere, in qualità di
perse di nuovo il potere, esattamente sei anni dopo il ri- primogenito, fu Ippia, e non Ipparco, come pensa la gente.
torno: infatti non riuscì a mantenersi sul trono a lungo, e Armodio, divenuto sempre più bello, fece innamorare di sé
poiché non voleva convivere con la figlia di Megacle fuggì Aristogitone, un Ateniese del ceto medio, e ne divenne
di nascosto, temendo entrambi i partiti (555 a.C.). Dap- amante; ma contemporaneamente fu oggetto di pressanti
prima colonizzò una località chiamata Rechelo presso il attenzioni anche da parte di Ipparco, il figlio di Pisistrato,
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Le tirannidi nella Grecia arcaica
cui però non cedette: anzi rivelò l’intrigo ad Aristogitone. determinata località, con l’ordine di recarvisi subito e di-
Costui, trafitto dalla gelosia e trepidando al sospetto che sarmati. Quelli vi andarono, pensando a qualche comuni-
facendo pesare la sua potenza Ipparco costringesse il suo cazione da parte di Ippia; egli invece, dopo aver ordinato
amato, nell’impeto dell’ira decise di rovesciare il tiranno ai propri mercenari di chiudere a chiave quelle armi, se-
con i mezzi che il proprio grado sociale gli offriva. Frat- parò gli individui sospetti del crimine e chiunque fosse
tanto Ipparco, cui nuove premure erano valse ancor meno scoperto in possesso di un pugnale (...).
a sedurre Armodio, pur essendo intenzionato a non abu- [59] Così da una piaga d’amore nacque il primo impulso
sare della propria autorità si propose tuttavia un gesto che di Armodio e Aristogitone all’attentato, e per reazione a un
nascondesse la propria vera intenzione, quello cioè di umi- fulmineo sgomento quel loro gesto di audacia irriflessiva;
liarlo e ferirlo. Eccettuato quest’episodio in complesso il mentre agli Ateniesi, in conseguenza del fatto, toccò di su-
potere di Ipparco parve più che tollerabile alla maggio- bire una tirannide più aspra e pesante. Per Ippia ormai la
ranza, ed egli poté esercitarlo salvo da astiosi malumori. vita era una catena sempre più pesante d’angosce. Si mol-
Resta da dire che i Pisistratidi, più a lungo di qualunque tiplicarono le esecuzioni capitali, mentre il tiranno ten-
altra dinastia dominante, applicarono alla propria tirannia tava continui approcci con paesi stranieri per veder di di-
i principi dell’integrità morale e dell’intelligenza politica: sporre, qui o là, di un asilo fidato, se fosse esplosa la rivolta.
benché tassassero gli ateniesi solo in ragione di un vente- (...). Ippia detenne la tirannide ad Atene ancora per tre
simo della loro rendita, conferirono alla città un aspetto anni, finché, dopo essere stato deposto nel quarto da
urbanistico e architettonico ricchissimo, organizzarono Sparta e dai fuoriusciti della famiglia degli Alcmeonidi (511
più d’una campagna militare e votarono vittime nei san- a.C.), si rifugiò con un lasciapassare a Sigeo e di lì a
tuari. (...) Lampsaco presso Eantide, donde proseguì alla volta della
[56] Ipparco, attuando la tattica premeditata, offese Ar- corte di Dario. Da lì, diciannove anni più tardi, partì ormai
modio, che aveva disprezzato le sue profferte. Una sua so- vecchio per seguire la spedizione persiana fino a Mara-
rella vergine era stata prescelta dai Pisistratidi a parteci- tona.
pare come canefora a una processione, ma poi essi annul-
larono l’invito aggiungendo anzi che per quella giovane la Cronologia delle tirannidi greche
convocazione non era mai stata fatta perché ne era inde-
gna. Il risentimento di Armodio esplose aspro, e per amor Tirannidi d’Asia Minore
suo vibrò ancor più acuto in Aristogitone. Ogni dettaglio
dell’attentato venne messo a punto tra gli aderenti al com- Mileto: Trasibulo (fine VII secolo a.C.)
plotto. Essi attesero le grandi Panatenee, un’occasione Mitilene: Melancro, Mirsilo
unica per dei cittadini di assiepandosi in armi a lato del sa- Samo: Demotele (600 a.C.); Policrate
cro corteo senza destar sospetti. Il primo colpo era asse-
gnato ad Armodio e Aristogitone; i compagni avrebbero Tirannidi greche:
poi dato man forte bloccando i lancieri di scorta. Ragioni
di prudenza imponevano un limite rigido alla cerchia della Sicione: Ortagoridi
congiura, ma ci si aspettava che anche chi non ne era al Corinto: Cipselo (657); Periandro
corrente trovasse, in quell’istante cruciale, la spinta a coo- Atene: Pisistrato (561-527); Ippia (527-514)
perare alla propria liberazione.
[57] Venne la data solenne: e Ippia, in compagnia dei Tirannidi occidentali:
lancieri, fuori delle mura, nel cosiddetto Ceramico, distri-
buiva i vari compiti per procedere a un ordinato svolgi- Lentini: Panezio (615 a.C.)
mento del sacro corteo. Armodio e Aristogitone, con pu- Agrigento: Falaride (571-555); Telemaco? (dal 555); Alc-
gnali alla mano, si avvicinarono al loro bersaglio: ma a un mene e Alcandro; Terone (489-472); Trasideo (472 a.C.)
tratto notarono uno del complotto che conversava confi-
denzialmente con Ippia – che era di carattere socievole – e Gela: Cleandro (505-498); Ippocrate (498-491): Gelone
un brivido li scosse. Ipotizzarono subito il tradimento, e si (491-478)
sentivano già le catene al collo, sicché sui due piedi deci- Siracusa: Gerone I (485-466); Trasibulo (466-465); Dionisio
sero – se fosse venuto a tiro – di farla pagare comunque a I (405-367); Dionisio II (367-357); Dione (357-354); Callippo
quell’individuo che li aveva oltraggiati e contro cui, per (354-353); Ipparino (353-351); Niseo (351-347); Dionisio II
vendicarsi, rischiavano la vita. Così come si trovavano (347-344); Timoleonte (344-336)
piombarono in città attraverso una porta e si imbatterono
in Ipparco nel quartiere chiamato Leocorio, dove, senza ri-
flettere (...) lo aggredirono e a pugnalate lo finirono. Ari-
stogitone, per il gran concorso di folla, sfuggì sul momento
alla cattura dei lancieri, ma poco più tardi fu arrestato e
messo a morte senza pietà. Armodio cadde all’istante, sul
posto.
[58] Quando Ippia fu raggiunto dalla notizia nel Cera-
mico accorse non sul luogo dell’uccisione, ma verso gli ar-
mati che scortavano la processione, prima che li si infor-
masse dell’attentato. Compose sul volto un’espressione
impenetrabile, estranea alla disgrazia, e indicò loro una