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DIRITTO DEI TRASPORTI

Le fonti del diritto

Le fonti normative sono tutte le norme che regolano e disciplinano il diritto, nel nostro caso il diritto dei
trasporti. L’aspetto fondamentale in questo settore è quello di dare un ordine gerarchico a queste fonti.
In presenza di due testi normativi diversi che regolano e disciplinano lo stesso argomento e lo stesso tema,
ma con principi diversi e contrastanti. Quale norma prevale sull'altra? -> Gerarchia delle fonti

Quali sono le prime fonti normative?

• DIRITTO SOVRANAZIONALE: Una normativa che non è interna o italiana, ma è una normativa che è
rivolta a più Stati.
a. Le Convenzioni Internazionali: sono la principale fonte del diritto sovranazionale. Le
Convenzioni Internazionali sono strumenti per prevenire l'insorgere di conflitti di legge
contrattuali ed extracontrattuali. Un conflitto di legge si presenta nel caso di un rapporto
in cui vi sono elementi di sovra-nazionalità. Vuol dire che c'è un rapporto dove sono
coinvolti soggetti di nazionalità diversa, o veicoli con nazionalità diversa, oppure luoghi di
diversi Stati, zone di mare sotto la giurisdizione di Stati diversi. È quindi un rapporto che
non si esaurisce all'interno dello Stato. In questa situazione se viene a crearsi una
controversia (Es. risarcimento, o responsabilità) si pone il problema dell'individuazione
della normativa nazionale applicabile.
Questo problema di capire qual è la legge nazionale applicabile può riguardare:

i. Rapporti CONTRATTUALI
ii. Rapporti EXTRA CONTRATTUALI

RAPPORTO CONTRATTUALE: Ad esempio un contratto di trasporto tra un mittente di nazionalità A (il


caricatore A), un vettore (colui che trasporta) di nazionalità B e un destinatario di nazionalità C, attraverso
un veicolo di nazionalità D, che parte da uno Stato E, e va in uno Stato F. Se ci sono dei danni al carico,
quale legge deve essere applicata? Questo è un conflitto di legge, ed è un problema perché
le leggi nazionali disciplinano un conflitto in modo diverso tra loro. Le parti coinvolte cercheranno di far
applicare la legge a esse più conveniente, ma qui c'è un conflitto.

RAPPORTO EXTRACONTRATTUALE: Nave che batte bandiera A (Nave iscritta a registro di Stato, quindi, ha
una determinata nazionalità) che urta contro una nave di nazionalità B in una zona di mare sotto la
giurisdizione di uno Stato C. (Es. nave francese contro nave inglese nel porto di Genova). Quale legge si
applica? Si crea un conflitto di legge.

La differenza sta nel fatto che nel primo caso c'è un rapporto contrattuale, e nel secondo non c'è un
contratto.
Di fronte a questo problema vengono in aiuto le Convenzioni Internazionali, che sono strumenti che
servono a prevenire l'insorgere di conflitti di leggi contrattuali ed extracontrattuali.
È importante il concetto per il quale, le Convenzioni Internazionali servono a prevenire un conflitto prima
che nasca, e non per risolverlo.

Le Convenzioni Internazionali nel momento in cui vengono recepite dagli Stati, si applicano al posto delle
leggi nazionali (prevalgono su esse).
Nell'esempio del rapporto extracontrattuale: se gli Stati coinvolti hanno recepito una determinata
Convenzione e ci sono le condizioni per applicarla a questo punto non si useranno le leggi nazionali ma si
applicherà la Convenzione per l'intero rapporto a prescindere dal fatto che ci siano soggetti di nazionalità
diversa. La Convenzione fa sì che il problema non si ponga: non interessano più le leggi nazionali.
La Convenzione Internazionale viene denominata anche come Atto Normativo di Diritto Internazionale
Uniforme (perché la Convenzione detta regole uniformi e uguali che si applicano in tutti gli Stati che hanno
aderito alla Convenzione). Le Convenzioni Internazionali sono redatte da appositi organismi che hanno
competenza Internazionale.
Le principali Organizzazioni Internazionali sono:
• UNCTAD (United Nation Conference on Trade and Development) che è un'organizzazione in campo
marittimo che riguarda i paesi in via di sviluppo
• IMO (International Maritime Organization) per tutti gli aspetti della sicurezza marittima.
• Nel settore aereo c'è ICAO Organizzazione Internazionale per l'aviazione civile che si occupa degli
aspetti del trasporto aereo.
• Nel trasporto ferroviario c’è l’OTIF.

Le Convenzioni Internazionali vengono redatte da queste ed altre organizzazioni internazionali minori, a cui
partecipano i Delegati dei vari Stati. Essi si riuniscono per stendere il testo di una Convenzione
Internazionale. I lavori di stesura di una Convenzione sono molto lunghi. Perché ci sono dietro interessi
molto diversi tra di loro, c'è la partecipazione di Stati molto diversi e diversamente sviluppati. Ci vogliono
anche anni per arrivare al testo finale di una Convenzione. Quando tutti i rappresentati degli Stati
raggiungono un accordo la Convenzione viene firmata. La firma viene messa sul testo finale della
Convenzione. La firma è una dichiarazione e certificazione da parte dei rappresentanti dei vari Stati che
partecipano all'Organizzazione di aver partecipato ai lavori di stesura e che quello firmato è il testo
definitivo della Convenzione. La firma è una dichiarazione dell'accordo raggiunto sul testo normativo, sul
quale non si faranno più delle modifiche.
La firma non vincola gli Stati firmatari, firmare non significa impegnarsi a rispettarla.
Le Convenzioni sono tutte chiamate con il nome di una città e sono seguite da una data (Es. Bruxelles 1924).
La città sta per il luogo dove è stata firmata la Convenzione. La data indica l’anno della firma.
Dopo che viene firmata, c'è un processo di pubblicità attraverso siti web, convegni, pubblicazioni e studi da
parte degli esperti del settore. L'obiettivo è quello di dare la massima pubblicità in tutto il mondo, perché
non tutti gli Stati partecipano a una data Organizzazione. Potrebbero esserci Stati che non hanno firmato la
Convenzione, ma che vorrebbero applicarla, quindi, la Convenzione deve essere nota a tutti affinché anche
gli Stati che non hanno partecipato se lo desiderano possano applicare la Convenzione.

Lo strumento più comune per esprimere la volontà di applicare la Convenzione è la ratifica: se uno Stato
vuole impegnarsi a rispettare una data Convenzione, deve emanare una legge nazionale che si chiama
“Legge di Ratifica”.
Questa legge di ratifica è formata da un solo articolo, con questa legge lo Stato dichiara di voler applicare
sul suo territorio, quella determinata Convenzione. Nella legge di ratifica è riportato in allegato il testo della
Convenzione che viene recepito senza modifiche. (Ci sono più versioni ufficiali delle Convenzioni,
normalmente almeno inglese e francese, non ci sono contesti ufficiali italiani).
Per applicare la Convenzione non basta la legge di ratifica. Lo Stato deve depositare lo strumento di ratifica
all'Organizzazione Internazionale che ha redatto ed emanato la Convenzione.
La comunicazione e il deposito da parte dello Stato, della legge di ratifica all'Organizzazione, è importante
per due motivi:

1) Una Convenzione per entrare in vigore necessita che sia raggiunto un numero minimo di
ratifiche indicate nella Convenzione stessa e la Convenzione si applica solo raggiunto il numero
minimo di ratifiche e si applica solo a chi ha ratificato, non basta aver firmato. (Es. Se sono
necessarie 30 ratifiche, finché almeno 30 Stati, non depositano la legge di ratifica, la Convenzione
non entra in vigore). Gli Stati che ratificano sono gli Stati CONTRAENTI, sono quelli che si
impegnano al rispetto della Convenzione. Gli Stati contraenti di una Convenzione possono essere
Stati Membri dell'UE e/o paesi Extra Comunitari.
2) La pubblicità serve per rendere noto a tutti gli altri Stati chi sono gli Stati contraenti. La pubblicità
avviene nel sito web dell'Organizzazione Internazionale ed è aggiornato ogni 2/3 mesi.

La legge di ratifica di una Convenzione è considerata una legge speciale, quindi, prevale su tutte le leggi,
precedenti e successive su quella materia.

Occorre distinguere:
• STATI FIRMATARI: Stati che partecipano al lavoro di stesura del testo normativo e firmano la
Convenzione.
• STATO CONTRAENTE: Stato che ratifica la Convenzione e quindi si vincola ad essa.
• STATO MEMBRO: Stato appartenente all’UE.

Altro importante processo è la modifica di una Convenzione:


La Convenzione viene recepita così com'è, un singolo Stato non può cambiare la Convenzione. Ma la
Convenzione potrebbe aver bisogno di aggiornamenti e/o modifiche. Esse avvengono attraverso i Protocolli
di modifica redatti dall’Organizzazione Internazionale che ha redatto la Convenzione e seguono lo stesso
identico iter: firma e ratifica. Chi ha ratificato una Convenzione non necessariamente deve ratificare il
protocollo. Ma se i protocolli non vengono ratificati da tutti gli Stati, allora si crea disuniformità e quindi le
regole diventano diverse, e questo va contro il principio di uniformità delle Convenzioni Internazionali.

Altro importante processo, che è opposto alla ratifica è la denuncia di una Convenzione. Se con la ratifica ci
si impegna a rispettare la Convenzione, con la denuncia uno Stato Contraente dichiara all'Organizzazione
Internazionale che non intende più essere vincolato a quella determinata Convenzione. Con la denuncia si
dichiara di non voler più applicare la Convenzione, quindi, lo Stato in questione ritira la sua legge di ratifica
(la abroga).
Se più Stati decidono di optare per la denuncia e si va sotto il numero minimo di ratifiche necessarie a
quella Convenzione per essere valida, la Convenzione non si applica più in nessuno dei paesi contraenti.

Nel nostro Paese il quadro che fa riferimento alle Convenzioni è molto complesso, esistono
tre diverse situazioni:
1) Convenzioni in vigore (raggiunto il numero minimo di ratifiche) e quindi operative a tutti gli effetti
in quanto ratificate dall'Italia (Es Montreal del 99).
2) Convenzioni in vigore ma non ratificate dall'Italia.
3) Convenzioni che non sono in vigore perché non hanno raggiunto il numero minimo di ratifiche.

Ciò vuol dire che non sempre si riesce ad avere un'uniformità di regole.
Sempre nell'ambito del diritto sovranazionale meritano un cenno le regole uniformi.
La regola uniforme non è una Convenzione, ma sono dei modelli normativi (Es. regole che riguardano certi
tipi di contratti, come quello di trasporto multimodale). Sono dei modelli contrattuali contenenti clausole
standard che le parti possono recepire nel loro contratto, ma che non sono obbligati a fare, al contrario
delle Convenzioni Internazionali, che sono invece obbligatorie, e vincolano tutti gli Stati.

• DIRITTO COMUNITARIO (parte del Dir. Sovranazionale) si divide in: originario e derivato.
o Le norme del diritto comunitario originario sono comprese nel TFUE* che detta i principi su
cui si fonda l'Unione Europea (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea).
*TFUE 1958, poi ha subito varie modifiche. L'ultimo trattato è quello sul funzionamento dell'UE, la continuazione
del primo trattato che ha fondato l'UE.
o Le norme del diritto comunitario derivato, sono le normative emanate dall’organo
legislativo Europeo, cioè la Commissione Europea (Direttive, Regolamenti).
All’interno del Diritto Comunitario originario sono fondamentali le seguenti norme:
1) Norme che riguardano il riparto di COMPETENZE LEGISLATIVE tra l'Unione Europea e gli Stati
Membri. Le competenze legislative indicano chi ha la competenza di emanare determinate norme.
Bisogna chiedersi a seconda delle materie, chi può legiferare, se l'UE come Organizzazione
Internazionale oppure se lo possono fare i singoli Stati Membri con le loro normative interne. Il
TFUE specifica a seconda delle materie di applicazione, chi ha la competenza legislativa. Si
possono distinguere tre situazioni:

a. Materie di competenza legislativa ESCLUSIVA DELL'UE in cui emana delle norme (=legifera)
solo il legislatore comunitario (obbligatorie per tutti gli Stati). Tra queste materie troviamo:
i. CONCORRENZA: può legiferare soltanto l'UE. Gli Stati Membri si adeguano alla
normativa comunitaria. Gli Stati Membri possono dettagliare parzialmente la
normativa comunitaria ma la devono seguire nei suoi principi fondamentali. La
concorrenza è un aspetto strategico perché è un tema trasversale che interessa e
riguarda tutti i settori economici, compresi i trasporti.

b. Materie di competenza legislativa CONCORRENTI tra UE e Stati Membri. Gli Stati possono
legiferare in una determinata materia finché non interviene il legislatore comunitario. Gli
Stati Membri hanno un'autonomia legislativa fino al momento in cui non subentra il
legislatore comunitario. Nel momento in cui il legislatore interviene, gli Stati Membri si
devono adeguare, è come se a quel punto la materia diventasse esclusiva dell’UE. Tra
queste materie ci sono:
i. TRASPORTI E LE RETI TRANS-EUROPEE: ogni qual volta il legislatore
comunitario interveniente nei trasporti detta norme che devono essere rispettate
da tutti gli Stati.

c. Ipotesi di competenze legislative ESCLUSIVE degli Stati Membri. Questo significa che gli
Stati Membri sono liberi di legiferare come vogliono e non hanno norme comunitarie
prevalenti e l'UE al più svolge una funzione di coordinamento, con ad esempio delle linee
guida, ma non impone atti con efficacia normativa. Tra queste materie troviamo:
i. TURISMO

2) Norme che riguardano la politica comunitaria in materia di trasporti. Queste norme (non
tantissime) hanno una portata circoscritta, per due motivi:
a. Sono norme che si riferiscono soltanto ai trasporti stradali, ferroviari e per vie interne
navigabili quali fiumi e laghi (rimangono fuori il trasporto marittimo e aereo).
b. Si limitano a dettare principi generali (non sono sufficienti a poter regolare tutti i trasporti):
i. Principi di divieto di aiuti di Stato nel settore dei trasporti.
ii. Divieti riguardanti le discriminazioni sulla nazionalità del vettore.

3) Norme ANTITRUST (norme di libera concorrenza):


a. Prevedono un divieto come principio generale di accordi tra imprese restrittivi della
concorrenza (Es. accordi sui prezzi, o che più concorrenti impediscano l'entrata sul mercato
di altri).
b. Vietano abusi di posizione dominante sul mercato (NON è vietato il monopolio, che in
alcuni casi è una situazione naturale, ma è vietato l'abuso del monopolista che approfitta
del suo potere dominante per imporre prezzi più alti e peggiorare la qualità dei servizi).
Queste norme ANTITRUST si riferiscono a tutti i settori economici (non riguardano solo i trasporti
che non sono specificatamente menzionati, ma sono norme generali).
Tuttavia, il fatto che non si riferiscano direttamente ai trasporti ha creato un dibattito. Ci sono state
discussioni e controversie relative alla possibilità di applicare queste norme di portata generale al
settore dei trasporti. Il dubbio è sorto per le caratteristiche particolari tipiche del settore dei
trasporti, per il fatto che ci sono situazioni di Monopolio Naturale, dove è la struttura del mercato
che impedisce la concorrenza (Ad esempio nei treni, se ho un unico binario non posso far andare
due treni).
Questo dubbio sull'applicare o meno le norme antitrust al settore trasporti è stato risolto
dalla Corte di Giustizia Europea* attraverso una sentenza che è conosciuta come caso “Nuove
Frontiere”.
*[La corte di Giustizia Europea è formata da giudici comunitari che hanno il compito di interpretare il diritto
comunitario, emanando sentenze interpretative. Se un giudice nazionale (interno) ha un dubbio durante un processo di
tipo interpretativo sulla normativa UE e questa interpretazione è fondamentale per risolvere la causa, il giudice SOSPENDE
la causa e chiede alla corte di giustizia Europea un'interpretazione. La corte dà la sua interpretazione che vale da lì in
avanti, e vale per tutti i giudici di tutti gli Stati Membri. Tutti a quel punto devono rispettare l'interpretazione della corte di
giustizia].
In seguito al caso “Nuove Frontiere”, dalla fine degli anni ‘80 in poi non ci sono stati più dubbi
sull'applicazione delle norme antitrust. Questo ha dato origine ad un graduale processo
di liberalizzazione delle varie modalità di trasporto.

Il Diritto Comunitario Derivato si compone dei seguenti elementi normativi:


o REGOLAMENTI: Sono atti normativi vincolanti per tutti gli Stati Membri senza necessità
di attuazione nazionale, tutte le legge nazionali in contrasto rispetto al regolamento
vengono implicitamente abrogate (non si possono più applicare). Gli Stati Membri
devono rispettare i regolamenti e non possono emanare norme successive in contrasto
con il regolamento. Il regolamento non chiede nessun atto per il recepimento.
o DIRETTIVE: Indicano obiettivi che gli Stati Membri devono raggiungere ma lasciano
liberi gli Stati nell'attuare e definire meglio le modalità di raggiungimento di questi
obiettivi. Le direttive devono essere attuate negli Stati Membri, (in Italia si usa il
decreto legislativo per attuare queste norme). In realtà, soprattutto negli ultimi anni le
direttive dell'UE sono state molto dettagliate, e sotto questo aspetto la conseguenza è
che i margini di libertà di manovra degli Stati Membri si riducono moltissimo, quindi, lo
Stato membro non fa altro che riproporre quanto indicato nelle direttive dall’UE.

• DIRITTO NAZIONALE si compone di:


o COSTITUZIONE, come nell'UE c'è il TFUE, in Italia c'è la Costituzione. Detta i principi
fondamentali sui quali si fonda la nostra Repubblica. Nel testo sono citate spesso varie
norme e riferimenti di date e articoli nell’ambito dei trasporti:
▪ Art. 117: tratta il riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni. È lo
stesso problema già visto tra UE e Stati Membri, ma ad un livello "più basso".
Si possono trovare anche in questo caso, tre situazioni:
✓ COMPENTENZA LEGISLATIVA ESCLUSIVA DELLO STATO ITALIANO
Ci sono materie in cui soltanto lo Stato può legiferare:
- Concorrenza
- Ambiente
- Organizzazione degli enti pubblici (Es. Nelle Autorità di sistema
portuale, la normativa è statale, è lo Stato che regola il
funzionamento degli organi pubblici).
✓ COMPETENZA LEGISLATIVA CONCORRENTE TRA STATO E REGIONI
Lo Stato italiano detta i principi generali in relazione a una certa
materia, emana leggi che contengono i principi generali e le regioni a
quel punto legiferano nel dettaglio. Le regioni devono dettagliare
quanto previsto dallo Stato ed emanano leggi di maggior dettaglio
rispetto alle norme statali. Ad esempio:
- Porti, aeroporti, grandi reti di trasporto e navigazione.
✓ COMPETENZE LEGISLATIVE ESCLUSIVE DELLE REGIONI
Materie in cui soltanto le regioni possono legiferare. Ad esempio:
- Turismo

La particolarità dell'art. 117 è data dal fatto che contiene due elenchi di materie:
- Competenze legislative esclusive dello Stato.
- Competenze legislative concorrenti.
Questo vuol dire che tutto ciò che non è elencato nel art. 117 è materia di
competenza legislativa esclusiva delle regioni, che non sono poi molto vaste poiché
le materie di competenza esclusiva dello Stato sono spesso molto ampie da
abbracciare con le materie trasversali, anche le materie esclusive delle regioni.
1) Il primo limite alla competenza delle regioni sono queste materie
trasversali.
2) Il secondo limite è che le Regioni non possono legiferare per tutto ciò che
riguarda il diritto privato (Es. Un contratto di trasporto di persone,
contratto di viaggio etc. che devono essere disciplinate dallo Stato).
3) Terzo limite è la chiamata in sussidiarietà: se lo Stato ritiene che per un
certo aspetto, o per una certa materia esista comunque un interesse
nazionale ad una regolamentazione uniforme a tutte le regioni (disciplinato
in maniera uniforme) lo Stato a quel punto legifera su questo aspetto anche
se questo aspetto si riferisce a una materia non elencata (che abbia quindi
competenza esclusiva delle regioni). Se si pensa che un certo aspetto abbia
bisogno di regole nazionali uniformi, lo Stato prende a sé questo potere.

▪ Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. Per


rispettare questo principio e garantire questi diritti inviolabili esistono una serie
di norme sia di prevenzione sulla sicurezza, (norme per evitare ed impedire
degli incidenti) che norme risarcitorie. Quindi si parla di interventi normativi per
tutelare il diritto alla vita e alla salute delle persone, che sono tutelate dall'art 2,
perché considerati diritti inviolabili.

▪ Art. 16: Con il Diritto alla mobilità ogni cittadino può circolare e soggiornare
liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo per limitazioni
dovute a motivi di sanità e di sicurezza. (Le misure restrittive che stiamo
subendo a causa del Covid-19 trovano fondamento nell'art. 16). Quello che è
interessante notare, è che ci sono proprio a causa della conformità del nostro
paese, diverse rotte tra il continente e le isole che sono rotte di interesse
pubblico per garantire il diritto alla mobilità (vale anche per il trasporto
ferroviario e locale) in queste rotte lo Stato può intervenire imponendo
ai vettori il rispetto di obblighi detti anche oneri di pubblico servizio. Ci sono
rotte che non sono completamente libere, lo Stato interviene per garantire il
diritto alla mobilità.

▪ Art. 41 è a fondamento di tutto il mercato. La libertà di iniziativa economica


privata è libera, può essere regolamentata solo per ragioni di utilità sociale.
Quindi, come principio generale il mercato è libero, ma le iniziative economiche
devono essere finalizzate ad un'utilità sociale, nel caso in cui il mercato lasciato
libero, non riuscisse da solo. Se il mercato lasciato libero porta a delle
disfunzioni ecco che subentra il legislatore con una "correzione", quindi, le
norme nascono per regolamentare un mercato che di per sé è libero. Dove c'è
una reale concorrenza, non ci sono regole imposte dal legislatore. Ma ad
esempio ci sono regole per iniziare ad entrare in quel mercato. (Es. Ripartizione
delle tracce, poter tutti accedere a quella determinata infrastruttura nella concorrenza.
Un mercato che è libero, ma che lasciato a sé stesso non porta all'utilità sociale).

o CODICE CIVILE, in particolare per le norme che riguardano il settore dei trasporti:
a. L’art. 1678, prevede che con il contratto di trasporto, il vettore si impegni a
trasferire, persone o cose da un luogo ad un altro. Per il trasporto di persone il CC
stabilisce in questo articolo le responsabilità del vettore in caso di inadempimento.
Nel trasporto di cose invece, il CC disciplina i documenti di trasporto, i diritti del
mittente e del destinatario, e gli impedimenti come i ritardi e le responsabilità del
vettore.
b. Art. 1680, Queste norme del CC, hanno una portata molto residuale, perché lo
stesso art. 1680, prevede che le norme stesse si applicano ai trasporti marittimi e
aeree, se non sono derogate dal codice della navigazione o leggi speciali. Cioè i
trasporti marittimi e aerei, non hanno disciplina nel CC, ma sono disciplinati dal
Codice della Navigazione e da leggi speciali specifiche dello Shipping o Air trades.
Allo stesso tempo il CC, si riferisce al trasporto terrestre e ferroviario, in cui
disciplina i contratti privati, ma non contiene neanche in questo caso le norme
pubblicistiche come l’accesso a questi mercati, che anche in questo caso sono
regolate da leggi speciali.
o CODICE DELLA NAVIGAZIONE, all’art. 1 sancisce le fonti del codice della navigazione “In
materia di navigazione marittima, interna ed aerea. Si applicano il presente codice, le leggi
(speciali), i regolamenti, le norme corporative e gli usi ad essa relativi. Ove manchino
disposizione del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia, si
applica il diritto civile”. Il codice della navigazione non si riferisce al trasporto terrestre e
ferroviario (come il CC), ma solo alla navigazione marittima ed aerea. Il codice della
navigazione risale al 1942, ed è diviso in 4 parti:
a. Navigazione Marittima
b. Navigazione Aerea
c. Disposizioni Penali e Disciplinari
d. Disposizioni Transitorie e Complementari

Nel corso degli anni ci sono state molte modifiche, (Es. Recente Riforma Portuale 2016), ma
nell’abito marittimo la struttura del diritto è molto legata alle norme del 1942, mentre la parte
dedicata alla navigazione aerea, ha subito una grande riforma nel 2005/6, che l’ha totalmente
rivisitata. La peculiarità di questa fonte è mettere sopra tutto, il codice della navigazione, e solo
come seconda fonte mettiamo le fonti (speciali), cioè leggi che si riferiscono alla navigazione
marittima ed aerea. In questo contesto le leggi vengono poste come fonte secondaria rispetto al
Codice della Navigazione, tuttavia, questo solo relativamente alle leggi speciali pre-1942. Le leggi
speciali successive al Codice della Navigazione, chiaramente lo modificano e quindi prevalgono sul
Codice stesso (Quindi diventano la primaria fonte di diritto nazionale, dopo la Costituzione).
I regolamenti sono intesi quelli nazionali, emessi da soggetti pubblici statali, per esempio decreti
del PdR, Decr. Ministeriali, o regolamenti statali (es. Autorità Marittima). Si intendono anche i
regolamenti emanati da soggetti non statali, (Es. Regolamenti AdSP Autorità del Sistema Portuale o
Regolamenti ENAC Ente Nazionale Aviazione Civile). Seguono le norme corporative che sono venute
meno con il venire meno del regime fascista che le aveva costituite. Gli usi sono comportamenti
che vengono applicati per un lungo periodo di tempo da una collettività di persone, nel
convincimento che si tratti di un comportamento doveroso, cioè imposto dalla normativa, ma in
realtà la norma non esiste. Quando si parla di usi, essi devono essere quelli tipici della navigazione
marittima e aerea.
Esistono 2 tipi di usi speciali della navigazione marittima e aerea:

• Usi secundum legem -> Usi richiamati da una legge. Cioè è la legge stessa che specifica di
usare un uso o consuetudine.
• Usi praeter legem -> Usi che trovano applicazione per colmare dei vuoti normativi, cioè
aspetti che le norme, non prendono in considerazione. Si differenzia dall’analogia, per il
fatto che questo uso è comunque già abitualmente applicato dalla collettività.

Se non c’è presenza di nessuna normativa precedentemente elencata, l’art. 1 del Codice della
Navigazione, sancisce che ove manchino le disposizioni, scatta l’analogia, cioè l’applicazione di una
norma esistente ad un aspetto non regolamentato, sulla base di un aspetto analogo. (Es. Se non ci
sono norme sui veicoli spaziali, posso applicare le norme dei velivoli aerei per analogia sulla
tipologia di comportamento). Se anche l’analogia non è possibile, si rimanda al diritto civile, che
non ha norme specifiche ma solo generali.

Il Codice civile viene messo all’ultimo posto tra le fonti del diritto nazionale, perché questo ordine
delle fonti, risente delle caratteristiche della navigazione, che ha una gerarchia particolare, in
quanto è un settore molto specifico. Il Codice della Navigazione è molto influenzato dalle teorie di
un giurista del ‘900 Antonio Scialoja, che è il padre fondatore del diritto della navigazione
dell’epoca (1942), non dimentichiamo che era un periodo fascista (autarchica). Le teorie di Scialoja
si basavano su quelle che erano le caratteristiche tipiche della navigazione dell’epoca:

• Specialità: La navigazione marittima (principale) ed aerea, è una navigazione speciale, nel


senso che ha bisogno di regole particolari adattabili al contesto in cui si opera (Nave, Aereo,
Mare e Aria), delle quali invece non si ha necessità sulla terraferma (Es. Il Comandante di
una nave, può ad esempio celebrare matrimonio, nel caso di pericolo di morte. Questa
facoltà di eccezionalità non è invece riconosciuta ad esempio al conduttore di un bus, sulla
terraferma, perché i soggetti coinvolti possono rivolgersi ad altri organi).
• Autonomia: Il diritto della navigazione ha bisogno di regole sue proprie, diverse e
autonome, separate del diritto comune. Infatti, anche il Codice civile nacque nel 1942, ma
separato.
• Unitarietà: Antonio Scialoja aveva individuato un parallelismo tra navigazione aerea e
marittima, il parallelismo sta nel fatto che la nave e l’aereo, si staccano dalla terraferma, al
contrario degli altri mezzi. Su questo presupposto, navigazione marittima ed aerea,
potevano stare in un unico codice. Ne consegue un codice autonomo. La parte marittima in
realtà rispettava molto il mondo operativo di allora, in quanto era un settore molto
sviluppato, mentre la navigazione aerea civile era ancora agli inizi, per questo la parte aerea
ha acquisito le norme marittime adattandole a norme aeree. Oggi il concetto di unitarietà
do Scialoja è considerato un parallelismo molto forzato. Questo ha comportato che la parte
marittima è rimasta solida fino ad oggi, mentre la parte aerea ha necessitato continue
revisioni per adattarsi allo sviluppo del settore.

Queste caratteristiche portano al nostro codice della navigazione, nato con la presunzione che
tutto ciò che riguardasse la navigazione marittima e aerea, potesse essere disciplinato in un
unico Codice che prevale su tutto. Ovviamente questa tesi è stata ridimensionata nel corso del
tempo. Oggi affermare che tutta la normativa marittima si conclude nel codice della
navigazione non è più valida e veritiera. Infatti, entrando nel vivo di questa materia, saranno
pochi i riferimenti al Codice della Navigazione, in quanto sono presenti altre fonti normative,
soprattutto a livello Internazionale.
I motivi per il quale è stato necessario rivedere la teoria di Scialoja:

1. Il parallelismo tra navigazione aerea e marittima, è diventata molto sottile.


2. Sopra al Codice della Navigazione, oggi troviamo le Leggi Speciali successive, la
Costituzione, Il diritto Comunitario e le Convenzioni Internazionali.
3. Ci sono state leggi generali relative ad una privatizzazione e liberalizzazione tipici degli
anni ’90, che hanno inciso molto anche sul settore marittimo e quindi sul Codice civile.
4. Il progresso tecnico ha variato il modo di trasporto (Es. Sicurezza del trasporto).
5. L’Unione Europea nel dettare norme distinte per i vari tipi di trasporti, tende a seguire
principi comuni tra tutti e quattro i modi di trasporti (Marittima, Aerea, Stradale,
Rotaia), quindi viene meno la specialità del settore Marittimo e Aereo.

Tutto ciò ha portato, anche a livello accademico ad un passaggio dal Diritto della Navigazione
Marittima e Aerea ad un Diritto dei Trasporti (Anni 2000).

II Parte – INFRASTRUTTURE DEI TRASPORTI

I PORTI

I porti hanno natura demaniale, fanno parte del demanio marittimo necessario. Ovvero sono
necessariamente pubblici. Il demanio si divide in:

• Necessario: demanio di proprietà esclusiva dello Stato o di enti pubblici, quindi, non può essere
oggetto di proprietà privata, ma possono essere concessi in uso ad un privato (Es. le banchine).
• Eventuale: Beni di proprietà pubblica, ma possono essere anche di proprietà privata. (Es. strade).

Caratteristiche dei beni demaniali (e quindi anche dei porti):

• Non alienabili, ossia non possono essere oggetto di cessione di trasferimento o di vendita, e quindi
non si può acquistare/trasferire un porto, ma rimangono sempre di proprietà dello Stato.
• Non espropriabili, non possono essere espropriati allo Stato.
• Non possono essere oggetto di usucapione, ovvero a seguito dell’utilizzo prolungato da parte di un
privato, il bene non diventa di sua proprietà.
• Oggetto di diritti a favore di terzi nei modi e limiti previsti dalla legge, quindi, se la proprietà del
porto è pubblica questo non vuol dire che i privati non possano utilizzarlo, (Es. l’utilizzo delle
banchine), questo utilizzo a volte di tipo esclusivo, è regolamentato dallo Stato, tramite il rilascio di
specifiche concessioni.
• Soggetti a tutela da parte dell’Autorità Pubblica, e quindi lo Stato tutela lo stato di sua proprietà
(Es. Prestando particolare attenzione alle occupazioni abusive).

Dato che i beni demaniali, sono beni pubblici, bisogna distinguere tra regime proprietario e regime
gestorio.

Per quanto riguarda il regime proprietario dei porti, dipende dalla rilevanza di quest’ultimo:

• Rilevanza internazionale o nazionale: proprietà dello Stato.


• Rilevanza locale: appartengono a Regioni o ad altri enti locali.

Riguardo al regime gestorio, si distingue sempre in base alla rilevanza:

• Rilevanza internazionale o nazionale: sono gestiti dall’Autorità di Sistema Portuale (AdSP) e quando
non presente, vengono gestiti dall’Autorità Marittima (AM).
• Rilevanza regionale/locale: gestione da parte degli enti pubblici territoriali.
Per meglio capire come è gestita oggi la disciplina portuale è necessario capire il passato. In passato nei
porti esistevano:

• Enti Portuali: Enti pubblici economici erano enti pubblici, ma che potevano svolgere attività
economica, (attività di impresa) pur essendo pubbliche. In passato questi ex-enti portuali
svolgevano un duplice ruolo sia pubblicistico che di governo dei porti. Essi pianificavano,
programmavano e controllavano l’esercizio delle attività portuali, che essi gestivano, però in
mancanza di iniziativa economica privata (quando non si trovavano imprenditori) questi enti
potevano anche effettuare attività economica, da qui l’inquadramento di Enti pubblici Economici.
Questa possibilità comportava il rischio di conflitto di interesse, perché il controllore e il
controllato, venivano a coincidere. Questa era una formula che non poteva funzionare. (Oggi non
esiste più).
• La seconda peculiarità era la presenza delle Riserve a favore delle compagnie portuali: In passato
una nave che giungeva in un porto, che aveva bisogno di caricare e scaricare, non poteva avvalersi
del proprio equipaggio, quindi, c’era un divieto di auto-produzione, quindi, si doveva rivolgere alle
maestranze portuali. Queste maestranze portuali non erano libere, perché a loro volta erano
raggruppate, nelle Compagnie Portuali (Una per ogni porto) che raggruppava al proprio interno i
lavoratori portuali. Il quadro era molto complesso, perché la nave oltre a non poter effettuare
attività di auto-produzione, non poteva neanche rivolgersi alla Compagnia Portuale, ma doveva
rivolgersi ad un’impresa portuale, che non aveva dei propri dipendenti, in quanto le maestranze
erano raggruppate nella Compagnia Portuale. Quindi l’impresa portuale riceveva la richiesta da
parte della nave, e a sua volta l’impresa portuale chiedeva le maestranze alla Compagnia Portuale,
che a questo punto inviava i lavoratori all’impresa portuale, che li doveva assumere
temporaneamente, per soddisfare le richieste della nave. La particolarità era che sia la Compagnia
Portuale che l’Impresa Portuale operavano in monopolio e ovviamente la posizione monopolistica
conduceva a degli abusi di posizione dominante, che si manifestava con l’innalzamento delle tariffe
portuali. Per evitare queste condotte, le tariffe non erano libere, cioè fissabili da Compagnie e
Imprese Portuali, ma venivano fissate dall’Autorità Marittima, sulla base dei prezzi di mercato.

N.B. Un principio molto ricorrente nel mondo dei trasporti, che ancora oggi è seguito, sta nel fatto che ogni qualvolta
ci sia una situazione in cui un soggetto può abusare di una posizione di monopolio sulle tariffe, la decisione di
tariffazione viene sottratta ai soggetti privati e assegnata ad un’Autorità Pubblica.

Questo sistema ha funzionato molto bene fino all’arrivo dell’automazione intorno agli anni ‘60, il sistema
funzionava bene perché i lavoratori venivano pagati in base alle ore che lavoravano (e le operazioni
duravano molto, quindi tutti lavoravano), nel momento in cui l’automazione e la nascita del container,
hanno reso il lavoro delle maestranze sempre meno richiesto, e con il fatto che le maestranze non erano
dipendenti della Compagnia, e quindi guadagnavano solo sulle base del lavoro effettivamente svolto, la loro
posizione perse rapidamente interesse economico. Quando i lavoratori portuali divennero meno necessari,
per tutelarli la Compagnia Portuale che li raggruppava cercò delle soluzioni.

Le Compagnie Portuali imposero delle prestazioni alle navi, non necessarie. (Es. La nave necessitava 10
lavoratori per completare la scarica, invece la Compagnia ne inviava 30, chiaramente pagati dalla nave). Le
Compagnie riuscirono a fare ciò, influendo anche sull’Autorità Marittima, che continuò ad alzare le tariffe
delle operazioni portuali per aiutare i lavoratori del Porto. Tutto ciò gravava sulle navi e sugli armatori. Il
risultato dagli anni ’70 in poi, fu una continua e forte perdita di competitività per i porti italiani, dove le
operazioni commerciali erano lente, non sempre garantite (a causa degli scioperi) e ingiustamente costose.
Questo causò la preferenza per i porti esteri (Nord Europa in primis) e successivamente portare le merci in
Italia con mezzi terrestri. A livello giuridico, questo comportò grandi richieste di danni da parte degli
armatori nei confronti dei Porti. In particolare, una controversia molto famosa fu quella di Genova. Una
nave giunta a Genova, in grado di compiere le operazioni in autonomia con il proprio equipaggio, si rivolse
alle Compagnie Portuali (che erano in sciopero), l’Armatore si rivolse così al Tribunale di Genova, mettendo
in luce che a sua vista il sistema della riserva e dei monopoli definiti nel Codice della Navigazione, era
contraria alle disposizioni antitrust del Trattato della Comunità Europea. Il giudice genovese, di fronte ad un
problema interpretativo tra la normativa Comunitaria e le disposizioni del Codice della Navigazione,
sospese il processo, e si è rivolse alla Corte di Giustizia Europea per chiedere l’interpretazione dei giudici
comunitari. La Corte di Giustizia emise la “Sentenza Porto di Genova 1991”, con il quale arrivarono alla
conclusione che esisteva un’incompatibilità tra le disposizioni del codice e il diritto antitrust. Quindi i
monopoli, le riserve e le tariffazioni e l’auto-produzione andavano contro le leggi sulla libera concorrenza, e
in particolare con il divieto di abusi di posizione dominante. La sentenza ha di fatto imposto al legislatore
italiano di rivedere le norme del codice di navigazione sulla base delle norme comunitarie. Questa sentenza
ha dato via alla riforma dei porti che è ancora oggi la disciplina utilizzata.

Tutto questo processo ha portato alla necessità di rivedere le norme del Codice del Codice della
Navigazione. Quelle che furono dichiarate incompatibili, furono abrogate, e la disciplina dei porti fu
interamente rivista dalla Legge 84 del 1994 “Legge di Riforma Portuale”, ci vollero più di 3 anni per avere
questo cambio. Questa legge di riforma ha riordinato la legislazione in materia portuale a 360°, ha rivisto
tutta la normativa e la regolamentazione dei porti e non solo gli aspetti richiesti dai giudici comunitari.
Quindi ci si è andati ad occupare anche dell’Autorità che gestisce il porto.

Principali novità della riforma portuale nr. 84/1994:

• Istituzione delle Autorità Portuali, (che ad oggi sono state nuovamente modificate). La legge del
1994, sopprime gli Enti Portuali e nascono le Autorità Portuali, nel senso che le Autorità Portuali
vengono costituite solo nei porti più importanti.
• La prima grande novità è data dal fatto che le Autorità Portuali si basano su un principio
fondamentale di separazione tra le funzioni pubblicistiche di pianificazione e controllo delle attività
portuali, in capo alle Autorità Portuali, dalle funzioni privatistiche di attività portuale. Quindi tutte
le attività Portuali dovevano essere svolte da imprese portuali private. E l’Autorità Portuale non
poteva più svolgere attività operative. Questa separazione ha fatto venire meno il problema del
conflitto di interesse. E rappresentò un grande passo in avanti, con il venir meno della Riserva che
gli Enti avevano.
• La legge di riforma portuale, sopprime le Compagnie Portuali in monopolio, e le operazioni portuali
vengono svolte da imprese portuali, diverse da quelle di allora, perché sono dotate di dipendenti
propri, andando a creare un sistema concorrenziale anche all’interno del sistema portuale.
• Viene garantito alle navi il diritto di auto-produrre, quindi effettuare autonomamente le attività
portuali, se ne hanno le dotazioni tecnologiche appropriate.
• Con il venir meno del regime monopolistico, vengono meno anche le tariffe imposte. In quanto il
mercato concorrenziale crea automaticamente la possibilità di avere libertà tariffaria.
• La legge del 1994 è stata soggetta a modifiche successive:
o Nel 2016 la legge 84/1994 è stata profondamente rivista. In particolare, tutta quella parte
che si riferisce alle funzioni pubblicistiche di controllo e pianificazione dell’Autorità
Portuale. Mentre le funzioni privatistiche non sono state toccate dalla riforma. La
principale variazione della riforma del 2016 riguarda la soppressione delle Autorità
Portuali, che sono state sostituite dalle Autorità di Sistema Portuale (AdSP).
I PORTI
Una grande novità della riforma del 2016 è la classificazione dei porti, che vengono divisi in due grandi
categorie:

• Categoria I: Sono inclusi i porti per la difesa militare e la sicurezza dello Stato.
• Categoria II: Sono i porti dedicati ad operazioni commerciali, che a loro volta si dividono in
sottoclassi:
o Classe I: Porti di rilevanza economica Internazionale.
o Classe II: Porti di rilevanza economica nazionale.
o Classe III: Porti di rilevanza economica regionale ed interregionale.

La legge 84/94 prevedeva che la classificazione fosse ad opera di un Decreto Ministeriale (Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporto), che sentito il parere delle rispettive Regioni, avrebbe dovuto definire i porti,
secondo tre parametri:

• L’entità del traffico di ciascun porto


• La capacità operativa di ciascun porto
• Livello ed efficienza dei collegamenti con l’entroterra

In realtà questo Decreto Ministeriale, non è mai stato emanato, quindi, ad oggi non abbiamo una specifica
e ordinata classificazione dei porti, e questo è un problema che riguarda anche altri punti della legge.
Perché la legge 84/94, per vari aspetti quali:

• La classificazione dei porti: non dà disposizioni precise ma rinvia per una disciplina dettagliata, a
successivi Decreti Ministeriali. (Per alcune tematiche, i Decreti Ministeriali sono stati effettivamente
emanati, ma per altri profili come la classificazione dei porti, manca la normativa di attuazione di
dettaglio).
• Questo Decreto Ministeriale sarebbe stato anche fondamentale per il rapporto relativo alla
ripartizione delle spese Stato/Regioni per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali. A seconda
della classificazione del porto, le spese di realizzazione di queste opere, spettano allo Stato più che
alle Regioni (Es. Canali, dighe e darsene), in particolare lo Stato si assume l’onere delle spese, dei
porti di Classe I e Classe II, mentre in via residuale le Regioni hanno maggior competenza
economica delle opere nei porti di Classe III.

Quando parliamo di porti di Categoria II, intendiamo porti con differenti funzioni commerciali e di logistica,
con funzione industriale e petrolifera, porti che riguardano il servizio passeggeri, porti con funzioni
peschereccia, turistica e diporto (navigazione amatoriale). Oltre che chiaramente le funzioni miste.

L’altra grande novità della riforma 2016 è l’istituzione delle Autorità di Sistema Portuale (AdSP), che oggi
sono 16 (la legge ne aveva istituite 15, a cui si è aggiunta recentemente l’AdSP dello Stretto di Messina) e
raggruppano, circa 60 Porti. Questo comporta che ci siano porti al di fuori del sistema portuale, che sono
gestiti dall’Autorità Marittima, cioè un organismo statale, con competenza specifica nel mondo marittimo.
Invece nei porti che rientrano nel sistema portuale, la gestione è affidata all’Autorità di Sistema Portuale,
ma anche in questi porti abbiamo l’Autorità Marittima, in quanto, quest’ultima gestisce tutto il litorale
italiano, e quindi tutti i porti, anche quelli all’interno di un’AdSP.

Possiamo avere quindi due situazioni:

• Porti: Aventi un’Autorità Marittima e che sono inclusi in un AdSP.


• Porti: Aventi solo un’Autorità Marittima.
Le strutture di queste AdSP sono molto eterogenee, in quanto ci sono dei sistemi portuali in cui sono
presenti un numero consistente di porti. (Es. AdSP Sardegna coinvolge otto porti), ma ci sono altre realtà
composte da un solo porto (Es. AdSP Mar Ionio coinvolge solo il porto di Taranto). In Liguria abbiamo due
AdSP:

• Mar Ligure Occidentale: Porti di Genova, Savona e Vado Ligure.


• Mar Ligure Orientale: Porti di Spezia e Marina di Carrara.

Possiamo vedere come non ci siano confini regionali per le AdSP. L’AdSP ha sede nel porto centrale, che
viene definito con una regolamentazione comunitaria.

La natura del AdSP è data dal fatto che diversamente dagli ex enti portuali, oggi l’AdSP è un ente pubblico
non economico, con autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria.

L’AdSP è sottoposta alla vigilanza e all’indirizzo amministrativo del MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti).

Quando parliamo di AdSP, dobbiamo introdurre uno dei capisaldi della legge 2016, cioè il principio di
separazione che stabilisce, una separazione tra:

1. Le funzioni pubblicistiche di pianificazione, programmazione e controllo delle attività svolte nei


porti. L’AdSP svolge queste funzioni nei vari porti che coinvolge.
2. Le funzioni privatistiche, che riguardano l’esercizio imprenditoriale, che oggi competono ai privati.

Questo comporta un divieto per le AdSP di operare direttamente nelle attività portuali. Questo è
sicuramente un passo avanti rispetto al passato, dove gli Ex Enti Portuali, non avevano questi divieti, e la
situazione causava continui conflitti di interesse. Questo divieto però incontra un’eccezione, definita dalla
legge stessa. Cioè che le AdSP possono avere delle partecipazioni minoritarie, in società che svolgono
attività retroportuali di promozione ai collegamenti logistici/intermodali al fine dello sviluppo strategico del
sistema portuale. Questo principio di divieto delle attività imprenditoriali è stato confermato dal Decreto
Madia 2016, con il quale si impone alle AdSP di dismettere partecipazioni azionarie, in quelle società che
svolgevano attività che non erano strettamente necessarie al perseguimento di attività istituzionali e non
erano attività retroportuali di promozione ai sistemi logistici.

I compiti dell’AdSP

La legge di riforma portuale 2016 elenca in uno dei suoi articoli, i compiti principali dell’AdSP, ma altri
compiti (anche più specifici) si desumono, andando poi ad analizzare tutti gli organi che orbitano nel
Sistema Portuale.

1. Compito di indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo delle


attività portuali.
2. Manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni del porto.
3. Affidamento e controllo della fornitura del servizio portuali di interesse generale.
4. Coordinamento della attività amministrative.
5. Amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo.
6. Promozione di forme di raccordo con sistemi logistici retroportuali e interportuali.
I compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo delle attività
portuali vengono messi in atto con strumenti affidategli direttamente dalla legge stessa. In particolare, 3:

1. Piano operativo triennale, è un piano strategico, che definisce le strategie di sviluppo delle attività
portuali e logistiche, dei porti che fanno parte del Sistema Portuale. Esso viene approvato dal
Comitato Portuale (che oggi si chiama Comitato di Gestione), su proposta del Presidente. Questo
piano operativo ha durata triennale, ma è necessario rivederlo di anno in anno, per adattarsi alle
vicende successe.
2. Piano regolatore del sistema portuale, è uno strumento urbanistico, che individua le varie aree del
porto, definendo la loro utilizzazione. Il piano regolatore del Sistema Portuale, si divide in:
a. Documento di pianificazione strategica di sistema, il documento individua le aree del
sistema, che sono destinate alle attività portuali, e retroportuali di collegamento tra i porti.
Esso è adottato dal Comitato di Gestione, sentito il parere dei Comuni ed approvato dalla
Regione/Regioni (se più di una) previa intesa con il MIT e sentita la Conferenza Nazionale
di Coordinamento delle AdSP.
b. Piani regolatori dei singoli porti, dettano delle regole più dettagliate sulle varie aree dei
singoli porti facenti parte del sistema, circa la loro destinazione di utilizzo. L’adozione di
questi piani avviene da parte del Comitato di Gestione, d’intesa con i Comuni, previo
parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, sottoposti a VAS (Valutazione ambientale
strategica – procedura di valutazione ambientale), e approvati dalla Regione.
3. Documento di pianificazione energetica e ambientale, si occupa della sostenibilità energetica e
ambientale dei porti che fanno parte del Sistema Portuale, quindi, l’attenzione verso l’impiego di
risorse rinnovabili, etc. Esso viene realizzato seguendo delle linee guida provenienti dal Ministero
dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Gli organi dell’AdSP

• Presidente:
o Viene nominato dal MIT, d’intesa con il Presidente/i della Regione.
o Resta in carica quattro anni, rinnovabile per una volta.
o Il Presidente deve essere Cittadino Comunitario.
o Le competenze che gli vengono richieste sono: una comprovata esperienza nell’ambito
dello shipping ed una qualificazione professionale in economia dei trasporti e portuale.
o La funzione principale è la legale rappresentanza dell’AdSP.
o I compiti principali del Presidente sono essenzialmente più di tipo propositivo che
deliberativo:
▪ Amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo nella circoscrizione
portuale.
▪ Rilascio autorizzazioni e concessioni per svolgimento dei servizi a favore delle
merci, cioè le concessioni a tutti quei soggetti che operano nel porto. Il Presidente
può rilasciare, le concessioni aventi durata < 4 anni.
▪ Proporre al Comitato di Gestione, il piano operativo triennale e il piano regolatore
del sistema portuale.
▪ Proposta di bilancio preventivo e conto consultivo.
▪ Presentare la relazione annuale al MIT.
▪ Tutte le competenze che non vengono attribuite ad altri organi.
o Il presidente può essere revocato quando:
▪ Piano operativo triennale, non è Stato approvato entro 120gg dall’insediamento
del Comitato di Gestione.
▪ Conto Consultivo in disavanzo (si deve chiudere almeno in pareggio).
▪ Il bilancio non viene approvato entro i termini previsti dalla normativa.

A seguito della revoca del mandato del Presidente, viene nominato un Commissario Straordinario che resta
in carica per sei mesi, in attesa che si nomini un nuovo Presidente.

• Comitato di Gestione:

o Viene nominato dal Presidente dell’AdSP, di cui il Presidente stesso fa parte e lo presiede.
o Si compone poi di rappresentati della Regione/Regioni, Comuni e Città Metropolitana.
o Si compone del Rappresentante dell’Autorità Marittima.
o Si compone di un Rappresentante per ogni porto, coinvolto nel Sistema Portuale.

I rappresentanti sono tutti soggetti pubblici, non ci sono rappresentanti di soggetti privati. Sulla base delle
loro competenze, questi rappresentanti, hanno poteri più o meno ampi nell’ambito decisionale. La
presenza di soggetti pubblici, è una decisione dell’ultima legge di riforma portuale del 2016, in quanto
precedentemente l’ex-Comitato Portuale, comprendeva sia soggetti pubblici che privati.

Il vantaggio di avere soggetti privati permetteva di prendere in considerazione, anche le istanze dei
lavoratori privati del porto. Tuttavia, esso aveva anche un grande svantaggio, rendeva il processo
deliberativo molto complesso, per via della presenza allargata di molti soggetti. Quindi la riforma del 2016
ha prodotto uno snellimento dell’organo. Mentre i privati sono confluiti in un nuovo organo che si chiama
Organismo del partenariato della risorsa mare.

Il Comitato di Gestione resta in carica quattro anni, rinnovabili per una sola volta. I requisiti per essere
nominato membro del Comitato sono gli stessi richiesti per essere Presidente dell’AdSP (Cittadinanza UE, e
comprovate competenze e qualificazione professionale in economia dei trasporti e portuale). Non possono
essere membri, coloro che fanno parte di un organo di indirizzo politico, e non possono far parte
dell’organo, gli amministratori di Enti Pubblici.

Le ipotesi di scioglimento del Comitato di Gestione sono:

• Nomina di un nuovo Presidente.


• Tutte le cause (già viste) che possono portare a Revoca del Presidente. In quanto se viene meno il
Presidente, anche il Comitato viene sciolto.

La principale funzione del Comitato di Gestione è quella deliberativa. In particolare:

• Adottare il documento di pianificazione strategica di sistema e il piano regolatore.


• Approvazione del piano operativo triennale.
• Approvazione del bilancio previsionale e conto consultivo.
• Rilascio autorizzazioni e concessioni allo svolgimento di servizio a favore delle merci con durata > 4
anni.
• Approvazione della Relazione Annuale per il MIT.

Essenzialmente esse sono le funzioni propositive già viste nella figura del Presidente dell’AdSP, che il
Comitato di Gestione deve approvare.
• Collegio dei revisori dei Conti:
o Esso si compone di 3 membri effettivi e 2 supplenti. Le nomine avvengono su scelta politica dal
MIT, e inoltre 1 membro effettivo in qualità di Presidente e 1 membro supplente sono nominati
dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, essi restano in carica 4 anni, rinnovabili per una
sola volta.
o Il loro compito principale è l’accertamento della regolare tenuta delle scritture contabili.

UFFICI DELL’ADSP

• Segretariato generale: si divide in:


o Segretario Generale: Viene nominato dal Comitato di Gestione, su proposta del Presidente. Il
segretario generale deve essere un esperto in economia marittima e portuale e materie
amministrativo-contabile. Ha durata quattro anni, rieleggibile una volta. I suoi compiti
fondamentali sono di tipo esecutivo e applicativo, per garantire il funzionamento dell’AdSP:
▪ Adempimenti per il funzionamento del Sistema
▪ Istruttoria degli Atti
▪ Attuazione direttive del Presidente e del Comitato di Gestione
▪ Elaborazione del piano regolatore portuale
o Segreteria tecnico-organizzativo: segreteria a supporto del segretario generale nelle sue
funzioni.
• Uffici territoriali portuali: Essi nascono nelle sedi delle Ex- Autorità Portuali, per avere una presenza
fisica, nei porti facenti parte dell’AdSP, ma che non sono sede dei suoi uffici principali. Ad ogni ufficio
territoriale viene preposto un Segretario Generale o un suo Delegato.
I loro compiti sono:
▪ Istruttorie degli Atti
▪ Proposte in materie di ambito locale
▪ Opere minori di manutenzione ordinaria
▪ Rilascio concessioni di durata minori o uguali a quattro anni e determinazioni dei
relativi canoni.
• Uffici amministrativi decentrati: La loro istituzione non è obbligatoria, al contrario dei precedenti uffici
che sono obbligatori. Ad ogni ufficio amministrativo decentrato viene preposto un Segretario Generale
o un suo Delegato. I loro compiti sono:
▪ Funzioni che gli vengono delegate dal Comitato di Gestione, sulla base dell’ambito
locale.
• Sportello Unico Amministrativo (SUA): Viene istituito in ogni AdSP, e nasce con la finalità di snellire gli
adempimenti burocratici-amministrativi. Esso garantisce l’assolvimento di tutti gli adempimenti a cui
sono sottoposte le unità navali in arrivo nel porto. Questo sportello ha fortemente uniformato un
servizio che in passato era molto laborioso e dispersivo. Non si occupa degli adempimenti in ambito di
sicurezza e in ambito doganale, che vengono invece svolti dallo Sportello Unico Doganale. Sullo
sportello unico amministrativo vigila direttamente il Presidente dell’AdSP.

ORGANI CONSULTIVI

Sono gli organi che supportano nelle decisioni il Presidente e il Comitato di Gestione, con i propri pareri.

• Organismo di partenariato della risorsa mare: Si costituisce dei soggetti privati di varie categorie
imprenditoriali, che prima facevano parte del Comitato Portuale (quando comprendeva anche
soggetti privati, anteriforma 2016). Ne fa parte il Presidente AdSP, il Comandante del Porto sede
dell’ex-Autorità Portuale, il rappresentante degli Armatori, degli industriali, delle imprese
portuali, terminalisti, spedizionieri, operatori intermodali-logistici e autotrasportatori. I compiti di
questo organo sono essenzialmente a scopo consultivo, su tutte le decisioni che poi vengono
decise e deliberate. Questi pareri riguardano i piani regolatori del Sistema Portuale, il Piano
Operativo Triennale, il bilancio etc. Questi pareri non sono vincolanti, quindi, il Comitato di
Gestione può decidere di prendere decisioni anche differenti, purché si obblighi a motivare un
eventuale discostamento dal parere dell’organismo di partenariato della risorsa mare.
• Organismo del cluster marittimo: La legge prevede che esso deve avere sede nel porto centrale
del Sistema Portuale, il resto della normativa su questo organo, non è molto dettagliata, ma
rimanda ad un regolamento interno che deve essere adottato dell’AdSP di concerto con
l’Organismo di partenariato della risorsa mare, che ne deve identificare i compiti e i poteri. Quindi
l’Organismo del Cluster Marittimo può non essere uniforme nei vari Sistemi Portuali, nelle varie
parti di Italia.
Questo è l’unico caso di non uniformità, che la legge di riforma del 2016 ha prodotto, mentre in tutti gli altri casi,
la finalità principale della riforma è stata quella di uniformare il Sistema Portuale su tutto il territorio italiano. Gli
ex-enti portuali erano ciascuno costituito con una propria legge, proprio come oggi sono gli organismi del cluster
marittimo.

• Commissione consultiva locale: Viene costituita in ogni porto dal MIT, e si occupa essenzialmente
dell’ambito lavorativo all’interno del porto e del Sistema Portuale. Si compone dei rappresentanti
dei lavoratori delle imprese lavoranti nel porto e nell’intero Sistema Portuale. Ha funzione
consultiva sul rilascio, la sospensione e la revoca di autorizzazioni e concessioni, oltre che aspetti
consultivi sull’ambito lavorativo.
ORGANI NAZIONALI

• MIT: è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha funzione di indirizzo e vigilanza sul
funzionamento, gestione e attività dell’AdSP.
• Conferenza nazionale di coordinamento dell’AdSP: Ha lo scopo di favorire uno sviluppo di tutte le
Autorità di Sistema Portuale sul territorio italiano, per rendere i porti italiani più competitivi. La
Conferenza è istituita presso il MIT. Ne fanno parte il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
che ha la funzione di Presidente, i Presidenti delle AdSP, i rappresentanti delle Regioni, delle Città
Metropolitane e dei Comuni coinvolti nel Sistema Portuale. I compiti di questa Conferenza sono
quelli di coordinamento, delle scelte strategiche in particolare le grandi opere, promuove il
marketing, la pianificazione urbanistica e la promozione del sistema portuale stesso.

Risorse finanziarie delle AdSP

1. Canoni di concessione e proventi per l’autorizzazione allo svolgimento delle operazioni portuali. Chi
intende operare in porto deve ottenere un’autorizzazione, mentre chi vuole avere un’area portuale
in cui operare in esclusiva, necessita di una concessione. Sia per l’autorizzazione che per la
concessione l’impresa paga dei proventi e dei canoni, i quali rappresentano una prima risorsa
finanziaria.
2. Proventi per la cessione di impianti, che vengono incassati come introiti dall’AdSP.
3. Tasse sulle merci imbarcate e sbarcate, pagate dalle navi.
4. Contributi di Enti Pubblici territoriali e no. Esempio le Regioni per contribuire alla realizzazione di
un’infrastruttura.
5. Diritti di Porto pagati dall’utenza.
6. Entrate diverse e varie.
Il mancato pareggio di bilancio porta alla revoca del Presidente e lo Scioglimento del Comitato di Gestione.
Per questo le risorse finanziarie assumono un’importanza fondamentale. Alcune delle voci sopra elencate,
non sono di diretto controllo da parte dell’AdSP come le entrate diverse e i contributi pubblici. Le uniche
entrate sicure sono i Canoni di concessione e le tasse sulle merci, che tuttavia non possono essere alzate
troppo per evitare di rendere il porto non più competitivo.

Riparto competenze Autorità di Sistema Portuale e Autorità Marittima

L’Autorità Marittima è un organismo statale, cioè fa parte dell’amministrazione diretta dello Stato, ed è
presente in ogni porto, gestendo tutto il litoraneo italiano. Quindi essa è presente anche nei porti coinvolti
nel Sistema Portuale. Mentre nei porti retti solo dall’Autorità Marittima, essa svolge anche i compiti
normalmente svolti dal AdSP.

Il problema di riparto delle competenze tra AdSP e AM, nasce, quando esse sono entrambe presenti in un
porto. Il problema è affrontato dall’art.14 della Legge 84/94 “Ferme restando le competenze attribuite dalla
stessa Legge alle AdSP, competono all’Autorità Marittima le funzioni di polizia e di sicurezza previste dal
Codice della Navigazione e dalle leggi speciali, nonché le rimanenti funzioni amministrative”. In altre
parole, all’Autorità Marittima spettano tutte le funzioni che non sono state attribuite all’AdSP. I problemi
però sono due:

• Le funzioni che vengono attribuite all’Autorità Marittima, non sono contenute in un elenco come
per le AdSP, ma sono sparse in varie normative.
• Quindi in caso di controversie si dovrebbe andare ad analizzare una per una le normative per
verificare se siano state attribuite o meno all’AdSP.

Tuttavia, esiste un principio fondamentale per alleggerire e semplificare lo studio della ripartizione delle
competenze tra AdSP e AM. Ovvero andare a suddividere le competenze in due grandi categorie:

o AdSP -> Competenze su lato del porto


o AM -> Competenze sul lato mare

L’Autorità di Sistema Portuale, si occupa di tutte quelle competenze che riguardano il porto stesso, quindi il
rilascio delle concessioni, i piani regolatori etc.

L’Autorità Marittima, invece si occupa di accertarsi la sicurezza della navigazione nelle acque portuali.
L’Autorità Marittima, proprio come l’AdSP, non può effettuare attività private (Es. Rimorchio o Pilotaggio)
ma li deve regolare e controllare, al fine di garantire la sicurezza della navigazione.

Questo grande principio di ripartizione delle competenze, tra lato porto e lato mare, può incontrare alcune
eccezioni per quelle competenze che possono incrociarsi o riguardare entrambe le questioni. In questi casi
vigono i rapporti di collaborazione tra le due Autorità coinvolte, che cercheranno di individuare chi sia
responsabile o nei casi estremi si può optare per una valutazione del Tribunale, per stabilire quale sia
l’organo competente.
I SERVIZI PORTUALI

Rappresentano l’elemento privatistico dei porti.

I servizi portuali vengono classificati in tre grandi categorie:

• Servizi a favore delle merci: tra cui rientrano i servizi di movimentazioni delle merci dalla nave al
porto e viceversa, essi si suddividono a loro volta in:
o Operazioni portuali
o Servizi portuali “specialistici”
• Servizi portuali a favore delle navi: (c.d. servizi tecnico-nautici), servono a garantire la sicurezza
della navigazione all’interno delle acque portuali. Essi sono:
o Il pilotaggio
o Il rimorchio
o L’ormeggio
o Il battellaggio
• Altri servizi portuali: non rientrano nelle prime due categorie. Essi sono i servizi di interesse
generale e ulteriori servizi necessari nel porto, come le utenze portuali (illuminazione, smaltimento
rifiuti, bunkeraggio).

I servizi a favore delle merci si dividono in:

• Operazioni portuali: Le operazioni portuali vengono definite già dal Codice della Navigazione e dalla
Legge 84/94, quali operazioni di caricazione, scaricazione, trasbordo, deposito e movimentazione
delle merci in ambito portuale.
• Servizi portuali specialistici: vengono citati dalle normative in modo più generale e vengono definiti
come prestazioni “specialistiche”, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali. La
normativa non ha effettuato un elenco di prestazioni, come avviene per le operazioni portuali. Il
fatto di aver lasciato il testo normativo più generale e flessibile, da una parte ha permesso di
includere diversi tipi di operazioni, ma allo stesso tempo ha creato molti dubbi, riguardo a dove si
collochino queste prestazioni accessorie rispetto al ciclo delle operazioni portuali. Per andare a
risolvere questo problema, la normativa prevede che questi servizi debbano essere definiti
dell’AdSP con dei propri regolamenti interni, sulla base dei criteri fissati dal Decreto Ministeriale
132/2001. Il problema è che lasciando discrezionalità a ciascuna AdSP, il rischio è quello di andare a
creare una classificazione parzialmente diversa da porto a porto e quindi una disuniformità tra
Sistemi Portuali diversi. Questo rischio di disuniformità avrebbe dovuto essere evitato, grazie al
fatto che la legge prevede che l’AdSP debba tenere conto dei criteri fissati dal DM. Tuttavia, anche
il Decreto 132/2001, non è stato molto specifico su questi criteri, ma si è limitato riprendere la
Legge Portuale 84/94 senza effettuare ulteriori criteri puntuali, che aiutassero a comprendere
meglio i termini specialistici, accessori e complementari.
Nel denominare questi servizi, il legislatore parla in modo generico, di servizi portuali. In ambito didattico
viene aggiunto il termine “specialistici” per differenziarli dalle 3 grandi categorie di servizi portuali.

I servizi a favore delle merci sono disciplinati da:

• Art. 16 della Legge Portuale 84/94, norma le autorizzazioni, cioè l’atto amministrativo che
garantisce lo svolgimento di servizi a favore delle merci, tuttavia, questo articolo non è completo,
ma rinvia a dei Decreti Ministeriali che hanno il compito di specificare e puntualizzare meglio la
normativa. I Decreti Ministeriali in questione sono:
1. DM 585/1995, che va ad attuare quella parte dell’articolo 16, circa le operazioni portuali.
2. DM 132/2001, che invece si riferisce ai servizi portuali specialistici.
• Art. 18 della Legge Portuale 84/94, disciplina le concessioni di aree e banchine portuali, cioè l’atto
amministrativo che consente all’impresa portuale autorizzata, di utilizzare in esclusiva un’area di
banchina portuale. Anche in questo caso l’art.18 non è completo su tutti gli aspetti concessori, e
quindi rinvia ad un DM di attuazione, che tuttavia non è mai stato emanato.
• Art. 17 della Legge Portuale 84/94, disciplina la fornitura di lavoro portuale temporaneo, ovvero
quelle prestazioni che vengono fornite in modo temporaneo, quando la domanda di lavoro per via
dell’eccessivo traffico portuale è superiore al normale.

L’art. 16 della Legge Portuale 84/94, affronta il problema delle autorizzazioni delle operazioni e dei servizi
portuali. Ogni impresa che intende svolgere queste operazioni, deve essere autorizzata. L’art. 16 disciplina
le autorizzazioni sia per quanto concerne le operazioni portuali, sia per quanto concerne i servizi portuali. In
questo articolo troviamo alcuni principi comuni, che valgono sia per le operazioni che per i servizi portuali:

• L’AdSP rilascia l’autorizzazione allo svolgimento di operazioni e servizi portuali, previo


l’accertamento del possesso, da parte delle imprese portuali di alcuni requisiti qualitativi (capacità
finanziaria, professionale, tecnico-organizzativa). Questo è un tipico esempio di controllo pubblico,
con il fine di garantire che operino sul mercato, solo soggetti efficienti e in grado di farlo. Chi
ottiene queste autorizzazioni, viene iscritto nel registro delle imprese portuali autorizzate che è
tenuto dall’AdSP.
• Il controllo sulle caratteristiche qualitative dell’impresa, non avviene solo in fase di rilascio
dell’autorizzazione, ma avviene essenzialmente anche durante tutta la vita dell’impresa. Se durante
questi controlli ci si accorge che sono venuti meno questi requisiti, si può sospendere o revocare
l’autorizzazione. La sospensione si opta quando il venir meno di un requisito, non è particolarmente
grave, e si può sanare in breve tempo. La revoca avviene per grave mancanza di requisiti, anche
nell’immediato, se necessario. Il concetto di revoca giuridicamente è differente rispetto alla decadenza. La
revoca è un atto con cui la Pubblica Amministrazione, fa venir meno un’autorizzazione ad una determinata
impresa, per il bene dell’interesse pubblico. La decadenza è invece un atto sanzionatorio, quando il soggetto
decaduto non ha rispettato gli obblighi o sono venuti meno i requisiti richiesti. Quindi revoca e decadenza non
sono sinonimi.
• L’AdSP ha il potere di limitare il numero di autorizzazione da concedere, con lo scopo di garantire
un principio di libera concorrenza all’interno del porto. Con la legge portuale 84/94, si era già
riusciti ad abbattere quei monopoli interni ai porti. Tuttavia, questa apertura alla concorrenza,
rischiava di creare un sovraffollamento di imprese, e quindi le AdSP possono limitare di anno in
anno, le autorizzazioni in relazione alle esigenze di funzionalità del porto e del traffico marittimo.
• La legge di riforma portuale introduce un diritto all’autoproduzione, che tuttavia non è libera, ma è
sottoposta ad un controllo dell’AdSP, che ricevuta la richiesta da parte della nave, dovrà garantire o
meno l’autorizzazione ad effettuare autoproduzione e solo nei casi in cui ne sia in grado a livello di
personale e mezzi meccanici, che devono essere adeguati a svolgere queste operazioni in sicurezza,
sulla base di un controllo di pubblico interesse. Queste autorizzazioni all’autoproduzione possono
riguardare una o più navi in arrivo (Es. i traghetti che arrivano più volte nello stesso giorno, possono
richiedere l’autorizzazione che vale per più arrivi). Il numero di autorizzazioni che riguardano
l’autoproduzione, non ricade nel conteggio del limite massimo di autorizzazioni annuali che invece
riguardano le imprese portuali.
• L’ultima novità è la libertà tariffaria, che rientra nella finalità di voler abbattere i monopoli del
passato e favorire la concorrenza nei porti. L’unico obbligo che hanno le imprese portuali verso
l’AdSP, è quello di comunicare quali tariffe intendono applicare o se intendono modificarle.
Tutta questa disciplina vede lo sforzo di voler liberalizzare il più possibile il mercato portuale, ma che
dall’altro si scontra, contro una limitazione fisica delle infrastrutture portuali, che spesso per mancanza di
spazi, e per garantire competitività al porto, non possono garantire molte autorizzazioni per la stessa
operazione portuale (Es. Banchine solo per la movimentazione Container), ma hanno necessità di
differenziare i servizi (Es. Movimentazione carichi liquidi o passeggeri), e di conseguenza la libera
concorrenza viene in parte limitata in modo naturale.

Sulla base dell’art. 16, grazie al suo Decreto attuativo DM 585/1995, in ambito di autorizzazioni delle
operazioni portuali, vengono specificate le seguenti disposizioni:

• Vengono meglio definiti i requisiti qualitativi che le imprese portuali devono possedere per vedersi
rilasciata l’autorizzazione.
• Una puntuale disciplina sui requisiti che le navi devono possedere, per garantirgli il diritto di
autoproduzione.
• I criteri di priorità nell’assegnazione delle autorizzazioni:
1. Incremento e qualificazione traffici: devono essere preferite quelle imprese portuali,
che garantiscano un maggior incremento e una qualificazione dei traffici di quel
determinato porto.
2. Prezzi più convenienti: a parità del primo requisito, verranno preferite le imprese
portuali che offrono prezzi più convenienti.
3. Rinnovo: A parità dei primi due requisiti, si favoriscono le imprese portuali, che già
operavano in porto e richiedono il rinnovo dell’autorizzazione.
• Vengono dettagliati gli specifici casi di sospensione e decadenza dell’autorizzazione.
• Viene disciplinata anche la durata dell’autorizzazione, che può essere:
o Durata annuale
o Rapportata ad un programma operativo pluriennale (Es. Un’impresa necessita di tre
anni per raggiungere l’obbiettivo di incremento dei traffici).
o Rapportata ad una concessione già detenuta da quell’impresa portuale. In quanto
scindere una concessione da un’autorizzazione, rischia di creare una situazione difficile
da gestire.

Sulla base dell’art. 16, grazie al suo Decreto attuativo DM 132/2001, in ambito di autorizzazioni dei servizi
portuali specialistici, vengono specificate le seguenti disposizioni:

• I precisi requisiti qualitativi necessari per ottenere l’autorizzazione ai servizi portuali specialistici.
• La disciplina dell’autoproduzione è poco puntuale, rispetto al caso delle operazioni portuali.
• La questione dei criteri di priorità, prevede che l’unico criterio sia il prezzo più conveniente.
• Sono dettagliati casi di decadenza dell’autorizzazione.
• La durata delle autorizzazioni va da 1 a 4 anni.

L’art 18 riguarda le concessioni. Le concessioni sono degli atti amministrativi che garantiscono l’utilizzo
dell’area concessa. Nella maggior parte dei casi esiste una presenza contestuale in porto di:

• Imprese concessionarie (terminalisti) ex art. 18


• Imprese autorizzate ex. art.16
La figura che presenta sia la concessione che l’autorizzazione è il terminalista. Può esistere in porto anche la situazione
inversa, ovvero la presenza di imprese autorizzate a svolgere le attività, ma che non hanno un’area in concessione.
Queste imprese autorizzate, operano in aree comuni, cioè aree che non sono state date in concessione. Quest’ultimo
è un caso piuttosto raro, perché quando l’AdSP formula i suoi piani regolatori, ha interesse a concedere tutte le sue
aree, e diversificare l’attività con le varie imprese presenti, tuttavia, la legge prevede che l’AdSP possa lasciare delle
aree comuni, dove far operare le imprese autorizzate.
Nel momento in cui si va ad analizzare l’art.18, come per l’art. 16, esso detta alcuni principi generali, in
materia di concessioni, ma al contrario dell’art. 16 non ha avuto un Decreto Ministeriale che specificasse la
normativa sulle concessioni. Quindi è necessario individuare direttamente dall’art. 18 le disposizioni
applicabili, tra cui:

• Requisiti qualitativi per poter rilasciare la concessione, in modo che si permetta di operare solo a
soggetti validi (Adeguati programmi di attività, dotazione attrezzature e organico lavoratori).
• Controlli da parte dell’AdSP in fase di rilascio della concessione, ma anche per tutta la vita
dell’impresa e le disposizioni relative alla decadenza della concessione, che avviene per due cause:
o Il terminalista non ha osservato gli obblighi imposti nell’atto concessorio.
o Il terminalista non ha raggiunto gli obbiettivi che si era prefissato nel programma di attività,
a meno che, il mancato raggiungimento degli obbiettivi, dipenda da un giustificato motivo
che sia fuori dal controllo del terminalista stesso.
• L’obbligo del terminalista di esercitare direttamente quell’attività che è stata autorizzata, si crea un
rapporto di fiducia tra l’AdSP e il terminalista. L’unica possibilità è la terziarizzazione di alcune
attività secondarie, cioè far svolgere ad altri le attività che non siano core-business.
• Divieto di ottenere un’altra area in concessione per la medesima attività, questo divieto è
necessario per evitare che questo terminalista non assuma una posizione dominante.
• Non poter effettuare attività in spazi diversi da quelli in concessione.

Quelli sopra elencati, sono solo le disposizioni, direttamente applicabili sulla base dell’art.18, ma ve ne sono
alcune, che solo il Decreto Ministeriale potrà colmare, quando verrà emanato, tra queste abbiamo:

• Le modalità di rilascio delle concessioni, il cui unico punto fermo, è la necessità di una gara
pubblica, che tuttavia deve essere disciplinata. (Infatti, nelle varie AdSP nel tempo le assegnazioni
delle concessioni non sono state uniformi).
• Le ipotesi di rinnovo e le sue procedure.
• Maggiore disciplina sulla durata delle concessioni.
• Maggiore disciplina sui poteri di controllo e vigilanza da parte dell’AdSP

Si è cercato nel tempo di regolare questi aspetti in modo più puntuale, in particolare si è cercato di
emanare questo Decreto Ministeriale attuativo che ad oggi ancora manca, alcuni tentativi furono:

• Bozza Decreto Ministeriale 2016, che ottenne un parere negativo dal Consiglio di Stato, in quanto
sarebbe stato necessario un miglior coordinamento tra il Codice Navigazione, la legge della riforma
portuale, e la norma UE sul codice sugli appalti.
• Nel 2018, l’ART Autorità di Regolazione dei Trasporti, emanò una serie di regole sull’equo accesso
non discriminatorio alle infrastrutture portuali, in virtù del suo potere regolatorio e con lo scopo di
colmare questo vuoto normativo. (Queste norme riguardavano: Requisiti soggettivi per il rilascio delle
concessioni, i requisiti di selezione delle domande, i contenuti degli avvisi delle gare pubbliche e sulla
pubblicazione dei risultati). Tuttavia, si è dubitato che queste norme regolatorie potessero avere
valenza, perché il rinvio attuativo è previsto nei confronti di un Decreto Ministeriale.
• Nel 2020 la Conferenza Nazionale Coordinamento AdSP ha messo in studio una nuova bozza di
decreto, che ad oggi è ancora in fase di studio.

La conclusione è che ancora oggi, dopo 25 anni dalla legge del ’95, sotto l’aspetto delle regole di rilascio
delle concessioni c’è ancora molto incertezza, andando a creare una disuniformità di regole tra porto e
porto.
L’art 17, tratta il problema del lavoro portuale temporaneo. Con la legge di riforma portuale, le imprese
portuali, oggi hanno propri lavoratori dipendenti, al contrario del passato, dove la manovalanza era riunita
nelle compagnie portuali. Questi lavoratori sono rapportati ad un volume di traffico ordinario nel porto, in
modo da soddisfare il regolare traffico portuale. Il problema sorge quando il traffico per varie esigenze di
mercato aumenta per brevi periodi, e quindi la domanda di lavoratori è maggiore rispetto all’offerta. In
questo caso tramite l’art. 17, si cerca di individuare la presenza in porto di un soggetto che ha il compito di
offrire lavoro portuale temporaneo, per soddisfare le richieste addizionali di manodopera. Questi soggetti
sono:

• Impresa portuale ex. art 17, che è diversa dalle imprese portuali ex art.16, perché queste ultime
operano in concorrenza tra di loro e forniscono operazioni e servizi portuali con propri dipendenti.
L’impresa portuale ex art.17 è una sola, in tutto il porto (opera in monopolio) e ha lo scopo di
avviare al lavoro, dipendenti solo in modo temporaneo. Ogni volta che il mercato è monopolistico,
viene meno la concorrenza in quel mercato, quindi, per individuare questo soggetto (in assenza di
un mercato concorrenziale), è necessaria una gara pubblica, che a sua volta dà vita ad una gara
concorrenziale (per il mercato) da vincere per accedere a quel mercato. (Questo concetto ci fa
capire come è disciplinato nel mondo dei trasporti, l’accesso alle infrastrutture e ai servizi).
o L’unica impresa portuale ex. art. 17, viene scelta tramite una gara pubblica tra imprese
italiane e imprese UE.
o Sono richiesti dei requisiti qualitativi, per identificare il miglior offerente. I requisiti
riguardano essenzialmente il personale e le risorse finanziarie a disposizione.
o Il vincitore della gara pubblica opererà in un mercato monopolistico.
o Per evitare che l’operatore monopolistico possa acquisire troppo potere nel tempo, la gara
pubblica viene ripetuta periodicamente. L’art. 17, non disciplina questo periodo. Ma la
durata di questa autorizzazione viene definita da ciascuna AdSP, attraverso i suoi
regolamenti, e quindi sarà diversa tra i vari Sistemi Portuali.
o L’autorizzazione può essere sospesa e revocata o essere oggetto di decadenza. Lo scopo è
quello di garantire che i requisiti richiesti in fase di gara pubblica, vengano mantenuti per
tutta la durata dell’autorizzazione.
o L’art. 17 è stato uno degli articoli più dibattuti nell’ambito della legge portuale perché nella
sua iniziale formulazione (1994), questo articolo prevedeva la possibilità per le ex. imprese
portuali, di collocarsi simultaneamente sia sul mercato delle imprese portuali ex. art 16 in
concorrenza, che ottenere un’autorizzazione ex. art. 17, per poter operare nel mercato del
lavoro portuale temporaneo, quindi, in mercato monopolistico. Questo creava un conflitto
di interesse, perché l’impresa portuale ex. art. 17, aveva un occhio di riguardo alle necessità
dell’impresa portuale ex. 16 (a livello economico erano lo stesso soggetto), garantendo
servizi di maggior favore (prezzi più bassi). Questa formulazione dell’art. 17 è stata
fortemente criticata dall’UE, in seguito al quale è stato rivisto più volte, fino ad arrivare alla
formulazione odierna: “Un’impresa portuale è obbligata a scegliere se si vuole collocare sul
mercato ex. art 16, oppure se vuole collocarsi in monopolio in mercato ex. art 17”. In altre
parole, l’art. 17, vieta lo svolgimento di attività ex. art 16. Questo ha comportato che nel
momento in cui l’ex impresa portuale, ha dovuto decidere in che mercato collocarsi, nella
maggior parte dei porti italiani, essi si sono collocati nel mercato dell’ex. art 17, rimanendo
legati al loro compito storico, fornire lavoro in modo temporaneo. Le differenze con il
passato stanno nel fatto che mentre in passato la manodopera serviva sempre, oggi invece
il campo di applicazione è limitato ai pochi picchi di lavoro portuale. Questo è il motivo per
cui ancora oggi in ambito portuale si sente parlare di “Compagnie Portuali” ma in realtà si
intendono le imprese portuali ex. art 17.
o Il controllo di queste attività avviene da parte dell’AdSP.
o Le tariffe vengono fissate dell’AdSP, in quanto è presente un mercato di monopolio, che
deve essere circoscritto, per evitare che l’impresa portuale acquisisca troppo potere.

• Sempre secondo l’art. 17, quando è necessario del lavoro temporaneo ci si può rivolgere anche ad
un’agenzia, nei casi in cui:
o La gara pubblica vada deserta, e non vi sono imprese interessate a partecipare.
o Alla gara pubblica si presentano imprese prive dei requisiti qualitativi richiesti.
o L’agenzia è un organo direttivo composto dai rappresentanti delle imprese portuali
autorizzate (ex. art. 16), e concessionarie (ex. art. 18).
o È soggetto al controllo da parte dell’AdSP.
o Le sue tariffe sono fissate dell’AdSP.

Servizi a favore delle navi (servizi tecnico-nautici), trovano applicazione:

• Nel Codice della Navigazione


• Nel regolamento della navigazione marittima
• Nell’art. 14 L n. 84/94. Il quale si apre affermando che “I servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e
battellaggio, sono servizi a favore delle navi, finalizzati a garantire la sicurezza della navigazione
nelle acque portuali”, da qui si desume che i servizi tecnico-nautici siano i suddetti quattro.

Pilotaggio

Il servizio di pilotaggio viene fornito alle navi in entrata e in uscita dal porto, il pilota una volta salito a bordo
della nave, ha il compito di suggerire la rotta al Comandante della nave, e ad assisterlo nella
determinazione delle manovre. Il governo della nave resta in mano al Comandante. Da questo servizio
derivano diverse responsabilità, per i soggetti coinvolti:

• Il Pilota è responsabile per le indicazioni fornite al Comandante. Il Pilota non risponde di errori nella
manovra sulla base di informazioni esatte. Il Codice della Navigazione è stato modificato per
introdurre il limite del debito nei confronti del pilota. Il limite del debito è un istituto tipico nel
diritto dei trasporti, significa che se un soggetto è responsabile, non risarcisce interamente i danni
prodotti, ma il responsabile risponde soltanto fino ad un tetto massimo di risarcimento che è
fissato dalla normativa, in 1 milione di euro (nel caso del pilota), inoltre è previsto che il pilota
debba provvedere ad una copertura assicurativa che gli permetta di affrontare questo risarcimento.
Questo limite del debito decade quando il pilota ha prodotto dolo o colpa grave.
• L’Armatore è responsabile per l’errata esecuzione delle indicazioni del pilota da parte del
Comandante.

Nei vari porti viene istituita una Corporazione dei Piloti tramite Decreto del Presidente della Repubblica, la
Corporazione opera in un mercato monopolistico, è soggetto alla vigilanza dell’Autorità Marittima, che
verifica l’adeguatezza dei mezzi tecnici della Corporazione. I piloti facenti parte della Corporazione sono
iscritti ad un apposito registro.

Il pilotaggio può essere facoltativo oppure obbligatorio, sulla base delle caratteristiche del porto. Il MIT
decide tramite Decreto Ministeriale su proposta dell’Autorità Marittima e d’intesa con l’AdSP, quando il
servizio è obbligatorio o meno.

Le tariffe del pilotaggio, essendo un servizio in monopolio vengono approvate dal MIT, sulla base di criteri
generali, definiti dal MIT stesso, a seguito di istruttoria con l’Autorità Marittima, AdSP e rappresentanti
delle imprese portuali e utenti.
Rimorchio

Si divide in rimorchio trasporto e rimorchio manovra.

• Il rimorchio trasporto è il trasporto per la consegna ai rimorchiatori di un elemento rimorchiato,


quali una chiatta o una nave in avaria, che si svolge fuori dalle acque portuali. Questo servizio
rientra nella normativa, ma non come servizio tecnico-nautico.
• Il rimorchio manovra (portuale) è il servizio interno al porto, che si caratterizza per il fatto che non
si verifica la consegna dell’elemento rimorchiato ai rimorchiatori, ma si verifica l’assistenza di traino
e spinta della nave in acque portuali, quando le condizioni meteorologiche o tecniche della nave lo
necessitino, per svolgere una manovra in sicurezza. Il Codice della Navigazione prevede che sia il
Comandante del rimorchiatore a decidere la rotta, tuttavia, non è una norma vincolante, e spesso
viene pattuito che sia il Comandante della nave stessa a stabilire le rotte, anche durante un servizio
di rimorchio. In caso di responsabilità con colpa:
o Per i danni agli elementi rimorchiati, il risarcimento spetta all’impresa di rimorchio.
o Per i danni ai rimorchiatori risponde l’armatore della nave rimorchiata.
o Per i danni ai terzi, c’è una responsabilità solidale tra l’impresa di rimorchio e l’armatore
dell’elemento rimorchiato. Con la possibilità per il soggetto danneggiato di rivolgersi
indifferentemente alla nave o al rimorchiatore. Però successivamente, nave e
rimorchiatore potranno agire in rivalsa tra di loro. Si individuerà chi è responsabile e nel
caso di risarcimento da parte di chi non è responsabile, allora quest’ultimo potrà rivalersi
sull’altra parte con cui è stata solidale.

Il servizio di rimorchio viene dato in concessione ad un’impresa di rimorchio, il Codice della Navigazione
non impone un monopolio legale però di fatto accade che in ciascun porto venga fatta una sola gara e
venga data una sola concessione ad un’impresa di rimorchio (monopolio di fatto).

Il servizio di rimorchio può essere facoltativo o reso obbligatorio da parte dell’Autorità, con le stesse
considerazioni viste per il servizio di pilotaggio. Le tariffe sono stabilite dall’Autorità Marittima sulla base di
criteri definiti dal MIT.

Ormeggio

L’ormeggio è un servizio che consiste nel permettere ad una nave di attraccare in porto tramite l’uso di
cavi. L’ormeggio di una nave viene svolto dagli ormeggiatori, che sono dei professionisti del porto e sono
iscritti ad un registro portuale. Il servizio di ormeggio viene disciplinato dall’Autorità Marittima, che ne
disciplina le caratteristiche e le necessità. Gli ormeggiatori si riuniscono in una cooperativa, che racchiude
tutti gli ormeggiatori iscritti nel registro di quel porto. Questa Cooperativa opera in monopolio. Il servizio di
ormeggio può essere facoltativo o reso obbligatorio da parte dell’Autorità, con le stesse considerazioni viste
per il servizio di pilotaggio e rimorchio. Le tariffe vengono fissate dall’Autorità del Sistema Portuale come
per i precedenti servizi tecnici-nautici, sulla base di disposizioni provenienti dal MIT.

Battellaggio

Il battellaggio è il trasferimento sia di persone che di merci, da una banchina ad una nave in rada, mediante
piccole imbarcazioni. I barcaioli sono dei professionisti iscritti in un registro del porto. Il servizio di
battellaggio è soggetto alla vigilanza da parte dell’Autorità Marittima, che può limitare il numero dei
barcaioli, sulla base delle esigenze del traffico portuale. I barcaioli possono essere costituiti in un unico
Gruppo di Barcaioli, che come per i precedenti servizi tecnico-nautici, opera in monopolio. L’obbligatorietà
del servizio viene deciso dall’Autorità Marittima. Le tariffe del battellaggio vengono definite dall’AdSP con il
sistema già visto in precedenza (disposizione del MIT).
Le uniformità tra i vari servizi tecnico-nautici, ci portano a delle osservazioni generali tra essi:

• I servizi hanno un fine comune, ovvero quello della sicurezza della navigazione.
• Hanno una struttura organizzativa diversa perché in alcuni servizi: prevale l’aspetto professionale
(Pilotaggio-Battellaggio-Ormeggio), in altri prevale più l’aspetto imprenditoriale (Rimorchio). Nel
primo caso si fa prevalere la professionalità dei singoli soggetti (Piloti, Barcaioli, Ormeggiatori),
mentre nel secondo caso, il servizio di rimorchio avviene sulla base di una concessione, che
necessita importanti investimenti sui rimorchiatori e sulle banchine dove attraccarli.
• Questi servizi sono svolti in un mercato di monopolio. Questo ha prodotto un forte dibattito nel
tempo. La normativa (Codice della Navigazione) non obbliga ad un regime monopolistico, però lo
consente permettendo la creazione delle Corporazioni, delle Concessioni/Autorizzazioni. Quelli a
favore del monopolio, sostengono che questo sia l’unico modo per garantire la sicurezza della
navigazione. Tra quelli a favore del mercato concorrenziale, va collocata AGCM (Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato), che ha sempre spinto per provare ad introdurre elementi
concorrenziali anche nel settore dei servizi portuali. La via che sembra essere quella più equilibrata,
prevede che si debba fare un’analisi caso per caso, porto per porto, (ad esempio il servizio di
pilotaggio deve essere obbligatoriamente monopolistico, per poter garantire sempre una sicurezza
della navigazione). Mentre ad esempio il servizio di rimorchio, battellaggio e ormeggio, nei grandi
porti, sulla base dei traffici portuali, potrebbe essere affidato anche a più soggetti in concorrenza.
• Strettamente legato al mercato monopolistico sono le tariffe autoritative, che sono necessarie
quando vi è un rischio di aumento spropositato delle tariffe a causa della presenza di un
monopolista o un soggetto dominante. Questo rischio si elimina, ponendo una tariffa voluta da un
soggetto vigilante.
• Sono servizi universali, vuol dire che sono servizi, che devono essere sempre presenti e
continuamente effettuati 24/7 e per 365gg l’anno. La necessità di universalità si ha perché questi
servizi non sono richiesti solo in entrata o in uscita da un porto, ma in ogni caso, per una emergenza
(Es. Un incendio, forte vento, rottura cavi di ormeggio). Comportando un costo che prende il nome
di costo della prontezza operativa. La copertura del costo della prontezza operativa può avvenire in
due modi:
1. Tramite il pagamento da parte delle navi di una tariffa maggiorata, rispetto al servizio
ricevuto. Questa tariffa maggiorata serve per pagare il servizio, e in più coprire il costo di
personale e mezzi che vengono messi a disposizione in modo continuativo. Così facendo il
costo della prontezza operativa va a gravare soltanto sulle navi che utilizzano il servizio.
2. Far pagare a tutte le navi, che entrano in porto una tariffa forfettaria, indipendentemente
che utilizzino questi servizi tecnico-nautici o meno. Questa tariffa permette di pagare
questo servizio universale e in più le sole navi che usufruiscono dei servizi, pagano la tariffa
relativa al servizio di cui hanno usufruito. In questo modo tutti gli armatori si dividono un
piccolo costo di questa prontezza operativa.
• L’obbligatorietà del servizio viene decisa dall’Autorità Marittima sulla base delle caratteristiche del
Porto. L’obbligatorietà è un aspetto che inficia molto sui bilanci delle navi, soprattutto per quei
servizi superflui (Es. I traghetti che approdano 3-4 volte al giorno nello stesso porto, probabilmente
non avrebbero necessità di richiedere il pilota o un rimorchio). Per far sì che si mantenga la
sicurezza della navigazione, ma si venga incontro alle esigenze economiche delle navi sono state
individuate delle soluzioni:
1. Pilotaggio via radio, permette di garantire la sicurezza della navigazione, ma grazie
all’assistenza via radio, si abbattono le tariffe di avere il pilota fisicamente presente a
bordo.
2. Esenzione dell’obbligatorietà del servizio, deve essere chiesta dal Comandante della nave,
quando la nave e il suo equipaggio sono esperti del porto in cui stanno operando, e quindi
possono garantire la sicurezza senza rivolgersi a prestatori di servizi terzi. L’Autorità
Marittima deve autorizzare questa esenzione.
3. Autoproduzione, è un argomento che da sempre è fonte di dibattito. In questo caso la nave
svolge il servizio con propri mezzi e personale. (Es. Effettuare un rimorchio con propri
equipaggiamenti). È molto controversa, perché non sempre è facile dimostrare di essere in
grado di effettuarla e di effettuarla in sicurezza.

Altri servizi portuali (residuale)

Sono i servizi portuali differenti rispetto a quello a favore delle merci e a favore delle navi. Sono più difficili
da individuare rispetto ai precedenti, proprio perché raggruppano tutto ciò che non è confluito nelle
categorie precedenti. Inoltre, questa categoria è stata oggetto di molte modifiche. In passato esistevano:

• Servizi portuali di interesse generale: erano individuati da un DM del 1994 (Oggi abrogato), che
indicava e definiva i servizi portuali di interesse generale, dopo l’abrogazione, non abbiamo più
avuto un elenco di questi servizi, che in passato erano quelli che riguardavano la collettività del
porto quali: Illuminazione, raccolta rifiuti, servizio idrico, servizi telematici. In questo elenco
rientravano anche le stazioni marittime, cioè i servizi ai passeggeri. Questi servizi erano di
competenza dell’AdSP, essi venivano prestati da singoli fornitori vincitori di una relativa gara
pubblica.
• Servizi portuali innominati: Tutti quei servizi che non erano generali e quindi non nominati nel DM
del 1994. Alcuni esempi sono il servizio di bunkeraggio o le provveditorie di bordo. Anche questi
servizi erano di competenza dell’AdSP a cui si aggiungeva la competenza dell’Autorità Marittima
quando nell’esercizio di questi servizi era necessario un mezzo nautico.

In passato era chiara la differenza tra i servizi di interesse generale e quelli innominati.

Ad oggi, il DM del 1994 è stato abrogato, quindi, è venuto meno un’elencazione di quali servizi possono
essere considerati generali e/o altri servizi. Quindi confluiscono entrambi nella categoria “Altri servizi
Portuali diversi di quelli a servizio delle merci e delle navi” che porta ad un quadro classificatorio diverso da
quello ante 1994, e anche le competenze su questi servizi sono cambiate, perché molti servizi della
collettività portuale sono di competenza degli Enti Locali (Es. Gestione rifiuti e sistema idrico), mentre su
altri servizi l’AdSP è rimasta competente (Stazioni marittime, illuminazione e bunkeraggio). Per capire
meglio questo quadro di organizzazione e competenze, è necessario analizzare i regolamenti interni delle
varie AdSP per capire come sono stati individuati in quello specifico porto. Venendo meno il DM 1994, è
venuta meno una classificazione unitaria a livello nazionale, creando un’eterogeneità tra i porti.
Confrontando i regolamenti delle varie AdSP, si può notare comunque, come si sia preso spunto molto dalla
vecchia classificazione che il DM del 1994 (abrogato). In ambito Europeo, nel settore dei servizi portuali. È
stato emanato il regolamento 2017/352, che disciplina 2 aspetti:

1. Fornitura dei servizi portuali


2. Trasparenza finanziaria dei porti

La fornitura dei servizi portuali regola l’accesso al mercato dei servizi portuali. Dal momento che il diritto
nazionale deve essere conforme ai regolamenti europei, ci si è posto il problema di capire se la normativa
italiana rispettasse i requisiti comunitari. Questo è garantito dal fatto che il regolamento Europeo, lascia
molta discrezionalità agli Stati Nazionali sulla disciplina dei servizi portuali, tale da non andare a creare
nessuna conflittualità tra la normativa nazionale ed europea. Gli elementi fondamentali per il quale non si
crea questo conflitto sono:
o Sono individuati dei servizi che sono esclusi dal campo di applicazione del regolamento
europeo, come il battellaggio, che quindi lo Stato Membro può disciplinare come meglio
crede.
o Il regolamento europeo prevede che ci siano dei servizi a cui non si applicano le disposizioni
di cui al punto 1 (Fornitura dei servizi portuali). I servizi inclusi in questo sottopunto, sono
servizi portuali a cui si applica il Regolamento Europeo, ma si applica solo per il secondo
aspetto (Trasparenza finanziaria dei porti), mentre non si applica per tutte le disposizioni
dell’aspetto 1 (Fornitura dei servizi portuali), cioè le regole dell’accesso al mercato dei
servizi portuali. Questi servizi a cui non si applicano le regole sul mercato sono:
a) Movimentazione delle merci (Servizi a favore delle merci)
b) Servizi Passeggeri
c) Pilotaggio

I servizi a cui non si applicano le normative sull’accesso al mercato, sono la grande


maggioranza dei servizi portuali. La movimentazione delle merci, include tutti i servizi a
favore delle merci, e non si scontra con la normativa Europea, perché ad essi non si applica.
I servizi passeggeri (stazioni marittime), non rientrano nella regolamentazione portuale. Il
pilotaggio non viene disciplinato in ambito europeo, quindi, ad esso non si applica il
regolamento in ambito di fornitura del servizio. Tutti questi servizi non si scontrano con la
normativa comunitaria, quindi, non c’è a livello della Comunità Europea una
regolamentazione sulla fornitura di questi servizi. Rimanendo quindi l’Italia conforme alle
disposizioni Europee.

o Principi generali sui requisiti qualitativi che i fornitori devono avere per poter operare;
principi molto generali sul numero minimo di fornitori o di limitarli relativamente alle
necessità del porto e oneri di pubblico servizio, che sono uno strumento in mano allo Stato,
per garantire che i pubblici servizi vengano garantiti, (verranno analizzati in seguito).

Con l’analisi di questi tre punti, possiamo capire come data l’importante flessibilità data agli Stati Membri,
non si venga a creare conflittualità tra le normative nazionali e EU. Mentre in altri settori, il legislatore
Europeo ha inciso molto, andando spesso in conflittualità con le normative nazionali. Il fatto che il
legislatore Europeo nell’ambito portuale non abbiamo potuto incidere molto, sta in un retaggio storico, per
il quale, i porti sono gestiti in modo molto diverso, nelle varie parti d’Europa. Quindi un intervento molto
invasivo a livello Comunitario avrebbe creato problemi nell’adattamento.

AEROPORTI

Regimo proprietario

A differenza dei porti, gli aeroporti sono beni del demanio eventuale, significa che possono esistere:

• Aeroporti di proprietà privata: sono di proprietà dei privati, vengono autorizzati (costruzione e
gestione) dall’ENAC (Ente Nazionale dell’Aviazione Civile) che è un ente pubblico che ha molte
competenze in ambito aereonautico (aeroporti, disposizioni). Essi non rientrano nel demanio
pubblico.
• Aeroporti Militari: sono di proprietà statale, fanno parte del demanio militare aeronautico e
seguono delle regole diverse dagli altri aeroporti.
• Aeroporti civili di proprietà statale: Aeroporti di interesse nazionale (nazionali ed internazionali).
• Aeroporti civili di proprietà di enti pubblici territoriali: Aeroporti di interesse locale (Regioni,
Province, Città Metropolitane, Comuni).
Classificazione

Gli aeroporti diversamente dai porti, sono puntualmente classificati dalla normativa DPR 201/2015, che
divide tutto il territorio italiano in 10 bacini del traffico. Gli aeroporti che rientrano in questi bacini di
traffico, vengono individuati sulla base:

• Dimensione
• Tipologia di traffico di cui si occupano
• Loro ubicazione territoriale
• In relazione al loro ruolo strategico

Spetta al MIT il compito di vigilare attraverso l’ENAC, sulla permanenza dei requisiti nel tempo in relazione
a ciascun aeroporto.

Secondo questo DPR, gli aeroporti vengono classificati come segue:

1. Aeroporto di interesse nazionale: per ognuno di questi dieci bacini, vengono individuati gli
aeroporti che hanno questo tipo di interesse (Es. Bacino Nord Ovest: Milano Malpensa, Linate, Orio
al Serio, Genova, Brescia, Cuneo).
2. Aeroporto di particolare rilevanza strategica: (Es. Milano Malpensa, Torino), sottocategoria degli
aeroporti di interesse nazionale.
3. Gate Intercontinentali: (Es. Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Venezia).

Modelli di gestione aeroportuale

Fino ad ora abbiamo visto che nel sistema portuale, vi è una sorta di uniformità di gestione a livello
nazionale, perché le AdSP sono organizzate dalla stessa legge. Mentre nell’ambito degli aeroporti vi sono
delle gestioni differenti.

• Gestioni totali secondo il Codice della Navigazione: Questa tipologia di gestione totale, trova
applicazione nella seconda parte del Codice della Navigazione, che è stata riformata nel 2015. La
gestione totale è il modello che da ora in poi deve essere seguito. Questo modello si applica
innanzitutto alle nuove concessioni (Es. Nuovo Aeroporto), e anche alle vecchie concessioni che
giungono a rinnovo. Questo modello deve essere utilizzato anche quando, le concessioni già in
atto, dovessero terminare per decadenza o revoca. A causa del fatto che la durata delle
concessioni è molto lunga, in questo momento concretamente, la maggior parte degli aeroporti
italiani, non sono ancora gestite sulla base di questo modello, ma sul sistema di gestione
aeroportuale ad esaurimento, perché derivano da concessioni ante 2015 (pre-riforma). Solamente
5 Aeroporti applicano già il sistema di gestione totale. Il sistema di gestione totale ha un principio
di base secondo cui l’aeroporto è un monopolio naturale, la differenza con i porti, sta nel fatto che
essi sono gestiti da un ente pubblico (AdSP), mentre gli aeroporti non sono gestiti da enti pubblici,
ma da società private che operano in monopolio naturale, e quindi non conosce la concorrenza su
quel mercato. La concorrenza quindi si crea per entrare in quel mercato, attraverso una gara
pubblica. La società privata vincitrice gestisce sia l’aerostazione che le piste, quindi, la
movimentazione dei mezzi e dei passeggeri. Le società private non gestiscono invece le fasi di
decollo, atterraggio e volo che vengono gestite dall’ENAV (Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo).
La gara pubblica è aperta a società italiane e UE, ma anche società Extra-UE aventi sede secondaria
in Italia e i cui paesi godano di condizioni di reciprocità, cioè l’Italia consente ad una società extra-
UE, di partecipare, purché questo Stato consenta alle società italiane di partecipare ad analoghe
gare in quel Paese (Pari opportunità). Queste società private, in passato potevano esistere solo nel
caso in cui avessero almeno Capitale di maggioranza pubblico, oggi invece non hanno vincoli di
partecipazione azionaria, quindi, potrebbero essere anche totalmente private.
La società vincitrice ottiene una concessione rilasciata dal MIT su proposta dell’ENAC. La società
acquisisce il diritto di utilizzare in via esclusiva e in monopolio l’Aerostazione e le piste. A fronte di
questa concessione è necessario il pagamento di un canone di concessione. La durata massima di
una concessione è 40 anni, con la possibilità di ripresentarsi alla gara pubblica successiva. Una
durata di lungo periodo è necessaria per poter garantire un ammortamento dei grandi investimenti
infrastrutturali che vengono effettuati e allo stesso tempo per garantire una concorrenza per il
mercato periodica. I requisiti delle imprese private non vengono specificati dalla normativa, ma
essenzialmente si cerca il soggetto che possa permettere la massima efficienza sulla base delle
risorse possedute, relativamente a quello specifico aeroporto.
Il rapporto tra società di gestione e lo Stato si articola su tre atti:
o La Concessione che viene rilasciata dal MIT su proposta dell’ENAC
o La Convenzione sottoscritta da ENAC nel rispetto delle direttive del MIT. Specifica come
avverranno i controlli e la vigilanza da parte dell’ENAC, i loro termini, le cause di decadenza
e di revoca. Inoltre, dettaglia ulteriormente il rapporto di concessione.
o Il Contratto di Programma è il contratto con cui la società annuncia quali sono i suoi
investimenti programmati, i ricavi e i servizi che vuole offrire.

La normativa prevede la possibilità di sospensione, revoca, decadenza della concessione su proposta


dell’ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti), un’autorità indipendente costituita recentemente con il
compito di regolare e controllare il corretto funzionamento dei mercati trasportistici, e in particolare quello
aereo, stradale e ferroviario.

I compiti della società di gestione

La normativa dettaglia questi compiti molto specificatamente, e possiamo riassumerli nel testo normativo:
“Amministra e gestisce le infrastrutture aeroportuali e coordina le attività che sono svolte all’interno
dell’aeroporto (sotto vigilanza dell’ENAC” con la differenza dalle AdSP, che negli aeroporti esiste un
principio di separazione meno netta tra le attività private e quelle pubbliche, in quanto la società di
gestione aeroportuale può svolgere servizi aeroportuali di assistenza a terra, diversamente dalle AdSP, ma
tenendo una contabilità separata.

Il compito principale è pur sempre l’amministrazione e gestione. L’ENAC essendo un ente pubblico, vigila
sul suo operato. Nello specifico i compiti possono essere:

o Garanzia di adeguati servizi di fornitura per gli utenti (le compagnie aeree).
o Assegnazione piazzole di sosta per gli aeromobili.
o Garanzia ordine del movimento di persone e mezzi sui piazzali.
o Controlli di sicurezza sui passeggeri, bagagli e merci.

Nel caso di inadempimento da parte della società di gestione:

1. In prima istanza l’ENAC fa una richiesta di adempimento, con un termine entro cui
la società di gestione deve regolare la sua posizione e adempiere ai propri obblighi.
2. Decadenza della concessione, ci si arriva quando la richiesta di adempimento non
viene soddisfatta, o l’inadempimento è molto grave o non riparabile.
3. È previsto un risarcimento da parte della società di gestione, quando da questo
inadempimento è derivato un danno a terzi o allo Stato o alle infrastrutture.
Le opere non amovibili sono le opere che non possono essere rimosse alla scadenza delle concessioni (Es.
allungamento pista, costruzione nuova ala dell’aeroporto), in questi casi la società di gestione ha un diritto
di superficie, per tutta la durata della concessione, che non le garantisce la proprietà della superficie ma c’è
un diritto su tutto quello che si pone sopra la superficie. Allo scadere della concessione, possono succedere
due casi:

o Lo Stato può chiederne la demolizione, quando quella aggiunta che è stata fatta non è utile.
Quindi si rende necessario un ripristino alla situazione originale.
o Lo Stato può acquisire la proprietà anche di quella parte aggiuntiva, che passa allo Stato.

Obblighi del concessionario entrante, rispetto al concessionario uscente: il concessionario entrante ha


alcuni obblighi rispetto a quello uscente, che dipende dal momento in cui si conclude la concessione:

o Quando si subentra a scadenza, il concessionario entrante deve pagare a quello uscente, un


corrispettivo pari al valore delle opere non amovibili alla data del subentro (già ammortizzate),
detratti però gli ammortamenti e i contributi pubblici.
o Quando si subentra prima della scadenza, tranne nel caso della decadenza, e quindi il
concessionario uscente non ha ammortizzato l’intero investimento, riceverà un corrispettivo
dal concessionario entrante pari alle quote non ammortizzate.
o Quando si subentra prima della scadenza, nel caso della decadenza, essendo una misura
sanzionatoria, non si dovrà nessun corrispettivo.

• Gestione aeroportuali ad esaurimento: possono essere di due tipi:


o Gestioni totali sulla base di leggi speciali: L’affidamento ad una determinata società è
avvenuta per un affidamento diretto tramite una legge speciale, e non ad una gara
pubblica. Per il fatto che queste concessioni sono pluridecennali, ancora oggi abbiamo
delle società concessionarie, che hanno ottenuto la concessione tramite una legge diretta
(Fiumicino, Malpensa e Linate, Genova). Quando scadrà questo affidamento per legge, si
passerà al modello di gestione totale.
o Trasformazione di gestioni parziali in gestioni totali sulla base del DM 521/1997: Erano
stati assegnati ad alcuni soggetti, solo la parte terrestre come le stazioni aeroportuali
(Gestione parziali), successivamente attraverso questo DM, si è deciso che le società che
già gestivano il lato terra, avessero l’affidamento dell’area esterna (precedentemente
detenuta dallo Stato), quindi piste e piazzali. Queste gestioni totali andranno a scadenza,
dopodiché si passerà alla gestione totale come visto precedentemente. (Es. Bologna,
Catania, Palermo).

• Gestioni aeroportuali dirette (residuali): Situazione in cui l’aeroporto non è affidato ad una società
di gestione, ma ad altri soggetti in modo diretto, sulla base della loro caratteristiche:
o ENAC: gestisce gli aeroporti di interesse nazionale, che non rientrano nei precedenti
modelli di gestione.
o Enti Pubblici territoriali gestiscono gli aeroporti di interesse locale (per il quale mancano le
norme specifiche). Per questi ultimi la competenza legislativa sembrerebbe una
competenza regionale, però come già visto dall’art.117 della Costituzione, le Regioni
dovrebbero poter legiferare dettagliatamente basandosi sui principi comuni fissati dallo
Stato (in quanto materia in concorrenza). In realtà le norme del Codice della Navigazione
non contengono norme specifiche sugli aeroporti di interesse locale, di conseguenza,
manca una normativa nazionale specifica relativa agli aeroporti di interesse locale quindi,
bisognerebbe capire quali norme possono applicarsi a questi aeroporti minori e quali no, in
quanto riferiti ad aeroporti non di interesse locale (Aeroporti maggiori).
SERVIZI HANDLING

I servizi aeroportuali sono di diversi tipi:

• Servizi di assistenza a terra, conosciuti come servizi di handling.


• Servizi di assistenza al volo, con i quali si assistono gli aeromobili in fase di decollo e atterraggio, che
sono gestiti dall’ENAV.
• Servizi di carattere commerciale, negozi all’interno della stazione aeroportuale.

I servizi di handling rappresentano una sorta di cerniera tra l’aeromobile e l’aerostazione, quindi,
riguardano i servizi a favore di passeggeri, merci, aeromobili e posta. Tra questi servizi troviamo:

• Assistenza passeggeri (check-in, smistamento bagagli)


• Movimentazioni merci e posta
• Fornitura carburante
• Servizio navetta dall’aereo alla aerostazione
• Catering per forniture alimentari di bordo

Questo tipo di servizi, ha un forte impatto sulla clientela, e anche in termini di costi. Oggi questi servizi
possono essere autoprodotti dalla Compagnia Aerea (Es. Il soggetto che fa il check-in è un dipendente di
quella compagnia), ma vi sono i casi in cui i servizi di handling vengono affidati a terzi operatori.

L’affidamento dei servizi a soggetti terzi, da parte delle Compagnie aeree, grava fortemente sui bilanci
d’esercizio rispetto all’autoproduzione, che invece può anche garantire un risparmio sulla tariffa del volo
per i passeggeri. Inoltre, un’altra implicazione importante nell’affidare i servizi a terze parti, è l’immagine
della Compagnia Aerea. Quando i passeggeri entrano in contatto con gli operatori interni all’aeroporto (Es.
bancone check-in), si tende a collegare quell’operatore, (che magari ci ha fornito un servizio scadente), alla
Compagnia Aerea, danneggiando la sua immagine, ma in realtà quell’operatore non è dipendente della
Compagnia Aerea, ma della società a cui sono stati affidati questi servizi.

In passato i servizi di handling venivano sempre autoprodotti dalle Compagnie Aeree, perché erano servizi
molto rudimentali, che non richiedevano particolari attenzioni. Si è poi passato ad un Mercato di
Monopolio delle società di gestione aeroportuale, che erano gli unici a poter fornire questi servizi, e
l’autoproduzione venne vietata.

Nel momento in cui le Società di gestione aeroportuale iniziarono ad abusare della loro posizione
monopolistica, fornendo servizi sempre meno professionali e sempre a maggior prezzo, andando ad
incidere sui bilanci e sull’immagine delle compagnie aeree. Si creò una situazione simile a ciò che avvenne
in ambito portuale con la “Sentenza Genova” (Ci si rivolse al legislatore comunitario, per porre fine a questi
abusi di posizione dominante), e così anche in ambito aeroportuale ci fu una liberalizzazione voluta
direttamente dal legislatore comunitario con la Direttiva 96/67/CE (tuttora vigente), che fu attuata a livello
nazionale ad opera del D.lgs. 18/1999, che ricalca in toto la Direttiva CE, discostandosi soltanto in alcuni
punti meno rilevanti.

Servizi Liberalizzati: Il problema fondamentale degli aeroporti è lo spazio circoscritto, che quindi limita in
modo naturale la liberalizzazione dei servizi in alcuni contesti (Es. Un aeroporto dove operano dieci
Compagnie e avente un unico bancone per il check-in, è difficile garantire la presenza di più operatori). Per
questo la Direttiva CE, si è limitata a liberalizzare solo i servizi nei porti maggiori, aventi le seguenti
caratteristiche:

• Prestazione di servizi da parte di fornitori terzi, solo in aeroporti con traffico annuale ≥ 2 Milioni di
passeggeri e ≥ 50.000 tonnellate di merci.
• L’autoproduzione da parte delle Compagnie Aeree non ha limiti in nessun aeroporto.
Restrizioni al libero mercato: anche nei casi in cui i servizi siano stati liberalizzati, ci possono essere delle
restrizioni (spesso strutturali). Si individuano due tipi di restrizioni:

• Limitazione: hanno una portata più duratura perché nascono per tutelare la sicurezza, la capacità e
lo spazio disponibile, senza poter garantire un mercato di concorrenza. (Es. gli aeroporti che sono
limitati all’espansione in modo permanente per mancanza di spazio). Le limitazioni vengono
disposte dall’ENAC, se sussistono i problemi.
• Deroghe: nascono per vincoli temporanei, volendo anche per problemi di spazio, capacità, ma solo
per brevi periodi di tempo, (Es. Nelle ore di punta in cui vi è maggiore congestione, oppure al
momento non ha piste sufficienti, ma ha la possibilità di estendersi a livello infrastrutturale). In
caso di deroghe la società di gestione aeroportuale si deve impegnare a risolvere questo vincolo
per il quale è stata prodotta la deroga, tramite un piano di intervento. Le deroghe devono essere
notificate alla Commissione Europea per essere approvate.

Analisi Tabella Servizi di Handling

La tabella soprastante ci permette di capire il livello di liberalizzazione dei servizi di handling, nell’ambito
dell’applicazione della Direttiva 96/67/CE.

Nelle righe troviamo le limitazioni e le deroghe. Le limitazioni vengono disposte dall’ENAC, se sussistono
quei problemi di sicurezza, capacità e spazio disponibile visti in precedenza. Le deroghe invece devono
essere notificate alla Commissione Europea per essere approvate.

Le limitazioni e le deroghe interessano sia i prestatori terzi (cioè è possibile restringere il numero dei
fornitori dei singoli servizi) ma riguardano anche le Compagnie Aeree in autoproduzione, (cioè che
l’autoproduzione sia consentita solo ad un certo numero di compagnie aeree).
Relativamente alle colonne, abbiamo 2 tipologie di servizi: Servizi di handling più delicati (Assistenza
bagagli, operazioni in pista, carburante ed olio, trattamento delle merci tra aerostazione e aeromobile) e
nell’ultima colonna i servizi di handling residuali (Non compresi tra quelli precedentemente elencati).

Questa differenziazione dei servizi è necessaria perché i servizi di assistenza bagagli, operazioni in pista,
carburante e trattamento merci e persone sono considerati i servizi più delicati, cioè i servizi che più
difficilmente garantiscono una possibilità di ampia liberalizzazione. (Es il servizio bagagli solitamente è
prodotto con un unico nastro trasportatore e non dà spazio ad una concorrenza) per altro verso i servizi di
handling residuale cioè quelli che non rientrano in quelli standard, sono meno critici quindi la loro
liberalizzazione è meno problematica, quindi, più ampia.

Una prima chiave di lettura della precedente tabella è sicuramente una maggiore restrizione dei servizi di
handling, rispetto ad una maggiore liberalizzazione dei servizi residuali.

Per quanto riguarda le limitazioni:

• Per i servizi più delicati da parte di prestatori terzi, possono essere stabilite delle limitazioni per cui il
numero minimo di prestatori possa essere ridotto a 2, di cui 1 deve essere indipendente cioè non
deve essere controllato né direttamente né indirettamente dalla società di gestione aeroportuale e
non deve essere controllato neppure da una Compagnia Aerea che ha movimentato >25% del
traffico passeggeri e merci nell’anno precedente.
• Per i servizi residuali da parte di prestatori terzi, non sono consentite limitazioni quindi, c’è piena
concorrenza.
• Per le Compagnie aeree in autoproduzione nei servizi più delicati in aeroporti con traffico annuale ≥
1 Milioni di passeggeri e ≥ 25.000 tonnellate di merci, devono essere garantite almeno due
autorizzazioni ad autoprodurre. Nei porti con traffici minori, l’autoproduzione può essere vietata.
• Nel caso dei servizi residuali per le compagnie aeree, non sono consentite limitazioni
all’autoproduzione.

Per quanto riguarda le deroghe:

• Nei servizi più delicati da parte di prestatori terzi vi è maggiore rigidità alla liberalizzazione. è
necessario un minimo di 1 prestatore (quindi può sussistere anche un monopolio).
• Per i servizi residuali il numero minimo di prestatori deve essere 2, di cui 1 deve essere indipendente
cioè non deve essere controllato né direttamente né indirettamente dalla società di gestione
aeroportuale e non deve essere controllato neppure da una Compagnia Aerea che ha movimentato
>25% del traffico passeggeri e merci nell’anno precedente.
• Per le Compagnie aeree in autoproduzione, per i servizi più delicati vi è il divieto di autoproduzione
oppure può essere concessa una sola autorizzazione all’autoproduzione.
• Nei servizi residuali vi è la possibilità di limitare le autorizzazioni all’autoproduzione, senza però un
numero preciso.

Ciò che è importante di questa analisi, è saper individuare che anche negli aeroporti dove i servizi sono stati
liberalizzati, esistono delle limitazioni e delle deroghe, capirne il significato, capire che riguardano diversi
tipi di servizi, e che di conseguenza limitazioni e deroghe dipendono dalla tipologia dei servizi a cui si
applicano. Laddove i servizi sono più delicati c’è meno spazio alla liberalizzazione, quindi, si ha una maggior
possibilità di veder sorgere un monopolio, invece dove i servizi di handling sono meno delicati la
liberalizzazione è più ampia.
Procedure di selezione: Questo è uno dei punti in cui il Decreto Legislativo e la Direttiva CE sono discostati.
Il Decreto legislativo sancisce che il soggetto che deve indire la gara pubblica sia la società di gestione
aeroportuale, mentre la Direttiva CE individua la società di gestione aeroportuale come soggetto che indice
la gara pubblica, ma solo se non è lei stessa a svolgere questi servizi in modo diretto o indiretto.

Quindi giustamente la direttiva prevede che se la società di gestione aeroportuale vuole partecipare, ma si
occupa già di questi servizi, allora è necessario che la gara sia fatta da un altro soggetto indipendente, in
modo da evitare conflitti di interesse (Es. l’ENAC). Tuttavia, in quanto il Decreto Legislativo si è discostato
dalla Direttiva Europea, in Italia la gara è sempre organizzata dalla Società di Gestione Aeroportuale, anche
nei casi in cui ci sia un conflitto di interesse.

• I requisiti richiesti nella gara pubblica sono di carattere qualitativo, cioè il Capitale Sociale pari
almeno a ¼ del presunto giro di affari (capacità finanziaria), risorse strumentali, capacità
organizzative e coperture assicurative.
• La durata di gestione di questi servizi è di sette anni, dopodiché è necessaria una nuova gara per
poter individuare possibilmente un gestore più efficiente, e per evitare un monopolio di chi detiene
la concessione fino a quel momento.

Gli obblighi della società di gestione, limitati ai servizi di handling:

1. Garantire agli utenti che in un determinato aeroporto ci siano i servizi di handling. La


società di gestione aeroportuale può svolgere in modo autonomo questi servizi se
necessario. Lo può fare in modo diretto, ma mantenendo una contabilità separata rispetto
alle attività economiche.
2. Garantire ai fornitori terzi un adeguato accesso agli impianti interni all’aeroporto, che a
loro volta sono in mano alla società di gestione aeroportuale, l’accesso deve essere a
condizioni adeguate, trasparenti, obiettive e non discriminatorie, il tutto previo un
corrispettivo pari ai costi. Su questo obbligo vigila l’ENAC.
3. Gestire in esclusiva le infrastrutture centralizzate, ovvero tutti quei sistemi che non
possono essere sdoppiati e che non possono essere gestiti in concorrenza. Tra questi
rientrano il sistema di smistamento bagagli, pontili di imbarco/sbarco, riscaldamento,
sghiacciamento, sistemi informatici), la società di gestione li deve sempre gestire a
condizioni adeguate, trasparenti, obiettive e non discriminatorie, il tutto previo un
corrispettivo pari ai costi. Su questo obbliga vigila l’ENAC.

Le tariffe dei servizi di handling, si basano su due ipotesi:

o Nel caso di unico prestatore: Quindi possibilità di avere un monopolio, in questo caso le
tariffe non sono libere, il gestore fissa queste tariffe deve inoltrarle al MIT, che deve
decidere se approvarle o meno, su proposta dell’ENAC. Entro 45 gg il MIT deve dichiarare
se le approva o meno. Se il MIT entro questo termine non dice niente, la tariffa si intende
implicitamente accettata.
o Nel caso di più prestatori: Le tariffe devono essere libere. Cioè si parte dal presupposto che
la concorrenza nel mercato porti ad una libertà tariffaria. Il problema sta nel fatto che sulla
base della tabella delle restrizioni (limitazioni e deroghe) dei servizi di handling, in alcuni
casi possiamo avere solo 2 prestatori, quindi, nel concreto è facile poi avere in alcuni
aeroporti delle tariffe pattuite tra i pochi prestatori. Ma non è necessaria l’approvazione di
soggetti pubblici quali MIT e ENAC.
LE AUTOSTRADE

La definizione e le caratteristiche delle autostrade si trovano nel Codice della Strada.

L’autostrada si caratterizza per la presenza di carreggiate indipendenti o separate da uno spartitraffico


invalicabile. È previsto che vi siano almeno due corsie di marcia per carreggiata per garantire il sorpasso.
Così come è prevista la corsia di emergenza (quando vi è lo spazio), inoltre devono essere recintate ai lati,
per separarle da persone e animali esterni al sistema autostradale. Devono avere un inizio e una fine
individuabili (Caselli Autostradali). Si caratterizzano per la presenza di aree di servizio e parcheggio per i
passeggeri. All’interno delle autostrade ci devono essere dei sistemi di assistenza per gli utenti nel caso si
dovessero verificare delle situazioni particolari legate al flusso del traffico. In autostrada possono accedere
solo determinate categorie di veicoli (legati alla velocità minima da raggiungere). Le autostrade possono
prevedere il pagamento di un pedaggio, che tuttavia non è essenziale, vi sono molti tratti autostradali sul
territorio nazionale che non sono a pagamento.

Le strade e le autostrade fanno parte del demanio eventuale, ma esistono anche molte porzioni di strade
private, in particolare quelle che collegano ad abitazioni o a terreni agricoli.

A livello storico, la costruzione della prima autostrada si ebbe nel 1925 tra Milano e i laghi lombardi, si
costruirono altre reti pochi anni prima della II^ Guerra Mondiale (Milano-Genova, Milano-Bergamo, Milano-
Torino). Il boom edilizio delle autostrade si ebbe negli anni 60-70 con la costruzione della maggior parte
della rete autostradale italiana, dovuto anche alla motorizzazione di massa degli italiani. Negli anni
successivi non ci sono stati ulteriori costruzioni autostradali importanti, ma ci si è concentrati
sull’ammodernamento della rete autostradale esistente.

Le autostrade sono gestite da ANAS S.p.a. Questa società nasce negli anni ’40 come Azienda Nazionale
Autonoma delle Strade (azienda nazionale pubblica), che poi si trasformò in ente pubblico negli anni ’90.
Solo negli anni 2000 ANAS diventa una SPA privata, sulla scia di una riforma di privatizzazione di molti enti
pubblici in vari settori economici, che ha riguardato anche ANAS. Tuttavia, la privatizzazione di ANAS fu
solamente una privatizzazione formale, in quanto fin dal 2000, il Capitale Sociale rimase in mano al
Ministero di Economia e Finanze. Dal 2018, il Capitale Sociale di ANAS passa sotto il controllo di Ferrovie
dello Stato Spa, che è un gruppo societario di cui FSP è la holding e che a sua volta è interamente posseduta
dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. ANAS Spa è prevista durare fino al 2100, con la possibilità di
prorogarla ulteriormente se l’assemblea dei soci lo delibererà.

I rapporti tra ANAS Spa e il MIT si basano su tre elementi fondamentali:

• La Concessione con cui si dà ad ANAS la possibilità di operare sulla rete autostradale.


• La Convenzione che è in vigore fino al 2032, che va a precisare nel dettaglio gli aspetti della
concessione. In particolare, si specificano gli obblighi, i compiti, i poteri di vigilanza del MIT, e le
risorse finanziarie di ANAS sulla base della concessione ottenuta.
• Il Contratto di programma quinquennale, un programma dove la società illustra i suoi obbiettivi, e
gli investimenti programmati.

I principali compiti di Anas nell’esercizio delle sue funzioni:

• Costruire nuove autostrade, se ci sono le condizioni e le possibilità, anche se negli ultimi anni tutti i
progetti hanno riguardato l’ammodernamento più che la nuova costruzione.
• Manutenzione ordinaria e straordinaria della rete autostradale, che è un obbligo continuativo nel
tempo.
• Miglioramento delle autostrade anche sul piano della sicurezza stradale e dei veicoli.
ANAS può affidare in concessione questi compiti a quelle che vengono chiamate Società Autostradali. Ad
oggi la rete autostradale nazionale, è divisa in tratte che a sua volta sono affidate alle Società Autostradali,
che operano in monopolio, in quanto sulla singola tratta c’è un'unica società a gestire.

Le società Autostradali:

• Sono individuate mediante gara pubblica per ciascuna tratta, gli schemi, i bandi di gara e di
concessioni sono predisposti dall’ART (Autorità della Regolazione dei Trasposti).
• Ad oggi queste Società Autostradale gestiscono circa 6000km, su un totale di 6800km che
costituiscono l’intera rete autostradale nazionale:
o Autostrade per l’Italia S.p.A. è una delle principali società e gestisce circa la metà della rete
data in concessione.
o Gruppo Gavio, gestisce un quarto della rete data in concessione
o Il restante 25% è gestito da altre società autostradali minori.
• In passato il soggetto concedente era direttamente ANAS, ma dal 2012 le concessioni e le gare
spettano al MIT.

Modalità di affidamento alle società autostradali

Esse sono cambiate molto nel corso del tempo.

In passato si concedevano molte concessioni, ognuna legata ad una determinata tratta autostradale. Quindi
una società che gestiva più tratte, deteneva tante concessioni quante erano le tratte che gestiva.

• Con la Legge Finanziaria del 2007, si crea una Convenzione(=Concessione) unica per tutte le tratte
concesse ad una stessa società autostradale.
• Nel Decreto Sblocca Italia del 2014, si è stabilito che se una società di gestione che ha già la sua
concessione, e decide di fare dei nuovi investimenti su quella tratta, può presentare un nuovo
piano di investimento e a questo punto chiede una modifica del rapporto concessorio. Chiede che
venga prolungata la concessione in essere, per ammortizzare questi investimenti. Senza la necessità
di dover ripartecipare alla gara pubblica.
• Il Codice degli appalti del 2017 recepisce una complessa e dettagliata disciplina europea in tema di
appalti. Queste norme sono finalizzate a garantire un libero mercato concorrenziale in ambito
europeo. E quindi il codice degli appalti prevede essenzialmente che debbano essere effettuate
delle gare e quindi non si possano prorogare le concessioni esistenti, quindi, il codice va in
direzione contraria rispetto al Decreto Sblocca Italia del 2014, in quanto non garantisce quegli
strumenti che garantiscono la concorrenza.
• Nel 2018 la Commissione UE (Lo stesso organo che produsse la legge sugli appalti del 2017)
concesse una proroga di 4 anni, alla concessione che era stata rilasciata ad Autostrada per l’Italia,
che a questo punto scadrà nel 2042. Questa proroga è stata concessa affinché, Autostrade per
l’Italia potesse portare a termine degli investimenti programmati, tra cui la Gronda di Genova.
• Il Decreto Milleproroghe 2020 concede ad ANAS Spa, la possibilità di gestire essa stessa le tratte
autostradali, in attesa che vengano concluse le gare pubbliche per le concessioni.

Le criticità delle suddette normative sono:

• La tendenza è quella di prorogare nel tempo la durata delle concessioni senza l’espletamento di
una gara pubblica, sintomatico è il passaggio da più concessioni (una per tratta) ad una concessione
unica con la legge finanziaria del 2007. La durata di questa concessione unica però è stata fissata
con la scadenza più lunga tra tutte le singole concessioni che sono state raggruppate, estendendo
implicitamente le scadenze delle concessioni che erano quasi giunte al termine.
• Con il Decreto Sblocca Italia del 2014, è stata data la possibilità di rivedere il rapporto concessorio,
prevedendo così un’implicita proroga delle concessioni in essere sulla base della presentazione di
un nuovo piano di lavori autostradali, allo scopo di sollecitare nuovi investimenti e avere il tempo di
ammortizzarli. L’aspetto negativo riguarda il fatto che ciò ha comportato la proroga implicita della
concessione, senza una gara pubblica.
• Il nuovo piano di investimenti ha necessitato lunghi periodi di preparazione. Tutto questo ha fatto
sì che si siano allungati ulteriormente i termini di scadenza senza gara, rendendo la gara
concorrenziale sempre più distante.
• Il crollo del Ponte Morandi di Genova ha fatto emergere una serie di criticità legate al sistema
concessorio. Infatti, nel rapporto concessorio era prevista una clausola di indennizzo in caso di
decadenza della concessione (Una concessione che viene meno come atto sanzionatorio per un
inadempimento di colui che ha la concessione), che nel caso del Morandi, aveva cifre milionarie. La
presenza di questo indennizzo è stata rimossa dal Decreto Milleproroghe del 2020.
• Un’altra criticità emersa con il Caso del Ponte di Genova è legata alla necessità di maggior controllo
pubblico su manutenzioni e investimenti e quindi sulla necessità di maggior attenzione da parte dei
soggetti pubblici.
• La frammentazione della rete autostradale, comporta che le diverse tratte siano gestite da molte
Società Autostradali, questo comporta dei vantaggi e degli svantaggi:
o PRO: Si evita il rischio di abusi di posizione dominante. Anche se in realtà 2 grandi società
gestiscono da sole il 75% dell’intera rete.
o CONTRO: Questa grande frammentazione, non permette lo sfruttamento delle economie di
scala.
• Vi è uno scarso livello di concorrenza per il mercato, in quanto è scarsa l’attrattività delle gare,
perché sono molto lunghe, molto complesse e incerte (Ricorsi giudiziari), molto onerose, a fronte di
elevati investimenti per mantenere le reti autostradali. Le poche gare che si svolgono vedono
vincere il soggetto che già deteneva la concessione.
• Presenza di un quadro normativo frammentato, scoordinato e in continua evoluzione. Gli interventi
di modifica spesso non sono strutturali e relative all’intero settore, ma parziali o di carattere
generale e non coordinate tra loro.
• Pluralità dei soggetti pubblici di vigilanza e di controllo, i cui compiti e la cui ripartizione non è
sempre molto chiara. E diventa difficile anche individuare un responsabile, in caso di mancanze.
Ad esempio abbiamo:
o MIT -> Vigilanza, controllo e indirizzo sulla gestione autostradale.
o ANSFISA -> Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e
Autostradali, che si interessa in particolare degli aspetti legati alla sicurezza delle
autostrade.
o ART -> Autorità della Regolazione dei Trasporti. Predispone i bandi di gara e gli schemi di
concessione.
o AGCM -> Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, sorveglia il corretto
funzionamento del mercato.
o ANAC -> Autorità Nazionale Anticorruzione, si occupa della legalità di gare, appalti e
contratti pubblici.
Servizi Autostradali

Sono servizi accessori, che sono funzionali al servizio passeggeri e al transito delle auto, tra questi
rientrano: Servizi di rifornimento, attività commerciali, ristorative e parcheggi, soccorso e servizi per il
pagamento del pedaggio.

Questi servizi possono essere svolti da:

1. ANAS Spa
2. Possono essere ceduti a terzi operatori da parte di ANAS Spa (Es. Autogrill Spa, che è il nome della
società principale e non un nome generico per indicare la stazione di servizio).
3. Società Autostradali che hanno in gestione quella tratta (Es. Autostrade per l’Italia Spa).
4. Le Società Autostradali possono a loro volta mediante gara pubblica individuare operatori terzi
come da punto 2.

FERROVIE
La gestione delle ferrovie italiane dipende dal Gruppo Ferrovie dello Stato (FS Spa) che è poi suddiviso in
diverse tipologie di servizi, di cui si occupa:

• Servizi di trasporto: attraverso Trenitalia Spa (persone) o Mercitalia Rail Spa (Merci)
• Gestione dell’infrastruttura: attraverso Rete Ferroviaria Italiana (RFI Spa)
• Servizi Immobiliari
• Altri Servizi

I settori rilevanti per questo corso di studi sono il servizio di trasporto e la gestione delle infrastrutture.

All’interno del Gruppo Ferrovie dello Stato (FS Spa), sono incluse molte società (anche fuori dall’ambito
ferroviario come ANAS Spa).

Il Gruppo Ferrovie dello Stato (FS Spa), è una società per azioni, holding delle altre società operanti
nell’ambito ferroviario, però fino agli anni ’90 era un ente pubblico, dopodiché il processo di privatizzazione
ha interessato anche le ferrovie. Tuttavia, la privatizzazione fu solamente formale, in quanto il Capitale
Sociale è interamente detenuto dal MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze). La durata di questa
gestione è prevista fino al 2100, con la possibilità di essere prorogata.

Rete Ferroviaria Italiana (RFI Spa) è la società del Gruppo che gestisce l’infrastruttura ferroviaria in
monopolio naturale (in quanto la rete ferroviaria è una sola), sulla base di una concessione statale. Il suo
Capitale Sociale è interamente pubblico.

Trenitalia Spa e Mercitalia Rail Spa sono i prestatori del servizio di trasporto che operano in concorrenza
(non tra di loro), perché oltre a queste due compagnie, oggi operano altri prestatori di trasporto (Thello,
Italo, etc.), che non operano tramite una concessione statale, ma attraverso una licenza che viene rilasciata
sulla base delle norme UE.

Tutto il sistema ferroviario si basa su un principio di separazione tra la gestione dell’infrastruttura e


l’esercizio del servizio di trasporto. Nel caso italiano questo principio è molto critico, perché pur essendo
conforme alla normativa UE, nasconde il rischio di conflitto di interessi, perché Rete Ferroviaria Italiana RFI
(gestore) si trova nello stesso gruppo societario di Trenitalia Spa e Mercitalia Rail Spa cioè i prestatori di
trasporto. Quindi c’è il rischio che il gestore abbia un occhio di riguardo nell’assegnazione delle tracce di
utilizzo (compito principale di RFI) a Trenitalia o Mercitalia avvantaggiandole rispetto ad altri operatori fuori
dal Gruppo FS.
Questo modello del Gruppo Ferrovie Italiane è nato in un primo momento conforme alle disposizioni
Comunitarie, tuttavia, in ambito dell’UE, nel tempo si è assistito all’emanazione di più pacchetti di riforme
ferroviarie. Cioè l’UE gradualmente ha avviato e portato avanti un processo di liberalizzazione del mercato
dei servizi ferroviari. Questo procedimento si è articolato in quattro tappe, infatti, ad oggi la normativa
vigente è il cosiddetto “Quarto pacchetto Ferroviario”, in quest’ultimo, si nota una maggiore attenzione del
legislatore UE, nei confronti di quelle che sono definite imprese ad integrazione verticale (Gruppi Societari
come il Gruppo Ferrovie dello Stato). In questo Quarto Pacchetto Ferroviario l’Ue definisce imprese ad
integrazione verticale: una situazione in cui il gestore dell’infrastruttura è controllato da un’impresa che a
sua volta controlla un’impresa ferroviaria che svolge il servizio di trasporto, ovvero la situazione italiana.

Il legislatore dell’Ue nel quarto pacchetto ferroviario ha indicato alcune caratteristiche che un’impresa ad
integrazione verticale, deve possedere per essere conforme al diritto Comunitario, proprio per evitare dei
conflitti di interesse che potrebbero sorgere all’interno del gruppo ferroviario. Il legislatore Ue non vieta le
imprese ad integrazione verticale, ma c’è una regolamentazione delle caratteristiche che questo Gruppo
deve avere, per essere in conformità con l’UE. Queste caratteristiche sono:

• Il gestore dell’infrastruttura (RFI Spa) deve essere un’entità giuridicamente distinta dai prestatori
dei servizi (Trenitalia Spa e/o Mercitalia Rail Spa).
• Divieto da parte del gestore dell’infrastruttura di subire influenze da parte dei prestatori dei servizi
sulle decisioni del gestore dell’infrastruttura stesso. Quindi il gestore deve essere il più imparziale
possibile nel prendere le sue decisioni, senza subire pressioni da chi opera nei servizi ferroviari.
Questo vale sia per l’assegnazione delle tratte che per l’assegnazione dei canoni.
• Divieto di trasferimenti finanziari dal gestore ai prestatori di servizi. Devono esserci contabilità
separate all’interno dello stesso gruppo, e soprattutto non sono possibili aiuti economici interni al
Gruppo.
• Divieto dei membri del CDA e responsabili delle decisioni del gestore dell’infrastruttura, di
assunzione di tale ruolo negli organi dei prestatori di servizi.
• Divieto dei responsabili delle decisioni del gestore dell’infrastruttura di svolgere tale ruolo nei
prestatori dei servizi per 2 anni dalla cessazione del precedente incarico. Questi ultimi due punti
vanno a rafforzare la possibilità di evitare conflitti di interesse nella presa delle decisioni.

Il legislatore Europeo con la definizione delle suddette caratteristiche garantisce la legittimità delle imprese
ad integrazione verticale a patto che le caratteristiche vengano rispettate.

Rete Ferroviaria Italiana Spa (RFI Spa)

RFI Spa è il gestore della maggior parte della rete ferroviaria italiana, i rapporti tra RFI Spa e lo Stato italiano
si basano su:

• Una concessione rilasciata dal MIT nel 2000


• Contratto di programma, che si compone di due parti fondamentali:
o Parte servizi: contengono dati sulle manutenzioni e gli interventi programmati sulla rete.
o Parte investimenti: puntualizza gli investimenti che RFI Spa si impegna a fare sulla rete e in
cui troviamo anche delle specifiche sui contributi statali che RFI riceve dallo Stato.
• Autorizzazione di Sicurezza: Per poter operare sulla rete ferroviaria italiana, deve essere ottenuta
questa autorizzazione, da parte dell’ANSFISA (Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria e delle
Infrastrutture Stradali e Autostradali). Questa autorizzazione accerta il possesso di tutti i requisiti
che sono necessari per operare in sicurezza. Se vengono a mancare questi requisiti,
l’autorizzazione può venir meno. Tutti gli atti di rilascio, decadenza o modifica, devono essere
comunicati da ANSFISA a ERA (European Union Agency for Railways - Agenzia dell’UE per il settore
ferroviario). La durata dell’autorizzazione di sicurezza è di 5 anni.
Con i suddetti documenti RFI diventa il gestore della rete ferroviaria. Su essa gravano una serie di compiti e
responsabilità:

• Realizzare, gestire e mantenere la rete ferroviaria, RFI ha la possibilità di realizzare nuove tratte,
ma in realtà la maggior parte del lavoro avviene nell’ambito del mantenimento e manutenzione
delle tratte già esistenti.
• Manutenzione e sviluppo dell’infrastruttura. Sviluppo tecnologico della rete ferroviaria.
• Controllo circolazione dei treni in sicurezza. Cioè assegnare le tracce ferroviarie e gli orari di
partenze per garantire una circolazione in sicurezza.
• Assegnazione delle capacità e tracce ferroviarie, cioè le assegnazioni alle singole attività ferroviarie
di poter far viaggiare un determinato treno ad un determinato orario su un determinato binario.
• Determinazione e riscossione dei canoni.
• Elaborare, aggiornare e pubblicare il Prospetto Informativo di Rete (PIR), è il documento con cui
RFI dettaglia le informazioni sui servizi che offre. Fornisce indicazioni precise alle imprese
ferroviarie che si rivolgono a RFI per avere accesso alle infrastrutture. Esso deve indicare:
1. Le caratteristiche tecnologiche delle infrastrutture ferroviarie.
2. Le condizioni di accesso alle infrastrutture e agli impianti a livello contrattuale.
3. Le modalità di assegnazione delle tracce e le modalità di utilizzo.
4. I criteri di determinazione dei canoni e la relativa riscossione.
5. Le indicazioni sulle interruzioni programmate alla circolazione ferroviaria.
6. Il sistema di risoluzione in caso di controversie tra il gestore e le imprese ferroviarie.

Questo PIR deve essere pubblicato, in modo da essere a disposizione alle imprese ferroviarie. Viene messo
a disposizione gratuitamente sul sito web del gestore, oppure le imprese ferroviere possono fare richiesta
al gestore di una copia cartacea, ma in questo caso il gestore, farà pagare un prezzo che sarà pari al
semplice costo di produzione del documento stesso. Questo documento subisce un controllo da parte
dell’ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti) circa la presenza di tutte le caratteristiche sopra descritte e
che non siano presenti clausole discriminatorie e infine che venga realmente applicato ciò che è stato
scritto nel PIR.

Entrate finanziare di Rete Ferroviaria Italiana

1. Canoni: Vengono pagati dalle imprese ferroviarie che usufruiscono delle infrastrutture ferroviarie,
essi sono determinati da parte del gestore sulla base dei criteri dell’ART. Questi criteri dovrebbero
essere abbastanza generali perché altrimenti verrebbe meno la libertà del gestore di definire lui
stesso i canoni. Su questo argomento si è espressa anche la Corte di Giustizia Europea che precisa
che il canone deve essere determinato dal gestore, essendo anche la sua principale entrata
finanziaria. Il gestore ha poi l’obbligo di pubblicare questi canoni e procede alla loro riscossione.
2. Corrispettivi per i servizi ferroviari: Il gestore della rete non solo garantisce un accesso alla rete
stessa, ma offre alle imprese ferroviarie una serie di servizi (Stazioni Ferroviarie, Scali Merci, Servizi
Riscaldamento Treni), alcuni di questi servizi che RFI fornisce alle imprese ferroviarie, sono gratuiti
ed altri sono onerosi, e quindi si trasformano in un’entrata monetaria per RFI.
3. Contributi Statali: Sono un importante entrata per RFI da parte dello Stato, con lo scopo di
supportare importanti investimenti infrastrutturali.
4. Eventuali Entrate Private/Pubbliche: Sono entrate “una tantum”, che non sono prevedibili a priori,
ma possono avvenire nel corso del tempo.

In ambito finanziario vige l’obbligo di equilibrio economico che deve essere conseguito in un periodo di 5
anni, tra le entrate e i costi delle infrastrutture, ammortamenti e remunerazione del Capitale investito. Le
prime due voci di entrata sono le più pianificabili, mentre negli ultimi due punti RFI non ha margine di
manovra.
SERVIZI FERROVIARI

I Servizi ferroviari sono forniti dal gestore e si dividono in 4 categorie:

1. Pacchetto minimo dei servizi di accesso: Sono i servizi minimi per accedere all’infrastrutture, che il
gestore deve obbligatoriamente fornire a titolo gratuito (Assegnazione capacità/tracce, uso
dell’infrastruttura, regolazione della circolazione dei treni, informazioni indispensabili).
2. Servizi obbligatori: Sono servizi obbligatori per poter far operare le imprese ferroviarie (Ad esempio
le stazioni passeggeri, gli scali merci, le aree di manovra, e i centri di manutenzione). Essi vengono
offerti obbligatoriamente a titolo oneroso.
3. Servizi complementari: Sono i servizi che vengono forniti in modo facoltativo a titolo oneroso, e
devono essere offerti in modo equo a tutte le imprese ferroviarie, senza discriminazione.
(Preriscaldamento treni, servizio di rifornimento idrico dei treni, assistenza alla circolazione dei
treni speciali, etc.)
4. Servizi Accessori: Vengono forniti se disponibili e in via onerosa, (Informazioni Complementari,
ispezione tecnica del materiale rotabile, etc.).

PARTE III – L’ACCESSO AL MERCATO DEI SERVIZI DI TRASPORTO

Questa parte è dedicata alle caratteristiche, le modalità e i requisiti di accesso al mercato dei servizi di
trasporto.

Trasporti Marittimi

L’accesso al mercato dei trasporti marittimi internazionali si differenzia in maniera netta rispetto all’accesso
al mercato degli altri mezzi di trasporto (Ferroviario, Aereo, Stradale). La prima differenza che riguarda sia i
trasporti marittimi nazionali che internazionali deriva dal fatto che, mentre nei trasporti aerei, ferroviari e
autostradali, le imprese di trasporto accedono al mercato attraverso una licenza d’esercizio, nel trasporto
marittimo la Compagnia di Navigazione, per accedere al mercato deve avere delle navi che siano ammesse
alla navigazione.

L’ammissibilità delle navi alla navigazione conta di due punti fondamentali:

1. Abilitazione alla navigazione


• Le navi devono essere iscritte nel registro di uno Stato. Ogni nave deve essere iscritta in un
solo registro (eccetto casi eccezionali). In particolare, in Italia, si differenziano le navi
maggiori il cui registro è chiamato “Registro delle Matricole”, mentre per le navi minori è
semplicemente conosciuto come “Registro”. I registri sono tenuti dalle Autorità Marittime
nei vari porti di registrazione. Per potersi iscrivere una nave deve avere dei requisiti di
individuazione:
i. Stazza
ii. Nome e Numero Identificativo
iii. Nazionalità
• La proprietà delle navi è divisa in 24 parti uguali, che prendono il nome di “Carati”, per
assumere la nazionalità italiana, è necessario che un numero > di 12 Carati debba
appartenere a persone fisiche, giuridiche o Enti Pubblici Italiani o Comunitari.
• Iscrivendosi nel registro di uno Stato, la nave ha diritto ad innalzare la bandiera nazionale
(italiana nel nostro caso). Questo comporta, che attraverso l’iscrizione nel registro, si viene
a creare uno stretto legame (Jenuine link) tra lo Stato di Registrazione e la Nave. Lo Stato
garantisce, che la nave presenti tutti quei requisiti di costruzione e sicurezza che sono
previsti dalle Convenzioni Internazionali di cui lo Stato è contraente. Quindi lo Stato di
Bandiera garantisce la Navigabilità della Nave.
2. Navigabilità della nave
• Rappresenta il possesso delle caratteristiche strutturali, umane e documentali per poter
navigare in sicurezza, per diversi fini (Trasporto passeggeri, merci, nave ricerca).

Un’altra grande differenza si presenta tra i trasporti marittimi internazionali e i viaggi di cabotaggio.
In quanto i viaggi internazionali sono stati caratterizzati da sempre, da un principio di libertà dei mari. Cioè
una nave ammessa alla navigazione può tranquillamente, senza particolari restrizioni accedere al mercato
internazionale. Non ci sono delle restrizioni particolari a nessuna delle bandiere di Stato.

Nei traffici marittimi di cabotaggio (Viaggio tra due porti dello stesso Stato) si parte da un principio
opposto: il principio di riserva nazionale di questi traffici a favore delle navi nazionali. Nell’ambito del
cabotaggio si partì nel tempo, da una forte restrizione per poi aprirsi ad una liberalizzazione per volere
dell’UE.

Nelle altre modalità di trasporto (aereo, stradale e ferroviario) sia per il cabotaggio che per i viaggi
internazionali, si parte invece da una riserva nazionale per arrivare ad una liberalizzazione.

I trasporti internazionali marittimi non sono andati incontro ad una liberalizzazione nel tempo, in quanto
essa è sempre stata presente. Questi trasporti devono essere divisi: in viaggi di linea e viaggi tramp.

• La navigazione di linea si caratterizza per la regolarità del servizio, quindi, è un’offerta molto rigida
perché risente della stagionalità dei viaggi e della domanda di trasporto.
• La navigazione tramp è la cosiddetta “navigazione su domanda”, ovvero fatta sulla base di un
accordo più flessibile nel quale il prezzo pattuito nell’accordo copre i costi di trasporto e il
guadagno per l’armatore. La navigazione tramp presenta un mercato avente una concorrenza
equilibrata. Essendo un mercato libero e funzionante in ambito concorrenziale, non sono necessari
interventi pubblici di correzione. Quindi giuridicamente l’accesso al mercato dei trasporti marittimi
tramp non presenta particolari criticità.

La questione dei viaggi internazionali di linea è più complessa, in quanto nel tempo ha sollevato
problematiche di ordine giuridico, perché in questo tipo di mercato l’offerta prevale sulla domanda. Ci sono
più navi di quelle richieste, quindi, c’è un eccesso di concorrenza. La presenza di questa situazione ha
comportato nel tempo una battaglia competitiva basata in un primo momento sull’abbattimento dei prezzi
e successivamente sulla qualità e di conseguenza sulla sicurezza della navigazione. Causando con questo
eccesso di concorrenza un fallimento dei concorrenti più deboli e del mercato concorrenziale del trasporto
di linea. Per rispondere a questo eccesso di concorrenza prima ancora dell’intervento pubblico. Ci hanno
pensato gli armatori stessi tramite gli accordi armatoriali.

Accordi Armatoriali

Gli accordi armatoriali sono accordi tra le Compagni Marittime di Linea, finalizzati a restringere la
concorrenza, cioè a mettersi d’accordo per gestire in comune determinate linee, per ripartirsi i traffici
invece di operare in concorrenza (coordinarsi per non fallire). Il problema di questi accordi è il loro
presupposto, cioè la riduzione della concorrenza. E quindi solleva immediatamente un problema di
compatibilità con le regole antitrust (art 101 TFUE). In particolare, l’art. 101 del Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea, è diviso in più parti:

• Sono vietati gli accordi (armatoriali) restrittivi della concorrenza (par. 1), l’art. 101 fa alcuni esempi
come gli accordi per la fissazione in comune dei prezzi e accordi per la ripartizione dei mercati.
Questo principio generale incontra un’eccezione. Sono consentiti gli accordi purché sussistano
contemporaneamente 4 condizioni tassative (par. 2):
1. Devono promuovere il progresso tecnico-economico (Es. Investire in tecnologie)
2. Deve essere riservata agli utenti una congrua parte degli utili, (Es. miglioramento
servizi).
3. Non devono recare delle restrizioni non indispensabili.
4. Non deve esserci un’eliminazione sostanziale della concorrenza.

• Questa esenzione può avvenire in modo di gruppo per categoria o in modo individuale. La
differenza sta nel fatto che nel caso dell’esenzione di gruppo, viene emanato un regolamento
dell’UE nel quale disciplina un certo tipo di accordo (Es. Consorzi Marittimi), in questo caso il
regolamento definisce delle condizioni per cui questi accordi sono da considerarsi compatibili alle
norme UE. Le condizioni di questo particolare regolamento prevalgono sulle 4 condizioni dell’art.
101, proprio per il fatto che è stata garantita un’esenzione, quindi, le condizioni da rispettare sono
quelle previste dal regolamento che ha istituito l’esenzione. Per accordi non regolamentati si può
arrivare ad un’esenzione individuale. Per ottenere questa esenzione individuale in passato, i
partecipanti dovevano ex-ante comunicare alla Commissione Europea la loro intenzione di
stipulare quel determinato accordo, la Commissione valutava il rispetto delle quattro condizioni di
esonero previste dall’Art. 101 TFUE, e se ci fosse stato il rispetto delle condizioni, avrebbe
approvato l’accordo. Successivamente la situazione è cambiata, ad oggi gli accordi possono essere
stipulati senza una richiesta e valutazione ex-ante alla Commissione, ma ci sarà un controllo ex-
post. Se non ci dovessero poi essere le condizioni, la Commissione può sospendere,
quell’esenzione.

Tipologie di accordi armatoriali:

Conferenze Marittime: Erano il più antico accordo armatoriale, che oggi è stato bandito dalle acque
comunitarie. Le conferenze marittime prevedevano per gli armatori che partecipavano, una gestione in
comune delle rotte di traffico, un coordinamento delle partenze delle navi, una ripartizione delle capacità
dei traffici e una fissazione in comune dei noli. L’elemento caratterizzante che li distingue è proprio la
fissazione dei noli, che è stato tipico solo delle conferenze marittime. Questo tipo di accordo è stato
bandito dall’UE, perché prevedeva in unico accordo tutti i principali divieti introdotti dall’UE con l’art. 101
del TFUE, annullando completamente la concorrenza. Questi accordi per un certo periodo di tempo nel
passato sono stati concessi e si sono modificati nel tempo:
• Nel 1986 era stato introdotto un regolamento dell’UE che aveva introdotto un’esenzione per
categoria con condizioni molto meno severe rispetto all’art. 101 TFUE, per cui in quel periodo
storico grazie a questo regolamento, gli accordi di conferenza erano ritenuti conformi al diritto
dell’UE.
• Nel 2006 viene abrogato il regolamento dell’86 che prevedeva l’esenzione per categoria, e le
Conferenze entrano in regime di esenzione individuale. Una conferenza marittima per essere
conforme al diritto dell’Unione doveva essere conforme alle condizioni previste dall’art. 101.
• Oggi, non vi è conformità con la normativa UE antitrust e per questo le conferenze marittime
sono state bandite. Oggi nessuno darebbe più vita ad un accordo simile ad una Conferenza
Marittima perché ci sarebbe un controllo ex-post, che andrebbe a sospenderlo in quanto non è
in conforme alle disposizioni Comunitarie.

Consorzi Marittimi: Sono più recenti delle Conferenze Marittime ’60, e nascono come risposta alla nascita
del container e al fenomeno del gigantismo navale. Prevedono il coordinamento delle partenze, il noleggio
reciproco degli spazi in stiva, gestione in comune dei terminals, ma non vi è una fissazione in comune dei
noli. Questi consorzi sono l’unico accordo armatoriale, che gode di una specifica esenzione di categoria
sulla base di un regolamento UE, la cui peculiarità prevede:
• Durata limitata fino al 25 Aprile 2024. All’avvicinarsi di questa scadenza, il legislatore UE valuterà
l’eventuale proroga di questa scadenza. Il principio con cui opera il legislatore, prevede che ogni 5
anni, questi accordi vengano rivalutati, sulla base dell’evoluzione dello shipping.
• Alcune condizioni tra le quali:
o Le Compagnie interne al Consorzio devono possedere una quota di mercato ≤30% del
volume complessivo.
o Una Compagnia interna al Consorzio deve poter recedere con preavviso ma senza penali.

Alleanze Strategiche: è l’accordo armatoriale più recente, nato negli anni ’90, in risposta alla
globalizzazione. Le caratteristiche fondamentali sono molto simili ai Consorzi ma si differenziano
soprattutto per l’ampiezza geografica e la presenza di partners di diversa nazionalità a cui si rivolge
l’Alleanza. Si basa su una condivisione dei rischi e degli investimenti, del reciproco noleggio di spazi in stiva,
gestione in comune dei terminal marittimi e terrestri. Non vi è fissazione dei noli in comune. Le differenze
in termini di dimensioni non interessano sul piano giuridico, ma interessano le attività che vengono svolte
all’interno di quell’accordo, perché nel momento in cui anche per le alleanze, ci chiediamo se sono
conformi o meno alle normative antitrust, dobbiamo fare una differenza sulle varie attività. Le attività delle
alleanze che sono uguali alle attività dei consorzi (noleggio reciproco degli spazi in stiva, gestione in comune
dei terminals), godono dell’esenzione per categoria riconosciuta ai consorzi. Per altre attività svolte
dall’alleanza, ma non previste nel regolamento dei consorzi, l’Alleanza dovrà essere rispettosa delle 4
condizioni dell’art. 101 TFUE nel regime di esenzione individuale, e quindi di volta in volta sono sottoposte
al controllo della Commissione Europa. Le Alleanza proprio in virtù delle loro grandi dimensioni, e la
presenza di molti partners sono accordi molto instabili, che variano molto nel tempo e i cui partners
tendono a cambiare velocemente. Quindi lo rendono un accordo che difficilmente potrebbe monopolizzare
un settore, e per questo quasi sempre conforme al diritto comunitario.

CABOTAGGIO

Il servizio di cabotaggio nazionale è il trasporto marittimo tra porti dello stesso Stato. Quindi il cabotaggio in
senso giuridico va differenziato dalla short-sea shipping o dalla navigazione costiera, che a livello nautico
sono tutti sinonimi, ma non a livello giuridico. In quanto una navigazione costiera potrebbe essere tra
Genova e Marsiglia, ma non è cabotaggio nazionale, in quanto tocca porti di più Stati. Inoltre, a livello
giuridico per trasporto marittimo, non si intende solo il viaggio fisico della nave, ma l’atto di trasferimento
di persone o beni da un punto ad un altro. Il cabotaggio marittimo è simile ai trasporti stradali, ferroviari e
aerei, in quanto è partito da una situazione di restrizione in particolare da una riserva nazionale, ed è
andato verso una liberalizzazione.

Nel Codice della Navigazione del 1942, il cabotaggio poteva essere svolto, solo da navi battenti bandiera
italiana. Questa riserva nazionale era dovuta dal fatto che era un servizio considerato molto delicato perché
collegava porti dello stesso Stato e permetteva la tutela della flotta italiana. Questa riserva è venuta meno,
per volere dell’UE, quando negli anni ’90 in Italia c’è stato un periodo di liberalizzazioni che ha riguardato
anche il mondo marittimo.

In particolare, il Regolamento Europeo che ha liberalizzato il servizio di cabotaggio è il Reg. 3577/92, che ha
superato la riserva delle compagnie marittime nazionali e al suo posto, ha introdotto una riserva a favore di
tutte le navi appartenenti a vettori europei, quindi, che siano registrate in un Paese Comunitario. Di fatto
questa liberalizzazione ha comportato che le navi nazionali (italiane), non operassero più in esclusiva sulle
tratte nazionali, ma che ci sia la presenza anche di navi comunitarie. A questa regola c’è una sola eccezione,
ovvero che uno Stato Membro, può richiedere temporaneamente alla Commissione di escludere questo
regolamento, se l’applicazione di esso dovesse comportare una grave perturbazione del mercato interno.
Tuttavia, oggi questa eccezione trova rara applicazione.
La condizione per poter operare con il Regolamento 3577/92, prevede che la nave debba essere iscritta ad
un Registro Comunitario. In questo ambito, vi è la possibilità per gli Armatori di iscrivere le navi a più di un
registro. In particolare, in Italia c’è un Registro Nazionale, la cui iscrizione prevede la possibilità di operare
in cabotaggio senza particolari restrizioni. Il problema di questi primi registri nazionali, è l’aspetto
economico in quanto sono molto costosi per l’armatore (Tasse, Contribuzioni Lavoratori, etc.), la loro
elevata onerosità ha portato vari armatori, ad iscrivere le loro navi nei Registri di Comodo, che sono registri
leciti, ma sono tenuti da quegli Stati (Es. Panama, Liberia, Bahamas che non ratificano le Convenzioni
Internazionali) che sono poco attenti al rispetto delle norme di sicurezza, agli standards di formazione degli
equipaggi e di conseguenza sono molto meno costosi. Queste bandiere “ombra” o di comodo sono mal
viste soprattutto dai Paesi più sviluppati, perché sottovalutano i controlli di sicurezza a cui devono essere
sottoposte le navi e fanno perdere le iscrizioni delle flotte ai registri dei Paesi più attenti, che quindi
risultano meno attraenti per gli armatori. Per risolvere questa situazione, i Paesi tentano di bandire le navi
battenti queste bandiere di comodo, tramite strumenti come i Port State Control (Ispezioni di sicurezza a
bordo di queste navi, quando attraccano nei porti EU) e con la creazione dei Secondi Registri.

I Secondi Registri garantiscono un buon compromesso tra gli standard di sicurezza e i costi per l’armatore.
L’iscrizione nei secondi registri consente i trasporti marittimi internazionali, senza particolari attenzioni, ma
con la facoltà di svolgere cabotaggio nazionale a particolari condizioni.

In particolare, in Italia il secondo registro è chiamato registro bis, o registro internazionale, garantisce i
viaggi internazionali senza particolari restrizioni, e garantisce il cabotaggio nazionale solo alle navi > 650
Ton di stazza, prevedendo delle limitazioni al numero di viaggi di cabotaggio nazionale che possono essere
effettuati, limitazione sulla base della composizione dell’equipaggio (Marittimi UE ed Extra-Ue) e sulla
lunghezza del viaggio.

Il regolamento 3577/92 consente ad una nave iscritta in un registro comunitario (Primo Registro o Secondo
Registro), di svolgere cabotaggio nel suo Stato di bandiera (Es. Nave Francese può svolgere cabotaggio
nazionale in Francia) ma anche in un altro Paese dell’Unione Europea (Es. Nave Francese può svolgere
cabotaggio nazionale in Italia). La peculiarità è che questa nave in qualsiasi Stato dell’UE può svolgere
cabotaggio, ma alle condizioni del registro al quale è iscritto (Es. La nave francese operante in cabotaggio
nazionale in Italia, ma alle condizioni e i limiti previste dal Registro Francese). Il problema è che ovviamente
le condizioni di accesso al cabotaggio, per le navi iscritte ad un secondo registro (di qualsiasi Paese UE),
sono diverse da Stato Membro a Stato Membro, cioè i secondi registri dei vari Stati hanno condizioni
diverse tra loro.

Con le liberalizzazioni degli anni ’90, qualsiasi nave battente bandiera di uno Stato UE può operare in
cabotaggio nazionale anche in un altro Paese UE ma con le restrizioni del registro a cui sono iscritte, ma in
questo modo si avranno più soggetti ad operare sullo stesso mercato ma con condizioni e restrizioni
diverse, non creando un’omogeneità concorrenziale, con un rischio di distorsione della concorrenza.
Generalmente i Primi Registri Nazionali non creano problemi, in quanto tutti garantiscono il servizio di
cabotaggio nazionale senza particolari restrizioni, il problema si pone con i Secondi Registri (Es. Registro
Internazionale per l’Italia) che hanno tutti condizioni e restrizioni differenti.

All’interno dell’UE c’è una concorrenza tra i vari Stati UE per vedere iscritta una nave al proprio registro.
Non tutti gli Stati hanno avuto necessità di introdurre un Registro Bis, ma solo quelle che hanno subito una
fuga di molte navi verso i registri di comodo.

I servizi liberalizzati con il Reg. 3577/92 sono una serie di servizi di cabotaggio a titolo oneroso. I servizi di
cabotaggio di dividono in tre tipologie:
• Cabotaggio Continentale: è il cabotaggio tra porti ubicati sul territorio dello Stato (Genova-Napoli).
• Cabotaggio Insulare: è il cabotaggio tra continente e isole oppure tra le isole e isole (Genova-
Cagliari o Cagliari – Palermo).
• Cabotaggio Off-shore: è il cabotaggio tra il continente o un’isola ad una piattaforma artificiale.

Il cabotaggio che crea più problemi è quello insulare, perché le rotte tipiche del cabotaggio insulare sono
quelle che hanno maggior interesse economico-pubblico, in quanto garantiscono la continuità territoriale.

Riguardo ai servizi liberalizzati, sono sorti dei dubbi interpretativi sugli specifici servizi, per il quale si è
messa in dubbio l’applicabilità del Regolamento del ’92, e come avviene per tutti i casi di dubbia
applicabilità, ci si rivolge alla Corte di Giustizia Europea, che nel corso del tempo è intervenuta in due casi:

• Crociere Nazionali, la Corte ha stabilito che le crociere che iniziano e terminano in 2 porti di uno
stesso Stato, ricadono nel campo di applicazione del Regolamento.
• Servizio di rimorchio di una nave, la Corte ha stabilito che il rimorchio tra porti di uno stesso paese
non ricade nel campo di applicazione del Regolamento, nemmeno se si tratta di un rimorchio
trasporto. Perché il fine non è il trasferimento di una nave da un porto ad un altro, ma è quello di
dare assistenza ad una nave, e quindi viene trasferita per motivi di sicurezza.

Il diverso approccio tra cabotaggio continentale e quello insulare si vede su due grandi aspetti:

1. Legge applicabile a questioni dell’equipaggio: il problema è individuare quale sia la legge che la
nave deve rispettare, nel momento in cui deve svolgere cabotaggio, relativamente all’equipaggio.
Quindi chiedersi se una nave francese che svolge cabotaggio in Italia, relativamente all’equipaggio,
debba applicare le leggi di bandiera (francesi) o le leggi dello Stato Ospitante (Italia). Si presenta un
problema di concorrenza, perché se per un cabotaggio nazionale utilizzassimo le leggi dello Stato di
bandiera, si potrebbero avere in un determinato mercato di cabotaggio più vettori che applicano
diverse leggi (Es. Navi spagnola, francese e tedesca che operano in cabotaggio in Italia, con le leggi
sul cabotaggio nazionale relative al loro Paese) creando una distorsione della concorrenza.
Le questioni equipaggio riguardano ad esempio la % di cittadini UE/Extra UE arruolati a bordo,
all’ammontare minimo del salario che deve essere pagato all’equipaggio, sui requisiti di
formazione, obbligo o meno di assicurazioni in capo all’armatore. Tutte queste questioni variano da
Paese a Paese.

Analisi tabella
Per le navi ≥ 650 Tonn. lorde di stazza, che svolgono cabotaggio continentale si applica la Legge
dello Stato di Bandiera, la logica di fondo è che la Legge dello Stato di bandiera si applica nei casi
meno delicati, in quanto garantire la legge dello stato di bandiera, significa consentire la presenza
di più navi contemporaneamente che hanno leggi diverse, e quindi che operano in uno stesso
mercato ma con condizioni (leggi) diverse (Distorsione del mercato concorrenziale). Sullo stesso
principio ci si comporta così anche per le navi da crociera ≥ 650 Tonn. lorde.

Le navi più piccole, cioè le navi < 650 Tonn. lorde, sia dedicate al cabotaggio continentale, sia da
crociera e sia al cabotaggio insulare, sono tutte soggette alla Legge dello Stato Ospitante.

Quindi come principio generale:


1. Navi ≥ 650 Tonn. si applicano leggi dello Stato di Bandiera.
2. Navi < 650 Tonn. si applicano leggi dello Stato Ospitante.

La situazione più delicata si ha per le navi che svolgono cabotaggio insulare, come principio
generale, in virtù della loro importanza, rispettano le leggi dello stato ospitante. È tuttavia presente
una sola eccezione: e riguarda le navi ≥ 650 Tonn. lorde che svolgono cabotaggio insulare
consecutivo*.
*Il cabotaggio può essere di due tipi:
• Cabotaggio Puro, è il cabotaggio tra due o più porti di uno stesso paese.
• Cabotaggio consecutivo, è il cabotaggio tra due o più porti di uno stesso paese preceduto o seguito da una
tratta internazionale (Es. Nave Francese che svolge tra Genova e Civitavecchia, ma tornando a Marsiglia).
Il regolamento ci dice che in caso di cabotaggio insulare e navi ≥ 650 Tonn., in presenza di un
cabotaggio consecutivo, non si applica la legge di uno Stato Ospitante, questo per evitare di
cambiare la legge durante il viaggio (Es. La nave francese prima di arrivare in Italia applica la legge
di bandiera, e se quando iniziasse il cabotaggio in Italia, le venisse chiesto di applicare la legge del
Paese Ospitante cioè l’Italia, sarebbe complesso per la nave adattarsi), ma le viene consentito di
mantenere la legge di bandiera.
Il regolamento però non precisa la natura della tratta, cioè se la tratta internazionale debba essere
effettuata con carico a bordo o possa essere anche in zavorra (senza carico a bordo). Ci si pone
questo problema perché una nave potrebbe crearsi una tratta in zavorra per poter poi applicare la
propria legge, anche durante un cabotaggio insulare.
Se il cabotaggio è puro, si deve applicare la legge dello Stato Ospitante.
L’eccezione di applicare la legge di bandiera spetta solo quando prima o dopo i porti italiani ci sia
un cabotaggio internazionale. Questo dubbio è stato posto alla Corte di Giustizia Europea, la quale
ha chiarito che la legge di bandiera per cabotaggio insulare ≥ 650 Tonn. si applica anche se la nave è
in zavorra, purché, nel singolo caso non emerga che questa tratta internazionale, viene svolta al
solo fine di eludere il regolamento e quindi di evitare di applicare il principio della legge dello stato
ospitante.

2. La continuità territoriale: Il problema della continuità territoriale, in particolare in Italia, trova


fondamento nell’art. 16 della Costituzione, che sancisce il diritto per i cittadini di un paese di
muoversi liberamente su tutto il territorio nazionale. Il problema in Italia e i molti Stati insulari si
pone per collegare la terraferma con le isole. Questi collegamenti sono di alto interesse pubblico,
per il quale è richiesto che vengano garantiti con una certa frequenza ed efficienza, in quanto la
conformazione territoriale impone che quel collegamento sia l’unico o uno dei pochi a disposizione
dei cittadini per raggiungere il continente. La presenza di questi collegamenti è molto importante,
anche a livello costituzionale per poter garantire al residente di un’isola di raggiungere Roma, nello
stesso modo in cui questo diritto viene garantito al cittadino di una regione continentale che può
però usufruire di più mezzi (Auto, Bus, Moto etc.).
Se il mercato venisse lasciato libero, cioè senza intervento pubblico, succederebbe che gli armatori
coprirebbero quella rotta solo nei periodi economicamente più convenienti, molta meno sarebbe la
convenienza a svolgere il servizio in periodi dove la domanda è molto bassa, causando quindi
l’assenza di una continuità per alcuni periodi. Per garantire la continuità territoriale il Reg. 3577/92
prevede due strumenti, che devono essere utilizzati per correggere il mercato:
a. Obblighi di pubblico servizio: Sono obblighi che un armatore ove considerasse il trasporto
solo sulla base del proprio interesse privato, non assumerebbe o assumerebbe in diverse
misure o a diverse condizioni (Prezzi molto alti, o in modo irregolare).
Sono obblighi in termini di:
i. Regolarità: Garantire il servizio.
ii. Frequenza: Garantire una cadenza di questo servizio nel tempo.
iii. Capacità: Garantire un servizio, relativamente alla capacità dei mezzi impiegati.
iv. Tariffazione: Tariffe adeguate al servizio.
Con questo strumento, lo Stato può imporre alle navi che vogliono svolgere questa rotta, i
suddetti obblighi di pubblico servizio. Questo comporta che su quella rotta possono operare
un numero libero di navi, così come l’entrata e l’uscita da questo mercato sono liberi,
operando in concorrenza onerosa con Compagnie Marittime sottoposte tutte alle stesse
condizioni/obblighi. La libera possibilità di entrare e uscire da questo mercato potrebbe
andare a creare dei problemi alla regolarità e alla frequenza di questo servizio pubblico, nel
caso in cui più Compagnie dovessero uscire allo stesso tempo. Lo Stato può erogare alle
Compagnie Marittime un compenso, in quanto gli armatori potrebbero operare in perdita
su queste particolari rotte, quindi, lo Stato potrebbe optare ad un compenso, per coprire le
perdite registrate. Per le Compagnie Marittime questo strumento non è il più attrattivo.
Perché è molto oneroso, e non vi è certezza del compenso statale.
• Contratto di Pubblico Servizio: In questo caso viene stipulato un contratto con una sola
Compagnia Marittima, che viene individuata in base ad una gara pubblica. In questo
contratto vengono imposti degli obblighi simili a quelli già visti (Frequenza, Regolarità,
Tariffazione, Capacità), tuttavia rispetto allo strumento precedente, questi obblighi sono
vincolanti per tutto il Contratto senza la possibilità di entrare o uscire dal mercato. Questo
strumento permette di garantire la continuità del servizio. Inoltre, lo Stato eroga un
compenso sicuro alla Compagnia, che a questo punto non è più eventuale, e serve a coprire
le perdite derivanti dallo svolgimento dei servizi nella rotta onerata. Questo compenso, non
può coprire una difficoltà economica della Compagnia, ma solo un compenso, altrimenti si
tradurrebbe in un aiuto di Stato che è vietato dall’UE.

Nel tempo sono stati sollevati dubbi, circa la compatibilità dei due strumenti sulla stessa rotta. Anche in
questo caso la Corte di Giustizia Europea ha confermato la possibilità di vedere operare su una rotta in
continuità territoriale, sia Compagnie libere che Compagnie legate da un Contratto di Pubblico Servizio.

SERVIZI DI TRASPORTO AEREO

I servizi di trasporto aereo, a differenza dei trasporti marittimi, non si basano su un presupposto di libertà
dei mari, ma su un principio di sovranità dello Stato sullo spazio aereo sovrastante il suo territorio. Questo
vale sia per i trasporti aerei internazionali, che per quelli di cabotaggio.

Si parte da un principio di sovranità sullo spazio aereo, perché lo Stato ha diritto ad un controllo su ciò che
avviene nel proprio spazio aereo e su tutti gli aeromobili che sorvolano il suo territorio (Es. Perché
potrebbero volare su aree ristrette militarmente). Tuttavia, pensare di limitare il sorvolo dello spazio aereo
solo ai voli nazionali, ad oggi non è una cosa possibile, a causa della globalizzazione che impone la presenza
di centinaia di voli ogni giorno sui cieli di ogni Stato.
È interesse di ogni Stato mantenere i rapporti con gli altri Paesi, e quindi garantire anche ad aerei stranieri
di sorvolare e atterrare sul proprio territorio. Infatti, fin dalla nascita dei trasporti aerei, ancora prima che
nella normativa, era già consuetudine garantire ai voli stranieri di poter sorvolare i territori del proprio
Stato, queste libertà erano conosciute come le libertà dell’aria.

Le libertà dell’aria sono sorte nel Diritto Internazionale Consuetudinario, queste sono le libertà che uno
Stato concede ad aeromobili di altra nazionalità. Le libertà dell’aria sono 5 e sono ripartite in:

• Libertà tecniche: riguardano solo operazioni tecniche.


o Sorvolo: La libertà di sorvolo permette ad un aeromobile di nazionalità A, diretto in
uno Stato C, di sorvolare il territorio di uno Stato B. Lo Stato B deve garantire ad A
questa libertà.
o Atterraggio: La libertà di atterraggio permette ad un aeromobile di nazionalità A,
diretto in uno Stato C, di atterrare nel territorio di uno Stato B. Lo Stato B
garantisce questa libertà ad A solo per motivi tecnici (Avaria, rifornimento).
• Libertà commerciali: riguardano le operazioni commerciali.
o Sbarco: La libertà di sbarco, permette all’aeromobile di nazionalità A, di sbarcare
merci, persone o posta nello Stato B. Lo Stato B garantisce questa libertà ad A.
o Imbarco: La libertà di imbarco, permette all’aeromobile di nazionalità A, di
imbarcare merci, persone o posta nello Stato B. Lo Stato B garantisce questa libertà
ad A.
o Sbarco/Imbarco: La libertà di sbarco/imbarco, permette all’aeromobile di
nazionalità A, di partire dallo Stato A, verso lo Stato B dove imbarca e poi
proseguire nello Stato C per sbarcare merci, persone o posta imbarcate nello Stato
B. Questa libertà è l’insieme delle due precedenti libertà una di imbarco (da B ad A)
e una libertà di sbarco (da C ad A).
o Cabotaggio (Consecutivo e Puro): Il cabotaggio si distingue in:
▪ Cabotaggio Consecutivo: L’aereo di nazionalità A riceve dallo Stato B la
libertà di imbarcare e sbarcare merci, persone e poste tra due porti dello
stesso Stato, ma partendo o recandosi, da o verso un aeroporto di
nazionalità C, in modo che ci sia un viaggio internazionale prima o dopo la
tratta di cabotaggio.
▪ Cabotaggio Puro: Un aeromobile di nazionalità A riceve dallo Stato B la
libertà di imbarcare e sbarcare merci, persone e poste tra due porti dello
stesso Stato, senza che vi sia una tratta internazionale.

Queste libertà dell’aria che fino ad allora erano semplici consuetudini, hanno trovato una
regolamentazione, nell’ambito della Convenzione Internazionale di Chicago sull’Aviazione Civile (1944), che
pur essendo molto datata, ancora oggi rappresenta un’importante punto di riferimento dell’aviazione civile.
La convenzione di Chicago differenzia i voli registrati e i voli non registrati. La Convenzione di Chicago non
ne fornisce una definizione specifica. Ma l’analisi del testo normativo permette di capire che per voli
registrati si intendano i voli di linea, mentre per i voli non registrati si intendano i voli charter (voli regolari
su richiesta).

Nel regolamentare le libertà dell’aria, la Convenzione quindi, prevede dei principi diversi tra i voli di linea e
quelli charter. In particolare, la Convenzione è molto più aperta per i voli charter che per quelli di linea, ma
solo per il fatto che nel 1944 i voli charter erano ancora molto rari.
I voli internazionali charter

Libertà Tecniche:

• Per tutti gli Stati Contraenti le libertà tecniche sono consentite senza autorizzazione. Quindi gli
aeromobili delle Nazioni che hanno ratificato la Convenzione di Chicago, possono sorvolare o
effettuare atterraggio tecnico, in quei Paesi Contraenti senza la necessità di un’autorizzazione.
• La libertà è molto ampia, ma ha delle restrizioni da parte del Paese Ospitante che può però
pretendere che vengano rispettate determinate rotte, o può richiedere un atterraggio per
motivi di sicurezza, o potrebbe richiedere un permesso speciale per il sorvolo di zone
inaccessibili.

Libertà Commerciali:

• Per tutti gli Stati Contraenti le libertà commerciali sono consentite senza autorizzazioni salvo
condizioni e/o limitazioni non dettagliatamente specificate da parte dello Stato Ospitante.

Sui voli charter possiamo notare come principio generale, un’ampia libertà, limitata solo per volere dello
Stato Ospitante. Questa grande libertà è dovuta al poco utilizzo dei voli charter negli anni ’40 quando
nacque la Convenzione di Chicago.

Voli internazionali di linea

La Convenzione di Chicago ammette libertà tecniche e commerciali, solo previa autorizzazione, quindi se un
aereo vuole anche solo sorvolare un Paese Estero, deve sempre chiedere un’autorizzazione preventiva.
Questo principio restrittivo già nel 1944 andava in parte contro la realtà operativa di ciò che avveniva di
fatto, in quanto nell’applicazione consuetudinaria, i Paesi erano soliti riconoscere la libertà tecnica senza
particolari restrizioni. Tanto è vero che nello stesso anno della Convenzione di Chicago, sono stati firmati 2
accordi multilaterali tra più Stati che fornivano delle soluzioni a questi problemi restrittivi per i voli di linea:

• Accordi sul transito (o Accordo delle due libertà): prevedeva che le libertà tecniche, venissero
concesse senza autorizzazione. Mentre le libertà commerciali richiedevano un’autorizzazione.
• Accordi sui trasporti internazionali (o Accordi sulle cinque libertà): prevedeva che tutte le libertà
(tecniche e commerciali) dovessero essere consentite senza nessuna autorizzazione.

Agli Stati fu data la possibilità di aderire solo alla Convenzione di Chicago, oppure sia alla Convenzione che
ad uno degli accordi multilaterali. La Convenzione di Chicago andava sempre e comunque ratificata come
testo base nell’ambito dell’aviazione. La soluzione più diffusa fu l’accordo sul transito a cui aderirono la
maggior parte degli Stati, in quanto rispettava maggiormente la prassi fino ad allora utilizzata, ovvero quella
di garantire sempre la libertà tecnica senza autorizzazione, e prevedere invece un’autorizzazione per le
libertà commerciali.

Sia per i voli di linea che per i voli charter, pur riconoscendo le libertà descritte, è stata data la possibilità
agli Stati di introdurre restrizioni purché non facciano differenze sulla nazionalità degli aeromobili (Non
discriminatorie). Le limitazioni che possono essere consentite sono:

• Limitare o proibire in modo permanente il sorvolo di certe aree del Paese, per motivi militari, di
pubblica sicurezza o per aree strategiche.
• Limitare o proibire in modo temporaneo il sorvolo di alcune aree per circostanze eccezionali (Es.
Condizioni meteo avverse, o pericolo terrorismo).

I motivi devono essere oggettivi e non discriminatorie.


La Convenzione di Chicago disciplina le limitazioni, le libertà che possono essere concesse, ma non
disciplina molti altri aspetti che riguardano il settore dell’aviazione (Es. Rotte consentite, Frequenze dei voli,
Capienza degli aeromobili internazionali, Tariffazione). Questi aspetti non disciplinati dalla Convenzione di
Chicago, sono oggetto di disciplina di accordi aerei bilaterali tra due Paesi, che disciplinano questi aspetti
rimasti fuori dalla Convenzione. Quindi subito dopo la Convenzione del 1944, ci si trovò sommersi da questi
accordi aerei bilaterali, in quanto tutti gli accordi commerciali allora vigenti, erano basati su questi accordi,
che a seconda degli Stati avevano condizioni anche molto diverse tra loro.

Cabotaggio aereo

La libertà di cabotaggio segue regole differenti, in quanto è un servizio molto più delicato, e quindi gli Stati
sono molto più restii ad una liberalizzazione. Gli Stati hanno sempre tenuto a mantenere una riserva
nazionale per le rotte interne. Nello specifico in Italia il Codice della Navigazione 1942 (parte aerea),
prevedeva una riserva nazionale per il cabotaggio aereo a favore della flotta aerea italiana, e la situazione
era uguale anche negli altri paesi. La Convenzione di Chicago 1944, due anni successiva al Codice della
Navigazione, prese atto di questa realtà, e sancì la possibilità per gli Stati Contraenti, di introdurre una
riserva nazionale a favore dei propri aeromobili. La peculiarità della Convenzione di Chicago è che la riserva
debba essere assoluta, cioè che se uno Stato Contraente decide di riservare il cabotaggio aereo agli
aeromobili nazionali, questa riserva deve essere assoluta nel senso che non può avere delle eccezioni (Non
si può riconoscere all’aeromobile di un altro Stato Contraente la possibilità di effettuare cabotaggio). Nel
caso in cui fosse stato consentito ad un altro Stato Contraente di svolgere cabotaggio sul proprio territorio,
allora lo Stato avrebbe dovuto consentire questa possibilità a tutti gli aeromobili degli Stati Contraenti (Es.
L’Italia aveva la possibilità di far svolgere cabotaggio in Italia solo alla flotta italiana, oppure se avesse
voluto far fare cabotaggio ad un aeromobile francese, avrebbe dovuto garantire questa possibilità anche a
tutti gli altri Paesi Contraenti della Convenzione di Chicago). Insieme a questo principio, se ne affianca uno
di reciprocità per il quale il Paese a cui fosse stato garantito di svolgere cabotaggio in Italia, per reciprocità
lo Stato in questione, avrebbe dovuto garantire all’Italia di fare cabotaggio in quello Stato e per il principio
di riserva assoluta, lo avrebbe dovuto garantire a tutti i Paesi Contraenti. Questo comportava che una
singola eccezione, avrebbe comportato il crollo del sistema e avrebbe imposto di dover garantire a tutti i
paesi Contraenti di poter svolgere cabotaggio sul proprio Stato.

In ogni caso a quel tempo tutti i Paesi avevano e rispettavano una riserva assoluta senza eccezione.
I problemi sono sorti quando si è giunti alla liberalizzazione comunitaria, cioè quando è stato previsto a
livello UE, che il cabotaggio aereo nell’ambito degli Stati Membri, fosse ammesso a favore di tutti gli
aeromobili degli Stati Comunitari. L’Unione Europea ha previsto che tutti gli aeromobili degli Stati Membri
possano svolgere cabotaggio in tutti gli altri Stati Comunitari, facendo crollare il sistema della riserva
assoluta, infatti, ad oggi in Italia qualsiasi Compagnia Comunitaria ha la possibilità di svolgere cabotaggio in
Italia. Dal momento che con la liberalizzazione comunitaria è stata fatta un’eccezione alla riserva assoluta
prevista dalla Convenzione di Chicago, ad oggi gli USA (e altri paesi Extra-UE) sulla base della Convenzione
di Chicago potrebbero aver diritto di svolgere cabotaggio in un Paese Contraente della Convenzione.
Tuttavia, la liberalizzazione UE non ha portato nella pratica ad una richiesta da parte dei paesi extra-UE o
degli USA di voler fare cabotaggio in Europa, questo non è avvenuto perché il principio di reciprocità
comporterebbe che le Compagnie dei paesi UE avrebbero potuto andare a fare cabotaggio nel rispettivo
Paese Extra-UE a cui verrebbe garantito il diritto di operare nella Comunità Europea.

Quindi il principio di reciprocità è una sorta di disincentivo e permette di mantenere vivo il principio della
riserva assoluta senza eccezioni, in alcuni Paesi come gli Stati Uniti. Mentre il principio di riserva assoluta in
Europa non è più una riserva assoluta nazionale ma è una riserva assoluta comunitaria, cioè a favore degli
aeromobili dell’Unione Europea.
Servizi aerei in ambito UE

La situazione attuale in Unione Europea deriva un processo di liberalizzazione dei traffici aerei comunitari,
che ha tratto spunto dalla liberalizzazione dei traffici aerei americani degli anni ’70, nel quale avvenne una
rapida liberalizzazione dei servizi aerei tra gli Stati Federati Americani. Prima di allora questi voli erano
fortemente regolarizzati. La riforma fu molto drastica e portò una ampia liberalizzazione. Questo drastico
cambiamento in un primo momento portò molti aspetti positivi (Maggiore concorrenza, maggiore offerta e
abbattimento delle tariffe), ma nel medio-lungo periodo, senza intervento pubblico, si sono create molte
disfunzioni del mercato, in quanto le Compagnie operavano solo in termini di convenienza economica,
creando una situazione di congestione/sovra-concorrenza delle rotte più redditizie e dal lato delle rotte non
redditizie venivano servite in maniera poco professionale. Il legislatore Europeo ha preso spunto dalla storia
USA cercando di non commettere gli stessi errori.

I maggiori errori che il legislatore europeo ha provato ad evitare sono stati:

1. Un cambiamento troppo drastico da un mercato rigido e regolamentato ad uno completamente


libero.
2. Abbandono del mercato da parte degli interventi statali correttivi, necessari alla sua correzione.

La liberalizzazione dei servizi aerei in Europa si basa su due principi:


• Liberalizzazione dei voli molto graduale (a partire dagli anni ’80 e concluso nel 2008 con il Reg.
1008/2008).
• Liberalizzazione controllata, in cui il Legislatore è intervenuto per correggere quelle disfunzioni già
studiate negli USA per rendere il mercato il più efficiente possibile (Requisiti per accedere al
mercato, Inquinamento etc.).

L’Europa sull’esperienza USA è arrivata alla situazione attuale in modo molto più equilibrato.

La situazione attuale prevede che:

• I voli tra Stati Membri non siano più disciplinati da singoli accordi bilaterali aerei (Italia-Francia o
Italia-UK) a livello dell’UE, ma siano soggetti ad una regolazione uniforme con il Reg. 1008/2008, a
questo regolamento si è arrivati dopo una serie di direttive e regolamenti che dalla seconda metà
degli anni ’80, gradualmente hanno condotto ad una liberalizzazione dei voli intracomunitari.
• I voli di cabotaggio sono disciplinati anch’essi dal Reg. 1008/2008, questo regolamento ha
comportato una liberalizzazione del cabotaggio, nel senso che si è passati da una riserva nazionale
ad una riserva comunitaria (Come avvenuto in ambito marittimo). Permettendo ad una qualsiasi
Compagnia Comunitaria, di operare in cabotaggio in qualsiasi Paese Membro. Per i quali insistono
però i problemi di compatibilità con la riserva assoluta prevista della Convenzione di Chicago del
1944.
• I voli tra Paesi Extra-Ue (Voli Internazionali), ancora oggi sono disciplinati da accordi aerei bilaterali
o da accordi aerei globali, la differenza sta nel fatto che:
o Gli accordi bilaterali sono stipulati tra i due aeroporti capolinea del volo.
o L’accordo globale è un accordo firmato da un lato dal Paese Extra-UE, e dall’altro è firmato
dall’UE come organizzazione comunitaria (Istituzione) e da tutti i suoi Paesi Membri. Questi
accordi globali, vincolano tutti gli Stati Membri, verso il Paese Extra-UE.
I principi fondamentali del Reg. 1008/2008, che influenzano sia i voli tra Stati Membri che i voli di
Cabotaggio, sono tre (in passato erano suddivisi in 3 normative differenti):

• Licenza di Esercizio, per poter accedere ai voli aerei intercomunitari e cabotaggio, il vettore deve
detenere questa licenza di esercizio, è una necessità essenziale per poter accedere al mercato. Non
è sufficiente solo la registrazione dell’aeromobile come avviene nell’ambito marittimo.
• Restrizioni all’accesso al mercato; qui emerge la libertà controllata che il legislatore ha voluto
introdurre per evitare il ripetersi di quegli aspetti negativi che si erano generati in USA a causa della
liberalizzazione troppo veloce. Il concetto con cui si deve leggere questo regolamento è che il
mercato di trasporto aereo è libero, però nel momento in cui si verificano delle disfunzioni nel
funzionamento del mercato, il regolamento consente agli Stati Membri di intervenire per inserire
delle restrizioni all’accesso al mercato, finalizzate ad evitare che il mercato non funzioni nel
migliore dei modi.
• Le tariffe in particolare il modo in cui le Compagnie possono fissarle, ed eventualmente quali
obblighi devono rispettare in termini tariffari. Le tariffe sono molto importanti sia per gli utenti
finali, ma anche e soprattutto per una corretta concorrenza, per questo il legislatore europeo
esercita comunque un controllo passivo, sulle tariffe imposte dalle Compagnie aeree.

Licenza di esercizio

È una condizione necessaria, ma non sufficiente per accedere al mercato dei servizi aerei. La licenza di
esercizio rilasciata in ambito UE vale per le compagnie UE, per svolgere sia voli intracomunitari, che voli
nazionali di cabotaggio, ma vale (in ambito UE), anche per gli aeromobili comunitari per svolgere voli Extra-
UE. L’obbiettivo è quello di garantire i requisiti qualitativi delle Compagnia Aeree UE, che operano. La
licenza viene rilasciata dall’ENAC (In Italia), ed è riconosciuta in tutti gli Stati Membri.

Presupposti:

1. La Compagnia deve avere il suo principale centro di attività in uno Stato Membro.
2. Possesso da parte della compagnia aerea di un COA (Certificato di Operatore Aereo), che viene
rilasciato dall’ENAC, oppure in modo meno frequente dall’AESA (Agenzia Europea della Sicurezza
Aerea), che attesta la capacità professionale, l’organizzazione e l’adeguatezza aziendale tali da
consentire alla Compagnia di operare in sicurezza. Gli Stati membri non possono rifiutarsi di
rilasciare la licenza alle compagnie che possiedono i requisiti richiesti. Non può essere un pretesto
per contingentare l’accesso al mercato aereo.
3. L’impresa che richiede la licenza, come principio generale, deve utilizzare aerei immatricolati in UE
(Devono battere la bandiera di un Paese UE), tuttavia questo principio generale, in via eccezionale e
temporanea, prevede che le compagnie comunitarie possano utilizzare aeromobili extra-UE, in dry
o wet lease (sono due tipi di contratti di locazione e di trasporto che si analizzeranno alla fine del
corso) o rivolgersi ad aeromobili extra-UE, ma solo per esigenze eccezionali per problemi legati alla
capacità stagionale (Es. Domanda di trasporto più alta) e quando sul mercato non ci sono sufficienti
aeromobili comunitari disponibili o per difficoltà operative in cui la Compagnia non riesce a trovare
sul mercato un aeromobile comunitario.
4. L’attività principiale della compagnia aerea che richiede la licenza deve essere il trasporto aereo
come core-business.
5. La Compagnia aerea deve avere una struttura adeguata a questo ambito.
6. La Compagnia deve essere sotto il controllo di Stati Membri e/o Cittadini UE per una quota > 50%,
solo in questo caso la compagnia può definirsi Compagnia Comunitaria.
7. La compagnia aerea deve presentare un piano economico definito ai primi 3 anni di esercizio, e
deve dimostrare di essere in grado di rispettare i propri impegni finanziari per un periodo di almeno
24 mesi, e deve essere in grado di coprire i suoi costi fissi senza poter contare sulle entrate per 3
mesi. Questo è un requisito qualitativo che riguarda l’aspetto finanziario.
8. La compagnia aerea deve dimostrare che ha provveduto ad una copertura assicurativa, della sua
responsabilità verso passeggeri, le merci, la posta e soggetti terzi diversi dai passeggeri.
9. La compagnia deve rispettare anche un requisito di onorabilità, quindi, non può essere
assoggettata a procedure fallimentari.

Una volta che l’ENAC accerta questi 9 requisiti, è obbligata a rilasciare la licenza, che ha una durata
illimitata. Tuttavia, i controlli perdurano per tutta la vita dell’impresa in cui essa opera sul mercato, perché
se i requisiti vengono meno, la licenza verrà ritirata. In particolare, i controlli sono necessari in 3 casi:

• 1 anno dopo il rilascio, e poi ogni 2 anni (L’Italia è tra i paesi più restrittivi, anche più del
Regolamento 1008/2008).
• Controllo Ad-hoc quando vi è un potenziale problema.
• Quando vi è una richiesta da parte della Commissione Europea.

Ci sono invece, casi in cui la Compagnia aerea deve richiedere la conferma della licenza e questi sono:

• Se la Compagnia aerea non inizia la sua attività entro sei mesi dal rilascio della licenza.
• Se la Compagnia aerea sospende la sua attività per un periodo uguale o superiore a sei mesi.
• Se la situazione giuridica della Compagnia varia, (Ad esempio si passa da una società S.p.a. ad
un’altra forma societaria).

La Compagnia Aerea è inoltre tenuta a comunicare ad ENAC:

• Offerte di nuovi servizi.


• Cambiamenti sostanziali nella sua attività, ad esempio, la variazione del tipo di aeromobili utilizzati
per operare, al fine che l’ENAC possa controllare il mantenimento delle condizioni di sicurezza.
• Fusioni con altre società.
• Acquisizioni di altre società.
• Trasferimenti di proprietà di più del 10%, al fine che l’ENAC possa controllare il mantenimento dei
requisiti di proprietà comunitaria.

La licenza può essere revocata o sospesa se:

• La Compagnia aerea non è in grado di rispettare i suoi impegni effettivi o potenziali per un periodo
uguale o superiore a 12 mesi. In questi casi l’ENAC può rilasciare una licenza provvisoria di durata
inferiore ai 12 mesi, ma solo nei casi in cui questa instabilità non incide sulla sicurezza.
• La Compagnia aerea non trasmette all’ENAC i propri bilanci.
• La Compagnia aerea fornisce all’ENAC informazioni non veritiere o incomplete.
• Viene meno il COA (Certificato di Operatore Aereo) per sospensione o ritiro.
• Viene meno il requisito di onorabilità.
• In conclusione, possiamo dire che lo Stato, attraverso l’ENAC, controlla che entrino e continuino ad
operare delle Compagnie aeree affidabili.
Restrizioni all’accesso al mercato

Il possesso della licenza è condizione necessaria ma non sufficiente affinché una compagnia aerea possa
operare nelle rotte desiderate, perché il regolamento riconosce agli Stati Membri, la possibilità di
intervenire ponendo delle restrizioni alla fornitura dei servizi aerei, al fine di correggere il mercato. Gli
interventi correttivi che possono essere fatti dagli Stati Membri, intendono risolvere specifiche
problematiche, legate essenzialmente alla congestione di certe infrastrutture e rotte, ai ritardi, ai problemi
di inquinamento ambientale e a situazioni di emergenza (Es. attentati). Gli Stati Membri possono
intervenire in cinque casi:

• Congestione aeroportuale
• No, adeguata offerta di servizi aerei in rotte di interesse pubblico
• No, equilibrata distribuzione del traffico tra aeroporti limitrofi
• Inquinamento acustico/atmosferico
• Circostanze inevitabili e imprevedibili

Slots Allocation

Indica l’assegnazione delle bande orarie negli aeroporti. Uno slot o banda oraria è la possibilità per una
compagnia aerea di utilizzare l’infrastruttura aeroportuale in un certo giorno e in una certa ora, per
compiere le operazioni di volo e decollo, quindi, il diritto di operare in pista. Ogni aereo per compiere un
volo ha bisogno di uno slot nell’aeroporto di partenza e uno slot nell’aeroporto di arrivo. Il problema è
come ripartire questi slots tra gli aeroporti mondiali e poi successivamente all’interno del singolo aeroporto
tra le varie Compagnie aeree operanti.

Occorre che gli slots vengano assegnati in un primo momento a livello globale per permettere i voli
internazionali e permettere l’organizzazione di questo intreccio di arrivi e partenze. L’assegnazione degli
slots a livello mondiale avviene durante le Conferenze della IATA (International Air Transport Association),
che è un’associazione privata che raggruppa al suo interno la maggior parte delle Compagnie Aeree del
Mondo. Dopo l’assegnazione degli slots a livello globale, si pone il problema della distribuzione degli slots
assegnati ad un determinato aeroporto tra le varie Compagnie aeree richiedenti. Il rischio è che ciascun
aeroporto possa avere delle regole di assegnazione degli slots diverse; per evitare questo rischio, a livello
comunitario è stato emanato il Reg. 95/1993, con cui il legislatore europeo detta delle regole uniformi
obbligatorie per tutti gli Stati Membri, affinché non ci siano disparità di trattamento tra le compagnie
aeree. Questo regolamento che disciplina le slots allocation è stato poi quasi completamente riscritto nel
2004, che è la normativa attuale, tuttavia, il numero del Reg. 95/1993 non è cambiato.

Nel regolamento sono differenziati diversi tipi di aeroporti:

• Aeroporti coordinati: sono gli aeroporti che hanno il maggior problema di congestione del traffico,
dove la domanda di slots è maggiore della disponibilità delle piste. (Es. Fiumicino, Milano
Malpensa).
• Aeroporti ad orari facilitati, hanno problemi di congestione ma meno prolungati e meno intensi.
• Altri aeroporti, non hanno problemi di congestione. Si soddisfa la domanda delle Compagnie
aeree. (Es. Genova).
Aeroporti coordinati

La società di gestione aeroportuale deve fare un’analisi della carenza di capacità del proprio aeroporto.
Questa analisi deve essere svolta in tre casi:

• Se ritenuta necessaria dallo Stato a causa di sofferenza nella gestione dei traffici.
• Se richiesta dalla società di gestione aeroportuale o se richiesta dalle Compagnie Aeree che
movimentano un traffico >50% del traffico totale di quell’aeroporto.
• Se richiesta dalla Commissione UE.

La finalità di questa analisi è quella di cercare di trovare delle soluzioni al problema della congestione dei
traffici. (Es. Costruendo delle nuove piste, cambiamenti operativi nella gestione delle piste) non sempre è
possibile trovare delle soluzioni alle congestioni, (Es. Gli aeroporti in centro città che hanno problemi di
espansione). Se non si trovano soluzioni a questi problemi di congestione, questi aeroporti coordinati,
devono nominare un coordinatore. Questo coordinatore è sempre obbligatorio negli aeroporti coordinati, e
deve operare in modo imparziale, non discriminatorio e trasparente. Inoltre, il coordinatore deve essere un
soggetto indipendente dalle Compagnie Aeree che operano in quell’aeroporto, quindi, non deve essere
portatore di interesse, verso alcune Compagnie. Sulla base di questo principio di indipendenza, in passato il
coordinatore era stato identificato (In Italia), in Alitalia. La scelta fu molto criticata a causa della totale
mancanza di imparzialità di questo soggetto. Oggi il coordinatore è AssoClearance per tutti gli aeroporti
coordinati in Italia, questa è un’associazione che raggruppa Società di Gestione Aeroportuale e anche
Compagnie aeree, ma è molto più indipendente da esse.

Assoclearance ha il compito di:

• Partecipare alle Conferenze IATA, dove sono ripartiti gli slots a livello globale.
• Assegnare gli slots alle Compagnie Aeree, sulla base di alcune regole di assegnazione (che
analizzeremo).
• Controllare che le Compagnie Aeree, utilizzino correttamente gli slots che gli sono stati assegnati.
• Dare a tutte le Compagnie Aeree le informazioni relative al sistema degli slots.

Negli aeroporti coordinati, oltre al coordinatore deve essere obbligatoriamente presente un Comitato di
Coordinamento, questo comitato si compone di:

• Società di Gestione dell’aeroporto


• Compagnie aeree
• Autorità di controllo del traffico aereo
• Rappresentanti degli utenti dello scalo

Tutti soggetti interessati e coinvolti nella ripartizione degli slots.

Il Comitato di Coordinamento ha compito di:

• Consulenza al coordinatore sull’assegnazione degli slot.


• Mediazione in caso di reclami delle compagnie aere, quando le regole di assegnazione non siano
state rispettate.
Aeroporti ad orari facilitati

Ci sono delle situazioni di congestione, ma meno durature, che si manifestano in alcuni periodi del giorno e
dell’anno. In questi aeroporti abbiamo la figura del facilitatore, che si differenza dal coordinatore perché è
facoltativa, lo Stato può decidere quando sia necessario o meno. Dopodiché il ruolo è molto simile a quello
del coordinatore, infatti, anche in questo caso il ruolo è svolto da AssoClearance. I suoi compiti sono:

• Partecipa alle Conferenze IATA


• Fare raccomandazioni e provare a fornire delle soluzioni ai problemi temporanei che possono
sorgere.
• Controlla che gli slots vengano utilizzati correttamente.
• Il facilitatore non è supportato da un comitato, come avviene negli aeroporti coordinati.

Altri Aeroporti

Non ci sono problemi di congestione, non ci sono problemi di assegnazione degli slots. Non ci sono
coordinatori e/o facilitatori. Gli slots sono assegnati direttamente dalla Società di Gestione Aeroportuale.

Regole di distribuzione degli slots

• Grandfather’s rules, la Compagnia aerea che in una determinata stagione di traffico, ha utilizzato
una serie di bande orarie in misura superiore all’80%, ha diritto nella stagione successiva alla
riassegnazione di questa serie di bande orarie. (Es. Servizi di linea regolari che partono e arrivano
con una certa frequenza settimanale). La serie di bande orarie è definita come l’assegnazione di
almeno 5 bande orarie assegnate in una settimana, che per un’intera stagione sono assegnate ad
una determinata Compagnia. Lo scopo di questa regola rafforza chi è già forte sul mercato, e
appare in contrasto con la concorrenza. Tuttavia, lo scopo è quello di garantire l’efficienza e la
regolarità di quel servizio. Questo è anche un incentivo all’investimento da parte delle Compagnie
aeree, che hanno la quasi certezza di vedersi riassegnato quello slot, la stagione successiva.
• Riserva di slots a favore di compagnie aeree con oneri di pubblico servizio, spetta a quelle
compagnie che sono onerate da pubblico servizio. Esse devono poter avere degli slots riservati,
come incentivo a queste compagnie per assumersi l’onere di entrare in questo mercato del
pubblico servizio.
• Il coordinatore deve creare un pool di bande orarie, dove confluiscono:
o Tutte le bande orarie nuove (nuova pista costruita).
o Le bande che non sono state assegnate.
o Le bande orarie che sono state restituite
o Le bande orarie revocate.

Vale il principio della “Use It or Lose It Rules”, se una compagnia aerea non utilizza o utilizza
sotto una certa soglia gli slots che gli sono stati assegnati, queste slot vengono revocate, in
modo da garantire la concorrenza e tutelare anche le altre compagnie aeree. In questo modo si
evita, che grandi compagnie richiedano slots che non utilizzano, al solo scopo di restringere la
concorrenza lasciando fuori altri concorrenti.

• Il 50% del pool di bande orarie devono andare a Compagnie nuove entranti, al fine di tutelare il più
possibile la concorrenza e la continuità.

Il problema si pone quando più compagnie aeree richiedono slots che il coordinatore non ha. A questo
punto il regolamento dà alcune indicazioni sulla preferenza che deve essere data:

• In primis, precedenza a servizi aerei di linea per garantire una continuità nel servizio anche per gli
utenti.
• Se alcune compagnie non riuscissero a ottenere lo slot desiderato, il coordinatore deve fornire uno
slot alternativo, il più possibile vicino a quello richiesto o comunque fattibile per la Compagnia.
• Per le compagnie aeree che siano collegate da accordi (Es. Alleanze tra compagnie aeree), soltanto
una di queste può chiedere gli slots, che verranno poi distribuite all’interno del gruppo.

Queste regole di distribuzione degli slots sono animate da due principi, garantire il servizio a favore degli
utenti e quella di evitare abusi di posizione dominante e garantire una certa concorrenza.

Mobilità degli slot

Come possono essere scambiati questi slot tra compagnie aeree? La mobilità degli slots deve essere
preventivamente autorizzata dal coordinatore. I tipi di mobilità consentiti sono:

• Spostamento di uno slot da una rotta all’altra, operata da una stessa Compagnia aerea. (Es. La
Compagnia A ottiene uno slot per partire alle 12 da Milano Linate per Parigi. La compagnia A
decide che quel giorno allo stesso orario, vuole andare a Berlino. Questo lo può fare, e
l’autorizzazione è quasi sempre garantita perché il coordinatore non è interessato alla
destinazione del volo. Più complicato è ottenere uno slot nel nuovo porto di arrivo, con poco
preavviso).
• Trasferimento di uno slot da una compagnia madre ad una compagnia figlia, sempre previa
autorizzazione del coordinatore, è possibile trasferire lo slot.
• Trasferimento di uno slot tra due compagnie indipendenti. Due Compagnie possono scambiarsi
gratuitamente due slots l’una con l’altra. Lo scambio deve avvenire a titolo gratuito. Ciò che è
vietato è la vendita, perché lo slot non è una proprietà, ma un diritto di utilizzo.
• È possibile uno scambio con un compenso economico nel caso in cui lo scambio preveda uno slot
più vantaggioso economicamente e uno meno? Questo è un aspetto molto delicato dove il
regolamento non si esprime. Il fattore che sembra portare verso una risposta negativa è la
constatazione che dietro questo scambio con compenso, in realtà si celi una compravendita, che
è vietata dal regolamento.

Sanzioni

Sono previste delle sanzioni per garantire il rispetto di queste regole. Il regolamento prevede che gli Stati
Membri debbano introdurre un sistema di sanzioni nazionali, effettive e proporzionali alla gravità della
violazione e ad effetto dissuasivo. Questo comporta che il sistema sanzionatorio non sia uniforme in tutta
Europa, ma sia nazionale. Le sanzioni vengono comminate per le seguenti violazioni:

• Atterraggio o decollo senza slot


• Uso non corretto degli slots
• Violazione sulla mobilità degli slots
• Forniscono al Coordinatore informazioni false o incomplete

Queste sanzioni non possono esser comminate nel caso in cui la violazione dipende da eventi che non sono
imputabili alle compagnie aeree (Es. Chiusure aeroporto, guasto imprevisto etc.).

Continuità territoriale

La continuità territoriale è il diritto garantito dalla Costituzione, a tutti i cittadini di potersi muovere
liberamente su tutto il territorio italiano, soprattutto in considerazione delle isole. Come nell’ambito
marittimo, anche in ambito aereo, l’UE garantisce degli strumenti agli Stati Membri per garantire questo
diritto (similitudini con diritto marittimo).
• Oneri di pubblico servizio: Imposizioni di obblighi in termini di continuità, regolarità, capacità e
tariffazione. Con questo strumento le compagnie devono operare il proprio servizio in rotte
onerate, in concorrenza tra loro, e sono sottoposte al rispetto di questi oneri.
o Libertà di entrata e uscita dal mercato, le compagnie se vogliono entrano e se vogliono
escono. Purché quando sono dentro operino rispettando gli obblighi.
o Riserva slots, le compagnie aeree hanno come incentivo degli slots riservati, per assumersi
gli oneri di un pubblico servizio. La compagnia non ha più il problema di trovarsi gli slots,
anche se sicuramente un miglior incentivo sarebbe quello economico.
o Non ci sono compensi per le perdite dovute all’operare in questo pubblico servizio.

Questo primo strumento nel settore aereo non viene molto utilizzato, in quanto non è attrattivo.

• Contratto di pubblico servizio: sulla base di un contratto.


o Una sola compagnia aerea che gestisce quella rotta in monopolio, con assenza di
concorrenza nel mercato, ma che viene individuata con una gara pubblica indetta da ENAC,
su valutazione qualitativa (Professionale e finanziaria).
o Durata 4 anni estendibili a 5 nei casi particolari in cui la rotta unisce regioni ultra-
periferiche. Non si può uscire da questo servizio fino al termine del contratto, in modo da
garantire il servizio.
o Riserva slots, le compagnie aeree hanno come incentivo degli slots riservati per assumersi
gli oneri di un pubblico servizio. La compagnia non ha più il problema di trovarsi gli slots,
anche se sicuramente un miglior incentivo sarebbe quello economico.
o In questo caso vi è un compenso dallo Stato per le perdite che la Compagnia sopporta
nell’operare su questa tratta. Compenso che non può essere un aiuto di Stato, ma deve
solo coprire eventuali spese in perdita di quella rotta.

Distribuzione traffico Aereo

Ripartizione del traffico aereo tra aeroporti facenti parte del medesimo sistema aeroportuale.

Il Sistema Aeroportuale si caratterizza per la presenza di più aeroporti limitrofi i quali:

• Servono la stessa città


• Collegano, in modo preferibilmente diretto, la città in meno di 90 minuti.
• Sono collegati regolarmente e frequentemente con la città in modo affidabile ed efficiente (Bus,
Metro, Taxi).
• Offrono alle Compagnie Aeree gli stessi servizi.

Lo Stato può ripartire le Compagnie Aeree tra gli aeroporti facenti parte del medesimo Sistema
Aeroportuale, sulla base di requisiti:

• Non discriminatori in base a destinazione e nazionalità delle compagnie aeree.


• Criteri proporzionali, trasparenti ed oggettivi.
• Comunicazione a Stati membri e Commissione.

Il problema è dato dal fatto che solitamente questi aeroporti non sono completamente equivalenti. Perciò
lo Stato nel ripartire il traffico potrebbe finire per agevolare una Compagnia aerea piuttosto che un’altra.

Misure di carattere ambientale

Il traffico aereo può essere molto inquinante sia per l’atmosfera che per l’acustica. Lo Stato può in alcuni
casi limitare o vietare il traffico aereo da e verso un aeroporto al fine di ridurre l’inquinamento. Può ad
esempio imporre un divieto di traffico aereo notturno in un determinato aeroporto. Queste limitazioni:
• Non possono avere una durata superiore ai tre anni.
• Devono essere comunicate dallo Stato Membro alla Commissione Europea.
• Devono essere presi in considerazione mezzi alternativi.
• Queste restrizioni non devono avvenire su base discriminatoria, per esempio, per ciò che riguarda
la nazionalità delle Compagnie Aeree e non devono eccedere più del necessario nelle restrizioni.

Misure di emergenza

Gli Stati Membri, secondo il Regolamento 1008/2008, possono proibire o condizionare il traffico aereo per
problemi improvvisi di breve durata (max. 14gg prorogabili) che derivino da circostanze imprevedibili ed
inevitabili. L’esempio più classico è il rischio di attentato terroristico in seguito al quale lo Stato può
decidere di chiudere temporaneamente lo spazio aereo. Anche questa misura eccezionale deve avvenire:

• In modo proporzionale, obbiettivo, trasparente e non discriminatorio.


• Lo Stato deve comunicare alla Commissione Europea la misura che intende adottare affinché la
Commissione valuti se la misura è in linea con il diritto comunitario.
• Durata massima della misura 14 giorni.

Tariffe

Le tariffe sono liberamente fissate dalle compagnie aeree, perché il mercato è concorrenziale. Quindi, vi è
una libertà tariffaria. Questo principio di libera fissazione delle tariffe ha una sola eccezione, ovvero le rotte
onerate da pubblico servizio, in cui lo Stato impone alla compagnia che svolge servizio di interesse pubblico,
una tariffa massima da rispettare. In questo regime di libertà tariffaria, abbiamo però differenti problemi:

• La composizione della tariffa vale soprattutto per il settore del trasporto di persone, in particolare,
c’è il rischio che le compagnie aeree tengano dei comportamenti scorretti nella pubblicizzazione
delle tariffe, per attrarre clienti (Es. Una compagnia pubblicizza solo il prezzo del volo, e non
pubblicizza i costi che comunque entrano a far parte del biglietto, come le tasse aeroportuali).
Questo comporta che il cliente viene sviato dalla propria decisione. Il regolamento impone alle
compagnie aeree di indicare chiaramente le singole voci, ossia oltre al costo del trasporto, devono
essere indicare tasse e diritti reali (Es. IVA) e deve anche essere indicato il prezzo di servizi opzionali
che vengono offerti alla clientela (Es. Sovrapprezzo per check-in in aeroporto). Questi costi devono
essere comunicati ai passeggeri prima della prenotazione, in modo chiaro, trasparente e non
ambiguo. In modo che il cliente non venga attratto da un prezzo molto basso, ma non effettivo, in
quanto questa viene considerata una deformazione della concorrenza.
• La vendita di biglietti online può presentare un problema che vediamo spesso operando nell’ambito
dell’e-commerce, in cui potrebbe esserci una modalità di acquisto di servizi ulteriori, detta “Opt-
out” cioè la compagnia oltre al prezzo del volo aggiunge in automatico ponendo la spunta
implicitamente su questi servizi (Es. Assicurazione sul bagaglio). La modalità opt-out, usata in
passato, è stata vietata dal regolamento UE del 2008, che ha imposto alle compagnie aeree
l’obbligo di utilizzare nei loro siti web la modalità opt-in, cioè un sistema per cui il passeggero che
desidera acquistare ulteriori servizi oltre alla prestazione principale, deve aggiungere i segni di
spunta in autonomia, in modo da rendere il passeggero più consapevole delle sue scelte ed in
particolare è un modo per tutelare coloro che sono meno abituati ad usare le moderne tecnologie.
VOLI TRA STATI MEMBRI E PAESI EXTRA-UE

Evoluzione storica rapporti EU-USA

Con la Convenzione di Chicago, che ha codificato le libertà dell’aria, si è arrivati ad un sistema di accordi
bilaterali tra i vari Paesi del Mondo, a cui poi con il regolamento 1008/2008, è seguita una liberalizzazione
comunitaria con il quale sono venuti meno gli accordi bilaterali internamente alla Comunità Europea,
mentre gli accordi bilaterali sono rimasti per disciplinare i rapporti tra i Paesi UE e i Paesi Esteri, creando
una fittissima rete di accordi. In particolare, nei rapporti con gli Stati Uniti d’America:

1. In principio, prima della Convenzione di Chicago vigevano gli accordi aerei bilaterali che erano
molto restrittivi.
2. Agli inizi degli anni ’90, con la liberalizzazione del settore dei trasporti a livello mondiale, gli accordi
restrittivi della concorrenza furono rinegoziati e si arrivò agli Open Sky Agreements, sempre
stipulati tra uno Stato Membro UE e gli USA, ma molto più aperti rispetto al passato, infatti essi:
a. Riconoscevano le libertà dell’aria.
b. Non prevedevano restrizioni di capacità e frequenza dei voli.
c. Davano la possibilità di fare accordi tra le compagnie aeree.
d. Prevedevano la clausola sulla proprietà e controllo, che imponeva che solo le compagnie
aeree dei due stati capolinea dell’accordo potevano svolgere i voli tra quei due Stati. (Es.
Per il volo Milano-New York, solo le Compagnia Aeree Italiane potevano operare su quella
rotta e non gli altri Paesi Ue). Tuttavia, questi accordi Open Sky furono denunciati dalla CE
alla Corte di Giustizia Europea, per non conformità alle regole sulla concorrenza.
3. In seguito alla denuncia della CE la Corte di Giustizia Europea nel 1998, sentenziò che la clausola di
proprietà e controllo non era conforme al diritto di stabilimento (Uno Stato non può avere una
regola che tuteli solo le Compagnie del proprio Stato, ma deve tutelare tutte le Compagnie
comunitarie). Inoltre, la Corte ha affermato che esistono delle competenze esterne*miste tra gli
Stati membri e l’UE riguardo alla negoziazione degli accordi aerei. La Competenza mista significa
che nell’ambito di un accordo, alcune parti di esso sono di competenza degli Stati Membri, perché
per quegli aspetti l’UE non ha ancora legiferato. Mentre per le parti su cui l’UE ha già legiferato, la
competenza spetta all’Unione Europea stessa (Es. Tariffazione). In altre parole, gli accordi bilaterali
con Paesi Extra-UE, non potevano essere portati avanti solo dal Paese Membro in questione, in
quanto era necessario che l’UE come istituzione comunitaria negoziasse le materie di sua
competenza simultaneamente alle materie di competenza dello Stato Membro. Questa sentenza
della Corte di Giustizia Europa è stata rivoluzionaria: ha dato ragione alla Commissione Europea,
circa la non conformità degli Open Sky Agreements. Questo ha comportato la caduta di tutti gli
accordi bilaterali tra Paesi UE e Paesi Extra-UE, e si è quindi aperto un nuovo processo di
rinegoziazione di questi accordi.

*L’UE è dotata di due tipi di competenze, quelle interne e quelle esterne:


• Le competenze interne prevedono che nel diritto del legislatore europeo, vengano determinate
alcune competenze per specifiche materie, con norme vincolanti per tutti gli stati membri
(Competenza legislativa della CE).
• Le competenze esterne sono relative alle competenze di accordarsi e rapportarsi con paesi Extra-UE,
quindi, la competenza a negoziare accordi con paesi fuori dall’UE.
• Tra esse vige un Principio di parallelismo, nelle materie in cui l’UE ha già esercitato le competenze
interne, per la stessa materia l’UE ha anche la competenza esterna. (Es. Se il legislatore ha emanato
una legge su un certo aspetto, per quella stessa materia l’UE può anche fare accordi con i Paesi
Terzi, e questo non spetta più ai singoli Paesi con accordi bilaterali).
Modalità di rinegoziazione degli accordi (articolato su 3 strade):

1. Sono stati rinegoziati i singoli accordi aerei bilaterali, comprendendo però, delle clausole standard
previste dall’UE, sulla base delle competenze esterne. Il resto rimaneva a decisione del Paese
Membro.
2. Rinegoziazione degli accordi aerei orizzontali, sono accordi rinegoziati simultaneamente da tutti i
singoli stati membri verso un unico Stato Extra-UE. (Es. Accordi Italia-Camerun, Francia-Camerun,
Germania-Camerun, vengono simultaneamente rinegoziati con l’inserimento delle clausole
standard, pur rimanendo accordi singoli separati).
3. Accordi aerei globali, vengono annullati tutti i singoli accordi tra i vari stati membri e i Paesi Esteri,
e sostituiti da un unico accordo aereo globale, che vede come firmatari da un lato l’UE più tutti gli
stati membri e dall’altro il Paese Extra-Comunitario (Es. Tra i più importanti c’è l’Accordo Globale
UE-USA del 2007). In questo modo viene garantita la competenza mista, in cui l’UE e i suoi Stati
Membri si accordano in base alle loro competenze. Ad oggi tra l’UE e gli USA vige l’Accordo Globale
del 2007 UE-USA, che è poi stato seguito da altri accordi globali, tra l’UE e altri importanti partner
commerciali.

Riferimenti Caso BREXIT


Il procedimento con cui il Regno Unito ha deciso di lasciare la Comunità Europea prende il nome di “Brexit”, questo iter
ad oggi non è ancora concluso, per questo non è possibile fare una completa analisi, ma è possibile fare alcune
riflessioni sulla base delle conseguenze politiche, economiche e giuridiche che produrrà, e difficilmente prevedibili oggi,
in quanto le conseguenze si vedranno nel medio e nel lungo periodo. La difficoltà dell’analisi è dovuta dalla numerosità
e alla complessità delle variabili che sono presenti in questo evento. Altro fattore che non ci permette di fare ipotesi e
paragoni sta nel fatto che questo genere di procedimento è la prima volta che si verifica.

L’uscita dall’UE è regolamentata dal trattato UE, che ne descrive l’iter da seguire. In particolare, il Trattato dell’Unione
Europea prevede che l’uscita di uno Stato dall’UE può avvenire o raggiungendo un accordo tra lo Stato uscente e l’UE,
oppure può avvenire senza accordo (No Deal). La problematica è duplice perché da una parte raggiungere un accordo
che soddisfi tutte le parti coinvolte è molto difficile, ma d’altro canto, l’uscita dall’UE senza un accordo avrebbe delle
ripercussioni e delle criticità anche maggiori.

Le principali tappe della Brexit fino ad oggi sono state:

• Giugno 2016, è stato deciso tramite referendum la decisione da parte del Regno Unito di uscire dall’UE.
• 1° febbraio 2020, è scattata la seconda fase, cioè il Regno Unito è uscito a tutti gli effetti dall’Unione e non
viene più considerato Paese Membro.
• Dal gennaio 2020, tuttavia era stato firmato un accordo per definire un periodo transitorio valido fino al
31.12.2020 per trovare un accordo sull’uscita dall’UE. Ad oggi l’accordo sembra ancora non essere stato
raggiunto, e le trattative sono diventate molto complesse in questo periodo a causa del Covid-19.

Nell’ambito del settore aereo, la Brexit può avere le seguenti conseguenze senza accordo:

1. Nel momento in cui il Regno Unito dovesse uscire senza più rispettare la legge comunitaria, le Licenze
garantite alle sue Compagnie Nazionali non verrebbero più riconosciute dagli altri Stati Membri.
2. Il cabotaggio aereo che oggi riconosce una riserva comunitaria, non varrebbe più per le compagnie
britanniche.
3. Non si applicherebbero più le regole sulle bande orarie.

Questi soli tre punti, che sono un esempio restrittivo di cosa potrebbe succedere, ci fanno capire quali saranno le
conseguenze, in un ambito fondamentale come quello dei trasporti.

Ad oggi sono 4 anni che il Regno Unito e l’UE stanno cercando un accordo, la tendenza è quella di rinviare nel tempo la
definitiva uscita del Regno Unito dall’Europa, perché in questo periodo transitorio l’UK si è impegnato a rispettare
temporaneamente le norme UE.
Scenari al termine del periodo transitorio:

• Il Regno Unito potrebbe rinegoziare singoli accordi aerei bilaterali tra l’UK e gli Stati Extra-Ue, sulla base di
accordi aerei Globali. (Es. l’accordo UE-USA di cui l’UK fa parte, dopo la Brexit, il Regno Unito non ne farà più
parte, quindi, potrebbe negoziare un singolo accordo aereo globale con gli USA).
• Al termine del periodo transitorio, il Regolamento 1008/2008 e tutte le norme comunitarie sui servizi di
trasporto aereo, verranno meno quindi, il Regno Unito potrà:
o Negoziare singoli accordi bilaterali tra UK e Singoli Stati Membri (Es. UK-Italia, UK-Francia)
o Negoziare un unico accordo aereo globale tra UK e Stati Membri/UE (simile a quello UE-USA) che
probabilmente sarà la decisione più ragionevole.

TRASPORTI STRADALI

I trasporti stradali hanno una peculiarità rispetto agli altri metodi di trasporto, che è la flessibilità.

Il trasporto stradale consente di partire da un punto desiderato e arrivare nella destinazione desiderata
seguendo il percorso desiderato, che invece non possono fare gli altri tipi di trasporti, in quanto sono legati
a delle determinate rotte prestabilite e per raggiungere il punto di destinazione finale, e si devono
comunque affidare ad un mezzo su gomma che colleghi porti, aeroporti e stazioni ferroviarie al
destinatario. Questa flessibilità rende il trasporto stradale molto attraente, nonostante abbia comunque
alcuni importanti limiti, quali la capacità di carico, e la lunga percorrenza. Inoltre, ha alcune variabili che
creano importanti esternalità negative quali incidentalità e inquinamento. (Secondo le statistiche il
trasporto stradale è il sistema più pericoloso, per via del numero di vittime causate ogni anno). Di fronte a
queste esternalità sarà necessario un intervento del legislatore per correggere le disfunzioni del mercato.
Un’altra peculiarità soprattutto nell’ambito del trasporto merci è che l’offerta è maggiore della domanda,
creando un eccesso di concorrenza. In questo caso il trasportatore (vettore) è in una posizione debole sul
mercato, quindi, l’intervento pubblico diventa essenziale per correggere il mercato.

Quando si parla di trasporto stradale si parla di trasporto di persone e di merci, sia nazionale che
internazionale. Inoltre, distinguiamo l’autotrasporto per conto terzi o per conto proprio.

Il trasporto per conto terzi è quello che un’impresa svolge su richiesta di un mittente. Tuttavia, ci possono
essere casi di trasporto svolti da una stessa impresa (trasferimenti tra due magazzini propri), senza che
questi prodotti vengano trasferiti ad un acquirente finale, in questo caso si parla di trasporto per conto
proprio.

Trasporti stradali di persone e merci tra Stati Membri e Paesi Extra-UE

Il trasporto internazionale di persone e merci che partono o hanno destinazione in uno Stato Membro e in
un Paese Extra-EU possono essere regolati in modi diversi:

• Accordi bilaterali tra uno Stato Membro e un Paese Estero, accordi tra i due paesi capolinea
oppure con uno Stato di transito dove il vettore deve passare. Questi accordi bilaterali danno il
diritto per la caricazione e la scaricazione delle merci tra gli Stati capolinea, oppure una libertà
di transito, cioè un veicolo partito da un Paese A che è diretto ad un Paese C, con un accordo
bilaterale con il Paese B può ottenere dal Paese B il diritto di transito.
• Accordi multilaterali UE-Paese Extra UE, un esempio di accordo multilaterale è quello tra UE-
Svizzera. C’è un unico accordo tra l’UE e il Paese Extra Ue, che vincola e dà diritti a tutti i Paesi
Membri. Questo accordo prevede un’autorizzazione al carico e allo scarico di merci in tutti i
Paesi coinvolti, e dà diritti di transito. Questi diritti sono condizionati dal possesso di una licenza
da parte dell’impresa di trasporto (Regolamentata dall’UE). Vi è un riconoscimento reciproco
delle licenze, nel senso che per operare in Svizzera ogni Stato Membro deve avere la licenza
comunitaria, mentre un vettore svizzero deve avere la licenza svizzera per operare in un Paese
Membro. Le licenze vengono riconosciute reciprocamente dalla Svizzera e dall’UE. Non è
consentito il cabotaggio, i veicoli svizzeri non possono fare cabotaggio in Italia e viceversa.
• Accordi Multilaterali stipulati nell’ambito dell’International Transport Forum (IFT) e Conferenza
Europea dei Ministri dei Trasporti (CEMT). Sono accordi multilaterali tra Paesi UE ed Extra UE
facenti parte di queste organizzazioni, e prevedono che i Paesi facenti parte di essi, riconoscano
un contingente annuale di autorizzazioni alla circolazione di veicoli. Quindi nell’ambito
dell’accordo c’è un numero massimo di autorizzazioni garantite ogni anno. Queste
autorizzazioni che vengono definite all’interno di questo accordo, sono poi distribuite da
ciascun Stato partecipante, ai suoi vettori (Imprese di trasporto stradale). Questo accordo
prevede anche che i veicoli che possono essere utilizzati devono essere almeno di categoria
Euro 4 (Classificazione antinquinamento in termini di emissioni). Il contingentamento delle
autorizzazioni e il fatto che i veicoli debbano essere almeno Euro 4, hanno come obbiettivo di
correggere le disfunzioni del mercato, tentando di evitare un eccesso di concorrenza e ridurre
l’inquinamento. Sempre in relazione a questo accordo, le autorizzazioni che vengono rilasciate
sono riconosciute da tutti i paesi e queste autorizzazioni devono essere tenute a bordo dei
veicoli per favorire eventuali controlli.

Trasporti stradali in ambito UE

In ambito Europeo siamo arrivati ad una liberalizzazione dei trasporti stradali, che tuttavia è arrivato in
modo molto graduale:

• I primi interventi di liberalizzazione si sono avuti negli anni ’60. In cui erano presenti accordi
bilaterali con un numero contingentato di autorizzazioni che potevano circolare tra i vari Stati.
• Si è arrivati ad una normativa comunitaria valevole per tutti gli Stati Membri, con il superamento
del contingentamento delle autorizzazioni, ma con l’introduzione di vincoli di carattere qualitativo.
o Reg. 1071/2009: riguarda i requisiti soggettivi che devono possedere le imprese di
trasporto per accedere al trasporto di persone e di cose.
o Reg. 1072/2009: disciplina l’accesso al mercato di trasporto stradale di cose.
o Reg. 1073/2009: disciplina l’accesso al mercato di trasporto stradale di persone mediante
autobus.
o Normativa nazionale disorganica e stratificata (Non viene presa in considerazione).

I regolamenti non sono indipendenti, ma devono essere rispettati entrambi (Reg. 1071+ 1072 o Reg.
1071+1073) a seconda che si operi nell’ambito di trasporto merci o persone.

Gestore dei trasporti (1071/2009)

Una delle novità di questo regolamento è che ogni impresa deve obbligatoriamente avere un gestore dei
trasporti, che può essere un soggetto:

• Interno
o Una persona fisica, residente in UE, che diriga in modo effettivo e continuativo l’attività di
trasporto di quell’impresa.
o Questo soggetto deve avere un vero legame con l’impresa di trasporto (Direttore,
Proprietario, Azionista o un Dipendente) a seconda dell’organizzazione dell’azienda.
• Esterno: (Se non si trova un gestore interno)
o Persona che anche senza legami con l’impresa, abbia un’idonea professionalità, e che non
sia vincolato già da un numero massimo di imprese e veicoli che esso gestisce.
o In Italia la normativa è più restrittiva di quella comunitaria, un gestore esterno può dirigere
una sola impresa con un massimo di 50 veicoli.
Requisiti soggettivi (1071/2009) imprese di trasporto

I principi di fondo sono molto simili al settore aereo:

1. Principio di Stabilimento
a. Sede dell’impresa di trasporto in uno Stato UE.
b. Veicoli Immatricolati nell’Unione Europea.
c. Le attività svolte in modo efficace e continuativo presso sede UE (Le sedi estere, possono
solo essere sedi secondarie).
2. Requisito di Onorabilità
a. Chi opera nell’impresa non deve essere stato oggetto a condanne o sanzioni per gravi
infrazioni alla normativa nazionale sulla circolazione stradale, sui tempi di guida e riposo,
pesi e dimensione dei veicoli, etc.
3. Capacità finanziaria: Con l’obbiettivo di far operare imprese solide.
a. In Italia la somma di Capitale e Riserve deve essere almeno pari a 50.000€ per utilizzo di un
solo veicolo (Situazione più comune di singolo trasportatore) + 5.000€ per ogni ulteriore
veicolo. Da notare che questi vincoli di Capitale, in Italia sono più alti rispetto a quelli
imposti dal Reg. Europeo.
4. Capacità Professionale
a. Conoscenze comprovate di trasporto mediante esame.
b. Queste conoscenze sono presunte nel caso in cui vi sia una esperienza pratica complessiva,
continuativa e attuale di almeno 5 anni.
c. Attestato di idoneità professionale.
d. Registro Elettronico Nazionale in cui vengono iscritte le imprese di trasporto.

Lo scopo di questi requisiti è quella di garantire la qualità dei vettori che operano sul mercato di trasporto.
Questi requisiti vengono controllati all’accesso al mercato (quando si ottiene la licenza), ma vengono poi
controllati durante tutta la vita dell’impresa. Se vengono meno questi requisiti, l’autorizzazione ad operare
sul mercato può essere sospesa o revocata. Il soggetto competente di questi controlli in Italia è il MIT.

Parco Veicoli (Analisi Tabella seguente)

• Il regolamento 1071/2009 si applica solo ai veicoli che hanno una massa lorda a pieno carico > 3,5
Tonn. (Terza riga della tabella).
• Gli Stati Membri possono eventualmente estendere l’applicazione di questo regolamento a veicoli
con massa lorda inferiore. L’Italia ha esteso il campo di applicazione ai veicoli che hanno una massa
lorda a pieno carico > 1,5 Tonn. e ≤ 3,5 Tonn. quindi in Italia il regolamento si applica da 1,5 Tonn in
su. (Seconda riga della tabella).
• Si applicano invece le normative Nazionali per i veicoli ≤ 1,5 Tonn. (Prima riga della tabella).

In tutti i casi, le imprese di trasporto devono essere iscritte nel Registro delle imprese delle Camere di
Commercio.

Devono essere tutte essere anche iscritte all’Albo Provinciale degli Autotrasportatori tenuto dagli Uffici di
Motorizzazione Civile, indipendentemente dal parco veicolo che detengono. A cambiare per questa
registrazione sono i requisiti che devono dimostrare di avere:

• Per veicoli con massa ≤ 1,5 Tonn. è richiesto solo il requisito di onorabilità.
• Per veicoli con massa > 1,5 e ≤ 3,5 Tonn. è richiesto il requisito di onorabilità, l’idoneità finanziaria e
infine l’idoneità professionale che è attestata nel caso in cui venga certificata l’avvenuta
frequentazione di un corso professionalizzante organizzato da un ente di formazione autorizzato
dal MIT.
• Per veicoli con massa ≥ 3,5 Tonn. è richiesto il requisito di onorabilità, l’idoneità finanziaria e infine
l’idoneità professionale. La differenza è data dal fatto che l’idoneità professionale è attestata a
seguito del superamento di un esame di un corso professionalizzante organizzato da un ente di
formazione autorizzato dal MIT.

L’iscrizione al Registro Elettronico Nazionale (REN) tenuto dal MIT, non è richiesta per le imprese con parco
veicolare ≤ 1.5 Tonn. Mentre è richiesto negli altri casi in cui le imprese di autotrasporto siano stabilite in
Italia.

L’ultima colonna individua alcune restrizioni o requisiti per accedere al mercato:

• Per le imprese con parco veicolare di massa ≤ 1.5 Tonn è sufficiente che abbiano immatricolato un
singolo veicolo, senza limiti di antinquinamento (Tipico dei singoli trasportatori).
• Per le imprese con parco veicolare > 1,5 e ≤ 3,5 Tonn, i requisiti per entrare sul mercato sono:
o Acquisire un’impresa o intero parco veicoli ≥ Euro 5 di un’impresa che cessa l’attività.
o Nel caso di entrata diretta sul mercato, si devono immatricolare almeno 2 veicoli che siano
≥ Euro 5.
• Per le imprese con parco veicolare > 3,5 Tonn i requisiti per entrare sul mercato sono:
o Acquisire un’impresa o intero parco veicoli ≥ Euro 5 di un’impresa che cessa l’attività.
o Nel caso di entrata diretta sul mercato, si devono immatricolare veicoli che abbiano ≥ Euro
5 e con massa complessiva ≥ 80 Tonn.

Possiamo notare che anche in questo caso il legislatore italiano, ha introdotto delle norme più restrittive
rispetto all’UE, anche per quanto riguarda il tipo di veicoli che possono essere utilizzati (C’è maggiore
attenzione all’inquinamento). Questa maggiore restrizione del legislatore italiano ha dei pro e dei contro:

• C’è una maggiore attenzione all’aspetto ambientale. (Pro).


• Misure più restrittive per le imprese italiane, le rendono più svantaggiate rispetto ad imprese di
altri Stati Membri, dove le normative sono meno restrittive (Contro).
Trasporto Stradale di Merci (Reg 1072/2009)

Per poter accedere al mercato del trasporto stradale di merci, vi è la necessità di una licenza. Questa licenza
consente la partecipazione ai seguenti servizi:

• Trasporti internazionali di merci in ambito UE (Tra Stati Membri): inizialmente questi trasporti
erano regolati da accordi stradali bilaterali, che sono venuti meno con i Regolamenti Europei.
• Percorso in transito in uno Stato UE, nel caso in cui il percorso sia proveniente o diretto in un Paese
Extra-UE (Es. Trasporto da uno Stato A, in transito su uno Stato B, verso uno Stato C (Extra-UE)).
• Trasporti Nazionali di cabotaggio, ma con la particolarità che il cabotaggio è consentito a titolo
temporaneo.

Vi sono dei trasporti per il quale non è richiesta una licenza di esercizio:

• Servizi di trasporto postale universale, cioè i trasporti che hanno la caratteristica dell’universalità e
di interesse pubblico.
• Trasporto veicoli danneggiati, trasporto Medicinali
• Trasporto per soccorso urgente
• Autoveicoli con massa complessiva ≤ 3,5 Tonn.

Per quanto riguarda i trasporti stradali che necessitano di licenza, in Italia l’autorità atta a rilasciare la
licenza è il MIT. Le imprese che possono richiedere la licenza, devono essere stabilite dall’UE e devono
avere tutti quei requisiti finanziari, di capacità professionale e onorabilità. Quando sono presenti i requisiti,
la licenza deve essere garantita, il MIT non può per motivi di concorrenza contingentare l’entrata sul
mercato. La licenza è lo strumento con cui si accertano i requisiti delle imprese che entrano sul mercato. In
questa ottica il controllo del possesso dei requisiti deve avvenire nella fase di rilascio, (prima dell’accesso al
mercato), ma anche nella fase di rinnovo della licenza, e anche nel caso in cui ci siano state delle gravi
infrazioni, che impongono degli atti sanzionatori da parte del Ministero dei Trasporti, che può rifiutarsi di
rilasciare o di rinnovare la licenza. Sia il rifiuto al rilascio che il rinnovo devono essere motivati dal MIT, e
non possono essere dovute a discriminazioni di carattere concorrenziale. Se ci sono delle mancanze da
parte dell’impresa di trasporto, che intaccano la sicurezza del trasporto stradale, il MIT può dare un periodo
di tempo all’impresa di trasporto, per sanare questa mancanza.

La licenza non è cedibile, se l’impresa decide di cessare l’attività, la licenza deve essere restituita al MIT. In
Italia la licenza dura al massimo 5 anni ed è rinnovabile. (In Europa la durata della licenza è 10 anni, l’Italia
ha voluto una normativa più restrittiva). La licenza in originale deve essere mantenuta presso la sede
dell’impresa, mentre una copia conforme, deve essere tenuta su ogni veicolo impiegato.

Sempre in relazione al trasporto stradale di merce, un altro documento necessario è l’attestato del
conducente, che devono avere le imprese con sede in UE, ma che impiegano dei conducenti non
appartenenti all’UE. L’attestato di conducente serve come prova che l’impresa di trasporto nei confronti di
questo conducente ha rispettato tutta la normativa in termini di lavoro (Ore di lavoro e riposi) e formazione
professionale, al fine di evitare uno sfruttamento della forza lavoro. Questo attestato parifica un
conducente UE con un conducente Extra-UE. L’organo che rilascia questo attestato è la Direzione
Provinciale del Lavoro, competente per l’area dove ha sede l’impresa di trasporto. Questo attestato ha la
stessa durata del permesso di soggiorno/lavoro, e comunque non superiore a 5 anni. L’attestato è
nominativo, non può essere ceduto da un conducente ad un altro. L’originale deve essere tenuto dal
conducente, mentre una copia conforme viene tenuta presso la sede dell’impresa. Se il conducente perde i
requisiti professionali o commette gravi infrazioni, l’attestato verrà ritirato, senza intaccare la possibilità
per l’impresa di trasporto di continuare ad operare.
Cabotaggio di merci (Reg. 1072/2009)

Il presupposto di partenza è che il cabotaggio è riservato a vettori in possesso della licenza e quindi il
possesso di tutti i requisiti già visti. Il cabotaggio ha una riserva comunitaria, quindi, il trasporto di
cabotaggio all’interno dell’UE, può essere svolto solo da vettori stradali che detengono una licenza
comunitaria, e quindi, le imprese devono usare solo veicoli comunitari. Eventuali trasporti stradali di
cabotaggio da parte di veicoli Extra-UE è possibile solo sulla base di accordi bilaterali o multilaterali tra
Stato Membro e Stato Extra-UE (Ipotesi molto remota). La peculiarità è data dal fatto che il cabotaggio
stradale di merci, può essere svolto solo a titolo temporaneo, cioè per quanto riguarda il cabotaggio di
merci il Reg. 1072/2009, si sofferma su una serie di vincoli che devono essere rispettati per svolgere il
cabotaggio. Questo titolo temporaneo vale anche per il trasporto di persone, ma in quel caso (come
vedremo) non ci sono questo dettaglio dei vincoli che sono invece presenti nel settore merci. I vincoli sono:

• Il cabotaggio all’interno degli Stati Membri è possibile solo se è un cabotaggio consecutivo (Il
veicolo dello Stato A, che vuole fare cabotaggio in territorio di B, deve provenire e tornare durante
lo stesso viaggio nello Stato A).
• Durata massima di 7 giorni dal primo scarico delle merci nel Paese in cui si vuole fare cabotaggio. (Il
veicolo che parte dalla Francia e viene in Italia a fare cabotaggio, con una prima scaricazione e poi
caricazione della merce a Milano e successiva scaricazione a Roma, dal momento in cui scarica la
prima volta la merce a Milano decorrono i 7 giorni, entro cui deve tornare in Francia).
• In questi 7 giorni, il veicolo può fare solo 3 trasporti di cabotaggio nel Paese Membro.
• Numero massimo di 3 Stati Membri in cui può operare, (Se tocca 3 Stati, in ciascuno di essi, può
restare massimo 3 giorni e fare 1 cabotaggio in ogni Stato Membro).
• Il veicolo UE che va in un altro Paese Membro deve rispettare la normativa dello Stato Ospitante
che può differire sia da quella comunitaria sia da quella della nazionalità del vettore, ad esempio,
riguardo i pesi dei veicoli, le dimensioni dei veicoli e la normativa per quanto riguarda il trasporto di
merci pericolose o deperibili e trasporto animali. La stessa cosa vale per i tempi di guida e i tempi di
riposo dei conducenti, nel caso in cui siano presenti regole specifiche nel Paese Ospitante. L’unica
eccezione di questo principio riguarda la tariffazione, per la quale si applica, la legge nazionale di
immatricolazione del veicolo (Es. Veicolo Francese in Italia, rispetta le leggi Italiane ad eccezione
delle disposizioni tariffarie).

In Italia la normativa sulle tariffe, è sempre stata piuttosto complessa e piuttosto stratificata, c’è una
notevole difficoltà nel normare le tariffe, perché il settore stradale è un settore caratterizzato da un
eccesso di offerta rispetto alla domanda. Questo porta ad una concorrenza tariffaria e quindi al forte
tentativo da parte delle imprese di abbattere i prezzi per attrarre clienti. Questo problema è notevolmente
avvertito perché la diminuzione dei prezzi sotto un certo limite, porta al fallimento di molte imprese
(Soprattutto i singoli trasportatori) e porta al rischio di carenza di manutenzione dei veicoli, per risparmiare
sui costi. Per questo motivo inizialmente lo Stato italiano aveva introdotto un sistema di tariffe a forcella,
(che oggi non esiste più), lo Stato fissava una forcella con un prezzo minimo e uno massimo, entro cui le
imprese di trasporto potevano fissare il prezzo. Questo sistema delle tariffe a forcella è stato soppresso e
abrogato a favore di un regime di libere tariffe da parte delle imprese. Sul presupposto di un mercato
liberalizzato, tuttavia, anche nel regime liberalizzato è sempre rimasto il problema di un’eccessiva
concorrenza tariffaria e il problema della sicurezza basato sul risparmio dei costi di manutenzione. Anche in
presenza delle tariffe libere lo Stato ha sempre fatto in modo che queste tariffe non si traducessero in rischi
per la sicurezza. Il legislatore è intervenuto anche in modo non compatibile con il diritto comunitario, fino
ad arrivare alla situazione odierna in cui vi è un regime di prezzi liberi, ma nel rispetto dei “Principi di
adeguatezza di sicurezza stradale e sociale”, perché un altro rischio della libertà tariffaria è che l’impresa
per risparmiare sfrutti maggiormente i conducenti. Nonostante il richiamo a questi principi le tariffe sono
libere.
Tuttavia, il MIT mensilmente pubblica sul suo sito web delle tabelle che indicano i valori indicativi dei costi
delle imprese di trasporto e quindi sulla formazione delle tariffe. Le tabelle ministeriali non sono vincolanti,
ma sono solo indicative.

Trasporto Stradale di Persone (Reg 1073/2009)

I trasporti che sono stati liberalizzati sono:

• Trasporti Internazionali in ambito UE, questi trasporti sono liberalizzati a patto che:
o I veicoli siano immatricolati in UE (Principalmente bus)
o Si applica ai trasporti mediante autobus che trasportano al massimo di 9 persone incluso il
conducente e compresi i viaggi a vuoto senza passeggeri.
• Trasporti che abbiano una parte di percorso in transito in uno Stato UE, quindi, un veicolo che parte
e deve arrivare in uno Stato Extra-UE ma deve transitare per un Paese Comunitario.
• Trasporto proveniente e destinato in un Paese Extra-UE ma l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri
avviene in un Paese UE previo un accordo.
• Trasporti Nazionali a titolo temporaneo, servizio di cabotaggio nazionale consecutivo e legato al
trasporto autobus di persone in un unico Stato Membro.

I presupposti per accedere al mercato:

• Possesso requisiti soggettivi (Stabilimento, onorabilità, capacità professionale e finanziaria) come


da Reg. 1071/2009.
• Il veicolo deve rispettare la normativa dell’UE che riguarda i conducenti e i veicoli (Es.
Addestramento, Velocità, Dimensione, Peso). Deve rispettare tutta la normativa e nell’ipotesi in
cui ci siano regole particolari, deve rispettare anche quelli del Paese Ospitante.

I requisiti sono accertati tramite una licenza: con un principio molto simile al settore merci.

• L’autorità competente al rilascio delle licenze in Italia è il MIT.


• La licenza non è cedibile, ma si riferisce ad una determinata impresa.
• La licenza è legata all’impresa, quindi, la licenza in originale deve essere tenuta presso la sede
dell’impresa.
• Una copia certificata conforme deve essere tenuta a bordo dei veicoli utilizzati dall’impresa
• La durata della licenza in Italia è di 5 anni. (In Europa è 10 anni), rinnovabile previo controllo dei
requisiti qualitativi.
• Nel trasporto di persone, non è previsto l’attestato per il conducente.

Questi tipi di trasporti stradali di persone vanno poi divisi in diversi tipi di trasporto mediante autobus, e
per ogni tipo, ci sono diversi presupposti ulteriori per accedere al mercato:

• Servizi regolari: quei servizi che partono/arrivano sempre negli stessi giorni e orari (Bus di linea).
o Devono essere autorizzati dal MIT, tramite un’autorizzazione che ha durata di 5 anni, la cui
originale deve essere tenuta presso la sede dell’impresa, mentre una copia conforme a
bordo dei veicoli.
• Servizi regolari specializzati: servizi specializzati al trasporto di certe categorie di persone (Es.
Trasporto di lavoratori da una sede ad un’altra, Trasporto Studenti).
o Non hanno bisogno di un’autorizzazione, ma è necessario che nel contratto di trasporto tra
committente e impresa di trasporto sia specificato il tipo di trasporto che viene eseguito.
• Servizi occasionali: si riferiscono a particolari gruppi di persone (Es. Viaggi turistici).
o Non è richiesta un’autorizzazione, ma un semplice foglio di viaggio.
Cabotaggio di persone Reg. 1073/2009

Detta alcune norme specifiche sul cabotaggio di persone.

Trasporti di cabotaggio consentiti:

1. Servizi Regolari Nazionali consecutivi, quindi con tratta internazionale, il cabotaggio deve provenire
o essere destinato in un altro paese.
2. Servizi Nazionali regolari.
3. Servizi Nazionali Occasionali: un viaggio singolo (Es. Viaggio turistico).

Pur sempre rispettando la riserva comunitaria. I presupposti per effettuare il cabotaggio sono:

• Possesso di una licenza.


• I viaggi devono essere a titolo temporaneo (ma senza i vincoli visti nel trasporto merci), il titolo
temporaneo nel trasporto di persone, è più vago, proprio in virtù del fatto che è molto più raro
rispetto al cabotaggio di merci. Quindi nella pratica, il titolo temporaneità è di difficile
interpretazione.
• Rispetto della normativa dello Stato Ospitante.

TRASPORTI FERROVIARI

I trasporti ferroviari non consentono sempre un trasferimento point to point come quello stradale, ma il
loro punto di forza è il fatto di essere la modalità meno inquinante. Da questo punto di vista, è la modalità
che ha minori esternalità negative sull’ambiente. Da qui si può capire la tendenza del legislatore verso la
liberalizzazione di questo settore, e i tentativi di migliorarlo continuamente in modo da sottrarre una quota
del trasporto stradale in favore di quello ferroviario. In primis per ridurre la grande offerta di trasporto su
ruota e poi per abbattere l’inquinamento. Il legislatore europeo ha sempre cercato di liberalizzare questo
settore, che tuttavia incontra tutt’oggi alcuni ostacoli oggettivi (Ramificazione della rete limitata, difficile da
estendere ulteriormente), e ostacoli soggettivi in quanto in questo settore più che in altri, c’è una volontà
degli Stati di difendere gli interessi del sistema ferroviario nazionale, sia in Italia che negli Stati Membri.
Quindi la liberalizzazione del sistema ferroviario seppur positiva, ha questi forti ostacoli. Ad oggi si è arrivati
ad un notevole livello di liberalizzazione sulla carta, però nella gestione pratica, non si riesce a garantire una
vera concorrenza e ciò che si è riuscito a raggiungere, ha avuto un percorso a tappe molto graduali:

1. La prima normativa che ha avviato la liberalizzazione fu la Dir. 91/440/CEE emanata negli anni ’90,
in linea con il fenomeno di liberalizzazione avvenuta in tutti i settori del trasporto, in virtù della
sentenza “Nuove Frontiere”. Questa direttiva aveva introdotto alcuni elementi per rendere più
facile la liberalizzazione sotto il punto di vista concorrenziale.
2. Seguirono nel 2001, 2004 e 2007 i “3 pacchetti ferroviari”, che comprendevano ciascuno, più
regolamenti e direttive volte a liberalizzare e regolamentare i trasporti ferroviari. Si è così creata
una normativa stratificata che venne sbrigliata solo con il successivo arrivo della “Direttiva Recast”.
3. La Dir. 2012/34/UE (“Direttiva Recast”) modificata dalla Dir. 2016/2370/UE (“Pacchetto Ferroviario
Nr. 4”), questa direttiva è la normativa vigente oggi in ambito del mercato del trasporto
ferroviario. Essendo una direttiva, ha necessitato una legge di attuazione a livello di ogni Stato
Membro.
4. In Italia la legge attuativa è stato il D.lgs. 112/2015 modificato successivamente dal D.lgs. 139/2018
che riproduce le indicazioni della Direttiva Comunitaria, con piccoli discostamenti minori.
Caratteristiche richieste alle imprese ferroviarie per accedere al mercato:

• Le imprese ferroviarie comunitarie, per essere tali devono avere uno stabilimento (sede principale)
in Italia o in altro Paese UE.
• Vige un principio di separazione tra impresa ferroviaria (Trenitalia Spa) e il gestore
dell’infrastruttura (Rete Ferroviaria Italiana), che è colui che gestisce in monopolio l’infrastruttura.
• Deve esserci un’indipendenza gestionale, amministrativa, economica e contabile. Sotto questo
profilo, anche Trenitalia Spa, deve essere indipendente, non solo dal gestore dell’infrastruttura, ma
anche indipendente dallo Stato. In particolare, i bilanci e la contabilità devono essere autonomi.
• Per il legislatore europeo è irrilevante se la proprietà dell’impresa di trasporto ferroviario, sia
privata, pubblica o mista.

I documenti necessari per poter accedere al mercato:

1. La licenza: rappresenta un elemento comune con il trasporto aereo e stradale. I principi sono molto
simili alle altre modalità di trasporto:
o La licenza consente l’accesso al mercato di trasporto ferroviario, sia passeggeri che merci,
sia internazionali (comunitari) che di cabotaggio.
o Questa licenza viene rilasciata da uno Stato Membro e vale su tutto il territorio dell’UE.
o In Italia la licenza è rilasciata dal MIT, entro 90gg dal ricevimento della richiesta, completa
di documentazione da parte delle imprese che abbiano sede in Italia. Il MIT può rifiutarsi di
rilasciare la licenza solo in mancanza di requisiti qualitativi, e non in modo discriminatorio
per ridurre la concorrenza. Chi ha i requisiti ha diritto di accedere al mercato. Se il MIT
rifiuta di rilasciare la licenza deve motivare la decisione.
o In via eccezionale, il MIT può anche autorizzare imprese ferroviarie non comunitarie, a
svolgere traffici ferroviaria in Italia, però sempre a condizioni di reciprocità (Cioè che
questo Paese Estero riconosca pari condizioni alle imprese ferroviarie Italiane sul suo
territorio).
o I requisiti per l’ottenimento della licenza sono:
i. Onorabilità: i titolari delle imprese ferroviarie, i soci, gli amministratori e i legali
rappresentanti, non devono essere stati dichiarati falliti e non devono aver subito
condanne per gravi reati o per gravi violazioni reiterate nel tempo, per quanto
concerne le norme sul lavoro e le normative dei trasporti.
ii. Capacità finanziaria: Capacità di far fronte ad impegni effettivi e potenziali per un
periodo non < a 12 mesi. Capacità che viene valutata su presupposti realistici.
iii. Competenza professionale: l’impresa ferroviaria deve dimostrare un’organizzazione
gestionale efficiente, e deve dimostrare anche di possedere una serie di
conoscenze professionali nel settore, e un’adeguata esperienza. Queste
conoscenze ed esperienze sono verificate con il possesso del certificato di
sicurezza.
iv. Copertura di responsabilità civile: per danni a passeggeri, bagagli, merci, posta e
soggetti terzi diversi dai passeggeri. Questa copertura deve avere una copertura
minima di responsabilità, approvata dal ministero.
o La durata della licenza è illimitata nel tempo. Tuttavia, i controlli da parte del MIT non sono
solo al momento dell’entrata sul mercato, ma si estendono per tutta la durata in cui
l’impresa opera, e la normativa prevede che i controlli da parte del MIT debbano avvenire
ogni 5 anni, oppure ogni qualvolta se ne ritiene opportuno.
o In seguito ai controlli, se emergono problemi, si può andare incontro a:
i. Sospensione / Revoca (Decadenza): in mancanza dei requisiti suddetti, c’è la
possibilità di sospensione per un periodo ≤ 30gg, oppure il MIT può optare per una
licenza provvisoria per una durata ≤ 6 mesi in caso di mancanza requisito di
capacità finanziaria.
ii. Sospensione della licenza: se l’impresa effettua un’interruzione dell’attività di
trasporto per un periodo > 6 mesi, oppure nel caso vi sia un mancato inizio
dell’attività di trasporto entro 6 mesi dal rilascio della licenza, per evitare che
un’impresa richieda una licenza senza intenzione di operare. Può essere richiesta
una proroga di un periodo ≤ 2 anni, spiegando quali siano le problematiche nell’
avviare l’attività.
iii. Conferma: casi in cui il MIT deve verificare nuovamente il permanere dei requisiti, e
in caso confermare che la licenza sia ancora valida. Si rende necessario quando
avvengono importanti modifiche strutturali in società (Fusioni societarie o
incorporazioni).
iv. Revisione: se si verifica una variazione rilevante dell’attività dell’impresa, essa è
soggetta ad un controllo di revisione dei requisiti.
2. Il certificato di sicurezza unico: è una peculiarità del settore ferroviario. È un certificato che attesta
il fatto che l’impresa ferroviaria, rispetti le normative in ambito tecnico-operativo e che consentono
di operare in sicurezza sulla rete ferroviaria, in riferimento alle persone, ai materiali e ai mezzi
impiegati.
o I soggetti competenti al rilascio sono:
i. ERA (Agenzia Europea per le Ferrovie) quando l’impresa opera in più Stati Membri.
ii. ANSFISA (Agenzia Nazionale della Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture
Stradali e Autostradali) quando l’impresa opera solo il Italia. ANSFISA deve essere
indipendente dal gestore dell’infrastruttura e anche dall’impresa di trasporto. ERA
e ANSFISA collaborano nell’ambito del rilascio, rinnovo e decadenza del certificato
di sicurezza unico.
o Obbligo di motivazione da parte di ERA e/o ANSIFA in caso di:
i. Mancato rilascio del certificato, (Chi possiede i requisiti di sicurezza richiesti, deve
ottenere il certificato, non sono ammessi rifiuti discriminatori).
ii. Sospensione del certificato per perdita dei requisiti.
o La durata del certificato di sicurezza unico, è di 5 anni rinnovabili, se sussistono i requisiti.
o Il certificato deve essere aggiornato nel caso in cui l’impresa di trasporto cambi
sostanzialmente il tipo di attività di trasporto.
3. Il contratto di utilizzo dell’infrastruttura: è il contratto stipulato tra l’impresa ferroviaria e il Gestore
della rete. Il contratto che consente l’uso della rete ferroviaria si basa sul pagamento di un canone
per accedere all’infrastruttura. Questo contratto di utilizzo dell’infrastruttura è basato su uno
schema di contratto che viene riportato da Rete Ferroviaria Italiana (In Italia) all’interno del PIR
Prospetto Informativo della Rete. Chiaramente il gestore nello stipulare questi contratti deve
operare con condizioni non discriminatorie e trasparenti, rendendole pubbliche.
Assegnazioni capacità e tracce ferroviarie

È un problema molto simile agli slots aerei. Il problema ha la stessa causa degli aeroporti, le piste degli
aeroporti come le reti ferroviarie, sono limitate dalla presenza di un unico treno nello stesso momento su
uno stesso binario.

Nel sistema di trasporti ferroviari troviamo definizioni diverse rispetto al trasporto aereo:

o La traccia oraria è una frazione di capacità dell’infrastruttura ferroviaria che serve per far viaggiare
in treno tra due località in un periodo temporale.
o La capacità è l’insieme di tutte le tracce, quindi, è il potenziale di tutte le tracce ferroviarie in una
determinata infrastruttura.

L’assegnazione delle capacità e delle tracce spetta al gestore dell’infrastruttura e deve avvenire in modo
equo e non discriminatorio, secondo criteri fissati nel prospetto informativo della rete. I criteri sono stabiliti
dal 4° Pacchetto Ferroviario e successivamente precisati dal D. Lgs. attuativo.

L’obbiettivo di fondo è quello di fare in modo che grazie ad un’assegnazione equa e non discriminatoria ci
sia un utilizzo efficace ed ottimale dell’intera infrastruttura ferroviaria.

L’assegnazione delle tracce avviene per volere del gestore che deve predisporre un orario di servizio (Ogni
tot. mesi, esce un orario di servizio nuovo): questo orario rappresenta la programmazione della
movimentazione dei treni, e del materiale rotabile sull’infrastruttura. Attraverso l’orario di servizio
sappiamo quali sono i treni che circolano sull’infrastruttura e vengono anche individuate eventuali tracce
destinate a manutenzioni e lavori programmati.

Le imprese ferroviarie che intendono operare sulla rete ferroviaria possono fare diversi tipi di richieste,
sulla base delle quali, viene poi completato l’orario di servizio:

• Tracce orarie nell’orario di servizio: Sono richieste di tracce all’interno dell’orario di servizio (Es.
Treni di linea).
• Capacità infrastrutturali di durata superiore all’orario di servizio: in questo caso l’impresa vuole
operare sulla linea nel lungo periodo in modo superiore all’orario di servizio (Es. Trenitalia che
opera da sempre sulle ferrovie italiane), questo significa che al momento della richiesta non si sa
in modo definitivo quali tracce si useranno, per questo si richiede un’intera capacità che poi si
organizzerà con determinate tracce. Per questa operazione è richiesto stipulare un accordo
quadro di 5 anni, rinnovabile. Ci sono due eccezioni nel quale l’accordo può avere una durata
maggiore di 5 anni:
i. Impresa ferroviaria intende effettuare degli investimenti ingenti per migliorare il servizio.
ii. Se l’impresa che chiede l’estensione è gravata da oneri di pubblico servizio.

Da notare ancora che le capacità che possono essere assegnate con questo accordo quadro
hanno un limite massimo, nel PIR il gestore della rete ferroviaria, deve indicare, qual è il limite
massimo di capacità infrastrutturale assegnabile con accordo quadro e deve essere resa
pubblica. Questo limite massimo viene posto perché sottostante all’accordo quadro ci sono
due diverse esigenze:

o Garantire ad imprese ferroviarie che operano in maniera continuativa sul mercato, di


poter continuare a farlo (Es. Trenitalia, possa continuare a farlo nel corso del tempo).
o Le imprese che già operano ottengono una maggiore capacità per avere la continuità
del servizio, che va anche a vantaggio degli utenti. Questo primo obbiettivo
avvantaggia le imprese storiche.
o Per garantire una maggiore liberalizzazione, viene imposto un limite massimo di
capacità in modo che le imprese storiche non abbiano assegnate per intero le capacità
disponibili senza lasciare spazio alle altre imprese di trasporto.
• Singole tracce per imprese che hanno necessità di un servizio non regolare, un semplice viaggio di
un treno che non si ripete nel tempo.

Il gestore una volta accolte queste richieste, deve tenere conto di diverse riserve:

o Riserva di capacità e tracce per servizio trasporto internazionale (simili agli aeroporti). Qui c’è
l’obbligo per i gestori delle reti nazionali di riservare una certa capacità per i vettori internazionali
cooperando con i gestori degli altri Paesi (In modo da avere una traccia per la partenza ma anche
per l’arrivo nel nuovo Stato).
o Nel momento in cui vengono assegnate le capacità, il gestore deve tenere conto che nell’orario di
servizio, potrebbero essere richieste delle singole tracce. Quindi un certo numero di tracce deve
essere riservato per rispondere alle eventuali richieste, anche quando il piano orario è già stato
preparato.
o Tenere conto della manutenzione programmata e quindi i binari soggetti alla manutenzione non
potranno essere assegnati per indisponibilità.

Assegnazione capacità e tracce ferroviarie in caso di richieste confliggenti

Situazione in cui più imprese di trasporto richiedono la stessa traccia allo stesso momento. RFI in caso di
richieste confliggenti deve:

• Cercare di trovare un accordo tra le due imprese, tenterà di risolvere la controversia mediante i
criteri di sistema, indicati nel Prospetto Informativo di Rete (PIR), che contiene anche questo tipo
di informazioni. Il PIR è reso a disposizione gratuita di tutti. Se le imprese ferroviarie sono
favorevoli alla soluzione proposta da RFI, la controversia si risolve ed entrambe le imprese
otterranno una traccia sulla base del loro accordo. Se invece non si trova un accordo, cosa si può
fare:
o Rivolgersi ad ART, che emetterà una sentenza.
o Nel caso in cui l’impresa di trasporto fosse in disaccordo, anche con la decisione dell’ART,
allora può rivolgersi ad un giudice ordinario per un ulteriore sentenza.
• Nel caso in cui RFI non trovasse una soluzione, il gestore deve dichiarare la saturazione
dell’infrastruttura.
• In seguito alla dichiarazione di saturazione, il gestore deve provvedere entro 6 mesi ad effettuare
un’analisi della capacità dell’infrastruttura, per capire le cause di questo problema. Analizzare la
capacità a disposizione, le tracce e identificare il motivo per il quale si creano problemi di
saturazione.
• Dopo 6 mesi dall’analisi dell’infrastruttura, il gestore dovrà presentare un piano di potenziamento
che dovrà essere sottoposto all’approvazione del MIT. In questo piano di potenziamento il gestore
(RFI) dovrà indicare gli interventi che intende effettuare, e le tempistiche con i quali li metterà in
atto.

Regole di assegnazione capacità/tracce ferroviarie

1) Il gestore può richiedere che l’infrastruttura venga dichiarata infrastruttura specializzata, e quindi
che venga destinata soprattutto per l’utilizzo di determinati tipi di traffico, generalmente sono linee
ferroviarie minori destinate a particolari tipi di trasporto.
Il presupposto per poter definire un’infrastruttura specializzata è che se si sottrae al traffico
generale una certa traccia, ci deve essere un itinerario alternativo idoneo che colleghi queste due
destinazioni interessate dal trasporto specializzato.
Le imprese che effettuano questo trasporto, hanno un’assegnazione prioritaria delle tracce. Le
infrastrutture specializzate devono essere indicate nel PIR.
2) Per il mancato utilizzo di tracce assegnate, per motivi che dipendono dall’impresa di trasporto, è
previsto il ritiro di queste tracce, per rendere la slot allocation più efficienti. Evitando che
un’impresa prenda tracce che poi non usa, con il solo scopo di ridurre la concorrenza.
3) Nel caso di perturbazioni nella circolazione dei treni (Ostacoli sui binari, crolli in galleria, etc.), le
tracce dovranno essere momentaneamente sospese. È obbligo del gestore della rete, adottare
quelle misure speciali, fino a quando non si riesce a ripristinare la normalità.
4) Divieto assoluto di trasferimento delle capacità/tracce da un’impresa ferroviaria all’altra. Rispetto
agli altri tipi di trasporto, il regolamento è molto rigido. L’eventuale trasferimento è nullo e in più
l’impresa ferroviaria che ha effettuato questo comportamento, non potrà ottenere quella traccia
nella successiva allocazione, come misura sanzionatoria.

Servizi ferroviari di interesse pubblico nazionale e internazionale

I servizi ferroviari di interesse pubblico si dividono in:

• Internazionale e Nazionale
• Regionale e Locale

I servizi di interesse pubblico nazionale e internazionale trovano disciplina nel Regolamento Comunitario
1370/2007, modificato con il Reg. 2338/2016. Questo regolamento prevede che per un regolare
svolgimento di questo tipo di servizio, è necessario individuare un’impresa con cui lo Stato stipulerà un
contratto di pubblico servizio, che dovrà contenere:

• Contenuto: Gli obblighi di pubblico servizio, che include elementi quali tariffazione, regolarità, capacità,
continuità. E tutti quegli elementi che riguardano il pubblico servizio. Ed eventuali compensi per i
guadagni persi.
• La durata di questi contratti è abbastanza lunga, ma sempre ≤ 15 anni, in modo da garantire una
concorrenza per il mercato.
• Le modalità di affidamento (se consentite dalla normativa nazionale): del contratto può in 3 modi:
o Gestione diretta in economia: È il gestore stesso dell’infrastruttura che gestisce al proprio
interno questo servizio, oppure lo affida ad imprese “in house”, cioè imprese che controlla.
o Affidamento diretto ad un’impresa ferroviaria terza, la peculiarità è che l’affidamento avviene
in maniera diretta, senza una gara. Questo strumento è poco in linea con il principio
concorrenziale. La normativa prevede che questo tipo di affidamento, possa essere al massimo
fino al 25.12.2023, che è il limite massimo imposto, entro cui l’UE vorrebbe eliminare questo
tipo di affidamento. In ogni caso tutti i contratti che entrano in vigore entro il 25.12.2023,
porteranno a scadenza dei 15 anni la loro validità. Inoltre, non sempre è possibile optare per
questo tipo di affidamento, ma devono sussistere alcuni presupposti:
▪ Circostanze eccezionali (Es. La necessità di rivedere il contratto per ottimizzare la
prestazione del servizio).
▪ Valore annuo medio del contratto < 7.500.000 Euro
▪ Servizi Ferroviari < 500.00km annui
▪ Caratteristiche strutturali e geografiche del mercato e delle reti ferroviari (Grandezza),
richiede un affidamento diretto.
▪ L’affidamento deve servire per migliorare la qualità e i servizi e l’efficienza su quella
tratta.
▪ Questi presupposti sono piuttosto generici, rendendo questo tipo di affidamento, non
troppo rigido.
o Affidamento a impresa vincitrice di una gara pubblica equa, trasparente e non discriminatoria.
La realtà italiana prevede l’affidamento diretto a Trenitalia da parte del MIT, con un contratto che scade nel
2026. Quindi per vari anni, Trenitalia potrà svolgere in monopolio, questo tipo di servizio. Questo fa già
capire le difficoltà che si incontrano nel settore del trasporto ferroviario nel liberalizzare questo servizio.

Servizi ferroviari di interesse pubblico regionale e locale

Sono regolamentati a livello nazionale dal d.lgs. 422/1997 e successive norme, e prevedono:

• Che la competenza passi alle regioni, che a loro volta possono delegarle alle province e ai
comuni.
• La normativa italiana è molto stratificata e si evolve molto velocemente, ma quello che
accomuna tutte queste norme è il fatto che alla fine queste norme successive, hanno ottenuto
come risultato quello di posticipare nel tempo le gare pubbliche. Nel 1997 si era cercato di
creare una maggiore concorrenza per il mercato, ma le norme che hanno fatto seguito a questo
d.lgs., hanno rinviato lo svolgimento delle gare pubbliche, comportando la necessità di
utilizzare degli affidamenti diretti (a Trenitalia).
• Il D.Lgs 112/2005, stabilisce la possibilità per l’ART di imporre delle limitazioni alle imprese
ferroviarie che operano sulle stesse tratte di un’impresa onerata da pubblico servizio, nel caso
in cui l’operato delle imprese concorrenti, vada a compromettere l’equilibrio economico delle
imprese con contratti di pubblico servizio. Ad esempio, impedire alle imprese ferroviarie
concorrenti la possibilità di fermate intermedie. (Es. Nel viaggio Milano-Bologna in cui operano
sia un’impresa onerata da pubblico servizio e una concorrente, quella concorrente potrebbe
venire limitata a fare fermata ad esempio solo a Parma come stazione intermedia).

Riassumendo: per i servizi ferroviari di interesse pubblico, nonostante vi sia la volontà sulla carta di creare
un sistema concorrenziale, in realtà anche le normative hanno fatto sì che si privilegiasse una strada fatta di
continui rinvii delle gare pubbliche e un sistema di assegnazione diretto del servizio pubblico in particolare
a Trenitalia Spa

Ostacoli alla liberalizzazione

Il trasporto ferroviario è quello che in maniera più difficile è riuscito ad essere liberalizzato. La
liberalizzazione di questo settore incontra tutt’oggi una serie di ostacoli:

• Rete ferroviaria è spazialmente limitata. Quindi una limitazione che non permette la presenza di
troppi operatori sulla stessa infrastruttura.
• Linee ferroviarie sono diversamente attrattive per le imprese (Es. Le linee ad alta velocità sono
quelle maggiormente attrattive a livello economico).
• Vincoli tecnico-operativi in tratte internazionali, cioè da un Paese all’altro potrebbero cambiare le
dimensioni dei binari, o l’alimentazione elettrica o la segnaletica. Tutti elementi che non
permettono una piena integrazione a livello internazionale del servizio di trasporto (Il legislatore si
sta occupando della interoperatività del sistema ferroviario europeo, che ci sta portando verso una
omogeneità tecnico-operativa).
• Tendenza all’affidamento diretto senza gara pubblica, ad un'unica impresa (Es. Trenitalia in Italia),
e la possibilità di avvantaggiarle sul lungo periodo.
• Stretto legame tra Trenitalia e RFI Spa, che pur essendo società distinte, fanno parte dello stesso
Gruppo, e nonostante vi siano molti soggetti di controllo, questo legame potrebbe portare a
trattamenti di favore da parte di RFI per Trenitalia e Mercitalia.
Parte IV - I CONTRATTI

Il contratto fondamentale in questo corso è il Contratto di trasporto. Tuttavia, è necessario analizzare una
serie di altri contratti che assumono un’importanza fondamentale in questo settore.

I contratti con cui si acquisisce la disponibilità del mezzo si dividono in:

• Contratti di acquisizione della proprietà del mezzo


• Contratti di acquisizione dei diritti di godimento del mezzo

Contratti di acquisto della proprietà del mezzo

Le fonti che regolano questo contratto, variano al variare del mezzo coinvolto:

• Codice civile, contiene disposizioni sulle modalità di acquisto di beni mobili registrati (Es Navi e
Aerei)
• Codice della Navigazione, che prevale sul Codice Civile, e si riferisce solo al mezzo nave e aereo. Le
norme del Codice della Navigazione sono per la maggior parte norme derogabili (Possono essere
modificate e sostituite da diverse pattuizioni contrattuali. Cioè la norma di per sé non è imperativa,
quindi, le parti se vogliono, nelle loro contrattazioni private possono stabilire delle clausole diverse
dalla normativa).
• Presenza dei formulari, sono dei modelli standard di contratto, che vengono elaborati anch’essi da
organizzazioni internazionali che riproducono i più comuni contratti dello shipping. Il più
importante ente è il BIMCO (Baltic and International Maritime Councile). Questi formulari
contengono delle clausole che le parti contrattuali possono modificare/integrare nel loro contratto.
Sono modelli contrattuali che hanno forza di legge tra le parti, cioè una volta stipulato, le clausole
inserite diventano vincolanti per le parti. Se le parti non rispettano le clausole, saranno soggetti ad
inadempimento. Questi formulari sono molto importanti nel mondo dello Shipping.

Modalità di acquisto della proprietà di un mezzo di trasporto:

• Acquisto a titolo originario: Non c’è un precedente proprietario, quindi, acquisto un mezzo nuovo
dal produttore.
• Acquisto a titolo derivativo: Presenza di un precedente proprietario (Compravendita)

Contratto di acquisto di proprietà del mezzo:

1. Contratto di costruzione:
a. Commessa di una nave nuova, le fonti normative sono:
i. Codice della Navigazione circa la forma, la pubblicità del contratto e le
responsabilità del costruttore.
ii. Norme del Codice Civile sul contratto di appalto (Non è regolamentato il passaggio
di proprietà durante la costruzione di una nave).
iii. Formulari: Standard Shipbuilding Contracts, contiene una disciplina molto più
dettagliata circa la commessa di una nave, relative alle ispezioni, alle prove a mare,
le clausole riferite alla consegna della nave, al prezzo, al trasferimento della
proprietà, e l’assicurazione della nave in costruzione.
2. Contratto di Compravendita:
a. Rientrano tutti i veicoli nuovi realizzati in serie o veicoli usati.
i. La disciplina di questo contratto, la troviamo nel formulario MOA (Memorandum of
Agreement) Saleform prodotto da BIMCO, che contiene una disciplina molto più
accurata della normativa, riguardante l’individuazione della nave, modalità di
pagamento del prezzo, ispezioni, garanzie per vizi, obblighi del
venditore/acquirente.
3. Comproprietà: I proprietari di un mezzo possono essere più di uno. In questo caso bisogna valutare
le quote a seconda del mezzo di trasporto:
a. Le quote:
i. La nave è divisa in 24 Carati uguali.
ii. Gli aeromobili possono essere divisi in parti che possono anche essere diverse.
iii. I veicoli terrestri sono divisi in parti che sono presunte uguali, anche se questo
principio può trovare delle eccezioni.
b. Nella comproprietà della nave e dell’aeromobile, troviamo delle norme nell’ambito del
Codice della Navigazione che definiscono e disciplinano ad esempio le modalità con cui i
vari comproprietari assumono le decisioni, le modalità di delibera, disciplinano i casi di
ipoteca della nave e dei carati e della vendita della nave.
c. Comproprietà dei veicoli terrestri, le norme in rilievo sono quelle relative alla comunione
dei beni.

Contratti di Utilizzazione della Nave


I contratti di godimento del mezzo sono:

• Contratto di Locazione
• Contratto di Leasing

Contratto di Locazione

Il contratto di locazione di nave, fa parte dei contratti di utilizzazione della nave, che sono particolarmente
importanti, per poter meglio comprendere i successivi tipi di contratto.

I contratti di utilizzazione della nave sono:

• Locazione: è il contratto con cui il locatore (proprietario) consegna una nave ad un conduttore
(armatore) per un determinato periodo di tempo, dietro pagamento di un corrispettivo che è detto
canone. Le figure contrattuali sono:
o Il locatore (Proprietario) che è colui che consegna la nave.
o Il conduttore (Armatore) che è colui che prende in consegna la nave e la utilizza durante il
periodo di cui ne ha la disponibilità.
o La peculiarità della locazione comporta la scissione della figura del proprietario della nave,
dalla figura dell’armatore. Se non ci fosse la locazione il proprietario della nave potrebbe
gestire lui stesso la nave ed esserne armatore. Il proprietario è colui che ne ha il possesso,
mentre l’armatore è colui che gestisce la nave.
o Si distinguono l’aspetto statico (La proprietà), dall’aspetto dinamico (Gestione del mezzo).
In alcuni casi l’aspetto statico può coincidere con quello dinamico. Nel contratto di
locazione queste funzioni si scindono. Il corrispettivo pagato è chiamato canone. Mentre la
prestazione alla base del contratto è la consegna della nave.
• Noleggio: è il contratto con cui il noleggiante (Armatore) mette a disposizione la nave a favore di
una controparte, il noleggiatore, per il compimento di uno o più viaggi. Dietro un corrispettivo che
prende il nome di nolo. Il Noleggio può essere a tempo o a viaggio. La peculiarità del noleggio, è che
il noleggiante continua a gestire lui la nave (L’equipaggio). La prestazione prevede la messa a
disposizione della nave.
• Trasporto: è il contratto con cui il vettore si impegna nei confronti di un caricatore a trasferire un
carico di merci, da un porto ad un altro, mediante una nave. In cambio di un corrispettivo chiamato
prezzo di trasporto. Le parti coinvolte sono:
o Il vettore, chi ha disponibilità del mezzo di trasporto.
o Il caricatore, chi ha la merce da trasferire.
o La peculiarità prevede che la prestazione non prevede la consegna di qualcosa, ma è una
prestazione che prevede un’opera cioè il trasporto del carico.

Questi sono i 3 principali tipi di contratto che rientrano nell’utilizzazione della nave.

Questi contratti si possono combinare tra essi:

1. Il soggetto proprietario di una nave può decidere di locare la nave. Quindi il locatore (proprietario)
stipula un contratto di locazione con un conduttore (che diventa armatore) della nave
acquisendone la disponibilità. L’armatore a sua volta gestendo la disponibilità della nave può
decidere di noleggiarla diventando armatore-conduttore e noleggiante. Il noleggiante si impegna a
svolgere dei viaggi in favore di un noleggiatore (che non è armatore e non si assume i rischi della
gestione della nave). Il noleggiatore, a questo punto, con la disponibilità della nave pronta a
effettuare dei viaggi per sua volontà, potrebbe usarla per stipulare un contratto di trasporto con
cui il noleggiatore diventa noleggiatore-vettore e si impegna con un caricatore, ad effettuare il
trasporto di un carico con la nave noleggiata.
Il noleggiante mette a disposizione la nave (e ne è responsabile per la sicurezza del viaggio e per i
danni che le possono occorrere), ma non si assume la responsabilità sul carico (avarie, perdita di
carico, la responsabilità del carico è del noleggiatore-vettore) questo permette anche una diversa
distribuzione delle responsabilità in caso di problemi.
2. Il proprietario della nave che decide di utilizzarla. Caso in cui proprietario e armatore coincidono, e
viene meno il contratto di locazione. Il proprietario-armatore avrà la possibilità di noleggiare la
nave, diventando noleggiante si impegna a svolgere dei viaggi in favore del noleggiatore, e il
noleggiatore a sua volta può decidere di trasportare delle merci sulla base di un contratto di
trasporto con un caricatore.
3. Il proprietario-armatore coincide, ma invece di noleggiare la nave, il proprietario armatore si
assume la responsabilità di trasferire un carico. Quindi in assenza di contratti di locazione e di
noleggio, si passa dalla figura del proprietario-armatore a quella del vettore. In questo caso il
proprietario-armatore-vettore si assume l’impegno di trasportare un carico con la nave che è di
sua proprietà e si assume tutte le responsabilità, sia del viaggio che del carico.
4. L’ipotesi del proprietario di una nave che decide di darla in locazione ad un conduttore. Qui si ha
una scissione della figura del locatore e del conduttore. Il conduttore-armatore potrebbe decidere
di noleggiarla oppure decidere di utilizzarla direttamente per il trasporto, senza noleggiare questa
nave. Quindi avremo un conduttore-armatore che decide di assumersi l’obbligo di effettuare il
trasporto del carico, assumendosene la responsabilità.

Contratti acquisizione godimento del mezzo

• Locazione della nave: Tipi di locazione possibili:


o Locazione a scafo nudo, è la forma più frequente di locazione, la nave viene locata e
consegnata, priva dell’equipaggio (nave non armata). Perché si ha la scissione tra il
proprietario e l’armatore, quindi, la nave viene consegnata senza equipaggio, in modo che
il conduttore-armatore abbia la possibilità di arruolare il proprio equipaggio.
o Locazione di nave armata ed equipaggiata, è più rara e si verifica quando il proprietario
consegna all’armatore una nave equipaggiata. È un caso particolare che si riferisce a navi
adibite a specifiche attività (Es. Navi da pesca, o navi oceanografiche, cioè che hanno un
equipaggio molto specializzato). L’equipaggio che viene consegnato, passa però alle
dipendenze del conduttore.

La disciplina di questi contratti la troviamo nel Codice della Navigazione: dove abbiamo norme che
disciplinano la definizione di locazione, la forma del contratto, l’ipotesi o meno della sub-locazione,
disciplinano obblighi e la responsabilità del locatore e del conduttore. Tuttavia, sono tutte norme
derogabili, dalla diversa volontà delle parti. Il Codice della Navigazione ha una portata molto
residuale, la normativa specifica la troviamo nei formulari, in particolare nel formulario Barecon
prodotto da BIMCO nel 2017. Relativamente alla disciplina dei formulari, le parti possono scegliere
anche un’edizione precedente, in quanto in questo ambito, la nuova edizione del formulario non
abroga quelle precedenti. Il Barecon definisce gli obblighi delle parti contrattuali, in particolare si
possono distinguere 3 gruppi di obblighi:

▪ Obblighi del locatore che si assumono all’inizio del contratto: Il locatore deve
consegnare la nave, nella zona o in un porto predeterminato nel contratto, e
rispettare l’obbligo di consegna di tipo temporale, cioè consegnarla nei tempi
previsti dal contratto, sotto questo profilo è presente “La clausola del cancello”,
(che vedremo successivamente). La consegna si manifesta quindi sia dal punto di
vista temporale che geograficamente e infine anche sull’aspetto delle condizioni di
navigabilità della nave che sono state pattuite nel contratto.
▪ Obblighi del conduttore durante l’esecuzione del contratto di locazione: Vista la
lunghezza del contratto sono previsti alcuni obblighi per il conduttore: pagamento
di un canone mensile anticipato (in virtù della durata prolungata del contratto). Il
conduttore avendo la piena disponibilità della nave, la può utilizzare ma entro i
limiti fissati nel contratto. I limiti possono essere ad esempio relativamente alle
merci che possono essere imbarcate a bordo della nave. Ci possono essere dei
limiti anche sulle aree geografiche verso cui non può navigare (Es. Antartico, o
acque in guerra). Altro obbligo del conduttore è il mantenimento in buono stato
della nave, e assumersi gli oneri fiscali derivanti dall’utilizzo della nave stessa (Es.
Tasse Portuali).
▪ Obblighi del conduttore al termine del contratto: Riconsegna della nave nel luogo e
al tempo pattuiti, e a condizioni di navigabilità iniziali, in cui ha ricevuto la nave.

Il Barecon prende in considerazioni anche gli inadempimenti e quindi le responsabilità che possono
emergere durante la locazione:

• Le responsabilità possono essere reciproche (Es. Il Locatore non consegna la nave con lo stato
di navigabilità pattuite al conduttore, e all’opposto vale se il conduttore carica la nave con
merce illegali, diventa responsabile nei confronti del locatore).
• La responsabilità può essere nei confronti di terzi, e in questo caso si divide tra responsabilità
del locatore e responsabilità del conduttore.
i. Come principio generale tutte le responsabilità contrattuali ed extracontrattuali
che derivano dalla gestione della nave ricadono sul conduttore-armatore
perché lui assume la gestione della nave e si assume le responsabilità di ciò che
avviene alla nave durante la locazione. Questo principio incontra però una serie
di eccezioni, rendendo il contratto non sempre conveniente per il locatore, in
quanto fa ricadere la responsabilità sul proprietario anche se non gestisce la
nave.
ii. Il Proprietario può essere responsabile nei seguenti casi:
• L’omessa dichiarazione armatoriale, cioè la dichiarazione da fare presso
l’ufficio di registro della nave e dichiarare chi è l’armatore. Questa
dichiarazione ha un’importante funzione pubblicitaria per i soggetti
terzi che necessitano di sapere chi è l’armatore. Se l’armatore omette
di dichiarare che in seguito a locazione, c’è stata una scissione tra la
posizione di proprietario e quella armatore, si presume che l’armatore
sia ancora il proprietario. Quindi in caso di omissione della
dichiarazione, vige una presunzione che il proprietario sia l’armatore e
quindi su di lui ricadono le eventuali responsabilità della gestione della
nave, anche se lui non ha causato delle inadempienze. Inoltre, il
locatore (proprietario) può lui stesso dichiarare che l’armatore è il
conduttore sulla base di un contratto di locazione, in modo da tutelarsi.
iii. Esistono alcuni crediti che danno la possibilità ai creditori di rifarsi direttamente
sui beni nave ad esempio sequestrandola. Se il conduttore-armatore mette in
atto delle obbligazioni protette dalla legge che danno origine a questi crediti
marittimi, c’è il rischio che nel caso in cui l’armatore sia insolvente, i creditori
possano rifarsi direttamente sul bene nave del proprietario, (Es. di Crediti
Marittimi sono le Tasse portuali, spese di pilotaggio, i compensi di soccorso
etc.).
iv.
Ipotesi di inquinamento marittimo da idrocarburi, per cui vigono delle
Convenzioni Internazionali, che canalizzano la responsabilità del proprietario
della nave per danni da inquinamento marino causati da idrocarburi sia
trasportati che utilizzati come bunker. In questi casi i danni ricadono sul
locatore-proprietario indipendentemente se ha locato la nave o meno.
v. In caso di avarie comuni, che è un atto messo in pratica dal Comandante della
nave per salvare la spedizione (Es. La nave sta affondando, e il Comandante
decide di buttare a mare il carico, per restare a galla), in questo caso il danno
viene ripartito tra tutti quelli che hanno ottenuto un beneficio da questa avaria
(Es. Il proprietario che ha visto salva la sua nave).
• Locazione nell’aeromobile:
o Le fonti che lo regolano sono:
i. Codice della navigazione parte aeronautica, che contiene alcune norme
specifiche che si riferiscono alla forma, alla pubblicità del contratto, e uso
occasionale dell’aeromobile.
ii. Codice della navigazione parte marittima (la parte aeronautica, rinvia alla
locazione delle navi).
iii. Codice Civile, con le norme generali sulla locazione.

La maggior parte di queste fonti è però derogabile, dalla libertà delle parti contrattuali, ma non abbiamo
dei formulari come nel mondo marittimo, ma abbiamo dei contratti tipici:

• Dry Lease: è il contratto con cui il lessor consegna il mezzo al lessee, in cambio di un
canone. È molto simile alla locazione che avviene nel mondo marittimo, in cui la
prestazione è la consegna della nave.
• Aircraft interchange agreement: è un contratto che prevede che il volo composto da due
tratte sia operato da due compagnie aeree diverse, con a bordo gli stessi passeggeri. Nella
prima tratta il vettore A (lessor) con il suo aeromobile si impegna a trasferire sulla base di
un contratto di trasporto i suoi passeggeri, fino ad uno scalo intermedio, dove il vettore A
dà in locazione il proprio mezzo al vettore B (lessie) che cambia l’equipaggio e prosegue con
la seconda tratta del viaggio con i passeggeri fino all’arrivo.

Locazione di veicolo terrestre

Viene definita come “noleggio senza conducente” che tuttavia a livello legale è una definizione errata. In
quanto abbiamo un proprietario del veicolo, che consegna il veicolo ad un altro soggetto, quindi, non è un
noleggio ma è una locazione. Tanto è vero che nel codice della strada il legislatore usa il termine corretto di
locazione di veicolo e fornisce una definizione di locazione quale effettiva consegna del mezzo.

Nella prassi viene definito noleggio con/senza conducente:

• Il noleggio senza conducente è nella pratica una locazione.


• Il noleggio con conducente non è una locazione ma un contratto di trasporto.

Il contratto di leasing

È un contratto atipico, nel senso che non trova una disciplina nella normativa. L’unica eccezione riguarda il
leasing di aeromobile, che è un contratto tipico, nel senso che il Codice della Navigazione contiene
disposizioni sul leasing, dicendo che al contratto di leasing di aeromobile si applicano le norme di locazione
dell’aeromobile (rinvio della normativa). Il leasing di per sé si divide in due tipologie:
• Leasing operativo o di godimento: è il contratto con cui il lessor concede un veicolo al lessee dietro
versamento di un canone periodico. La peculiarità di questo tipo di leasing è data dal fatto che le
rate periodiche del canone (molto lungo) sono commisurate all’uso del veicolo e non al suo valore.
Questo significa che sono rate più basse rispetto alla commisurazione del valore dell’aeromobile.
Il leasing si differenzia dalla locazione per le tre possibilità che il lessee ha, al termine del contratto:
1. Rinnovare il contratto di leasing se il bene gli è necessario.
2. Restituzione del veicolo.
3. Acquisto del veicolo con una rata finale pari al valore residuo (Rata piuttosto alta).
• Il leasing finanziario: si definisce come il contratto con cui il lessor si impegna verso il lessee ad
acquistare oppure a far costruire un veicolo richiesto dal lessee (con le caratteristiche volute) ad
un’altra parte che prende il nome di supplier. In questo modo, nel leasing finanziario abbiamo due
contratti collegati. Uno è il leasing tra lessor e lessee e l’altro è quello di
costruzione/compravendita tra il lessor e il supplier. Questo contratto tra supplier e lessor è
strettamente legato al contratto di leasing stipulato tra il lessor e il lessee.

La prima differenza tra i due tipi di leasing è proprio la presenza dei due contratti collegati.

La seconda differenza riguarda le diverse rate del canone, infatti, nel leasing finanziario il lessee paga un
canone che è rapportato al valore del veicolo e quindi le rate saranno molto più alte rispetto al leasing
operativo/di godimento (proprio perché il leasing è di tipo finanziario). Al termine del contratto di leasing
finanziario il lessee può:

1. Rinnovare il contratto.
2. Restituire il veicolo.
3. Acquistare il veicolo con una rata finale simbolica (Perché le rate hanno ammortizzato il valore del
veicolo). Questa tipologia viene utilizzato per acquisire un veicolo costoso e ammortizzarlo nel
tempo.

Chiaramente ci sono una serie di pro e contro nel leasing finanziario:

• Il supplier ha il vantaggio di guadagnare il prezzo di vendita del veicolo.


• Il lessor ha il vantaggio di mantenere la proprietà del veicolo fino alla scadenza del leasing. Questo
comporta che se il lessee diventa inadempiente, il lessor può ritirare il veicolo.
• Il lessee ha il vantaggio di acquistare al termine del contratto il veicolo con una rata simbolica.
• Ci sono degli inconvenienti come nel contratto di locazione, legati alla scissione delle figure del
proprietario del bene (lessor) e chi gestisce il mezzo (lessee), in questo caso come principio
generale il lessor-proprietario non risponde della gestione della nave (lessee), però abbiamo visto
che ci sono una serie di ipotesi in cui il proprietario (lessor) risponde.

CONTRATTO DI TRASPORTO IN GENERALE

La definizione generale di trasporto la troviamo all’art. 1678 del Codice Civile “Col contratto di trasporto il
vettore si obbliga, verso corrispettivo a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro”. La peculiarità di
questa definizione è di comprendere tutte le modalità di trasporto, quindi, è onnicomprensiva dei trasporti,
e non specifica neppure se si parli di cabotaggio o di trasporto internazionale, e se riguarda il trasporto di
cose o persone.

Le parti contrattuali coinvolte nei contratti di trasporto sono:

• Contratto di trasporto di persone, le parti coinvolte sono:


▪ Il passeggero
▪ Il vettore
• Contratto di trasporto di cose: spesso sottostante al contratto di trasporto di cose, vi è un altro
contratto collegato (Contratto di compravendita: Il caso di beni comprati e quindi che devono
essere trasferiti all’acquirente) che crea quindi dei collegamenti tra i soggetti coinvolti:
▪ Caricatore (nello Shipping) / Mittente (Nei trasporti oltre quello marittimo): è simile
al passeggero.
▪ Vettore
▪ Destinatario: Non è parte contrattuale del contratto di trasporto, tuttavia, ne è
parte integrante, in quanto il contratto nasce in suo favore. (La sua figura
acquisisce importanza, successivamente, nell’ambito del trasferimento dei diritti
sul carico).
o Contratto di compravendita delle merci:
▪ La figura del caricatore/mittente (vista sopra), nel contratto di compravendita
diventa colui che chiede il trasferimento del bene, e quindi corrisponde alla figura
del venditore del bene da trasferire.
▪ Acquirente: è il destinatario (visto sopra), cioè colui che riceve la merce in virtù del
contratto di trasporto.

Da un lato abbiamo un contratto di compravendita tra venditore e acquirente e successivamente


un contratto di trasporto tra caricatore e il vettore, il collegamento tra questi due contratti sta nel
fatto che la figura del Caricatore/Mittente nel Contratto di Trasporto, corrisponde alla figura del
Venditore nel Contratto di Compravendita.
La figura dell’acquirente coincide con la figura del destinatario, che ci porta al concetto di contratti
a favore di terzi, (in cui viene inquadrato anche il contratto di trasporto), cioè il caricatore/mittente
stipula con il vettore, un contratto di trasporto, per far trasferire i beni al fine di consegnarlo al
destinatario, cioè far in modo che questa merce che è stata venduta, venga consegnata ad un terzo
che l’ha acquistata (Acquirente/destinatario). Però il destinatario non è colui che stipula il contratto
di trasporto, che è stipulato tra mittente/caricatore e vettore. Tuttavia, seppur il destinatario non
stipula il contratto di trasporto, esso viene stipulato in suo favore. Questo fa sorgere il problema
dell’acquisizione da parte del destinatario dei diritti nascenti dal contratto (Diritto che la merce
arrivi in tempo, in buone condizioni dal vettore al destinatario, in modo da poter richiedere
eventuali risarcimenti).

I diritti nascenti dal contratto, sono diritti al trasferimento del carico e al risarcimento dei danni, in un
primo momento questi diritti sono in capo al caricatore (che può rifarsi sul vettore in caso la merce subisca
dei problemi, o sorgessero delle inadempienze), ad un certo punto questi diritti passano al destinatario, che
acquisisce i diritti che sono sorti per effetto del contratto di trasporto (che è sorto in suo favore), quindi da
quel momento sarà lui a potersi rifare sul vettore nel caso in cui occorressero delle inadempienze sulla
merce. Questo momento dipende dalle modalità di trasporto, ma normalmente il destinatario acquista i
diritti che sorgono con il contratto di trasporto di cose, quando il destinatario richiede al vettore la
consegna delle merci (o che avrebbero dovuto arrivare), nel luogo di destinazione, e paga al vettore tutto
ciò che è a lui dovuto, al vettore stesso (Prezzo del trasporto, ma anche il prezzo di acquisto delle merci),
acquisisce i diritti che sorgono dal contratto, da questo momento è il destinatario e non più il caricatore a
poter chiedere eventuali danni al vettore.
Nel proseguo di questa disciplina, normalmente invece di fare ogni volta la specificazione di chi possieda i diritti in uno specifico
momento, per semplificare, generalmente si parlerà di aventi diritto al carico per intendere indifferentemente il caricatore o il
destinatario. Quindi nel concetto di avente diritto al carico, si fa rientrare sia il caricatore/mittente che il destinatario.
Fonti normative del contratto in generale

La tabella contiene una sintesi delle fonti normative, relative alla tematica del contratto di trasporto in
generale.

1. La prima osservazione da fare sta nella definizione di contratto di trasporto, che abbiamo definito
“unitaria”, cioè valida per tutti i tipi di trasporto. Quando però analizziamo le fonti normative dei
trasporti, esse si differenziano a seconda del mezzo utilizzato (Trasporto Aereo, Marittimo etc.).
2. La seconda differenza è tra il trasporto di persone e il trasporto di cose, infatti, le normative
cambiano a seconda di cosa si trasporta.
3. La terza differenza è il livello del testo normativo, infatti, abbiamo delle Convenzioni Internazionali,
dei Regolamenti UE, e una Normativa Interna. Pertanto, è evidente un quadro molto articolato di
fonti normative.
Il trasporto marittimo, relativamente al trasporto di persone non ha una Convenzione Internazionale
dedicata (Esiste la Convenzione PAL, che tuttavia l’Italia non ha ratificato), vi sono però 2 regolamenti UE
che la disciplinano.
[Le Convenzioni Internazionali disciplinano la responsabilità del vettore, per i danni (morte o lesioni) alla persona
(passeggero), ai suoi bagagli ed eventualmente ai suoi beni, però le Convenzioni non disciplinano i disagi che i
passeggeri subiscono attendendo a lungo nelle stazioni, un mezzo cancellato o ritardato].

Interviene allora il Legislatore Europeo (verso tutti quei paesi come l’Italia che non hanno ratificato la
Convenzione), con il Reg. 392/2009 che rinvia alla Convenzione PAL (Impone quindi una applicazione della
Convenzione in modo indiretto), per disciplinare in ambito UE, tutte le responsabilità del vettore in caso di
danni alla persona, e successivamente con il Reg. 1177/2010 invece si è integrato il precedente
Regolamento, per quanto riguarda i disagi subiti dai passeggeri e non previsti/tutelati dalla Convenzione.

In questo modo il legislatore ha colmato una parte normativa non trattata dalle Convenzioni Internazionali.
Infine, in ambito Nazionale troviamo il Codice della Navigazione che tuttavia ad oggi ha un’applicazione
molto residuale.

Nel trasporto marittimo, relativamente al trasporto di cose, abbiamo una Convenzione Internazionale
chiamata “Regole Aja-Visby” prodotta nel 1924 e poi rivista nel 1968 e 1979 che disciplina la responsabilità
del vettore marittimo per i danni al carico, si riferisce al trasporto internazionale, e per gli aspetti non
coperti, si richiama in ambito nazionale il Codice della Navigazione. Da notare il mancato intervento del
Legislatore UE, in quanto il trasporto di cose è un contratto molto più equilibrato tra vettore e caricatore,
rispetto al trasporto di persone, dove il passeggero è sempre la parte molto più debole contrattualmente.

Nel trasporto aereo, relativamente al trasporto di persone, troviamo la Convenzione di Montreal del 1999,
che a causa della lunghezza dei lavori di produzione, venne anticipata a livello UE dal Reg. 2027/1997 che
disciplinò la responsabilità del vettore aereo per i danni alla persona e ai bagagli, e successivamente con il
Reg. 261/2004 si è colmata la disciplina dei disagi subiti dal passeggero e non previsti nella Convenzione di
Montreal. Infine, in via residuale si applica il Codice della Navigazione, con la particolarità che nell’ambito
aereo, le norme nazionali del Codice rinviano alla Convenzione di Montreal.

Nel trasporto aereo, relativamente al trasporto di cose, troviamo sempre la Convenzione di Montreal del
1999, adattata nel suo interno al trasporto di cose. Come normativa interna abbiamo sempre il codice della
navigazione che tuttavia rinvia alla Convenzione di Montreal.

Il trasporto stradale, relativamente al trasporto di persone, non abbiamo Convenzioni Internazionali, e a


livello UE abbiamo un unico Reg. 181/2011 che tuttavia disciplina sia la responsabilità del vettore per i
danni alla persona del passeggero, sia per i disagi che esso può subire. A livello nazionale, la normativa di
riferimento è il Codice Civile.

Il trasporto stradale, relativamente al trasporto di cose, è disciplinato da una Convenzione Internazionale


chiamata “CMR” del 1956 e successivamente modificata nel 1976 che disciplina le responsabilità del
vettore sui danni ai beni trasportati. E infine abbiamo il Codice Civile come normativa nazionale.

Nel trasporto ferroviario, esiste la Convenzione COTIF che si divide nella parte CIV per il trasporto di
persone, e la parte CIM per il trasporto di cose, entrambe sono state aggiornate nel 1999. Il legislatore UE è
intervenuto con il Reg. 1371/2007 per tutelare la figura del passeggero. A livello nazionale troviamo alcune
norme residuali sul Codice Civile.
Dall’analisi della suddetta tabella si possono trarre alcune riflessioni:

1. I testi normativi sono molto diversificati, nonostante la definizione di contratto di trasporto sia
unica per tutti i tipi di trasporto, non lo è poi a livello normativo. In quanto vi sono diverse regole
per ogni modo di trasporto e a seconda del caso in cui si trasportino passeggeri o cose.
2. I regolamenti UE hanno 3 funzioni principali:
a. Applicare una determinata Convenzione a tutti gli Stati Membri, nel caso in cui non fosse
ancora stata ratificata (Es. Convenzione PAL per l’Italia).
b. Obbligare gli Stati Membri ad applicare una Convenzione anche per i voli nazionali, in modo
da estendere l’operatività di una Convenzione anche ai trasporti interni (Es. Nel trasporto
aereo, il Reg. UE ha imposto che anche il trasporto passeggeri si rifacesse alla Convenzione
di Montreal).
c. Fare in modo di rafforzare la tutela dei passeggeri come parti contrattuali deboli, andando
a colmare i vuoti lasciati dalle Convenzioni Internazionali, quindi imporre le misure che i
vettori devono prendere per tutelare i passeggeri dai disagi che possono subire.
3. La normativa nazionale ha una portata molto residuale.

Elementi di applicazione del contratto di trasporto in generale: Uno dei problemi fondamentali è capire
quale normativa applicare in caso di inadempienze o danni. Ovviamente non si analizzerà ogni singola
Convenzione e regolamento, ma si vedranno i principi fondamentali che si susseguono in questo ambito, in
modo da acquisire la competenza di potersi districare in ogni ambito applicativo.

Per individuare il campo di applicazione bisogna tenere presente una serie di elementi:

• L’internazionalità oggettiva e soggettiva quando si parla di trasporto internazionale: esso può


essere oggettivo oppure misto (oggettivo/soggettivo).
o Nel primo caso, una data Convenzione trova applicazione quando il luogo di partenza e
quello di arrivo sono situati entrambi in due Stati Contraenti, oppure potrebbe essere
richiesto che uno solo di questi luoghi, potrebbe essere contraente. Il campo di
applicazione oggettivo non prende in considerazione elementi soggettivi (Es. Nazionalità
dei soggetti coinvolti).
o Invece nei regolamenti comunitari (in cui c’è la necessità di collegare la normativa alla
Comunità UE) si prendono in considerazioni molti elementi soggettivi come le nazionalità
dei soggetti e dei mezzi. Quindi i regolamenti si applicano anche quando il vettore o il
mezzo sono comunitari.
• Bisogna guardare il percorso stabilito all’interno del contratto, se il contratto di trasporto prevede
un trasporto tra due Paesi diversi, sicuramente verrà in forza una Convenzione Internazionale. Se
poi nel concreto il trasporto si dovesse fermare ad un unico Stato (Es. per un guasto), ciò che conta
è quello che è stato contrattato.
• Il Documento di Trasporto, che è sempre presente ma varia da trasporto a trasporto (Es. biglietto
del treno), le Convenzioni solitamente si applicano anche quando il Documento non viene emesso
o non è regolare. L’unica eccezione che richiede quindi la presenza del documento di trasporto,
riguarda la Polizza di Carico (Convenzione Aja-Visby che disciplina i trasporti marittimi).
• Trasporti a titolo oneroso o gratuito. In linea generale tutti i testi di cui parliamo, sono trasporti a
titolo oneroso. Ci sono però casi in cui le Convenzioni si applicano anche ai trasporti gratuiti (Es. la
Convenzione di Montreal). I trasporti gratuiti si differenziano dai trasporti amichevoli, in quanto i
primi sono comunque interni ad un contratto (Es. Trasferimento dei dipendenti verso il capannone
di lavoro), mentre il trasporto amichevole è il semplice passaggio in auto ad un amico e a cui non si
applicano le normative.
• La Convenzione e le normative si applicano per il solo fatto che esistano i presupposti,
indipendentemente che il contratto di trasporto li richiami o meno. (Es. Se due Paesi hanno
ratificato la Convenzione di Montreal, non è necessario che essa venga specificata nel loro
contratto). L’unica eccezione è la CMR stradale, in quanto la Corte di Cassazione (In Italia) si è
pronunciata sostenendo che la Convenzione si applica solo se richiamata dalle parti, sulla lettera di
vettura. Questo orientamento della Cassazione Italiana (non presente all’estero) è stato
fortemente criticato, perché in realtà leggendo la Convenzione non si trae questa conclusione. Una
conclusione molto criticabile perché non permette l’applicazione della Convenzione anche quando
ve ne siano i presupposti. Sotto questo profilo la Corte di Cassazione si discosta rispetto ai principi
degli altri paesi.

Inderogabilità delle norme nei contratti di trasporto

Alcune disposizioni hanno efficacia inderogabile (non possono essere cambiate dalla volontà delle
parti) mentre vi sono delle disposizioni derogabili dalla volontà delle parti.

• La logica di fondo è che la normativa va letta nella logica del legislatore con l’obbiettivo di
tutelare la parte contrattuale più debole. Il legislatore impone norme inderogabili, in modo che
la parte più forte non possa cambiare le norme fissate dal legislatore a discapito del
contraente debole. Quindi tanto più un contraente è debole tanto più la norma è imperativa.
o Nel trasporto di persone sono presenti norme inderogabili (a sfavore del passeggero)
che tutelano il passeggero. Il vettore non può decidere di stabilire clausole a sfavore
del passeggero, ma eventualmente più decidere clausole che vanno a favorire il
passeggero.
o Nel trasporto di cose, si ha una divisione tra:
▪ Trasporto di linea: Norme inderogabili a sfavore dell’avente diritto al carico
(Caricatore/Mittente/Destinatario), quindi il vettore non può imporre clausole
a sfavore dell’avente del diritto al carico.
▪ Trasporto marittimo tramp: è un trasporto molto equilibrato, in quanto la
concorrenza è vicina alla perfezione. Questo equilibrio di forze tra vettore e
caricatore, comporta che le norme siano tutte derogabili, quindi, possono
essere poste le clausole volute, in libertà.

Principi generali del regime di responsabilità di un operatore del trasporto

Sono le chiave di lettura delle normative che si applicano al settore dei trasporti. Se vogliamo analizzare il
regime di responsabilità di un operatore del trasporto, ci basiamo su alcuni punti fondamentali:

1. Tipi di danni - Quali tipi di danni possono essere risarciti? I danni possono essere divisi in:
a. Economico-Patrimoniali, è un danno suscettibile di un valore di mercato. Un danno che può
essere monetizzato (Es. Furto di un orologio). Questi danni sono normalmente risarciti, ma
si dividono a loro volta in due sottocategorie:
i. Danno emergente: è il danno effettivo che è legato alla perdita o al
danneggiamento di un bene. (Es. Viene trasportato un collo che vale x, se la merce
viene persa, il danno sarà pari al prezzo x). Questo danno è sempre risarcibile da
tutte le normative.
ii. Lucro cessante: non è il valore del bene, ma è la perdita del profitto, dovuto al
danno ricevuto. (Es. Un fotografo viene derubato della fotocamera con cui lavora,
perdendo un set fotografico programmato). Il lucro cessante non è sempre
risarcibile, ma lo è quando è suscettibile e prevedibile al momento della stipula del
contratto. (Es. Il vettore sapeva di trasportare la fotocamera).
b. Danni non patrimoniali (Es. Danni morali): Sono danni per i quali non esiste un valore di
mercato o una monetizzazione (Es. Shock subito in seguito ad un brutto incidente). Questi
danni sono previsti dal CC art. 2059, che prevede la possibilità di risarcirli solo in alcuni casi:
i. Se provenienti da un reato.
ii. Nei casi previsti dalla legge, quindi, è necessario verificare il testo normativo, se il
legislatore riconosce o meno questo tipo di danni, in un determinato ambito.
iii. La giurisprudenza riconosce la risarcibilità anche se non sono indicati nella
normativa, solo se si riferiscono a diritti inviolabili della persona, che sono
costituzionalmente riconosciuti. (Es. Diritto alla vita).

2. Durata - Quando incomincia la responsabilità di quell’operatore e quando termina? Dipende dal


tipo di metodo di trasporto a cui mi riferisco.

3. Natura della responsabilità – In quali casi l’operatore è responsabile? Premesso che sussistano i
requisiti suddetti. Sotto questo aspetto esistono due possibilità:
a. Responsabilità colposa: L’operatore è responsabile se ha colpa. Se non c’è colpa,
l’operatore si libera dalla responsabilità. L’onere della prova in entrambi i casi spetta al il
danneggiato che deve provare l’esistenza di un danno e l’ammontare del danno, a questo
punto, il responsabile cerca di liberarsi provando il contrario. Se si tratta di responsabilità
colposa, per liberarsi deve dimostrare di aver adottato tutte quelle misure necessarie e
ragionevoli secondo dovuta diligenza in ambito professionale. Se riesce a dimostrare che ha
fatto ciò, si esonera dalla responsabilità e quindi non deve risarcire i danni.
b. Responsabilità oggettiva: Un soggetto risponde sempre per i danni provocati nell’ambito
della sua attività, perché non si basa su una colpa, ma su una attività oggettiva.
Normalmente nel settore dei trasporti la responsabilità oggettiva non è assoluta, cioè non
risponde sempre e per forza l’operatore. Esistono dei casi di esenzione:
i. Il responsabile si può esonerare se riesce a dimostrare due cose:
1. Questo danno è derivato da un determinato evento che è però
tassativamente previsto dalla normativa che si applica in quel determinato
caso. La normativa quando prevede una responsabilità oggettiva, prevede
anche un insieme di eventi che rappresentano degli esoneri di
responsabilità. Eventi indicati dalla normativa che liberano l’operatore dalla
responsabilità oggettiva (Es. Forza di causa maggiore, Pandemia mondiale),
la peculiarità di questi eventi è che sono tassativi, cioè la normativa li
prevede espressamente, senza che l’operatore se ne possa inventare di
aggiuntivi.
2. L’operatore deve inoltre dimostrare che vi sia un nesso di casualità tra il
danno e l’evento.
4. Limite del debito – Se il danno è risarcibile, e quindi, vi è un responsabile, fino a che ammontare
deve risarcire? Nel settore dei trasporti esiste un istituto ricorrente che è il limite del debito, che
possiamo definire come l’ammontare massimo di risarcimento fissato dalla normativa. (Es. Io
provoco un danno da 1000€, ma il quell’ambito la normativa potrebbe prevedere, che il
risarcimento massimo sia 700€). Il senso di questo istituto è dovuto ai vantaggi portati per le parti:
a. Il Responsabile vede limitata la sua responsabilità.
b. Per il danneggiato, il vantaggio è più intrinseco e ad ampio raggio, e deriva dal fatto che
senza un limite del debito, la responsabilità per un soggetto rischierebbe di essere troppo
grande (Es. Risarcimenti milionari), con la possibilità che un responsabile non possa pagarli
o che le assicurazioni per tutelarsi richiedano dei premi elevatissimi, e tutto ciò ricadrebbe
sul costo del trasporto, che aumenterebbe per coprire una parte di questo rischio.
Chiaramente il limite del debito deve essere adeguato all’interesse del danneggiato, cioè per un
danno di 1000€, non può essere previsto un limite del debito di 5€. Un corretto limite del debito è
fondamentale per stimolare settori rischiosi quali il settore dei trasporti. Il limite del debito viene
calcolato (nel trasporto) in diversi modi: (Es. Tot euro per ogni collo/unità/peso)
• Colli: Tutto ciò che è imballato (Cassa, Botte)
• Unità: Tutto ciò che è sciolto (Auto)
• Peso
• Unità monetaria: euro nell’UE, mentre in ambito internazionale si fa riferimento ai diritti
speciali di prelievo (d.s.p.) – Special drawing rights. Media ponderata delle monete che fanno
parte del Fondo Monetario Internazionale, questa unità di misura, viene poi convertita nelle
varie unità nazionale. Il vantaggio degli Special Drawing Rights è di essere molto stabile nel
tempo.

Vi sono casi in cui viene meno il limite del debito:

• Casi di superamento del limite: situazione in cui il soggetto responsabile paga più del
limite del debito:
o In caso di atto doloso (atto intenzionale), il responsabile ha agito con l’intenzione
di danneggiare. Simile è il caso della colpa grave (Non vi è un dolo, ma un atto
temerario e consapevole del danno che sta creando con la sua condotta) del
vettore.
o In caso di accordo tra le parti, possono accordarsi per risarcire un valore più alto
rispetto a quello previsto dalla normativa (Mai un accordo al ribasso!), oppure un
atto unilaterale da parte del responsabile che decide di sua volontà di risarcire
tutto e più al danneggiato (Mai un atto unilaterale al ribasso!).
o Caso in cui l’interessato effettua una dichiarazione al valore o un interesse alla
riconsegna. All’inizio del viaggio il mittente fa una dichiarazione circa il valore di
un bene, a quel punto in caso di danni a quel bene, si otterrà un risarcimento del
valore per intero, che sarà superiore al limite del debito. Ciò che frena i soggetti
dal fare la dichiarazione del debito, è il fatto che essa è poco conosciuta, può
avere un elevato costo di perizia e soprattutto perché se viene fatta questa
dichiarazione, la controparte alzerà il prezzo del trasporto per accollarsi la
responsabilità del trasporto di questo bene.

TRASPORTO DI PERSONE

Il contratto e i documenti del trasporto

Esistono diverse forme del contratto:

• Ad substantiam: Il contratto deve essere necessariamente redatto per iscritto, altrimenti è


nullo per le parti. Questa modalità non è prevista in nessuna modalità del trasporto di
persone (Es. Quando salgo sul treno o sull’autobus, non firmo un contratto di trasporto
per iscritto).
• Ad probationem: Un documento scritto serve per provare il contratto di trasporto, sotto
questo profilo il Codice della Navigazione prevede questa forma per il trasporto di persone
marittimo e aereo, per i quali è infatti richiesto il biglietto.

Nelle altre forme di trasporto non è previsto né un contratto scritto né un biglietto (Es. Taxi), tuttavia per
comodità poi anche il bus e il treno prevedono la presenza del biglietto che può essere cartaceo o
elettronico.
Le informazioni contenute sul biglietto sono:

• Nome del vettore (Per individuare il responsabile, in caso di inadempienze o danni) e del
passeggero.
• Luogo di partenza, destinazione, itinerario, coincidenze e informazioni inerenti al viaggio. La
partenza e l’arrivo mi permettono di capire quale normativa è applicabile (Viaggio nazionale, o
Internazionale o se sono Stati firmatari di una data Convenzione)
• Luogo e data emissione, validità del biglietto e prezzo.

Nel caso di biglietto irregolare, il contratto è ancora valido e quindi il vettore è sempre responsabile.
Tuttavia, esso comporta una penalità, solitamente il pagamento di un sovrapprezzo oppure l’obbligo di
discesa alla prima fermata.

La presenza di un clandestino è prevista solo su una nave o su un aereo, cioè sui mezzi dove c’è stata
un’elusione dei controlli di accesso. Nel caso della figura del clandestino il vettore è completamente
esentato dalla responsabilità nel caso in cui il clandestino subisse dei danni. Invece sul treno o bus, non
essendo riconosciuta la figura del clandestino, il vettore è sempre responsabile anche quando un soggetto è
sprovvisto di biglietto o contratto di trasporto.

La cessione del contratto di trasporto ad un’altra persona può avvenire nel caso in cui esistano quei biglietti
cedibili senza consenso del vettore (Es. Biglietto non nominativo e non iniziato). Ci sono casi in cui il
biglietto è cedibile solo a condizione che il vettore dia il consenso (Es. Biglietto nominativo). Mentre ci sono
casi di biglietti non cedibili, la cessione è esclusa dal vettore (Es. Biglietti in promozione o in sconto).

Il passeggero: La normativa che disciplina questa figura è molto stratificata e molto incompleta. Il
legislatore si è concentrato molto sulla normativa che regola invece il vettore, proprio perché essendo il
passeggero il contraente più debole, ha necessità di essere tutelato, nei confronti della controparte.
Tuttavia, sussistono degli obblighi per esso:

• Pagamento del prezzo del trasporto, il prezzo comprende il trasferimento, operazioni di imbarco e
sbarco, trasporto del bagaglio (a meno che non ci siano disposizioni diverse). Il prezzo è fissato dal
vettore, con un’eccezione delle rotte gravate dal pubblico servizio, in cui vengono fissati
dall’Autorità.
• Obbligo di custodire i propri oggetti ed eventuali animali.
• Rispettare le formalità amministrative e doganali (Visti e documenti)
• Rispettare ordini e disposizioni di eventuali Comandanti di nave e aereo o conducente di un mezzo
pubblico.
• Rispetto dei regolamenti e delle istruzioni del vettore.

In termini di responsabilità del passeggero nei confronti del vettore, è disciplinata solo dal COTIF CIV, che
prevede una responsabilità colposa e illimitata. Negli altri trasporti ci si affida alla normativa generica sulla
responsabilità, rispondendo sempre in modo colposo e illimitato.

Il vettore

Gli obblighi del vettore

L’obbligo principale del vettore si desume dalla stessa definizione di contratto di trasporto: il trasferimento
del passeggero da un luogo ad un altro, secondo quanto previsto dall’ambito contrattuale. A questo obbligo
principale si affiancano tutta una serie di obblighi accessori e strumentali al trasferimento del passeggero:

• Protezione del passeggero, che si realizza attraverso la garanzia di un veicolo idoneo al trasporto:
veicolo con caratteristiche tecniche che garantiscono elevati standard di sicurezza.
• Compiere le operazioni di imbarco e sbarco.
• Trasporto del bagaglio del passeggero.
• Ove previsto, trasporto del veicolo del passeggero (traghetto).
• Ove previsto, alloggio e pasti (traghetto).
• Ove previsto, assistenza sanitaria.
• Ove previsto, emettere il biglietto del trasporto e rilasciarlo al passeggero.
• Ove previsto, assicurare la sua responsabilità per danni:
a) Al passeggero
b) Ai bagagli
c) Ove previsto, ai veicoli.
• Fornire informazioni al passeggero riguardanti:
▪ Il viaggio: Ora e luogo di partenza, Itinerario, Coincidenze, Luogo e ora di arrivo
▪ Eventi che alterano il normale svolgimento del viaggio:
• Cancellazioni
• Ritardi
• Coincidenze
▪ Identità del vettore operativo o vettore di fatto: nel senso che potrebbero esistere
due tipi di vettori:
• Vettore contrattuale (VC): vettore con cui stipulo in contratto
• Vettore Operativo (VO): vettore che svolge effettivamente il trasferimento.

Solitamente questi due coincidono, ma non sempre, (Es. Nel trasporto aereo vi
sono accordi e alleanze tra le Compagnie Aeree che fanno sì che non di rado i
passeggeri hanno stipulato il contratto con una compagnia A e viaggiano
effettivamente con la Compagnia B. In questi casi il vettore contrattuale (o
eventualmente l’agenzia di viaggio) deve comunicare l’identità del vettore di fatto
al fine di tutelare il passeggero facendogli sapere con chi viaggerà, facendolo salire
su un mezzo della Compagnia Aerea di sua fiducia). La normativa prevede che il
Vettore contrattuale comunichi chi è il Vettore Operativo il prima possibile e
possibilmente, alla stipula del contratto, in modo che il passeggero possa decidere
di non stipulare il contratto se non è d’accordo. Spesso l’identità del Vettore
Operativo potrebbe non essere nota al momento della stipula del contratto e allora
il Vettore Contrattuale è tenuto a comunicare l’identità del Vettore Operativo
appena questa diventa nota, e al più tardi al momento in cui il passeggero arriva in
aeroporto. Il passeggero, in seguito a questa comunicazione, può sciogliere il
contratto di trasporto e chiedere il rimborso. Difficilmente un passeggero che,
giunto in aeroporto, scopre la variazione del Vettore Operativo chiederà
l’annullamento del contratto e richiederà il rimborso.

• Corrispondere ai passeggeri un anticipo di pagamento nell’ipotesi in cui il passeggero o l’avente diritto


deve far fronte a esigenze economiche immediate a seguito della morte e di lesioni fisiche del
passeggero a causa di un incidente. Questo anticipo è previsto in tutte le modalità di trasporto eccetto
per l’autobus e presenta alcuni aspetti comuni a tutte le modalità:
▪ L’anticipo deve servire per far fronte a necessità economiche immediate a seguito della
morte o di lesioni personali al passeggero.
▪ Il pagamento non significa che ci sia un riconoscimento di responsabilità da parte del
vettore. L’anticipo viene corrisposto, prima ancora di sapere, se il vettore è o meno
responsabile.
▪ In caso di successiva dimostrazione della responsabilità del vettore, al risarcimento
dovuto dal vettore al passeggero, viene detratto l’anticipo di pagamento.
Esistono anche alcuni aspetti differenti a seconda della modalità di trasporto:

▪ Tempi dell’anticipo:
• Senza indugio
• Entro 15 gg
▪ Ammontare di questo anticipo: Minimo 16'000 diritti speciali di prelievo ad un massimo
di 21'000 diritti speciali di prelievo. I diritti speciali di prelievo (d.s.p.) sono un’unità
monetaria rappresentata dalla media delle monete che fanno parte del FMI. I d.s.p.
sono giornalmente convertiti nelle monete nazionali.
▪ Restituzione dell’anticipo: in alcune modalità l’anticipo dev’essere restituito se il
vettore dimostra la sua non responsabilità. In altri casi viene restituito se la morte o la
lesione del passeggero è stata causata da sua negligenza. Questo anticipo viene sempre
restituito se per caso, è stato pagato ad un soggetto che non aveva diritto ad ottenerlo
(errato erede in caso di morte).

Responsabilità del vettore

Le responsabilità del vettore riguardano vari aspetti:

1. Responsabilità per i danni subiti dalla persona del passeggero.


2. Responsabilità dei bagagli
3. Responsabilità per i danni al veicolo al seguito del passeggero.

La responsabilità per danni al passeggero

• Tipi di danni risarcibili: Le fonti normative contengono espressioni diverse tra loro, tutte parlano del
caso estremo (la morte), mentre la normativa si differenzia quando si entra nell’ambito delle
lesioni, che da alcune fonti vengono individuate in lesioni corporali (solitamente quelle fisiche,
verificabili da un medico), mentre altre normative parlano di lesioni personali (un concetto che ha
maggiore portata, sono un concetto più incerto, in quanto includono anche i danni morali, che
tuttavia a loro volta possono essere di diverso tipo). I danni risarcibili sono:
o Danni patrimoniali: Danno emergente e lucro cessante (solo quando la normativa lo
prevede o quando il vettore è a conoscenza del lucro cessante al momento della stipula).
o Danni non patrimoniali: Danno morale risarcibile solo se deriva da reato, comporta la
violazione dei diritti costituzionali o se previsto dalla normativa. Non rientra in questo
campo di applicazione i danni dovuti a vacanza rovinata. (Mentre sarà risarcibile nel
contratto di viaggio).
• Periodo di responsabilità: Per quanto il vettore è responsabile:
o Durante il periodo a bordo del veicolo.
o Durante le operazioni di imbarco e sbarco (Es. Il passeggero si fa male durante la procedura
di imbarco, anche nel caso che queste operazioni, siano svolte da un altro operatore).
o Non rientra nel periodo di responsabilità, quello in cui il passeggero è in attesa presso una
stazione passeggeri in attesa del veicolo (Es. Il passeggero scivola sul binario della stazione
passeggeri, per una mattonella rotta. Il responsabile è il gestore della stazione).
• Natura della responsabilità: Quali cause prevedono il risarcimento e quali sono gli esoneri:
o Responsabilità colposa: Il soggetto è responsabile se ha agito con colpa. Il vettore ha la
possibilità di esonerarsi solo se dimostra di aver adottato tutte le misure per evitare quel
danno.
o Responsabilità oggettiva: Il vettore risponde sempre, tranne alcuni esoneri che sono
espressamente previsti dalla normativa.
o Responsabilità mista: Ci può essere contestualmente una responsabilità colposa e una
oggettiva, questo è tipico della Convenzione di Montreal riferita ai voli internazionali. Essa
distingue l’ipotesi di danni alla persona del passeggero fino ad un massimo di danno di
113’100 diritti speciali di prelievo da quelli superiori, se i danni sono meno di questo limite
la responsabilità è oggettiva, quindi, il vettore risponde sempre di questo tipo di danni
senza potersi esonerare (Responsabilità molto gravosa), l’unica eccezione prevista è il caso
di concorso di colpa del passeggero. Cioè il caso in cui il passeggero ha concorso con il suo
comportamento a causare o peggiorare il danno (Es. Passeggero che non allaccia le
cinture). Per i danni > 113'100 d.s.p., la responsabilità diventa colposa, per il valore
eccedente. In questo caso il vettore può esonerarsi, dimostrando che ha adottato tutte le
misure di sicurezza per evitare il danno.
o Limite del debito: Il settore dei trasporti, presenta una forte presenza di questo istituto. E
questo prevede che un vettore debba risarcire fino ad un limite massimo individuato dal
limite del debito. Nel trasporto di persone sorgono dei dubi di costituzionalità circa il limite
al debito di risarcimento, in quanto non si può dare un limite alla vita o alla salute di una
persona, tanto è vero che le Convenzioni Internazionali che prevedono questo limite del
debito, generalmente lasciano agli Stati Contraenti la libertà di decidere se applicare un
limite più alto, o addirittura di non porre nessun limite. Tanto è vero che il limite del debito,
relativamente all’Italia, è presente solo nel trasporto marittimo, perché chiaramente qui il
numero di passeggeri può essere molto elevato (Crociere > 5000 pax), e in questo caso, una
Compagnia non potrebbe sopportare dei risarcimenti stratosferici neanche con i premi
assicurativi, quindi si giustifica la presenza di due limiti del debito, perché la Compagnia
marittima non è solo un vettore, ma è anche armatore (a seconda dei contratti stipulati), e
può decidere per quale limite optare:
▪ Limite vettoriale: a favore del vettore che è posto a 400'000 d.s.p. per passeggero
morto o infortunato.
▪ Limite armatoriale: è un limite pari a 175'000 d.s.p. * numero di passeggeri che la
nave è autorizzata a trasportare.

Vale sempre il principio per cui se la Compagnia ha agito con dolo o colpa grave, il limite del debito viene
meno, ed eventuali danni dovranno essere pagati per intero.

Responsabilità per danni al bagaglio

Bisogna distinguere due tipi di bagaglio:

• Bagaglio a mano (quello che si porta con sé) e bagaglio consegnato (al check-in)
• Bagaglio registrato e bagaglio non registrato: generalmente sono quelli consegnati.

Il bagaglio registrato è quello che supera certi pesi o volumi stabiliti dal vettore, e questo comporta un
sovrapprezzo per trasportarlo. Il bagaglio non registrato è quello che essendo entro i limiti imposti dal
vettore e quindi è trasportato senza sovrapprezzo.

A livello di responsabilità i bagagli che interessano sono il bagaglio a mano e il bagaglio consegnato. In
questo ambito le normative sono molto complesse, ma un principio comune prevede che la
responsabilità per un bagaglio consegnato è più gravante rispetto a quella sul bagaglio a mano, per il
fatto che il bagaglio consegnato è sotto la custodia del vettore. Relativamente a questo aspetto
abbiamo:
• Tipi di danni risarcibili: Danni da perdita completa del bagaglio, avaria e anche in caso di
ritardo. I danni da perdita e avaria si riferiscono sia ai bagagli consegnati che quelli a mano.
Mentre i danni per ritardo, si applicano solo al bagaglio consegnato. In quanto il bagaglio a
mano è sempre a disposizione del passeggero.
• Periodo di responsabilità: Per il bagaglio a mano la responsabilità va dall’imbarco allo sbarco,
di pari passo con quella della persona del passeggero. Per il bagaglio consegnati il periodo di
responsabilità si va dalla presa in consegna da parte del vettore, fino alla riconsegna al
passeggero.
• Natura della responsabilità: Vi è una responsabilità più gravosa per i bagagli consegnati.
o Es. Convenzione di Montreal:
▪ Bagaglio a mano: Responsabilità colposa
▪ Bagaglio consegnato: C’è una responsabilità oggettiva più gravosa, e il vettore
si libera solo in caso di esoneri previsti dalla normativa.
• Limite del debito:
o Bagaglio a mano: Limite più basso
o Bagaglio consegnato: Limite più elevato

Ci sono delle ipotesi in cui il limite del debito viene superato:

• In caso di dolo e colpa grave del vettore.


• Accordo o atto unilaterale del vettore.
• Dichiarazione del valore, prima della partenza.

Responsabilità per danni ai veicoli

Fenomeno che troviamo soprattutto nel trasporto marittimo (Traghetti). Per quanto riguarda i primi 3 punti
che caratterizzano la responsabilità:

• Tipi di danni risarcibili


• Periodo di responsabilità
• Natura della responsabilità

È uguale al regime di responsabilità per danni ai bagagli consegnati.

• Limite del debito: a seconda delle varie Convenzioni possiamo avere dei limiti diversi.
o Nel trasporto marittimo grazie alla PAL, il limite massimo è 12'700 d.s.p., ed è una grande
conquista, perché in passato ci si faceva al Codice della Navigazione, e quindi il veicolo
doveva essere fatto rientrare come un’unità di carico, e quindi rientrava nel regime di
trasporto di cose, il cui limite è circa 103€ (Chiaramente non sufficienti a risarcire danni ad
un veicolo del passeggero). Per altri il veicolo doveva essere assimilato al bagaglio
consegnato, per il quale il Codice della Navigazione prevedeva un limite pari a 6€ al kg
(Anche in questo caso non sempre sufficiente). La PAL inserendo questo limite massimo ha
permesso un limite consono.
o Nel trasporto ferroviario, con la Convenzione COTIF CIV, ci si è avvicinati ai limiti del debito
più precisi. La Convenzione prevede limiti diversi e accurati a seconda che i danni
riguardino perdita del veicolo, e danni da ritardo, così come danni riferiti ad oggetti interni
o esterni.
o Nel trasporto aereo e autobus non ci sono previsioni, essendo questi fenomeni molto rari.
Le Convenzioni non tutelano i disagi e i danni che i passeggeri possono subire durante l’attesa nelle stazioni
passeggeri, in quanto il loro veicolo, è stato soppresso oppure è in ritardo. Il legislatore dell’UE interviene
con appositi regolamenti per disciplinare questo aspetto.

Vettore -> Misure a tutela dei passeggeri: Il vettore è soggetto ad una serie di obblighi da adottare per
tutelare i passeggeri e questi eventi sono:

• Cancellazione del mezzo di trasporto: per cancellazione si intende non solo la soppressione del
mezzo, ma si intende il caso in cui, un mezzo di trasporto è partito ma per motivo tecnico il veicolo
è stato costretto a tornare nel luogo di partenza (Es. Avaria su aereo).
• Ritardo: Si intende un ritardo prolungato nel tempo, in quanto un breve ritardo deve essere
tollerato e non dà nessun diritto di tutela per il passeggero. La durata minima del ritardo, per avere
dei diritti è indicata nella normativa relativa all’ambito a cui ci riferiamo.
• Negato imbarco: l’ipotesi in cui un passeggero, che ha acquistato un biglietto per quel determinato
mezzo, ma non viene imbarcato sul veicolo in partenza.

Per poter avere diritto a queste tutele, sono necessari altri due presupposti:

• Essere in possesso di un regolare biglietto


• Arrivare puntuale presso la stazione passeggeri, per poter accedere al viaggio.

Se questi presupposti sono rispettati, i passeggeri hanno i seguenti diritti:

1. Compensazione pecuniaria: Il passeggero ha diritto ad un rimborso forfettario (prefissato), per


compensare i suoi disagi ed eventuali danni presunti dal ritardo/cancellazione/negato imbarco che
ha subito, senza dover dimostrare questi danni. La finalità è quella di garantire ai passeggeri di
ottenere un ristoro, senza dover passare attraverso azioni legali, che sarebbero molto onerose e
lunghe.
a. Gli aventi diritto saranno tutti i passeggeri che non sono riusciti ad usufruire del veicolo.
b. La compensazione è dovuta nel caso di:
i. Cancellazione
ii. Ritardo (è espresso nei regolamenti di tutti i metodi di trasporto, tranne nel caso
del trasporto aereo, tuttavia, la Corte di Giustizia Europea “Sentenza Sturgeon” ha
affermato che se i passeggeri arrivano con un ritardo > 3 ore, i passeggeri hanno
comunque diritto alla compensazione).
iii. Negato imbarco

Questi regolamenti sollevano dei dubbi interpretativi su diverse questioni, ad


esempio, riguardo ai voli in coincidenza ed ai voli nell’ambito di pacchetti turistici.
Generando dei dubbi anche per i passeggeri, nell’individuare i propri diritti.

c. I casi in cui la compensazione non è generalmente dovuta:


i. Nel caso in cui il vettore avvisa il passeggero, prima dell’acquisto del biglietto o con
dovuto anticipo, circa la cancellazione del mezzo o del suo ritardo. Questo perché
se io sono a conoscenza di questo problema, ho la possibilità di agire pre-
contrattualmente, se invece il contratto è già stato stipulato, ma viene avvisato in
anticipo, il passeggero ha comunque il tempo per organizzarsi evitando i disagi.
ii. Situazioni eccezionali fuori dal controllo del vettore. Senza che il vettore possa
porre in atto, delle misure risolutive (Es. Chiusura spazio aereo, birds strike).
iii. Mancato imbarco imputabile al passeggero (Concorso di colpa del passeggero). Ad
esempio, quando il passeggero si presenta in ritardo o non si presenta proprio
all’imbarco.
iv. Nel caso in cui venga offerta un’alternativa per proseguire il viaggio (Solo nel caso
di trasporto su autobus).
d. Ammontare della compensazione pecuniaria:
i. Solitamente è rapportata percentualmente al prezzo del biglietto.
ii. Può essere rapportata alla lunghezza della tratta (Nel trasporto aereo).
e. Modalità di pagamento della compensazione:
i. Nel trasporto aereo generalmente la compensazione avviene in contanti, e previo
accordo scritto, può essere elargito in buoni e servizi.
ii. Negli altri tipi di trasporto (escluso quello aereo), la compensazione generale
avviene attraverso buoni e servizi, e solo su richiesta si può richiedere il compenso
in contanti. Il problema di questa modalità è che spesso il passeggero non lo sa.
f. Tempistica della compensazione pecuniaria:
i. Entro 1 mese dalla richiesta, in linea generale. Questo comporta l’inconveniente
che il passeggero debba fare una richiesta presso il servizio clienti (Diritto che
spesso è ignorato dai passeggeri).
ii. Nel caso di negato imbarco nel trasporto aereo, la compensazione deve essere
erogata immediatamente, chiaramente non è applicabile ad una nave dove il
numero di passeggeri a cui è stato negato l’imbarco potrebbero essere migliaia.

2. Offerta di alternativa: Nel momento in cui si verifica uno degli eventi sopradescritti, il passeggero
oltre alla compensazione, ha diritto ad un’alternativa che può essere il rimborso (diverso rispetto
alla compensazione) oppure può avere diritto alla continuazione del viaggio su un altro mezzo.
a. Continuazione del viaggio su altro mezzo: Nei regolamenti si dice che il vettore ha il dovere
di offrire al passeggero delle condizioni di trasporto simili o comparabili al trasporto
originario, questo concetto di condizioni simili e comparabili porta ad una serie di dubbi, su
ciò che sia simile (Es. Se viaggio in prima classe mi spetta una prima classe anche sul nuovo
mezzo), più complesso è fino a che punto si deve spingere il vettore. I dubbi che si vengono
a creare:
i. Obbligo del vettore di rivolgersi a vettori concorrenti o ricercare soluzioni in altre
modalità (Es. Il volo Milano-Roma delle 16:00 viene annullato, il vettore può
proporre di imbarcare il passeggero, sul volo della stessa Compagnia delle 18:00. Se
invece il volo successivo per quel giorno non c’è, ma è presente il volo di una
compagnia concorrente. Il vettore deve chiedere alla compagnia rivale se ha dei
posti disponibili, per soddisfare il passeggero? La normativa non lo specifica, così
come non specifica se il vettore debba cercare un’alternativa su un mezzo diverso.
ii. Possibilità del passeggero di provvedere da sé chiedendo rimborso delle spese:
anche in questo caso ci sono forti dubbi, in quanto non sono trattate dalla
normativa.
iii. Tempistica: entro cui mi deve essere offerta l’alternativa.
Potrebbe accadere che in quel contesto non ci sia un mezzo alternativo, oppure
che il passeggero non abbia interesse a prendere un mezzo alternativo (Es. In caso
ormai è venuto meno il motivo per cui dovevo viaggiare, o perché ormai ho perso
la coincidenza del mezzo successivo. In questi casi, scatta la seconda tipologia di
offerta alternativa.
b. Rimborso del prezzo del biglietto: diritto del passeggero ad ottenere il rimborso del prezzo
del biglietto.
i. Presupposto: Non sia stata offerto un trasporto alternativo o l’alternativa non era
utile per il passeggero.
ii. Modalità: Il passeggero deve ottenere indietro il prezzo pieno del biglietto
comprese le parti del viaggio non effettuate o divenute inutili (Es. Tasse portuali,
costi delle coincidenze).
iii. Le modalità di rimborso: avvengono in contanti, o previo consenso del passeggero,
in buoni e servizi (L’unica eccezione in cui avviene viceversa è il trasporto
ferroviario).
iv. La tempistica: da 7 giorni ad 1 mese a seconda delle modalità.

3. Assistenza:
a. I casi in cui è sempre dovuta anche in circostanze eccezionali non imputabili al vettore,
quindi, anche nell’ipotesi di chiusura dello spazio aereo etc., e prendersi cura del
passeggero.
b. I casi in cui non è dovuta (solo nel trasporto marittimo):
i. Nel caso in cui il vettore comunica il problema prima dell’acquisto del biglietto,
quindi, prima che si stipuli il contratto di trasporto.
ii. Colpa del passeggero (concorso di colpa).
iii. Nel caso del biglietto aperto, cioè nel caso in cui io ho libertà di prendere qualsiasi
veicolo (Abbonamento mensile), questo perché il vettore non ha la certezza che
effettivamente il passeggero sarebbe salito su quel treno.
c. Misure a favore del passeggero:
i. Fornire a titolo gratuito pasti e bevande consoni alla durata del disagio. La
normativa è molto superficiale, e non specifica se esse debbano essere fornite in
modo diretto, o il passeggero possa provvedere da sé e richiedere il rimborso.
ii. Sistemazione alberghiera.
iii. Trasferimento gratuito tra la stazione passeggeri e la struttura ricettiva. Queste
misure sono previste anche in caso di circostanze eccezionali non imputabili al
vettore, quindi, queste misure di ristoro potrebbero tradursi in un grave impegno
economico. (Es. Nel 2017, a causa dell’eruzione del vulcano islandese si fermò per
giorni il traffico aereo europeo, molte compagnie soffrirono delle crisi economiche,
per supplire alle misure a favore dei migliaia di passeggeri bloccati negli aeroporto),
per questo nei regolamenti sul trasporto marittimo e stradale, che sono successivi
al trasporto aereo, è previsto un massimo di notti e un ammontare massimo per
notte in modo da equilibrare sia le esigenze del paziente, che quello del vettore.
iv. Solo nel trasporto aereo, erano previste anche 2 telefonate o telex o fax o emails,
che tuttavia negli ultimi regolamenti sono venute meno.
4. Risarcimento di ulteriori danni: Che non c’entra con la compensazione pecuniaria, in quanto essa è
sempre dovuta senza che venga dimostrata. Tuttavia, potrebbe accadere che un passeggero
subisca un danno molto maggiore, rispetto a quello presumibile in via generale (Es. Una persona
non riesce ad utilizzare dei medicinali e avere problemi di salute), e quindi per questo danno può
avere un ulteriore risarcimento, se sussistono i seguenti presupposti:
a. I danni devono essere provati nell’esistenza e nell’ammontare.
b. Nel caso di ritardo, il passeggero deve dimostrare che realmente avrebbe preso quello
specifico mezzo, quindi, non vi è questa possibilità in caso di biglietti autobus o
abbonamenti.
Regime di responsabilità: Bisogna analizzare le normative internazionali e nazionali sul totale
inadempimento o ritardato inadempimento.
Vi è inoltre la possibilità di detrazione della compensazione pecuniaria, dal risarcimento totale che
viene stabilito.

Negato imbarco: è un fenomeno tipico del trasporto aereo, molto più raro negli altri modi di
trasporto. Il concetto di negato imbarco può essere l’overbooking (La vendita di una % di posti
venduti superiore alla capienza del mezzo, perché per probabilità, quella percentuale non si
presenterà all’imbarco) ed altri casi di negato imbarco.
Altri casi sono quelli in cui la Compagnia ha venduto meno biglietti di quelli attesi (Es. 130 Tickets su
una capienza di 300 posti, e per non viaggiare con una capienza 50%, decide di impiegare un mezzo
più piccolo da 100 posti, negando l’imbarco di 30 persone).

È ammesso l’overbooking, perché garantisce l’incremento delle offerte e l’abbattimento dei prezzi.
Trovando vantaggi sia per il vettore che per i passeggeri. Il problema sorge quando il vettore si
accorge di non poter imbarcare tutti i passeggeri previsti. In questo caso la procedura normativa
prevede:
• Cercare dei passeggeri volontari a posticipare la partenza (Fornendo una serie di benefici).
• Criteri di scelta (Precedenza di imbarco delle persone con mobilità ridotta e bambini non
accompagnati).
• Per i passeggeri che non dovessero trovare comunque spazio sul volo, e che si vedono
negare l’imbarco, hanno diritto a tutte le misure viste sopra.

TRASPORTO DI COSE

Contratto e i documenti del trasporto di cose.

La forma del contratto:

• Non è mai richiesta essere scritta ad substantiam.


• Ad probationem è prevista per il trasporto marittimo ed aereo che sono regolati dal Codice della
Navigazione. Tuttavia, come succede nel trasporto di persone, vengono emessi dei documenti che
servono per provare il contratto di trasporto. Per questo nel trasporto di cose, si sono sviluppati
una serie di documenti tradizionali, che non sono un contratto, ma riproducono buona parte del
contenuto del contratto e ne fanno prova.

Documenti tradizionali

• Polizza di Carico (Bill of Landing)


• Lettera di trasporto aereo (Air Waybill)
• Lettera di vettura ferroviaria (Rail Waybill)
• Lettura di vettura stradale (Riad Waybill)

Anche in mancanza di questi documenti o di loro irregolarità, il contratto è comunque valido, provandolo in
modo diverso. A meno che non si tratti del trasporto marittimo o aereo, in cui è necessario dimostrare in
modo scritto l’esistenza del contratto. Nel corso del tempo questi documenti si sono evoluti, per tenere
conto di diverse necessità. In particolare, nel trasporto marittimo sono stati affiancati alla polizza di carico:

1. La lettera di trasporto marittimo che è alternativa alla polizza di carico, con una serie di
problematiche che la hanno resa poco utilizzata.
2. Polizze specifiche per certi tipi particolari di trasporti marittimi (Es. Nei trasporti di linea si usa la
liner bill of landing, e per i container la container bill of landing etc.).
3. Polizza di carico elettronica.
Tutti questi documenti creano alcune problematiche:

I. Le normative che regolano il contratto di trasporto sono spesso risalenti nel tempo, e si riferiscono
ai documenti cartacei, di fronte alla smaterializzazione dei documenti elettronici, nasce il problema
di capire se la normativa è ancora adatta a regolamentare questo fenomeno. È da dire che alcune
Convenzioni riportano termini abbastanza generici, (Es. La Convenzione di Montreal parla di “altri
mezzi” oltre alla Lettera di trasporto aereo per dimostrare il contratto di trasporto, e lo stesso
avviene in ambito marittimo con la Convenzione Visby dove si definisce la possibilità di utilizzare
documenti “simili” alla polizza di carico).
II. Il valore probatorio di un documento firmato elettronicamente. In quanto la firma cartacea ha
ancora un valore riconoscibile e verificabile certo. Il problema si pone quando si appongono delle
firme elettroniche, che rischiano di rimanere senza valore, o soprattutto potrebbero essere
falsificate facilmente, e quindi non si può verificare l’origine del documento. In questo ambito
abbiamo alcuni tipi di firme elettroniche (Firme forti) che sono riconosciute dal nostro
ordinamento, mentre per le firme “deboli”, sarà eventualmente un giudice a deciderne il valore.

Le funzioni dei documenti sono:

1. Costituire prova della conclusione del contratto di trasporto. Dire che un contratto è concluso dal
punto di vista giuridico, significa dire che esso è stato firmato.
2. Costituire prova della presa in consegna (caricazione) della merca su un mezzo di trasporto. Quindi
il mezzo mi serve per dimostrare che il vettore effettivamente ha caricato la merce sul mezzo.
3. Individuazione dell’avente diritto al carico, quindi, avente diritto alla restituzione della merce. Il
documento mi serve per sapere chi è il destinatario, quindi, chi è la persona che ha il diritto di
ricevere la merce.

Modalità di emissione dei documenti:

• Il documento è compilato in via generale dal vettore, sulla base dei dati sulle merci che sono fornite
dal mittente, o dal caricatore (nel trasporto marittimo).
• Le normative indicano quanti debbano essere gli originali e le copie disponibili. Tuttavia, questo
numero è variabile, sulla base della normativa a cui ci riferiamo.

Il contenuto del documento: Facendo prova del contratto di trasporto esse devono essere contenere le
informazioni che rimandano ad esso.

• Soggetti coinvolti: Vettore, mittente e destinatario.


• Trasporto: Luogo di presa in consegna, caricazione, scaricazione, riconsegna, itinerario, prezzo,
documenti doganali. Soprattutto nel caso di trasporti più complessi.
• Carico: Numero dei colli, quantità, qualità, merce, peso, natura, riserve. Chiaramente queste
informazioni devono essere controllate, da chi riceve il carico. Nel caso in cui si dovessero
riscontrare delle differenze, chi riceve il carico inserirà delle annotazioni sul documento, che
prendono il nome di riserve.
• Documento: Informazioni riferite al documento stesso. Luogo e data di emissione, numero di
originali, ed eventuali negoziabilità.

Le informazioni indicate nel documento, hanno una grande rilevanza:

• I nomi del vettore e del destinatario permettono l’individuazione del vettore come responsabile e
del legittimo destinatario. Queste informazioni sono fondamentali a scopo di responsabilità. Se le
merci arrivano a destinazioni perse o rovinate, ci deve essere un responsabile, per i danni subiti dal
carico. Il nome del destinatario è altrettanto importante, per sapere a chi deve essere riconsegnato
il carico.
• I dati relativi al trasporto (arrivo e partenza), sono fondamentali per individuare la normativa
applicabile. Perché le Convenzioni Internazionali si applicano ad esempio se sono coinvolti due stati
contraenti. Quindi permette di capire se il trasporto è nazionale o internazionale, e nel caso in cui
sia internazionale, ci permette di capire se si applica una certa convenzione.
• I dati relativi allo stato delle merci servono per conoscere la situazione delle merci in partenza
(Quanti colli sono stati consegnati, quanto peso etc.) e all’arrivo se il destinatario ritiene che ci
siano stati delle perdite o dei danni, si effettuerà un controllo tra quanto è arrivato e lo stato delle
merci dichiarato in partenza. Qui giocano un ruolo fondamentale le riserve, perché se il mittente
dichiara 10 colli, ma ne imbarca 8, all’arrivo il destinatario può richiedere il danno per la perdita di 2
colli, a meno che il vettore non abbia fatto un’apposita riserva, circa i 2 colli mancanti.

Polizza di carico (Bill of Lading)

È il principale documento del trasporto marittimo, che accompagna i carichi di merce via mare. La
peculiarità che la differenzia dagli altri documenti di trasporto, è che è un titolo di credito rappresentativo
delle merci, ed è un titolo di credito negoziabile. Si comporta come un titolo di credito, il suo possesso
equivale al possesso delle merci stesse. Quindi chi ha in mano la polizza può ottenere la riconsegna delle
merci. Come titolo di credito, si comporta come le normali girate: Un soggetto che ha il possesso della
polizza può girarla ad un altro soggetto. Questo può servire perché sottostante al trasporto marittimo,
spesso vi è un contratto di compravendita. Se la merce venisse venduta durante il trasporto via mare (che
spesso avveniva nei trasporti molto lunghi), il primo possessore della merce (venditore) gira la polizza
all’acquirente (che andrà a prendere la merce a destinazione), a sua volta l’acquirente potrebbe
nuovamente girare la polizza di carico ad un nuovo acquirente e venderla ulteriormente. Questi passaggi
normalmente avvengono tramite l’ausilio di una banca, per questo si parla di negoziazione della polizza di
carico. Tutto questo porta ad una serie di inconvenienti legati alla polizza di carico cartacea, che viene
prodotta in più originali, e succede che nel momento in cui la polizza è stata emessa dal caricatore al
vettore e deve arrivare al destinatario, (peggio ancora se nel mezzo ci sono una serie di girate), sussistono
dei rischi di smarrimento, duplicazioni, perdita, contraffazioni o casi in cui la nave arriva a destinazione
prima che la polizza sia nelle mani del destinatario. Per questo la polizza di carico cartacea, presenta una
serie di inconvenienti tecnici. Si è cercato nel corso del tempo delle soluzioni:

• La creazione della lettera di trasporto marittimo, che tuttavia non è negoziabile, quindi, il suo
possesso non comporta il possesso della merce e neanche la sua consegna. Non potendo essere
usata per più compravendite, non viene molto usata.
• Polizza elettronica (un semplice file che viene trasmesso via e-mail), questo ha creato un grande
inconveniente, che il file può girare ovunque, senza trovare un originale. Quindi mancando
l’unicità del documento, non può essere un documento negoziabile, quindi, non si può ottenere la
consegna della merce.
• Oggi si sta andando verso un nuovo tipo di documento che è la blockchain bill of lading, cioè una
piattaforma dove grazie ad un meccanismo informatico molto complesso permette la creazione di
una polizza di carico elettronica una volta inserita diventa immodificabile, quindi, mantiene la sua
unicità.
LE PARTI CONTRATTUALI DEL CONTRATTO DI TRASPROTO

La figura dell’avente diritto al carico.

Il contratto di trasporto viene stipulato tra il vettore e inizialmente, con il caricatore/mittente.

I diritti del caricatore/mittente sono:

• Diritto speculare all’obbligo del vettore di trasferire e riconsegnare il carico, nello stesso stato in cui
è stato ricevuto.
• Diritto di contrordine, cioè durante il trasporto, il mittente può chiedere al vettore di
restituirgli/fermare il trasporto ed ottenere la restituzione della merce, sia nel luogo di partenza,
che riconsegnarle in un luogo intermedio, oppure può richiedere di consegnarle nella stessa
destinazione ma ad un differente destinatario. Il diritto di contrordine è collegato strettamente alla
compravendita del carico, se il destinatario/acquirente non paga la merce, chiaramente il mittente
chiederà che la merce non venga consegnata a quel destinatario, oppure se la merce viene
venduta, il mittente ordinerà al vettore di consegnarla ad un altro destinatario. Questo diritto
prevede però che il mittente debba pagare al vettore, tutte le spese che il vettore sopporta per
rispettare questo contrordine. Inoltre, il diritto di contrordine si può esercitare soltanto se il
contrordine non reca alcun pregiudizio al vettore o ad altri mittenti (Sullo stesso mezzo, potrebbero
esserci merci appartenenti a più mittenti Es. Nave Container). Nel trasporto marittimo, dove la
polizza è un titolo di credito negoziabile, le funzioni di contrordine sono svolte dalla polizza stessa,
non c’è bisogno che il mittente dica al vettore di consegnare ad un differente destinatario, in
quanto solo chi è in possesso della polizza di carico, può ritirare la merce. Negli altri metodi di
trasporto dove le lettere di trasporto non sono negoziabili, il diritto non è automatico.

Obblighi del caricatore/mittente:

• Il caricatore/mittente dovrà pagare il prezzo del trasporto, o all’inizio da parte del mittente (Porto
Franco o affrancato) o all’arrivo da parte del destinatario, sulla base di ciò che è stato contrattato.
• Consegnare le merci al vettore, secondo quanto contrattato.
• Sul mittente/caricatore potrebbe gravare anche l’obbligo di caricare e stivare le merci, questo varia
molto sulla base di cosa si è contrattato e il tipo di mezzo (Es. Solitamente su una nave se ne
occupa il vettore con l’equipaggio, mentre in caso di un camion la caricazione potrebbe spettare al
mittente).
• Obbligo di comunicare tutti i dati che si riferiscono al trasporto e soprattutto che si riferiscono allo
stato, natura e dettagli della merce.
• Obbligo di consegna dei documenti doganali e sanitari che accompagnano le merci. (Soprattutto in
caso di trasporti Extra-UE).

In caso di mancato ottemperamento degli obblighi: spettano delle responsabilità per il mittente.

• Se il mittente/caricatore, ad esempio, non comunicasse la pericolosità delle merci, potremmo avere


due conseguenze:
o Danni alle merci (Es. Il vettore rompe dei materiali fragili, per mancanza di informazioni da
parte del mittente) è chiaro che il vettore non ne risponde (Concorso di colpa del mittente).
o Le merci potrebbero causare danni al vettore per il mancato adempimento degli obblighi
del mittente, sarà il mittente a pagare i danni al vettore. (Es. Merci pericolose non
dichiarate, esplodono durante il viaggio, i danni dovranno essere risarciti dal mittente). Per
quanto concerne il campo di responsabilità del mittente, molte normative non la
disciplinano e conseguentemente ci si rifà ai principi generali della responsabilità.
Nel trasporto marittimo invece, le regole dell’Aja-Visby, in caso di merce pericolosa, la
responsabilità del caricatore è una responsabilità oggettiva (molto gravosa, in quanto si
risponde sempre). Per i danni riguardanti altre merci oltre quelle pericolose, il caricatore
risponde con una responsabilità colposa del caricatore. In entrambi i casi la responsabilità è
illimitata, (Non c’è beneficio del limite del debito).

La figura del destinatario: Il contratto di trasporto si stipula tra mittente e vettore in favore di un terzo, che
è il destinatario, che nella seconda fase del contratto acquisisce i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto
stesso. I sui diritti sono:

• Ottenere la riconsegna del carico.

I sui obblighi:

• Pagamento del prezzo del trasporto, se così pattuito (Porto assegnato).


• Spesso essendo il destinatario anche l’acquirente, oltre ad un eventuale costo del trasporto,
sicuramente dovrà pagare il costo delle merci stesse.
• Pagamento dei diritti gravanti sulle merci.

Nel caso in cui il destinatario non si presenta alla consegna delle merci o è inadempiente agli obblighi. A
questo punto il vettore non riconsegna la merce al destinatario, la scarica e su indicazione e spese del
mittente le deposita in un magazzino.

Il vettore: è la figura che viene maggiormente regolamentata.

Obblighi:

• Antecedenti all’inizio del viaggio:


o Messa a disposizione di un veicolo idoneo al trasporto. Per idoneità si intende sia a livello
tecnico (Sicuro) ma anche un’idoneità commerciale (Es. Una stiva refrigerante).
o Caricazione e stivaggio delle merci
o Il vettore è obbligato ad avere una assicurazione (è imposto solo dalla Convenzione di
Montreal, quindi, nel trasporto aereo), ma è una pratica che viene utilizzata anche quando
non è obbligatoria.
• Durante il viaggio:
o Effettuare il trasporto
o Custodia delle merci. Assicurarsi che arrivino a destinazione nello stesso stato in cui sono
state caricate.
• Termine viaggio:
o Scaricazione delle merci (Nel caso in cui non spetti al destinatario).
o Riconsegna delle merci.
o Riscossione degli assegni.
o Provvedere alle formalità doganali e amministrative che potrebbero essere richieste al
vettore stesso.

Il mancato rispetto di questi obblighi in capo al vettore può causare una serie di responsabilità.

• Responsabilità per (totale) inadempimento: Il vettore non avvia il trasporto, quindi,


l’inadempimento è totale.
▪ Le Convenzioni Internazionali non regolano questo tipo di inadempimento.
▪ Il Codice Civile si applica per i trasporti terrestri, dove il vettore avrà una
responsabilità colposa e illimitata.
▪ Codice della Navigazione per ambito marittimo e aereo, in particolare solo nel
trasporto aereo, il vettore sarà responsabile in modo colposa e limitata a 19 d.s.p.
per Kg di merce trasportata.
• Responsabilità per inadempimento tardivo: Il vettore esegue il trasporto ma in ritardo (Partenza
e/o consegna).
▪ Il ritardo viene definito, come un periodo oltre quello pattuito nel contratto. Se il
contratto non indica un parametro per la consegna, si tiene in considerazione un
tempo generico applicabile a quel tipo di contesto (Es. Un pacco da Milano a Roma,
non può metterci più di un paio di giorni).
▪ Le conseguenze del ritardo:
• Danni al carico: Il mittente consegna della merce deperibile, che a causa
del ritardo si rovina e non è più utile. Questo caso ricade nella terza
fattispecie della responsabilità cioè quella relativa ai danni al carico.
• Perdite di profitto: Il mittente potrebbe sopportare delle perdite di profitto
(Es. Un carico di quadri da esporre durante una mostra, arrivano integri ma
in ritardo, con la mostra finita, questo ha causato una perdita di profitto.
Per questa tipologia alcune normative definendo le conseguenze del
ritardo, non si riferiscono ai danni al carico da ritardo, ma alle perdite di
profitto. Se invece la normativa non menziona i danni da ritardo, resta il
dubbio che questo tipo, di conseguenza, sia risarcibile o meno. Nel nostro
ordinamento c’è il principio per cui sono sempre risarcibili, se il vettore ne
era a conoscenza al momento della presa in consegna.

Responsabilità del vettore per danni al carico (perdita, o danneggiamento):

o Tipi di danni risarcibili:


▪ Perdite totali o parziali del carico (Es. Furto o un carico che non arriva a
destinazione o ci arriva in parte)
▪ Carico avariato
▪ Carico in ritardo
o Periodo della responsabilità:
▪ In via generale la responsabilità del vettore ricomprende il periodo tra la presa in
consegna delle merci fino alla riconsegna delle merci stesse (Comprese operazioni
di handling=movimentazione su banchine o stazioni). Se il vettore si avvale di
fornitori terzi per le operazioni di handling, risponde comunque per questi periodi.
o Natura della responsabilità e cause di esonero:
▪ Una peculiarità del trasporto marittimo è la presenza dei pericoli eccettuati
(Excepted perils), sono delle cause di esonero, per la responsabilità del vettore. Sia
l’Aja-Visby che il Codice della Navigazione elencano queste cause che sono:
• Pericoli del mare (Mareggiata, Tsunami, Incendio, Guerra, Sequestro della
nave).
• Fatti imputabili al caricatore (Vizi della merce non noti, insufficienza degli
imballaggi).
Questi sono tutti eventi, per il quale il vettore non ha controllo. Tuttavia, all’interno
di questo elenco c’è un pericolo particolare, che è la colpa nautica (diversa dalla
colpa commerciale). La colpa nautica è un errore del vettore nella navigazione e
nell’amministrazione tecnica della nave (Es. Errore di manovra o di lettura della
carta). La colpa nautica, a differenza dai precedenti casi, è causata dal vettore. Se
esiste colpa nautica il vettore, solo nel trasporto di cose si esonera, quindi, non
risarcisce per nulla i danni arrecati, nonostante li abbia creati. La colpa nautica, per
questa sua peculiarità è oggi fortemente criticata (Perché si permette al vettore di
esonerarsi). La colpa nautica è un istituto storico del diritto marittimo presente fin
dal 1920, e riprodotto nel Codice della Navigazione, introdotto in un periodo in cui
la navigazione era molto pericolosa. Certamente il vettore risponde invece per
colpa commerciale (Es. Non ha manutenzione le stive, non le ha refrigerate al
punto giusto).
o Il limite del debito: Nel trasporto di cose, il limite del debito non pone alcun problema. Il
vettore che deve risarcire, vede il suo risarcimento limitato, a seconda della normativa di
riferimento. All’interno di ciascuna normativa, sia essa nazionale o internazionale troviamo
delle tabelle indicanti dei limiti di debito. Che vengono meno in caso di dichiarazione del valore
delle merci o in caso di dolo o colpa grave.

Constatazione dei danni (reclami): Se il destinatario o l’avente diritto al carico intende richiedere il
risarcimento dei danni, deve avanzare un reclamo verso il vettore. Le normative prevedono diversi tempi
necessari per la formulazione. In linea generale:

o Per i danni apparenti: il reclamo deve essere presentato dal destinatario o dall’avente
diritto al carico, al vettore, appena il danno viene constatato.
o Per i danni non apparenti: Appena constatati e al massimo entro un prefissato numero
di giorni dalla riconsegna delle merci, che è indicato nelle varie normative.
o Il reclamo deve avvenire in forma scritta.
o Accertamento del danno in contraddittorio tra il vettore ed il destinatario.
o In caso di mancato o tardivo reclamo, dipende dalle varie normative. In alcuni casi il
mancato o tardivo reclamo porta all’estinzione del diritto risarcitorio. Altri testi
normativi prevedono una modifica dell’onere della prova, in questi casi diventa più
difficile per il destinatario dimostrare un eventuale danno, in quanto si presume che se
il reclamo non è stato fatto nell’immediato, le merci sono state consegnate integre.

IL TRASPORTO MULTIMODALE

Il trasporto multimodale viene spesso definito con molti sinonimi: trasporto door-to-door, trasporto misto,
trasporto intermodale. Tuttavia, il trasporto multimodale giuridicamente è definito come il trasferimento di
merci, mediante almeno 2 diverse modalità di trasporto, trasferimento che avviene mediante un unico
contratto di trasporto e un unico soggetto che si assume l’onere di trasferire il carico da un luogo ad un
altro.

Gli elementi caratterizzati del trasporto multimodale:

o Pluralità delle tratte, queste tratte però devono essere rilevanti, cioè non deve essere una tratta
accessoria ad un’altra. Sotto questo punto di vista, il trasporto multimodale, si differenzia dal
trasporto accessorio, che assomiglia al trasporto multimodale, ma si differenzia perché una delle
tratte è accessoria all’altra (Es. Nel trasporto aereo, i passeggeri vengono movimentati dal gate
all’aereo con un bus, che tuttavia è accessorio al trasporto aereo, non è un trasporto a sé stante, e
non si applicano le normative del diritto stradale).
o Presenza di un unico contratto, quindi, l’avente diritto al carico non stipula più contratti di
trasporto, ma ne stipula uno solo con un unico soggetto vettore.
o Responsabilità di un unico soggetto che si assume le responsabilità derivanti dal trasporto. Anche
nel caso in cui il vettore multimodale si avvalga di un sub-vettore. In ogni caso, anche se il vettore si
avvale di sub-vettori, risponde delle responsabilità che avvengono sull’intero percorso.
Chiaramente in questa seconda opzione, risponde verso l’avente diritto al carico, però poi si rivarrà
sul vettore unimodale (sub-vettore responsabile).

Il contratto di trasporto multimodale si differenzia rispetto, ad altri tipi di contratto, che sembrano simili,
ma si differenziano per alcuni elementi fondamentali, ad esempio:

• Il trasporto con pre-spedizione e il contratto con rispedizione

Innanzitutto, è necessario una nuova figura presente nel mondo dei trasporti:

o Il vettore è la figura che si obbliga al trasferimento delle merci e si assume la responsabilità per i
danni al carico.
o Lo spedizioniere è colui che organizza una spedizione, e sceglie uno o più vettori e conclude in
nome proprio e per conto e nell’interesse del proprio mandante (mittente), un contratto di
trasporto e inoltre è tenuto compiere le operazioni accessorie necessarie. Inoltre, esso è tenuto a
svolgere tutte le pratiche accessorie amministrative e doganali. Lo spedizioniere, tuttavia, non
assume responsabilità legate al trasporto del carico, quindi, è una figura diversa dal vettore. Lo
spedizioniere non risponde dei danni al carico, ma sceglie i vettori, stipula con loro dei contratti di
trasporto, organizzando la spedizione e adempiendo alle pratiche accessorie.

In concreto, mettiamo che vi siano due tratte di trasporto, una marittima e una ferroviaria. La
compagnia marittima che dispone della propria nave, nella prima tratta svolge la figura di vettore in
quanto utilizza la propria nave per il trasporto del carico. Nella seconda tratta ferroviaria, la
Compagnia di navigazione marittima (non avendo treni), si rivolge e affida ad una compagnia
ferroviaria, quindi, stipula un contratto di trasporto ferroviario, che è funzionale a svolgere l’intero
trasporto multimodale. Quindi nella seconda tratta la Compagnia Marittima opera come
spedizioniere, andando a stipulare per conto del caricatore, un contratto di trasporto ferroviario.
Questo è il caso di un contratto di rispedizione. Cioè nella prima tratta il vettore opera come tale,
mentre nella seconda tratta opera come spedizioniere. La pre-spedizione è il contrario, cioè nella
prima tratta opera come spedizioniere e nella seconda tratta opera come vettore.

Gli elementi che caratterizzano il trasporto multimodale differenti da rispedizione e pre-spedizione:

o Pluralità di tratte entrambe importanti. (Presente in entrambe le tipologie).


o L’unicità del contratto multimodale viene meno nella pre-spedizione e rispedizione, in quanto
sono presenti due contratti (trasporto e spedizione) che invece nel trasporto multimodale non
abbiamo (contratto unico).
o Viene a mancare anche l’unicità del soggetto responsabile. In quanto sono presenti due
soggetti diversamente responsabili. Nella tratta marittima la Compagnia marittima risponde
come vettore, ma nella tratta ferroviaria, la Compagnia marittima risponde come spedizioniere,
quindi, risponde solo se non ha individuato un vettore efficiente o se ha inadempiuto alle
prestazioni accessorie.

Quindi anche se simili, i contratti di pre-spedizione e rispedizione non sono un trasporto multimodale. Con
il trascorrere del tempo, la figura dello spedizioniere, in alcuni casi, si è trasformata in spedizioniere-
vettore. In alcuni casi lo spedizioniere, come tale, ha iniziato lui stesso a dotarsi di propri mezzi e assumersi
la responsabilità per danni al carico, quindi, c’è stato uno sviluppo della figura dello spedizioniere, verso la
figura di uno spedizioniere-vettore. In alcuni casi lo spedizioniere-vettore, già abituato ad organizzare una
spedizione caratterizzata da più tratte è diventato un vettore multimodale, oltre ad organizzare la
spedizione si assume la responsabilità dell’intera spedizione. Fino ad un ultimo gradino che è l’operatore
logistico.
• Trasporto cumulativo: si verifica questo tipo di trasporto quando più vettori stipulano con un
mittente un unico contratto che comprende l’esecuzione di più tratte del trasporto. Ciascuno di
questi vettori esegue e cura una tratta di questo più ampio trasporto. La particolarità è che tutti i
vettori sono solidalmente responsabili per cui l’avente diritto al carico può rivolgersi
indifferentemente a ciascuno di questi vettori, che sarà tenuto a risarcire i danni, (escludendo le
cause di esonero), anche avvenuti in tratte diverse dalla propria. Sarà poi il vettore risarcente a
rivalersi, eventualmente, nei confronti del vettore effettivamente responsabile. Questo trasporto è
regolato dal CC.
• Contratto di trasporto accessorio: vi sono due tratte, una principale ed una accessoria. L’esempio
tipico è il trasporto aereo preceduto o seguito da una breve tratta stradale per trasferire i
passeggeri dall’aeromobile al terminal passeggeri e viceversa. In questo caso manca il primo
elemento mentre sussistono il secondo e il terzo.
• Contratto sovrapposto: Trova disciplina, soprattutto nella Convenzione CMR (Stradale). In questo
trasporto il veicolo che trasporta la merce viene sovrapposto a un altro veicolo (camion su nave).
Sussistono gli elementi 1,2 e 3, quindi potrebbe essere considerato multimodale. Tuttavia, essendo
un fenomeno molto raro solitamente non viene preso in considerazione.

Il contratto di trasporto multimodale, sul piano giuridico solleva non poche problematiche, per il fatto che
diversamente dalle singole modalità di trasporto, per cui esistono diverse fonti normative, nel trasporto
multimodale, manca una normativa che regoli i soggetti coinvolti e la modalità di trasporto. C’è stato un
tentativo con la Convenzione di Ginevra del 1980, che tuttavia non è mai entrata in vigore. Un tentativo più
recente è stato quello delle regole di Rotterdam, che tuttavia non hanno avuto successo (Non sono state
ratificate). Oggi la verità è che manca una normativa specifica, alcuni paesi come la Germania, si sono dotati
di una normativa nazionale, ma non l’Italia, che neppure nel Codice Civile contiene informazioni su questo
tipo di trasporto.

In assenza di una normativa specifica, sorge il grande dubbio, di quale normativa si debba applicare. A
questo proposito sono state elaborate un serie di teorie sulla dottrina:

• Sistema a rete: Il sistema a rete consiste nell’applicare a ciascuna tratta del trasporto
multimodale, la disciplina unimodale sua propria. (Es. Trasporto multimodale che comprende un
viaggio marittimo, aereo e ferroviario, in ogni tratta applico la relativa normativa). Il presupposto
di questo sistema è che i danni siano individuati sulla base di una relativa normativa.
o Il vantaggio di questo sistema è quello di favorire una totale azione di rivalsa del vettore
multimodale nei confronti del sub-vettore. (Nel senso che immaginando un vettore
multimodale che per la tratta ferroviaria si rivolga al vettore ferroviario. Nel caso in cui si
verifichino danni al carico, l’avente diritto al carico si rivolge al vettore multimodale che
risarcisce sulla base della normativa ferroviaria, il vettore multimodale a sua volta si rivale
sul sub-vettore, sempre sulla base della normativa ferroviaria). Questo comporta che il
vettore multimodale riotterrà dal sub-vettore ciò che ha risarcito all’avente diritto al
carico, perché la normativa di riferimento è uguale, i limiti di debito sono gli stessi e
quindi il risarcimento e la rivalsa sono integrali.
o Il contro è che spesso non è facile localizzare in quale tratta è avvenuto il danno. E quindi
non sappiamo quale normativa applicare e il sistema a rete non è più applicabile.
(Soprattutto nel caso del trasporto containerizzato, dove il container viene consegnato
sigillato alla partenza e dopo diversi vettori giunge a destinazione, senza poter individuare
in quale tratta si è danneggiato).
• Sistema uniforme: Applicare all’intero trasporto multimodale un'unica fonte normativa, senza
andare a vedere dove i danni sono localizzati.
o Il vantaggio è quello di non avere il problema della localizzazione dei danni, in quanto si
applica sempre la stessa normativa.
o Il contro è la difficoltà di individuare la normativa uniforme. Alcune soluzioni potrebbero
essere quelle di applicare la normativa relativa alla tratta più lunga o più rilevante, ma
anche in questo caso, i criteri sono molto soggettivi. La Corte di Cassazione già da diversi
anni, si orienta sull’applicazione delle norme del Codice Civile relative al contratto di
trasporto e in particolare la responsabilità del vettore nel trasporto di cose. Questa
soluzione è logica, in quanto il Codice della Navigazione prevede questa applicazione,
quando non sono presenti norme specifiche a riguardo.
o Un ulteriore problema è dato dal fatto che il CC, nei trasporti nazionali, prevede un limite
del debito pari soltanto ad 1€/kg di merce persa o danneggiata. Che chiaramente è un
limite molto irrisorio, per questo il mittente avrebbe il vantaggio di rivolgersi a dei
trasporti unimodali, in modo da ricadere nelle normative specifiche, che hanno limiti del
debito molto più alti.
• Sistema a rete modificato: In questo caso come principio generale, per disciplinare l’intero
trasporto multimodale, si applica un’unica normativa (Come nel sistema uniforme). Tuttavia, se si
riesce a localizzare il danno, questa normativa generale, viene integrata dalla normativa specifica
della tratta in cui si è verificato il danno. Una via di mezzo tra il sistema uniforme e il sistema a
rete.

Anche se il campo normativo non fornisse una specifica disciplina, il trasporto ha continuato a svilupparsi,
quindi, concretamente a questo vuoto normativo ha dato una risposta l’UNCTAD e la Camera di Commercio
Internazionale, che hanno dato vita alle Regole UNCTAD/CCI, che vanno a regolare i contratti del trasporto
multimodale. Queste regole hanno un’efficacia pattizia, perché non sono delle convenzioni, ma sono delle
clausole commerciali, che acquistano valore di legge se richiamate nel contratto. Una volta che la clausola
viene inserita nel contratto, e viene stipulata essa acquisisce forza di legge, vero è che i principali
documenti del trasporto multimodale riproducono queste regole, permettendo a questo settore di
svilupparsi colmando questo grande vuoto normativo.

Il regime di responsabilità del vettore nel trasporto multimodale:

• Tipi di danni risarcibili:


o Sempre nei casi di perdita e avaria al carico.
o Risponde per il ritardo ma solo nel caso in cui il mittente alla partenza, gli ha consegnato
una dichiarazione di interesse alla riconsegna (Simile alla dichiarazione di valore della
merce nel trasporto di cose), con questa dichiarazione il mittente, dichiara il suo interesse
ad avere la consegna entro un certo termine.
• Durata della responsabilità:
o Dalla presa in consegna alla riconsegna delle merci.
• Natura della responsabilità:
o In via generale è una responsabilità colposa.
o Le regole UNCTAD/CCI, prevedono che in presenza di una tratta marittima, il vettore
multimodale si esonera per colpa nautica, per incendio e per innavigabilità sopravvenuta
della nave.
• Limite del debito: Rappresenta un esempio di sistema a rete modificato.
o Danni non localizzati: si applica il regime uniforme. Si applica un'unica prestabilita fonte
normativa. Inoltre:
▪ Se il trasporto multimodale comprende una tratta marittima, il limite del debito
viene imposto sulla base del limite del debito della normativa marittima (Aja-
Visby).
▪ Se il trasporto multimodale non comprende una tratta marittima, si applicano i
limiti della tratta stradale, normativa CMR.
▪ Per i danni da ritardo, si applica sempre il prezzo del trasporto multimodale come
limite del debito.
o Danni localizzati:
▪ Normativa riferita alla specifica tratta.
o Casi di superamento del limite:
▪ Dichiarazione di valore.
▪ Atto intenzionale o temerario e consapevole del vettore.

Regole UNCTAD/CCI

Queste regole hanno avuto e hanno ancora un grande successo, perché vengono utilizzate nei vari
documenti del trasporto multimodale. Il motivo per cui tuttavia la dottrina ha trovato altre strade
normative, sta nel fatto della natura propria delle Regole UNCTAD/CCI che hanno un’efficacia pattizia, con i
seguenti inconvenienti:

• Il contratto potrebbe lasciare alcuni aspetti non disciplinati. Esempio non viene trattato dalle regole
UNCATD/CCI, il trasporto multimodale di merci pericolose e quindi le relative responsabilità.
• Negli ordinamenti giuridici rigidi (Es. Quello italiano), ci sono alcune clausole inderogabili (Es.
Periodi di prescrizione per far valere i propri diritti), che potrebbero andare a scontrarsi con le
clausole pattizie, andando ad annullare quest’ultime, perché le parti non possono definire clausole
contrarie a quelle inderogabili. Se dovesse sorgere una controversia sulla base di un contratto che
contiene le regole UNCTAD/CCI e se questa controversia, dovesse fondarsi su aspetti non
disciplinati nel contratto o su questioni legate a norme inderogabile, sorgerebbe nuovamente
l’interrogativo, relativo all’individuazione della legge applicabile. Quindi devo individuare una
normativa a cui fare riferimento per le clausole inderogabili, tornando al grande interrogativo
legato al trasporto multimodale, cioè quello di individuare una normativa per regolarizzarlo. Le
regole UNCTAD/CCI hanno attenuato molto questo interrogativo, in quanto permettono la
creazione di contratti molto completi, andando a ridurre le controversie a pochissimi casi, che
tuttavia potrebbero verificarsi, e necessiterebbero di individuare una normativa di riferimento.

CONTRATTO DI NOLEGGIO

Il contratto di noleggio è uno dei contratti di utilizzazione della nave (Locazione, trasporto e noleggio). La
definizione di contratto di noleggio riportata nel Codice della Navigazione è la seguente: “Contratto con cui
una parte, il noleggiante, mette a disposizione del noleggiatore, un veicolo, per un determinato periodo di
tempo, verso il pagamento di un nolo”. La particolarità è data dal fatto che l’armatore è il noleggiante, la
sua principale applicazione è quella di mettere a disposizione la nave o il veicolo (non marittimo). Il
noleggiatore non consegna il mezzo (come nella locazione), ma la mette a disposizione, per compiere dei
viaggi.

Il noleggio non si riferisce solo alle navi, anche se è il settore in cui questo contratto ha maggior importanza.
Il contratto di noleggio è così normato di diverse fonti:

• Noleggio di nave: Codice della Navigazione (Parte Marittima).


• Noleggio di aeromobile: Codice della Navigazione (Parte Aerea).
• Noleggio di veicolo terrestre: Codice Civile e Leggi Speciali.
o Noleggio senza conducente: In realtà in questo caso si consegna alla controparte il veicolo,
e non si mette a disposizione il veicolo, quindi, in realtà è una locazione.
o Noleggio con conducente: In questo caso, non è un noleggio, ma un semplice trasporto,
perché ponendo il conducente si stipula un contratto di trasporto.
Di conseguenza, il noleggio di veicolo terrestre non esiste.

Noleggio di nave

Def. (Art. 384 Cod. Nav) “Il contratto per il quale l’armatore (owner), corrispettivo del nolo pattuito, si
obbliga a compiere uno o più viaggi stabiliti, prestabiliti, ovvero entro il periodo convenuto, i viaggi ordinati
dal noleggiatore (charterer)…”

Tipi di noleggio e inquadramento giuridico:

• Noleggio a tempo (Time charter): La nave viene noleggiata per un certo periodo di tempo e al
momento del noleggio i viaggi, non sono definiti. I viaggi nel corso di questo tempo verranno
ordinati dal noleggiatore.
• Noleggio a viaggio (Voyage Charter): La nave viene noleggiata per effettuare un certo numero di
viaggio pattuiti al momento della stipula.

Le norme che regolano questo tipo di contratto, sono nella maggior parte derogabili. Il fatto che siano
derogabili e che siamo in un campo internazionale, fa sì che la disciplina del noleggio di nave, non la
troviamo interamente nel Codice della Navigazione, quanto nei charterparties, che sono dei formulari di
origine anglosassone, cioè dei modelli contrattuali, che le parti possono adottare (libera pattuizione delle
parti):

• Time Charters: Simili al noleggio a tempo.


• Voyage Charters: Simili al noleggio a viaggio.

Time charters

Una delle prime differenze è il modo in cui sono ripartiti i costi tra owner e charter: Per capire la logica
sottostante dobbiamo ricordarci che nei time charters i viaggi non sono decisi a priori. Questo significa che
quando si firma il contratto, gli unici costi che si conoscono e rientrano nel nolo, sono i costi fissi (Es. Costi
manutenzione nave, stipendio equipaggi).

• Owner: Costi fissi


• Charterer: Costi variabili (Costi legati al combustibile, spese di caricazione/scaricazione, tasse
portuali, spese di pilotaggio etc.).

Obblighi dell’owner all’inizio del viaggio:

• Messa a disposizione la nave nelle mani del noleggiatore:


o In un determinato porto o area portuale
o Al tempo convenuto (Clausola del cancello, consiste dell’indicazione in contratto, di due
date per la messa a disposizione della nave, se l’owner consegna la nave prima della prima
data, il charter potrà decidere se attendere la prima data oppure il charter decide di
prendere la disposizione della nave fin da subito e in questo caso ovviamente si inizierà a
pagare il nolo. Nel periodo tra la prima data e la seconda si paga il nolo dalla data di presa
in consegna. Nel caso di consegna oltre la seconda data prevista in contratto, il charterer
può accettare comunque la nave in ritardo, oppure può cancellare il contratto e
considerarlo come non firmato, in quanto l’owner è inadempiente.
o In condizioni di navigabilità.
• Garanzie di performances della nave in ambito di consumi e velocità, che devono essere indicati in
contratto, se queste performances non sono rispettate, di solito il charter riceve una riduzione del
nolo.
• Possibilità del charterer di dare ordini di carattere commerciale al Comandante della nave
(preposto dell’owner), circa i viaggi da compiere, o sulla gestione dei documenti. Questi ordini non
possono riguardare la sicurezza o l’amministrazione della nave. Questa peculiarità non è presente
nei voyage charters, in quanto i viaggi sono prestabiliti.

Obblighi del charter durante il viaggio e durante il contratto:

• L’obbligo di pagare il nolo a rate anticipate (mensili o settimanali):


o Ci sono casi in cui il nolo non deve essere pagato come in caso di Urto, incendio, incaglio
(Off-hire).
o Ritardato pagamento del nolo, la nave può essere ritirata dall’owner.
• Conduzione della nave in porti e banchine sicure (Es. Sicurezza nave, Sicurezza Geografica,
Sicurezza Politica).
• No, caricazione di merci illegali o pericolose senza autorizzazione dell’owner.

Obblighi del charter al termine del viaggio:

• Restituzione della nave nel luogo e nel tempo convenuti ed alle stesse originarie condizioni salvo il
normale logorio.

Voyage Charter

Gli aspetti comuni tra il Time e il Voyage Charter sono:

• Gli obblighi dell’owner (messa a disposizione della nave).


• Gli obblighi del charter (modalità di utilizzo della nave).

La differenza tra Time e Voyage Charter si gioca sulla questione dei costi, sotto diversi profili:

• Modalità di pagamento del nolo: Nel voyage charter il nolo viene pagato in un’unica soluzione
all’inizio oppure al termine del viaggio.
• Vi è una ripartizione dei costi fissi e variabili.
• Costi di caricazione e scaricazione delle merci: A seconda delle scelte delle parti e dai formulari
applicati, possono esserci due clausole alternative:
o Clausola sotto paranco (alongside): in questo caso le spese di caricazione da terra a bordo
della nave gravano sul caricatore (che spesso è il charterer). Le spese da bordo nave a
fondo stiva sono a carico dell’owner. E allo stesso modo graveranno all’arrivo all’owner e
allo scaricatore (che spesso è il charterer).
o Clausola da fondo stiva a fondo stiva (Free in and out “F.I.O”): Tutte le spese di caricazione
e scaricazione sono a carico del caricatore.
o Costo di fermo della nave per svolgere le operazioni di carico e scarico: dentro il voyage
charter sono previste delle clausole particolare:
▪ Stallie (laytime): Tempo di carico e scarico già previsto dal contratto.
▪ Controstallie (demurrage): Tempo eccedente quello previsto dal contratto per il
carico/scarico.
Nel voyage charter esiste una disciplina puntuale per la ripartizione delle spese in relazione ai costi di fermo
della nave per il compimento delle operazioni di carico. Le clausole che regolano questo profilo si
riferiscono al cosiddetto istituto delle stallie e delle controstallie. La peculiarità è data dal fatto che i costi di
fermo durante la stallia sono già compresi nel nolo. Se le operazioni rientrano nel tempo di stallia il charter
non deve pagare in più all’owner. Se le operazioni superano il tempo di stallia, il tempo in più prende il
nome di controstallia: questo tempo in più non è già previsto dal contratto e quindi le controstallie
vengono pagate a parte dal charterer all’owner. Dal momento che le controstallie sono molto costose,
l’owner ha il vantaggio ad entrare il prima possibile nei termini di stallia così da iniziare la computazione
delle controstallie. A causa di questi diversi interessi, in contratto sono presenti una serie di minuziose
clausole che affrontano soprattutto 3 aspetti fondamentali:

• Decorrenza delle stallie: Definiscono il momento in cui le stallie iniziano a decorrere (quando si
deve iniziare a calcolare la stallia). La prontezza va intesa sotto tre presupposti:
o Carattere geografico: La nave deve trovarsi in una zona definita da contratto. Sotto questo
profilo ci potrebbero essere clausole diverse: port charter secondo cui la nave è
geograficamente pronta quando raggiunge un determinato porto (area portuale). Un’altra
clausola è la dock charter cioè quando la nave raggiunge la zona amministrativa del porto.
Ancora più ristretta è la formula del berth charter per cui la nave è pronta quando è
ancorata in banchina. L’owner ha interesse ad inserire un port charter mentre il charterer
preferisce la berth charter.
o Prontezza di tipo fisico: La nave deve essere pronta dal punto di vista tecnico commerciale
per poter ricevere il carico: le stive devono essere pulite.
o Prontezza documentale: Devono essere presenti quei documenti relativi alle merci che
consentono il trasporto (documenti doganali, sanitari, etc.)

Quando la nave è pronta sotto i tre profili, le stallie non iniziano subito, ma l’owner deve inviare al
charterer l’avviso di prontezza. A questo punto le stallie incominciano a decorrere, trascorso un certo
numero di ore prestabilite (franchigia) dal momento in cui il charterer riceve questo avviso per consentire
al charterer di organizzarsi in modo da iniziare le operazioni.

Durata delle stallie: Viene definita diversamente a seconda del tipo di carico nel senso che per i carichi
secchi le operazioni di caricazione sono più lunghe le stallie di solito si calcolano in giorni, viceversa, per i
carichi liquidi, le stallie si calcolano in ore. Oltre che la tenuta in considerazione della capacità di caricazione
e scaricazione della nave. Stallie separate oppure cumulative/unitarie.

Computo delle stallie: Esistono formule diverse

• Clausola working days/hours: Le stallie si calcolano durante i giorni lavorativi e si sospendono


durante i giorni di festa ed è più conveniente per il charterer.
• Clausola running days/hours: Le stallie si calcolano sempre anche durante i giorni di festa e a
seconda delle pattuizioni, certe volte anche se effettivamente le operazioni vengono sospese.
• Calcolo controstallie: Once on demurrage, always on demurrage.

Vi saranno cause di eccezione: tra cui maltempo e/o malfunzionamento delle attrezzature. Nell’eventualità
in cui le stallie si concludessero prima di quanto previsto dal contratto il noleggiante darà al noleggiatore un
premio di acceleramento (solitamente uno sconto sul nolo).
Noleggio di aeromobili

Non abbiamo dei veri e propri formulari, però ci sono comunque dei contratti che sono ampiamente diffusi
nel settore:

• Wet lease
o Viene definito come il contratto in cui il lessor, si impegna nei confronti del lessee, dietro
corrispettivo a compiere uno o più viaggi per il trasferimento di persone o merci.
o I vantaggi del lessor: permette di utilizzare i propri aeromobili pienamente ottenendo un
ulteriore profitto.
o I vantaggi del lessee: permette l’incremento dei servizi offerti senza dover disporre di un
suo aeromobile, quindi, senza dover aumentare la propria flotta.
o Per l’utenza si avrà:
▪ Lessor: è il vettore di fatto, cioè il soggetto che compie il viaggio.
▪ Lessee: è il vettore contrattuale
▪ Wet Lease: è un contratto di trasporto e non un contratto di noleggio.
• Code sharing
o Viene definito come il contratto con cui un vettore aereo (X) che si obbliga ad imbarcare sul
proprio aeromobile un certo numero di passeggeri di un altro vettore (Y), condividendo il
medesimo codice di volo. (Molto molto comune nel mercato aereo). (Es. Capita sul
tabellone dell’aeroporto che 2 o 3 voli, partano per lo stesso porto allo stesso orario, ma
con compagnie diverse, questi non sono due voli contemporanei, ma sono voli in code
sharing). Sull’aeromobile del vettore X, si trovano contestualmente passeggeri del vettore X
e del vettore Y, perché il vettore X ha venduto al vettore Y, alcuni posti sul suo volo.
o I vantaggi per il vettore X sono di viaggiare con un numero di pax, maggiore, quindi usa la
piena capacità dell’aeromobile.
o I vantaggi del vettore Y permettono di fare una offerta di un maggior numero di voli, senza
avere fisicamente un proprio aeromobile.
o I rapporti tra passeggeri e vettori aerei:
▪ I passeggeri del vettore aereo X, per i passeggeri del vettore X, esso è sia il vettore
contrattuale che il vettore di fatto.
▪ Per i passeggeri del vettore Y, il vettore Y è il vettore contrattuale, ma il vettore X è
il vettore di fatto.
▪ In caso di code sharing, un passeggero di x e un passeggero di y, sono seduti vicini,
in caso di incidente in cui entrambi i passeggeri rimangono danneggiati. In termini
di diritti dei due passeggeri, è uguale, perché la normativa, parifica la responsabilità
del vettore di fatto e del vettore contrattuale. Quello che cambia è un aspetto
economico, nel senso, che fatta eccezione per le rotte onerate da pubblico servizio,
le tariffe sono liberamente fissate dalle compagnie aeree. Quindi i passeggeri x e y
hanno pagato il prezzo di biglietto in modo diverso, per uno stesso servizio, in
quanto le politiche tariffarie delle compagnie sono diverse. Un ulteriore differenza
sta nella fiducia riposta dal passeggero nella Compagnia che ha scelto per viaggiare.
(Es. Potrebbe succedere che il passeggero Y, scelga la compagnia Y perché è quella
con cui preferisce viaggiare, e poi si trova sull’aereo X, per questo il vettore
contrattuale dovrebbe comunicare al passeggero chi è il vettore di fatto al
momento della stipula del contratto di trasporto o al più tardi nel momento in cui è
noto il code sharing. Il problema è che spesso il passeggero viene a conoscenza di
questa situazione, al momento dell’imbarco.
o Il code sharing non è un contratto di noleggio, ma un contratto di trasporto. Perché non è
una semplice messa a disposizione dell’aeromobile, ma è un obbligo di trasferimento di un
certo numero di passeggeri, che è legato al loro trasporto.
• Charter
o È definito come il contratto con cui il carrier si impegna, nei confronti del charterer dietro
pagamento di un corrispettivo a trasferire persone o cose. I charter sono i voli non fissi, ma
effettuati su richiesta.
o Questo tipo di contratto è utilizzato soprattutto nel turismo, dagli organizzatori di viaggio.
(Es. Costa Crociere si rivolge alle compagnie aeree, per trasferire i suoi passeggeri verso le
destinazioni dove imbarcano sulla crociera).
o Il carrier si impegna a trasferire persone o cose, quindi è un vettore, e quindi come vettore
risponde per inadempimento contrattuale se non mette a disposizione questo aeromobile,
o non compie il viaggio per cui ha assunto l’impegno, oppure per i relativi danni a cose o
persone che subiscono i passeggeri.
o Il charterer è invece responsabile diversamente verso il carrier, risponde per i danni che i
suoi clienti possono aver provocato al carrier.
o Il rapporto tra carrier e charterer è un contratto a tutti gli effetti di trasporto.

Se si esclude il noleggio di nave, in realtà il noleggio di aeromobile e di autoveicolo non esistono, perché si
trasformano in contratto di trasporto o in locazione.

TURISMO ORGANIZZATO

I contratti complessi sono quelli in cui, la prestazione di trasporto è collegata ad altri servizi e prestazioni. Il
trasporto non sempre è la prestazione principale di questo contratto. Nell’ambito di questi contratti
complessi, comprendenti il trasporto, si distinguono due tipi di contratto:

1. Contratto di viaggio
2. Contratto di Logistica

Contratto di viaggio (turismo): Trova disciplina oggi in Italia nel Codice del Turismo (riformato nel 2018):

➢ Questo codice contiene una normativa che si riferisce a due fattispecie specifiche:
▪ Pacchetto: si caratterizza per la combinazione di almeno 2 su 4 elementi:
• Trasporto (Non necessario) – Il pacchetto potrebbe combinarsi, anche
senza avere in realtà il trasporto. (Es. Raggiungo il villaggio vacanze con la
mia auto privata). Nel caso in cui sia presente deve essere rilevante e
combinarsi con uno degli altri elementi.
• L’alloggio che non deve costituisce parte integrante del trasporto. (Es. Un
treno/traghetto con cuccette non costituisce pacchetto, perché sono un
servizio accessorio del trasporto con treno/traghetto).
• Noleggio auto.
• Altri servizi turistici (rilevanti), che potrebbero essere una visita guidata,
scuola scii etc. Devono avere una loro particolarità all’interno del servizio
turistico. (Es. La colazione aggiuntiva, non è un servizio turistico rilevante).
La finalità del pacchetto, non è solo turistica, perché ai fini dell’applicazione del
codice del turismo, non importa la finalità (turismo o business). Esso può essere
acquistato sia in agenzia, direttamente presso l’ente erogatore, ma anche online
(come previsto dalla revisione del Codice del Turismo del 2018).
Tipi di pacchetti:
➢ Pacchetto preconfezionato (prodotto dall’ente organizzatore).
➢ Pacchetto personalizzato (Prodotto dall’organizzatore, sulla base delle
richieste del turista).
➢ Click through packages: il caso in cui il fornitore di un servizio (Es. Vettore
aereo), nella sua pagina web, vende il servizio stesso. Nella pagina web, è
però presente uno o più link che conducono alle pagine web, di altri
fornitori di altri servizi (Es. Verso il sito di car sharing o di un hotel). Se il
cliente che acquista il volo, acquista entro 24h, anche uno di questi servizi,
in questo caso se il vettore aereo, trasmette automaticamente i dati al
fornitore del servizio acquistato. La compagnia aerea, diventa
organizzatore di viaggio, andando a creare un pacchetto turistico (perché
vengono a sussistere 2 elementi su 4).

▪ Servizi Turistici collegati: anche in questo caso ci deve essere la combinazione di 2


elementi su 4.
• La peculiarità è data dalla presenza di un professionista, che favorisce
l’acquisto del servizio turistico, senza essere un organizzatore del viaggio
(Non ha questa responsabilità). Esso ha il ruolo di aiutare il viaggiatore a
combinare gli elementi del servizio turistico. Questi servizi devono essere
acquistati entro 24h tra un servizio ed un altro.
▪ Viaggi fai da te: Non sono disciplinati dal codice del consumo. In questi casi il
viaggiatore non potrà mai richiedere il risarcimento per danno da vacanza
rovinata, in quanto ha acquistato dei servizi, non legati tra loro.

Le figure presenti in questo ambito sono:


➢ Organizzatore: è colui che combina (crea, organizza) dei pacchetti e li vende ai suoi clienti
direttamente, o attraverso un altro professionista (venditore del viaggio), e colui che
trasmette i dati del viaggiatore ad un altro professionista (Es. Nel caso del click through
packages). Quindi in alcuni casi organizzatore e venditore coincidono, in altri casi le figure
sono distinte.
I soggetti organizzatori sono essenzialmente le agenzie di viaggio fisiche e online, ma
anche ogni altra impresa di trasporto che offre ulteriori servizi oltre al trasferimento vero e
proprio (Es. Compagnie marittime organizzatrici di crociere, non lo sono invece i traghetti).
Infine, rientrano anche coloro che forniscono i click through packages.

Gli obblighi dell’organizzatore sono:


o L’assunzione della responsabilità della corretta prestazione dei servizi
(Obbligazione di risultato), risponde se il viaggio non soddisfa quanto previsto.
o Assistenza al viaggiatore.

Dalla mancanza di questi obblighi, sorgono delle responsabilità per l’organizzatore:


o Riguarda tutti quei difetti di conformità, cioè tutti quei casi in cui il viaggio non
soddisfa quanto promesso. Si basa sui 4 elementi tipici della responsabilità:
o Tipi di danni risarcibili:
▪ Danni alla persona del viaggiatore, dai danni fisici alla morte.
▪ Danni ai bagagli, smarrimenti o furti.
▪ Danni da vacanza rovinata, sono i danni non patrimoniali, cioè i danni
morali che non hanno un valore di mercato. Questi danni si sostanziano
nei disagi che un soggetto subisce, nel momento in cui la vacanza non
soddisfa le sue aspettative (Es. Risparmio una somma per acquistare una
vacanza a 5 stelle, e all’arrivo in hotel i servizi promessi non ci sono). Il
problema è quello di riconoscere i danni da vacanza rovinata
effettivamente avvenuti. Questa tolleranza si basa su due elementi:
• Tempo della vacanza inutilmente trascorso (Permette di eliminare
tutti quei reclami superflui e isolati).
• Irripetibilità della vacanza (C’è differenza tra un viaggio di nozze
rovinato o un semplice week-end fuori porta).
• Una volta che vengono riconosciuti, c’è il problema della loro
quantificazione, che viene effettuata dal giudice, con una
valutazione equitativa. Cioè valuta ciò che per lui è equo,
generalmente si fa riferimento ad una % dell’intero costo della
vacanza (Es. Un risarcimento del 50%, o un risarcimento del 100%)
o Natura della responsabilità
▪ Responsabilità oggettiva
▪ Cause di esonero:
• Fatti imputabili al viaggiatore (Concorso di colpa).
• Fatti imprevedibili o inevitabili dai soggetti terzi (Es. Rapina
nell’hotel in cui si risiede).
• Circostanze inevitabili e straordinarie.
o Limite del debito:
▪ Se si tratta di danni che si riferiscono a delle prestazioni che trovano
disciplina nelle Convenzioni Internazionali, si applicano i limiti legali
previsti da quelle Convenzioni.
▪ Nei casi di prestazioni non regolamentate da Convenzioni, si applicano dei
limiti contrattuali, cioè quelli pattuiti dalle parti, tuttavia, vi sono dei
vincoli, che non possono essere esclusi dalle clausole contrattuali:
• Responsabilità illimitata per danni alla persona.
• Decadenza dei limiti in caso di dolo o colpa grave da parte
dell’organizzatore del viaggio.
• Limite contrattuale mai < al triplo del prezzo della vacanza.

➢ Venditore del viaggio: può essere definito come colui che vende o offre in vendita,
pacchetti combinati da un organizzatore. Il venditore si differenzia dall’organizzatore,
perché l’organizzatore ha una responsabilità di risultato, mentre il venditore ha
un’obbligazione di mezzo, cioè deve scegliere un organizzatore efficiente e serio. Quindi
l’obbligo del venditore, non è legato ai difetti di conformità della vacanza, ma è
responsabile per:
o La culpa in eligendo, cioè se si affida ad un organizzatore non serio.
o Le informazioni che fornisce ai suoi clienti. Se fornisce informazioni ingannevoli o
incomplete ne risponde.

Il venditore non ha responsabilità per l’inadempimento o inesatto adempimento dei


servizi che formano il viaggio (Che è la responsabilità tipica dell’organizzatore).
Il rapporto tra organizzatore e venditore di viaggio, si caratterizza per una
responsabilità separata, cioè essi non sono solidali tra loro. Questo principio generale
di responsabilità separata incontra alcune eccezioni, la più importante è quella in cui il
venditore deve chiaramente indicare la sua figura di intermediario, altrimenti si
presume che esso sia anche organizzatore e quindi ne assume anche le responsabilità.

Per quanto riguarda i tipi di danni risarcibili, i limiti del debito e la natura della
responsabilità, essi sono articolati come quelle dell’organizzatore, ma si applicano nei
casi di inadempienze tipiche del venditore.

➢ Professionista che agevola l’acquisto di servizi turistici collegati: è una figura che deve
supportare il viaggiatore, ha una serie di obblighi. Non è un organizzatore e quindi non
risponde per il risultato del viaggio. Però se non rispetta i propri obblighi (Es. Ambito
assicurativo o di tipo informativo), la conseguenza è molto grave, in quanto assume le stesse
responsabilità dell’organizzatore.

2. Contratto di logistica: La logistica comprende una pluralità e una eterogeneità di attività logistiche.
Nella logistica rientra tutto quel flusso che va dall’approvvigionamento delle materie fino alla loro
vendita finale, ma anche i servizi post-vendita (manutenzioni o servizi post-vendita). Fino agli anni
’90, le aziende gestivano questi flussi autonomamente, solo in quegli anni, la terziarizzazione di
queste attività logistiche ha preso piede (outsourcing). Quindi varie imprese hanno iniziato ad
affidare a imprese esterne questi servizi, con una serie di vantaggi quali:
➢ Risparmio sui costi fissi legati a magazzini e movimentazione, con relativo reinvestimento
dei capitali risparmiati.
➢ Maggiore attenzione a funzioni strategiche.
Ma anche una serie di svantaggi:
o Perdita del controllo delle attività operative.
o Operatore logistico inaffidabile.

Questo fenomeno della terziarizzazione, è stato caratterizzato da diversi approcci, non è stato
generalizzato. Per chi ha scelto di terziarizzare, i livelli di terziarizzazione sono stati diversi. Alcune
aziende hanno terziarizzato tutto il ciclo produttivo, mentre altre aziende hanno terziarizzato solo
alcune attività come il magazzino. La risposta di queste esigenze di terziarizzazione è la nascita
dell’operatore logistico, che nasce dell’evoluzione di soggetti già operanti nei settori del trasporto.

L’inquadramento giuridico dei contratti che contengono prestazioni giuridiche.

Il contratto di logistica, in Italia, non ha una sua specifica regolamentazione. Quindi nel momento in
cui non c’è una normativa di riferimento, il problema è individuare come inquadrare il contratto di
logistica. La risposta dipende dal livello di terziarizzazione:

o Nel limite in cui sono terziarizzate solo alcune attività, non siamo in presenza di un
contratto di logistica, ma di un contratto tipico (Es. di trasporto e/o deposito).
o Quando si terziarizza un pacchetto di attività (Es. Trasporto più una serie di altre attività),
dando vita ad un contratto atipico (complesso), che è il contratto di logistica, per il quale
manca una normativa.

Questo problema è molto simile al problema del trasporto multimodale, in cui manca una normativa di
riferimento, e anche in questo caso esiste una teoria, studiata per risolvere questo vuoto normativo:
➢ Teoria della prevalenza: Si va ad individuare la prestazione prevalente del contratto
atipico, e si applica la relativa disciplina. Il contratto atipico, proprio per il fatto di essere
atipico, difficilmente ha una prestazione prevalente, per questo, questa teoria è
fortemente criticata.
➢ Teoria della combinazione: Si applica a ciascuna delle prestazioni, la propria normativa di
riferimento. (Es. Danno durante il trasporto, si applica la norma sul trasporto). Il problema
di questa teoria funziona finché i danni sono localizzati. Dal momento che i danni non sono
più localizzabili, la teoria non è più applicabile.
➢ Teoria dell’integrazione: Si applica all’intero contratto, una normativa generale uniforme,
che viene poi integrata, dalle norme particolari, che si riferiscono alle singole attività
logistiche. Nel nostro caso, la normativa generale è quella dei servizi d’appalto.

Nel trasporto multimodale non si hanno sentenze significative, circa il vuoto normativo presente. Questo è
anche dovuto al fatto che le parti coinvolte in un contratto di logistica hanno un potere contrattuale molto
simile, e tendono a creare contratti molto equilibrati e precisi, che evitano la presenza di controversie nel
futuro.

La posizione degli operatori logistici, non è regolata da regole standard, perché i livelli di terziarizzazione
sono molto diversi tra le varie aziende, quindi, il risultato è quello di non avere contratti standard, ma
contratti singoli stipulati dalle parti coinvolte. La contrattazione privata può causare la situazione in cui
alcuni aspetti non vengano disciplinati propriamente (Es. Risarcimento da lucro cessante o da perdita di
immagine), oppure la presenza di clausole contrarie alle norme imperative.

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