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CAPITOLO 14

Prima dell’adozione della Carta delle Nazioni Unite nel 1945, gli stati potevano garantire l’attuazione
coercitiva dei propri diritti anche attraverso l’uso della forza armata, senza aver cercato di risolvere la
controversia con mezzi pacifici. Dopo la 2WW, con l’affermazione dell’ONU si è affermato l’obbligo per gli
stati di risolvere le controversie in modo pacifico.

1. OBBLIGO DI SOLUZIONE PACIFICA DELLE CONTROVERSIE

L’obbligo generale di soluzione pacifica delle controversie, all’inizio aveva natura convenzionale, quindi solo
gli stati membri lo dovevano rispettare, oggi invece ha acquisito natura consuetudinaria. Questo obbligo si
può riferire a qualsiasi controversia, perché ogni controversia potrebbe portare a una situazione di pericolo
per la pace e la sicurezza. L’esistenza di questo obbligo, obbliga gli stati a cercare di risolvere le controversie
in modo pacifico, prima di ricorrere a mezzi coercitivi, ma non sono obbligati a risolvere la controversia ad
ogni costo. Non esiste però una disciplina che stabilisce i modi di soluzione obbligatori e gli stati sono liberi
di scegliere i metodi di soluzione. Si può verificare che le parti in causa non riescono ad accordarsi sul
metodo di soluzione cui ricorrere e dunque non risolvono la controversia.

2. LE PROCEDURE DI SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE

Con soluzione delle controversie, ci si riferisce alle valutazioni, con efficacia vincolante, sul conflitto di
interessi e le contrapposte pretese che stanno all’origine della controversia.

I principali mezzi di soluzione delle controversie sono:

1. L’accordo tra le parti

2. La sentenza, emanata da un terzo, che per volontà delle parti, produce effetti vincolanti

L’estinzione della controversia si ha quando sparisce il contrasto tra le opposte pretese, che sta alla base
della controversia. L’estinzione della controversia nel caso dell’accordo tra le parti, si ha nello stesso
momento dell’accordo, mentre non è contemporanea nel caso della sentenza, perché una o entrambe le
parti possono rifiutare di conformarsi ad essa e continuano ad avere l’atteggiamento iniziale che ha dato
luogo alla controversia.

Ci sono perciò due categorie di procedimenti per la soluzione delle controversie:

a) Diplomatici: mirano a favorire l’accordo tra le parti

b) Arbitrale o giudiziale: dove un terzo è autorizzato dalle parti a risolvere la controversia, emanando una

sentenza vincolante

c) Meccanismi di ispezione e controllo del rispetto di standard normativi

d) Meccanismo di soluzione delle controversie nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio


(OMC)

3. LE PROCEDURE DIPLOMATICHE

Il più elementare tra i procedimenti diplomatici è il ricorso ai negoziati fra le parti in lite. I negoziati non
prevedono la presenza di un soggetto terzo e le parti tenderanno ad arrivare a un compromesso sulle
pretese in conflitto. Con i negoziati però c’è il rischio che gli stati più forti esercitano pressioni su quelli più
deboli, risolvendo la controversia a loro vantaggio.

Se le parti in contesa decidono di coinvolgere anche un terzo soggetto possono scegliere vari meccanismi:
1. L’inchiesta

2. I buoni uffici

3. La mediazione

4. La conciliazione

1. L’inchiesta: è un procedimento che consiste nell’attribuzione di un organo internazionale il compito di


accertare i fatti attraverso un’investigazione imparziale e coscienziosa. Spetta poi alle parti decidere se
ritenere vincolante o no l’investigazione fatta dall’organo che ha condotto l’inchiesta. L’inchiesta ha perso
importanza come strumento di soluzione bilaterale istituito dalle parti, ma ha acquisito importanza come
strumento utilizzabile dagli organi o dalle organizzazioni internazionali con lo scopo di procedere ad un
accertamento dei fatti in vista dell’adozione di altre misure conciliative o sanzionatorie.

I buoni uffici, la mediazione e la conciliazione sono procedimenti di soluzione delle controversie che si
differenziano tra loro per il grado crescente di partecipazione del terzo, al tentativo di raggiungimento di un
accordo tra le parti.

2. Buoni uffici: il terzo (che può essere uno Stato o un organo internazionale si limita a cercare di indurre le
parti a sedersi al tavolo dei negoziati

3. La mediazione: il terzo partecipa attivamente ai negoziati, promuovendo informalmente termini di


regolamento. La mediazione può essere svolta da uno stato, da un’organizzazione internazionale (anche di
carattere regionale) o da un individuo particolarmente autorevole.

4. La conciliazione: il terzo partecipa ancora più intensamente, ed ha il compito di esaminare gli elementi di
fatto e di diritto della controversia per proporre formalmente termini di regolamento (ossia una soluzione
della controversia), ma non ha effetti vincolanti. Si può verificare la conciliazione obbligatoria, che si ha
quando il ricorso alla conciliazione è obbligato tramite l’adozione di un trattato ad hoc o da una clausola
specifica contenuta in un trattato. In questo caso le parti contraenti possono ricorrere unilateralmente a
questa soluzione delle controversie.

Le conclusioni e le proposte fatte dalla Commissione di Conciliazione non sono vincolanti, ma possono
avere grande incidenza sulle parti.

4. L’ARBITRATO E IL REGOLAMENTO GIUDIZIALE

L’arbitrato e il regolamento giudiziale sono procedimenti di soluzione delle controversie, che danno luogo
ad una sentenza che è vincolante per le parti. Anche l’organo arbitrale o giudiziale, come per le
commissioni fa un esame dei fatti in questione e delle regole giuridiche.

L’arbitrato: le parti si devono accordare sull’organo e sul diritto e le procedure che può applicare, è un
organo istituito da trattati

Il regolamento giudiziale: l’organo ha natura permanente e la sua composizione, il diritto e le procedure


applicabili sono prestabilite, è un organo istituito da trattati.

L’inizio della costituzione di organi di soluzione delle controversie, si ha avuto nel 1899, quando è stato
istituita la Corte Permanente di Arbitrato (CPA), esiste ancora ed è formata da un elenco di giudici, che
possono essere scelti dagli stati in controversia per formare un tribunale arbitrale e degli organi
amministrativi con funzione di segretariato. I modi per attribuire giurisdizione ad un tribunale arbitrale e
anche alla CPA sono 2:
1. Il compromesso arbitrale, ossia quando le parti decidono con un accordo si sottoporre alla Corte la
controversia. O se decidono di sottoporre sempre con un accordo alla Corte un insieme di controversie che
potranno sorgere in futuro si parla di trattato generale di arbitrato.

2. La clausola compromissoria, ossia l’introduzione in un trattato di una clausola che stabilisce che in caso di
controversie sull’interpretazione e l’applicazione del trattato ogni parte contraente può rivolgere queste
controversie alla Corte.

Per la soluzione delle controversie è stata creata nel 1921 la Corte Permanente di Giustizia Internazionale
(CPGI), poi sostituita con la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), è permanente.

La CPGI aveva giudici permanenti, quindi gli stati non potevano più sceglierli e in questo modo la Corte
poteva creare uno sviluppo logico del diritto internazionale. Era una Corte di giustizia e non di arbitrato e la
CIG come prima la CPGI ha regole di procedura prestabilite. L’accettazione da parte degli Stati della
Giurisdizione della Corte è facilitata dalla clausola opzionale, in virtù della quale ogni stato può accettare e a
condizione di reciprocità, senza la conclusione di un accordo, la giurisdizione della Corte nei confronti di
ogni altro stato che abbia accettato lo stesso obbligo.

L’accettazione da parte degli Stati della Giurisdizione della Corte è facilitata anche dal forum prorogatum, in
base al quale l’accordo delle parti all’esercizio di giurisdizione della Corte, si forma davanti alla Corte in
modo tacito o implicito.

Il ricorso all’arbitrato o al regolamento giudiziale è aumentato con la fine della guerra fredda, perché gli
stati pensavano che la soluzione delle controversie operata da un terzo era uno strumento efficace per
appianare le divergenze. Negli ultimi decenni anche l’importanza della CIG è aumentata e sono sorti
numerosi Tribunali internazionali a carattere permanente o semipermanente che hanno competenze
settoriali e quindi possono fornire un contributo allo sviluppo e al chiarimento di regole internazionali nelle
materie della loro giurisdizione. In alcuni casi gli stati hanno deciso di rendere il ricorso all’arbitrato o al
regolamento giudiziario obbligatorio, attraverso la stipulazione di accordi o inserendo clausole di
regolamento arbitrale o giudiziario obbligatorio. Questo obbligo è contenuto nella Convenzione di Vienna
del 1969 (che prevede che le controversie sull’invalidità dei trattati per contrasto con lo ius cogens, dopo 12
mesi dall’inizio della controversia se non è stata trovata soluzione, possono essere sottoposte alla CIG in
modo unilaterale) e nella Convenzione sul diritto del mare del 1982. Questa Convenzione invece obbliga gli
stati a confrontarsi sulle modalità di soluzione, e se non si raggiunge un accordo sulla scelta di una
procedura di soluzione, ogni parte può proporre il ricorso alla conciliazione e se le parti non si accordano
sulla procedura conciliativa ciascuna delle parti può dare inizio a una procedura giudiziale davanti a vari
organi. Entrambe le procedure di soluzione (sia quella della Conv. Di Vienna, si quella della Conv. Sul diritto
del mare) si riferiscono alle controversie relative all’interpretazione o all’applicazione di alcuni trattati.

L’ICSID è il Centro internazionale per la soluzione delle controversie in materia di investimenti e ha il comito
di amministrare arbitrati ad hoc. Il suo scopo è stabilire un meccanismo che prenda in considerazione e
protegga gli interessi degli investitori e degli Stati in cui sono effettuati gli investimenti.

5. IL CONTROLLO INTERNAZIONALE

Per superare i difetti dell’ordinamento internazionale in materia di soluzione delle controversie è stato
creato il meccanismo di esame periodico del comportamento degli stati parte ad un trattato da parte di un
organo di controllo, per verificare l’adempimento degli stati ai loro obblighi convenzionali. La procedura di
controllo (che non è vincolante) può avvenire con 4 modalità diverse:

1. L’esame di rapporti periodici, che gli stati devono presentare ad intervalli di tempo stabiliti dall’organo di
controllo
2. L’ispezione, è più efficace dell’esame dei rapporti periodici perché vengono fatte investigazioni sul posto,
che consentono all’organo di controllo di verificare direttamente se lo stato adempie agli obblighi
convenzionalmente assunti

3. Procedimento di tipo contenzioso, dove lo stato sotto controllo e l’organo di controllo avviano un esame
(in contraddittorio) del caso, su istanza di uno stato parte o di individui che si pretendono vittime di una
violazione.

4. Controllo preventivo, che prevede l’adozione di misure volte a prevenire la commissione di illeciti
internazionali da parte di uno stato

Queste procedure di controllo sono state create soprattutto per garantire il rispetto delle norme stabilite
dopo la prima guerra mondiale, quando gli stati hanno iniziato a disciplinare in modo internazionale
materie che prima riguardavano la loro legislazione interna. Questa nuova normativa internazionale
apparteneva alla categoria di norme poste a protezione degli interessi di enti diversi dagli stati contraenti e
quindi non si basava sul principio della reciprocità, ossia non imponeva obblighi che ciascuna parte era
interessata ad adempiere per indurre l’adempimento anche della controparte.

6. LA SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE NELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO (OMC)

Le norme sostanziali degli accordi nel settore delle relazioni commerciali mirano alla liberazione del
commercio mondiale. Per garantire l’attuazione di questo sistema di regole è stata creata una procedura:
ciascuno stato deve notificare all’Organizzazione e alle altre parti contraenti l’adozione di politiche
commerciali che possono pregiudicare l’applicazione di norme sostanziali previste dagli accordi commerciali

Dopo la notifica avviene la consultazione. Le consultazioni hanno lo scopo di raggiungere delle soluzioni
accettabili per le parti contraenti. Se non si raggiunge una soluzione, una parte contraente può richiedere la
creazione di un panel d’esperti indipendenti, a cui presentare il proprio reclamo (che può avvenire da un
unico stato o da più stati = reclamo multiplo).

Il panel di solito è composto da 3 esperti, ma le parti si possono accordare sulla creazione di un panel con 5
esperti. Il panel è istituito dal Dispute Settlement body (DBS), che è l’organo per la soluzione delle
controversie, e decide sulla costituzione del panel attraverso il consensus negativo (ossia non avviene una
votazione formale ma per non essere creato i componenti del DSB devono esprimere un’opinione contraria
alla creazione). Quando è stato creato, il panel esamina le richieste delle parti e l’accertamento dei fatti e
del diritto è effettuato in due fasi: 1 il panel inizialmente adotta un rapporto provvisorio che le controparti
possono commentare; 2 il panel adotta un rapporto finale, che è trasmesso direttamente alle parti e al DSB,
il quale può non adottarlo con consensus negativo, se ciò non avviene il rapporto viene adottato
automaticamente dal DSB e diventa vincolante per le parti. Il rapporto del panel però può essere
impugnato davanti all’Appellate Body, che è l’organo d’appello che può esprimersi su questioni di
legittimità e di interpretazione delle disposizioni rilevanti. Anche i rapporti dell’Organo d’Appello per essere
vincolanti devono essere adottati dal DSB che anche in questo caso li adotta automaticamente se non si
verifica un consensus negativo.

Il DBS effettua anche il controllo sull’applicazione del rapporto del panel o dell’Organo d’Appello e se uno
stato non si conforma al rapporto, un altro stato può chiedere al DSB l’autorizzazione a sospendere
l’applicazione nei confronti dello stato in questione. Lo stato verso il quale è effettuata la sospensione può
opporsi ad essa e l’intera questione può essere sottoposta ad arbitrato, le cui conclusioni sono inappellabili.

L’intera procedura è un misto fra conciliazione, negoziato e accertamento giudiziale e trova la sua
giustificazione nella specificità della materia in relazione alla quale è stata istituita, le relazioni commerciali
infatti, mettono in gioco grossi interessi economici.

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