Sei sulla pagina 1di 8

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE II

02/03
Ci sono 3 tipi di tutela:
 TUTELA DICHIARATIVA (procedimento ordinario)  Nelle ADR (metodi alternativi di
risoluzione delle controversie) si trova la mediazione, la conciliazione giudiziale, l’arbitrato,
la negoziazione assistita, ecc.
Oltre alle ADR esistono anche altri procedimenti dichiarativi, ovvero i riti speciali, come il
procedimento sommario di cognizione, il processo del lavoro, il procedimento per
ingiunzione, quello di convalida di sfratto, ecc.
 TUTELA ESECUTIVA (esecuzione forzata)
 TUTELA CAUTELARE (misure cautelari, provvedimento d’urgenza, sequestro, ecc.)  sono
tutti muniti di esecutorietà immediata imponendo alla parte passiva una condotta che sia
coerente con quanto imposto dal giudice

Si distingue contraddittorio posticipato o contraddittorio eventuale.


Se i procedimenti si concludono con un provvedimento capace di passare in giudicato oppure no, e
quindi se possa essere impugnato con il ricorso per cassazione.
Esistono infatti molti procedimenti in cui non esiste né l’appello né la cassazione, poiché il
tribunale si pronuncia con sentenza inimpugnabile (art. 619 c.p.c.) (si intende che può essere
comunque impugnata ma solo con ricorso in Cassazione, e nessun altro modo di impugnazione).
Si deve anche capire se i vari procedimenti sono a cognizione piena oppure a cognizione
sommaria. Art 702 bis ss. sono infatti esempio di un procedimento chiamato sommario di
cognizione ma che non è un procedimento sommario, ma a cognizione piena.
Ultima distinzione è tra procedimenti giurisdizionali e non; salvo l’arbitrato, tutte le altre sono al di
fuori del fenomeno giurisdizionale, con una serie di conseguenze, tra cui l’impossibilità di applicare
le garanzie costituzionali previste per la giurisdizione (es. art 24, 25, 111 Cost).

03/03
ADR (METODI ALTERNATIVI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE)
Non sono dei processi giurisdizionali e quindi non si svolgono davanti a dei giudici.
Vi sono la transazione, la mediazione, la conciliazione giudiziale, l’arbitrato, la negoziazione
assistita, la conciliazione stragiudiziale, ecc.
Tutti questi hanno in comune l’autonomia negoziale, ovvero senza una volontà delle parti questi
strumenti non sono in grado di concludersi e di risolvere la lite. Solo il giudice ha la capacità di
risolvere la lite a prescindere dalla volontà delle parti.

È possibile che vi sia la giurisdizione condizionata, quando il legislatore impone che prima del
procedimento ordinario vengano esperiti dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie, i
quali se non efficienti, non impediscono comunque di rivolgersi al giudice.

Dal momento che tutti questi strumenti si fondano sulla volontà negoziale essi avranno un limite, e
cioè è indispensabile che la controversia abbia ad oggetto DIRITTI DISPONIBILI; in caso di diritti
indisponibili, questi strumenti alternativi non possono essere utilizzati.
Distinzione NORME DEROGABILI E INDEROGABILI.
Non è possibile associare controversie con diritti indisponibili e norme inderogabili, mentre è
possibile trovare situazioni aventi ad oggetto diritti disponibili regolate da norme inderogabili, a
patto che la volontà negoziale delle parti rispetti l’inderogabilità della norma.

La transazione si distingue dagli altri metodi alternativi perché essa è un contratto mentre le altre
figure che non danno luogo a dei negozi giuridici ma a dei procedimenti.

È possibile che esistano forme di risoluzione delle controversie diverse da quelle che abbiamo
indicato fino ad ora; ossia ogni soggetto, se vuole, può dar vita ad una modalità di risoluzione delle
proprie controversie ibride tra quelle classiche, a condizione del rispetto delle norme inderogabili.
Esiste ad esempio la cosiddetta MEDARB, un metodo che inizia con una mediazione e si conclude
con un arbitrato. Esiste, ancora, il MINITRIAL, ossia un finto processo, con un finto giudice, che si
classifica come un esperimento per anticipare una futura udienza in tribunale.
Gli strumenti alternativi non sono completamento avulse rispetto allo strumento giurisdizione,
poiché presuppongono uno strumento di giustizia funzionante, e una delle immagini più efficaci è
quella secondo cui il legame tra gli strumenti giudiziali e stragiudiziali è visto come il DNA, ovvero
un intersecarsi di sistemi che collaborano.
Ci sono controversie in cui è facile che funzioni bene uno strumento di risoluzione e non ne
funzioni un altro.
Ad es. la conciliazione stragiudiziale si vede nel contratto con la compagnia telefonica quando ci si
lamenta con essa facendo un reclamo; se in sede di reclamo non viene risolto il problema, non si
può andare subito dal giudice ma al Coreco, ovvero una camera di conciliazione a livello regionale
che si occupa delle controversie che i cittadini hanno con le compagnie radiotelefoniche. Questo
sistema molto bene anche perché le controversie sono tutte di minimo valore.

Distinzione tra metodi alternativi di risoluzione delle controversie: gli STRUMENTI ETERONOMI e
STRUMENTI AUTONOMI.
Questi ultimi presuppongono per la loro risoluzione un accordo tra le parti, i primi invece
prevedono la presenza di un soggetto terzo che indica l’esistenza di una controversia da risolvere.

STRUMENTI ETERONOMI
Sono quelli più simili al procedimento ordinario di cognizione, in cui vi è un soggetto terzo, il
giudice, che prende una decisione indicando chi ha torto e chi ha ragione.
Gli strumenti eteronomi sono:
 l’arbitrato (rituale e irrituale)
 l’ABS, l’ACS, il Minitrial  Essi non sono vincolanti, e quindi non sono in grado di produrre
effetti vincolanti nei confronti delle parti; vengono infatti chiamati ENE, poiché sono
strumenti neutrali che non intervengono direttamente a vincolare la soluzione della
controversia ma pongono una possibile risoluzione che le parti possono o meno utilizzare.

STRUMENTI AUTONOMI
Il soggetto terzo che coopera al fine di trovare la soluzione ha solo una funzione di stimolo per le
parti e non interviene direttamente definendo la controversia di sua volontà, ma deve incitare le
parti a trovare la modalità migliore di risoluzione della controversia.
 Mediazione, negoziazione assistita, conciliazione  l’atto conclusivo è un accordo che si
fonda sulla volontà delle parti che decidono di porre fine alla controversia
 Transazione  a differenza degli altri strumenti, deve dar luogo a reciproche rinunce da
parte delle parti. Es. le parti si mettono d’accordo su una concessione reciproca: A
pretende 100 da B, B dice di non dovere nulla ad A, quindi A rinuncia a 50 e chiede 50, e B
concede 50.
Questi strumenti possono avere un contenuto di completo riconoscimento della ragione di una
parte e di completo torto delle ragioni dell’altra parte.
È possibile che il terzo (es. mediatore) venga chiamato anche per svolgere ruoli che fanno parte
degli strumenti eteronomi, ovvero quando fa una proposta alle parti. È comunque autonomo
perché la proposta non è vincolante per le parti.
Il mediatore deve formulare una proposta conciliativa solo se entrambe le parti glielo richiedono
(d.lgs. 28/2010 - Mediazione).

MEDIAZIONE
D.lgs. 28/2010.
La mediazione inizia con una domanda di mediazione che ha requisiti simili a quelli della domanda
giudiziale.
Il procedimento di mediazione ha però la finalità di trovare la soluzione più ottimale per le parti,
senza che il mediatore aggiudichi il torto e la ragione.
Non si conclude infatti con un accertamento.

04/03
L’esito del procedimento di mediazione è la conciliazione, che non è una decisione e che quindi
non aggiudica torto e ragione, ma prevede il raggiungimento di un accordo.
La transazione ha un’efficacia novativa, e quindi si estinguono i rapporti giuridici precedenti che
vengono sostituiti da quelli creati in accordo dalle parti.
La procedura di mediazione è l’attività che svolge il mediatore, ovvero colui che deve far capire
alle parti perché stanno discutendo e qual è il vero scopo che loro desiderano.
L’esempio classico è quello delle due sorelle che litigano perché entrambe vogliono un’arancia ma
ce n’è solo una, così la mamma cerca di mediare. La mamma cerca di far trovare una soluzione che
accontenti entrambe. BISOGNA CAPIRE QUAL È L’INTERESSE DELLE PARTI.
Il mediatore cerca una soluzione che solitamente il giudice non è in grado di trovare perché
vincolato dal principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (PRINCIPIO DELLA
DOMANDA).
Il verbale di conciliazione ha molti punti in comune con la sentenza (es. efficacia costitutiva ed
esecutiva), ma ovviamente non ha la funzione di accertamento come essa.

Le controversie oggetto di mediazione devono essere di tipo civile o commerciale e basarsi su


diritti disponibili.
Sono accettate anche le negoziazioni relative alle procedure di reclamo previste dalle carte di
servizi. Nel codice del consumo ci sono disposizioni che promuovono strumenti di questo tipo.

La mediazione può essere obbligatoria, facoltativa (volontaria) o demandata.


IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Il legislatore ha previsto una serie di norme a carattere procedimentale, quindi si ha una
progressiva e costante formazione dell’istituto che distrae un po’ da quella che è l’essenza della
mediazione, ovvero dalla capacità del mediatore di far conciliare le parti.
Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti; non è
detto che l’organismo sia sempre scelto dalle parti, può infatti a volte succedere che è la parte che
inizia il processo a dover scegliere l’organismo di mediazione. La scelta è molto importante perché
ci sono organismi con mediatori più o meno capaci, ovvero che si limitano a creare un incontro in
cui nessuno crede veramente (succede spesso nella mediazione obbligatoria).
Il regolamento deve garantire la riservatezza del procedimento nonché la modalità di nomina del
mediatore.
Vi sono elenchi di mediatori specializzati in determinate tipologie di controversie (es. consumo,
materia finanziaria, condominiale, diritti reali, ecc.).
Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.
La mediazione può infine svolgersi secondo modalità telematiche; esiste un regolamento dell’UE in
merito alle ODR (online disputes resolutions).

ACCESSO ALLA MEDIAZIONE  la domanda di mediazione è presentata mediante deposito di


un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la
controversia. In questo caso l’organismo non potrà dichiarare incompetenza o demandare la
controversia ad un altro organismo come succede nel procedimento giudiziale, proprio perché non
siamo all’interno di un processo e quindi non vi sono quelle regole di competenza che si trovano
nel codice del processo civile. Se l’organismo non è in grado di concludere la mediazione utilizzerà
altre norme.
L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa; questi requisiti
sono essenziali perché pur non potendosi parlare di nullità degli atti come in caso di domanda
giudiziale, anche qui l’istanza di mediazione è in grado di produrre qualche effetto sostanziale.
In caso di più domande relative alla stessa controversia la mediazione si svolge davanti
all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda.
Assume rilevanza la data del deposito dell’istanza.
Lo stesso accade quando vi sono più domande di mediazione relative alla stessa controversia non
identiche ma connesse.
All’atto del conferimento dell’incarico l’avvocato della parte deve informare il proprio assistito che
può esperire il procedimento di mediazione, e dice anche quando il procedimento è obbligatorio
perché condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Le informazioni devono essere
dichiarate in forma scritta e chiaramente; se l’avvocato non provvede ad informare, il contratto tra
l’avvocato e l’assistito è annullabile.
Il documento contenente l’informazione deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale
giudizio, e qualora il giudice accerti che manca l’allegazione dello stesso documento, informa la
parte della facoltà di chiedere la mediazione.
Lo scopo principale della obbligatorietà come condizione di procedibilità è quello di celerità del
processo civile, e quindi quello di limitare il numero di processi “inutili” davanti al giudice, i quali
possono essere risolti in altra sede.
È obbligatorio avvalersi di un avvocato solo nel caso della mediazione obbligatoria, ma non nei casi
di mediazione facoltativa e delegata.
10/03
Fino al 2006 i compensi degli avocati erano predeterminati per legge tra un min e un max; da
quell’anno Bersani ha liberalizzato i compensi conservando solo i limiti massimi ma eliminando
quelli minimi.

Davanti ad un giudice serve farsi assistere da un avvocato, salvi i casi eccezionali in cui la parte può
stare in giudizio da sola, come davanti al giudice di pace per controversie di valore minore di 2000
euro.
Quando il cliente sceglie l’avvocato deve recarsi da lui e chiedere un preventivo, che dovrebbe
essere indicato per fasi. Successivamente vi deve essere un conferimento d’incarico in cui vengono
esplicate tutte le attività che si andranno a svolgere.
Nei casi di mediazione vanno fatti firmare anche gli atti che spiegano le modalità di svolgimento
stragiudiziale a cui si potrebbe eventualmente andare in contro durante il processo.
Anche la mediazione può essere fatta tramite patrocinio a spese dello stato (l’ex gratuito
patrocinio).
In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra avvocato e assistito è
annullabile; si tratta dei casi di invalidità di protezione. Solo l’assistito può eccepire il caso di
violazione, e nessun altro, ed egli non è tenuto a pagare l’avvocato.
L’avvocato è chiamato a svolgere una funzione di filtro per l’attività giurisdizionale, poiché non
tutte le proposte del cliente devono davvero arrivare davanti al giudice.

Il legislatore ha riconfermato ed esteso recentemente la mediazione come condizione di


procedibilità della domanda giudiziale (che in passato era stata eliminata).
Possono essere sottoposte a mediazione tutte le controversie relative a diritti disponibili, ma ce ne
sono alcune che è più opportuno sottoporre: controversie in materia di condominio, in materia di
diritti reali, di divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di
aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione
con il mezzo della stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della


domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si
conclude senza l’accordo.
Lo svolgimento della mediazione non preclude la concessione dei provvedimenti urgenti e
cautelari e nemmeno la trascrizione della domanda giudiziale.

11/03
Il comma 6 del decreto stabilisce gli effetti della domanda di mediazione: dal momento di
comunicazione alle altre parti, la domanda produce sulla prescrizione gli effetti della domanda
giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola
volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il termine di
decadenza, decorrente dal deposito del verbale.
È la stessa regola che infatti vige per la domanda giudiziale del processo ordinario, in quanto anche
la sua notificazione (dell’atto di citazione) interrompe la prescrizione e la decadenza.
La differenza tra la domanda giudiziale e quella di mediazione è che la prima sospende i termini
fino a che dura il processo di mediazione, mentre la domanda giudiziale sospende i termini finché
non vi sia il passaggio in giudicato di un accertamento, e quindi di una delle sentenze.
Il procedimento di mediazione e quello giurisdizionale procedono parallelamente senza alcuna
sospensione. Se si vogliono fare entrambi si deposita l’atto di citazione e poi l’istanza di
mediazione, concedendo al convenuto un termine più lungo dei 90 gg utili per la prima udienza,
es. di 6 mesi, cosicché nel mezzo ci sia stato il tempo per svolgere la mediazione.
Se la parte che chiede tutela decide di non voler iniziare il processo giurisdizionale, ma preferisce
avviare quello di mediazione.
La proposizione della domanda di mediazione presuppone che venga anche impedita la
decadenza, ma può accadere per una sola volta, nel senso che l’eventuale riproposizione di
un’altra domanda di mediazione se la prima non è andata a buon fine, non produrrà nuovamente
l’impedimento della decadenza.
Perché la domanda di mediazione possa produrre l’effetto interruttivo della prescrizione è
necessario che la domanda contenga tutti gli elementi necessari perché ciò avvenga; questi
elementi necessari sono le parti, l’oggetto e la ragione della pretesa. Se questi elementi non sono
chiari la domanda non è in grado di produrre i suoi effetti, è nulla, e se anche viene sanata i suoi
effetti si produrranno solo con efficacia irretroattiva, e cioè partono dal momento della sanatoria.
L’effetto interruttivo della prescrizione parte dal momento comunicativo alle altre parti, così come
accade per la notificazione dell’atto di citazione nel processo ordinario.
Anche con la domanda di mediazione iniziano a prodursi i frutti civili e, nel caso in cui la
mediazione non avrà successo, pure gli interessi giudiziali punitivi.

Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a 3 mesi (esclusa la sospensione


feriale). Il termine decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione o dalla scadenza di
quello fissato dal giudice per il deposito della stessa anche nei cadi in cui il giudice dispone il rinvio
della causa.
Termine perentorio o ordinatorio? Nel silenzio della legge i termini sono sempre ordinatori.
La differenza è che quelli perentori possono essere prorogati prima della scadenza, mentre quelli
ordinatori no, e che i primi se non rispettati portano all’invalidità dell’atto, mentre i secondi no.
Questo termine di 3 mesi è ordinatorio. Quindi anche l’eventuale conciliazione raggiunta oltre il
termine sarà valida.
Il termine di 3 mesi è previsto nei casi di mediazione come condizione di procedibilità o nei casi di
mediazione delegata, e serve principalmente per la proposizione della domanda giudiziale.

La legge Pinto (24 marzo 2001), riguardante la ragionevole durata del processo, dice che il
processo ordinario dovrebbe durare 6 anni al massimo, e se non viene rispettato le parti possono
chiedere un indennizzo allo stato davanti alla corte d’appello.
Per la mediazione non si computano ai fini di questa legge il periodo di 3 mesi e quello del rinvio
disposto dal giudice.

Per quanto riguarda il procedimento della mediazione, una volta presentata la domanda di
mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro fra le
parti non oltre 30 giorni dal deposito della domanda.
La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte. Gli effetti sostanziali
della domanda si produrranno infatti solo nel momento in cui la controparte riceverà la
comunicazione.
Se invece l’istante vuole anticipare la produzione di questi effetti dovrà depositare la domanda e
contemporaneamente anche comunicarla alla controparte.
Nella mediazione non si può parlare di contumacia, perché essa presuppone una costituzione in
giudizio.
Decisivo per lo svolgimento della procedura è il primo incontro; da esso e fino al termine della
procedura le parti devono partecipare con la presenza dell’avvocato (solo per la mediazione
obbligatoria).
Nel primo incontro il mediatore spiega le modalità di procedura di mediazione, invita le parti e i
loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura e, nel caso positivo, procede con
lo svolgimento.
Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno
o più mediatori ausiliari (come il consulente tecnico nel processo ordinario).
Il procedimento di mediazione si può svolgere presso la sede dell’organismo di mediazione o nel
luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo (oggi anche da remoto). Non c’è
nessuna indicazione riguardo alla metodologia con cui deve svolgersi, perché non sono procedure
giuridiche e quindi ogni mediatore può adottare maniere diverse in ragione delle reazioni e della
condotta delle parti in lite, nonché dei loro difensori, se presenti.
Il mediatore può avvalersi di un consulente, ma possono avvalersene anche le parti.

16/03

17/03
IMPUGNAZIONE DELL’ACCORDO CONCILIATIVO
Essendo la conciliazione un negozio giuridico, si applicano i normali metodi impugnativi in
conseguenza di errore, dolo e violenza, annullabilità e nullità. È piuttosto difficile che vi sia un caso
di violenza essendo sempre presente il conciliatore e i due avvocati.
Il caso più frequente è la nullità del contratto, perché contrario a norme imperative, all’ordine
pubblico, ecc.

NEGOZIAZIONE ASSISTITA
La figura centrale è quella dell’avvocato.
La legge che se ne occupa è un decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, che è stato poi convertito
in legge con l. 162/2014.
Analizziamo il D.lg.
Art 2  convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati: è un accoro mediante il quale
le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la
controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo.
È fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di affidare la convenzione di negoziazione alla
propria avvocatura, ove presente.
La maggior parte del contenzioso in Italia è con le pubbliche amministrazioni, e in quei casi non c’è
mai nessuno che vuole assumersi la responsabilità, quindi si ricorre all’avvocatura della PA.
La convenzione deve specificare il termine concordato dalle parti per l’espletamento della
procedura e l’oggetto della controversia.
La convenzione di negoziazione è redatta, a pena di nullità, in forma scritta.
Art 3  improcedibilità: improcedibilità generalizzata per tutte le controversie fino a 50.000 euro
e per tutte le cause che derivano dalla circolazione di veicoli.
Non si applica a obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e
consumatori.
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal
giudice, non oltre la prima udienza.

18/03
Ricordiamo che il mediatore può anche non essere un giurista, mentre nella negoziazione è
necessario che vi siano gli avvocati.
La decisione di entrambi gli strumenti non è vincolante per le parti, che possono accettarla oppure
rivolgersi al giudice.

Abf: arbitro bancario finanziario


Acf: arbitro per le controversie finanziarie
Queste due figure non c’entrano nulla con quella dell’arbitrato.

23/03
24/03
25/03
ARBITRATO
Arbitrato rituale e arbitrato irrituale.

Alcune norme stabiliscono regole inderogabili sul processo arbitrale ma la maggior parte delle
norme (es. 808-ter) si limitano a integrare la volontà delle parti in caso di lacune.
L’arbitrato non rientra nell’ambito degli art 101-102 Cost. il processo deve conformarsi al prinicpio
del contraddittorio, il quale vuole anche altri principi (parità delle armi, terzietà e imparzialità del
giudice).

OGNI DECISIONE DEGLI ADR, ANCHE DELL’ARBITRATO, PUò SEMPRE ESSERE IMPUGNATA DAVANTI
AL GIUDICE ORDINARIO DOPO LA FINE DEL PROCESSO ALTERNATIVO.

30/03
31/03

Potrebbero piacerti anche