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Ieri si è parlato della motivazione (art. 3 della legge 241/1990) e ci siamo fermati
con la motivazione per relationem, cioè il fatto che la motivazione, se risulta da
altro atto, l’amministrazione è tenuta a mettere a disposizione l’altro atto, in modo
che il provvedimento sia leggibile nella sua motivazione e, quindi, la funzione della
motivazione sia assolta.
L’art. 3 ha anche un altro comma (fin dalle origini) che è il quarto e che pone un
tema su cui dovremo tornare (in realtà non si capisce bene perché non ha alcun
legame con la motivazione, però sta in questo articolo e quindi se ne parla in questa
occasione). Questo comma apre uno scenario diverso, nuovo, cioè noi abbiamo detto
che tutto il sistema si fonda sulla legittimità, partendo da questa per poi arrivare
all’efficacia, all‘efficienza, alla leale collaborazione (una miriade di principi che poi
vedremo), ma il punto di partenza è, appunto, la legittimità, perché nello stato di
diritto l’amministrazione deve rispettare la legge. Il sistema si è formato in questo
modo, se l’amministrazione viola la legge e, cioè, il provvedimento è illegittimo,
questo deve essere annullato. Cioè per l'illegittimità abbiamo l’annullabilità
(annullamento). Sistema di invalidità vede l’illegittimità e la nullità, il provvedimento
produce effetti anche se illegittimo, però l’annullamento è un principio generale per il
quale retroagisce come se il provvedimento non avesse prodotto effetti (ma
torneremo su questo punto). Un punto fermo, è che il provvedimento illegittimo è
annullabile (su questo sistema si sono fondate decine di generazioni di giudici, di
studiosi e di amministratori). Il comma 4 introduce questo principio (il prof non trova
il comma e quindi va a memoria) “se l’illegittimità può essere fatta valere ed è stata
lesa la posizione di un soggetto, questo vizio lo può far valere solo il soggetto leso e
non chiunque, pur se il provvedimento è illegittimo”.
(Il prof trova l’articolo e legge la norma) “In ogni atto notificato al destinatario
devono essere indicato il termine e l’autorità a cui è possibile ricorrere”.
Es: voi vi iscrivete al secondo anno di scienze dell’amministrazione e non avete
pagato le tasse e quindi vi arriva un atto del rettore che vi comunica che non è
possibile iscrivervi al secondo anno. In questo atto ci deve essere anche indicata
l’autorità giurisdizionale e il termine per ricorrere contro quest’atto (cioè è possibile
fare ricorso al tribunale amministrativo regionale o il ricorso al presidente della
repubblica, il primo entro 60 giorni e il secondo entro 120 giorni).
Un atto, quindi, che non ha questa indicazione deve considerarsi un atto illegittimo
perché viola questo comma 4 (qualunque atto che vi viene inviato e notificato alla
fine deve indicare l’autorità emanante ed il termine, e queste sono norme a tutela del
cittadino). Il punto è se l‘atto non contiene questa indicazione, infatti, l‘atto è
illegittimo e dovrebbe essere annullato secondo l‘equazione analizzata. Voi
immaginate che facciate ricorso lo stesso, anche se l’atto non lo dice e impugnate
l’atto, che senso ha annullare quell’atto, se voi avete proposto ricorso e quindi fatto
quello che l’atto prevedeva che voi poteste fare (cioè vi comunica una facoltà che voi
avete già esercitato)? C’è poi l‘ipotesi in cui voi non fate ricorso, e su questo la
giurisprudenza ha espresso i seguenti principi:
- Nel primo caso, c’è l’ipotesi in cui voi, comunque, proponete ricorso contro questo
provvedimento, vale il principio del vizio formale (su cui poi dovremmo tornare) ed
il principio della strumentalità delle forme, cioè la forma è finalizzata a raggiungere
un risultato, se questo risultato comunque è raggiunto, abbiamo una invalidità che
non comporta illegittimità dell’atto. In realtà l’atto è un’altra cosa, qui stiamo
parlando di una comunicazione che deve essere messa in calce all’atto, ma è separata
dall’atto in se e, quindi, l’atto non è affetto da illegittimità (o quando è un vizio lieve,
irregolarità, finalizzato ad ottenere un risultato che può prodursi a prescindere da
questa indicazione). Non sempre, quindi, il vizio formale determina un’illegittimità di
gravità tale da determinare l’annullamento. Questo allorchè l’effetto si produca lo
stesso e cioè con il principio della strumentalità delle forme, cioè la forma è
finalizzata ad assicurare la garanzia (e quindi la tutela → se io la tutela riuscissi ad
ottenerla da solo, non avrebbe senso annullare il provvedimento). C'è quindi
un’interesse alla conservazione del provvedimento la cui illegittimità non ha leso la
posizione del soggetto.
- Nel caso in cui il provvedimento non contenga quest’indicazione, c’è stata una fase
della giurisprudenza che diceva “non fa niente è un vizio formale”, l’ignoranza della
legge non è giustificata e, di conseguenza, se fai ricorso oltre I 60 giorni il ricorso è
tardivo. Oggi, invece, la giurisprudenza tende maggiormente ad ammettere l’errore
scusabile, cioè questa figura processuale per la quale l’atto non conteneva
l’indicazione. Quest’idea dei vizi formali di violazione di legge, che determinano
l’illegittimità, ma non determinano necessariamente l’annullamento, lo ritroviamo
quando parleremo del famigerato art. 21-octies della legge 241/1990.
Andiamo avanti e parliamo del responsabile del procedimento che ha una disciplina
molto precisa, ma quello che a noi interessa al di là dei profili organizzativi è il ruolo,
la funzione e l’importanza di questa figura innovativa.
Ci sono una serie di parti della legge 241 che l’amministrazione italiana non ha mai
sopportato perché valutava con un appesantimento del procedimento, invece la figura
del responsabile del procedimento è stata una delle riforme che è stata
immediatamente attuata. La legge 241 ha comportato un cambiamento culturale nella
pubblica amministrazione, c’è chi l’ha recepito facilmente e chi invece ha fatto una
serie di resistenze, in particolare su certi aspetti. Stiamo per parlare della
partecipazione che è uno degli elementi che maggiormente si sono scontrati contro
una cultura contraria alla partecipazione stessa e vedremo, poi, in che limiti. Il
responsabile del procedimento, invece, è stata una figura che è stata subito accettata
(ad esempio già all'università, se non avete avuto la borsa di studio sapete che potete
rifarvi ad un responsabile del procedimento, così come si possono prendere visione
dei documenti in giorni prestabiliti ecc). Il responsabile del procedimento è una figura
che ha più funzioni (polifunzionale) perché è, certamente, un’espressione di
trasparenza. Affinché abbia una funzione, deve avere un nome, indicando la persona
fisica responsabile della pratica. Non solo è indicata, ma questa nomina del
funzionario del responsabile del procedimento deve essere comunicata e se non c’è
comunicazione non abbiamo il responsabile del procedimento. La funzione
fondamentale è che si sappia chi è, perché è colui che è responsabile e quindi ha il
principio della responsabilità (la caratteristica fondamentale dell’amministrazione
italiana è l’irresponsabilità e l’anonimato {il porto delle nebbie} → quando si dice
che per far passare una pratica da una scrivania ad un’altra ci vogliono venti giorni, il
responsabile del procedimento è la persona fisica con la quale voi potete dialogare, ha
una funzione di trasparenza apparendo all’esterno, il cosiddetto volto
dell’amministrazione. Pensate al cosiddetto castello di Kafka per il quale un accusato
non sa di cos’è accusato, da chi è accusato e con chi deve parlare). Il responsabile,
quindi, se da un lato è una figura di trasparenza, dall‘altro è una figura di efficienza,
cioè lui è il motore e colui che segue il procedimento dall’inizio alla fine, colui che
porta il procedimento al provvedimento, colui che può anche redigere il
provvedimento o proporre il provvedimento a colui che lo deve adottare e, quindi, ha
un ruolo fondamentale dall’inizio alla fine. Il responsabile ha a cura anche il tempo,
come abbiamo visto ieri, in caso di silenzio c’è la responsabilità dirigenziale, da
danno erariale, contabile, la responsabilità disciplinare e quindi si è veramente
responsabili, non vi è più una responsabilità collettiva per la quale “dipende da tutti e
quindi nessuno è responsabile”, ma lui è responsabile nel vero senso della parola,
anche della conclusione del procedimento stesso. Su questo soggetto ricadono una
serie di oneri, di scelte, di decisioni per le quali non ci troviamo di fronte (tipo) alla
legge austriaca, alla legge tedesca che ti imponevano di fare cose, il responsabile ha
la responsabilità dell’istruttoria, però non ti obbliga ma è una legge che serve ad
indicarti a fare cose, indicarti per degli obiettivi. Lui ti indirizza, poi sta a te scegliere
un determinato indirizzo piuttosto che un altro nell’istruttoria. Ricordiamo il principio
del non aggravamento, non ha senso chiedere pareri a mezzo mondo, assumiti le tue
responsabilità e decidi da solo, se la legge non ti dice che devi richiedere pareri a
qualcuno, se lo chiedi ti assumi la responsabilità della perdita di tempo e, quindi,
sono rimessi a costui le scelte su come portare avanti il procedimento (principio del
non aggravamento perché in alcuni casi i pareri possono essere inutili, magari su un
argomento già consolidato). Il responsabile è stata una grande riforma di apertura
democratica, per far conoscere l’amministrazione al cittadino. Come dicevamo la
figura del responsabile va sempre vista accanto alla figura del tempo, con l’obbligo di
adottare il provvedimento, di chiudere, completare il procedimento con un
provvedimento espresso, questo tempo che incombe (non a caso durante il lockdown
sono stati sospesi i termini processuali, ma anche i termini dei procedimenti
amministrativi perché non si poteva andare a lavoro e non poteva decorrere il
termine).
Le norme sul responsabile del procedimento sono, forse, eccessive: art. 4, 5, 6.
Art. 4: l’idea di fondo è che deve essere prestabilito prima l’unità organizzativa che
si dovrà occupare di quel tipo di procedimento, cioè prima che abbia inizio quel tipo
di procedimento, l’amministrazione deve essere già organizzata, sapendo quale unità
organizzativa è responsabile.
“Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche
amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo
ad atti di loro competenza l’unità organizzativa responsabile della istruttoria e di
ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento
finale.”
La trasparenza sta anche in questo: si stabilisce prima, anche in base alle competenze.
Sul sito delle amministrazioni, i dirigenti sono resi pubblici, cosa e quali settori
dirigono.
Art. 6:
“Il responsabile del procedimento:
a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione
(es. tu sei il proprietario e puoi chiedere allora il permesso di costruire;
se vuoi partecipare ad un concorso verifica se hai il titolo di studio richiesto) ed i
presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di provvedimento;
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e
adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito (devi fare bene e devi fare presto.
Spesso per fare presto non si fa bene e quindi il responsabile deve trovare un
equilibrio tra il fare bene e presto. Es. se c’è una segnalazione che sta crollando un
palazzo, lui immediatamente fa fare un sopralluogo dall’ufficio tecnico per vedere se
bisogna chiudere la strada) svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere
il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o
incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni
documentali;
c) propone l’indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di
cui all’articolo 14 (questa è una cosa molto importante);
d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai
regolamenti;
e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli
atti all’organo competente per l’adozione. L'organo competente per l'adozione del
provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può
discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del
procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.”
(Es. il responsabile del procedimento mi ha detto di fare cosi ma io non sono
d’accordo e quindi motivo l’atto ma anche le ragioni per cui non sono d’accordo con
il responsabile del procedimento che, invece, mi aveva detto di fare in un altro modo,
quindi, deve fare una duplice motivazione).
Anche l’art. 6-bis è stato aggiunto nell’epoca anti-corruttista, dalla legge 190/2012,
la legge anti-corruzione (legge del governo Monti).
Art. 6-bis: “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad
adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il
provvedimento finale (tutti i pubblici funzionari che devono esprimersi su ogni
singola questione) devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni
situazione di conflitto, anche potenziale.”
E’ una norma banalissima. Prima non c’era una norma di questo genere.
Prima si applicavano i principi, le norme che riguardano l’astensione del giudice,
applicandosi automaticamente; qui, c’è proprio la norma riguardante il pubblico
funzionario, il giudice, perché è stata introdotta la legge anti-corruzione, si è questo
art.6-bis.
LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO
Questo era un tema molto discusso perché, da una parte, ovviamente, nell’ambito
delle cose viste con sfavore dall’amministrazione ci stava anche quello di escludere
dall’obbligo di comunicazione i procedimenti ad iniziativa di parte. E invece no,
infatti, nel 2005 la legge 241 ha subito grandi modifiche e fra l’altro si è risolto il
problema che è stato dibattuto per 15 anni (dal 1990 al 2005).
Infine vi è la norma chiave, cioè l’art. 10, in cui si racchiude l’idea di interesse
legittimo. Questo art. dice tutto quello che dobbiamo capire della partecipazione.
a) di prendere visione degli atti del procedimento. Come abbiamo visto nell’art. 7 si
dice dove puoi prendere visione degli atti, quali sono i documenti. E’ la filosofia del
contraddittorio: io mi devo difendere. Quando il pubblico ministero, dopo una serie di
proroghe, finisce di indagare su di me, mi comunica che ha finito le indagini e mi
dice che ho 30 giorni di tempo (perché io chiederò il rinvio a giudizio per
concussione, corruzione, abuso d’ufficio) e che questi sono gli atti a mia disposizione
che mi invita a conoscere. Si tratta del principio del contraddittorio: gli avvocati
prendono visione degli atti su cui si basa l’inchiesta. Qui c’è la stessa filosofia perché,
come dicevamo, il procedimento nasce dal processo: il principio del giusto
procedimento (principio tenuto dalla legge) che si basa sul contraddittorio. Quindi io
devo vedere i documenti in base ai quali tu vuoi revocarmi la concessione, ad
esempio c’è una consulenza geologica che mi dice che la non si può costruire e io
posso presentare un’altra consulenza tramite un consulente tecnico privato che dice il
contrario. Quindi, innanzitutto, devo prendere visione.
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di
valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento”. Questa norma già
l’abbiamo vista e in questo consiste la partecipazione nel nostro ordinamento. Non è
prevista la partecipazione orale, non sono previste assemblee pubbliche, non è
previsto un incontro tra amministrazioni e e cittadini per discutere. Erano inseriti nel
testo della commissione Nigro, nei procedimenti di massa (c’era una norma sui
procedimenti di massa: in tutti i casi in cui era coinvolto un territorio c’era la
possibilità di fare assemblee pubbliche che sono state adottate dalla legislazione
americana. Da noi la partecipazione, nei procedimenti di massa, è successiva o
intermedia, cioè si fanno osservazioni su qualcosa che si è già fatto.
La norma chiave sta nel fatto che si può presentare osservazioni e memorie che
l’amministrazione ha l’obbligo di prendere in considerazione ma queste osservazioni
e memorie devono essere collegate, pertinenti all’oggetto del procedimento. Questa
norma è la trasposizione in chiave normativa, legislativa dell’idea di interesse
legittimo e va letta in combinazione con l’obbligo di motivazione. È evidente che se
non c’è l’obbligo di motivazione io non posso capire se tu hai valutato, preso in
considerazione. Quindi non avrebbe senso la partecipazione se non vi fosse l’obbligo
di presa in considerazione e se non vi fosse l’obbligo di motivazione non avrebbe
senso l’obbligo di presa in considerazione.
L’art.21-octies è stato introdotto anche esso nel 2005, quindi dopo 15 anni di
sperimentazione (il mondo era cambiato con la globalizzazione). Quindi si è parlato
di qualità e quantità della partecipazione, cioè ci vuole pure la qualità, la
partecipazione deve essere costruttiva, deve avere un ruolo, altrimenti è un feticcio
vuoto.
È giusto annullare dei provvedimenti che hanno dei vizi formali ma di cui il
contenuto non poteva essere diverso? È vero che c’è un vizio ma non merita di essere
annullato. C’è un discorso tutela di provvedimenti che seppur formalmente illegittimi
contengono delle decisioni giuste. Quindi il provvedimento è rispettoso della legge,
rispettoso dell’interesse pubblico ma allo stesso tempo è formalmente illegittimo
perché viola la norma. Ma anche se io non avessi violato la norma il suo contenuto
sarebbe stato lo stesso, quindi non ha senso annullarlo.