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Lezione Boccagna 2 aprile 2019

ARGOMENTI:
o Istruzione nel processo de lavoro
o Art 421 -115
o Art 426,427,439
o PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE ISTRUTTORE (ORDINANZA E RELATIVO REGIME)
o ART 176,177,178
o Focus processo esecutivo: opposizione agli atti esecutivi
o Ordinanze decisorie

Bene, a conclusione di queste lezioni sull' istruzione probatoria vediamo un po' la situazione del processo del lavoro.
Adesso abbiamo parlato dell'Istruzione nel rito ordinario, quindi dei mezzi di prova e anche delle modalità di
assunzione, quindi efficacia, limiti, ammissibilità, efficacia, abbiamo detto della ripartizione della materia tra codice
civile e codice di procedura civile e modalità di assunzione.
Vediamo un po’ qual è la disciplina dell'Istruzione nel processo del lavoro, quindi sempre tenendo fede diciamo al
nostro proposito originario di studiare il processo del lavoro un po' per differenza rispetto a quello ordinario.

Domanda di una ragazza => relativa alle teorie spiegate dalla dottoressa Pinto nella lezione precedente.
RISPOSTA PROF. => Allora insomma qua il problema è quello di stabilire se quando l'articolo 670 parla di controversie
sul diritto all'esibizione o alla comunicazione=> si tratta di un diritto all'esibizione di carattere sostanziale, quindi qua
poi si può ritenere o un diritto sul documento , quindi sono proprietario di quella lettera che sta presso il mio
avversario, presso un terzo, oppure un diritto sostanziale all'esibizione (pensate alla disciplina del conto corrente
bancario , il correntista ha verso la banca un diritto sostanziale previsto dalla disciplina legale o contrattuale
dell'accordo di conto corrente all'esibizione dell'estratto conto , questo è un diritto sostanziale all'esibizione ) quindi
controversia sul diritto all’ esibizione si avrebbe quando è discusso se un soggetto abbia diritto all'esibizione o alla
comunicazione di un documento, ma sul piano sostanziale.
Invece, secondo un'altra opinione vi sarebbe controversia sul diritto all'esibizione anche in caso di inottemperanza
all'ordine giudiziale di esibizione, quindi quando io ho chiesto nel processo l'esibizione di un documento, quindi con
finalità istruttorie, questa richiesta di esibizione e quindi il conseguente ordine di esibizione prescinde da un diritto
sostanziale sul documento , una volta si discuteva di questo, ormai è pacifico, se ne discute in merito al sequestro
giudiziario, ma non più in relazione all’ordine di esibizione, cioè è pacifico che l'ordine di esibizione prescinde
dall'esistenza di un diritto sostanziale della parte istante all'esibizione del documento, quindi ha una finalità
meramente istruttoria, quindi io chiedo l'esibizione perché quel documento può servire a fini probatori => allora se
quest’ ordine del giudice rimane inadempiuto si può dire che questo inadempimento fa sorgere una controversia sul
diritto all'esibizione? No, non si potrebbe dire, è una forzatura perché l'ordine di esibizione è già stato emanato , non
c'è alcuna controversia sul diritto all'esibizione , perché nel momento in cui il giudice ha ordinato l'esibizione la parte
o il terzo destinatario dell'ordine devono esibire i documenti, è una forzatura che si fa per piegare il sequestro
giudiziario ad una finalità che non è quella sua propria , cioè per rendere , per fare del sequestro giudiziario, che è
uno strumento di conservazione della prova, per farne invece uno strumento di attuazione dell'ordine di esibizione,
quindi una finalità esecutiva sostanzialmente , quindi io chiedo il sequestro perché la parte o il terzo destinatario
dell'ordine di esibizione non hanno ottemperato all'ordine di esibizione ,questa è l’idea di fondo. Si può fare? Si
discute:
- secondo una parte della dottrina si può fare, però è una parte della dottrina che opera una -direi anche
consapevole- forzatura del dato processuale, perché inadempimento all'ordine di esibizione e controversia
sul diritto all'esibizione sono due cose diverse =>qui non c'è alcuna controversia, dove sta la controversia in
caso di inottemperanza? Non c’è controversia , la norma, il 670 numero 2, è stata pensata con riguardo a
tutt'altra finalità, però c'è stato questo tentativo che è un tentativo comunque apprezzabile, perché è un
modo per dotare l'ordine di esibizione - questo lo avevamo accennato anche noi quando abbiamo parlato
dell'ispezione, un po’ lo stesso discorso- le conseguenze previste dalla legge non sono sufficienti ad
assicurare l'effettività dell'ordine di ispezione in un caso e dell’ordine di esibizione nell’altro , quindi c'è
questo tentativo.
C'è chi dice che questo non si può fare perché è una forzatura eccessiva
- quindi non so se poi la dottoressa Pinto vi abbia riferito la tesi di un’altra parte della dottrina, ad esempio
PROTO PISANI, che ritiene applicabile in questo caso analogicamente la disposizione sull’

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accompagnamento coattivo dei testimoni => è un altro modo per assicurare l'effettività dell'ordine di
esibizione senza passare per la forzatura del 670

Il sequestro non si può usare per attuare coattivamente l’ordine di esibizione => Q UESTA È LA TESI PREVALENTE CHE
TROVIAMO ANCHE NEL CONSOLO

Adesso diamo uno sguardo all’ articolo 421 che disciplina I POTERI ISTRUTTORI DEL GIUDICE del lavoro

La disposizione che ci interessa è quella contenuta nel secondo comma.

Dice il 421 secondo comma che il giudice del lavoro può altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di
ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la
richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti . Si osserva la
disposizione del comma sesto dell'articolo precedente.

3 COMMA Dispone, su istanza di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purché necessario al fine dell'accertamento dei
fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l'utilità, l'esame dei testimoni sul luogo stesso.

Nel secondo comma dobbiamo notare due punti che rappresentano altrettante deviazioni dal regime ordinario
Il giudice del lavoro ha poteri istruttori più ampi del giudice del processo ordinario e questo possiamo collegarlo
anche a quanto abbiamo visto a suo tempo in relazione alla diversa disciplina delle preclusioni nel rito del lavoro
rispetto al rito ordinario.

In particolare noi abbiamo visto che nel rito del lavoro le preclusioni sono più rigide, scattano prima e questo in
particolare proprio con riferimento alle preclusioni istruttorie, alle richieste istruttorie.
Abbiamo visto che mentre nel rito ordinario le richieste istruttorie si possono fare – diciamo- a valle dell'udienza ex
articolo 183, cioè quando è già stato o dovrebbe essere già stato fissato il Thema decidendum e il Thema probandum
, quindi le richieste istruttorie si collocano a valle della trattazione, della determinazione del Thema decidendum e
Thema probandum che avviene nell’ udienza e nelle prime due memorie, nella seconda memoria c'è un parziale
accavallamento, perché la seconda memoria è di replica e al tempo stesso serve a formulare le richieste di prova
diretta.
 Ma questo accavallamento nel rito del lavoro è ancora più netto, perché le preclusioni istruttorie maturano
negli atti introduttivi, quindi le parti sono tenute a formulare a pena di decadenza le richieste istruttorie nel
ricorso e nella memoria difensiva, cioè prima che sia fissato il Thema decidendum e il Thema probandum,
prima di sapere quali sono i fatti rilevanti, prima di sapere quali sono i fatti controversi, se una determinata
allegazione sarà contestata o meno dalla controparte.
Questo può comportare il rischio di decadenza istruttoria.
Allora il legislatore del 73 specialmente nella prospettiva della tutela della parte debole, cioè il lavoratore , come
sappiamo il rapporto di lavoro -almeno in teoria - è un rapporto istituzionalmente squilibrato (c'è una parte forte e
una parte debole, non sempre è così , ma in linea di principio è così, è ancora così , anzi da un certo punto di vista è
sempre più così )e allora il legislatore del ‘73, che era un legislatore che aveva a cuore la tutela del lavoro, si
preoccupa di introdurre un correttivo al rigore delle preclusioni istruttorie e il correttivo è rappresentato
dall'attribuzione al giudice di poteri istruttori officiosi => c’è questo giudice che è protagonista - oggi è protagonista
anche del rito ordinario, ma all'epoca ,nel 73, il rito ordinario era quello introdotto dalla riforma del 50 abbiamo
detto che non c'erano quasi preclusioni, era un processo - così per semplificare - rimesso tutto all'iniziativa delle parti
e nel quale le iniziative di allegazione , prove delle parti avevano un ampio margine, un ampio spazio per dispiegarsi-
invece qui abbiamo un modello di processo di cognizione che poi è stato parzialmente recepito anche per il rito
ordinario dalla riforma del ‘90 in cui
- per un verso ci sono le preclusioni, perché legislatore del 73 voleva garantire un processo concentrato, quindi
quanto più rapido possibile, questo sempre nell'interesse dei soggetti deboli, si parla, si discute dei diritti
aventi una funzione non patrimoniale, quindi da un lato c'è questa esigenza di celerità
- dall'altro però le preclusioni non possono andare a danno della giustizia sostanziale della decisione, perché
questo è il pericolo delle preclusioni => sacrificare sull'altare della concentrazione processuale, della celerità,
la giustizia sostanziale della decisione

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Allora ecco il correttivo rappresentato dall’ attribuzione al giudice di poteri istruttori officiosi, infatti il 421 dice
proprio che il giudice può disporre d'ufficio l’assunzione di ogni mezzo di prova, questa è la prima deroga rispetto al
processo ordinario, dove, invece, vale il principio di disponibilità delle prove quindi l'articolo 115

Dobbiamo mettere in relazione il 421 col 115


L’art 421 => rovescia il rapporto regola - eccezione
il 115 => dice Salvo i casi previsti dalla legge il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove che gli sono
richieste dalle parti, quindi la regola è l'iniziativa ,la richiesta della parte , l'eccezione è rappresentata
dall'attribuzione al giudice di poteri officiosi e abbiamo visto che però sono presenti anche lì’, specie nel processo
davanti al tribunale in composizione monocratica => c'è quella norma importante sul potere del giudice di disporre
d'ufficio l'assunzione della prova testimoniale quando le parti si sono riferite a terzi a conoscenza dei fatti di causa

In pratica la differenza non è così accentuata , ma se stiamo alla formulazione delle norme NEL RITO DEL LAVORO il
rapporto regola / eccezione è rovesciato => la regola è rappresentata dal potere del giudice di disporre d'ufficio l’
assunzione di ogni mezzo di prova tranne il giuramento decisorio ( ma qui si spiega con la struttura del giuramento
decisorio , che abbiamo visto è tutto basato su questo gioco : deferimento riferimento , quindi non è concepibile un’
iniziativa ufficiosa ) e poi c'è questa previsione strana che dispone su istanza di parte l'accesso sul luogo di lavoro e
questo è strano, perché in realtà l'accesso sul luogo del lavoro non è che un’ ispezione , è una particolare applicazione
dell'ispezione, che è disponibile d'ufficio quindi è un po' strano che proprio nel rito del lavoro, caratterizzato da
maggiori poteri istruttori , si trova che su istanza di parte può essere disposto l'unico mezzo di prova che nel rito
ordinario può essere disposto d’ ufficio , evidentemente il legislatore del 73 ha ritenuto che questo potere potesse
essere un po' troppo invasivo, quindi l’accesso sul luogo del lavoro deve essere chiesto dalla parte

Qui il problema è vedere se si possono applicare però le norme sull’ispezione, quindi ritenere che non ai sensi
dell'articolo 421 terzo comma, ma ai sensi del 118 il giudice del lavoro possa disporre d'ufficio l'ispezione anche sul
luogo del lavoro, poi si tratta di capire il rapporto che c’è tra l'ispezione ex articolo 118 e l'accesso ex articolo 421.

1. Comunque la prima deroga è questa => che il giudice del lavoro può disporre d'ufficio l'assunzione di ogni
mezzo di prova
2. la seconda deroga => è che lo può fare anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile.
Allora noi sappiamo che nel codice civile sono disciplinati i limiti di ammissibilità delle prove => questi limiti
di ammissibilità nel processo del lavoro non valgono ( pensiamo ad esempio –è quello poi l’ambito più
rilevante e significativo- ai limiti oggettivi di ammissibilità della prova testimoniale, articolo 2721 e seguenti ,
tutte quelle norme che disciplinano in modo alquanto restrittivo la prova testimoniale dei contratti =>
queste norme possono essere derogate , il giudice nel processo del lavoro, quindi non stiamo parlando del
2724, qua è bene stare attenti perché i limiti alla prova testimoniale sono derogabili in alcuni casi anche
nel processo ordinario e sono quei casi in cui la prova testimoniale è ammessa quando :
- c'è un principio di prova per iscritto
- quando la parte è stata nell’impossibilità di procurarsi il materiale, il documento
- quando ha senza sua colpa …
Invece, nel processo del lavoro quei limiti possono essere superati anche indipendentemente dalle circostanze, quindi
dal ricorrere delle situazioni previste nell'articolo 2724

L’articolo 421 richiama soltanto - lo richiama per escluderne l'operatività o meglio per consentirne la deroga - i limiti
stabiliti dal codice civile, non… quindi con particolare riguardo alla prova testimoniale si tratta di limiti oggettivi alla
prova testimoniale previsti dagli articoli 2721 e seguenti del codice civile e non anche dei limiti soggettivi della prova
testimoniale previsti invece nel codice di procedura civile, articolo 246 e seguenti del codice di procedura civile
È importante qui che il richiamo sia al codice civile, quindi non è la stessa cosa dire anche oltre i limiti previsti dal
codice di procedura civile o genericamente oltre i limiti previsti dalla legge
Molto spesso all'esame SI DICE i limiti previsti dal codice, quale codice? Un codice
È importante qua capire quale codice è, perché i limiti previsti dal codice di procedura civile, il giudice del lavoro,
non li può superare o almeno non li può superare sulla base del secondo comma dell'articolo 421

Allora voi ricorderete – di questi limiti soggettivi ne avrete parlato anche con la dottoressa Raganati mercoledì
scorso trattando della prova testimoniale => quindi della incapacità a testimoniare di chi ha interesse in causa , dei
terzi aventi un interesse nella causa tale da legittimare la loro partecipazione al giudizio e poi il divieto di
testimoniare a carico di taluni congiunti delle parti , divieto che però è caduto sotto la scure DELLA CORTE
COSTITUZIONALE, SENTENZA n. 248 DEL 1974, il bastone e la carota ,questo l’ abbiamo visto anche nella prima
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parte, le teorie del libero convincimento del giudice , quindi contrarie alla previsione di limiti legali di ammissibilità
delle prove, che sono poi in realtà delle regole di prova legale in negativo, => la testimonianza del congiunto non vale
niente, è inammissibile significa dire non vale niente, sulla base di una valutazione a monte del legislatore che finisce
per escludere il libero convincimento del giudice

Allora c'era quell’ idea di dire No, il giudice, deve essere ammissibile tutto ciò che è rilevante ed è il giudice che deve
valutare e rispetto a questa impostazione la CORTE COSTITUZIONALE NEL 74 DISSE UN PO' SÌ e UN PO' NO , perché ci
fu la declaratoria di incostituzionalità del 247 , ma invece fu rigettata la questione del 246 che invece mirava ad
introdurre nel nostro ordinamento la testimonianza della parte => LÌ LA CORTE COSTITUZIONALE NON SE LA
Sentì ,DISSE è UN PROBLEMA DI DISCREZIONALITÀ DEL LEGISLATORE

Perché ho richiamato questa vicenda?


Perché nel 73, quindi prima della sentenza della CORTE COSTITUZIONALE, il legislatore del processo del lavoro aveva -
non so se di questo avete parlato, cioè delle conseguenze della declaratoria di incostituzionalità del 247 nel processo
del lavoro- dettato una disposizione ad hoc

quindi nell'ultimo comma del 421 che dispone: il giudice ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per
interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma
dell'articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell'articolo 247

Questa è una norma che testimonia quella particolare tensione del processo del lavoro per il raggiungimento della
verità materiale, cioè il legislatore del 73 aveva detto ci sono soggetti che nel processo ordinario non possono
testimoniare, sono i soggetti del 246 e del 247, c'è questa distinzione un po' artificiosa tra incapacità a testimoniare ai
sensi del 246 (quindi le parti o i terzi aventi interessi in causa) e terzi invece a cui è fatto divieto di testimoniare.

Di questi soggetti il legislatore del 73 consentiva l'audizione, ma l'audizione in che modo? non come testimoni, dice il
giudice può ordinare la comparizione per interrogarle liberamente sui fatti di causa, quindi che significa per
interrogarle liberamente sui fatti di causa? cioè non come testimoni, ma al solo scopo di trarre dalle loro risposte degli
argomenti di prova...quando uno è interrogato liberamente subito scatta l'argomento di prova, quindi era una
disposizione che voleva consentire nel processo del lavoro qualcosa di più di quanto non fosse consentito nel processo
ordinario 
A seguito della sentenza della corte costituzionale, declaratoria di incostituzionalità del 247, la situazione finì per esser
rovesciata perché
- nel processo ordinario ORMAI i soggetti di cui all'articolo 247 potevano testimoniare e
- nel processo del lavoro invece c’è questa norma che formalmente è ancora in vigore secondo cui i soggetti di
cui all'articolo 247, il 246 vale ancora, lì non possono testimoniare, qua invece possono essere interrogati,
possono essere sentiti, possono essere interrogati liberamente
- ma invece per i soggetti di cui all'articolo 247 si determinava una situazione paradossale=> per cui ormai nel
rito ordinario potevano testimoniare, nel rito del lavoro avrebbero potuto essere soltanto interrogati
liberamente , quindi quella che doveva essere una norma di avanguardia si ritrovò ad essere una norma di
retroguardia, ecco perché la Cassazione chiarì che per questa parte l’articolo 421 ultimo comma doveva
ritenersi travolto dalla declaratoria di incostituzionalità del 247 , anche se formalmente la norma sta ancora là
e la corte costituzionale non se lo pose proprio il problema, non lo vide questo collegamento si deve
ritenere che l'ultimo comma del 421 conservi vigore solo in relazione ai soggetti di cui all'articolo 246

Quindi attenzione il discorso va fatto separatamente per limiti oggettivi della prova testimoniale e limiti soggettivi
perché ai sensi dell'articolo 421…

Domanda d’esame => guardare questa è una domanda molto sfiziosa che facciamo molto spesso: I POTERI
ISTRUTTORI DEL GIUDICE DEL LAVORO perché è una di quelle domande dove possiamo verificare la preparazione su
varie cose, perché significa:
1. può disporre d'ufficio ogni mezzo di prova in deroga al 115, ma nel il rito ordinario non ci sono mezzi di
prova che possono essere disposti d'ufficio?

2. Poi oltre i limiti stabiliti nel codice civile quali sono questi limiti nel codice civile?
limiti soggettivi della prova testimoniale

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3. ma ci sono anche i limiti disciplinati al di fuori del codice civile, nel codice di procedura civile?
Sì e quali sono?

4. e valgono anche nel processo del lavoro?


Sesto comma del 421

5. e poi c'è un'altra cosa che si innesta su questo ed è:


Se il giudice del lavoro ad un certo punto si rende conto che quella non era una causa di lavoro, queste
prove che fine fanno? cioè lui ha disposto d'ufficio l’ assunzione di mezzi di prova oltre i limiti previsti dal
codice civile e poi si rende conto che proprio sulla base delle risultanze dell'istruttoria che chiariscono che
quello non era un rapporto di lavoro subordinato , era un rapporto di lavoro autonomo , quindi non c'erano
neanche gli estremi della para subordinazione, quindi quello era un libero professionista e andava seguito il
rito ordinario e questo è il caso - se vi ricordate noi abbiamo già visto un pezzo del mutamento di rito
quando ci siamo occupati degli atti introduttivi, abbiamo visto in quel caso il passaggio dal rito ordinario al
rito del lavoro e abbiamo detto che l’ errore sul rito non costituisce causa di nullità degli atti compiuti, quindi
c'è un provvedimento ordinatorio del giudice che dispone il mutamento del rito e in quel caso => passaggio
da rito ordinario al rito del lavoro , che cosa deve fare il giudice? per l'integrazione degli atti introduttivi con
le richieste istruttorie delle parti

Adesso abbiamo gli elementi per esaminare l'ipotesi inversa cioè il passaggio dal rito del lavoro al rito
ordinario, qui un problema di integrazione di atti introduttivi non si pone, perché passiamo dal più al meno, si
può porre invece un problema di atti istruttori.

quindi il 426 => è il passaggio dal rito ordinario al rito del lavoro
427=> il passaggio dal rito del lavoro al rito ordinario

Art 427 Il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto
diverso da quelli previsti dall'articolo 409 , se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano
messi in regola con le disposizioni tributarie ( Questo perché originariamente gli atti del processo del lavoro erano
completamente gratuiti, oggi non è più così, ma c'è comunque un regime differenziato , bisogna regolarizzare dal
punto di vista tributario )
altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta
giorni per la riassunzione con il rito ordinario .
2 comma In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l'efficacia consentita dalle norme
ordinarie(4).

Secondo comma => Allora che cosa succede?


noi in astratto sul piano logico possiamo avere tre.
Allora noi abbiamo assunto delle prove nella fase che si è svolta secondo il rito del lavoro e poi ci siamo resi conto che
il processo doveva seguire le norme ordinarie
Allora che fine fanno le prove?
Sul piano logico sono possibili 3 risposte:
1. conservano la loro efficacia => è normale le abbiamo assunte, non possiamo far finta che non ci siano, le
abbiamo assunte quindi per un principio di acquisizione, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato,
stanno agli atti;
2. La seconda è perdono efficacia => perché non si sarebbero dovuto assumere;
3. la terza intermedia è che=> degradano ad argomento di prova , un po' come accade per le prove
raccolte nel processo estinto , c'è questa norma che quando il processo si estingue poi io ripropongo la
domanda, le prove raccolte nel processo estinto hanno il valore di argomenti di prova , quindi una via di
mezzo , c’è questo richiamo agli argomenti di prova => una situazione un po' anomala, perché di norma
gli argomenti di prova sono fatti secondari di origine processuale, qui invece sono prove raccolte in altro
processo.

Allora dice l'articolo 427 che le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l'efficacia consentita dalle
norme ordinarie, che significa?

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Significa che se sono state assunte prove o il giudice avvalendosi del potere riconosciuto dall'articolo 421 comma ha
disposto l'assunzione di prove oltre limiti previsti dal codice civile, queste prove perdono efficacia => avranno
l'efficacia consentita dalle norme ordinarie, questo significa => se la prova secondo le norme ordinarie è inammissibile,
perde efficacia

Allora parlando di questo tema del mutamento di rito:


articolo 426 => passaggio dal rito ordinario al rito del lavoro.
articolo 427=> passaggio dal rito del lavoro al rito ordinario.

Ora anche se noi non stiamo ancora parlando delle impugnazioni, però poniamoci anche questo problema così
completiamo la disciplina del mutamento del rito:
Che succede se l’errore sul rito - noi di questo stiamo parlando, è stato seguito un rito diverso da quello che doveva
essere seguito - viene scoperto, viene rilevato dal giudice d’Appello?
Quindi il primo grado => si svolge tutto secondo il rito ordinario o del lavoro
poi viene proposto appello => e il giudice d'Appello dice “qua non era un rapporto di lavoro, ma bisognava seguire il
rito ordinario o viceversa”.

Il problema a cui la norma risponde è: l’errore sul rito è causa di nullità della sentenza? e una volta rilevata questa
nullità che cosa succede? bisogna rimettere la causa al primo giudice?

L’ articolo 439 chiarisce che non c'è alcuna nullità e non c'è nessuna, a maggior ragione, alcuna rimessione al primo
giudice => anche in appello l'errore sul rito dà luogo ad un provvedimento meramente ordinatorio, quindi il giudice
d'Appello che rileva l’errore sul rito deve disporre il mutamento di rito in appello , la corte d'Appello se ritiene che il
procedimento di primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto procede a norma degli articoli 426 e 427.

Questa è la disciplina legislativa, però noi poniamoci ancora un altro dubbio: se non se ne accorge neanche il giudice
d’Appello, quindi il processo nei gradi di merito si svolge secondo un rito sbagliato, si può fare ricorso per Cassazione
dicendo qua c'è un errore sul rito?

Quindi noi vedremo- quando studieremo il ricorso per cassazione - che uno dei motivi di ricorso per cassazione è la
nullità della sentenza o del procedimento, quindi si può dire qui c’è una nullità della sentenza o del procedimento
deducibile con ricorso per cassazione

Allora qui la legge non dice nulla, però c'è un orientamento consolidato della Cassazione secondo cui il ricorso è
ammissibile a condizione però che la parte non si limiti a beneficiare l'errore sul rito ma dimostri che l'errore sul rito
ha comportato un pregiudizio- questo problema del rapporto tra nullità e pregiudizio allieterà la primavera di coloro
che partecipano alle esercitazioni che tra le altre cose noi ci occupiamo anche di questo tema - quindi devo
dimostrare l’ errore sul rito ha pregiudicato, ha determinato un pregiudizio per il diritto di difesa.

Questo lo chiedo a voi: quale potrebbe essere un caso in cui l'errore sul rito ha determinato un pregiudizio per la
parte, può determinare un pregiudizio per la parte?

Questo potrebbe essere un caso => cioè il giudice ha applicato il processo del lavoro e mi ha dichiarato inammissibile
una prova, perché l'istanza era tardiva o viceversa …

Risposta ragazza = nel momento in cui non si possono ascoltare i soggetti di cui all’art 246, che nel rito del lavoro si
possono ascoltare
Risposta prof= Sì è vero qui il giudice potrebbe ricavarne argomenti di prova. Io farei piuttosto un esempio sui limiti
oggettivi, cioè il giudice mi ha dichiarato inammissibile la prova testimoniale, patto aggiunto contrario, invece nel rito
del lavoro sarebbe stato ammissibile
= > là è ancora più netto, sì formalmente vale anche sui limiti soggettivi, però concretamente noi abbiamo detto che
nell’ applicazione giurisprudenziale la distinzione tra prove e argomenti di prova tende a sfumare perché la
giurisprudenza ritiene che il giudice possa fondare la decisione anche esclusivamente su argomenti di prova e quindi
ad esempio anche sulla deposizione di uno di questi soggetti , però certo va bene, anzi no, questo che ho detto io va
proprio in una direzione opposta, proprio perché è così forte Nel rito del lavoro=> La differenza è ancora più
marcata. Mi sono sbagliato!

Questo per chiudere il discorso sull' istruzione probatoria, adesso prima di passare alla fase decisoria
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Dobbiamo vedere qualcosa SUI PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE ISTRUTTORE.
Abbiamo già incontrato le ordinanze del giudice istruttore.
Nell’articolo 183 sono disciplinate le ordinanze del giudice istruttore, l’ordinanza ad ex. con cui il giudice ammette le
prove e adesso è il caso di soffermarsi un momento sul regime di queste ordinanze.

L’ordinanza è il provvedimento tipico del giudice Istruttore , ora il giudice strutture in senso stretto quindi nelle
cause di competenza del collegio, nelle quali il giudice non ha poteri decisori, quindi non potrebbe pronunciare
sentenza, la sentenza è il provvedimento decisorio per eccellenza, è l'atto con cui il giudice esercita il suo potere
decisorio, quindi può essere nelle cause di competenza del collegio , sentenza può essere pronuncia definitiva o non
definitiva, può essere pronunciata solo dal collegio e il giudice istruttore , abbiamo detto questa è la sua particolarità,
è un giudice che è privo di poteri decisori, questo spiega il motivo per cui possa pronunciare ordinanze e decreti, ma
nel silenzio della legge il suo provvedimento tipico è l'ordinanza=> Ma questo vale anche per il giudice del tribunale
in composizione monocratica , quindi un organo che è sì dotato di poteri decisori, però nella fase istruttoria, nella
fase fino alla rimessione in decisione ,quindi nella fase introduttiva, di trattazione, diciamo fase istruttoria in senso
ampio comunque provvede con ordinanza , quindi giudice istruttore significa il giudice dell'Istruzione, quindi il giudice
nella fase istruttoria

Art 176 1 comma Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti , hanno la forma
dell'ordinanza.

Articolo 177 disciplina il regime di queste ordinanze dettando due regole tra loro collegate, complementari cioè
- da un lato che le ordinanze comunque motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa, cosa
significa che non possono mai pregiudicare la decisione della causa? Cioè che dall'ordinanza non nasce alcun
vincolo per il giudice della decisione, il quale dunque è libero di riesaminare tutte le questioni risolte dal
giudice istruttore con ordinanza anche quando si tratta dello stesso soggetto, che, però, si spoglia delle vesti
del giudice istruttore e diciamo veste i panni del giudice della decisione

tanto è vero che l'articolo 178 primo comma prevede che le parti, senza bisogno di mezzi d'impugnazione, possono
proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo a norma dell'articolo 189 ( cioè quando la causa è rimessa al
collegio per la decisione) tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile [80 bis disp. att.].

Questo è possibile, cioè il fatto che le parti possano proporre al collegio il se della decisione, con gli scritti conclusionali
,una volta precisate le conclusioni con la comparsa conclusionale ,con la memoria di replica, all’udienza di discussione
le parti possono sottoporre al collegio, cioè al giudice della decisione , tutte le questioni risolute, dice il 178,quindi
risolte con ordinanza al giudice istruttore e questo è possibile proprio perché l'ordinanza non può mai pregiudicare la
decisione della causa

La seconda regola si collega strettamente alla prima ed è cioè il regime di libera revocabilità e modificabilità delle
ordinanze , non solo dal collegio in sede di decisione, dal giudice della decisione, ma anche dallo stesso giudice
istruttore, senza che debbano ricorrere elementi di novità, cioè questa è una revocabilità e modificabilità libera, non
per mutamenti- Poi vedremo quando studieremo la revoca e la modifica dei provvedimenti cautelari- questa è una
libera revocabilità e modificabilità, quindi il giudice può revocare un’ ordinanza istruttoria ad ex (ipotesi piuttosto
rara) però in linea di principio potrebbe revocare un’ordinanza istruttoria, un’ ordinanza di ammissione delle prove
perché ci ripensa “ ho cambiato idea, ho sbagliato, mi sono reso conto che quella prova che ho ritenuto rilevante ,in
realtà non lo era , revoco o modifico l’ ordinanza di ammissione delle prove => questo però con tre eccezioni

Domanda d’esame : anche questa è una domanda che facciamo spesso agli esami, perché è un'altra domanda che
consente vari collegamenti, uno dei quali ve lo accenno soltanto, non so se poi la dottoressa Rusciano ha già parlato
del regime delle ordinanze del giudice dell'esecuzione , un altro collegamento che si può fare è il parallelo tra il 177 e
il 476 in tema di ordinanze del giudice dell'esecuzione , perché c'è un richiamo, però è un richiamo parziale, non si
applica proprio la stessa disciplina. Quindi, una delle cose che spesso chiediamo per fare due domande al prezzo di
una “vogliamo fare un parallelo tra le ordinanze del giudice istruttore e le ordinanze del giudice di esecuzione?”

Art 177 comma 2 Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o
revocate dal giudice che le ha pronunciate.
Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate e ci sono 3 eccezioni:

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1) le ordinanze pronunciate sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre ; ***esse
sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di tutte le parti;
2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge;
3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo (4);

***1. non sono revocabili né modificabili le ordinanze pronunciate sull’ accordo delle parti

Esempio (noi vi chiederemo l’esempio): articolo 296 in tema di sospensione del processo su istanza delle
parti (quando studieremo la sospensione del processo vedremo che in realtà ci sono varie sospensioni, c'è
una sospensione per pregiudizialità –che è la più importante, ma c’è anche una sospensione su istanza
concorde delle parti)
dice l'articolo 296 come modificato con la riforma del 2009 che il giudice istruttore su istanza di tutte le parti
ove sussistano giustificati motivi può disporre per una sola volta che il processo rimanga sospeso per un
periodo non superiore a tre mesi fissando l’udienza per la prosecuzione del processo medesimo
Questa è una norma un po’… se facessimo leggere questa norma ad un avvocato si metterebbe a ridere,
mettetevi a ridere ancor più a fronte degli interventi effettuati su questa disposizione dalla riforma del 2009,
perché
- originariamente la norma diceva “il giudice strutture su istanza di tutte le parti può disporre che il processo
rimanga sospeso per un periodo non superiore a 4 mesi “

- riforma del 2009, che cosa ha fatto il legislatore? il giudice istruttore su istanza di tutte le parti ove sussistano
giustificati motivi, quindi anche di fronte all’ istanza concorde delle parti il giudice dice No, voglio decidere,
non ve la do la sospensione di tre mesi, può disporre per una sola volta, quindi non si può chiedere per più di
una volta, per una sola volta che il processo resti sospeso per un periodo non superiore non più a 4 mesi, ma
a 3 mesi

Perché lo dico?
Perché probabilmente avremo un'altra riforma del processo civile, quindi voi dovete essere anche in grado di
valutare ( CHE POI c’era il Ministro della giustizia che andava in televisione da Bruno Vespa e diceva abbiamo
risolto il problema nel processo civile, abbiamo dimezzato i tempi della giustizia ,ma basta frequentare le
aule di giustizia per sapere che di norma il giudice non dispone un rinvio in udienza a meno di 3 mesi, è
difficilissimo che il giudice dispone, quindi è un normale rinvio , si tratta di una norma che restava sulla
carta prima e che resta sulla carta adesso, perché l'intervallo che di norma sussiste tra un’ udienza e l'altra è
superiore a 3 mesi, non c'è bisogno di chiedere la sospensione concordata , basta chiedere il rinvio in
udienza , quindi fa un po' sorridere questo intervento del legislatore del 2009 su questa norma).

Questa è un’ordinanza resa sull’ accordo delle parti, quindi teoricamente se venisse emanata un’ordinanza ex art 296.
Questa non sarebbe revocabile liberamente dal giudice istruttore, ma potrebbe essere revocata - come ci dice
l'articolo 177 terzo comma numero 1- su accordo delle parti

Quindi le ordinanze rese sull'accordo delle parti non sono revocabili né modificabili liberamente dal giudice
istruttore esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di tutte le parti

2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge 

Qui troverete anche sul vostro codice un elenco di ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge

Badate di regola le ordinanze non sono impugnabili, sono revocabili e modificabili, quindi non impugnabili riferito
all'ordinanza significa non revocabili, né modificabili (ad esempio l’ordinanza che pronuncia sull’ istanza di ricusazione
di un giudice ai sensi dell'articolo 53 quella è un’ordinanza non impugnabile, ma ce ne sono tanti di esempi che si
possono fare)

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F O CUS
Qui devo fare un piccolo focus sul processo esecutivo.
Allora l'articolo 487 in tema di ordinanze del giudice dell’esecuzione, giudice dell'esecuzione è un po' il
corrispondente esecutivo del giudice istruttore, è il giudice a cui è affidata la direzione del processo esecutivo

L’ articolo 487 richiama in linea di principio per le ordinanze del giudice istruttore la disciplina dettata dagli articoli
176 e seguenti in relazione all’ordinanza del giudice istruttore , ci sono delle differenze=> in questo momento non ci
riguardano, però tra le norme richiamate c'è anche questo articolo 177 sui casi in cui l'ordinanza non è revocabile né
modificabile, quindi le ordinanze del giudice di esecuzione così come le ordinanze del giudice istruttore sono di
norma revocabili e modificabili con alcune differenze e non sono revocabili né modificabili :
1. le ordinanze pronunciate su accordo delle parti (sospensione concordata)
2. le ordinanze dichiarate non impugnabili

Allora si è posto questo problema => vedrete che esistono delle opposizioni al processo esecutivo , cioè delle
parentesi cognitive, dei giudizi di cognizione che possono nascere nel corso del processo esecutivo, tra queste vi è,
una di queste opposizioni è l'opposizione agli atti esecutivi che è lo strumento attraverso cui è possibile contestare la
legittimità, in taluni casi anche l'opportunità di atti del processo esecutivo in genere, quindi anche di provvedimenti
del giudice dell'esecuzione=> noi contro i provvedimenti del giudice dell'esecuzione possiamo fare l’ opposizione agli
atti esecutivi

Questa è una differenza importante tra le ordinanze del giudice istruttore e le ordinanze del giudice dell’esecuzione ,
accanto alle differenze che riguardano in modo specifico il regime della revocabilità e modificabilità che nel caso del
giudice dell'esecuzione è limitata, ma c'è questa differenza:
- che le ordinanze del giudice istruttore sono soltanto revocabili e modificabili;
- le ordinanze del giudice dell'esecuzione sono soggette a revoca e modifica e ad opposizione degli atti
esecutivi.

Primo problema => C'è un problema che attiene al concorso tra questi due strumenti, cioè la revoca e la modifica
che, sì, può essere disposta d'ufficio, ma può essere anche richiesta dalla parte interessata e l’opposizione agli atti
esecutivi anche perché
- mentre l'istanza di revoca e di modifica non è soggetta al termine di decadenza
- l’opposizione agli atti esecutivi sì
(quindi primo problema).

Secondo problema => che significa nel contesto del processo esecutivo ordinanza non impugnabile? significa non
revocabile né modificabile o significa anche che non posso fare opposizione agli atti esecutivi?
Qui c'è stato un contrasto in dottrina, anche se la dottrina prevalente ritiene che anche in quel contesto non
impugnabilità significhi non revocabilità e modificabilità salva quindi la possibilità di proporre opposizione.

Poi terzo ed ultimo caso => quindi torniamo al 177

abbiamo detto:
- di norma le ordinanze del giudice istruttore sono revocabili e modificabili sia dal collegio in sede di decisione,
sia dallo stesso giudice che le ha emesse
- ci sono tre eccezioni
1. ordinanze rese sull’ accordo delle parti (ad ex. l’articolo 296)
2. ordinanze dichiarate dalla legge non impugnabili (ad ex. l’articolo 53 comma secondo)
Qui abbiamo fatto questo collegamento con il processo esecutivo, quindi nel processo esecutivo la non
impugnabilità anche nel processo esecutivo la qualificazione di ordinanza non impugnabile vale ad
escludere soltanto la revocabilità e modificabilità dell’ordinanza, salva la proponibilità dell’opposizione
agli atti
3. terzo caso le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo e qui il
riferimento originariamente era al reclamo al collegio avverso le ordinanze istruttorie , perché io vi ho
detto che originariamente contro le ordinanze istruttorie ( ordinanza istruttoria significa ordinanza che
ammette le prove, quindi contro l’ ordinanza con la quale il giudice avesse pronunciato sulla
ammissibilità dei mezzi di prova - abbiamo detto c'è questa intrinseca decisorietà e anche una diretta
incidenza sull'esito della decisione - era previsto questo controllo immediato tramite reclamo al collegio

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Questo reclamo al collegio poi è stato eliminato, abrogato dalla riforma del 90 e resta ovviamente
sempre salvo il potere del collegio di riesaminare in sede di decisione tutte le questioni, però anche qui è
un po' teorico questo, nel senso che

- altro è avere un controllo immediato=> il giudice ha dichiarato inammissibile una prova allora io subito
posso andare al collegio,

- altro è che alla fine del processo, quando la causa è stata rimessa al collegio o addirittura allo stesso giudice
per la decisione, si vede quella che è la fine del processo, il giudice dirà no, rimetto sul ruolo perché in realtà
forse quella prova. …C'è anche un problema di atteggiamento psicologico del giudice con cui bisogna fare i
conti

- altro è il reclamo immediato al collegio che è investito subito solo di quella questione e deve pronunciare sul
reclamo

- altro è questo teorico potere di riesaminare la questione in mezzo a tante altre in sede di decisione a
distanza magari di anni , quindi formalmente si può dire vabbè, l'abolizione, l'abrogazione del reclamo
istruttorio non toglie poteri alle parti, perché quella è un’ordinanza revocabile e modificabile sempre
controllabile in sede di decisione, formalmente questo è ineccepibile=> Tant’è vero che non è che sono
state sollevate questioni di costituzionalità , però sostanzialmente , cioè se uno considera non solo l'aspetto
formale, ma anche appunto la diversa situazione, il diverso atteggiamento ,non è la stessa cosa

- Dopo l'abrogazione del reclamo istruttorio è rimasta solo una ordinanza che è reclamabile ed è l'ordinanza
dichiarativa dell'estinzione del processo (poi ci ritorneremo, adesso è prematuro esaminare in dettaglio
questo regime dell'ordinanza di estinzione) però questo si verifica soltanto nelle cause di competenza del
tribunale in composizione collegiale => lì è concepibile un reclamo al collegio

- nelle cause che sono- oggi la maggior parte - di competenza del tribunale in composizione monocratica =>
il reclamo al collegio non c'è , semplicemente perché non c'è il collegio, poi torneremo su questo problema
del regime dell'ordinanza che dichiara l'estinzione, adesso non ha senso, limitiamoci a notare che l'unica
ordinanza reclamabile, assoggettata ad un mezzo speciale di reclamo è l’ordinanza che dichiara l'estinzione
del processo nelle cause di incompetenza del tribunale in composizione collegiale

Detto questo cominciamo - e poi domani completiamo- IL DISCORSO SULLE ORDINANZE DECISORIE
Noi abbiamo detto che l'ordinanza è il provvedimento tipico del giudice istruttore e l'ordinanza ha un contenuto
ordinatorio=> che serve a disciplinare ,a regolare lo svolgimento del processo quindi l'ordinanza non ha un
contenuto decisorio => non dice chi ha ragione e chi ha torto, non si pronuncia sulla fondatezza della domanda,
perché abbiamo detto che è il provvedimento tipico con cui viene decisa la causa, il giudice decide con sentenza ,
quindi c'è questa tendenziale , solo tendenziale distinzione tra

l'ordinanza e il decreto => che hanno funzioni ordinatorie, cioè e servono a regolare lo svolgimento del processo e
sono caratterizzate da questo regime:
- non possono pregiudicare la causa
- Sono revocabili e modificabili dal giudice che le ha emesse
- non sono impugnabili = non hanno attitudine al giudicato, non possono pregiudicare la decisione.

e la sentenza => che invece è provvedimento decisorio


- non revocabile né modificabile dal giudice che l'ha emessa
- ma soggetta ad impugnazioni => impugnazioni la cui preclusione dà luogo al giudicato, questo è
tendenzialmente

Senonché in questo quadro si innestano – e non a caso ne parliamo adesso, cioè sul finire dell'istruzione e prima di
passare alla decisione della causa - alcuni provvedimenti di contenuto decisorio che le norme del 73 per il processo
del lavoro, nel 90 e 95 poi 2005 per il processo ordinario hanno previsto con funzione anticipatoria, quindi di fronte
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all’ aggravarsi del problema della durata del processo => quindi questa decisione finale sembra una chimera che si
allontana sempre di più => ha lo scopo di anticipare i tempi della decisione , queste riforme hanno introdotto con
finalità diverse una serie di provvedimenti di contenuto decisorio e in particolare condannatorio diretti - Se
volessimo trovare un denominatore comune - ad anticipare nel corso del processo , quindi nella fase istruttoria , alcuni
degli effetti della sentenza di merito

infatti queste sono ordinanze, possiamo chiamarle ordinanze decisorie oppure ordinanze anticipatorie di condanna
=> ce ne sono sia nel rito ordinario che nel rito del lavoro e non sono le stesse, quindi questa è un'altra di quelle
occasioni in cui è possibile effettuare un raffronto tra il rito ordinario e rito del lavoro e questo raffronto si può fare in
particolare con riferimento alla prima di queste ordinanze, cioè l'ordinanza per il pagamento delle somme non
contestate

Questa è un'ordinanza che noi troviamo disciplinata tanto nel rito ordinario (articolo 186 bis) tanto nel rito del lavoro
(articolo 423 primo comma)

Sul piano cronologico l'articolo 423 primo comma viene prima del 186 bis, perché
- il 423 primo comma => fu introdotto nel 73 con la riforma del rito del lavoro
- il 186 bis => invece è stato introdotto nel 1990 e ha rappresentato proprio il tentativo da parte del
legislatore di generalizzare - secondo una linea di intervento più ampia, perché abbiamo detto che tutta la
riforma del 90 si ispira al processo del lavoro, in primo luogo per quanto attiene al sistema delle
preclusioni , sebbene come abbiamo visto non ci sia una piena equiparazione, però la filosofia di fondo del
processo a preclusioni rigide viene dalla riforma - quindi anche con riguardo a queste ordinanze decisorie , in
particolare con riferimento all'ordinanza del pagamento delle somme non contestate il legislatore del 90
ha preso a modello il rito del lavoro e anzi come vedremo il 186 bis rappresenta il tentativo del legislatore del
‘90 di dare una risposta ad una serie di questioni che si erano poste nell’ esperienza applicativa del 423 ,
quindi , come vedremo,
A. mentre il 423 è una norma molto scarna,
B. il 186 bis invece chiarisce una serie di punti sui quali si era generata un’incertezza nel processo del
lavoro -

Questo per dire che dobbiamo partire dal processo del lavoro, dal 423 primo comma:

Art 423 1 comma dice che : Il giudice (del lavoro) , su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone
con ordinanza il pagamento delle somme non contestate art. 186 bis del C.P.C. .

Quindi la prima cosa che ricaviamo dalla lettura della norma è che oggetto di questa ordinanza possono essere solo
somme, condanna al pagamento di una somma di danaro
Questo è un altro profilo di rilevanza , cioè questa ordinanza , così come quella disciplinata dall’art 186 bis ,
dell'Istituto della non contestazione, noi abbiamo parlato del principio della non contestazione, del fatto che i fatti
non contestati possono/ devono essere posti a fondamento della decisione senza bisogno di prova , un altro effetto
della non contestazione è quello di rendere possibile l'emanazione dell'ordinanza ex articolo 423 primo comma del
rito del lavoro o ex art 186 bis del rito ordinario.

QUALI ERANO I PROBLEMI CHE SI ERANO POSTI CON RIFERIMENTO A QUESTA ORDINANZA NEL RITO DEL LAVORO?
Quindi in quei 17 anni tra il 1973 e il 1990.

Essenzialmente tre sono i problemi sui quali poi il legislatore del 90 è intervenuto

Primo problema => non vi suonerà nuovo, perché è un problema di cui già ci siamo occupati, cioè se la contumacia
potesse considerarsi equivalente alla non contestazione.
Tenete presente che questa norma è precedente, anteriore non solo al 186 bis - che lo dice espressamente-, ma
anche al 115, quindi non c'erano riferimenti
Anche qui il problema della definizione della non contestazione, dei caratteri della non contestazione, se la
contumacia del convenuto tipicamente potesse essere equiparata alla non contestazione ai fini dell'emanazione di
questa ordinanza.

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La dottrina si divise e questo problema poi si ricollegava anche ad un altro problema, cioè se questa ordinanza fosse
soggetta al regime generale di revocabilità e modificabilità delineata dall'articolo 177 per le ordinanze del giudice
istruttore, ora il problema si poneva anche perché

il quarto comma del 423 con riferimento non però all'ordinanza per il pagamento delle somme non contestate - di cui
ci stiamo occupando - ma con riferimento all'ordinanza provvisionale disciplinata dal secondo comma , quindi un’alta
ordinanza di cui poi ci occuperemo, diceva e dice tuttora: l'ordinanza di cui al secondo comma è revocabile con
la sentenza che decide la causa 

e allora una parte della dottrina disse => Ma se l'ordinanza del secondo comma è revocabile con la sentenza che
decide la causa, a contrario se ne ricava che quella del primo comma non è revocabile.

Altra parte della dottrina => diceva No, perché se il regime generale dell'ordinanza è la revocabilità e modificabilità, il
quarto comma deroga a questo regime nel prevedere che l'ordinanza di cui al secondo comma è revocabile solo con la
sentenza che decide la causa e non prima.

Quindi l'argomento a contrario ci induce a dire che l'ordinanza del primo comma è revocabile anche prima e uno dei
motivi di revoca dell'ordinanza può essere la costituzione della parte contumace, perciò i problemi erano collegati,
quindi

 chi diceva che l'ordinanza poteva essere emanata in caso di contumacia del convenuto, poi la riteneva
revocabile in caso di successiva costituzione

Questi erano i termini del dibattito, dibattito che oggi è un po' immaturo, nel senso che noi una serie di cose le diamo
per acquisite, ad esempio il fatto che la contumacia non equivalga a non contestazione, che c'è stato poi tutto il
dibattito successivo anche alla sentenza del 2002 delle sezioni unite che poi ha condotto alla riformulazione
dell'articolo 115 , poi c'è stata prima la riforma sul processo societario in cui pure si poneva questa problema , però
comunque nel 73 erano temi ancora un po' acerbi.

Poi terzo problema…. quindi:

1) PRIMO PROBLEMA => era questo della contumacia


2) SECONDO PROBLEMA => questo della revocabilità e modificabilità
3) TERZO PROBLEMA => è che fine fa questa ordinanza in caso di successiva estinzione del processo

Anche questo è un problema di enorme rilevanza pratica, perché questo è un provvedimento anticipatorio, quindi
anticipa gli effetti della decisione limitatamente alle somme non contestate, però poi dopo il processo continua e
il giudice deve decidere, deve pronunciare sentenza e che succede se invece dopo l'emanazione di questa
ordinanza il processo si estingue?
Non abbiamo ancora studiato l’estinzione, ma un’idea approssimativa ce l’abbiamo, ne abbiamo parlato, si
estingue:

- per rinuncia agli atti o


- per inattività delle parti

si verifica questa mors litis, che fine fa questa ordinanza?


Qui la legge non dice niente ed è importante, questa ordinanza è titolo esecutivo, Io ce l'ho ancora il titolo
esecutivo dopo l'estinzione del processo? posso iniziare o proseguire l'esecuzione? o perde efficacia, perché è un
provvedimento concepito come provvedimento interinale, quindi nell'ambito di un processo che continua fino
alla sentenza?

Qui ci furono posizioni molto diversificate in dottrina, anche diametralmente opposte


1. chi affermava la sopravvivenza
2. chi affermava, invece, perdita di efficacia
3. chi equiparava questa ordinanza ad una sentenza non definitiva di merito, quindi
riteneva che fosse impugnabile come le sentenze non definitive di merito

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Ci interessa fino a un certo punto ripercorrere il dibattito, semplicemente per dire che questi problemi si erano posti
perché la legge non li risolveva. Invece, il legislatore del 90 nel trapiantare questa ordinanza nel processo ordinario ,
sulla scorta della riforma del 90 - che è stata l'ultima riforma del processo civile che è stata scritta da persone
competenti , quindi da studiosi ed è stata preceduta da un ampio dibattito parlamentare , quindi anche sul piano della
democraticità , invece , qui ,oggi, abbiamo riforme fatte con decreto legge e poi si chiede la fiducia sulla legge di
conversione, quindi il tasso di democraticità di queste riforme, chi le decide? le decide qualche funzionario del
ministero della giustizia, la riforma del 90 è stata l'ultima riforma come dire non solo organicamente concepita, ma
anche democraticamente legittimata , questo va detto anche per una favorevole congiuntura, cioè che uno dei
relatori era uno studioso del processo civile, il professore Acone, che poi fu eletto senatore che dunque riuscì… -
comunque il legislatore del 90 si pose una serie di problemi , perché era in grado di porseli.

Allora il 186 bis dice:

1 comma Su istanza di parte  il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni,
il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite [165, 167, 271 C.P.C. Se l'istanza è proposta fuori
dall'udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione.
2 comma L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia (3) in caso di estinzione del processo.
3 comma L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli  177, primo e secondo
comma, e 178 primo comma = > quindi il legislatore chiarisce anche questo punto, è il regime che abbiamo appena
analizzato , cioè il regime di revocabilità e di modificabilità in ogni tempo e di riesaminabilità in sede di decisione ,
quindi anche questo problema è risolto.

- la contumacia non equivale a contestazione


- l'ordinanza è revocabile e modificabile
- da ultimo=> il terzo problema: l’ordinanza costituisce titolo esecutivo, conserva la sua efficacia in caso di
estinzione del processo

quindi qui c'è una chiara indicazione del legislatore che vale sicuramente ad escludere alcune delle soluzioni che
erano state prospettate in relazione all'articolo 423, cioè non è più sostenibile che questa ordinanza perde efficacia in
caso di estinzione del processo

qui c'è un altro problema => in che misura queste indicazioni dell'articolo 186 bis poi valgano anche per il 423
perché c'è stato pure chi ha detto - anche se si tratta di un'opinione che non mi ha mai convinto del tutto -
all'indomani del 186 bis , ad ESEMPIO VERDE, mi pare che adesso non lo dica più ,però originariamente la sua
posizione fu di dire “ questo vale per il 186 bis, per il 423 si può continuare a discutere e lui sosteneva ad esempio -
cosa che oggi non è proprio più sostenibile anche per altri motivi, cosa che poi capiremo quando studieremo i
provvedimenti cautelari - la perdita di efficacia e continuò a sostenerla anche dopo il 90’ , atteggiamento
interpretativo che non mi ha mai convinto del tutto , perché era chiaro che il legislatore del 90’ voleva risolvere quei
problemi => hai la norma là , la applichi per analogia ,invece teoricamente si poteva anche dire UTILES DIXIT => il
legislatore non ha modificato il 423 …ma voglio dire …oh

comunque quantomeno per il 186 bis, ma insomma direi senz’altro anche per il 423 è posta fuori gioco l’opinione che
affermava, che sosteneva l'inefficacia dell'ordinanza

però - questo è un punto su cui vale la pena soffermarsi- l'articolo 186 bis non dice che tipo di efficacia conserva, dice
conserva la sua efficacia, ma quale efficacia?
Allora qui ci sono varie opinioni, ce ne sono almeno tre.
Qual è il problema? Cerchiamo di capire qual è il problema
Il problema è capire se questa ordinanza abbia e dunque conservi - in caso di estinzione del processo- soltanto
un’efficacia esecutiva=> sul che non ci sono dubbi, perché la norma dice espressamente che è titolo esecutivo oppure
produca anche un’efficacia di accertamento, cioè sia idonea al giudicato e quindi se sia possibile rimettere in
discussione il diritto al pagamento delle somme non contestate ad esempio in sede di opposizione all’esecuzione,
perché?

- Perché appena iniziata l'esecuzione il creditore deve avere il titolo esecutivo


- il titolo esecutivo è un atto o un documento a cui la legge attribuisce l’efficacia di titolo esecutivo
- la definizione di titolo esecutivo è tanto logica, è una definizione che si coglie sul piano funzionale, il titolo
esecutivo serve a legittimare l'esecuzione forzata, però sapete che
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- non sempre questo titolo esecutivo contiene un accertamento giurisdizionale di merito

i) altro è avere la sentenza passata in giudicato,


ii) altro è avere la cambiale o l’atto pubblico

Qual è la differenza?
(1) che se ho la sentenza passata in giudicato ( o anche non passata in giudicato per la verità , però
facciamo passata in giudicato ) => il giudicato copre il dedotto e il deducibile, quindi Il debitore non
può dire “ no, il diritto non esiste,” lo poteva dire nel processo nel quale si è formato quel
giudicato, ma una volta che si è formato il giudicato, il discorso è chiuso ,può far valere solo fatti
sopravvenuti ( ho pagato dopo il giudicato, il diritto che esisteva prima non esiste più )

(2) Se invece io ho un titolo esecutivo stragiudiziale => non c'è nessun accertamento, quindi Il debitore
in sede di opposizione all’esecuzione, di fronte all'azione esecutiva intrapresa dal creditore può fare
opposizione all’esecuzione e dire “guardi il diritto non esiste, l'atto pubblico è nullo”, lo posso fare
perché non c'è alcun giudicato, non c’è alcun accertamento giurisdizionale di merito

Il problema si pone anche con riferimento a questa ordinanza => è sicuramente un provvedimento del giudice, ma è
un provvedimento avente efficacia dichiarativa o è un mero titolo esecutivo equiparabile ad un titolo esecutivo
stragiudiziale?
Quindi l'efficacia di questa ordinanza è solo quella di consentire l'accesso all’ esecuzione oppure contiene anche un
accertamento?

È chiaro che:

- se diciamo che c'è un accertamento, la valorizziamo di più, quindi ci sarebbero anche ragioni di economia
processuale PER dire che ha efficacia di accertamento, valorizziamo l’attività svolta
- dire invece che è mero titolo esecutivo significa dire che poi si può rimettere in discussione

PRIMA TESI (PROTO PISANI)

Ora la legge non dice niente, UN ARGOMENTO TESTUALE - ma bisognerebbe essere molto raffinati- dice ha efficacia
di titolo esecutivo e conserva la sua efficacia , quindi si potrebbe dire conserva la sua efficacia di titolo esecutivo, l’
efficacia che conserva è quella che abbiamo appena detto, in quest'ottica dovremmo ritenere ( QUESTA È L'IDEA DI
PROTO PISANI AD EX) che => QUESTA ORDINANZA ABBIA LA STESSA EFFICACIA DI UN TITOLO ESECUTIVO
STRAGIUDIZIALE , uno strano tipo di provvedimento, è un provvedimento del giudice, ma ha l’efficacia di un titolo
esecutivo stragiudiziale , cioè è un’esecutività senza accertamento, come i titoli esecutivi stragiudiziali , Proto Pisani
chiama questi provvedimenti ( ha creato questa categoria ,poi anche altri autori hanno adottato questa terminologia)
=> PROVVEDIMENTI SOMMARI SEMPLIFICATI ESECUTIVI cioè
- provvedimenti resi all'esito di una cognizione sommaria o semplificata
- Aventi efficacia di titolo esecutivo,
- ma privi di efficacia dichiarativa
Se noi riteniamo questo, allora la conseguenza è che:
- una volta estinto il processo
- il creditore può iniziare o proseguire l’esecuzione sulla base dell'ordinanza
- ma Il debitore può fare opposizione all’esecuzione e dire che il diritto non esiste e quindi in qualche modo
revocare la non contestazione originaria, perché non ci sarebbe alcun accertamento

SECONDA TESI

All'estremo opposto c'è la tesi secondo cui => QUESTI PROVVEDIMENTI A COGNIZIONE SOMMARIA quando si
estingue il processo a cognizione piena ( viene sostenuto con riferimento a questa ordinanza, ma in generale con
riferimento a tutti i provvedimenti sommari emanati nel corso del processo a cognizione piena ) SI STABILIZZANO ,

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un po' come accade- gli studenti che fanno l'esercitazione sanno a cosa mi riferisco - al decreto ingiuntivo in caso di
estinzione del giudizio di opposizione , cioè la logica è :

tu ce l'hai la sede per contestare => è il processo in condizione, è il giudizio di opposizione, se lo fai estinguere, peggio
per te, si forma un accertamento sommario e quindi passa in giudicato e quindi non si può fare più nulla, il creditore
inizia l'esecuzione e non si potrà fare opposizione all’esecuzione per sostenere l’inesistenza del diritto

TERZA TESI (CONSOLO)

Poi c'è una TESI INTERMEDIA a cui aderisce CONSOLO (non è la tesi di Consolo, è una tesi che per la verità era stata
formulata con riguardo al 423 da una studiosa molto acuta, della stessa scuola di Consolo e perciò CONSOLO aderisce
a questa opinione) cioè dice=> questa ordinanza preclude, ha un’efficacia.

Allora il problema: è efficacia dichiarativa o efficacia meramente esecutiva? Ci sarebbe un tertium genus, cioè questa
ordinanza - secondo questa tesi - avrebbe un’efficacia preclusiva => che vuol dire? non è l'accertamento proprio del
giudicato, ma varrebbe soltanto a precludere l'opposizione all’esecuzione, a proteggere l’esecuzione da eventuali
opposizioni del debitore e realizzerebbe quindi una sorta di SOLVE ET REPETE PROCESSUALE, che significa?

Significa che:
- il creditore potrebbe iniziare l'esecuzione sulla base dell’ordinanza una volta estinto il processo
- il debitore non potrebbe fare opposizione all’esecuzione, cioè non potrebbe arrestare, resistere
all'esecuzione del creditore, deve subire l'esecuzione
- poi, però, poiché non c'è un accertamento giurisdizionale, non c'è un giudicato, potrebbe fare azione di
ripetizione dell’indebito.
- E’ una via intermedia questa, che potrebbe risultare opportuna, apprezzabile sul piano dell’opportunità
perché cumula (non so quanto sia sostenibile sul piano sistematico, ho qualche dubbio) i vantaggi delle altre
due teorie, quindi

1. impedisce l'opposizione all’esecuzione, ciò significa che il creditore che inizia


l'esecuzione ha un titolo esecutivo che non viene subito paralizzato dall’opposizione,
però
2. trattandosi di una cognizione sommaria e non di una cognizione piena, non gli si dà il
giudicato, si può poi agire per la ripetizione .

Chiaramente questa iniziativa processuale => Il debitore che ha subito l’esecuzione, la prenderà soltanto se ha
veramente qualcosa da dire, se veramente non esisteva il diritto, quindi in questo senso solve et repete processuale,
quindi mi costringe a pagare (solve o a subire l’esecuzione), ma ci sarebbe una -almeno teorica - possibilità di agire
per la ripetizione dell'indebito proprio perché non c'è giudicato.
Allora ci vediamo domani.

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