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Schede lessicali
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SL1 L’amore
ἀδικέω = “fare ingiustizia, torto, offendere”; il verbo ἐράω = “essere innamorato, desiderare, amare”
è mutuato dal lessico giuridico, ma si risemantizza* (costruito con il genitivo); cfr. anche ἔραμαι “amare,
in contesto erotico, dove assume il significato essere innamorato, desiderare ardentemente”; cfr.
dell’ingiustizia amorosa, cioè dell’amore non Anacreonte fr. 46 G. (ἐρέω… οὐκ ἐρέω); cfr. ἔρως <
ricambiato; cfr. Saffo fr. 1 V., 20. *ἔρωτ-ς “amore, passione, desiderio, brama”, ἐραστής
“innamorato”, ἐρατός “amabile, amato”.
ἀμάχανος, -ον (attico ἀμήχανος, -ον) =
“irresistibile, contro cui non c’è rimedio”; l’aggettivo ἰμέρρω (attico ἱμείρω) = “desiderare”; cfr. Saffo
è composto da ἀ- privativo + μηχανή “rimedio, fr. 1 V., 27 (θῦμος ἰμέρρει “il cuore desidera”); cfr.
accorgimento”; la radice del sostantivo produce ἵμερος “desiderio, voglia, brama amorosa”, ἱμερτός
degli esiti nelle lingue moderne, nel tedesco mögen “desiderabile”, ἱμερόεις “che suscita desiderio”.
e nell’inglese may “potere, avere la possibilità”.
L’aggettivo, utilizzato da Saffo per connotare* λυσιμέλης, -ες (attico λυσιμελής, -ές) = “che
l’amore (cfr. fr. 130 V.) ricorre associato al sostantivo scioglie le membra”; l’aggettivo è composto dalla radice
ἔρος già nell’Inno ad Hermes pseudo-omerico di λύω + il sostantivo μέλος “membro”; in Omero è
(ἔρος… ἀμήχανος, v. 434). Nella tragedia, l’amore riferito al sonno (cfr. Od. XXIII 343), in Esiodo serve
verrà definito, mediante un sinonimo, ἀνίκατος a caratterizzare Eros (Teogonia 121, 911). Diventa poi
“invincibile” e ἄμαχος “imbattibile” (Sofocle Antigone topico* nel linguaggio amoroso della lirica arcaica (ὁ
781, 800), ma il concetto diventerà topico* in tutta la λυσιμελὴς… πόθος, Archiloco fr. 196 W.; λυσιμελεῖ τε
letteratura erotica successiva. πόσῳ, Alcmane fr. 3 P., 61); cfr. Saffo fr. 130 V., 1, ove è
associato, come in Esiodo, ad Eros, del quale si evidenzia
γλυκύς, -εῖα, -ύ = “dolce”; l’aggettivo assume una l’azione devastante sull’innamorato a livello fisico.
specifica valenza in contesto erotico (cfr. γλυκύπικρος
“dolceamaro”, neologismo saffico riferito ad Eros nel μαίνομαι = “essere pazzo, impazzire”; deriva
fr. 130 V., 2; γλυκύμαλον “dolce pomo” è il frutto che da *μάν-j-ομαι; cfr. μανία “furia, follia”, μαινάς
si carica di chiare valenze erotiche nel fr. 105 V., 1); cfr. “menade, donna in preda alla follia”, μῆνις “ira”,
anche Alcmane fr. 148 C., 2 (Ἔρως με δαὖτε Κύπριδος μαντεία “divinazione”, μαντεῖον “oracolo”; tale
Ϝέκατι / γλυκὺς κατείβων καρδίαν ἰαίνει “Eros di espansione lessicale rende evidente la connessione
nuovo, a causa di Cipride, dolce mi invade, riscalda il esistente tra follia e attività divinatoria. In Saffo,
cuore”, trad. Guidorizzi). cfr. μαινόλᾳ θύμῳ, fr. 1 V., 18, ove l’aggettivo,
collegato con la radice del verbo μαίνομαι, esprime
δάμνημι = “domare, soggiogare” (in senso erotico), la condizione di follia dell’io parlante che invoca la
dalla radice δαμ-/δμη-/δμω-, per la quale cfr. δαμνάω dea Afrodite; cfr. Anacreonte fr. 46 G. (μαίνομαι κοὐ
“domare”, δμητήρ “domatore”, δμώς “schiavo”, lat. μαίνομαι), ove la follia viene associata all’amore.
domo “domare”, it. domare, indomabile, indomito, ingl.
tame “docile”, ted. zähmen “domare, addomesticare”. πόθος, -ου, ὁ = “desiderio amoroso, amore,
L’immagine dell’amore che “doma” è usata, ad es., da passione”; cfr. ποθέω “desiderare”, ποθεινός
Omero (Il. XIV 198-199), Archiloco (fr. 196 W.) e Saffo “desiderato, desiderabile”; cfr. Archiloco fr. 196 W.
(frr. 1 V., 3, 102 V., 2). ( λυσιμέλης); Saffo fr. 102 V., 2 (πόθῳ δάμεισα);
Alcmane fr. 3 P., 61 ( λυσιμέλης). Il termine
δηὖτε = “di nuovo”, crasi per δὴ αὖτε, avverbio πόθος presenta una duplice valenza: può indicare il
usato in contesti amorosi, per indicare il riproporsi desiderium, la nostalgia di qualcosa che non si ha più,
del sentimento erotico; cfr. Saffo frr. 1 V., 15, 16, inducendo una condizione di forte tensione psichica;
18, 130 V., 1; cfr. Anacreonte frr. 13, 25, 46 G., ma allude anche alla forza intensa del desiderio
sempre in posizione incipitaria; inoltre, cfr. fr. sessuale in atto.
33 G., ove l’avverbio compare invece in contesto
non erotico, in riferimento al ripetersi rituale φιλέω = “amare, volere bene”; è il verbo che esprime
dell’attività simposiale; cfr. Ibico fr. 6 P.: Ἔρος αὖτέ l’amicizia e il sentimento amoroso (αἰ δὲ μὴ φίλει,
με κυανέοισιν ὑπὸ / βλεφάροις τακέρ’ ὄμμασι ταχέως φιλήσει “se non ti ama, presto ti amerà”,
δερκόμενος (“di nuovo Amore sotto le ciglia scure, cfr. Saffo fr. 1 V., 23); può anche significare “baciare”
splendenti, / mi guarda con occhi morbidi”, trad. (cfr. Aristofane Lisistrata 1036; Platone Fedro 255e,
Paduano). Repubblica 607a); cfr. il sostantivo φιλότης, che già in
Omero indicava l’amore fisico (cfr. Archiloco fr. 191
δονέω = “agitare, squassare, assillare”; in Omero W., 1, Mimnermo fr. 1 W., 3, Saffo fr. 1 V., 19). Il verbo
il verbo era riferito all’azione del vento (cfr. Il. XII φιλέω e i suoi derivati si trovano pure in contesti
157, che scuote la nuvola, Il. XVII 55, in cui agita un non erotici per indicare la sfera di valori accettati o
germoglio di olivo) o a quella del tafano che assilla rifiutati (cfr. Archiloco fr. 114 W., 1, οὐ φιλέω μέγαν
una mandria di mucche (Od. XXII 300). στρατηγόν; Anacreonte fr. 56 G., οὐ φίλος).
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SL2 La filosofia
δηὖτε = “di nuovo”, crasi per δὴ αὖτε, ἐξέτασις, -εως, ἡ = “ricerca, esame,
avverbio usato in contesti amorosi, per indagine”; “in tale exétasis consiste essenzialmente
indicare il riproporsi del sentimento erotico; quell’attività di ‘ostetrico’ delle anime alla quale
cfr. Saffo frr. 1 V., 15, 16, 18, 130 V., 1; cfr. Socrate... dedicò tutto se stesso, trascorrendo tutto
Anacreonte frr. 13, 25, 46 G., sempre in il proprio tempo intento a discutere in mezzo
posizione incipitaria; inoltre, cfr. fr. 33 G., alla gente di Atene” (L. E. Rossi, Letteratura greca,
ove l’avverbio compare invece in contesto p. 323). L’ἐξέτασις è considerata dal Socrate
non erotico, in riferimento al ripetersi rituale platonico “il massimo bene” (μέγιστον ἀγαθόν,
dell’attività simposiale; cfr. Ibico fr. 6 P.: Ἔρος Apologia 38a), un valore essenziale: “una vita senza
αὖτέ με κυανέοισιν ὑπὸ / βλεφάροις τακέρ’ tale ricerca (ἀνεξέταστος βίος) non è vivibile per
ὄμμασι δερκόμενος (“di nuovo Amore sotto le l’uomo” (Apologia 38a, trad. Avezzù); la “ricerca”
ciglia scure, splendenti, / mi guarda con occhi è ritenuta addirittura prioritaria rispetto al
morbidi”, trad. Paduano). conseguimento della verità.
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SL3 La religione
ἅγιος, -α, -ον = “sacro, santo, venerato”, dalla che Erodoto, per una forma di pietas, tende ad
radice ἁγ-, derivante dall’indoeuropeo *sag-; cfr. escludere dal campo della sua ἱστορίη (vd. II 65,
sanscrito yaéjati e in greco ἅζομαι < *ἅγ-j-ομαι 2). Sempre in Erodoto, nella novella di Creso e
“rispettare, venerare, aver timore reverenziale”, Solone, τὸ θεῖον è “la divinità”, definita “invidiosa
ἁγιάζω “santificare”, ἁγίζω “consacrare”, ἁγνεύω e perturbatrice” (φθονερόν τε καὶ ταραχῶδες, I
“essere puro”, ἁγνίζω “purificare”, ἁγιοποιέω 32, 1).
“santificare”, ἁγίασμα “santità, consacrazione,
luogo consacrato, santuario”, ἁγιότης “santità”, θεός, -οῦ, ὁ, ἡ = “dio, dea”, dall’indoeuropeo
ἁγνεία “purezza”; tra i composti, cfr. καθαγίζω *dhuesos “spirito”; cfr., tra i molti derivati italiani,
“dedicare, sacrificare, offrire in sacrificio”, ateo (da ἀ- privativo + θεός), monoteismo (μόνος
καθαγισμός “rito funebre” e καθαγνίζω “solo” + θεός), politeismo (πολύς “molto” + θεός),
“purificare”. In latino la radice può presentare teocrazia (θεός + κράτος “potere”), teofania (θεός +
un infisso nasale (sac-/sanc-); cfr. sancio, -is, sanxi, φαίνω “apparire”), teogonia (θεός + γονή “stirpe”),
sancitum, -ire “render sacro, consacrare”, sacer teologia (θεός + λόγος “discorso, studio”), ecc.
“sacro”, sacerdos “sacerdote”, sanctus “sacro”; cfr.
in italiano agiografia (“opere sulla vita dei santi”, θεοσεβής, -ές = “pio, religioso, timorato di
da ἅγιος + γράφω), il nome Agnese e i vari derivati dio”; il termine è composto da θεός “dio” +
dal latino (sacro, consacrare, sacerdote, ecc.). Al σέβας “timore reverenziale, pudore”; cfr. σέβω
neutro, nei testi dell’Antico e del Nuovo Testamento, “venerare, rispettare”. Il termine compare per la
τὸ ἅγιον è “luogo sacro, tempio, tabernacolo”. prima volta in Erodoto I 86, 2 (riferito a Creso); in
II 37, 1 sono definiti θεοσεβέες gli Egizi.
ἔξειμι = “essere, esistere”; la forma impersonale
ἔξεστι “è lecito, è possibile” corrisponde al latino θρησκεία, -ας, ἡ (ionico θρησκηΐη):
fas est o licet, con riferimento alla sfera religiosa. “rito sacro, uso religioso, culto divino, cerimonia
religiosa”; cfr. θρησκεύω “osservare una norma
ἐπικαλέω = “invocare, chiamare”; cfr. religiosa, adorare” e θρῆσκος “timorato di dio”
ἐπικαλέσαντες τὸν θεόν “invocando la divinità” (che si trova usato solo nel Nuovo Testamento). I
(Erodoto II 39, 1): la divinità era invitata ad termini provengono da una radice indoeuropea
accogliere la vittima ad essa offerta. *dhera-, con cui cfr. θεράπων “servitore, ministro,
assistente”; per θρησκεία cfr. Erodoto II 37, 3,
ἐπισπένδω = “libare, versare su”; ad es. ove si accenna alle “miriadi di pratiche religiose”
ἐπισπένδω οἶνον κατὰ τοῦ ἱρηίου vuol dire (θρησκηίας… μυρίας) degli Egizi.
“verso vino sulla vittima” (cfr. Erodoto II 39,
1). Conseguentemente il sostantivo ἐπίσπεισις θύω = “sacrificare”; cfr. θυσία “sacrificio”,
indica la “libagione”. Il verbo è un composto θῦμα “offerta sacrificale”, θυμέλη “altare” (nel
di σπένδω (che ha lo stesso significato); cfr. teatro greco era l’altare di Dioniso al centro
σπονδή “libagione”, latino spondeo “impegnarsi, dell’orchestra); secondo alcuni, questi vocaboli si
promettere”, sponsa “promessa sposa”, respondeo possono collegare a θυμός “animo”, latino fumus,
“rispondere”. furere.
εὐχή, -ῆς, ἡ = “voto, supplica, preghiera” (cfr. ἱεράομαι = “essere sacerdote”; il verbo è usato
ad es. Od. X 526 e vd. Erodoto I 86, 2) e inoltre da Erodoto in poi; cfr. ἱερός “sacro”, ἱερεύς
“imprecazione, maledizione” (cfr. Eschilo Sette “sacerdote” (ionico ἱρεύς).
contro Tebe 819 ed Euripide Fenicie 70), nonché
“(vano) desiderio, brama” (cfr. εὐχαῖς ὅμοια ἱερός, -ά, -όν = “sacro”; in ionico si ha la forma
λέγοντες “dicendo cose simili a vani desideri”, ἱρός. Cfr. sanscrito isirah e in italiano i derivati
Platone Repubblica 499c). Con la stessa radice come ieratico, ierocrazia, gerarchia, geroglifico
εὐχ-, proveniente dall’indoeuropeo *eugh-, cfr. (da ἱερός + γλύφω “incidere”). L’aggettivo
εὔχομαι “formulare voti, pregare, domandare, sostantivato τὸ ἱ(ε)ρόν significa “luogo sacro,
desiderare, promettere, vantarsi”, εὖχος “vanto, santuario, tempio”; il plurale τὰ ἱ(ε)ρά indica
gloria, orgoglio, oggetto di preghiera, desiderio”, “prescrizioni sacre, cerimonie sacre, culto
gli aggettivi εὐκτός (< *εὐχ-τός) “desiderato, religioso”, ma anche “offerte sacre, vittime
desiderabile, invocato”, εὐκταῖος (< *εὐχ-ταῖος) sacrificali”.
“scongiurato, invocato, offerto in voto, votivo”. In
latino, cfr. voveo (sanscrito vãghát). καθαρός, -ά, -όν = “puro, pulito, mondo”;
dalla radice indoeuropea *kas-, che si ritrova nel
θεῖος, -α, -ον = “divino, di natura divina”; latino castus, castigus; cfr. καθαίρω < *καθάρ-j-ω
cfr. θεός. Τὰ θεῖα sono “le cose divine”, “pulire”, καθαρμός “purificazione”, it. catarsi.
ὄργια, -ων, τά = “cerimonie iniziatiche, culti festa solenne”; il termine è composto da πᾶς
segreti, riti misterici”. Il termine ὄργια (il singolare “tutto” + ἄγυρις “folla, mucchio”; cfr. ἀγείρω
ὄργιον è usato di rado) si collega secondo alcuni < *ἀγέρ-j-ω “raccogliere, radunare”, ἀγορά
ad ἔργον “opera” ed ἔρδω “compiere, eseguire”; “piazza, assemblea, mercato”, ἀγοράζω
ma ad altri appare più verosimile la derivazione “comprare (in piazza)”, ἀγορεύω “parlare
da ὀργάω “essere gonfio, lussureggiante”, ὀργίζω (in piazza)”, latino grex “gregge, gruppo”.
“irritare”, ὀργή “ira”; cfr. in italiano orgiastico, In Grecia le πανηγύρεις erano grandi feste
orgasmo. Le “orgie” erano cerimonie rituali, legate religiose, come le Gimnopedie, le Lenee, i giochi
al culto misterico di varie divinità (ad es. Demetra panellenici (olimpici, pitici, nemei ed istmici), le
eleusina, Cerere, i Cabiri e soprattutto Dioniso); Panatenee, le feste di Apollo a Delo. Il termine
poiché esse erano caratterizzate da una particolare πανηγυρικὸς (λόγος) indicava in origine il
esaltazione mistica dei partecipanti e dalla perdita discorso che si pronunciava in un’adunanza
dei freni inibitori nel contatto con la divinità, la festiva del popolo greco; in genere aveva
parola è passata a indicare “crapula, bagordo” carattere encomiastico, per cui il vocabolo passò
nonché “sfrenatezza sessuale”. a indicare per metonimia* “elogio, lode” (cfr.
latino panegyricus e it. panegirico).
ὅσιος, -α, -ον = “stabilito e permesso dalla
legge divina, conforme alla pietà, lecito”; πομπή, -ῆς, ἡ = “scorta, accompagnamento,
l’aggettivo deriva dalla radice ὁσι-, per cui cfr. processione”; cfr. πέμπω “mandare”, πομπεύω
ὁσιόω “purificare”, ὁσιότης “religione, pietà, “scortare”, πομπός “accompagnatore”, it. pompa,
santità”, ἀν-όσιος “empio”. Detto di persona, pomposo.
ὅσιος significa “devoto, religioso, puro”. In
Erodoto compare la litote* οὐ… ὅσιον per indicare σφάζω = “sgozzare, sacrificare, immolare”. Il
una “empietà” (vd. II 81, 1). verbo deriva da *σφάγ-j-ω, dalla radice σφαγ- (in
attico si trova nella forma σφάττω); cfr. σφαγή
πανήγυρις, -εως, ἡ = “riunione completa, “uccisione, sacrificio”, σφάγιον “offerta, sacrificio,
adunanza di tutto il popolo, assemblea generale, vittima”, σφαγεύς “uccisore, carnefice”.
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ἀκμάζω = “essere in pieno sviluppo, fiorire”, detto θεράπων, -οντος, ὁ = “aiutante, servitore,
in genere delle ragazze “fiorenti” protagoniste dei ministro”, dalla radice indoeuropea *dhera-, per cui
romanzi; cfr. ἀκμή “culmine, pieno fiore”, ἀκμαῖος cfr. θεράπαινα “serva”, θεραπεία “servizio, cura”, it.
“fiorente”; dalla stessa radice ἀκ- cfr. lat. acer, acutus, terapia, terapeutico, ecc. Il sostantivo θεράπων è assai
acies. generico: può indicare un inserviente, di condizione
non aristocratica, con mansioni domestiche, ma
ἀμήχανος, -ον = “irresistibile, contro cui non c’è anche un aristocratico che si trova in condizione di
rimedio”; l’aggettivo è composto da ἀ- privativo + subordinazione rispetto ad un altro nobile.
μηχανή “rimedio, accorgimento”. Nella tragedia,
l’amore era stato definito, mediante un sinonimo, κάλλος, -ους, τό = “bellezza”; cfr. καλός “bello”.
ἀνίκατος “invincibile” e ἄμαχος “imbattibile”
(Sofocle Antigone 781, 800); il concetto diventa topico κόμη, -ης, ἡ = “chioma, capelli”; cfr. κομάω “avere
in tutta la letteratura erotica successiva. una lunga chioma”, κομήτης “dai lunghi capelli”, lat.
coma, it. cometa.
ἀναγνώρισις, -εως, ἡ = “riconoscimento” o
“agnizione” (cfr. ἀναγνωρίζω); secondo la definizione κόρη, -ης, ἡ = “ragazza, fanciulla”.
aristotelica è “mutamento (μεταβολή) da ignoranza
a conoscenza, che conduce ad amicizia oppure ad κτείνω = “uccidere”, risale alla radice κτεν-/κταν-/
ostilità” (Aristotele Poetica 1452a); il modulo della κτον-/κτιν-.
scena di riconoscimento, già esistente nell’epos
(cfr. le scene di riconoscimento tra Odisseo ed λῃστής, -οῦ, ὁ = “brigante, predone”; cfr.
Eumeo, Telemaco, Euriclea, Penelope, Laerte, ecc.), è ληΐζω “depredare, saccheggiare”, ληΐς “bottino,
riproposto nel teatro (sia tragico sia comico) e poi nel preda”; spesso nei romanzi i predoni rapiscono la
romanzo. protagonista, che solo dopo molte avventure sarà
liberata e tornerà col proprio innamorato.
βία, -ας, ἡ = “forza, vigore” ed anche “violenza”;
cfr. βιάζω “fare violenza, maltrattare”, βίαιος μαίνομαι = “essere pazzo, impazzire”; deriva
“violento”, βιάω “costringere con la forza, fare da *μάν-j-ομαι; cfr. μανία “furia, follia”, μαινάς
violenza”, lat. vis. “menade, donna in preda alla follia”, μῆνις “ira”,
μαντεία “divinazione”, μαντεῖον “oracolo”; tale
γλυκύς, -εῖα, -ύ = “dolce”; l’aggettivo assume una espansione lessicale rende evidente la connessione
specifica valenza in contesto erotico. esistente tra la follia e l’attività divinatoria.
διαλλαγή, -ῆς, ἡ = il termine indica propr. un μέλος, -ους, τό = “membro anatomico”; in genere
“mutamento” nelle relazioni e quindi “riconciliazione, al plurale μέλη. Per traslato il termine indica un
accordo”; cfr. διαλλάσσω < *διαλλάγ-j-ω “scambiare, “membro di frase musicale” e quindi “canto, canzone,
dare in cambio” e anche “cambiare (relazioni), melodia”.
riconciliare”, nonché il sostantivo διαλλακτής
“mediatore, conciliatore”. μισέω = “odiare, detestare”; cfr. μῖσος, -ους “odio,
avversione”, μίσημα, -ατος “oggetto d’odio, cosa
ἑορτή, -ῆς, ἡ = “festa, solennità”; cfr. ἑορτάζω odiata” e, detto di persona, “creatura odiosa” (con uso
“celebrare una festa”. dell’astratto per il concreto: cfr. Sofocle Elettra 289),
μισητός “odiato, aborrito”; cfr. it. misantropo, misogino,
ἐράω = “essere innamorato, desiderare, amare” misoneista (chi detesta le novità), ecc.
(costruito con il genitivo); cfr. anche ἔραμαι “amare,
essere innamorato, desiderare ardentemente”, νέος, -α, -ον = “giovane”; dall’indoeuropeo *new-/
ἐραστής “innamorato”, ἐρατός “amabile, amato”, now- si ha in greco l’esito *νεϜ- > νε-, in latino nov- (cfr.
ἔρως “amore, passione, desiderio, brama”. novus).
θεάομαι = “osservare, contemplare”; il verbo, ξένος, -ου, ὁ = “straniero, ospite”, da *ξένϜος. Cfr.
derivante dalla radice *dhew-, presuppone il guardare ξενία “ospitalità, diritto di reciproca ospitalità”, ma
con meraviglia; cfr. θέα “vista, spettacolo”, θέαμα anche “relazioni amichevoli”, τὰ ξένια “doni ospitali”.
“spettacolo”, θέατρον “teatro”, θεατής “spettatore”,
θεωρός (< θέα + ὁράω) “spettatore”, θεωρέω ὁράω = “vedere, guardare”; la radice deriva
“vedere”, θεωρία “contemplazione”. Dal grado dall’indoeuropeo *wer-/wor-, che ha dato esito
zero si formano θαῦμα “stupore, meraviglia”, il in greco a *Ϝορ-/ὁρ-, in lat. a ver-; cfr. ὅρασις “il
denominativo θαυμάζω “guardare con meraviglia” e vedere”, ὅραμα “spettacolo”, lat. vereor, verecundia, it.
l’aggettivo θαυμάσιος “meraviglioso”. panorama.
ὀφθαλμός, -οῦ, ὁ = “occhio”; il termine deriva κυνέω “baciare”, ingl. kiss); passa poi al significato
dalla radice *okw-, da cui si formano anche ὄσσομαι, di “adorare, venerare” e a quello specifico di “fare la
ὄψις; cfr. ὄμμα “occhio”, ὤψ “aspetto”, πρόσωπον προσκύνησις”, cioè “prosternarsi davanti” in segno di
“volto, maschera”; cfr. lat. oculus, atrox “dall’aspetto rispetto o devozione, baciando il suolo oppure i piedi
nero” (ater + ox), ferox “dall’aspetto feroce” (ferus + ox), della persona ossequiata; tale azione era regolarmente
it. -oftalmo-, ottico, sinottico, ingl. optic, eye, ted. Auge, compiuta dai Persiani meno nobili davanti ai più
Optik “occhi”. nobili (cfr. Erodoto I 134, 1) e soprattutto davanti al
Grande Re. La “proscinesi” era stata respinta dalla
ὄψις, -εως, ἡ = “vista, spettacolo”; il sostantivo mentalità greca in epoca classica, come prova di
deriva dalla radice ὀπ- < *okw-; cfr. αὐτοψία eccessiva umiliazione davanti a un essere umano.
“l’osservare con i propri occhi”, αὐτόπτης “testimone
oculare”, ὑποψία “sospetto”. σῦριγξ, -ιγγος, ἡ = “siringa, flauto di Pan, zufolo”;
era uno “strumento musicale a fiato, di origine
παῖς, παιδός, ὁ = “ragazzo”. campestre, costituito da un numero variabile di canne
di differente lunghezza” (Montanari); cfr. συρίζω
παρθένος, -ου, ἡ = “ragazza, fanciulla”. “suonare lo zufolo”.
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SL5 Il simposio
δέπας, -αος, τό = “bicchiere, coppa”. Il termine, cfr. κάλυξ “involucro, calice (di fiore)”, da collegare a
presente anche nelle tavolette micenee (di-pa), καλύπτω “coprire”, lat. calix.
indica una coppa usata per bere, per attingere, per
versare offerte. In Omero il sostantivo è spesso κυλίχνη, -ης, ἡ = “piccola coppa”, diminutivo di
accompagnato dall’aggettivo ἀμφικύπελλον (cfr. Il. κύλιξ; peraltro, come osserva Ateneo (XI 480f-481a),
IX 656, Od. III 63). i due vocaboli possono essere sostanzialmente
equivalenti.
ἐγχέω = “versare in, versare da bere, riempire il
bicchiere”; è composto da ἐν e χέω. Il verbo si trova κῶμος, -ου, ὁ = “baldoria, festa, festino” e poi
già in Omero, se si ammette la presenza della tmesi*: “allegra brigata, comitiva festosa”; alla fine del
ἐν δ’οἶνον ἔχευε / χρυσείῳ δέπαϊ “e il vino versava / simposio i convitati si riversavano per strada, dove
in coppa d’oro” (Od. III 40-41, trad. Calzecchi Onesti). improvvisavano una processione fino alla dimora
dell’amato/a, intonando una serenata; oppure la
κελέβη, -ης ἡ = termine che indicava vari tipi comitiva si dirigeva verso un altro simposio.
di recipiente e di cui per ammissione di Ateneo (XI
475c) è incerta la forma. In Anacreonte (fr. 33 G., 2) si μέθη, -ης, ἡ = “intemperanza nel bere vino,
allude all’orcio (probabilmente basso e svasato) in cui ubriachezza”.
si mescolavano acqua e vino, dal quale si versava la
mistura nelle coppe (κύλικες); questo cratere era detto μέθυ, -υος, τό = “bevanda inebriante, vino”; cfr. Il.
“a colonnette”, per il disegno delle anse, che avevano VII 471, IX 469; Od. IV 746.
la forma di un architrave sostenuto da due brevi
colonne. μεθύσκω = “ubriacare, inebriare”, al medio e al
passivo “ubriacarsi”; l’indicativo aoristo è ἐμέθυσα; è
κεράννυμι = “mescolare”; la forma eolica è causativo di μεθύω.
κέρνα(ι)μι, dalla radice κερα-/κρα-/κιρ-; cfr.
κρᾶσις “mescolanza”, κρατήρ, l’omerico κίρνημι μεθύω = “essere ubriaco di vino”; si usa solo al
“mescolare” e composti come ἀκήρατος, ἄκρατος presente e all’imperfetto, mentre negli altri tempi
“puro, non mescolato”, ἀκηράσιος “non miscelato”, coincide con μεθύσκω.
quindi “puro”, εὐκρασία “buon temperamento,
mitezza” (lett. “buona mescolanza”). οἶνος, -ου, ὁ = “vino”; la radice deriva
dall’indoeuropeo *woin-, che ha dato in greco l’esito
κότταβος, -ου, ὁ = “cottabo”; era il gioco più *Ϝοιν- > οἰν- e in latino vin- (cfr. vinum “vino”, vinea
famoso del simposio greco (cfr. Alceo fr. 322 V.: “fondi “vigna”, vindemia “vendemmia”); dal termine greco
di vino volano via da coppe di Teo”, trad. Porro); “si derivano in italiano vocaboli composti come enòfilo,
trattava di colpire un bersaglio, lanciando abilmente enofobia, enologico, enoteca, ecc.
con la mano destra il fondo di una tazza o di un
bicchiere col manico. Il bersaglio poteva essere una οἰνοχόη, -ης, ἡ = “boccale, brocca” in terracotta
coppa che poggiava su un sostegno di bronzo a forma e in metallo (termine composto da οἶνος “vino” +
di candelabro: se veniva colpita, batteva sul mane, χέω “versare”), utilizzato per attingere il vino nel
una statuetta virile o un disco di bronzo, producendo cratere e versarlo nelle coppe. Aveva un’imboccatura
un suono. Un altro modo consisteva nel cercare di generalmente trilobata, che, negli esemplari più
sommergere e affondare con il tiro piccoli gusci antichi, ha un solo beccuccio.
nuotanti in un vaso pieno d’acqua” (P. von der Mühll,
Il simposio greco, in M. Vetta, Poesia e simposio nella πίνω = “bere”; la radice è πι-/πο-/πω-,
Grecia antica, p. 16). dall’indoeuropeo *po-; cfr. πότος “il bere”, πῶμα
“bevanda”, ποτήριον “coppa”, συμ-πόσιον
κρατήρ, -ῆρος, ὁ = “cratere”; era un grande vaso “simposio”, lat. poto e bibo (< *bi-po) “bere”, potio
di terracotta o di metallo a bocca larga, nel quale si “bevanda”, poculum “tazza”. In eolico e in dorico il
mescolavano acqua e vino da servire nei banchetti. verbo è πώνω.
Originario dell’Assiria, fu introdotto in Grecia dai
Fenici e da lì migrò a Roma; cfr. κεράννυμι. προπίνω = “tracannare” nel senso di “bere alla
salute, brindare” con il dativo della persona in
κύαθος, -ου, ὁ = “tazza” con una sola ansa onore della quale si beve (cfr. Pindaro Olimpica VII 4,
utilizzata per attingere dal cratere il vino; cfr. lat. Senofonte Anabasi VII 3, 26); cfr. προπῖνα “taverna”,
cyathus. πρόποσις “brindisi”, lat. popina “osteria”.
κύλιξ, -ικος, ἡ = “coppa, boccale, calice”, in genere πρόχοος, -όου, ἡ = “brocca” per attingere dal
per il vino (cfr. Saffo fr. 2 V., 14, Alceo fr. 346 V., 5); cratere; deriva da *ghew-/ghw-, che in greco ha dato
esito alla radice χε-/χευ-/χο-/χυ-, da cui deriva χέω ed ἄρχω. Il simposiarca era eletto o sorteggiato e
“versare”. doveva regolare le modalità del bere.