Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
4.2. Allusione
4.3. Antifrasi
L’antifrasi (dal greco ἀντί, ‘contro’, e φράσις, ‘locuzione’, in latino contrarium) è ge-
neralmente indicata come una figura retorica per cui il significato di una parola,
di un sintagma o di una frase risulta opposto a quello che assume normalmente:
in questo è la tecnica che corrisponde con più esattezza alla definizione di ironia
da un punto di vista retorico (si confronti la sezione 2.1. Sul particolare rappor-
to dell’ironia con antifrasi e antitesi). Già nell’antichità oggetto di formulazione
di definizioni e soprattutto “distinta dall’ironia” (Mortara Garavelli, B., 1977: 40),
l’antifrasi costituisce un’inversione verbale che consiste nel sostituire il termine
o l’espressione ai quali si pensa col loro contrario, “si ha quando si usa un’espres-
sione per dire l’opposto di quello che significa” (1977: 168). Indicata come “la for-
ma più aggressiva di ironia” (Almansi, G., 1984: 123), ne costituisce senz’altro la
forma più rapida, grintosa (“Splendido il tuo regalo”, per dire ‘brutto, pessimo’;
80
4.3. Antifrasi
(…)
Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta. 129
Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l’arco;
ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca. 132
Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: “I’ mi sobbarco!”. 135
Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace, e tu con senno!
S’io dico ‘l ver, l’effetto nol nasconde.
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, IV)
81
L’ironia comparata con altre figure retoriche
4.4. Antitesi
L’antitesi consiste “nella contrapposizione di idee in espressioni di varia- bile
estensione sintattica messe in corrispondenza tra loro” (DR, s.v., ‘antitesi’), ov-
vero “la contrapposizione di due pensieri di variabile estensione sintattica” (Lau-
sberg, H., 1949: 178). Si ottiene sia affermando una cosa e negando insieme il
suo contrario, sia mettendo a contrasto due fatti opposti e ambedue reali.
Costituiscono un esempio di antitesi i versi celebri di Petrarca:
(…)
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.
(Francesco Petrarca, Canzoniere)
4.6. Ellissi
“Figura di parola per soppressione” (DR, s.v. ‘ellissi’), l’ellissi — dal verbo greco
ἔλλειψις, ‘mancare’ — si basa sull’omissione di elementi grammaticali o lessicali
nell’enunciazione (fino al passo più pronunciato di ellissi costituito dalla figura del-
82
4.7. Enantiosemia
lo zeugma); usa un’unica volta un membro della frase che è comune, come nel caso
dell’esempio: “egli è vecchio e debole” in luogo di “egli è vecchio, egli è debole”).
È possibile ravvedere una forma di ellissi in ogni ironia, laddove quest’ultima
si serve di una comunicazione basata sul non comunicare esplicitamente tutte le
parole dell’enunciato che si vuole esprimere.
4.7. Enantiosemia
4.8. Enfasi
La figura dell’enfasi (dal greco ἕμφασις, dal verbo ἕμφαἰνω, ‘mostro’, ‘esibisco’)
“è un ‘dare a intendere’ più di quanto sia semplicemente detto” (Mortara Ga-
ravelli, B., 1977: 175). Consiste nell’accentuare mediante una determinata co-
struzione una parola o una frase, in modo da sottolinearne il significato e le
implicazioni. Consiste in una “esagerazione del tono e dell’intensità della voce,
del calore generale della espressione e dei gesti; nello scritto si manifesta nel
tipo di lessico utilizzato e nella sintassi molto formalizzata o anche arcaizzante”
(DR, s.v. ‘enfasi’). Ironia ed enfasi dicono di più di quel che appare se si conside-
ra solo il senso generico delle parole usate (nel caso dell’enfasi, per esempio, la
frase: “bisogna essere uomini” vale come “coraggiosi, valorosi”, e non solo come
“individui di sesso maschile”). La figura dell’enfasi mette in rilievo una parola
o un’espressione, grazie ad una particolare sottolineatura. Come l’ironia, anche
l’enfasi corre spesso il rischio che non venga capita, da qui la tendenza d’uso
83
L’ironia comparata con altre figure retoriche
a metterla risalto con i gesti e con il tono della voce. Mentre, però, l’enfasi tende
ad un tono aumentato, intensificato, l’ironia si dirige in direzione contraria,
verso l’assottigliamento, l’assottigliamento. Un notabile esempio di opera lette-
raria in cui ironia ed enfasi si fondono inscindibilmente è costituito dai Viaggi
di Gulliver di Swift.
L’ironia è in ultima analisi “diametralmente opposta all’enfasi: inflazione
e vana magniloquenza, e che produce solo vento […], l’enfasi dice molto e lascia
intendere poco, l’ironia agisce proprio al contrario: è, piuttosto, il regime dello
spreco e del massimo dispendio” (Jankélévitch, V., 1964: 71).
4.9. Iperbole
4.10. Litote
84
4.11. Metafora
‘sono contento’; “non posso negare”, cioè ‘affermo’; “non è molto intelligente”,
‘è stupido’. Può consistere anche in una assenza di giudizio laddove sembre-
rebbe doverci essere, ed anche in questo si avvicina moltissimo all’ironia, dove
però l’enunciato viene espresso (anche se non in maniera chiara e diretta).
Lausberg definisce la litote come “una ironia di dissimulazione con valore
perifrastico che consiste nell’ottenere un grado superlativo con la negazione
del contrario: “non piccolo” significa ‘molto grande’ (1949: 121). Grande è il
legame, per Lausberg, tra l’ironia e la litote, poiché “la forma naturale dell’i-
ronia è la litote: [essa] è uno stratagemma, un’arma pacifica, ma pur sempre
un’arma, [che] serve alla verità [a differenza dell’inganno, e della falsificazio-
ne]. Il tal senso Socrate fu veramente l’incarnazione della litote, che è un invito
a conoscere un’esigenza di luce. Questa falsa mancanza di abilità che è abilità,
questa lode apparente di quel che si disprezza e questa maniera di nascondere
per indurre a comprendere […] non sono astuzie serpentine” (Jankélévitch, V.,
1964: 71), ma piuttosto un procedimento per dire il vero — e, come per l’ironia
— di coinvolgere l’avversario, trasformandolo, con il suo operare, da nemico
a partner.
4.11. Metafora
85
L’ironia comparata con altre figure retoriche
4.12. Ossimoro
Anche se la differenza tra ironia ed ossimoro (dal greco dal greco ὀξύμωρον,
ovvero ὀξύς, ‘acuto’ e μωρός, ‘ottuso’) è identificabile chiaramente, è notevole
osservare come in entrambi i casi il narratore indica che quello che sta per dire
non è la verità. Nel caso dell’ossimoro, infatti, un’espressione come ‘peso leggero’
non indica un oggetto in fin dei conti pesante, così come un “amaro miele” non
è in realtà dolce. Si segnalano alcune espressioni ossimoriche che la letteratura
italiana ricorda, come ad esempio: “gli alberi bruciano di neve” (Quasimodo),
“provvida sventura” (Manzoni), e “sole nero” (Montale). L’ossimoro, più che un
rovesciamento di senso, costituisce uno scarto di significato.
86
4.13. Sarcasmo
4.13. Sarcasmo
Dal greco σαρκασμός, (sostantivo derivato dal verbo σαρκάζω, ovvero ‘dilanio
coi denti’, ‘mi mordo le labbra per l’ira’), questa figura è poi stata chiamata in
latino sarcasmus. Erroneamente si tende, nel senso comune, ad intenderlo come
sinonimo dell’ironia. In realtà l’ironia diventa sarcasmo solo quando non è il
sorriso ad ispirarla, bensì lo sdegno, il rancore (DR, s.v. ‘sarcasmo’).
Benché, come afferma Muecke, “è discutibile se il sarcasmo sia una forma
di ironia” (1970: 51; cfr. anche – su posizione contraria – Vance, J., 2012: 20), sia
il sarcasmo che l’ironia esprimono una critica: mentre, però, la sua intenzione
è denigratoria nel caso del sarcasmo, nell’ironia diventa giocosa; l’ironico vuole
sdrammatizzare e ridicolizzare ma senza ferire o mortificare, il sarcastico, in-
vece, ha proprio l’intenzione di disprezzare.
4.14. Umorismo