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SCHEMA FIGURE RETORICHE VISTE FINORA DA SAPERE

1. Adynaton deriva dal greco antico e significa “cosa impossibile”. È una figura
retorica che consiste nel subordinare l’avversarsi di un determinato evento a
una condizione impossibile affermando, di conseguenza, l’irrealizzabilità di
tale evento, per esempio:

Campassi due secoli, non mangerò mai la trippa di maiale.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Adynaton.

2. Allegoria È una delle figure retoriche più comuni; consiste nell’attribuire a un


discorso un significato nascosto, diverso da quello letterale; con essa si
racconta un’azione la cui interpretazione deve differire da quello che è il suo
apparente significato. Vi sono opere letterarie che sono state praticamente
costruite per intero sul processo allegorico; ne è esempio la Divina Commedia
di Dante, vedere qui oltre la profezia del veltro=cane da caccia, allegoria di un
non meglio precisato salvatore dell’Italia.

E più saranno ancora, infin che ‘l veltro

Verrà, che la farà morir con doglia.

Questi non ciberà terra né peltro,

Ma sapïenza, amore e virtute,

E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro

Di quella umile Italia fia salute

Per cui morì la vergine Cammilla,

Eurialo, e Niso, e Turno di ferute.

Questi la caccerà per ogne villa,

Fin che l’avrà rimessa nello inferno,


Là onde invidia prima dipartilla.

In questo testo, tratto dal capitolo I dell’Inferno, Dante, allo scopo di


profetizzare la venuta di una figura provvidenziale che eliminerà l’avidità dal
mondo terreno (lupa=ingordigia, peccato che ha portato alla rovina la penisola,
ma che, in generale, porta sventure nel mondo intero=prospettiva della Divina
commedia è sempre universale), utilizza l’allegoria del cane da caccia che
cercherà e ucciderà la lupa.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Allegoria.

3. Allitterazione È una figura retorica consistente nella ripetizione di un suono


(molto spesso una consonante) all’inizio, oppure all’interno, di parole
successive (contigue o no che siano). Il seguente esempio è tratto dal sonetto
proemiale del Canzoniere di Francesco Petrarca:

“Di me medesmo meco mi vergogno”.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Allitterazione.

4. Anacoluto Figura retorica caratterizzata da un’irregolarità sintattica nella


costruzione di una frase; questi esempi sono tratti da I promessi sposi di
Manzoni:

“Io, purtroppo, mi sembra che non ci sia nulla da fare”;

“Quel birbone che, se non fosse stato lui, Lucia sarebbe mia da venti mesi”.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Anacoluto.

5. Anadiplosi L’anadiplosi è una figura retorica che consiste nella ripresa,


all’inizio di una frase o di un verso, di una parola (o di un gruppo di parole)
con cui terminano la frase o il verso precedenti; lo schema è il seguente:

… x / x…

Di seguito un esempio tratto da Non sa più nulla, è alto sulle ali di Vittorio
Sereni.

Ho risposto nel sonno: – È il vento,


il vento che fa musiche bizzarre.

Per approfondimenti ed esempi si veda la schedaAnadiplosi.


6. Anafora Tra le varie figure retoriche più usate, l’anafora consiste nella
ripetizione, all’inizio di versi o di frasi successivi, di una parola o di un gruppo
di parole; lo scopo è quello di dare una certa enfasi a un concetto o a una certa
immagine. Uno degli esempi classici di anafora è il seguente, tratto da
l’Inferno di Dante, canto III, nella descrizione della porta dell’Inferno:

Per me si va nella città dolente,

Per me si va nell’eterno dolore,

Per me si va tra la perduta gente.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Anafora.

7. Anastrofe L’anastrofe è una figura retorica che consiste nell’inversione


dell’ordine naturale o abituale di due termini della frase. Per approfondimenti
ed esempi si veda la scheda Anastrofe.

8. Antifrasi Figura retorica per cui una parola o una combinazione di due o più
elementi linguistici oppure un’intera frase assumono un significato opposto a
quello che avrebbero normalmente; è una delle figure retoriche più comuni nel
linguaggio parlato. Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Antifrasi.

9. Antitesi Anche l’antitesi è una delle figure retoriche più utilizzate; consiste
nell’accostare termini o frasi dall’opposto significato. Il seguente esempio è
tratto dal Canzoniere di Petrarca:

“Pace non trovo e non ho da far guerra” (Petrarca)

“…So che non foco, ma ghiaccio eravate…” (Carducci)

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Antitesi.

10.Antonomasia Figura retorica di uso piuttosto comune; consiste nel sostituire


un nome comune a un nome proprio o viceversa; serve a indicare una
caratteristica di una persona o di una cosa. Alcuni esempi:

Il poverello di Assisi (San Francesco);

Mario è un vero Casanova (antonomasia che sta per “donnaiolo”);


Daniele è un Adone (antonomasia che sta per “giovane di notevole bellezza”).

Per approfondire si veda la scheda Antonomasia.

11.Apostrofe Consiste in un discorso fatto con toni accorati, di affetto o di


rimprovero, a persone scomparse o assenti o personificazioni. È sinonimo di
invettiva quando il discorso è accompagnato da toni particolarmente violenti.

Un famoso esempio di apostrofe è il seguente dal canto VI del Purgatorio: “

“Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di provincie, ma bordello!”.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Apostrofe.

12.Asindeto È una figura retorica che consiste nell’assenza della congiunzione fra
due o più termini che sono fra loro strettamente coordinati:

Veni, vidi, vici* (Venni, vidi, vinsi).

Serve a conferire maggiori concisione e concitazioni al discorso. È opposta al


polisindeto. Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Asindeto.

*(lat. «venni, vidi, vinsi»). – Parole con le quali, secondo quanto riferiscono Plutarco
(Caes. 50, 6) e altri scrittori, Giulio Cesare avrebbe annunciato la fulminea vittoria
riportata su Farnace il 2 agosto del 47 a. C. presso Zela nel Ponto. La frase, molto
nota, e spesso variamente parafrasata, si cita soprattutto per indicare o annunciare
rapida e felice riuscita di qualche impresa (dall’Enciclopedia Treccani online).

13.Captatio benevolentiae La captatio benevolentiae (conquista della


benevolenza) non è tra le figure retoriche più comuni; era di uso frequente
nell’antica retorica e nella letteratura cavalleresca per predisporre
benevolmente il lettore o l’ascoltatore; oggi, con tale locuzione latina, si indica
quella parte di discorso (di solito posta all’inizio) con cui un oratore tenta di
accattivarsi la benevolenza dell’uditorio. Per approfondimenti ed esempi si
veda la scheda Captatio benevolentiae.
14.Climax Figura retorica che consiste nell’utilizzo di due o più elementi del
discorso disponendoli secondo un ordine che si basa sull’intensità crescente del
loro significato

“Esta selva selvaggia e aspra e forte” (Dante, Inf .I)

La climax è nota anche come gradazione ascendente. Per approfondimenti ed


esempi si veda la scheda Climax. Il contrario, cioè la gradazione discendente, è
definita anticlimax.

15.Enjambement si ha quando il senso logico di un verso non si conclude con il


medesimo, ma prosegue in quello successivo. Ad esempio, separazione
soggetto/verbo; verbo/complemento oggetto; sostantivo/aggettivo… Un
esempio è nei seguenti versi tratti da L’infinito di Giacomo Leopardi:

E viva, e il suon di lei. Così tra questa

Immensità s’annega il pensier mio.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Enjambement.

16.Enumerazione Figura che consiste nella successione di parole o gruppi di


parole che fanno parte di uno stesso insieme semantico, cioè hanno significati
collegati. Si vedano le figure retoriche asindeto e polisindeto. Per
approfondimenti ed esempi si veda la scheda Enumerazione.

17.Eufemismo È una delle figure retoriche più comunemente usate, sia nel
linguaggio scritto che in quello parlato; consiste nella sostituzione di parole o
di espressioni con altre che hanno un tono più attenuato; per esempio, si
utilizza un eufemismo quando diciamo “Passare a miglior vita” in sostituzione
del termine “Morire”; altro esempio è la frase “Ho visto di meglio” in
riferimento a un film che abbiamo trovato veramente brutto; “Donna di facili
costumi” è un eufemismo utilizzato in sostituzione di termini più volgari. Per
approfondimenti ed esempi si veda la scheda Eufemismo.

18.Figura etimologica Figura retorica che si realizza nel momento in cui si


accostano due o più termini che condividono la medesima radice etimologica
Esta selva selvaggia; Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Figura
etimologica.
19.Iperbato Nell’iperbato si ha la separazione di due o più parole che sono
fortemente legate dal punto di vista sintattico con inserimento di un inciso fra i
termini separati; ciò determina una variazione del consueto ordine delle parole
in una frase in modo mettere in rilievo o rendere più suggestivi determinati
termini o elementi della frase stessa. L’iperbato è, dunque, un inversione
dell’ordine di più parole all’interno della frase. Questo esempio è tratto da Il
sabato del villaggio (Leopardi):

Siede con le vicine


Su la scala a filar la vecchierella

20.Iperbole Fra le figure retoriche è sicuramente una delle più utilizzate nel
linguaggio comune, ma è ricorrente anche nella letteratura, sia antica che
moderna; si tratta, in sostanza, di un’esagerazione (in eccesso o in difetto) del
significato di un’espressione; lo scopo è quello di aumentarne, per contrasto, la
sua credibilità. Alcuni esempi: “Te l’ho detto un milione di volte!”; “Arrivo in
un paio di secondi!”. Fra gli esempi letterari celebri possiamo citare il Petrarca
con l’incipit del sonetto Erano i capei d’oro a l’aura sparsi […] che ‘n mille
dolci nodi gli avolgea… Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda
Iperbole.

21.Metafora una delle figure retoriche più ricorrenti sia nel linguaggio parlato che
in quello scritto; è pressoché paragonabile alla similitudine, dalla quale
differisce per l’assenza di avverbi di paragone o di locuzioni avverbiali; in
pratica, quando si usa una metafora si opera sostituendo una terminologia
propria con una terminologia figurata, in seguito a una simbolica trasposizione
di immagini. Ne troviamo un esempio in X agosto (Pascoli):

“Anche un uomo tornava al suo nido”

Qui il termine nido sta per casa.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Metafora.

22.Onomatopea Figura con la quale, attraverso il suono di una parola, si descrive


o comunque si suggeriscono acusticamente determinati oggetti e azioni. Un
autore che ne fa un notevole utilizzo è Giovanni Pascoli:

“Un bubbolio lontano” (Temporale);

“Sciabordare delle lavandare” (Lavandare);

“C’è un breve gre gre di ranelle” (La mia sera);


“Veniva una voce dai campi: chiù” (L’assiuolo);

“Che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane…” (Nebbia).

L’onomatopea è usata non soltanto con parole esistenti, ma anche con quelle
create dall’autore. Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda
Onomatopea.

23.Perifrasi Giro di parole o circonlocuzione usata per indicare una cosa, una
persona, o un concetto; alcuni famosi esempi:

“Colui che tutto move” e “L’amor che move il sole e l’altre stelle” (Dante, per
indicare Dio);

“Il maestro di color che sanno” (Dante, per indicare Aristotele);

L’uso di perifrasi è frequente anche nel linguaggio comune; ne sono esempi


espressioni quali “La mia dolce metà” (per indicare il coniuge); “Un brutto
male” o “Un male incurabile” (per indicare un cancro). Le perifrasi si usano
per varie motivazioni come per esempio rendere più poetica una frase oppure
evitare una terminologia inopportuna oppure eccessivamente tecnica o troppo
realistica ecc. Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Perifrasi.

24.Personificazione Figura retorica che consiste nell’attribuzione di qualità,


caratteristiche e sentimenti tipicamente umani a cose inanimate o astratte o ad
animali.

Per approfondimenti ed esempi si veda la scheda Personificazione e


prosopopea.

25.Polisindeto Con questo termine si fa riferimento alla ripetizione della


congiunzione fra più proposizioni, periodi o membri di proposizione coordinati
fra loro. Un paio di famosi esempi:

“E mangia e bee e dorme e veste panni” (Dante);

“E i percossi valli, e il lampo de’ manipoli, e l’onda dei cavalli, e il concitato


imperio, e il celere ubbidir…” (Manzoni).

In questo caso la congiunzione è la “e”.

Asindeto e polisindeto sono figure retoriche contrapposte; il primo rende il


testo più veloce e incalzante, il secondo, invece, lo rallenta e lo dilata. Per
approfondimenti ed esempi si veda la scheda Polisindeto.
26.Similitudine È il confronto fra due identità, in una delle quali si ravvisano
proprietà che sono simili e sostanzialmente paragonabili a quelle dell’altra; tale
confronto è fatto ricorrendo a espressioni quali “come”, “similmente a”, “così
come” ecc. Ne troviamo un esempio in Lavandare (Pascoli):

“…quando partisti, come son rimasta!

Come l’aratro in mezzo alla maggese…”.

Similitudine e metafora sono due figure retoriche piuttosto simili, ma nella


seconda è assente il ricorso ad avverbi di paragone o a locuzioni avverbiali. La
metafora è anche, infatti, definita, paragone abbreviato.

Quell’uomo è una volpe=metafora

Quell’uomo è furbo come una volpe=similtudine

Per approfondimenti ed esempi si vedano le schede Similitudine e Differenza


tra similitudine e metafora.

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