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Libro Sbobinature

Filologia Slava

Lezione 1
Introduzione
Studieremo il periodo antica (fino all’XI secolo). Dal XII secolo iniziano le varianti locali di una
lingua che prima era comune. Inizieremo dalla preistoria ossia da dove sono venuti gli slavi,
come sono arrivati qui e come si sono diffusi in Europa.
il corso è diviso in due parti principali:
1- quadro storico-culturale e letteraria dalla preistoria alla comparsa degli slavi sulla
carta europea fino alla missione di Cirillo e Metodio e le conseguenze di questa
missione.
2- Lo studio delle lingue che hanno innalzato a livello sacro e letterario Cirillo e Metodio
e i loro discepoli. Fonetica, fonologia, morfologia e testi brevissimi narrativi e
comprensibili soprattutto vangeli.
862- nascita Rus di Kiev.
988- Vladimir, cristianizzazione della Rus.
1054- scisma oriente.
Abbiamo un lunghissimo medioevo balcanico per i popoli ortodossi. Lunghissimo perché
quelli che sono influenzati dall’occidente e dalla latinità, vivono l’umanesimo e il
rinascimento come in Europa, invece la slavia ortodossa nasce sotto l’influenza ecumenica di
Bisanzio e rimane così fino all’epoca di Pietro il Grande (fine XVII secolo). Questo medioevo
continua dopo l’invenzione della stampa e la scoperta della media. Si scrivono manoscritti
fino al XVII secolo.
Qui studieremo il periodo antico e la grammatica di questa lingua. La struttura di tutte le
lingue slave è la struttura grammaticale principale dello slavo ecclesiastico antico. Solo nelle
lingue slave abbiamo l’aspetto verbale.
La filologia è una disciplina intesa a indagare sui testi e definire una cultura e una civiltà
letteraria attraverso lo studio dei testi letterari e dei documenti di lingua (i diplomatica> atti
dei sovrani, principi e monaci) ricostruendoli nella loro forma originale e individuando
aspetti e caratteri linguistici e culturali.
Ci sono due aspetti e metodologie principali:
1- Principio di Ecdotica> ricostruzione di un testo originale, esistente in diverse varianti,
cronologicamente molto vastamente disposti (es. dal XIII al XVIII secolo), e ricostruire

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il testo da cui sono partite queste tradizioni. Questa disciplina di chiama ecdotica
(ecdosi in greco significa pubblicare, arrivare al testo, stendere il testo).
2- Ermeneutica> interpretazione di questi testi e il loro studio critico, letterario e
storico.
La filologia ha una natura pluridisciplinare perché si serve dei dati dell’archeologia, della
paleografia, della storia (documenti storici), della letteratura e interpreta così il testo senza
tradirlo, capendo le circostanze in cui è nato e seguendo la sua evoluzione; questo metodo
si chiama diacronico. Sincronico è nei secoli, diacronico è paragonandolo con gli eventi e gli
elementi presenti nel momento della sua scrittura.
Quindi la filologia slava studia le fonti letterarie, religiose, documentarie e anche
folkloristiche prodotte all’interno del mondo slavo. Il punto di arrivo è una interpretazione
dei testi, soprattutto dei testi del passato, per poi giungere ad una serie di formulazioni
legate allo studio della tradizione e alla storia della ricezione e diffusione dei testi, all’analisi
formale e strutturale dei testi. Tutte le lingue slave moderne partono da una stessa lingua
antica formulata come lingua letteraria da Cirillo e Metodio, chiamata Slavo Ecclesiastico
perché riguarda i testi legati alla religione, prima al servizio ecclesiastico e poi al testo biblico
ma sempre alla religione.
Un piccolo quadro della geografia che stiamo studiando; all’inizio del XXI secolo gli slavi
costituiscono il maggior gruppo etnico-linguistico sulla mappa dell’Europa, sono più
numerosi della metà della popolazione europea e risultano ripartiti in stati nazionali dove gli
idiomi locali sono diventati lingue letterarie. Cominciamo dal paese più grande:
- Federazione Russa> dopo la disgregazione dell’unione sovietica ha perso molti
territori ma ha comunque una popolazione superiore ai 140 milioni di persone che
parlano come lingua ufficiale il russo. La cosa importante da sapere è che Mosca si
trova a sud del fiume Volga mentre a nord abbiamo San Pietroburgo e il lago Ladoga
sede di un centro letterario molto importante. Poi abbiamo Kiev sul fiume Dnepr.
- Bielorussia> con capitale Minsk. Al sud ovest della Russia con circa 10 milioni di
parlanti bielorusso (lingua ufficiale) ma si parla anche il russo.
- Ucraina> al sud della Russia. Capitale Kiev. Aveva al momento della disgregazione
dell’unione sovietica circa 50 milioni di abitanti ora diminuiti a circa 46 milioni.
Lingua ufficiale ucraino ma si parla anche russo.
- Non dobbiamo confonderci con i paesi baltici (Lituania, Estonia e Lettonia); mentre
Lettonia e Lituania hanno lingue baltiche, l’Estonia ha una lingua non indoeuropea.
Dai paesi baltici è scomparsa la Prussia in cui si parlava una lingua baltica (il
prussiano), che non esiste più dal XIX secolo.
- Polonia> paese molto grande con circa 38 milioni di abitanti e la lingua ufficiale è il
polacco. La capitale è Varsavia.
- Repubblica Ceca> prima era la Cecoslovacchia, oggi sono separate. Circa 10 milioni di
parlanti. Tradizionalmente e storicamente è un paese molto progredito che ha molto
influenzato anche il processo letterario di tutti gli slavi. Ha due maggiori province: la

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Moravia con capitale Brno e la Boemia (che era nel centro della capitale del sacro
romano impero per diversi secoli) con capitale Praga.
- Repubblica Slovacca> la Slovacchia ha circa 5 milioni parlanti slovacco. Nel 2007 è
stato il primo paese slavo ad entrare nell’unione europea e ad entrare nell’euro.
Capitale Bratislava a 60 km da Vienna.
- Ex Iugoslavia> due paesi principali: Croazia e Serbia. Lingua serbo-croata. Hanno
tradizioni molto diverse perché la Croazia è sempre stata sotto l’influenza di Venezia
nei secoli. Lì hanno sempre vissuto il Rinascimento, l’Umanesimo etc. mentre la
Serbia (conquistata dai turchi ottomani) ha vissuto il destino degli altri popoli
ortodossi. La capitale della Serbia è Belgrado, della Croazia è Zagabria. Si è staccata
anche la Bosnia-Erzegovina in cui c’è una popolazione mista tra cattolici, ortodossi e
mussulmani. La capitale della Bosnia-Erzegovina è Sarajevo. La Croazia ha circa 4
milioni di abitanti, La Bosnia-Erzegovina 4 milioni e 600 mila che parlano serbo e
croato. Hanno già fissato una lingua letteraria, in alcune università dell’Europa di
studia anche il bosniaco. Dalla disgregazione già nel 91 si è staccata anche la Slovenia
che ha per capitale Lubiana e che si trova nelle Alpi. Trieste è una frontiera con la
Slovenia. Ha circa 2 milioni di parlanti sloveno. Questa regione anticamente nel
medioevo si chiamava Pannonia e da li abbiamo un primo documento molto antico
del X secolo (i così detti fogli di Freising). La Macedonia Settentrionale fino all’anno
in corso i greci hanno messo un veto sul nome Macedonia (la Grecia del nord si
chiama macedonia). La Macedonia era una provincia romana, un concetto geografico
non etnico conosciuto in Europa come Fyrom ma da quest’anno si chiamerà
Macedonia Settentrionale. Ha una lingua letteraria macedone, codificata nel 1945.
Fino a pochi fa era la lingua letteraria più recente, oggi la più recente è la lingua del
Montenegro staccatosi dalla Serbia nel 2006, la capitale è Podgorica. Ha circa 700
mila abitanti e una costiera bellissima perché non hanno mai avuto l’industria. Prima
la Serbia unita a Montenegro aveva 7 milioni di abitanti.
- Bulgaria> circa 8 milioni di abitanti e capitale Sofia.
Precisiamo che il romeno non è una lingua slava ma una lingua romanza che fino al 1860
usava il cirillico.
Le lingue slave sono raggruppate in lingue orientali, occidentali e meridionali. L’influenza
occidentale verso la Rus di Kiev e Novgorod (una repubblica molto progredita con un
parlamento, conquistata per poco tempo dai tartari e quindi rimasta isolata per lunghi
periodi e da qui abbiamo i ritrovamenti dei testi più antichi) è detto Rutenia: da qui arriva la
principale ondata occidentale verso la Russia. In Rutenia si parla una lingua tra russo e
polacco che si chiama Russina. È una lingua che è stata letteraria ed in questa lingua è stata
prodotta la più antica bibbia a stampa. In russo si chiama Русская беседа questa lingua ed è
un insieme di dialetti che appartengono al ramo orientale delle lingue slave e sono parlati in
un’area molto estesa dell’Europa centro-orientale. È stata una lingua letteraria autonoma
come detto, nel 600/700. Oggi ha 4 varianti regionali questa lingua: una dell’ucraino
occidentale, uno è una minoranza in Slovacchia, una in polonia sud-orientale e una in Serbia.
C’è una comunità molto numerosa emigrata in America negli Stati Uniti e in questa lingua è

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stata scritta anche una grammatica. Tra questi 4 dialetti non si è trovata ancora una koinè,
una lingua in comune.
I dialetti polacchi sono numerosi. Esisteva ed esiste ancora come minoranza la lingua
Casciuba dei casciubi. Questo ramo polacco di chiama lingue lechitiche (dal fiume Lech).
Sono dialetti del polacco quindi. Il Casciubo è stato riconosciuto anche come lingua
letteraria all’inizio del nostro secolo e si parla vicino al mar Baltico a Danzica ed è stata
considerata a lungo come un dialetto del polacco. Vicino al Casciubo è lo Slovinzo, parlato
vicino al mar Baltico ma oggi scomparso, assimilato dai prussiani che avevano lì il loro stato.
Oltre allo slovinzo abbiamo in Pomerania il Pomerano (po + maro =lungo il mar baltico.
Toponimo slavo) già estinto. Sono vive ancora come minoranze due lingue che si trovano in
odierna Germania, una vicina a Brandeburgo e l’altra vicino alla Sassonia e si chiamano
Lusaziano inferiore o sorabo inferiore perché quella provincia si chiamava Lusazia con una
antica cultura di cui ci sono rimasti solo artefatti di ceramica. Queste minoranze esistono
ancora. Lusazia superiore> capitale è Bautzen e Lusazia inferiore> capitale Cottbus. I parlanti
sono circa 100 mila persone ma va tenuto presente che a Berlino fino agli anni 60 si studiava
il lusaziano. Sono lingue molto interessanti per i linguisti perché sono rimaste in uno stato
medievale perché circondate da lingue germaniche e quindi nel loro essere isolate per
secoli, hanno conservato i tratti più antichi delle lingue slave e i loro elementi grammaticali
contribuiscono a ricostruire la lingua slava originale su cui nacque l’alfabeto cirillico. Queste
lingue ripetiamo sono quindi: sorabo inferiore, sorabo superiore, lusaziano superiore,
lusaziano inferiore. Tra i fiumi Oder e l’Elba c’era una minoranza germanizzata che parlava
una lingua detta polabo; l’ultimo parlante di polabo è morto circa nel 1750 ed ha lasciato un
diario dove si lamentava che non esisteva nessuno con cui poter parlare. Quindi tra le lingue
lechitiche abbiamo il polacco, casciubo, slovinzo, pomerano, lusaziano, sorabo e polabo.
abbiamo quindi un raggruppamento delle lingue slave sul principio geografico, come si sono
insediati gli slavi nel VI secolo così sono rimasti anche se molte tribù occidentali slave sono
scomparse o sono state assorbite dai popoli germanici.
-Slavi occidentali> ceco, slovacco, polacco (lingue lechitiche), casciubo, slovinzo e
pomerano, lusaziano, polabo
-Slavi orientali> russo, bielorusso e ucraino
-Slavi meridionali> ex Iugoslavia (serbo, croato, sloveno,) bulgaro, macedone, bosniaco,
montenegrino.
La storia linguistica degli slavi è attestata solo dopo la missione di Cirillo e Metodio quindi IX
secolo. Prima non abbiamo una testimonianza scritta della lingua scritta. Si utilizzavano il
latino e il latino. Il protoslavo è una lingua ricostruita non testimoniata.
Gli slavi arrivano in Europa e si diffondono nei paesi odierni nel VI secolo. Le prime
testimonianze dirette della loro presenza sono del VI secolo. Quindi loro non hanno un
legame diretto con il mondo classico ma sono arrivati dopo con la distruzione del mondo
classico e questo è un fattore di importanza essenziale di cui bisogna sempre tenere conto
quando si studiano testi antichi e quando si studiano i rapporti tra oriente e occidente slavo.
La civiltà slava confluì nel mondo cristiano direttamente dal paganesimo primitivo e quindi
apparve meno sensibile a motivi etici, giuridici, estetici dell’occidente dove continuavano

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anche indirettamente le tradizioni classiche greche e romane. Per questo gli slavi
rappresentavano un elemento barbaro in Europa (i greci e i latini chiamavano barbaro tutti
coloro che non erano estranei alla civiltà europea; anche i bizantini erano barbari per loro.
Bar bar= verso del cane).
Le lingue che confinano con le lingue diverse dalle lingue slave hanno anche dialetti di
frontiera, per esempio in Slovenia ci sono 40 dialetti e ci sono ancora molte dispute su quale
sarebbe la lingua ufficiale, la lingua letteraria.
Ipotizziamo che prima di spostarsi gli slavi abitassero un territorio comune, da cui si
spostarono e separarono. Ritroviamo nella lingua un grande patrimonio slavo comune.
Quando non c’era la scrittura parlavano forse una lingua abbastanza comune tra loro. Il
panorama linguistico appariva abbastanza uniforme prima dello spostamento in Europa.
Quella lingua è detta Slavo Comune. Le massicce migrazioni hanno poi spezzato questo slavo
comune. Lo slavo comune è un ramo della lingua indoeuropea che si è staccato più
recentemente delle altre lingue. Come l’indoeuropeo anche lo slavo comune non ha
testimonianze dirette pur collocandosi in un periodo assai prossimo a quello storico. Inoltre
poiché prese a frammentarsi già tre secoli prima delle grandi migrazioni, questo slavo
comune è noto attraverso l’esame delle concordanze tra le lingue figlie. Cosa abbiamo di
questo slavo comune? Un fondamento comune è composto da circa duemila parole di tutte
le lingue slave con la stessa radice, è un’eredità culturale della comunità delle origini.

Lezione 2
Aspetti storici
Prima di passare al periodo protoslavo non testimoniato storicamente perché non aveva
nessuna scrittura, soffermiamoci su dei dati molto importanti. Il periodo ante pretino è
abbastanza lungo> dall’inizio della conversione degli slavi orientali al cristianesimo fino al
XVII secolo con Pietro il Grande. Questo medioevo slavo ortodosso dura molto allungo dopo
la caduta di Costantinopoli che segna la fine della storia medioevale dell’Europa (caduta di
Costantinopoli sotto i tuschi> 1453), dura anche dopo la scoperta delle Americhe (1492),
dopo l’invenzione della stampa (Gutenberg), dopo la riforma e la controriforma di Lutero,
dopo l’età umanistica e dopo Galileo e Copernico. Copernico era metà tedesco e metà
polacco, ha studiato e vissuto a Bologna, è l’inventore della prima visione eliocentrica della
terra, ponendo le basi dell’astronomia e andando contro la genesi della Bibbia. In Russia il
periodo medioevale continua anche fino all’inizio del XIX secolo con i vecchi credenti 
anziani oltre volga che non accettavano modifiche o riforme nella lingua e nella cultura slava
e scrivevano certamente manoscritti molto dopo l’invenzione della stampa e la sua
diffusione nel mondo ortodosso.
Quindi noi dobbiamo parlare di due distinte civiltà letterarie che sono separate da una
cesura molto profonda che corrisponde all’epoca delle grandi riforme con cui all’inizio del
XVIII secolo Pietro il Grande europeizzò le terre di Moscovia e le inserì in un nuovo impero
guidato dalla corte germanicamente occidentalizzata di San Pietroburgo. Questa formazione
politica e militare della Rus esercitava il suo potere su molte genti dal Dnepr al nord nel mar

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nero, al mare del nord, al Danubio e fino ai finni. La capitale della Rus di Kiev (Kiev) è stata
costruita proprio sul fiume Dnepr.
La Russia è stata fondata nell’862 da conquistatori scandinavi e normanni chiamati dalle
popolazioni slave che erano incapaci di difendersi dalle incursioni dei popoli nomadi delle
steppe.
La dinastia dei Rjurikidi (Rjurik principe variago di Novgorod, i suoi successori: Vladimir,
Svetoslav) governò la Russia fino al 1600. Con il tempo dei torbidi arrivò la dinastia dei
Romanov (trucidati tutti poi per ordine di Lenin). Molto importante il fatto per tutta la slavia
ortodossa, che la bizantinizzazione religiosa non ha portato ad una grecizzazione simile alla
latinizzazione delle terre occidentali dell’Europa. I primi missionari che diffusero la lingua
slava, tramite l’alfabeto come una lingua letteraria, potevano servirsi di questa lingua come
un dialetto apostolico, non come una lingua sacra, non ne aveva la dignità quindi non si
poteva usare per le liturgie nella chiesa.
La missione e l’opera di Cirillo e Metodio dura dall’862 all’865 (per tre anni e qualche mese).
Poi Metodio operò da solo fino al 6 Aprile del 885 data della sua morte. Non abbiamo niente
della loro epoca, non ci sono arrivati documenti. I primi documenti sono datati fine X secolo
e XI secolo e appartengono alle terre bulgare dove si sono rifugiati i discepoli di Cirillo e
Metodio. Le missioni apostoliche quindi dell0oriente e dell’occidente, finirono per creare
due situazioni molto diverse tra loro:
1- La slavia sotto la giurisdizione della chiesa di Roma diviene partecipe di una comunità
politica denominata del Sacro Romano Impero. (proclamazione di Carlo Magno come
imperatore del sacro romano impero: notte di natale dell’800. Inizio impero
Carolingio).
2- La slavia cristianizzata dalla chiesa di Costantinopoli, gravitava nell’influenza
ecumenica del Commonwealth ecumenico bizantino, termine coniato da Dmitri
Obolenskij, che non si traduce in italiano se non così ed intende una comunità
storico, culturale, geografica, spirituale, letteraria (una comunità in tutti i sensi),
ecumenico in greco è universale.
Come sappiamo Vladimir regnò dal 978 al 1015, dopo di lui un gran principe più illuminato
era Jaroslaw (suo figlio). Questi Rjurikidi non erano russi/slavi ma erano scandinavi, poi
parleremo dell’etimologia del loro etnonimo e cosa significa russi.
Altra data importante è la cristianizzazione della Rus di Vladimir: 988. Vladimir non era tanto
illuminato, era un sovrano, un cavaliere molto abile e tra l’altro era pagano fino al 988 e i
greci lo chiamavano dissoluto e poligamo. I suoi numerosi figli governavano diversi
principati in cui era spezzata la rus nel XII secolo. La prima moglie Rogneda (principessa dei
variaghi) da lei ebbe un figlio Venceslav che governava Novgorod. Da Borislava provengono
Izyaslav che governava Polotsk, Svjatoslav di Kiev, Jaroslav di Rostoff. L’ultima moglie era
una principessa (bizantina o bulgara) da cui ebbe i due figli famosi a tutti: Boris e Gleb
martiri.
Questo era il quadro dell’inizio del XII secolo.

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Un’altra data molto importante è lo scisma d’Oriente e la scomunica reciproca del papa e
del patriarca di Costantinopoli, che avviene nel 1054.
Passiamo al protoslavo come una lingua non testimoniata storicamente ma ricostruita ora
vedremo come. Il protoslavo si chiama in russo прословенский язык. Dobbiamo sapere che
gli slavi si insediano nei posti quasi odierni all’inizio del VI secolo. Del 526 abbiamo una
cronaca pasquale bizantina nella quale si racconta l’attacco di Vari e Slavi uniti contro
Costantinopoli; la flotta bizantina è riuscita ovviamente a respingere l’attacco. Da quando gli
slavi si sono insediati in Europa ed è stata inventata la scrittura e la lingua letteraria e sono
state fatte le prime traduzioni dei testi principali della chiesa, noi abbiamo 3 secoli. 862/863
è l’inizio della lingua scritta. In questi tre secoli dal 500 fino all’800 si ipotizza che gli slavi
parlassero una lingua comune che certamente in tre secoli si poteva differenziare e
distinguere nelle diverse regioni, non poteva essere uguale per tutti su tutto il territorio ma
c’erano sicuramente caratteristiche locali. È un termine coniato dal francese Antoine Meillet
(classicista) che nel 1934 ha pubblicato il suo libro le slav comun. Come l’indoeuropeo da cui
è nato, lo slavo comune non ha testimonianze dirette pur collocandosi in un periodo assai
prossimo a quello storico, inoltre siccome prese a frammentarsi già tre secoli prima delle
grandi migrazioni, questa lingua è nota attraverso l’esame delle concordanze tra le lingue
figlie, questo è possibile scandagliando gli strati di prestiti linguistici più o meno recenti e
così si può reperire un fondamento slavo comune. Cosa prende dalle lingue slave? Le parole
slave che sono comuni a tutte le lingue slave sono circa 2000 con variazioni fonetiche,
formali e semantiche. Questi lessemi descrivono svariati aspetti della vita umana e
quotidiana ma un 10% di queste è consacrato all’aspetto spirituale e religioso (quindi
astratto).
Gli slavi sapevano designare le varie parti del corpo (testa, gamba, braccio, gomito, mano,
palmo, dito etc) e organi interni (polmoni, cuore, fegato etc);
Descrivevano con precisione l’ambiente circostante (terra, monti, pianure, acqua, mare,
fiumi, torrenti, fango ghiaccio etc).
Va sottolineato che l’idronomia (i nomi di fiumi, laghi e mari) è la più antica in tutto il mondo
indoeuropeo.
Conoscevano il fango, il ghiaccio, i metalli (piombo, argento, oro, rame), esprimevano il
trascorrere del tempo e le variazioni climatiche (le 4 stagioni, l’alba, il mezzogiorno, la sera,
ieri, domani, torrido, gelo, freddo, pioggia, arcobaleno, tempesta, tuono etc).
Un elemento molto interessante è che dalle nozioni che possedevano intorno alle
vegetazioni sappiamo che non conoscevano nella loro proto patria, il faggio poiché si chiama
Buk che è una parola germanica e quindi è stata appresa dal germanico e non esisteva la
loro parola perché non avevano bisogno di definirlo. Lo stesso accadeva con il tasso, ma
conoscevano la quercia (Dom), la betulla (berjiosa), il melo, il pruno, il noce etc, coltivavano
l’avena, il miglio e l’orzo, il lino e la canapa e usavano l’aratro per arare la terra, la vanga, il
martello, la zappa il falcetto etc. Poi aravano, seminavano, mietevano, falciavano.
Conoscevano alcuni animali come l’orso, il bisonte, il lupo, la volpe, il cervo. Il coniglio, corvo
e altri insetti come mosche e zanzare e i serpenti; conoscevano i pesci (non di mare ma di

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fiume). Alimenti (latte, formaggio, panna, burro). Vivevano in capanne che potevano essere
dotate di finestre, porte, tavoli, letti etc. definivano le strutture familiari in modo molto
accurato e senza paragoni nelle lingue germaniche o romanze: nella parentela slava tutti
hanno un termine specifico e siccome le famiglie erano allargate si utilizzavano tutti i
termini.
I termini comuni erano la madre, la sorella, i suoceri, il fratello, il padre, la casa, il mare
(termine comune a tutti gli slavi ma non solo con il senso di mare ma anche con il senso di
lago).
Conoscevano alcuni artigianati, per esempio il vocabolo Hammer= martello in inglese, in
russo kamen= pietra).
Sull’etnonimo del nome slavi ci sono molte etimologie; tramite l’etimologia dei nomi e degli
etnonimi di un popolo si può arrivare anche alla sua etnogenesi. Tra le testimonianze di
questo periodo antico protoslavo si devono annoverare anche i nomi dei popoli, gli etnonimi
e delle tribù con cui venivano definiti o si definivano le popolazioni slave, testimoniate dalle
fonti storiche del mondo mediterraneo ed europeo (fonti bizantine ma anche latine e
arabe). Il più diffuso termine per definire gli slavi contiene la radice -SLOV- o -SLAV- come
ancora oggi (Sloveni, Slovacchi, Slavi). L’etnonimo “slavi” a differenza di altri etnonimi
presenti nelle fonti rappresenta la prima manifestazione della coscienza di appartenenza
etnica degli slavi. I greci che recepirono per primi questi popoli avevano storpiato
l’etnonimo come SCLABENOI (SCLABEN), la C era inserita per ragioni fonetiche e separava il
gruppo SL che era di difficile pronuncia; nell’epoca bizantina era attivo il fenomeno del
vitacismo (il greco antico aveva un alfabeto che iniziava con αβγδ, l’alfabeto bizantino aveva
al posto della beta una Veta e quindi la B divenne una V). Ci sono anche degli studiosi che
identificano questa forma di Sclaben come forma originale, ma più probabilmente la radice
era slav o slov. Ci sono alcune teorie sull’etimologia del nome slavi, quella più popolare è di
Slava (gloria) ma questa spiegazione è tarda e risale all’epoca del panslavismo. Dobbiamo
dire che questa radice si trova nella radice di molti nomi (Jaroslav, Venceslav, etc). Nella
storia della slavistica ha avuto questa fortuna una diversa interpretazione secondo la quale
l’etnonimo deriverebbe dalla radice slov che si riverisce al termine slovo (parola, discorso)
indicando quindi la comunità dei parlanti della medesima lingua, tanto più che nel periodo
iniziale le lingue slave non si distinguevano così tanto. A questo termine possiamo
contrapporne un altro: Nemzi = muti (Oggi Nemzi è il tedesco.). una cosa simile è accaduta
ai greci che avevano chiamato gli stranieri con il nome di barbari (bar bar = abbaiare). In
genere i linguisti contemporanei connettono il termine con un idronimo come testimonia il
termine Slovudici (nome del fiume Dnepr nei secoli passati). Un idronimo abbastanza antico.
Agli etnonimi si aggiungono anche i toponimi che aiutano a leggere con uno sguardo più
penetrante le carte geografiche in cui si sono stratificate le testimonianze delle diverse
civiltà lasciando la loro impronta nei nomi, di fiumi, monti, insediamenti etc. Le popolazioni
che si insediano in territori già colonizzati tendono a mantenere i toponimi già esistenti e
conservare i nomi geografici precedentemente in uso. In Europa ad esempio è evidente la
presenza di numerosi toponimi di origine celtica che successivamente nelle aree occupate
da popolazioni latine o latinizzate, hanno subito un processo di latinizzazione lenta.

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Gli slavi meridionali erano penetrati in tutto il Peloponneso e nelle isole del mar Egeo,
abbiamo questa informazione grazie ai numerosi toponimi (fiumi, ruscelli, colline, monti
etc… microtoponimia e macrotoponimia).
Max Vasmer (studioso russo autore del dizionario etimologico della lingua russa in 4 volumi,
uscito prima in tedesco e poi tradotto in russo), ha numerato almeno 1500 toponimi slavi in
Grecia odierna.
Insieme all’onomastica e alla toponimia, un ruolo rilevante per le testimonianze indirette
della presenza degli slavi è assegnato all’archeologia e in particolare l’archeologia
medioevale che nei paesi slavi ha avuto uno sviluppo importante a cominciare dal periodo
tra le due guerre. Questa archeologia cerca di ricostruire la storia degli antichi insediamenti
slavi. Queste testimonianze sono chiamate dagli archeologi “testimonianze silenti” perché
non hanno lasciato niente di scritto, ci sono recipienti di ceramica, strumenti ed utensili da
cui si vede che era una cultura sviluppata e ci sono anche delle pratiche di sepoltura che
sono rimaste e sono state scoperte dagli scavi però è indubbia la testimonianza delle stesse
lingue slave moderne. Questo è rappresentato dalle lingue che serbano un retaggio più
antico. Bisogna osservare come detto la presenza di un lessico comune presente in almeno
una lingua dei tre gruppi slavi: se abbiamo una parola in una delle lingue slave occidentali,
meridionali o orientali, comunque appartiene al patrimonio dello slavo comune e testimonia
l’antica cultura della comunità slava. La vegetazione, la cultura, gli utensili, gli animali,
l’allevamento, le parti del corpo, gli organi umani e anche alcune caratteristiche della vita
sociale e spirituale. Ci sono stati molti tentativi di ipotizzare l’esistenza degli slavi anche nei
tempi più antichi, ad esempio nel cuore dell’Europa a partire dal 1200/1300 A.C e fino al IV/
V secolo a.C. tra Elba e Vistola si è sviluppata la civiltà Lusaziana che si distingue soprattutto
per la fattura di manufatti di ceramica dipinti da toni caldi e motivi geometrici. Questa
cultura è scomparsa forse con l’arrivo degli sciiti (popoli nomadi) però non possiamo
concludere che questa civiltà così antica sia stata una civiltà slava, potrebbe avere un’altra
origine. Oggi la Lusazia si trova in una zona della Germania orientale dove si trovano le
minoranze che abbiamo già nominato (lusaziani e sorabi) e che non superano i 100 mila
parlanti. Al ceppo indoeuropeo appartenevano anche i Venedi la cui civiltà si è sviluppata
dal V al I secolo a.C. intorno al mar baltico e Tolomeo ci parla di un golfo venedico. Ma non
si può affermare con certezza se li c’erano gli slavi orientali. C’era anche una cultura che
grazie agli scavi archeologici è stata ritrovata vicino a Kiev ed è chiamata civiltà di Cernikov
(II/V secolo d.C) ma anche in questo caso non possiamo dire se erano davvero slavi. Bisogna
dire che dai tempi antichi il mar Baltico era legato al mar Adriatico tramite fiumi, c’era una
strada fluviale da dove andavano con le navi e questa via si chiama via dell’ambra. Stà di
fatto che il termine ambra non è uguale a tutti gli slavi quindi la civiltà dei Venedi che
abitava la zona del Baltico non può essere slava perché in russo l’ambra si denomina con
una parola di origine lituana. Quindi è molto difficile identificare la prima civiltà slava con
forme di civilizzazioni precedenti all’era cristiana.
Teoricamente gli alavi una volta in tempi antichi (due millenni prima di cristo ma anche tre),
abitavano in uno spazio comune che si chiama proto patria. Qual è il loro luogo di origine?
Da dove vengono? Sappiamo per certo che sono venuti con le grandi migrazioni dei popoli
che vanno sempre da Nord a Sud.

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Ogni popolo afferma che la proto patria slava fosse in suo territorio. Le principali teorie sono
due o tre:
la tesi orientalista> secondo questa tesi che in passato è stata sostenuta da autorevoli
studiosi russi e cechi, lo spazio geografico della prima civiltà slava si collocherebbe in
un’area compresa tra i Carpazi e il fiume Dnepr vicino Kiev e quindi dai boschi dei Carpazi
alla pianura stepposa. L’assenza di un nome slavo comune per alcuni alberi come il faggio
aveva convinto che l’habitat originario degli slavi doveva essere situato aldilà del limite di
vegetazioni di questi alberi ovvero ad est di una linea immaginaria che unisce Kaliningrad e
Odessa, e cioè nell’area della betulla che ha invece un nome di origine slavo comune. Alcuni
studiosi hanno poi ristretto questo territorio delle origini al bacino paludoso di Pripiat tra
Dnestr e Dnepr basandosi su una interpretazione geografica dell’etnonimo slavo secondo
cui la radice Slov, slav deriverebbe da Scloac (cloaca= acqua che corre e quindi fiume, luogo
paludoso e acquitrinoso. Palude è un termine slavo comune). Quindi luogo paludoso e
acquitrinoso, alle pendici più esterne del Carpazi circa in Galizia in Ucraina, e qui troviamo
una serie di toponimi e idronimi slavi che non mostrano altri sostrati precedenti. La lunga
permanenza degli slavi in quest’area lontana dai territori dell’impero bizantino,
giustificherebbe il silenzio delle fonti greco-romane (i greci e i romani non andavano lì
perché era troppo paludoso). Nel VII secolo a.C in questa area giunse la popolazione iranica
degli sciiti che intrattiene duraturi rapporti con le colonie greche del mar nero. Di questo
parla Erodoto che distingue due tipi di popoli: una parte agricoltori e una parte guerrieri. Gli
sciiti guerrieri rappresenterebbero le popolazioni nomadi che si spostavano a cavallo mentre
gli agricoltori legati alla terra rifletterebbero le caratteristiche della civiltà contadina degli
slavi. Erodoto parla anche della tribù di Neori che sarebbe molto affine agli sciiti. Questo
popolo però nel III secolo a.C fu sconfitto e assimilato da un’altra popolazione sempre di
origine iranica. I Sarmati che diedero il nome ad una vasta regione (la pianura sarmatica),
estendendo il loro dominio fino all’area danubiana. Il contatto con le popolazioni iraniche
spiegherebbe l’origine di molte parole slave che sono di origine iranica.
Un’altra tesi è quella occidentalista che afferma che gli slavi erano tribù autoctone (non
venuti da un altro posto). Questa tesi venne promossa molto nel periodo fra le due guerre.
Essa poneva il territorio della prima civiltà slava in un’area che in gran parte coincide con
l’odierna polonia cosa che difende anche l’idea dell’autoctonia degli alavi in quest’area.
Secondo questa interpretazione la proto patria degli slavi si collocherebbe tra il fiume Oder
(confine odierno tra germania e polonia), la Vistola e il fiume Buk, in un terreno paludoso e
boscoso. In questo senso c’erano anche alcuni studi che dimostravano come le condizioni
climatiche dell’Europa antica fossero diverse da quelle moderne e che, non solo nel bacino
di Pripiat ma anche in tutta l’area appena indicata, non ci fosse la presenza del Faggio.
Anche questa interpretazione geografica sembrava trovare una sua giustificazione. Poi si
propose di estendere questa area al di là della Vistola e fino al Dnepr, trovando così un
compromesso tra la tesi orientalista e quella occidentalista.
Una terza tesi è quella Danubiana o Pannonica. Questa ipotesi aveva come presupposto
che gli slavi si fossero insediati già da tempo nella pianura del Danubio, che aveva preso il
nome della provincia romana della Pannonia (odierna Slovenia). Un territorio che fu a lungo
conteso all’impero dalle tribù germaniche e che corrisponde ad una odierna pianura tra
Slovenia e Ungheria. Questa ipotesi era corroborata da molte fonti antiche slave (cronache
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degli anni passati> fonte principale della storia degli slavi delle origini, più antica cronaca
slava). Questa teoria è stata proposta dallo studioso russo Oleg Trubachov che fa
riferimento non solo alle terre sciite spostate ad occidenti ma anche ad una serie di
etnonimi e iscrizioni che parlano di un dio (gli slavi erano pagani) dobraten collegato alla
parola dobre slava. La presenza degli slavi in questa area strategica dell’Impero Romano non
è confermata da greci e latini. Rimane dunque ipotetica la presenza in massa degli slavi in
questa area prima del VI secolo quando i Longobardi immigrarono nella penisola italiana.
Anche se alcune fonti storiche sugli unni e sul funerale di Attila: il cronista Prisco (bizantino)
scrive sul funerale di Attila nel 448 e dice che c’era una veglia sulla salma che si chiamava
Stran (parola slava) e si parla anche del medos, una bevanda il cui nome ricorda il miele in
slavo. Tutte queste testimonianze sono state cancellate con l’arrivo degli ungheresi nel X
secolo.
Queste sono le tre principali teorie sulla proto-patria degli slavi. Queste teorie trovano
supporto anche nei due principali sostrati dello slavo comune, ossia germanico e iranico,
come anche nella più generale convergenza negli sviluppi fonologici del protoslavo con il
protogermanico e il protoiranico.
Merita attenzione anche l’interpretazione dello studioso Kurta che afferma che l’identità
degli slavi si sarebbe formata non solo nell’isolamento della loro proto-patria ma quando la
loro civiltà viene in contatto con l’Impero Romano ai tempi di Giustiniano e quando
Costantinopoli nel periodo delle nuove invasioni, elaborò una politica nei Balcani.
Le prime testimonianze storiche provengono da Jordanes (storia dei goti VI d.C) lui dice
“dalla sorgente del fiume Vistola e per immensi spazi, si è insediato il numeroso popolo dei
Venedi, i loro nomi cambiano secondo le varie stirpi e luoghi, tuttavia sono chiamati
principalmente sclavini e Anti, gli sclavini dimorano in una terra osta tra le città di
novioduno, il lago Morsiano, il Dnestr e a settentrione fino alla Vistola, al posto delle città
possiedono paludi e boschi, gli anti, i più forti fra questi, vivono là dove si inarca il Ponto” (il
ponto è il mar nero per i greci “si estendono fra il Dnestr e il Dnepr che distano diversi giorni
di marcia”. Questa breve descrizione è molto interessante. Si fanno riferimenti ai fiumi e ai
confini di questi popoli, con grandi spazi e pianure. Si parla dei Venedi che come abbiamo
detto non possono essere identificati come popolo slavo né con i Venedi di cui parò secoli
prima Tolomeo dato che a volte i nomi delle popolazioni si perpetuavano nello stesso spazio
geografico designando anche coloro che si insediavano successivamente in quei luoghi. È
importante quello che dice sui nomi Jordanes. Possiamo credergli e identificare sclavini, anti
e Venedi in un unico gruppo etnico e questa è una prima testimonianza sul mondo slavo,
articolato in molteplici tribù e insediamenti. Gli anti sono i più forti e sono guidati da una
aristocrazia guerriera iranica come testimonia il loro nome e vennero confederati
dell’Impero Romano ai tempi di Giustiniano. Si erano insediati in un’area orientale rispetto a
quella occupata dagli slavini e dai Venedi. Questi anti si possono identificare con gli odierni
russi ossia gli slavi orientali, i Venedi con gli slavi occidentali e gli sclavini quelli meridionali.
Nel VI secolo Procopio di Cesarea parla proprio di queste tribù slave. Molto interessante è
che nel corso dei secoli l’Europa orientale e centrale sono state attraversate da popoli
turchi, mongoli, germani, iraniche etc che a differenza degli slavi non poterono radicarsi in
questi territori per il loro carattere di nomadi conquistatori mentre gli slavi si insediarono
benissimo in un’area vasta proprio perché non assunsero una posizione dominante ed erano

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poco conosciuti o del tutto ignorati. Elder nell’800 dice che i popoli slavi occupano più spazio
sulla cartina geografica che nella storia.
Un’ ultima cosa da dire è che le abitazioni degli slavi erano rappresentate dai primi
viaggiatori in questo modo: i villaggi erano circondati da palizzate di difesa, al riparo di
boschi o paludi. Nelle zone pianeggianti non c’erano altri modi per difendersi. È un’idea di
città molto diversa da quella della civitas latina. Le forme Grad, gorod derivano da una
radice Gord= recinto e trova riferimento anche in inglese e tedesco (garden= giardino
recintato). Questi posti recintati iniziarono a prendere il significato di fortezza perché al
posto delle palizzate si iniziarono a costruire le fortezze e tuttora in molte lingue slave
moderne grad è la fortezza. Città e fortezza sono due cose diversi. Per finire un episodio
interessante: gli slavi vivevano in casupole in parte sottoterra e in parte sopra, coperte di
vegetazioni e raramente di pietre. Le costruzioni sfruttavano il legno che veniva assemblato
ad incastro. Il ferro non si usava e infatti gli slavi erano diffidenti verso di esso. Al centro del
villaggio esisteva in area slavo orientale, un locale comune costituito dal bagno o dalla
sauna. Nella cronaca degli anni passati (che citeremo spesso), si parla del viaggio
dell’apostolo Andrea nelle terre orientali e dice “giunse presso gli slavi dove ora è
Novgorod” (molto al nord) “osservati gli uomini che vi abitavano, quali erano i loro costumi
e come si lavavano e si frustavano, se ne meravigliò e giunto a Roma raccontò quello che
aveva visto dicendo di aver visto meraviglie nelle terre slave ma che si fustigano e battono
volontariamente”.

Lezione 3
Il protoslavo
La questione della provenienza del protoslavo. Il protoslavo è una lingua non testimoniata
storicamente ma ricostruita attraverso la comparazione delle lingue slave moderna, la
toponimia, l’antroponimia, l’idronomia (strato più antico) e certamente alcuni documenti a
noi pervenuti.
Il processo di dissoluzione dell’unità linguistica ie è durato millenni ma è ancora avvolto in
diverse teorie come anche la storia delle migrazioni dei popoli. Nel secolo scorso si è
immaginato che il tronco comune era come un albero genealogico e inizialmente si fosse
diviso in due rami e questi a loro vola in altri rami costituendo un albero genealogico delle
lingue storiche. Oggi però questa immagine dell’albero è stata più volte abbandonata e poi
ripresa e si può considerare superata. Si ritiene che la lingua comune abbia conosciuto una
lunga evoluzione attraverso diversi stadi e varie forme di divisione dialettale e anche prima
dell’inizio del processo di smembramento. I gruppi linguistici si sarebbero dunque distaccati
da questo tronco comune, a scaglioni, sulla base di differenti stadi evolutivi della lingua
comune e avrebbero innovato in modo ora convergente ora parallelo con una cronologia su
cui non esiste accordo tra gli studiosi.
Lo slavo avrebbe assunto una fisionomia riconoscibile nel termine del periodo balto-slavo
intorno al III millennio a.C e si sarebbe poi scisso in due tronconi: proto-baltico e proto-
slavo. Quello che possiamo dire sulla proto-patria degli slavi è che la maggior parte degli

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studiosi la localizzano al sud della Bielorussia e a nord dell’ucraina, ad ovest del Dnepr
(vicino al Dnepr), è però un dato di fatto che non ci sono molti lessemi comuni tra gli slavi
per le montagne, per le steppe e per le cime ma ci sono lessemi comuni per le Paludi (Vlato,
volota etc). Anche le foreste, etnonimi e idronimi e il lessico geografico collocano proprio lì
la proto-patria da dove sono partiti gli slavi. Un esempio lo possiamo trovare anche nella
parola mare che significava anticamente lago e non mare. Un’altra parola è ostrof (isola), la
sua radice è ie ed è “str” (come streaming nell’inglese moderno) significa un’isola circondata
dall’acqua corrente quindi acqua di fiume che passa intorno all’isola, tutte le parole ie con
radice str indicano qualcosa che ha un flusso.
Riguardo alla teoria della comunità balto-slava quali sono le idee? La civiltà ie era
abbastanza sviluppata, abbiamo termini comuni come i numeri da 1 a 10, 100, 1000 etc. Si
può evincere che l’antica civiltà si occupava di allevamento di bestiame grosso (anche il
bestiame è diventato il termine per indicare lo scambio commerciale: pecunia <pecora, pelle
di pecora). Probabilmente la parte asiatica dell’antica civiltà ie ha iniziato a distaccarsi prima
perché mentre sono comuni i termini di parentela (mater, pater etc) e anche i termini per
misurare il tempo e le stagioni (Χειμον = inverno/ freddo. Velare diventa з e
monottongazione di ει in и зима. *g eimzima), mancano invece i termini comuni per gli
attrezzi rurali con cui aravano la terra (aratro diventa radlo in polacco. Grano in russo
moderno зерно), per questi termini quindi non c’è un parallelo con l’ie ma sono comuni per
lingue baltiche e slave.
L’indoeuropeo è stato suddiviso in due sottogruppi che sono le lingue Kentum e Satem.
Questo fonema che determinava le principali variazioni era la dorsale palatale K davanti a
vocale anteriore e il campione di esempio era in numero сто (cento). Kentum (centum) sono
ad esempio: greco, anatolico, italico, celtico, germanico etc.; Satem sono ad esempio:
indoiranico, armeno, balto-slavo, albanese, tracio etc… si evince che la dorsale palatale /k/
cambiava in /s/ in alcune lingue e rimaneva /k/ o /c/ in altre.
Alcuni studiosi come Vittorio Bizzani parlano di isoglosse che si trovano anche in queste aree
che hanno qualcosa in comune con altre aree.
Quindi abbiamo due macro-dialetti (macro-gruppi) uno, il protoslavo (persiano orientale,
baltico etc) che era quello orientale, l’altro era occidentale. Una caratteristica comune delle
lingue balto-slave è il passaggio di g a z; esempi di questo passaggio sono зима e зерно ma
anche знать che deriva dal verbo greco γιγνοσκο (g ignosco).
Il processo della dissoluzione dell’unità ie (indoeuropea) si è immaginato quindi come un
tronco comune diviso inizialmente in altri rami costituendo l’albero genealogico che a sua
volta si sarebbe scisso in questi due tronconi di kentum e satem intorno al II millennio. La
teoria dell’albero è stata proposta da Schleicher che nel suo libro uscito nel 1853 sulla
disgregazione dell’indoeuropeo, ipotizza una migrazione da est a ovest con un lento
processo di disgregazione. Un’altra valida teoria è quella di Schmidt (wellen theory – teoria
delle onde) secondo cui la disgregazione sarebbe avvenuta a cerchi concentrici come
quando si getta una pietra nell’acqua. Ipotizza quindi una disgregazione ad ondate.
Il teorico tedesco Karl Brugmann trovò alcuni caratteri principali morfologici e fonetici che
accomunano le lingue baltiche e quelle slave.

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All’inizio del XX secolo il classicista Antoine Meillet criticò Brugmann negando la comunità
balto slava poiché secondo lui lingue slave e baltiche avevano uno sviluppo parallelo e nel
corso del tempo hanno interferito le une con le altre o si sono distanziate le une dalle altre.
Anche lo studioso polacco Rosvadovsky (?) è autore di una teoria del compromesso. Lui
parla di uno sviluppo parallelo e poi una temporanea unità e infine separazione della
comunità baltoslava.
Invece il filologo Bernstein cerca un compromesso evitando il termine comunità balto-slava
e utilizzando il termine со общность ossia una comunità ma non obbligatoriamente unita.
Quindi ipotizzò stretto contatto e parallelo sviluppo. Le lingue baltiche sono lituano e
lettone (l’estone non è una lingua indoeuropea né baltica ma fa parte dell’antico prussiano).
Caratteristiche comuni delle lingue baltiche e slave.
- sono entrambe lingue satem.
- lo schwa (ə) diventa: ь/ъ nelle lingue slave, i/u nelle lingue baltiche.
- il dittongo eu diventa iu/ю (людѥ in slavo ecclesiastico- leute in tedesco =gente; in greco
eleuteria= libertà/gente libera).
- entrambi i gruppi non hanno le doppie consonanti (abbondanti invece in italiano)
- hanno in comune anche dei tratti morfologici come la desinenza -omos/-om. Caratteristica
dello strumentale singolare maschile e del dativo plurale.
-l’ablativo, caratteristico delle lingue ie non c’è nelle lingue slave o baltiche ma le sue
funzioni vengono prese dal genitivo.
- hanno una vasta gamma di sostantivi con tema in consonante
- hanno la doppia declinazione degli aggettivi (semplici e composti- nominali e pronominali).
- hanno tutti i pronomi dimostrativi declinati
- lessico comune (come mano, piede, testa, mucca, ferro).
Quindi ci sono molti punti in comune tra lingue baltiche e lingue slave e se non si può
parlare di un periodo in cui esisteva una comunità balto slava, almeno si può parlare di uno
sviluppo parallelo di queste due lingue.

La prima certezza quindi è che gli slavi erano estranei alla civiltà europea al tempo della
caduta dell’impero di occidente e quindi non hanno un legame diretto con il retaggio della
classicità e con il mondo classico e questo contribuisce al diverso atteggiamento degli slavi
verso la cultura classica. Quindi gli slavi prendono le parti nord- occidentali (slavia orientale),
poi ad occidente dell’Europa (slavi occidentali), e i progenitori degli slavi meridionali tra il V
e il VI secolo cominciano a stabilirsi ai confini dell’impero d’oriente in gruppi sempre più
numerosi. Queste infiltrazioni man mano assumono il carattere di colonizzazioni verso il
Danubio e verso il sud della penisola balcanica fino alla Grecia e alla punta del Peloponneso
e quindi all’impero bizantino.

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Nel IX secolo si impone il problema urgente degli slavi alle frontiere della ricostruita
organizzazione statale latino-germanica e che minacciavano Costantinopoli. Nasce così la
politica verso gli slavi quando fino a quel momento se ne erano occupati solo per scopi
difensivi. La massa di slavi continuava però a minacciare bizantini e franchi. Questa politica
verso gli slavi era attuata contemporaneamente dalla cristianità franca e quella bizantina,
c’è una lotta per evangelizzare le tribù slave.
Riguardo la terminologia bisogna precisare che gli studiosi non sono d’accordo con il
termine lingua protoslavo poiché dal loro insediamento nei posti odierni e quindi la
missione di Cirillo e Metodio (quindi VI secolo) all’invenzione dell’alfabeto (862), passano 3
secoli circa in cui c’erano varianti locali tra gli slavi che si erano distesi in tutta Europa e
quindi alcuni studiosi ritengono finito il periodo protoslavo proprio nel VI secolo con la
disgregazione degli slavi. Altri invece sostengono che nel IX secolo le differenze non fossero
poi così significative anche se presenti e quindi parlano di periodo slavo comune dal VI al IX
secolo. Slavo comune è un termine coniato da Meillet che scrive nel 1923 il suo libro le slav
comun. In questo periodo troviamo terminologie sia del tardo protoslavo che dello slavo
comune.
La prima tappa è l’espansione degli slavi nei posti odierni, la seconda tappa entro la fine del
VI secolo è la slavizzazione di tutta la penisola balcanica, e di tutto il territorio tra baltico,
Elba fino a Drava e Sava.
Brevissimamente dobbiamo parlare anche dell’espansione avara. Sappiamo che dal II a V
secolo ci sono gli Unni che penetrano nell’impero d’Occidente mentre gli Avari si insediano
in Europa centrale ad iniziare dal VI secolo. Questo loro arrivo porta nuove migrazioni degli
slavi a nord e sud-ovest fino alle regioni oggi tedesche e fino alle terre greco-bizantine. Il
khanato avaro crolla con le guerre di Carlo Magno che li sconfigge. Gli slavi invece erano
popolazioni tranquille e non belliche quindi restano nelle terre dove si erano stanziati. La
fase decisiva dell’etnogenesi slava avviene nel basso Danubio. La continuità con il territorio
bizantino e la debolezza dei bizantini (in quel momento Bisanzio era in guerra con gli arabi
che venivano dall’asia minore) favorirono le continue invasioni slave, decisive per la nascita
del senso di slavità. Questo è vero sia per i contatti con il mondo bizantino sia con quello
franco del sacro romano impero.
Un dato di fatto interessante è che la lingua slava non si sa se fu portata dal nord o sul
Danubio da un popolo che la parlava e che la diffonde in grandi spazi, però diventa una
lingua franca tra queste popolazioni durante le grandi migrazioni dei popoli. Questa
testimonianza la troviamo nelle Cronache Degli Anni Passati (Повесть временных лет).
Quindi gli slavi chiamano sé stessi Sloviani e la loro lingua словенский язык. Entro il VI
secolo si conclude questa etnogenesi slava di popol distinti dagli altri pur mantenendo
l’attitudine all’assimilazione di elementi etnici estranei come quelli germanici e iranici ma
anche altaici. Da qui consegue che la società slava dopo il VI secolo era plurilingue però tra
di loro la lingua franca era lo slavo. Si ritiene che l’espansione slava non sia stata un
fenomeno demografico ma un fenomeno innanzitutto linguistico. La propagazione
linguistica favorì anche se non ovunque la trasformazione etnica della popolazione. Più che
gli slavi fu la slavità ad espandersi.

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Un altro fenomeno interessante è che i greci-bizantini si erano romanizzati dalla cultura
latina precedente e si chiamavano romei, i tedeschi dopo ave conquistato la Gallia si sono
chiamati Franchi. Gli slavi sono le uniche popolazioni che non hanno perso la loro lingua e il
loro senso etnico dovunque abbiano abitato.
Dobbiamo ora parlare della cristianizzazione dell’Europa e di alcuni dati storici da tenere
presenti. Questa cristianizzazione è descritta dal saggio di Shenker (the down of slavic).
All’inizio del VI secolo arrivano in Europa gli Avari, una popolazione turca, nomadica, che in
poco tempo riesce a insediarsi in Europa centrale fino al Danubio. Gli Avari conquistarono
anche la Gallia e abbiamo diverse testimonianze sul fatto che erano governati da un
Khanato. Gli avari non hanno cambiato molto le popolazioni slave che poi arrivavano.
Abbiamo una cronaca greca anonima chiamata Cronaca Pasquale in cui si parla di Avari e
Slavi uniti nell’invasione di Costantinopoli. Queste sono le prime testimonianze sugli slavi.
Invadono Costantinopoli con e loro barche da un tronco e cercano di entrare nella città
fortezza però la flotta bizantina li distrugge. Si può dire che nell’impero di Eraclio (610-640),
si parla molto di Avari che furono poi sconfitti da Carlo Magno (che diventò poi per questo
imperatore del sacro romano impero) in una serie di battaglie tra il 790 e l’802. Gli Avari
erano cavalieri che spaventavano gli slavi perché di loro è rimasta una radice Obr che
significa giganti. Questa radice si mantiene in sloveno, ceco, polacco, slovacco etc… anche il
nome di Carlo Magno è rimasto impresso nella storia degli slavi e da li hanno iniziato a
chiamare Carlo, Karl, Kral, Karol i sovrani.
L’impero bizantino nasce nel 324 con Costantino il Grande che fonda questo impero e
prende una piccola cittadina che diventa poi Costantinopoli. Prima di lui c’erano diverse
religioni che venivano specialmente da Oriente come il mitraismo, zolastrismo e
manicheismo. Queste religioni si erano diffuse dall’Asia minore, dalla Palestina e in quasi 50
anni erano penetrate e si erano diffuse in tutto l’impero bizantino. Fu l’imperatore Teodosio
a proclamare la cristianità di Bisanzio tra 380 e 390.
Le 5 chiese apostoliche del medioevo (pentarchia medievale) erano quella di Roma, di
Costantinopoli, di Gerusalemme, di Antiochia e di Alessandria. Tra queste iniziò una lotta
per la supremazia. Il Papa si considerava il padre di tutti i cristiani, il patriarca si considerava
padre della sua ecumene e così via.
Una particolarità è che a Bisanzio da sempre c’era una situazione da sempre di
cesaropapismo ossia l’imperatore era vicario di Dio sulla terra e il patriarca era sottomesso.
Non a casa nel 325, nel primo concilio di Nicea fu l’imperatore a prendere le decisioni più
importanti e non il patriarca. Anche durante l’impero di Eraclio, il suo patriarca, Sergio, fu
messo a guidare un esercito. L’imperatore decideva tutto ed era l’unico vicario di Dio sulla
terra. Della cristianità bizantina quindi possiamo dire che forse i bizantini erano più
tolleranti verso la molteplicità di religioni che esistevano prima di loro (ebraismo, diverse
confessioni orientali etc nate prima di loro). I Bizantini quindi avevano un certo liberalismo
linguistico e permettevano a questi popoli di praticare le loro religioni nelle loro lingue
(avevano già le bibbie tradotte nelle loro lingue). Roma però non sopportava il liberalismo
linguistico. Roma sosteneva rigidamente il latino

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In Europa dopo le grandi migrazioni dei popoli c’erano i germani chiamati ora Franchi che
dopo la conquista della Gallia hanno indossato il mantello politico di Roma.
Riguardo al cristianesimo dobbiamo sapere che i primi a cristianizzarsi furono i Goti con
Wulfila nel IV secolo. Essi si insediano con i Visigoti al nord dei Balcani e al sud del Danubio.
Wulfila inventa un alfabeto e traduce con questo le sacre scritture però loro accettano il
cristianesimo professando che il padre e il figlio di Cristo non sono della stessa sostanza e
quindi la loro religione cristiana viene condannata come eresia dell’arianesimo. Poi si sono
cristianizzate le tribù celtiche e quindi gli irlandesi (vescovo San Patrick oggi santo nazionale
di Irlanda). I missionari irlandesi si sono diffusi in tutta l’Europa per cristianizzare i popoli. È
molto interessante che Costantino Cirillo è stato sepolto nella basilica irlandese di San
Clemente dove anche oggi ci sono monaci irlandesi (vicino Termini).
Gli anglosassoni si sono convertiti nel VI secolo dal papa Gregorio Magno e il suo emissario
che proveniva dal monastero benedettino di Roma. sempre nel VI secolo come detto
appaiono i Franchi che già nel VIII secolo conquistano le terre fino a Pomerania,
Brandeburgo, Pannonia, Croazia, Boemia, Moravia e Dalmazia e quindi entrano in contatto
diretto con Bisanzio. Carlo Magno viene proclamato da papa Leone III nella notte di Natale
dell’800, imperatore del sacro romano impero. Da qui partono i primi elementi degli scismi
che ci saranno poi dopo.

Lezione 4
Aspetti storici
Notte di Natale dell’800: incoronazione di Carlo Magno. Carlo Magno viene incoronato
imperatore del Sacro Romano Impero. Crea scandalo perché l’unico imperatore ecumenico
universale fino a quel momento era l’imperatore bizantino, il Basileus.
2 imperatori sulla faccia della Terra sono un po’ troppi. Cominciano i problemi tra queste
grandi potenze.
Papa Leone III lo proclama imperatore. Il papato in quel momento era un po’ debole, si
sposta da Milano a Rimini etc..;
È debole anche Bisanzio a causa dell’incursione degli arabi a sud; I problemi di corte:
l’imperatrice Irene depone suo figlio Costantino il VI..;
Dobbiamo dire che la forza imperiale che è stata concessa a Carlo Magno lo mette in rivalità
sia con il papato e sia con Bisanzio.
Diviene una polarizzazione delle posizioni ideologiche dei due poteri ecclesiastici. Se
parliamo del Grande Scisma d’Oriente che avviene nel 1054 forse l’inizio si deve porre nel

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momento dell’incoronazione di Carlo Magno, vittorioso contro gli Avari, che ha esteso il suo
territorio su gran parte dell’Europa Occidentale.
Inizia anche la politica indirizzata agli slavi in questi decenni.
Uno storico bizantino Prokopios scrive nel 20 dell’imperatore Giustiniano una storia arcana,
segreta. Dicono che però ha nascosto solo la verità. Lui parla delle diverse tribù slave che
hanno invaso il territorio bizantino.
Li descrive così: vivevano in sklavinie, specie di tribù; avevano capi, erano molto superstiziosi
e credevano in spiriti e ninfe. Diceva che sia il popolo più occidentale che più meridionale
parlano la stessa barbara lingua; sono alti, biondi sporchi e forti.
Poi c’è la testimonianza di Giovanni da Efeso, uno storico siriaco. (siro) Scrive storia
ecclesiastica e anche lui annota queste tribù di Anti e Sklaveni.
Una testimonianza dell’imperatore bizantino Maurizio: la sua opera Strategikon. Questo
Strategikon: strategia di come combattere il nemico (slavi). Questi popoli hanno le donne
molto sensibili, più sensibili di tutte le donne d’Occidente e d’Oriente. Quando muore il
marito loro non vogliono più vivere e si sacrificano, si uccidono. Sono un po’ selvaggi e
vivono in foreste impenetrabili, fiumi, laghi e paludi. Sanno combattere perché capaci di
nascondersi sotto la superficie di questi laghi prendendo la canna con cui respirano. Capaci
di aggredire il nemico non appena arriva.
Poi c’è la storia di Teofilatto Simocatta. La sua storia di 8 volumi racconta di slavi occidentali
vicino alla Pomerania (intorno al mar Baltico). Parla dei loro costumi, usi.
Nel 626 c’è l’assedio di Costantinopoli: da lì proviene una cronaca anonima pasquale di un
anonimo storico che parla dell’invasione tra uniti slavi e avari verso Costantinopoli che la
flotta bizantina ha combattuto.
Il racconto dei serbi-croati datato da Costantino Porfirogenito. È un grande storico che scrive
nella metà del X secolo: 940-50-60. De administrando imperio. Lui parla dei cosiddetti
crovatoi, ossia croati. Li chiama bianchi, abitano in Pannonia, poi ci sono le tribù dei serbloi,
serbli li chiama serbi, serbi bianchi. Nell’espressione geografica bianco significa occidentale:
Bielorussia uguale. Gli slavi abitano in Bosnia Erzegovina, al sud di Dalmazia. Invece i croati
abitano nell’Illirico, i Balcani occidentali. Il nome della Croazia ( croato: Hrvatska ) in
precedenza Xъrvatъ e moderna croata: Hrvat. HRVAT: sotto la r c’è un cerchietto che indica
la r sonorante che può diventare apice di sillaba. HRVAT: etnonimo dei croati non è di
origine slava ma iranica.
Poi se guardiamo l’etimologia dei serbi SRBI: non è slava, etimologia discussa perché ha a
che fare con i Sorabi, questa provincia di Sorabia Losazia di cui sono rimasti Sorabi superiori
e Sorabi inferiori. Però neanche uno di questi termini è di origine slava. Quello dei polacchi
invece, polek è di origine slava.
Russi invece sono Ros, scandinavi e l’etimologia è del verbo remare, chi remava nelle
barche. Arrivavano a Costantinopoli per i fiumi e sulla costiera del Mar Nero offrivano le loro
merci, pelli.. Dal Mar del Nord fino a Costantinopoli (variaghi).

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Testimonianza dei Bulgari: Teofanes Confessores, storico bizantino. Lui scrive dell’arrivo dei
Bulgari, avevano uno stato grande e antico, oltre gli Urali e vicino al Mar Caspio. Erano invasi
dai Kazari. Alcuni di loro si muovevano con le orde rispettive (erano popoli delle steppe). La
lingua è di origine uralo-altaica. Scappando dai Kazari arrivavano verso i Balcani. Uno di loro
con la sua orda riesce ad insediarsi sulla delta del Danubio e li ha costituito il suo primo
regno.
Anno 679, arrivo di Asparug con la sua orda. Uno dei fratelli di Asparug (Altzek) arriva
tramite le Alpi di Baviera, ed è arrivato nella Penisola appenninica, insediandosi a
Campobasso dove ha fatto una confederazione con i Longobardi. I proto-bulgari di questo
Alzeco (Altzek) si sono assimilati nel corso di un secolo. Nomi bulgari sono un residuo del
contatto.
L’imperatore Costantino IV Pogonato cerca di distruggerli perché era territorio bizantino.
Non ci riesce, nascevano sui cavalli, spaventavano i bizantini perché non avevano ordine di
combattimento come esercito ma erano imprevedibili. Stipulò un patto con loro
promettendo di pagare un tributo, riconoscendo lo stato bulgaro. Poi i bulgari si spostarono
verso Varna, (ora città del Mar Nero) dentro il continente. Lì è stata la loro seconda capitale
Varna. Non era il posto dell’antico Odessus sulla costiera, una colonia greca del VI secolo
a.c., ma all’interno della costiera perché allevavano cavalli e bestiame. Questi proto-bulgari
hanno fatto una confederazione con 7 tribù slave che si trovavano già da un secolo su questi
territori e così nel 681 nasce il primo impero bulgaro di Asparug quando fu stipulata la pace.
Nel corso di un secolo e mezzo si assimilarono con gli slavi che però presero il sopravvento.

Penetrazione Cristianesimo negli slavi balcanici:


Nei tempi dell’Imperatore Eraclio (601-640) la questione di Illirico (Balcania occidentale)
diventa punto di avversione tra:

- l’Impero franco;

- Papato;

- Impero bizantino.
L’illirico fino alla metà dell’VIII secolo era considerato sotto la giurisdizione del papato
romano. Però i Franchi avevano già cominciato a cristianizzare le tribù slave. Instaurano
diocesi (Già esistevano a Roma) in Dalmazia come Nona (oggi Nin); Zadar odierna che si
trova in Croazia; Spalato (split nome slavo). Diocesi del papato.
Poi gli slavi nei tempi degli avari in queste terre venivano spinti verso l’Elba con l’arrivo degli
avari. Quindi si diffusero anche nella regione del fiume Elba. I stato slavo era lì mentre c’era
ancora il Khanato avaro e gli avari avevano conquistato Gallia. Ricordo del cronista
merovingia (di Carlo magno) che si chiama Fredegar e parla di popolazione slava che si
trovava nella regione di Turinghia (odierna Germania). Slavi ribellati, a capo di questa
ribellione c’era un mercante di origine gallo-romana che era ostile agli avari, si chiamava
Samo. Riuscì a creare il primo stato embrionale slavo nella regione di Turinghia. Le terre in
questo momento erano contestate tra Avari e Carlo Magno. Il mercante Samo riusciva a

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mantenere questo stato per 35 anni: 624-59. Riuscì a conservare l’autonomia di questo
stato sia da parte degli Avari che da Franchi.
Fredegar scrive di questo mercante:i vendi (slavi occidentali ) lo riconoscono come loro
sovrano. Lui aveva 12 mogli vendi, cioè slave che partoriscono 22 figli e 15 figlie. Dopo la
morte di Samo però questo stato crolla.
Esempio di primo stato slavo governato da mercante gallo-romano.
Storia di Paolo Diacono 720-790
Storia longobarda in 6 volumi.
Parla degli Slavi alpini, territorio degli odierni Sloveni. Questi si sono ribellati e i Longobardi
che governavano si chiamavano Aio, Bradualdo e Romualdo.
Andò a Siponto da solo con piccola legione e lo aggredirono gli slavi che scavarono buche e il
cavallo cadde e fu ucciso.
Bradualdo andò da questi, in Friuli li calmò parlando nella loro lingua. Quindi i longobardi
conoscevano lo slavo.
I bavaresi, sacerdoti missionari sono riusciti a convertire in cristianesimo queste tribù slave
occidentali. Per esempio, la Boemia e quelli che si trovavano vicino Baviera.
GUARDA CARTINA
Il vescovato o diocesi di Salisburgo aveva il centro a Salzburg . Questi missionari riuscirono a
penetrare in Carinzia e Carantania: province di slavi alpini.
La loro cristianizzazione era cominciata già da un missionario irlandese (loro si erano diffusi
in Baviera) e il monaco Ergiu, Virgilio, era nominato arcivescovo di Salisburgo (da vescovato
si innalza ad Arcivescovato). Lui evangelizza gli odierni sloveni e fu considerato loro
apostolo. Questo succede metà dell’VIII secolo 746-50. Sono riusciti i Bavaresi ad
evangelizzare il sovrano degli slavi Oruta e suo figlio Hottimir. Così le prime tribù furono
cristianizzate.
C’erano diocesi dei franchi: Salisburgo (arcivescovato), sopra Passao, Passavia,
Frizinga, più a nord Regensburg cioè Latisbona.
Sono le diocesi da cui partivano i missionari Franchi verso gli Slavi.
Però sulla punta dell’Adriatico c’è Aquilea in Friuli.
Aquilea è un antico patriarcato del papato romano, anche da li partivano i missionari e si
contendevano le tribù da convertire con i Franchi.
Di quell’epoca sono rimasti alcuni frammenti scritti: Frammenti di Frisinga, scritti forse da
missioni di Salisburgo franchi, in slavo per con lettere latine e servivano per la conversione a
partire da cose elementari come la professione della fede, matrimoni, funerali..
Aquilea e Salisburgo si conquistavano le tribù slave e hanno deciso di porre una frontiera tra
le due diocesi che passava il fiume Drav, lungo fiume che confluisce al

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Danubio.
Di quell’epoca è rimasto anche Memorandum di Salisburgo: conversione dei
Bavaresi e Carantanesi, slavi che si trovavano li.
Questo memorando forse è stato composto per ordine dell’arcivescovo Adoi di Salisburgo
circa nell’870.
Critica gli slavi e greci che si sono permessi di venire (Cirillo e Metodio) e introdurre lingua
barbara in quel territorio così civile.
I bizantini da sempre consideravano i franchi barbari non concedendo principesse come
mogli.
Però in questo memorandum si parla anche della resistenza degli slavi alla cristianizzazione,
c’era qualcosa che si chiama Carmor in slavo, Cramora: resistenza.
Alcune volte li cristianizzavano e questi volevano tornare alla religione precedente
(politeismo).
Aquilea rimase Vangelo, Codex Aquileansis , in latino che si usava nei monasteri di Aquilea.
Per li rimasero scritti in margine 350 nomi slavi di sovrani, dei visitatori nei monasteri, dei
donatori di denaro al monastero…
Ci sono rimasti diversi nomi di principi.
Quadro politico della Moravia e Pannonia nelI’IX secolo,
La cartina rappresenta il quadro politico durante la missione di Cirillo e Metodio. La
distruzione degli avari assicur potenza all’impero merovingio, Carlo Magno e i suoi
successori.
Fine del 700, 796 fino 803.
I franchi fecero della Boemia uno stato vassallo a loro.
I cosiddetti Moravi si trovavano nel corso del fiume Morava che confluisce nel Danubio.
Questo toponimo grande Moravia lo riscontriamo solo un secolo dopo nel De Administrando
imperio di Costantino Porfirogenito. Si parla nelle fonti di questo periodo di moravi ma mai
di grande Moravia ancora.
Governati da potenti sovrani, questi Moravi slavi avevano un periodo di indipendenza di
meno di un secolo.
Sotto il sovrano Moemir e poi Rostislav e poi Svatofog: è tutta la vita di questo impero tra
840 e fine 800 fino all’arrivo dei Magiari che sterminano tutta la Moravia. Moemir aveva
conquistato anche territori della Pannonia, odierna Croazia,Slovenia e Austria. Il lago
Balaton, sempre blato, boloto: fango. Provincia di Pannonia attorno questo lago. Moemir
riuscì a cacciare il duca Pridmina (?) in Dmitra, capitale della Pannonia e lo spinse più al Sud,
Danubio. Però questo stato embrionale per più di mezzo secolo è stato relativamente

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indipendente però nell’orbita ecclesiastica dei missionari franchi, delle 4 diocesi più Passavia
e Salisburgo.
I Moravi erano convertiti al cristianesimo
Delle 4 Diocesi, la provincia di Carantania aveva due sedi episcopali che erano
Salisburgo e Frizinga, Sede della diocesi di Boemia era Latisbona, Sede della diocesi di
Moravia era Passavia. Pannonia fino alla grande emigrazione dei popoli era nell’orbita di
Bisanzio, questo divenne territorio contestato tra due potenze fino all’arrivo dei magiari.
Veniva considerato fino al momento dell’insediamento degli slavi come territorio non
ancora ben organizzato quindi ne approfittavano sia bizantini che franchi per convertire i
popoli. Dal Sud-Ovest c’era Aquilea che nominava i missionari, da tutto l’Occidente
penetravano i missionari franchi, poi la Chiesa franca era cosiddetta proprietaria. Chiesa
proprietaria: il territorio era diviso in mari e il vescovo era feudatario che discuteva tutti i
tributi dei sudditi. Avevano potenza militare, spirituale e possessore di terre. Chiesa
proprietaria caratteristica dei franchi. Franchi, papato, e dal sud-est arrivava il primo Impero
Bulgaro, armata che estendeva il suo territorio e riuscì a conquistare terre di Moravia fino al
fiume Tissa (ungherese) in latino Discus. In più il sovrano Boris era in trattative con il
sovrano Ludovico II il germanico per stringere un’alleanza. Stato embrionale spinto da tutte
le parti.
Figlio di Moemir, Rostislav. (Nelle fonti chiamato Rostiza).
Rostislav in questo territorio così suddiviso si rivolse a Bisanzio, Michele III e chiedere
missionari di Bisanzio. In quell’epoca l’unica possibilità di autonomia era data dalla
possibilità di instaurare la chiesa indipendente che si chiama autocefala (in greco è testa).
Autonomia non politica ma ecclesiastica. Con questa visione politica Rostislav si rivolge a
Michele per avere i missionari che possano così professare Dio nella loro lingua siccome
sono venuti i Franchi che parlano latino, lingua diversa da noi (Rostislav) e anche gli irlandesi
e tutti parlano diversamente. Le questioni sono politiche, Rostislav non era amante di
letteratura, Rostislav era un cavaliere che cercava di ottenere indipendenza, per l’intenzione
di contrapporre le potenze. (Da lì parte la missione di Cirillo e Metodio, però all’esame non
dobbiamo dire che la ragione della loro missione era la lettera mandata da Rostislav, le
ragioni sono politiche).
Anche Boris di Bulgaria si era rivolto al papa con lettere in cui non si sono conservate 121
domande su cosa deve fare un cristiano e infatti Nicolo I spiega che non si deve avere più
mogli, si deve comunicare, andare in chiesa, pregare, come mangiare…
Missione di Cirillo e Metodio 862.
Partono per la grande Moravia. Sono stati accolti male dall’impero franco per il loro
operato, con tanta ostilità, Metodio fu imprigionato, esiliato. Missione molto difficile. Fonti
principali attraverso cui possiamo arrivare al periodo storico e vicende storiche del loro
tempo:
—2 agiografie che si chiamano leggende pannoniche, della Pannonia. La prima lunga è Vita
Costantini La breve è la Vita Metodi.

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In slavo le vite lunghe si chiamano Пространно житие al singolare, пространные жития al
plurale. È stato ritrovato in 50 copie, 50 volte copiato. Il primo è della metà del 15 secolo,
1440. La vita di Metodio è trovata in manoscritti più antichi in 15 copie. Piccola parte di
quello che c’era, si è perso. La vita Costantini serve come copia russa mentre Vita Metodi è
del famoso Uspenskij sbornik fine 12 secolo, uno dei primi testi a noi arrivati. Oltre queste
due vite lunghe, leggende pannoniche, ci sono vite brevi all’interno del Sinassario in greco,
in slavo Prolog e li ci sono le biografie più brevi di diversi santi tra cui questi di Costantino e
Metodio. In uno di questi sinassari si capisce dove è stato sepolto Metodio dopo la sua
morte 6 aprile 885. Dice che fu sepolto a sinistra dell’altare della madre di Dio nella
cattedrale morava a Vellehrat, in ceco è Staroe Mesto. Hrat, grad, gorod significava un
recinto, fortezza. Mesto invece è l’insediamento, il cosiddetto vicus. Staroe mesto in ceco è
Vellehrat e si trova vicino il fiume Morava.
Poi c’è una vita Costantini in latino, una traslazione delle reliquie di San Clemente Papa da
parte di Cirillo e Metodio e l’autore probabilmente è Gauderico di Velletri, vescovo.
—Traslazione san clementis: si chiama leggenda italica.
Gauderico sentì parlare bene di Costantino dal suo amico Anastasio bibliotecario che era
segretario del papa.
—Poi abbiamo la vita di un discepolo di Cirillo e Metodio in greco da Teofilatto di
Ocrida, arcivescovo all’inizio del 12 secolo. Arcivescovo di Ocrita.
Dati importanti sulla vita di Cirillo e Metodio. Copia più antica è del 13 secolo e si trova a
Mosca.
—Poi c’era una vita in slavo scritta da anonimo agiografo, dove c’è il discepolo di Aum, si
racconta dei discepoli di Metodio cacciati dalla grande Moravia dopo la sua morte stessa.
Vicende brutte dei discepoli.
—Copia bulgara del 12 secolo che si chiama Dormitione di Cirillo il filosofo per non è vicino
alle vicende storiche.
Agiografie: vita dei santi che fanno miracoli, succedono cose inspiegabili come l’invenzione
dell’alfabeto slavo.
Cominciò a scrivere il verbo, non era frutto di lavoro duro di tanti anni e poi ci sono alcune
commemorazioni liturgiche che si chiamano in slavo службы che si leggevano in occasioni
particolari. Uno di questi del 12 secolo raccontava che Metodio per andare insieme al
fratello aveva lasciato la famiglia però lui era un governatore di provincia non era
ecclesiastico e non doveva osservare il celibato, quindi possibile che avesse una famiglia.
—Diversi sermoni panegirici che sono pohvalnie slova: pohvala è lode, encomio.
Fonte molto importante è la cronaca russa che racconta della missione di Cirillo e Metodio e
fu composta descrivendo gli anni e poi le vicende. Sotto l’anno 898 Pověst' vremęnnych lět;
in russo: Повесть временных лет. —Ossia Cronaca degli anni passati che racconta la
missione di Cirillo e Metodio, composta da Nestor di Pečerska, monaco.

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—Poi c’è il trattato polemico dello scrittore bulgaro monaco Hrabar che significa coraggioso.
Trattato polemico: racconta dell’invenzione dell’alfabeto slavo.
Scrittori bulgari: Teologia di Giovanni zarka, (zarka era la sua carica). Quest’opera è una
traduzione dal greco.
—Manoscritto importante del Vangelo didattico di Costantino di Preslav: prefazione al
Vangelo e conteneva preghiera alfabetica di 36 versetti e più studiosi pensavano che fosse
di Cirillo e non di Costantino che era un suo discepolo bulgaro. Ogni verso iniziava con la
lettera successiva dell’alfabeto.
Mancano solo le lettere мягкий знак Ь e твёрдый знак o anche Jer dura Ъ dalle quali non si
formavano parole. —EPISTOLE DEI PAPI:
Alcune di queste sono conservate.
Il primo papa che aveva avuto a che fare con Cirillo e Metodio era Nicolo I per quando
arrivarono da lui a Roma lui già era morto. Il suo successore era papa Adriano II abbiamo
due epistole una di cui è contenuto nella vita di Metodio. Questo lettera era rivolta da papa
Adriano II ai sovrani di grande Moravia a Rostislav Svatopluk suo nipote e Kotzev il sovrano
di Pannonia che diceva che mandava un vescovo ortodosso puro..
Abbiamo poi dall’873, da quando è succeduto Adriano II il suo successore è Papa Giovanni
VIII e ci furono 10 epistole.
—5 sono proteste contro l’arresto di Metodio inviato dai franchi in monastero di švabra e lui
cerca di liberarlo.
Lettere indirizzate all’arcivescovo di Salisburgo Adauin e poi uno di Paolo di Ancona, che era
un delegato papale di Ancona, incaricato di andare a liberare Metodio, e ci riesce.
—1 Lettera di arcivescovo di Passavia
—2 lettere di Giovanni VIII sono indirizzati a Svatopluk, Moravia, quello che ha invitato i due
fratelli.
Di queste epistole la seconda è Industria Tua, descrive come si deve fare la messa, liturgia in
greco. Dice che siccome slavo è lingua missionaria non è lingua sacra, 3 lingue sacre: greco,
ebraico e latino. Non si può fare la liturgia in una lingua che non è sacra. Lo slavo si può
usare però prima si deve usare un’altra lingua. Slavo è una lingua missionaria, per approccio
ai fedeli, non del sacerdote.
882 assassinato Giovanni VIII e fu nominato Papa Marino I. Non è legato alla missione.
Dopo la sua morte arriva Stefano V, proibisce l’uso dello slavo in liturgia, e sarà proibito in
queste terre fino al 1248, primo concilio di Spalato in cui verrà reintegrato e ci sarà la
nomina di 2 vescovi di origine croata, slava.

Lezione 5

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Cirillo e Metodio
Con la creazione dell’alfabeto slavo e la traduzione dei primi libri in slavo (libri della chiesa
con funzione evangelizzatrice e il lavoro missionario e apostolico per esempio tra i moravi.
Questo alfabeto lo crea Costantino Cirillo che è un filologo e filosofo molto erudito, lui
conosceva tutte le lingue che era possibile conoscere all’epoca. Il paleoslavo è la prima
lingua scritta letteraria per gli slavi. Si definisce paleoslavo o slavo ecclesiastico antico, lo
strumento linguistico che ci serve per studiare i primi testi slavi tradotti da Cirillo e Metodio
per la Chiesa e quindi la lingua in cui i due fratelli missionari hanno tradotto i libri sacri per
quei popoli sino ad allora privi di scrittura. La storia delle culture e delle letterature slave
prende avvio da questa evangelizzazione. Per definire la lingua slava ecclesiastica antica
occorre utilizzare due criteri> 1- criterio spaziale (dove erano nati e cresciuti i fratelli e quali
lingue conoscevano); 2-criterio temporale (i primi testi su cui si basa la lingua).
La grammatica della lingua paleoslava era ricostruita, Costantino non aveva scritto una
grammatica non esisterà fino al XVII secolo: la prima grammatica di questa è stata scritta nel
1619, fino a quel momento si parlava solo di una grammatica ricostruita sulla base della
norma fissata da Cirillo e Metodio.
Nel IX secolo gli slavi non erano molto differenziati tra di loro a livello linguistico. Essi erano
disseminati su in territorio vastissimo dell’Europa centro-orientale, dal corso superiore del
Volga fino al mar Adriatico, dal mare del Nord al mar mediterraneo. Le terre bizantine come
Tracia e Macedonia, Pannonia, Dalmazia erano piene di Slavi che cominciavano ad
organizzare questi piccoli stati embrionali che non avevano le caratteristiche tipiche degli
stati di oggi (con frontiere e organizzazione moderne). Questi stati erano embrionali con
un’organizzazione arcaica. Il primo “stato” è quello di Samo che è esistito per 35 anni dal
624 lì dove c’erano i territori del canato avaro, ma poi è sparito questo stato. Abbiamo
poche testimonianze soprattutto della storia. Gli slavi che erano penetrati nel cuore
dell’impero bizantino erano da tempo cristianizzati. L’evangelizzazione della periferia degli
slavi eran già avvenuta da parte dei missionari irlandesi e franchi. Gli irlandesi si erano
cristianizzati ai tempi di San Patrizio, all’inizio del V secolo erano già cristianizzati e
circolavano per l’Europa.
Per iniziativa del clero franco erano state istituite 4 diocesi del clero franco: l’arcivescovato
di Salisburgo, Frisinga, Ratisbona e Passau. Soprattutto i moravi erano già stati cristianizzati
da Passau. Al sud sulla punta del Friuli c’era il grande patriarcato di Aquilea che apparteneva
al papato, qui si diffondeva anche l’influenza del papato.
Le alleanze erano molte, c’erano periodi in cui papato e franchi erano in pace e facevano
politica espansionistica insieme e periodi in cui erano nemici. Possiamo dire che questi
conflitti venivano creati soprattutto dalla presenza degli slavi. Quindi le grandi potenze in
quel momento erano: i Franchi (potenza espansionistica e militare), il papato (che tentava di
estendere la sua supremazia a tutti i popoli neo cristianizzati) e l’impero bizantino.
[Abbiamo detto che con l’incoronazione di Carlo Magno, si venivano a creare due
imperatori, il basileos di Costantinopoli e Carlo Magno stesso. Fino a quel momento il
basileos era l’unico.] Inoltre dal sud est avanzava anche il primo impero bulgaro che era

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fortissimo ed aveva già conquistato i territori della Moravia fino al fiume Tisza (oggi in
Ungheria).
Rostislav (figlio del potente e abile sovrano Mojmir) che aveva conquistato questo potere
verso l’854-846 presso i Moravi, cercava di ottenere l’unica indipendenza possibile che era
l’autocefalia della chiesa ossia l’autonomia della chiesa.
La missione di Cirillo e Metodio parte nel 862. Abbiamo diverse fonti per studiare vite e
opere dei due fratelli missionari, la maggior parte di queste fonti sono slave ma ne abbiamo
anche di latine o greche. In primo luogo abbiamo le vite lunghe di Costantino e Metodio. I
codici pervenutici della vita di Cirillo risalgono al XV secolo slavi o serbi, non c’è niente
prima. Poi non sappiamo chi abbia scritto e composto queste vite. Doveva essere qualcuno
che conosceva i fratelli e la loro famiglia dalla gioventù. Si ipotizza che fosse Metodio autore
della vita di Costantino Cirillo, mentre uno dei loro discepoli di gioventù fosse l’autore della
vita di Metodio che opera altri 15/16 anni dopo la morte del fratello.
La maggior parte delle fonti sono russe antiche ma non più del XII secolo dove troviamo la
biografia di Metodio (abbiamo detto che quella di Costantino è datata XV secolo). La
biografia di Metodio si trova in uno dei più antichi codici russi. Sono argomenti trattati da
filologi, letterati, storici e linguistici di tutta la slavistica che cerca di delineare l’operato dei
due fratelli. Accanto alle vite ci sono anche molti sermoni panegirici in onore di Costantino e
Metodio, ci sono le vite brevi, ci sono due opere latine: una di Anastasio bibliotecario che
era amico di Costantino, e l’altra di Gauderico di Velletri sullo spostamento delle reliquie di
papa San Clemente. Poi abbiamo diverse altre fonti sempre di origine slava, la vita di un loro
discepolo, due vite greche di Clemente di Ocrida (XII-XIII secolo) e un documento storico
della cancelleria dell’arcivescovato di Salisburgo che ha un lungo titolo ma lo chiamiamo il
Memorandum di Salisburgo in cui si delineava la politica dei Franchi nei confronti di questi
slavi moravi e si parlava dell’arrivo di un greco che ha portato libri scritti in una lingua
sconosciuta che non potrà mai essere usata nella liturgia ecclesiastica.
Poi ci sono le epistole dei papi che sono documenti conservati molto importanti.
Costantino e Metodio sono nati a Salonicco [Tessalonica=Filippo il macedone padre di
Alessandro magno aveva sconfitto i Tessali e aveva chiamato la figlia appena nata tessalo
nike (vittoria contro i tessali e da li prende il nome la città)] in Grecia che era una città
bilingue perché dignitari e nobili abitavano dentro le mura della città ma tutta la
popolazione intorno era slava (commercianti, artigiani, operai etc..). Era da sempre una città
bilingue e non a caso quando l’imperatore Michele III chiama Costantino e Metodio gli dice
che essendo di Salonicco possono parlare come tutti i tessalonicesi in slavo.
La famiglia di Costantino e Metodio era molto ricca e il loro padre era il drungario della città
(capo della fortezza e dell’esercito, stratega della città). Siccome noi sappiamo quando è
morto Costantino Cirillo si ipotizza che fosse nato nel 827 poiché nella sua agiografia si dice
che fosse morto a 42 anni nel febbraio dell’869. Costantino era il più piccolo di 7 figli. Se
questo è vero non si sa perché il 7 era considerato un numero magico e quindi potrebbe
essere falso. Metodio invece aveva almeno 10 anni più di Costantino. I fratelli ricevano
un’ottima educazione, prima studiano a Salonicco e Cirillo legge e studia tutti i filosofi
bizantini soprattutto Gregorio Nazianzeno e tutti i suoi scritti. Lui studia prima il trivio

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(grammatica, dialettica e retorica) ed essendo un ottimo studente studia anche il quadrivio
(aritmetica, geometria, astronomia e musica) quindi tutte le scienze conosciute in
quell’epoca. Per la sua abilità e il suo genio, viene chiamato a Costantinopoli dove continua
gli studi e studia con i migliori e i più illustri maestri del tempo come per esempio Leone il
Matematico con cui studia matematica e Fozio con cui studia filosofia. Fozio fu eletto per
due mandati come patriarca ed è considerato l’ideologo dell’espansione dell’influenza
ideologica bizantina.
Sappiamo che per un po' di tempo Costantino fu bibliotecario della biblioteca di
Costantinopoli dove si trovava una delle migliori università d’Europa in cui studiavano i figli
dei sovrani (come ad esempio Simeone, figlio del sovrano Bulgaro) e insegnavano i più
illustri filologi e filosofi. Costantino lavorò quindi nella biblioteca del patriarcato ma per
studiare lasciò la carica e si recò in un monastero sul bosforo dove si nascose. Lo trovarono
dopo mesi. In questa biblioteca si ipotizza che lui avesse studiato diverse lingue perché tutta
la cultura orientale era raccolta lì. Quando lo ritrovano gli danno la carica di professore di
filosofia a Costantinopoli e lui accetta. Lui è quindi un’erudita filologo molto stimato ma è
conosciuto anche come polemista cioè è un abile lettore e in quel momento era appena
stato sconfitto il movimento dell’iconoclastia ossia la lotta contro le icone. La dinastia degli
imperatori Isaurici aveva iniziato questa battaglia contro le immagini della chiesa e quelli
che usavano le immagini erano chiamati eretici e cacciati. Il più di loro scappavano in Italia
dove non venivano perseguitati. Quindi affidano a Cirillo il compito di polemizzare con il
patriarca Giovanni il Grammatico, ideologo e sostenitore dell’iconoclastia e in una disputa
molto accesa, Costantino si ricopre di gloria perché con le sue conoscenze lo sconfigge e
diventa molto famoso in quell’epoca. Viene mandato in una prima missione presso il califfo
arabo per discutere dello scambio di alcuni prigionieri di guerra. Qui è interessante che il
Califfo (molto erudito anche lui) cerca di capire il perché del dogma della trinità e Costantino
con citazioni dal Corano riesce a convincerlo (almeno temporaneamente) che esiste la santa
trinità. Costantino tornò poi al suo monastero. Nel frattempo Metodio che aveva istruzione
giuridica, venne mandato in una provincia slava nelle terre bulgare/macedoni dove rimase
per 13 anni come governatore. Dopo 13 anni lasciò la carica decidendo di volersi avvicinare
al fratello e si reca da lui con un certo numero di persone intorno a lui, i così detti discepoli
che lui portò dalla provincia slava. Si ipotizza che i primi discepoli dei fratelli furono proprio
quelli portati da Metodio con sé nel monastero del monte Olimpo dove raggiunse Cirillo.
Questo monastero del Monte Olimpo si trovava in Bitinia in Asia Minore e lì in epoca di
Giustiniano, molti prigionieri di guerra slavi, che lui aveva preso in ostaggio, venivano
trasportati la in bitinia quindi in quell’area si parlava slavo. Tachiaos insiste che li c’erano gli
slavi orientali esiliati da Giustiniano, ma dove avrebbe trovato gli slavi orientali dato che
Giustiniano arrivò fino al Danubio dove non c’erano gli slavi orientali? Metodio quindi si fa
monaco in questo monastero. In una delle vite brevi si dice che Metodio per aiutare il
fratello nella missione avrebbe lasciato la famiglia, questo è l’unico testo che lo dice ma non
ne abbiamo certezze, non si può escludere perché lui era un laico prima di farsi monaco.
Si ipotizza che lì nel monastero fosse cominciata la preparazione da parte dei fratelli della
loro grande opera missionaria. Il loro protettore, che favorisce le loro carriere è il patriarca
Fozio che è stato eletto patriarca per il primo mandato nell’858 fino all’867 (circa 10 anni
solo il primo mandato) ed è proprio lui che organizza la seconda missione (politico-religiosa)

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di Costantino questa volta accompagnato dal fratello, presso i Kazari (che abitavano tra
Caucaso e Crimea) perché essi erano in dubbio su quale tipo di missionari accogliere (presso
di loro c’erano missionari di ogni tipo, ebrei, musulmani etc etc). In queste zone c’era una
minoranza cristiana che si sarebbe rivolta all’imperatore Michele III per chiedere l’arrivo dei
missionari capaci di “sconfiggere” gli altri missionari di altre fedi. A capo di questa
delegazione arrivarono Costantino e Metodio intorno all’861 (prima della missione in
Moravia). Durante questa missione passarono anche per il Chersoneso (in Crimea) dove si
fermano per riposarsi, lì Costantino comincia a studiare l’ebraico e in poco tempo inizia
anche a scrivere in ebraico.
Leggiamo dalla vita “questi partono con grandi onori e appena affrontato il viaggio giunse
a Cherson e qui apprese la lingua e la scrittura ebraica avendone tradotto le otto parti
grammaticali” (aveva tradotto 8 testi per ricavare una maggiore comprensione
grammaticale dell’ebraico) “viveva colà un samaritano che veniva da lui e con lui discuteva
ed avendo portato dei libri samaritani glieli mostrò. Il filosofo scongiurandolo riuscì a
farseli dare e si chiuse in casa e si mise a pregare e ottenutane da Dio la comprensione
prese a leggere quei libri senza errore.” (quindi in poche parole impara ebraico e
samaritano) “il samaritano vedendolo esclamò ad alta voce <<in verità quelli che credono
in cristo ricevono di colpo lo spirito santo e la grazia>> fece battezzare suo figlio ed egli
stesso volle ricevere il battesimo dopo di lui”. Poi c’è un evento che è stato discusso nel
corso di 200 anni e non se n’è uscito ancora. È un famoso episodio di un vangelo scritto in
lettere russe. Il primo testo slavo come detto è del XV secolo e troviamo scritto Рушкη
боукъвη (oy= u. η lettera greca che si legge i). Certamente i copisti russi hanno sempre
tradotto queste lettere come se fossero lettere russe ma come potevano essere lettere
russe? Se così fosse Cirillo e Metodio non avrebbero inventato nulla. Si ipotizza allora che
questa sia una incomprensione (quando uno scriba non comprende una parola utilizza
quella che si avvicina di più a una parola conosciuta e c’era la parola russki che era
conosciuta nel XV secolo). Quindi questa parola inizialmente doveva essere ricostruita o
come *Фрѫшкη (ѫ = on; nasale dello slavo antico oggi diventata у. Si legge Frushki ma si
scrive Fronshki) che sarebbero i Franchi e quindi “lettere dei franchi”, e questo è possibile
dato che le lettere franche erano quelle usate da Wulfila per tradurre il vangelo nel IV secolo
(in gotico). Era possibile anche che la parola fosse Соуршкη quindi “lettere siriache”; a
favore di questa tesi c’è il fatto che le nel V/VI secolo era già stata tradotta la bibbia in
siriaco e il siriaco esisteva prima di Cirillo e Metodio. Gli studiosi italiani hanno tradotto con
lettere siriache ma questo non toglie che i russi insistono che fosse in realtà “lettere russe”>
ai tempi di Costantino e Metodio la parola russi non aveva la stessa accezione moderna e
non indicava i russi slavi ma gli scandinavi e quindi non avrebbe avuto senso utilizzare
questa parola in questo contesto e poi se fosse già esistito un alfabeto slavo non sarebbe
stato così importante crearne uno. c’è tuttora molta discordia tra i vari studiosi di varie
nazionalità su quale sia la corretta interpretazione di questa parola. Sia Frushki che Surshki
sono attendibili come traduzioni.
“trovò poi là un vangelo ed un saltello scritto in lettere siriache” (qua nelle vite hanno
tradotto in italiana con “siriache”p.75) “e trovò anche un uomo che parlava quella lingua e
intrattenendosi con lui ne imparò il suono della pronuncia e confrontandola con la propria
lingua ne individuò le singole lettere, vocali e consonanti e rivolgendo la preghiera a Dio

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presto cominciò a leggerla e parlarla e molti erano pieni di ammirazione per lui e lo
lodavano”. Se parliamo del siriaco però bisogna dire che esso non ha vocali o consonanti, la
scrittura è senza vocali. Quindi l’aggettivo Russkij è stato interpretato in vari modi, per
esempio Riccardo Picchio propone di vedere nel passo una visione degli slavi orientali volta
a sottolineare l’autonomia dell’ingresso della Rus nella cristianità, al di fuori dell’aiuto di
Bisanzio (i russi si erano auto convertiti quindi). Per alcuni studiosi il passo va inteso alla
lettera e proverebbe la presenza presso gli slavi orientali di un alfabeto a cui si sarebbe poi
ispirato Costantino.
Altri studiosi come Shafarick, riferiscono questo aggettivo alla bibbia dei goti di Wulfila e
propongono di leggere Frushki e riferiscono l’etnonimo ai popoli germani in generale. La
prof pensa che questa sia la versione più concebile e che i caratteri a cui si riferiscano
parlando di “lettere franche” siano in realtà le lettere gotiche perché l’alfabeto inventato da
Cirillo ha diversi elementi di questo tipo di alfabeto.
Oggi la maggior parte degli studiosi sostiene che Surshki stia per siriaci. Il siriaco è una lingua
semitica; si sa che Costantino conosceva anche le lingue semitiche perché nel suo alfabeto ci
sono anche elementi dell’alfabeto semitico. Gli studiosi come Jacobson insistono che si tratti
di siriaco e quindi questa missione di Costantino che mostra una conoscenza profonda delle
lingue orientali e delle lingue parlate in Europa e in asia è molto importante.
Un altro fattore è che nel Chersoneso loro trovano le reliquie di papa Clemente III
martirizzato e annegato nell’anno 101 (il terzo papa) e le portano con loro nella loro
prossima missione. Questo è molto interessante perché serve come biglietto da visita presso
tutti ma soprattutto presso il papa. Ricordiamo che ai tempi di Costantino e Metodio non
c’era ancora lo scisma della chiesa e quindi si contendevano il dominio Bisanzio e Roma ma
comunque era unita. Gli screzi iniziano dall’incoronazione di Carlo Magno e continuano con
reciproche scomuniche tra il patriarca e il papa.

Lezione 6
Missione di Cirillo e Metodio
Siamo arrivati alla seconda missione di Costantino Cirillo accompagnato stavolta dal fratello
Metodio, presso i Khazari. Si fermano per un po' di tempo nella penisola del Chersoneso che
sarebbe la Crimea e li Costantino in poco tempo impara l’ebraico al punto di poter riscrivere
e tradurre le 8 parti della grammatica, poi arriva un samaritano e Costantino impara anche il
samaritano. Abbiamo poi parlato della questione spinosa delle Рушкη боукъвη.
Pag. 75> “là trovò un vangelo e un salterio scritto in lettere russe e trovò un uomo che si
esprimeva in quella parlata” (quindi era una lingua viva e non antica) “e conversò con lui e
comprese la forza del discorso, accostando per mezzo della propria parlata le diverse
lettere, vocali e consonanti ed elevando la preghiera a dio cominciò subito a leggere e
parlare”. Quindi questo Рушкη боукъвη aveva vocali e consonanti, era una lingua parlata
viva e ancora oggi non è certo a quale lingua effettivamente si riferisca. Alcuni studiosi
soprattutto russi sostengono che c’era il cirillico molto prima dell’invenzione dell’alfabeto
ma non è da credere perché i Bizantini hanno poi portato i libri bulgari ai russi. Anche su

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questo ci sono varie ipotesi ma sta di fatto che i primi scritti nella Rus di Kiev e a Novgorod
sono copie da originali bulgari che provenivano dalla Bulgaria e scritti in slavo ecclesiastico.
Quindi se ci fossero altri libri nella lingua precedentemente acquisita dai russi, ci sarebbe
stata qualche traccia ma non c’è. Se parliamo di quale variante accettare tra Рушкη
боукъвη, Соуршкη (siriache) Фрѫшкη (franche)> Соуршкη  in Siria c’era una antica
cultura e una antica lingua e le sacre scritture erano state tradotte già un secolo prima
quindi è possibile che sia questa la giusta interpretazione. Фрѫшкη nel IV secolo nelle
terre tra i Balcani e il Danubio, c’era questa cultura dei goti (e visigoti) e c’era stata questa
figura di Wulfila che aveva tradotto le sacre scritture in caratteri runici che lui aveva
inventato e quindi anche questa interpretazione è possibile. Ci sono diversi studiosi che
sostengono una di queste due tesi. Bisogna dire però che il fatto che Costantino conoscesse
le lingue semitiche è testimoniato negli elementi che ne prende per il suo alfabeto. La lingua
siriaca è una lingua semitica che fa parte del gruppo aramaico. Come anche in Russia non è
mai stata unificata la scrittura/l’ortografia, così anche in Siria c’erano tre grandi gruppi di
dialetti e in due di questi non c’erano le vocali ma solo consonanti: in un gruppo mancavano
proprio, nell’altro c’erano segni diacritici al posto delle vocali. Quindi forse la teoria delle
lettere Gotiche è molto più plausibile e sicuramente il gotico era conosciuti da Costantino.
Poi superata questo dubbio tra gli studiosi possiamo andare avanti.
L’ingresso della Russia nella cristianità avviene dopo con i Variaghi, con Vladimir (988)
etc.…questa teoria dell’origine gotica delle lettere è quindi secondo la prof più affidabile.
Poi nel golfo di Crimea i due fratelli trovano le reliquie di papa Clemente, papa Romano che
è stato martirizzato ed è annegato nel golfo del mare nel 101 per ordine di Traiano. Saranno
queste reliquie a garantire ai fratelli una accoglienza molto calorosa anche a Roma dato che
all’epoca non c’era ancora lo scisma e la chiesa era una sola: gli screzi erano già presenti e
poi ne parleremo ma per il momento loro presero queste reliquie e le portarono con loro
nel viaggio successivo.
Tornati a Costantinopoli a Metodio viene offerta la carica di arcivescovo dal patriarca Fozio,
una persona molto illuminata, professore nell’accademia di Costantinopoli. Metodio diventa
un ecumenico del monastero di Policronio in Abitinia (asia minore) ossia dall’altra parte del
bosforo mentre si dice che Costantino vivesse nel loro amato monastero sul monte olimpo e
che qui egli vivesse nel silenzio pregando dio. Noi ipotizziamo che qui avvenne il grande
lavoro per la creazione dell’alfabeto slavo.
Parliamo ora dell’episodio per cui lo hanno chiamato Costantino: decifrò una misteriosa
scritta su un calice considerato il calice di salomone, trovato nel mar mediterraneo e
conservato a Costantinopoli nella chiesa di santa Sofia. Lui riesce a leggere questo testo che
era scritto in lettere ebraiche e samaritane.
Arriviamo alla loro missione più importante. Questa pace nei monasteri non dura molto
perché nel’862 arriva una missiva da parte del principe moravo Rostislav e suo nipote
Slentoburg che mandano una ambasceria a Costantinopoli in cui chiedono un vescovo ed un
maestro capace di spiegare la parola di dio nella loro propria lingua. Troviamo questa lettera
sia nella vita di Costantino che nella vita di Metodio.

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Vita Cirillo pag. 90 questo è uno dei punti più importanti; “infatti Rostislav principe
moravo, spinto da dio si consultò con i suoi capi e con i moravi ed inviò una ambasceria
all’imperatore Michele terzo a dirgli: il nostro popolo da quando ha respinto il paganesimo
osserva la legge cristiana” ribadiamo che i Moravi si erano già convertiti al Cristianesimo
grazie soprattutto ai missionari Franchi di Passau ma la liturgia si faceva in latino. “osserva la
legge cristiana ma non abbiamo un maestro tale che sia in grado di spiegarci la vera fede
cristiana nella nostra lingua, perché anche le altre regioni slave vedendolo, seguono il
nostro esempio. Inviateci per tanto signore un tale vescovo ed un maestro. Da voi infatti
sempre emana la legge valida per tutte le curie”.
Invece nella vita di Metodio si dice “sono venuti fra noi molti maestri cristiani dai Valachi e
dai Greci e i germani, insegnandoci in modo diverso mentre noi slavi siamo persone
semplici e non abbiamo chi ci guida nella verità e rende nota la conoscenza. Allora
monsignore mandaci un uomo che adempia ogni giustizia”. Quindi questa lettera non è
l’argomento principale per mandare i missionari. Bisanzio da tempo cercava di entrare lì
come zona di influenza. La situazione era molto critica perché c’erano le 4 diocesi dei
franchi, dal sud arrivava l’influenza del papato, da sud ovest arrivava il khanato bulgaro che
staccava pezzo dopo pezzo dal territorio moravo. Boris di Bulgaria si era alleato con
Ludovico I il germanico. In questa situazione Rostislav si rivolge a Bisanzio perché sa che è
una potenza molto importante e che potrebbe assicurargli un po' di relativa indipendenza.
Anche Rostislav così come tutti gli altri (Boris compreso) mirava all’autocefalia della chiesa. Il
patriarca Fozio è a capo della chiesa ed è molto interessante la situazione politica in quel
momento: Fozio era di Costantinopoli, nato nel 820. I nostri avvenimenti succedono nel 862
quindi era già un uomo maturo già con esperienza come bibliografo (lui ha raccolto buona
parte della biblioteca di Costantinopoli) era un erudito, illuminato ed insegnava filosofia
all’università imperiale di Costantinopoli (la scuola di Magnaor?). Per tutto il medioevo
filosofia e teologia avevano un senso uguale cioè erano come la stessa cosa. Il primo
mandato di Fozio durò dal 858 al 867. Lui era figlio di un dignitario di Costantinopoli, città in
cui prima era patriarca suo zio Niceforo di Costantinopoli e la famiglia godeva di una grande
autorità. Il fratello sposò Irene, sorella di Teodora Armena, imperatrice di Bisanzio quindi
era molto vicino all’imperatrice. Era apprezzato come un uomo di vasta cultura e un filologo
esegeta, un esperto di patristica e aveva una formazione sia teologica che giuridica. Quindi
era un uomo molto potente e responsabile.
Invece Michele III (imperatore che aveva accettato questa missiva di Rostislav di Moravia
era diventato imperatore a soli due anni con la morte del padre e quindi aveva la reggenza
della madre e dei 4 zii molto potenti. Era una persona molto dissoluta, al punto che lo
chiamavano Michele l’ubriacone perché viveva una vita molto agiata. Era molto viziato. La
reggenza era affidata alla madre, imperatrice Teodora che aveva chiamato Fozio per dargli
l’incarico di patriarca di Costantinopoli, in una situazione molto interessante perché Ignazio
(il patriarca prima di Fozio) non voleva cedere la carica e fu mandato in esilio per dare la
carica a Fozio. Teodora voleva nominare Fozio che prima della carica era laico; per farlo
diventare patriarca lo nominò vescovo e dopo soli 5 giorni patriarca. La situazione però non
era così semplice da risolvere perché Ignazio non voleva lasciare la carica e si recò dal Papa
Nicolò I e si lamentò. Il papa non riconobbe allora la deposizione di Ignazio e scomunicò tutti
i legati che aveva inviato a Costantinopoli per nominare un nuovo patriarca e scomunicò

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anche Fozio il quale a sua volta scomunicò Nicolo I che non ricevette mai la scomunica e
morì prima. Questo periodo si chiama lo scisma di Fozio. Gli scismi cominciati con
l’incoronazione di Carlo Magno continuano così. È importante capire perché il papa lo
scomunicò: da sempre c’era una specie di scisma tra le 4 chiese orientali, cioè la pentarchia,
e il papa perché il papa aveva introdotto un credo, votato a Nicea nel 325 con la fondazione
dell’impero bizantino e con l’accoglimento del cristianesimo come religione dell’impero.
Questo credo è composto da vari articoli e l’ottavo diceva “credo nello spirito santo e nel
signore creatore dello spirito santo che procede dal padre”; finiva così questo dogma ma poi
il papato nei secoli successivi (circa VI/VII) aveva aggiunto alla fine “e dal figlio” (filioque).
Questo era considerato un gesto eretico e le 4 chiese orientali non lo accettavano. A causa
di questa aggiunta ci sarà lo scisma e ancora oggi quando papa Francesco ha chiamato il
patriarca russo ha detto che non si supera ancora questo problema, dura fino ai giorni
nostri. Che significa questo Filioque? Che la grazia procede sia dal padre che dal figlio perché
il capo spirituale del mondo occidentale era il papa ma il capo politico era l’imperatore
Franco. Erano due poteri che si contendevano e facevano andare avanti lo sviluppo a
differenza del mondo bizantino in cui c’era un solo imperatore vicario di dio sulla faccia della
terra e il patriarca aveva un ruolo di dipendenza rispetto all’imperatore, eseguiva le sue
decisioni. Quando si facevano i concili ecclesiastici decideva l’imperatore e quindi aveva un
potere unico che portava ad un clericalismo congelato. Questa era la principale differenza
tra il mondo occidentale e quello bizantino. L’aggiunta al credo di Nicea dell’idea che la
grazia procede dallo spirito santo al padre per mezzo del figlio diventa argomento
scatenante dello scisma. Per capire i mutevoli rapporti tra tutti i poteri, riportiamo un solo
esempio: abbiamo detto che Michele III, noto come l’ubriacone, era nato nel 840 e a soli
due anni era diventato Basileos però era guidato dalla reggenza della madre Teodora e dei
suoi cortigiani, soprattutto il ministro molto illuminato Teoctisto. In quel periodo c’era la
lotta all’iconoclastia e Teodora, contraria all’iconoclastia aveva deposto il Patriarca
iconoclasta Giovanni il Grammatico sostituendolo un iconodulo (uno a favore delle icone)
detto Metodio. Con questo finisce il periodo iconoclasta che causa la rivolta di molti> Nel
843 le incursioni arabe non lasciavano scampo all’impero e c’erano delle campagne contro
di loro. La flotta riesce a vincere contro la flotta araba nel mar Egeo e in Siria e si firma così
una tregua in cui l’imperatore Michele III esce vincitore. Nel’856 la reggenza doveva solo
sistemare le rivolte e l’esercito fu affidato ad un generale che era vicino all’imperatrice
Teodora. In questo momento c’erano anche delle rivolte in Bulgaria e c’era una campagna
contro Boris ad opera della flotta Bizantina, motivo per il quale egli decise di accettare la
fede cristiana bizantina.
Mentre Michele III si era fatto già adulto nacquero fazioni divergenti sulla sua educazione;
da una parte la madre con Teoctisto e il patriarca e dall’altra parte degli zii paterni (Barda e
Patronas). I primi lo viziavano e lo tenevano lontano dalle faccende dell’impero, gli altri due
volevano coinvolgerlo. Bardas convinse Michele a farlo eleggere Cesare che significava il
secondo dopo l’imperatore. Michele III si era innamorato di una signora molto bella
chiamata Eudochia che però era una Variaga e non potevano sposarsi. La madre e Teoctisto
insistettero per farlo sposare con una donna aristocratica molto famosa e lui non gli
perdonò mai questa cosa e continuò comunque la sua relazione con Eudochia. I variaghi
erano famosi nell’impero. Erano mercenari pagati e facevano per lo più da guardie del corpo
e parte dell’esercito (dall’VIII secolo). Per le stesse ragioni, Barda (ormai zio e Cesare) lo

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convinse a porre fine alla reggenza della madre e lui accettò mandando la madre e le sorelle
in un monastero e con qualche intrigo di corte, fece uccidere Teoctisto e rimase sotto
l’influenza del Cesare Barda.
Nominò Fozio dopo anche patriarca di Costantinopoli al posto di Ignazio che era stato
designato dalla madre come sostituto di Metodio e dopo lo scisma di Fozio, per evitare altri
intrighi, Michele non avendo avuto figli dal suo matrimonio con la cortigiana, deve nominare
un successore (cosa obbligatoria per gli imperatori) e riesce a far sposare la sua amata
Eudochia con un cortigiano che si chiamava Basilio. Dal matrimonio di Eudochia invece
nasce un figlio, Leone, futuro imperatore Leone il Saggio. Per proteggere il bambino che si
diceva fosse figlio di Michele stesso e non di Basilio, nomina come suo successore Basilio I
che durante la notta uccide Michele a soli 27 anni con un colpo di stato (867). Dà inizio così
alla dinastia Macedone. Nell’886 sale al trono di Bisanzio il nuovo imperatore Leone il saggio
(detto anche il filosofo). Lui depone Fozio. Il secondo mandato di Fozio dura da 878 a 886
quindi due mandati di 10 anni con una interruzione, quindi le forze erano mutevoli e ogni
circa 10 anni cambiava il potere.

Secondo l’agiografo della vita di Cirillo, la richiesta coglie i due fratelli di sorpresa e quando
Michele lo prega di accettare la missione Costantino dice “potete voi tradurre le sacre
scritture a questo popolo perché voi siete di Tessalonica e tutti i tessalonicesi parlano
slavo”. Però Costantino gli dice “io sono malato ma sono felice di andare là se hanno un
alfabeto per la loro lingua” e l’imperatore ribatté “mio nonno, mio padre e molti altri lo
hanno cercato senza successo, come posso riuscire io?”. Ancora Costantino “chi può
scrivere un discorso sull’acqua e ricavarne per sé la traccia di eretico?”. C’erano tre lingue
sulla targa della croce di Cristo: ebraico, latino e greco e solo in tre lingue si poteva lodare il
Dio, non si accettavano altre lingue nel mondo occidentale. Quindi Costantino aveva paura
di diventare un eretico scrivendo libri in una lingua che non era sacra. “e allora gli rispose di
nuovo l’imperatore insieme a Barda, suo zio: se tu vorrai, te lo concederà dio che dà a tutti
quelli che chiedono senza dubitare, a coloro che bussano”. In realtà governavano questa
missione Barda e Fozio che erano gli ideatori dell’espansione bizantina. Costantino non
poteva fare altro che ritirarsi in preghiera e come succede in tutte le agiografie “si rivolge a
Dio il quale subito ascoltando le preghiere dei suoi schiavi gli si manifestò e allora
compose le lettere e cominciò a scrivere un discorso evangelico; in principio era il verbo, il
verbo era presso dio e il verbo era dio”. Questo è il vangelo di Giovanni, inizio del vangelo
domenicale. Più probabilmente questo alfabeto non gli è venuto con le preghiere ma è
stato frutto di anni di impegno e di lavoro, e di consultazione anche con i discepoli che
Metodio aveva portato con sé quando si era ritirato dalla carica di governatore della
provincia slava di Struma; questi discepoli erano slavi che portava con sé e che svolsero
funzione di consiglieri nella composizione dell’alfabeto nel monastero del monte Athos.
La data dell’863 comunque segna se non l’inizio di una attività missionaria, il momento della
sua ufficializzazione da parte dei principi slavi, desiderosi di consolidare il proprio potere
creando una gerarchia locale slava che avrebbe garantito la loro indipendenza dai franchi
ma in certi aspetti anche dal papato.

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Si pensa che Cirillo e Metodio partano solo per la missiva di Rostislav ma in realtà erano solo
ragioni politiche. Rostislav non era un sovrano illuminato, ma cercava di ottenere
indipendenza.
Nel’862 partono per la Moravia dove si operano per 40 mesi secondo la vita di Cirillo ma
secondo quella di Metodio invece erano 4 anni e mezzo, cosa confermata anche dalle
legende italiche. Lì operarono con i discepoli i quali ancora oggi sono celebrati nel calendario
ortodosso come i santi 7: Cirillo, Metodio e altri 5 discepoli quali Clemente, Nau, Angelario,
Sava e Goraz. Dopo questi anni si dedicano alla formazione del clero locale (cioè insegnano
le lettere al clero locale), una cosa molto importante è che loro prima di partire per la
Moravia traducono i principali testi che servono per la liturgia della chiesa quindi forse il
ciclo liturgico dell’evangelario che si legge in chiesa che non è tutto il vangelo ma sono brani
che si leggono, i testi degli apostoli e anche il salterio che si recitava tutti i giorni e alcuni lo
imparavano a memoria. Pochi libri ma principali. Tra questi testi c’era anche una raccolta di
brani dell’antico testamento che poi nel mondo slavo fu introdotto come “paremiario”
(raccolta dei paremi).
Insegnarono al clero locale e lo formarono per poter svolgere il servizio ecclesiastico. Dopo 4
anni ripartirono ma non si sa con certezza dove. L’ipotesi più probabile è che si avviarono a
Roma per avere legittimazione per la loro opera dal papato e quindi vanno verso Roma.
L’altra possibilità è che si avviarono a Costantinopoli per riportare ciò che avevano fatto in
questi anni. La terza ipotesi è che si avviarono a Venezia dal patriarcato di Aquilea, sempre
per rendere conto del loro lavoro al papato (Aquilea era un patriarcato papale). Roma,
Aquilea o Costantinopoli non si sa ma sappiamo che passarono per la Pannonia, governata
dal principe di allora Kozel. Loro si fermarono da lui poiché egli era re della città del Balato e
gli affida 50 discepoli da formare. Kozel voleva formare un clero locale. In Pannonia in poco
tempo Cirillo forma questi 50 discepoli. (p.92 vita Cirillo)> “trascorsi in Moravia 40 mesi,
Costantino partì per far consacrare i suoi discepoli. Nel corso del viaggio lo ricevette Kozel,
principe della Pannonia, che conobbe con tale entusiasmo le lettere slave da volerle
apprendere e diede al filosofo 50 discepoli perché le imparassero. Resogli quindi grande
onore lo accompagnò per un tratto” poi dice “né da Rostislav, né da Kozel tuttavia vuole
accettare ne oro ne argento ne altro, giustificando il comportamento con la
raccomandazione del vangelo di predicare senza ricompensa. Ad entrambi chiese soltanto
ed ottenne 90 prigionieri e li rimise in libertà”. Quindi anche questa missione diplomatica di
far rilasciare i prigionieri. Poi i fratelli si fermano a Venezia dove devono trattare una disputa
accesa con i sostenitori della eresia pilatiana (cioè del linguismo, le tre lingue sacre= latino,
greco ed ebraico). Questa tesi implicava una subordinazione gerarchica dei nuovi convertiti
sia sul piano spirituale che amministrativo e sociale. Questo era il fondamento
dell’interpretazione della cristianizzazione come latinizzazione o ellenizzazione o come
annessione di nuove genti e paesi alle giurisdizioni teocraticamente concepite di Roma e
Bisanzio. A Venezia Costantino fronteggia in una disputa i sostenitori dell’eresia pilatiana
secondo cui solo le tre lingue dell’iscrizione di Pilato possono essere usate per lodare dio e
nessun’altra.
“stando a Venezia si radunarono contro di lui vescovi, preti e monaci come corvi contro un
falco e sollevando l’eresia delle tre lingue dissero: senti tu dicci perché hai composto
l’alfabeto per gli slavi e lo insegni loro, cosa che non aveva mai escogitato nessuno, né gli
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apostoli, né il papa di Roma, né Gregorio magno, né Girolamo né Agostino. Noi non
conosciamo che tre lingue nelle quali è lecito lodare dio: latino, greco ed ebraico. E il
filosofo rispose: dio non fa forse cadere la pioggia su tutti ugualmente, e il sole non
risplende forse ugualmente su tutti? (cit. Matteo), non respiriamo forse tutti ugualmente
l’aria? Voi invece non vi vergognate a fissare tre sole lingue dicendo che tutti gli altri
popoli e stirpi restino cechi e sordi. Ditemi, lo sostenete perché considerate dio debole
tanto di non essere in grado di concederlo? O invidioso così da non volerlo? Noi
conosciamo molte genti che possiedono una cultura scritta ed attribuiscono la lode a dio
ciascuna nella sua lingua. Risulta che questi popoli sono gli armeni, persiani, abcasi,
georgiani, sudi, goti, avari, tirsi, kazari, arabi, copti, siriani e molti altri. Se non volete
capirlo da questi, conoscete almeno che la scrittura può invocarsi come giudice”. Lui riesce
quindi a sconfiggere nella disputa questi preti che lo aggrediscono. A Venezia li raggiunge un
messia di Papa Nicolo I che li invita a dargli una giustificazione/relazione sulle loro attività
nei territori sotto la sua giurisdizione e loro si avviano verso Roma e vi arrivano quando il
papa era già morto nel dicembre 867. Morto papa Nicolo I il suo successore fu Adriano II che
li accoglie al loro arrivo. Loro arrivano a Roma con i libri slavi, la gente slava, i discepoli e con
le reliquie di san Clemente che portavano sempre con loro. Il papa e i romani erano molto
felici di avere quelle reliquie del loro papa cristiano, martirizzato etc e quindi il papa è ben
disposto verso di loro al punto da benedire i libri slavi sull’altare della chiesa di santa Maria
Maggiore dove tutt’ora c’è una iscrizione. Si dice che “il papa accolse i libri slavi, li consacrò
e li depose nella chiesa di santa Maria che si chiama Pagme(?)”.
Allora lui incaricò due vescovi: il vescovo Formosa (che poi diventerà papa) e Gauderico di
Velletri (autore della traslazione delle reliquie di san Clemente) e gli chiede di consacrare i
discepoli slavi che non erano ancora ordinati, erano laici istruiti dai due fratelli.
Nella vita di Gauderico si dice che hanno consacrato Metodio vescovo, sacerdote e i
discepoli vennero ordinati presbiteri e diaconi, i gradi ecclesiastici più bassi ma vennero
comunque consacrati. 1.03.57

Lezione 7
Missione Cirillo e Metodio
Nella lezione precedente abbiamo parlato di Costantino e Metodio, e soprattutto l’inizio e la
fine della loro missione nella Grande Moravia. Le cose da capire sono: quali sono le ragioni
politiche per effettuare questa missione?
Abbiamo detto è la situazione di una rivalità tra l’Impero Franco, il Papato e Bisanzio.
Approfittando di questa rivalità, i sovrani hanno cercato di giocare con le due chiese per
ottenere l’autocefalia delle Chiese.
Essi traducono i principali libri per servizio ecclesiastico e partono per la Grande Moravia. Lì
devono istruire un clero locale per poter istaurare una chiesa locale. Preparano un clero
slavo locale. Si avviano per la strada, e si può rivelare che lo scopo principale era di andare a
Roma per chiedere una legittimazione del loro operato, perché la chiesa era unica e in quel
momento dovevano essere ben accolti sia da Bisanzio che dal Papato di Roma.

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Si fermano dal principe Kocel, in Pannonia inferiore, con la capitale in Mosaburg. Il principe
affida loro 50 allievi da istruire, essi si fermano lì per un po’ di tempo e poi si fermano a
Venezia, dove ci fu una disputa molto accesa tra Costantino e i chierici franchi, che
sostengono l’eresia pilatiana, ovvero il cosiddetto trilinguismo, che prevedeva che sulla
croce di Gesù fossero scritte tra lingue: latino, greco ed ebraico. E quindi non permettevano
nessun’altra lingua sacra, e non potevano accettare che si dovesse svolgere la liturgia in una
lingua barbara.
A Venezia li raggiunge una missiva di papa Niccolò I e loro si avviano verso Roma per
giustificare la loro opera. Raggiungono Roma nell’867 e lì non trovano più il papa Niccolò I,
ma il suo successore Adriano II.
Si presentano da Adriano II portando con loro i libri slavi tradotti e i loro discepoli. Questo
papa sembra essere il più propenso di accettare l’operato di Cirillo e Metodio, quindi ha
consacrato i libri slavi sull’altare di Santa Maria Maggiore e ha ordinato i loro discepoli.
Costantino si ammala e prima della sua morte lui accetta una carica monacale, prende i voti
con il nome di Cirillo e muore il 14 febbraio dell’869 e viene seppellito nella Basilica di San
Clemente a Roma. Il fratello voleva portare la salma a San Lonigo perché aveva fatto una
promessa alla mamma, però i cittadini di Roma non vogliono far andar via le reliquie di
Clemente.
Prima della morte di Costantino, Metodio gli aveva promesso che avrebbe portato a termine
la missione che avevano iniziato insieme. La morte di Costantino, quindi non segna la fine
della loro opera.
Tra l’altro la situazione politica cambia molto rapidamente. Il principe della Pannonia
Superiore era stato cacciato dalla dinastia di muhammed, smette di essere vassallo dei
franchi, riesce a cacciare l’Impero franco dal suo territorio e manda una missiva a papa
Adriano II per chiedere il ritorno di Metodio come vescovo. Il papa decide di mandare
Metodio come vescovo di Pannonia, non solo in Pannonia ma per tutti i paesi slavi. Su quel
territorio c’erano varie etnie. Questa lettera, nota come Gloria in excelsis Deo, è stata
trascritta nella vita di Metodio.
Il principe Kocel accoglie Metodio con grande onore, però il grado moravo (?) si oppone
fortemente perché i franchi avevano le marche e una struttura della chiesa ecclesiastica, che
erano le chiese proprietarie, cioè il vescovo era proprietario terriero e raccoglieva i tributi,
quindi aveva una carica sia amministrativa che religiosa e tenevano molto stretta la
popolazione slava. Per ragioni finanziarie non poteva lasciare che qualcuno professasse ai
fedeli che erano stati cristianizzati una ventina di anni prima. E’ sbagliato dire che Cirillo e
Metodio hanno cristianizzato i popoli, essi invece hanno costruito una rete della chiesa
locale e hanno istruito i preti locali slavi.
Quindi avendo queste chiese proprietarie, i franchi non potevano lasciare il potere a
qualcun altro, e tra 870-871 si compilava per ordine dell’arcivescovo di Salisburgo, il noto
Memorandum di Salisburgo, che trattava della necessità di convertire tutte le popolazioni e
accoglierle nell’ambito della chiesa franca, e diceva anche che erano arrivato un greco,
Metodio che aveva portato con se nuove lettere inventate che loro non capivano.
Adriano II manda Metodio senza una diocesi circoscritta, ma lo manda vescovo per tutti gli
slavi, però Kocel rispedisce di nuovo Metodio a Roma con una richiesta di farlo fare vescovo
residenziale di tutto il suo territorio. C’è una grande differenza tra vescovo territoriale e
residenziale. Kocel chiede di nominare Metodio vescovo residenziale della Pannonia sulla
cattedra di Sant’Andronico apostolo, antica metropoli di Sirmio. Essere vescovo residenziale
significava essere vescovo di tutta la popolazione, non solo degli slavi (pro fide).

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Il papa esaudisce solo parzialmente questa richiesta e manda Metodio come arcivescovo pro
fide.
Al ritorno in Pannonia, i vescovi franchi si oppongono a Metodio violentemente e
quest’ultimo viene catturato, viene arrestato e dopo un interrogatorio molto umiliante da
parte di Ludovico il Germanico, lo mandano con i suoi discepoli in un convento all’insaputa
del papa e resta lì per tre anni. Lì prosegue un’opera di traduzione e scrittura con i suoi
discepoli. Nel catalogo di questo convento sono rimasti i nomi di alcuni discepoli con cui
stava Metodio: Angelario, Clemente, Naum, Csaba e Gorasdz.
Nel frattempo, Sventopulk aveva accecato lo zio Rastislav, principe di Moravia, e lo aveva
succeduto.
Quando il papa sa la notizia di Metodio, è stato già succeduto da papa Giovanni VIII, di cui
sono rimaste più missive, più epistole di tutti gli altri papi. Egli esaudisce la richiesta del
principe Kocel e nomina Metodio come vescovo residenziale. Questa mossa è stata molto
coraggiosa, però per liberarlo dal monastero, il papa manda il suo delegato, Paolo vescovo
di Ancona e con lui una missiva indirizzata a Metodio.
Quindi non più vescovo pro fide ma vescovo residenziale viene nominato Metodio e
purtroppo deve affrontare una vita molto dura con lo stile del clero franco che lo calunnia
con tutti i modi e con tutti i mezzi. Manda le epistole al papa accusandolo di eretismo.
Per svolgere questa carica di arcivescovo residenziale, papa Giovanni VIII nomina anche due
vescovi suffraganei e uno di questi è Viching, uno dei peggior nemici di Metodio. Proprio da
questo vescovo partono tutte le calunnie contro l’operato di Metodio.
A Metodio lo accusano in costumi e riti liturgici bizantini per l’organizzazione del digiuno per
esempio, ma soprattutto della recita senza filioque del simbolo della fede. Quest’accusa
molto dura non la potevano tollerare i franchi. Pare che Metodio abbia eseguito un altro
viaggio dal papa per giustificarsi del suo operato e il papa Giovanni VIII manda una lettera in
cui giustifica Metodio e dice che dopo aver spiegato il suo operato, lo ha trovato
perfettamente ortodosso e quindi non accetta le accuse e dice che non aveva trattenuto
rapporti con Sventopulk nel danno di Metodio.
Come abbiamo detto l’imperatore bizantino, Michele III, è stato ucciso da Basilio I nel suo
letto all’età di 27 anni e quindi sul trono è salito Basilio I che da inizio alla dinastia
macedone. Basilio per proposta del patriarca Fozio, chiama Metodio nell’882 e richiede di
lasciare a Costantinopoli un sacerdote e un diacono con libri sacri.
Metodio si dedica all’istruzione del clero e anche alla traduzione di libri.

Che cosa traduce Metodio? (Nella vita di Metodio, pag 111-112)


Metodio tradusse in modo integrale tutti i libri della Sacra Scrittura, dl greco in slavo,
eccezione fatta per i libri dei Macabei. Incominciando in marzo lavorò fino al 26 ottobre. Gli
studiosi hanno dei dubbi che in questo breve periodo sia riuscito a tradurre 60 libri.
In precedenza, insieme al filosofo Costantino, aveva tradotto il paremiaco. Tradusse in quel
periodo anche il nuovo canone, la legge canonica, cioè la regola della disciplina e i libri dei
padri. Ha tradotto libri sacri che servivano alla Chiesa.
Tornato in Moravia riprende la sua opera di traduzione fino alla morte, 6 aprile 885. Venne
seppellito nella Chiesa cattedrale, si volge il servizio ecclesiastico dei funerali in latino, greco
e slavo. Dopo la morte di Metodio, ci informa la vita di Naum, uno dei discepoli, che ci dice
che dopo la sua morte avviene una totale disfatta dell’operato dei fratelli e loro subiscono
un duro attacco da parte dell’impero franco. Descrive molto drammaticamente il destino dei
discepoli, che vengono venduti schiavi nel mercato di Venezia. I più anziani vengono

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picchiati ed espulsi dall’impero franco. Si sa che alcuni dei discepoli approdano in Bulgaria e
così si salva l’opera di Cirillo e Metodio.
Ma questi discepoli avevano portato con loro dei libri? Probabilmente no, perché erano stati
venduti schiavi o erano stati espulsi. Allora rimangono due ipotesi: a. i discepoli
conoscevano a memoria alcuni passi; b. i discepoli che avevano lasciato Costantinopoli, li
potevano usare per il popolo bulgaro.
La missione di Cirillo e Metodio ha alcuni punti che si esprimono oscuri e misteriosi,
soprattutto dove è stata localizzata questa Grande Moravia?
Sappiamo che nella vita di Cirillo e Metodio si parla di Moravia e si parla di moravi, ma
Grande Moravia non si dice da nessuna parte. Questo termine compare per la prima volta
negli scritti di Costantino Porfirogenito, imperatore bizantino. Quindi la collocazione
geografica di questa Grande Moravia, dove si è svolta l’opera missionaria dei fratelli è
ancora dubbia.
La vita di Metodio racconta che Rastislav, principe slavo, insieme a Svatopulk avrebbe
inviato all’imperatore una delegazione dalla Moravia e quindi tradizionalmente per questa
Moravia, come entità etno-politica, si colloca al nord del Danubio, attraversata dal fiume
Morava, con capitale Velegrad. Quindi nei territori che oggi sono cechi, sono sorabici e forse
slovacchi.
Hanno operato poi in Pannonia, nel principato di Kocel.
Nel 1971 è uscito un libro dello studioso ungherese (?) intitolato (?) in cui, sulla base di una
reinterpretazione delle fonti medievali, sosteneva che per Moravia non si intende uno stato,
ma una città, non lontana dalla sede della diocesi di Sant’Andronico apostolo, vicino
all’antico vescovato di Sirmio.
Grosso modo si trovava a sud del Danubio e non dove la collocava la tradizionale
collocazione da parte di storici, archeologi, filologi, etc..
[Rastislav che era ritenuto principe della Moravia, con capitale a Velehrad e Sventopulk
ritenuto principe di Nitra. Prima del colpo di stato del nipote, aveva riunificato le terre e
Kocel ritenuto principe della Pannonia Inferiore, invece aveva posseduto il territorio nella
penisola balcanica e tutta la missione di Cirillo e Metodio si fosse svolta a sud del Danubio.]
(incomprensibile, non so cosa voglia dire, vedete dalla dispensa)
La filologia in Italia tutt’ora accetta la tradizionale ipotesi sulla collocazione di Moravia, però
dobbiamo dire che Moravia era un toponimo abbastanza diffuso nel territorio slavo e non
c’era solo una Moravia ma c’erano diversi possedimenti che si chiamavano Moravia.
Diceva Bova(?) che spostare la Moravia dei principi slavi in odierna Bosnia e nella Pannonia
sud-orientale è possibile, mentre Nitra e tutta la Moravia settentrionale è stata concessa dai
franchi a Sventopulk solo dall’890 e quindi dice che non è possibile che si sia svolto a nord
ma deve essere per forza a sud. Questo problema non è d'accordo con la collocazione
territoriale della Moravia perchè ci porta alle questioni importanti come: quali erano i
territori dove si era svolta l'opera di Cirillo e Metodio; poi i rapporti con la chiesa di Roma,
con la chiesa dei franchi, con la chiesa di Bisanzio; ma soprattutto della paternità
dell'iniziativa della loro missione.
Sta di fatto che Bisanzio aveva tradizioni molto più antiche intorno a se (ebraica, siriaca,
armena etc..) e quindi per forza doveva essere tollerante perchè le culture erano nate anche
prima dell'esistenza del 324 di Bisanzio, e quindi doveva essere più permissiva dell'uso delle
lingue etniche popolari e siccome Bisanzio era un imperio pluri-etnico era a favore della
nascita della lingua slava; Roma invece voleva rispettare il rito romano della chiesa e
professare Dio in latino, era impossibile svolgere la liturgia in altre lingue.

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Nella vita di Metodio si fa intendere che Rastislav si era rivolto prima a Roma con una
richiesta di affermare in Moravia una gerarchia ecclesiastica indipendente da quella franca.
Nel 866 Boris di Bulgaria già battezzato da Bisanzio invia una telegrazione al papa per
chiedere una gerarchia ecclesiastica indipendente da Costantinopoli.
La questione della localizzazione della Grande Moravia è tutt'ora aperta. Dobbiamo dire che
Bisanzio era tollerante verso l'uso delle lingue etniche dei popoli appena battezzati o di
tradizione antiche però gli slavi che si trovavano dentro il territorio di Bisanzio erano stati
(non capisco cosa) in un secolo quasi. Di questi slavi abbiamo ricordi solo della toponimia
che è rimasta quella slava. Quindi la presenza di popolazioni slave in Bisanzio nelle isole del
mare Egeo, fa sì che lì ci sia una presenza di toponimia slava. Questa si estendeva fino alla
punta del Peloponneso, dove anche la microtoponimia è rimasta slava.
Questa toponimia serve per poter ricostruire e conoscere come era il protoslavo, quindi uno
degli elementi per ricostruire il sistema fonologico del protoslavo.
Dobbiamo dire che i bizantini concedevano di utilizzare ad alcuni apostolici la parlata delle
popolazioni da catechizzare. Distinguevano lingue rustiche che erano le parlate delle
popolazioni ancora pagane; lingue barbare che erano parlate da persone esterne alla
giurisdizione ecclesiastica e imperiale. Il Papato concedeva la possibilità di usare le diverse
lingue per spiegare le Scritture per l'uso liturgico.
Abbiamo detto che nel VI secolo, Bisanzio era occupato da masse di slavi, che poi nel corso
di un secolo e mezzo sono stati assimilati e sono diventati anche loro greci.
Anche il clero franco cercava un approccio con gli slavi perchè uno dei documenti a noi
pervenuto sono detti "frammenti di fresinga" che erano scritti dai monaci tedeschi, franchi,
in latino però rappresentavano un dialetto pannonico dell'epoca.
Una parte della vita di Costantino che dice dell'accoglienza calorosa da parte di Adriano e
del clero romano, fanno intendere che forse la lingua slava aveva ottenuto una notorietà
nella liturgia però dobbiamo dire che durante la missione, Cirillo e Metodio erano semplici
missionari che si servivano di questa lingua che era vicina al popolo e avevano un alfabeto
creato appositamente per la traduzione dei libri sacri.
Adriano II benedice i libri slavi sull'altare di Santa Maria Maggiore e poi cantano la liturgia in
slavo e poi dopo aver consacrato i discepoli cantano la liturgia nella chiesa di San Pietro in
slavo, e nei giorni successivi anche in altre chiese.
Nella vita di Metodio è stata descritta la lettera di Adriano II. C'è da dire che lui non
rinunciava a nessuna possibilità che la Sacra Scrittura fosse tradotta e i santi misteri fossero
celebrati in slavo, perché questa lingua non era sacra, era una lingua barbarica e non c'era
l'iscrizione sulla croce di Cristo. Nella sua lettera diceva: "abbiamo pensato dopo aver
esaminato la questione, di mandare nei vostri paesi Metodio, dopo averlo consacrato
vescovo, insieme ai discepoli, come nostro figlio, uomo perfetto nella conoscenza e
ortodosso, perché vi insegni, come avete chiesto, interpretando i libri nella vostra lingua,
realizzando le celebrazioni secondo l'officiatura ecclesiastica completa e con la santa messa,
cioè con il servizio liturgico, e con il battesimo, come aveva cominciato Costantino filosofo
per grazia di Dio e le preghiere di San Clemente. Serbate, tuttavia, solo questa
consuetudine, che nella messa si legga per primo l'Apostolo e il Vangelo in romano, poi in
slavo." (capitolo 8 della vita di Metodio). Quindi prima si doveva leggere la liturgia in latino e
greco, e poi in slavo. Lo slavo era una lingua di supporto, per farsi capire dalla gente. Sia
Cirillo che Metodio non si potevano permettere di passare questo divieto perché erano in
contrasto con la fede.

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Adriano II riafferma a livello di pratica pastorale, il primato del latino e del greco come
garanzia della corretta interpretazione del Vangelo, cioè pensando la chiesa romana come
un filtro apostolico per la conversione delle nuove popolazioni appena cristianizzate.
Questo divieto aumenta con il papato di Giovanni VIII, di lui sono conservate più epistole.
Una di queste epistole riguarda la liberazione di Metodio e sono indirizzate a Ludovico il
Germanico, Carlomanno, ad Adalvino, il vescovo di Salisburgo. L'epistola che lui manda
all'apostolo Paolo che poi deve liberare Metodio dalla prigione, dice che non si può
concedere la lettura dei sacri misteri nella lingua slava, perché essi appartenevano al
sacerdote.
A Metodio dunque Giovanni VIII contesta di non rispettare il divieto che lui ha messo in
quanto l'arcivescovo professa dottrine diverse da quelle dichiarate a Roma e celebra la
messa in slavo, nonostante la proibizione che gli era stata trasmessa da Paolo d'Ancona che
diceva che i sacri misteri non si potevano leggere in lingua slava.
Ci sono altri esempi: Picchio dice spesso gli slavisti hanno ignorato la differenza tra l'uso
catechetico di una lingua parlata e l'uso liturgico di una lingua sacra. L'uso della lingua
paleoslava era catechetico, una lingua di aiuto e non aveva lo stesso status di una lingua
sacra. Viene fuori che mentre Adriano II era così propenso di svolgere la liturgia in slavo con
l'arrivo dei due fratelli, poi non si dimenticava di proibire la lettura in slavo della liturgia;
invece Giovanni VIII era molto più rigido nell'uso della lingua slava. Nel tempo di Stefano V
avviene una categorica proibizione nell'uso dello slavo in liturgia.

Lezione 8
Aspetto storico e creazione degli alfabeti
In data 6 aprile 885 muore Metodio, il quale aveva nominato come suo successore
uno dei suoi discepoli e allievi, Gorazd, uno dei Moravi. Il suo nemico accanito Vi-
king non gli ha permesso di nominare Gorazd e ha calunniato Metodio davanti al
papa di nuovo e quest'ultimo, Giovanni VIII, alla fine ha accettato queste calunnie,
che accusavano Metodio di recitare il culto della fede senza il Filioque¹, cosa gravis-
sima per il papato, e di osservare orari e digiuni bizantini, un altro reato. Quindi il
papa non ha esaudito la volontà di Metodio di far subentrare Gorazd, ma ha nomi-
nato Viking al posto suo. Con l'arrivo di Viking tutta l'opera di Cirillo e Metodio va a
rotoli, infatti i loro discepoli (secondo la Vita slava di Naum, più di 200) vengono ven-
duti agli ebrei al mercato degli schiavi di Venezia. I più anziani sono stati picchiati,
denutati, torturati ed esiliati dal territorio della Moravia. Altri, invece, imbarcati su una
zattera rudimentale, approdano a Belgrado.
Una cosa importante da capire: siccome tutti i libri erano ecclesiastici, tutti e quattro i
papi che si sono occupati dell'operato di Cirillo e Metodio hanno sottolineato come
doveva venire usata la lingua slava in liturgia. Era una lingua usata come una lingua
missionaria, apostolica, catechietica e i sacramenti non potevano essere professati
in lingua slava. Anche Adriano II che era favorevole alla cultura slava, sosteneva che
si dovevano leggere le sacre scritture prima in latino e greco e poi in slavo. Metodio
inizialmente era un vescovo profide, ovvero solo per un popolo. Vescovi del genere

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venivano arrestati e messi in convento per più di tre anni dai franchi, ostili all'introdu-
zione dello slavo come lingua sacra, in quanto i Franchi difendevano le loro chiese,
chiese proprietarie. Le chiese proprietarie venivano create nelle maglie (le regioni)
dei Franchi e i vescovi erano possessori terrieri e baroni, cioè avevano potere poli-
tico, amministrativo e religioso. Non potevano lasciare i loro possedimenti. (?)
Nella seconda metà dell'operato di Metodio, dall'881 in poi, è stato nominato ve-
scovo residenziale nella sede di Sirmio.
Giovanni VIII, dopo la morte di Metodio, è costretto a condannare severamente in
una sua
lettera l'operato di Metodio e vieta l'uso della lingua slava in liturgia, in caso di disob-
bedienza era prevista la scomunica. Quarant'anni dopo, papa Giovanni X dichiara
Metodio come un eretico. Anche lui vieta l'uso della lingua slava. Successivamente,
vent'anni dopo, seguono due editti del concilio di Spalato e Metodio viene dichiarato
apertamente eretico e pseudo-maestro, in quanto contro la dottrina romana. Basilio
I, imperatore di Bisanzio, manda i suoi delegati che riescono a comprare questi
schiavi, discepoli di Metodio, dal mercato di Venezia e li portano a Costantinopoli.
Quelli che vengono esiliati dal territorio della Moravia e approdano a Belgrado, sono
i più noti, ovvero Clemente, Naum e Angelario. Il governatore di Belgrado, un no-
bile protobulgaro, sapeva che Boris I era molto desideroso di avere i preti slavi e i li-
bri slavi perché si era convertito insieme al suo popolo nell'864/865. Era importante
convertirsi al cristianesimo per i popoli barbari perché significava fare parte della ci-
viltà.
Nelle terre pannoniche e morave la liturgia slava veniva proibita dedfinitavmente per
quattro secoli, solo con due concili di Spalato, uno nel 1248 e un altro nel 1252, il
papa Innocenzo IV permette di usare lo slavo in liturgia e di ordinare preti slavi. Boris
aveva giocato tra Bisanzio, Costantinopoli e i Franchi. Aveva chiesto a papa Nicolò I
di mandargli missionari per convertire il popolo e missionari del papato per quattro
anni hanno girato in Bulgaria. C'era un patto anche con Ludovico I il Germanico che
aveva mandato i suoi missionari. Boris chiedeva autonomia e alla fine i Bizantini,
spinti dalla paura di un'unione con i Franchi, hanno concesso l'autonomia della
Chiesa che avviene nell'870.

(1. Filioque: L'espressione latina filioque significa "e dal Figlio", e deve la sua importanza al fatto di
essere stata aggiunta dalla Chiesa cattolica al testo del Credo Niceno-Costantinopolitano, nella parte
relativa allo Spirito Santo)
Boris aveva mandato molte domande a Nicolò I e sono conservate tutte le 115 rispo-
ste. Un po' descriveva la vita e le usanze, la struttura politica dei protobulgari. Boris
scrive al papa nell'866, due anni dopo la conversione, quando l'aristocrazia protobul-
gara cercava di fare un colpo di stato per ritornare alla religione pagana. In questo
modo Boris cercava non solo di accedere alle grandi potenze di quel tempo ma vo-
leva anche amalgamare il popolo. Scrive al papa che aveva sterminato 52 famiglie
che si erano ribellate alla nuova religione.
Nell'870 Boris ottiene il riconoscimento da parte di Bisanzio, ma sarà solo nell'893
che la Chiesa diventa ufficialmente bulgara e non sottoposta al patriarca di Costanti-
nopoli. Boris I aveva tre figli protobulgari, il primogenito si chiamava Vladimir Ra-
sate. Boris riesce a

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ritirarsi in monastero per i peccati che doveva espiare nell'889 e al trono succede
Vladimir.
Il secondo figlio era un mago, un individuo non degno di governare. Il terzo figlio, Si-
meone, torna da Bisanzio quando Boris si ritira in monastero. Quest'ultimo veniva
preparato per fare il patriarca della Chiesa autonoma bulgara. Simeone, in quanto
c'era l'usanza che per stipulare un'unione tra due imperi venivano mandati i figli del
sovrano presso la corte, era stato da bambino a Costantinopoli, dove aveva studiato
presso la scuola più famosa. Di fatti, era una persona molto colta e i suoi insegnanti
erano i personaggi più illustri di Costantinopoli, come Fozio e Leone il Matematico.
Torna Simeone e trova i discepoli di Metodio già arrivati nell'866. La capitale, Pliska,
era pagana e qui comincia l'attività letteraria dei discepoli di Metodio.
Nell'889 sale al trono Vladimir, che però non era molto attento alla religione bizan-
tina, non seguiva i riti bizantini, voleva ritornare alla religione protobulgara. Ha cer-
cato di fare un colpo di stato per ritornare alla religione pagana e nell'893, Boris I in-
dossa di nuovo l'armatura, prende la sua legione ed entra nella capitale, arresta il fi-
glio. A questo punto sale al trono suo figlio Simeone, che diventa così principe del
primo Impero bulgaro. Organizzano un concilio convocando tutto il popolo e pren-
dono delle decisioni molto importanti: Simeone deve rinunciare al voto ecclesiastico
per avere una posizione laica, proclamano lo slavo ecclesiastico come lingua uffi-
ciale dello Stato e della Chiesa, di conseguenza la liturgia si doveva svolgere com-
pletamente in slavo e i preti dovevano professare in slavo. Per questo ragione servi-
vano libri e preti da istruire. Clemente, uno dei tre discepoli più famosi di Metodio,
dopo un anno viene inviato a Ocrida (Macedonia odierna) dove fonda la scuola lette-
raria di Ocrida. Al concilio dell'893 si prende anche la decisione di cambiare la capi-
tale, in quanto Pliska era una capitale pagana. La capitale, costruita su una città gia
esistente, diventa Preslav, che doveva rappresentare un rivale di Costantinopoli.
Comincia il secolo d'oro per la cultura bulgara. Questa decisione del concilio di Pre-
slav porta ad avere più bisogno di libri e preti e di sostituire il clero greco con quello
slavo. La Bulgaria di Simeone si estendeva sul Mar Nero, Mar Egeo e Adriatico.
C'era bisogno di molte chiese e altrettanti preti.
Costantino aveva inventato l'alfabeto glagolitico e cirillico, entrambi termini molto
recenti. Non si tratta di lingue diverse, solo di alfabeti diversi.
La lingua paleoslava nasceva come tutte le lingue letterarie, come una lingua artifi-
ciale (quindi non come un dialetto, ma una lingua di alto livello). Era una lingua inter-
slava, perché valeva sia per la Pannonia che per la Moravia e per la Bulgaria, una
lingua che veniva capita da tutti i popoli slavi. Dall'inizio della filologia slava ci sono
stati molti tentativi nazionalistici di definire la lingua come pannonico antico, ceco an-
tico, macedone antico, bulgaro antico. Quest'ultimo perché dall'epoca di Cirillo e di
Metodio a noi non è pervenuto nessun manoscritto. I primi testi pervenuti risalgono
alle fine del X secolo, inizio XI secolo.
Non si può evitare di determinare la base dialettale di questa lingua, perché Cirillo e
Metodio erano nati a Salonicco quindi potevano conoscere la lingua parlata di quella
regione. Metodio, poi, era stato governatore di una provincia slava. Infatti come di-
ceva Michele III ''voi siete Tessalonicesi e tutti i Tessalonicesi parlano perfettamento
lo slavo'', quindi la base dialettale è quella del bulgaro e del macedone. Cirillo in que-
gli anni conosceva solo la lingua parlata. Era importane l'apporto dei discepoli che
Metodio aveva portato con sé in Bitinia, in Asia minore, che avevano passato alcuni
anni ''in silenzio, solo con i libri''. Abbiamo dei frammenti, i cosidetti ''fogli di Kiev'',

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che mostrano i tratti ''moravi'' (i moravismi) sia fonetici che lessicali, alcune diffe-
renze con lo slavo ecclesiastico. C'erano anche alcuni lessemi che venivano dal la-
tino o dal tedesco dei Franchi. Nella lingua delle prime traduzioni si può intravedere
anche una stratificazione che è riferibile ai diversi periodi dello slavo ecclesiastico,
alle vicende di Cirillo e Metodio. Non c'è nessun codice, perché sono scritti mezzo
secolo dopo la missione di Cirillo e Metodio. Non ci sono i codici datati. Un unico co-
dice datato è il Vangelo di Ostromir. C'erano diverse parole in slavo ecclesiastico
proveniente dal greco parlato, dalla lingua del popolo. Ad esempio, la parola ''saba-
to'' dal greco σάββατον (sabbaton) rimane invariato. Anche parole di origine latina,
come ad esempio ''prefazione'' prefatie (prefazie). Alcune delle parole fondamentali
per il cristianesimo non erano di origine greca. I due fratelli greci avevano tradotto
dal greco allo slavo i testi ecclesiastici, ma in quei territori balcanici già c'era una tra-
dizione cristiana. Ad esempio la parola ''Chiesa'', црькъі veniva da Kirche quindi dal
tedesco dei missionari franchi. O ancora, крьстъ, ''croce'' viene dal latino crux. La
lingua paleoslava, quindi, nasceva su un nucleo dialettale che poi però si sviluppa
con le traduzioni successive durante la missione dei due fratelli e con la missione di
Metodio di 15 anni, il quale collabora con preti e sacerdoti anche di origine morava e
pannonica. Raggiunge una maturità in Bulgaria, al tempo di Simeone, dove la lingua
bulgara orientale si sovrappone e si salda sul precedente nucleo dialettale. In questo
periodo, nella Bulgaria di Boris e Simeone, la cultura cirillometodiana si avvia ad
un'evoluzione molto rapida.
Abbiamo detto che i discepoli avevano la possibilità di prendere i libri che aveva la-
sciato Metodio a Costantinopoli per la richiesta di Basilio I, il quale gli aveva chiesto
di lasciare lì un diacono e un presbitero per poter cristianizzare gli altri popoli slavi.
Alcuni passi del Vangelo sono stati riprodotti in Bulgaria e i discepoli hanno conti-
nuato l'opera di Cirillo e Metodio. Si sviluppano diversi generi, come la geografia. Si
formano due centri letterari in Bulgaria. Uno di questi è Preslav, la capitale, con Si-
meone che si occupa attivamente dell'attività letteraria. Per suo ordine venivano tra-
dotte diverse opere bizantine. Come abbiamo già detto, Cirillo aveva inventato due
alfabeti dello slavo ecclesiastico antico: glagolitico e cirillico (chiamato così nel XVII
secolo, in onore di Costantino). Questi due alfabeti sono molto diversi l'uno dall'altro.
Siccome Costantino non ha confessato quale alfabeto aveva inventato, si deve ra-
gionare sulle ipotesi di entrambi gli alfabeti.
Alcuni dei discepoli di Cirillo e Metodio sono riusciti a scappare in Dalmazia e in Po-
lonia. Quelli che sono scappati in Dalmazia hanno continuato l'opera di Cirillo di scri-
vere nell'alfabeto slavo.Nella tabella, nella prima colonna c'è l'alfabeto cirillico e si
vede che non ci sono i valori numerici, non c'erano i numeri arabi. I numeri si scrive-
vano con le lettere, ogni lettera aveva un valore numerico. Questo valore numerico ci
aiuta a precisare l'ordine delle lettere, in quanto non c'era nessun ordine stabilito.
La terza colonna è il glagolitico rotondo, quello della Bulgaria. La quarta è il glagoli-
tico angolare, quello della Dalmazia, dei discepoli di Cirillo e Metodio che erano
scappati lì. Il valore numerico delle lettere glagolitiche nella quinta colonna. Entrambi
gli alfabeti erano di tipo onciale, l'oncia è la distanza che si doveva rispettare tra le
due lettere, ovvero della grandezza di un'oncia. Era una scrittura cerimoniale, uffi-
ciale. Da dove si può capire l'ordine delle lettere nell'alfabeto? Bisogna basarsi su
delle testimonianze. C'era un'usanza cristiana di scrivere le lettere sul pavimento di
una Chiesa o sulle colonne. Abbiamo l'abbecedario di Preslav, il più antico, dove ci
sono però solo le prime 15 lettere. È interessante che questo è l'unico abbecedario

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solo in glagolitico. In un codice latino conservato a Parigi, tra l'XI e il XII secolo, ab-
biamo 31 lettere glagolitiche con il loro nome scritto (Az', buky, vede, glagoli ecc..).
Nel tardo XII secolo abbiamo un abbecedario che presenta otto righe di lettere, ci
sono 4 righe di cirillico e 4 di glagolitico, ovvero 38 lettere in cirillico e 38 in glagoli-
tico. Il fatto che a quell'epoca esisteva l'alfabeto cirillico è un argomento a favore
della tesi che Cirillo aveva inventato proprio il glagolitico e non il cirillico, perché le
prime testimonianze, le prime epigrafi contengono solo l'alfabeto glagolitico e non
quello cirillico. L'alfabeto glagolitico, quindi, è un alfabeto molto simbolico dove ogni
lettera è un simbolo di una diversa lingua orientale (samaritano, fenicio, greco). L'or-
dine delle lettere è stato ricostruito prima avendo presente questi abbecedari, poi dal
trattato polemico del monaco Hrabăr, dove elenca le lettere in un certo ordine. C'è
anche un'opera di uno scrittura bulgaro del periodo di Simeone, Costantino di Pre-
slav, che ha tradotto dal greco il cosiddetto Vangelo didattico, il quale ha una prefa-
zione orginale che si apre con la cosiddetta ''preghiera alfabetica'', dove ogni ver-
setto inizia con una lettera dell'alfabeto. Sono 36 versetti.
Una cinquantina di anni fa, uno studioso finlandese è arrivato alla conclusione che ci
sono 3 elementi principali che costruiscono le lettere. Il primo è la croce, ovvero la
''a'', che simbolizza ovviamente la croce di Cristo. Il secondo è il cerchio, elemento
che persiste in molte lettere, che simbolezza l'universo in quanto non ha né inizio né
fine. Il terzo è il triangolo, che simbolizza la trinità. Questi tre elementi erano alla
base della costruzione dell'alfabeto.
Che cosa c'è e cosa non c'è nei due alfabeti?
Il cirillico è l'alfabeto greco, di 24 lettere a cui vengono aggiunte altre lettere.
L'alfabeto greco alfa, beta, gamma,delta, era diventato il bizantino, alfa, veta,
gamma, delta per il problema del vitacismo, per cui la ''b'' diventa ''v''. Bulgaria, per
esempio, diventa Vulgaria. Non c'è la ''b'', ancora oggi nel greco moderno. Nel glago-
litico c'era (Ⰱ) e c'era una lettera simile nel samaritano.

La ''v'' (Ⰲ) somiglia al latino, con due cerchi affianco.


La ''g'', con valore 4, (Ⰳ). Somiglia molto alla ''gamma'' greca.
Abbiamo ''d'' (Ⰴ), che è la ''v'' girata al contrario. Nel paleoslavo come nel greco, i
nomi sacri venivano abbreviati, ad esempio il nome di Davide veniva scritto così ''
ⰄⰂⰄ '', senza vocali. Il glagolitico aveva 3 grafemi per ''i'' e nessuno
per ''iota''. La ''i'' (Ⰻ) che nel greco è ''eta'', che era diventata ''ita'' per il cosiddetto
itacismo. La ''s''(Ⱄ) con valore 200. Queste due lettere insieme, formano il nome di
Gesù: ''ⰋⰔ '' (Isus). L'is che troviamo all'inizio del nome era molto simbolico, in
quanto non solo era l'inizio del nome di Gesù, ma anche del Vangelo secondo Gio-
vanni ''искони б слово и слово ecc..'' così come ѣ l'inizio del Vecchio Testamento.

Lezione 9
Alfabeto Glagolitico
Glagolitico

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1. Nel glagolitico due nasali Onь e Enь: una posteriore e l'altra anteriore. Erano
un digrafo. Il segno dell'“euro” indica la nasalità.
2. C'era anche Jon nel primo glagolitico.
3. C'erano tre lettere 'i'. Una 'i' con valore 8 (si scriveva con un cerchio e un
triangolo), una che valeva 10 (jot) e una jot più piccola detta 'debole'. La 'i' de-
bole nelle lingue slave moderne è caduta.
4. Le velari erano sempre dure e mai palatali, quando facevano la palatizzazione
davano altri reflessi (suoni 'g', 'k','k aspirata')
5. Nel glagolitico c'era una lettera poi assente nel cirillico: la 'g' molle. In greco ci
sono parole come αγγελος con due gamma di cui la prima si legge 'n'. In gla-
golitico la g molle ha il valore di 30.
6. ou era una legatura di due lettere. Nel periodo bizantino era già monotongato
e si leggeva 'u'.
Due 'o' facevano una 'u'.
7. Nel cirillico ci sono due lettere: 'jat' (ad es. nel russo belj) e la lettera ja (lega-
tura di a+jot). Avevano probabilmente lo stesso valore, una vocale abba-
stanza diffusa tra 'e' e 'a'.In russo diventa 'e'. Nel glagolitico c'era un unico se-
gno.
8. La nasale posteriore diventa in russo 'u' come 'ruka'
9. nel cirillico la 'e' il suono 'je' (e + jot, assente in glagolitico)
10. La effe inizialmente non esisteva perché si trovava solo nelle parole dal greco
e ha cominciato poi ad esprimersi con una specie di theta greca.
11. Un'altra legatura era 'ju', presente in entrambi gli alfabeti.
12. C'erano lettere che avevano solo valore numerico: lo stigma (numero 6), il ko-
ppa (90), sampi (900)

13. C'era anche l'omega (ultima lettera dell'alfabeto greco) (Otь)

14. Il IX secolo fu un periodo molto importante della storia europea. A metà se-
colo, nel cuore dell'impero bizantino, si realizza uno dei più importanti progetti
missionari della storia europea, vale a dire quello di fornire un alfabeto ai po-
poli slavi con lo scopo di accomunarli nella confessione orientale ortodossa di
Costantinopoli per ottenere unità religiosa e omogeneità culturale nel conti-
nente. Questo avrebbe dovuto riconfermare il primato di Bisanzio e nel conte-
sto dei suoi interessi geopolitici, l'Impero Romano d'Oriente si pose l'obiettivo
di rimaneggiare la carta culturale d'Europa in proprio favore attraverso 'la
croce e il Verbo'. Tale è la dottrina politica del patriarca Fozio che voleva ga-
rantire a Bisanzio l'egemonia sul Continente. Il IX secolo è caratterizzato da
una vivace attività missionaria da parte delle due grandi Chiese, quella di
Roma e quella di Costantinopoli. Queste si erano rivolte verso le tribù slave.
La grande espansione dell'impero germanico aveva creato tensione in Europa
centrale e sud-orientale, il che portò a complesse combinazioni politiche e ad
alleanze militari mutevoli nel tempo. Ne risultò così una contesa sempre più
aspra tra le due Chiese per la supremazia su quelle comunità della Slavia in
via di cristianizzazione o non ancora battezzate. Nell'843 a Verdun fu firmata
una convenzione che imponeva il potere di Ludovico il Germanico, nipote di
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Carlo Magno, negli Stati componenti il territorio della futura Germania. Questo
rappresentò una minaccia al potere della Grande Moravia che chiese aiuto
della vicina Bisanzio. La situazione si complicò per le pretese di Papa Niccolò
I che rivendicava il dominio da parte della Santa Sede su tutto il mondo cri-
stiano. La sua ambizione arrivò al punto di rifiutare di riconoscere Fozio come
patriarca universale. Questa tensione si riflesse anche sulla missione di Cirillo
e Metodio. In tale contesto politico sfavorevole il principe Rastislav si rivolse
all'imperatore bizantino Michele III con la richiesta di mandare dei missionari
che comunicassero gli insegnamenti di Cristo in una lingua comprensibile al
popolo, in questo modo sperava tanto di neutralizzare le pretese della Chiesa
latina quanto gli sforzi del clero secolare germanico che miravano a sottomet-
tere i suoi sudditi. L'imperatore mandò nella Grande Moravia Costantino il Fi-
losofo e suo fratello Metodio. Così comincia la storia della cultura slava, con il
nome di Costantino, un tipico intellettuale dell'Umanesimo bizantino. La storia
della sua vita fu molto drammatica. Elenco breve delle fonti da cui ricaviamo
la storia dei due fratelli.
15. Un manoscritto del secolo XV è la copia più vecchia di una biografia sulla vita
di San Cirillo scritta nel secolo IX, edita in un'edizione di lusso con illustra-
zioni. Nello stesso volume è inserita anche la vita estesa di Metodio e un
sermo dedicato ai due fratelli e alla loro attività come maestri degli Slavi.
16. Nello stesso tempo in Bulgaria è conservata una miscellanea della biblioteca
del monastero di Rila, anch'essa del XV secolo, dove il noto scrittore slavo
Vladislav il Grammatico ha fatto anche un'altra iscrizione sulla vita dei due fra-
telli insieme al sermo e offre anche una copia più antica e corretta delle
guerre russe. Da queste fonti derivano i dati delle attività dei due Santi in Mo-
ravia e Pannonia, di quelle a Venezia e Roma, della morte di Cirillo e quella di
Metodio nell'885. La paleoslavistica ha trascorso molto tempo a cercare di
stabilire se le fonti fossero attendibili perché, quando queste fonti furono sco-
perte, le vite dei due santi erano oggetto di culto ecclesiastico, mai interrotto
durante i secoli. La prima commemorazione per le feste ecclesiastiche l'ab-
biamo nel Vangelo Assemaniano, un vangelo glagolitico (fine secolo X, inizio
XI) dove sotto la data del 14 febbraio è iscritta la commemorazione di San Ci-
rillo e sotto il 6 aprile quella di San Metodio (testimonianza più antica del culto
dei santi e durante tutto il Medioevo queste date furono trascritte e le feste ce-
lebrate nei limiti delle Chiese ortodosse). I testi furono più popolari quando li
pubblicò Dmitry Rostovkij nei suoi mineicitei (??), miscellanee di più di 660
vite dei Santi. Dmitry Rostovsky aveva una base per la sua edizione ossia i
mineicitei (??) del grande metropolita russo Makarij, che era l'edizione più au-
torevole in quei tempi. Ma per la filologia, la paleoslavistica e le varie scienze
del XIX secolo questi testi non erano attendibili. Grazie alla pubblicazione di
Vladimir Gorsky nel 1843 nella rivista intitolata Moskritianin abbiamo un'analisi
più precisa delle due vite e possiamo dire che si tratta effettivamente di fonti
attendibili. Gorsky analizza tutte le informazioni, le confronta con altre fonti
della Chiesa latina, dei pollantisti (???) che pubblica la 'leggenda cristiana', la
'leggenda di Moravia' (in cui erano contenuti fatti della vita di Costantino). In-
sieme a queste è fonte principale anche 'la leggenda italiana' e la 'Storia' in
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latino che racconta fatti della vita di S. Cirillo. Da questo momento in poi molte
copie furono nascoste. Oggi abbiamo 89 trascrizioni della vita di Cirillo e circa
50 di quella di Metodio, il che significa che essi furono molto popolari in am-
bito slavo-ortodosso.
17. Abbiamo anche una fonte greca: nella slide miniatura del menologio dell'im-
peratore bizantino Basilio I dov'è inserita la collezione di reliquie di S. Cle-
mente.
18. Dalla vita di S. Cirillo sappiamo che egli ebbe una missione tra i kazari dalla
quale riportò le reliquie di S. Clemente, di cui portò una parte a Roma per es-
sere accolto dal Papa. I due fratelli compaiono in primo piano con la croce e
una candela e simbolicamente sono state dipinte le reliquie insieme a un det-
taglio del miracolo di San Clemente (raccontato in un sermone di S. Clemente
dedicato al maestro San Cirillo => n.b.: forse si è confusa e ha invertito i
nomi??).
19. Mostra la carta dei Balcani nel secolo IX quando il primo regno bulgaro confi-
nava con la Grande Moravia e questo spiega perché i discepoli di San Meto-
dio dopo la sua morte si sono recati in Bulgaria per avere una possibilità di
continuare il suo lavoro di scrittura.
20. Abbiamo anche delle fonti interessanti nella chiesa di S. Clemente che si
trova a Roma (dov'è la tomba di San Cirillo). Nell'866-867 Cirillo e Metodio
vennero chiamati dal Papa a Roma per spiegare la loro missione e per difen-
dere la lingua usata nel rito e le traduzioni del Vangelo (in questo periodo solo
tre lingue erano considerate sacre: greco, latino, ebraico). Cirillo e Metodio
volevano ottenere il permesso di svolgere i riti in lingua slava. Mostra il dipinto
sul muro della chiesa di S. Clemente in cui l'imperatore Michele III dà la sua
benedizione a San Cirillo prima che vada in Moravia.
21. Cronaca di Rezil dal secolo XV dove ci sono diverse miniature che rappresen-
tano l'attività di San Cirillo e San Metodio. Una miniatura in cui essi creano
l'alfabeto slavo come in un miracolo dopo che Costantino ebbe pregato per
tutta la notte coi suoi discepoli. Egli cominciò a scrivere le parole del vangelo
di Giovanni 'All'inizio era la parola'. Nello stile agiografico era molto importante
avere tali miracoli, ma anche dalla vita sappiamo che Metodio, ma anche Ci-
rillo, lavorava molto nel monastero di Policrav nella creazione dell'alfabeto.
Forse nel momento in cui l'imperatore l'inviò in Moravia, essi mostrarono per
la prima volta il loro lavoro.
22. Mostra un foglio del Vangelo di Zugrav per mostrare la scrittura glagolitica
con ornamenti tipici del periodo. Si possono vedere ai margini note scritte in
cirillico. Questo significa che venne utilizzato da preti che erano in grado di
comprendere entrambi gli alfabeti. Una delle ornamentazioni tipiche dei ma-
noscritti glagolitici è la lettera iniziale gigante. Dalla tradizione georgiana e ar-
mena (cioè la periferia bizantina) possiamo notare che l'alfabeto glagolitico
creato dai fratelli era influenzato dalle scritture della periferia bizantina (la
quale si era già convertita al cristianesimo ed esprimevano la liturgia nella
propria lingua)
23. Mostra un manoscritto etiopico in cui si nota la somiglianza con alcuni segni
del glagolitico (ad esempio c'è un segno simile alla prima lettera dell'alfabeto
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glagolitico). Evidentemente Cirillo e Metodio conoscevano anche questa tradi-
zione e il cerchio e la croce dell'alfabeto glagolitico erano presi dalla periferia
bizantina.
24. Mostra il Vangelo Assemaniano con le sue tipiche ornamentazioni e le note di
uno scrittore che conosceva il cirillico il quale stabilisce che gli scrittori della
prima età della cultura scritta slava (quella in Bulgaria tra IX e X secolo) erano
bilingue e conoscevano bene sia greco che bulgaro nonché digrafi in quanto
sapevano scrivere sia glagolitico e cirillico. Mostra fogli del vangelo assema-
niano in cui compare la commemorazione di Cirillo e Metodio.
25. Un'altra fonte importante: l'abecedario di Monaco conservato nella Biblioteca
Nazionale di Monaco. Testo scritto in latino: viene presentato tutto l'alfabeto
glagolitico e sopra l'alfabeto cirillico. Da questo possiamo conoscere il valore
fonetico di ogni segno dell'alfabeto glagolitico, anche in una dimensione più
antica di quella ricavabile dai manoscritti, dato che l'alfabeto glagolitico fu in-
ventato a metà IX secolo e il più vecchio manoscritto a noi pervenuto è della
fine del X secolo.
26. In questo lasso di tempo il glagolitico si è evoluto e alcune delle lettere sono
cadute. Nel frattempo è avvenuta anche una stilizzazione del glagolitico in
una variante sempre più quadrata.
27. Glagolitico bulgaro: le lettere sono più tonde, glagolitico croato: più quadrato-
rettangolare sotto influenza della scrittura gotica (i croati avevano una propria
lingua slava ma seguivano un rito ecclesiastico della Chiesa latina. Attraverso
questo alfabeto la Croazia cercava di ricavarsi una minima indipendenza dalla
Chiesa latina.)
28. Pitture nella Chiesa di San Clemente mostrano Costantino intento a difendere
l'alfabeto slavo davanti al Papa.
29. Chiesa di Santa Maria Maggiore dove vennero benedetti i libri slavi e venne
celebrata la prima liturgia in lingua greca, slava e latina.
30. Un quadro che rappresenta la morte di San Cirillo (considerato anche a Roma
un santo per aver portato le reliquie di San Clemente).
31. Una miniatura della Cronaca di Rezil che ci mostra come Metodio fu ordinato
vescovo della Grande Moravia e della Pannonia per poter tornare coi suoi di-
scepoli a diffondere le parole di Cristo con una lingua comprensibile al popolo
di Rastislav. Ma non fu facile: l'episcopato di Salisburgo considerava queste
terre sua diocesi e non voleva che Metodio predicasse in lingua slava e,
quando al potere salì il nipote di Rastislav, Svatopluk, che aveva stretti con-
tatti con l'episcopo di Salisburgo, la situazione cambiò per Metodio e i disce-
poli. Metodio fu accusato di eresia perché predicava la dottrina della Chiesa di
Costantinopoli e non quella di Roma. Fu ritenuto 'senza diocesi' perché Sali-
sburgo rivendicava la sua proprietà della diocesi. Fu imprigionato nel mona-
stero di Reichenau e i suoi discepoli vennero perseguitati.
32. La situazione cambiò un po' quando la Moravia ricevette un'enciclica dal Papa
che permetteva a Metodio, con molti limiti, di professare in lingua slava. La
messa doveva essere celebrata in latino, il Vangelo letto in latino, solo il com-
mento poteva essere in lingua slava. I discepoli avevano funzioni molto limi-
tate, non potevano celebrare tutta la liturgia in lingua slava. Metodio si rivolse
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alle traduzioni: in Moravia tradusse tutto il Vecchio Testamento (più di ses-
santa libri, dal greco allo slavo coi suoi discepoli) Tracce di questa traduzione
si trovano anche nei libri croati, bulgari (non tutti gli studiosi ritengono sia pos-
sibile). L'accademia bulgara ha fatto una serie di edizioni di ogni singolo libro
per ricostruire le traduzioni di Metodio. Sono stati pubblicati i libri del profeta
Ezechiele, dei Dodici profeti (in produzione quello del profeta Isaia).
33. Quale fu il destino della lingua slava dopo che alcuni discepoli di Cirillo e Me-
todio furono arrivati in Bulgaria? La prima capitale del regno bulgaro, Pliska,
ha conservato segni del periodo pagano. Il re bulgaro Boris creò, però, le mi-
gliori condizioni di lavoro per i discepoli di Costantino e Metodio.
34. La Vita di S. Clemente Docrita, una fonte greca, descrive il supporto del re
come fondamentale per preservare l'opera di S. Cirillo e Metodio.
35. I discepoli rifecero le traduzioni del Vangelo, del Libro degli Apostoli, del Sal-
terio, di tutti i libri necessari alla liturgia. Dopo la morte di Boris, il figlio Si-
meone fece capitale Preslav del suo regno cristiano. Sotto di lui ci fu un'im-
mensa tradizione scrittoria (da qui la definizione di 'secolo d'oro').
36. Mostra la Chiesa Rotonda dove sono stati tradotti testi liturgici, teologici, di
esegesi, necessari per spiegare la cristianità.
37. Mostra tavoletta di cedro (???) dove sono scritti versi del Salterio in greco (oc-
ciana?) ben conosciuta dagli scrittori bulgari che la usavano prima di ricevere
l'alfabeto slavo. In Bulgaria processo di scambio delle due scritture slave:
quella glagolitica fu pian piano abbandonata, mentre il cirillico divenne lingua
'ufficiale'.
38. Le tradizioni glagolitiche non furono dimenticate. Mostra un testo cirillico in cui
la lettera iniziale è presa dal glagolitico. Si trattò quindi di un processo lungo:
fino al primo re bulgaro il glagolitico venne utilizzato.
39. Altre fonti in lingua latina: leggenda morava, leggenda cristiana (più antichi),
leggenda italiana (risistema tutte le informazioni e parla della scoperta delle
reliquie di S. Clemente da parte di Cirillo ad opera di Anastasio il Biblioteca-
rio). Si dice che Cirillo conoscesse tutti i testi dei padri, fosse una persona
emblematica e che avesse costruito l'estetica bizantina. I testi che ha scritto
sono molto complessi, ricchi di filosofia ed erudizione. Cirillo studiò alla Ma-
gna Aurea, Università di Costantinopoli, dove studiarono tutti gli intellettuali
aristocratici bizantini. Egli spiccò per le sue capacità tra gli studenti e Anasta-
sio il Bibliotecario lo prende a modello di vita apostolica.
40. Un altro testo latino è la leggenda aurea di Jacopo di Voragine che ha colle-
zionato storie di vite dei santi tra cui si trovano anche informazioni sulla vita di
San Cirillo.
41. Il destino di Metodio fu un po' diverso perché per molto tempo le fonti latine lo
considerarono un eretico (la sua santità viene riconosciuto soltanto nel pe-
riodo della Riforma). Nel Memorandum di Salisburgo viene detto che Metodio
è un greco che insegna un'eresia.
42. Le fonti sui due sono differenti per lingua e cronologia ma sempre mostrano
come eventi più importanti la creazione dell'alfabeto, la traduzione dei testi e
la possibilità per gli slavi di accedere alla cultura europea cristiana dal secolo
X.
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43. Nota in merito agli alfabeti: l'unica lettera comune è la 'sh' e la 'sht' è una lega-
tura tra 'sh' e 't' ed è simile in entrambi gli abecedari. Solo dagli abecedari
sono conosciute due lettere per 't', due per 'h'. Forse perché Costantino era
così fine conoscitore della lingua slava da riuscire, con queste due paia di let-
tere, a riconoscere i prestiti dal greco perché le lettere slave erano più esplo-
sive di quelle in greco. Distingueva anche graficamente i diversi foni (a esem-
pio vocali anteriori e posteriori) basandosi sulle diverse lingue da lui cono-
sciute (conosceva oltre alle lingue già citate, l'alfabeto samaritano, il copto,
ugro-finnico).
44. Questa mescolanza di sistema grafici gli permetteva di creare un alfabeto gla-
golitico molto preciso. Siccome l'alfabeto cirillico non è altrettanto preciso, ha
preso delle lettere del glagolitico per completare. I greci si chiedevano perché
gli slavi scrivessero con 40 lettere quando è possibile scrivere con 24.
45. Questo derivava da un trattato per le lettere (VI secolo) dove è spiegato che
ogni lettera corrisponde a un oggetto creato da Dio e, siccome l'alfabeto
ebraico si componeva di 24 lettere, tutti gli altri alfabeti non potevano avere
più lettere (per questo i greci avevano lettere doppie, ad es. 'cs' 'ps' per man-
tenere il numero di lettere entro 24). Cirillo e Metodio hanno rotto questo
dogma realizzando un alfabeto molto più preciso (ma anche contestabile da
parte di Greci e Latini). Dopo la caduta della Moravia, l'alfabeto si è conser-
vato solo in Bulgaria da cui poi è stato trasmesso in Slavia orientale ed è ri-
masto in Croazia fino a tempi molto recenti, perché nei monasteri della Dal-
mazia si continuava a scrivere glagolitico e i preti che lo diffusero si chiama-
vano glagulashi (???)
46. Nota: ciò che è in comune tra glagolitico e cirillico sono solo le lettere che non
si trovano nell'alfabeto greco (15 lettere).
47. In più abbiamo visto che testi in glagolitico avevano note in cirillico: il prete
professava in glagolitico ma faceva note in cirillico. Era digrafo. Una prova
della precedenza del glagolitico è che i libri in glagolitico in Russia erano con-
siderati sacri, quando i preti già parlavano il cirillico.
48. Esistono palinsesti dove c'era scritto precedentemente in alfabeto glagolitico
poi limato via e coperto con lettere in cirillico. Il Vangelo di Boyana è un palin-
sesto.
49. Pergamena: il manto di 50 pecore serviva a produrre una sola pergamena,
per questo scrivere su pergamena era molto costoso. Per ridurre le spese,
spesso si raschiava via un testo dalla pergamena e se ne scriveva uno nuovo
(palinsesto)

Lezione 10
Lezione tenuta dalla professoressa dell’Università di Sofia
Storia del Glagolitico e della scrittura cirillica
Nella scorsa lezione siamo arrivati al momento in cui San Cirillo e Metodio furono spediti in
Bulgaria dove furono accolti dal principe Boris-Mihail e poterono continuare con la loro atti-
vità letteraria. Ma prima di capire che cosa succede con l’alfabeto glagolitico creato da San

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Cirillo, proviamo a dare un occhio sulla situazione sui Balcani dove c’era stato un incontro di
diverse azioni di scrittura. Nei Balcani conoscevano la scrittura latina, la scrittura greca, co-
noscevano anche alcuni resti della scrittura dei traci e inoltre nei Balcani fu creato anche l’al-
fabeto di Wulfila. Per questo c’era una mescolanza di diverse tradizioni di scrittura e come
dice nel suo trattato il Monaco Krabor*, all’inizio gli slavi erano pagani, non avevano un loro
proprio alfabeto, ma usavano il greco e il latino senza cambiare tali alfabeti che però non ba-
stavano a rendere la lingua slava. Per tanto il monaco krabor si chiede come si potessero
rendere alcune parole slave con l’alfabeto greco o latino in cui mancavano alcune lettere
che potessero riprodurre i suoni slavi. Nonostante questa ricchezza di tradizioni di scritture
presenti nei Balcani, gli slavi continuavano ad avere bisogno di un alfabeto specifico, adatto
alla loro lingua e fonetica.
Che cosa conoscevano gli scrittori bulgari, coloro che dovevano scrivere le lettere ufficiali
del governo? Noi non sappiamo nulla dei loro manoscritti, ma sono stati conservati molti
monumenti epigrafici che ci mostrano, più o meno, come scrivevano gli scrittori bulgari
prima di conoscere l’alfabeto glagolitico. Conoscevano la tradizione greca epigrafica, cono-
scevano un greco di tipo onciale, molto rettangolare perché era questa la modalità per fare
un’iscrizione sulla pietra. Abbiamo anche un’iscrizione che sembrerebbe scritta nella lingua
dei traci, ma con lettere greche, vi era quindi anche una mescolanza tra lingue.
Abbiamo poi un’altra testimonianza che finora non è stata ancora decifrata, si tratta del Mo-
numento di Karanovo, un villaggio della Bulgaria del sud, dove si può vedere che assomiglia
ad alcuni runi*, ma si tratta di una scrittura che ancora non è stata decifrata e alcuni studiosi
ipotizzano che si tratti dell’alfabeto Lineare B di Creta. Un’altra testimonianza mostra la
scrittura romana, che era anche ben conosciuta sulle terre del primo stato Bulgaro perché
secoli fa questo territorio faceva parte dell’Impero Romano. Sono conservati molti testi in
scrittura romana e latina scritti in maniera molto elegante. Abbiamo anche alcune testimo-
nianze che i protobulgari che sono venuti dall’Asia hanno portato con loro dei runi che non
sono in una scrittura ben sviluppata, assomigliano ad una protoscrittura perché sono stati
scritti solo in alcuni momenti importanti, come ad esempio per commemorare diversi casi
solenni etc.;
In una tale situazione viene spontaneo chiedersi come i bulgari usassero la lingua greca per i
propri monumenti epigrafici e non avessero paura che i greci influenzassero la loro cultura e
le loro tradizioni? Come conservavano i bulgari la loro identità se utilizzavano una lingua
straniera, una lingua di un paese nemico perché c’erano molte ostilità tra Bulgaria e Bisan-
zio?
La risposta a questi quesiti è nel carattere della cultura tradizionale bulgara del periodo pa-
gano e nello specifico delle pratiche religiose che non richiedevano l’utilizzo di testi. Le prati-
che rituali pagane furono da sempre studiate a memoria, si trasmettevano da una genera-
zione all’altra e non avevano mai bisogno di un libro durante i riti. Il rito era pagano, proto-
bulgaro o slavo e non aveva niente a che vedere con le tradizioni greco-cristiane e così i bul-
gari si permettevano di utilizzare la lingua greca per manifestare la propria identità, per ma-
nifestare gli avvenimenti importanti dello Stato Bulgaro cosicché da mostrare ai greci che
anche loro erano un governo forte come quello di Bisanzio. Ecco perché la questione della

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lingua non esisteva fino al momento in cui i bulgari furono battezzati e tutta la Bulgaria di-
venne parte della diocesi del patriarcato di Costantinopoli, e tramite la storia sappiamo che
in merito a ciò ci furono varie discussioni verso quale Chiesa la Bulgaria dovesse rivolgersi,
se verso la Chiesa Romana o Costantinopolitana. Tant’è vero che anche il Papa spedì dei
propri missionari in Bulgaria che presto lasciarono la Bulgaria e nell’ 870 un Sinodo prese la
decisione che lo Stato Bulgaro avrebbe fatto parte della Chiesa di Costantinopoli. In questo
momento in Bulgaria giungono i preti greci, tutte le liturgie si fanno in lingua greca, tutti i
servizi quotidiani si svolgono in lingua greca. Come si sa, la religione scandisce ogni mo-
mento della sua vita a partire dalla nascita con il battesimo fino alla morte con i riti funebri,
tutta la vita umana è influenzata dai riti della Chiesa, e quando tutte queste azioni si fanno
in una lingua straniera esiste una possibilità di influenza culturale, si crea un’egemonia tale
che avrebbe potuto pian piano influenzare l’identità dei bulgari.
Il principe Boris Mihail si rese conto di questo e per questo Teofila di Teocrida* scrive che il
principe Boris attendeva degli uomini di lettere che fossero capaci di scrivere nella lingua
parlata dai bulgari e che avrebbero potuto scrivere i testi sacri in lingua parlata. Per questo il
Cristianesimo pose la questione della lingua.
La scrittura glagolitica che hanno portato i discepoli di San Cirillo e Metodio è una scrittura
che è stata benedetta dal papa della Chiesa romana ed è una scrittura che era stata creata a
Bisanzio. In questo modo si può dire che è una scrittura consacrata da tutti e si può usare
anche per le liturgie e i riti ecclesiastici, ma si può vedere che è molto diversa dal modo di
scrivere che avevano gli scrittori bulgari nel secolo IX. Quando si è abituati a scrivere con de-
terminate lettere, è molto difficile poi dover cambiare il modo di scrivere e l’alfabeto glagoli-
tico, molto ben creato dal punto di vista fonetico, era molto difficile e pareva esoterico agli
occhi degli scrittori bulgari. Ci sono due ragioni che spiegano perché l’alfabeto glagolitico era
tanto strano e tanto difficile:

1. Ogni lettera glagolitica si scriveva con molti movimenti della mano. Mentre invece
l’alfabeto cirillico o quella greco onciale è molto più semplice perché le lettere pos-
sono essere scritte anche con solo uno o due movimenti della mano inoltre si può
scrivere in maniera più stretta e quindi si possono mettere molte più parole su una
pagina rispetto all’alfabeto glagolitico.

2. Dal punto di vista paleografico l’alfabeto glagolitico è più moderno di quello cirillico
perché l’alfabeto glagolitico è più vicino alla minuscola greca che in quel periodo,

stava pian piano diventando la nuova norma, la nuova scrittura canonizzata nella tra-
dizione bizantina. Sappiamo dalla storia che dal VI secolo fino al 843 a Bisanzio c’era
una grande crisi nella Chiesa che chiamiamo “iconoclasmo”. E quando hanno vinto gli
iconoduli, salvando le immagini sacre, c’è stato un grande cambiamento nella scrit-
tura onciale greca che era la scrittura canonizzata dal IV secolo, la scrittura con cui
furono scritti i cosiddetti “Codici di Purpura” di Giustiniano, un gruppo di codici scritti
su pergamena color porpora e furono scritti con inchiostro d’oro o d’argento. Sono
dei codici molto lussuosi perché su ogni pagina ci sono delle composizioni artistiche
molto elaborate. La scrittura utilizzata in questi codici è quella della maiuscola biblica
che piano piano viene lasciata e al suo posto viene introdotto il minuscolo perché in

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seguito alla vittoria degli iconoduli, quest’ultimi volevano manifestare la propria vit-
toria con il cambiamento della scrittura, mostrando un nuovo modo di scrivere i libri
utilizzando una scrittura che nella pagina si può situare in quattro linee. È importante
ricordare che questo cambiamento a Bisanzio ha facilitato l’attività scrittoria degli
scrittori bizantini che potevano ora scrivere più velocemente e in un modo anche più
economico, perché durante il tempo dell’iconoclasmo molti manoscritti con le illu-
strazioni e le miniature furono distrutti. Questo periodo fu un periodo di grande crisi
spirituale per Bisanzio, periodo che termina con l’idea della reverenza delle immagini
sacre e la produzione manoscritta prende la via della tradizione minuscola. Tra l’al-
tro, quando si fanno le righe della pagina, la minuscola viene scritta sotto la riga, per
questo viene detta scrittura pendente. Anche il glagolitico è una scrittura di tipo pen-
dente e per questo si considera che anche il glagolitico è nato durante questa situa-
zione eterogenea di Costantinopoli prima di aver fissato tutte le norme della nuova
scrittura. La scrittura cirillica, invece, ripete una tradizione arcaica molto più arcaica
e ben più conosciuta, ossia quella della scrittura onciale. Dal punto di vista metodo-
logico possiamo vedere che i manoscritti cirillici utilizzano delle tecnologie più vec-
chie, in quanto la pergamena veniva preparata in maniera tale che da entrambi le
parti fosse dello stesso colore, a differenze delle altre pergamene che venivano rea-
lizzate da un lato più chiare e dall’altro più scure. L’utilizzo del chiaro-scuro era una
regola per quando si realizzavano i fascicoli per manoscritti, la regola greca preve-
deva che le due parti di un fascicolo dovessero essere o solo chiare o solo scure e i
manoscritti cirillici rispettano tutti questa regola, mentre invece quelli glagolitici non
sempre. Per tale motivo iniziano a considerare pian piano il glagolitico come una
scrittura esotica alla quale iniziano a preferire quella cirillica.
Gli scrittori Bulgari conoscevano tutti i tipi della scrittura greca onciale come testimo-
niano diverse fonti:

1. Un esempio di ceramica in cui sono scritti alcune frasi del Salterio in una scrittura
che assomiglia al tipo di maiuscola biblica.

2. Un’iscrizione latina, unica iscrizione latino cristiana conservata nel nord-est della
Bulgaria.

3. Delle trascrizioni già in alfabeto cirillico.

Sempre dalle fonti possiamo vedere che la scrittura cirillica fu ben presto ben stiliz-
zata. La versione più antica che noi conosciamo risale al 925 al villaggio di Grepcia*
dove c’era un monastero dove il monaco Antòny ha scritto una commemorazione
della morte del suo maestro spirituale con la scrittura cirillica. Si può notare che la
scrittura cirillica è ben stilizzata, presenta tutti i segni che richiedeva la lingua slava,
ma la scrittura cirillica non avrebbe mai potuto essere così effettiva senza l’aiuto del
glagolitico perché tutte le lettere che si utilizzavano per i fonemi tipici della lingua
slava furono presi dal glagolitico e poi stilizzati in maniera cirillica. Senza questo ap-
porto del glagolitico, la scrittura cirillica non avrebbe mai potuto essere così efficace
e non avrebbe potuto essere utilizzata per le liturgie etc..

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4. Iscrizione in lingua Bulgara e Greca in cui viene annunciata la morte della princi-
pessa Anna che era la figlia del principe Boris Mihail, ma è scritta sia in bulgaro
che in greco. Questo a dimostrazione del fatto che tutti gli scrittori erano bilingui,
potevano scrivere sia in greco che in glagolitico, e in seguito anche in cirillico.

5. Esempio del Vangelo Assemaniano dove c’è una nota al margine scritta in ciril-
lico, a dimostrazione del fatto che gli scrittori scrivessero sia in glagolitico che ci-
rillico.
Nel XII secolo la scrittura glagolitica continuava ad essere sempre attuale nella regione del
primo regno bulgaro perché in un triodio, libro per i canti della quaresima, lo scrittore scri-
veva in cirillico ma in alcune parti è stato utilizzato anche il glagolitico. Vi erano parti in cui si
susseguivano prima il cirillico e poi il glagolitico. Ciò significa che il manoscritto da cui è stata
fatta la copia era in glagolitico e per questo il glagolitico nel XII secolo era ancora in uso, po-
tevano ancora capirlo e trascriverlo in cirillico. L’alfabeto glagolitico veniva utilizzato anche
come elemento di ornamentazione all’interno dei testi cirillici.

6. Codex supresliensis è un manoscritto realizzato a Pristlov ed è considerato il più


antico codice/manoscritto scritto in lettere cirilliche. Presenta una bella scrittura,
già ben stilizzata, una scrittura libraria canonizzata che era pronta ad essere uti-
lizzata per ogni caso.

7. Vangelo di Sava: libro del secolo XI realizzato probabilmente in uno scrittorio


provinciale, perché si può vedere che la scrittura non è tanto elegante, ma ci mo-
stra lo sviluppo del cirillico nel suo modo di essere una scrittura onciale che non
ha alcun tipo di cambiamento.

8. Salterio di Tomič: ci mostra che anche nel XIV secolo la scrittura cirillica non è
mutata perché ha conservato le sue forme caratteristiche con diverse influenze
dal greco minuscolo perché durante i secoli, la scrittura cirillica è stata influen-
zata dai manoscritti greci che però erano già scritti in minuscolo.

9. Apostolo del secolo XIV dove è presente una bella scrittura cirillica liturgica. Al-
cune lettere presentano dei prolungamenti, ci sono alcune lettere greche nel te-
sto e ciò significa che tale manoscritto è stato fatto sotto l’influenza di un mano-
scritto greco minuscolo.

La scrittura cirillica grazie anche al contributo del primo Stato bulgaro è stata ripresa
poi anche dagli altri popoli slavi quali russi e serbi. I serbi non conoscono la scrittura
glagolitica, mentre i russi la conoscono ma in modo molto semplificata, perché cono-
scono solo le trascrizioni di Novgorod e forse alcuni manoscritti che subito furono
trascritti in lingua russa con le lettere cirilliche.

Sviluppo della scrittura cirillica nella Bulgaria medievale


1. Iscrizione del 955 di Černovglatsi*, un monastero che si trova nel nord della
Bulgaria. Facendo un reso conto possiamo notare che si tratta di quasi 50

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anni dopo dall’arrivo di Cirillo e Metodio in Bulgaria, e già abbiamo l’utilizzo
della scrittura cirillica con le lettere perinasali.

2. Abecedario di Prislov in lettere glagolitiche. Per tanti anni la storia della scrit-
tura considerava che vi era una divisione tra i centri scrittori bulgari. Si diceva
che a Prislov hanno scritto solo in cirillico e a Teocrida hanno scritto solo con
la scrittura glagolitica. Negli ultimi anni ci sono state tante importanti sco-
perte che hanno dimostrato che questo non è vero. A Prislov hanno usato la
scrittura glagolitica almeno fino all’esistenza del primo Stato bulgaro, cioè
fino alla fine del X secolo. Tutte le traduzioni sono state fatte prima in glagoli-
tico e poi trascritte in cirillico e questo lo vediamo anche dagli errori com-
messi nel momento in cui avvengono le trascrizioni delle date e delle cifre.
Questo succede perché ogni alfabeto medievale usa le lettere anche per indi-
care le cifre e i numeri. Nell’alfabeto glagolitico la lettera b simboleggia anche
il numero 2, mentre nell’alfabeto cirillico la lettera v ha numero di 2. Questo
poteva condurre a fare degli errori.

3. Iscrizione cirillica del XIII secolo che riporta la vittoria della battaglia contro i
greci. È caratterizzata da una scrittura molto bella, molto elegante, è già ben
stilizzata

4. Čikupilja Mostič* un’iscrizione caratterizzato anch’esso da una scrittura ele-


gante. Riporta un’iscrizione già di tipo bulgaro che recita: “Il Vice Presidente è
stato insignito di questa carica durante il tempo di Simeone e suo figlio Pietro,
e quando ha compiuto 80 anni ha lasciato la carica e si è ritirato nel mona-
stero e così finì la sua vita”.

5. Tetravangelo di Sukrav* dove è presente una miniatura degli apostoli Pietro e


Paolo.

6. Foglio di Sukrav* mostra una variante di cirillico molto diversa che si scrive
non in modo quadrato ma in un modo modulare molto elegante.

7. Palinsesto Vaticano un manoscritto greco custodito nella Biblioteca aposto-


lica vaticana. È stato scritto nel XII secolo con la minuscola greca, ma è un pa-
linsesto perché il testo è greco, ma al di sotto è stato scritto in cirillico, cosa
che è possibile notare tramite gli infrarossi.

8. Miniatura del principe Mihail Boris un’unica miniatura ad esserci pervenuta


del XII secolo. È stata ritrovata in un manoscritto russo dove è contenuto
tutto il complesso scritto da Pristlav.

9. Il sermone solenne dedicato a San Cirillo scritto da Clemente D’Ocrida. È una


copia che risale al 1479.

10. Miscellanea di Simeone conservata come uno sbornik di Svetuslav*. Si tratta


di una copia del 1073. Vi è prima una parte dedicata a Simeone e poi una

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parte in cui si rispecchiano le virtù del re presentato come un nuovo Tolo-
meo.

11. Vangelo di Dobreiju* chiamato così perché lo scrittore si chiama Dobreiju e


ha raffigurato sé stesso all’interno della sua miniatura. Ha scritto un mano-
scritto in uno stile detto teratologico perché nelle lettere c’è la presenza di
diversi animali fantastici.

12. Meneo di Dragamin anche in questo caso lo scrittore è Dragamin. Si tratta di


un meneo festivo dove davanti ogni mese c’è una grande intestatura in uno
stile teratologico. È stato scritto con cirillico onciale molto elegente dove si
può anche notare l’influenza dell’elemento greco. Vi sono dei tratti calligrafici
manieristici che si trovano anche negli scritti greci del secolo XI e XII. Il mano-
scritto risale al XIII secolo e rispecchia la tradizione calligrafica manieristica.
Durante il medioevo la scrittura cirillica fu sempre influenzata dal greco minuscolo.

13. Salterio di Radomil* che riporta un’intestatura in stile teratologico. La stessa


intestatura la troviamo in un Vangelo greco del XII secolo e anche in un testo
serbo. L’intestatura greca fu scritta un secolo prima di quest’altre due, ciò si-
gnifica che questo stile non è un’invenzione slava, ma una copia di quella
greca.
I manoscritti bizantini erano molto pregiati in quanto venivano scritti con il colore blu che
veniva estratto da una pietra minerale molto preziosa che si trovava soltanto in Afghanistan.

14. Vangelo di Londra, un tetravangelo dedicato al re bulgaro Giovanni con la sua


seconda moglie Teodora, che era un’ebrea che poi è stata battezzata cri-
stiana. Sono rappresentati anche i due figli nati da questo matrimonio. Uno
dei due figli è rappresentato su un cuscinetto rosso perché sarà destinato ad
essere il giovane re.

15. Iconografia del Giudizio Universale dov’è rappresentato Cristo, sua madre e
Giovanni l’evangelista. È molto interessante perché questa scena rappresenta
la famiglia di Abramo, Abramo viene rappresentato in paradiso e insieme a lui
anche il sovrano bulgaro che al momento era ancora vivo. La caratteristica di
quest’iconografia è proprio questa, l’aver rappresentato il re bulgaro in para-
diso mentre era ancora vivo, una cosa piuttosto inusuale.

16. Salterio di Tomič al momento si trova a Sofia nel museo archeologico. Tre
mesi fa nel museo di Mosca, dove si custodisce permanentemente il Salterio,
hanno terminato la sua restaurazione e hanno analizzato i vari colori della
carta. I colori di questo manoscritto sono tutti simili a quelli utilizzati per i più
lussuosi manoscritti della metà del XIV secolo. Sono presenti alcune note
scritte in greco che erano dell’indicazioni che il maestro dava ai suoi allievi
circa il colore da utilizzare. Tramite queste note è possibile capire com’è avve-
nuto il procedimento della creazione del manoscritto. Possiamo già dire che si
trattava di gruppi di scrittori calligrafi e di pittori viaggianti che furono inviati

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per compiere questo scritto. Fu dato loro un abecedario e lo trascrivevano in-
sieme. La qualità delle immagini e dell’iconografie è stato attestato che è di
ottimo livello

17. Cronaca di Manàsis caratterizzato da una scrittura onciale e da miniature


molto elaborate.

18. Rotolo contente testi delle liturgie, quella di San Basilio e quella di San Gio-
vanni apostolo.

19. Manoscritti composti nel periodo post-bizantino, periodo della dominazione


romana, periodo in cui lo stato bulgaro non esisteva, ma la tradizione scritto-
ria continuava.
È interessante sapere che in Bulgaria i manoscritti sono stati trascritti fino alla libera-
zione dal dominio romano, cioè fino al 1878. Nonostante l’invenzione della carta e
della stampa in Bulgaria si continuava a seguire la tradizione dei manoscritti. È inte-
ressate sapere anche che quando la pergamena non era di buona qualità veniva rico-
perta con un materiale fatto di gesso e resina che danno un effetto più lucido alla
pergamena.

Lezione 11
Alfabeto paleoslavo e cirillico
La prof mostra due video di come si produce la pergamena e di come si pro-
duce la penna d’oca : https://www.youtube.com/watch?v=2-SpLPFaRd0
https://www.youtube.com/watch?v=H1wyYh97LDk

Alfabeti paleoslavi: il primo è stato considerato il glagolitico.


Questo non è confermato, nessun codice paleoslavo è confermato, nessun sa
quale sia il primo in assoluto.
Semplicemente i nomi di questi alfabeti sono tardi, 16°-17° secolo.
Il glagolitico è chiamato cirillico, e il cirillico è il nome dato in onore di Cirillo.
Allora noi cerchiamo le prove che confermino la precedenza del glagolitico.
Questo è un alfabeto simbolico, ogni lettera è simbolo.
I nomi sacri si abbreviavano, Gesù, Signore..
Is sono due cerchi e due triangoli, simbolico.
Inizia allo stesso modo sia il Vecchio Testamento, Libro della Genesi, sia il
Nuovo Testamento, il Vangelo di Giovanni: inizia con il verbo.
Quindi abbiamo visto che l’ordine delle lettere e il valore numerico è conse-
guente nel glagolitico ma quello cirillico segue il greco, non ha una propria nu-
merazione. Negli antichi abecedari, la scrittura degli alfabeti in margine dei di-
versi codici, quello di Monaco, quello di Preslav sul muro di 15 lettere nell’an-
tica chiesa di Simeone, i primi abecedari portano solo il glagolitico e il cirillico
solo dal 12° secolo in poi.

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In comune tra i due alfabeti:
Le uniche lettere in comune sono sh e sht ha una grafia simile in entrambi. (sh
sinistra e sht destra)

Ⱎ. glagolitico cirillico

Ⱋ. glagolitico cirillico

Le nuove lettere, che non ci sono nel greco antico perché ha altre lettere, le
nuove lettere assomigliano al glagolitico.
Nel glagolitico ci sono anche le lettere con un solo valore numerico e nessun
significato. (vedi tabella)
Quindi ogni grafema nel glagolitico può essere traslitterato in cirillico e i mano-
scritti traslitterati in cirillico mano a mano soppiantavano il glagolitico, (dai loro
editori moderni.)
La scrittura glagolitica porta ad aree geografiche diverse e periodi diversi.
In particolare, con il cirillico le differenze sono nelle nasali perché c’erano solo
3 vocali nasali: on cioè la nasale anteriore di valore 900 (nella tabella) (e con
un segno sotto) e la nasale posteriore non ha valore, cioè non c’erano le na-
sali iotizzate ien o ion. Queste nasali sono rimaste nella lingua polacca.
Non c’erano le velari k,g,h e gl (gl per aveva valore nel glagolitico).
Nel cirillico ci sono le greche psi, xi che sono di due consonanti.

Ci soffermiamo sui testi che fanno parte di un canone, un corpus di testi pre-
sente nel canone paleoslavo.
Questa nozione del canone è dovuta al paleoslavista tedesco Augusti
Lieskin/ Eskin?
La sua grammatica fu pubblicata negli anni 20 nel 1900.
Il canone slavo è costituito di testi sia in glagolitico che in cirillico (nella sua
grammatica).
Dei tempi di Cirillo e Metodio a noi non è pervenuto niente.
I primi testi antichi provengono dalla fine del 10° secolo e inizio 11° secolo.
Quest’eredità di Cirillo e Metodio sta nei codici che si trovano nei testi scritti in

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Bulgaria. Nelle due scuole letterarie bulgare:
1) Scuola di Preslav;
2) Scuole di Ocrida a Sud-Ovest del primo impero bulgaro.
Questo tradizionalismo delle lingue scritte aiuta il paleoslavo a sopravvivere
per 200 anni, noi consideriamo il periodo tra la fine del 9° secolo e la fine
dell’11° secolo.
Però c’erano già differenze dialettali tra le varie aree slave per comunque la
lingua si capiva sia dai Moravi di Cirillo e Metodio dell’area degli slavi occiden-
tali sia dagli slavi meridionali.
La base dialettale era quella di Salonicco, cioè dialetto macedone-bulgaro,
l’unico che conoscevano i due fratelli.
Dal 12° secolo inizia una nuova fase che si può chiamare medio-slava o sla-
vone che assorbe le parlate dei dialetti bulgari, macedoni, serbi e slavi.
Queste varianti delle lingue scritte resistono per altri 500 anni nelle letterature
della Slavia ortodossa.
Oggi i vecchi credenti scrivono ancora in questa lingua slava ecclesiastica che
dal 18° secolo diventa una lingua morta, ristretta al circolo ecclesiastico.
Rimane come lingua sacra.
Dal 12° secolo si chiama comunemente slavo ecclesiastico.
La prima fase è paleoslavo o slavo ecclesiastico antico.
La seconda fase è slavo ecclesiastico tardo.
La lingua resiste come lingua colta in diversi registri e generi: nei registri più
alti delle Sacre Scritture e della letteratura patristica, più alti della lingua let-
teraria, poi più tardi si cominciano a scrivere gli atti dei diversi monasteri, gli
atti di donazione dei principi cosiddetti GRAMUTI.
Si permettono di usare le parole della loro lingua parlata per mancanza di lin-
gua letteraria alta.
Augusti Lieskin formula un’idea di un canone paleoslavo di cui fanno parte
principalmente testi scritti in Bulgaria occidentale o quella di Preslav nordo-
rientale.
La grammatica paleoslava è ricostruita, la prima grammatica della lingua slava
ecclesiastica esce in Rutenia nel 1619, la grammatica di Malatij Mutritskij.
Costantino Cirillo non scrisse nessuna grammatica o introduzione.
È stata ricostruita una norma della lingua paleoslava che segue alcune impor-
tanti caratteristiche fonologiche, morfologiche..
È lo studio delle lingue paleoslave perché il patrimonio slavo lessicale è
enorme, presente in tutte le lingue slave con diverse sfumature fonetiche.
Grazie al canone e alle regole della grammatica è facile immaginare come
deve essere la parola in bulgaro, serbo, polacco.. Rientrano solo 10-12 te-
sti in questa cernita di testi.
È considerato molto antico e fa parte del canone paleoslavo.
Codici in glagolitico e cirillico: tutti e due fanno parte del canone paleoslavo,
canone basato su una norma ricostruita della grammatica.
Frammenti di Kiev, non corrispondono pienamente alla norma ricostruita
però sono considerati attinenti alla missione di Cirillo.
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Sono solo 7 fogli. Era presente una liturgia di san Pietro di rito romano però
tradotta dal greco.
Non vi ingannate sui nomi dei codici perché i nomi provengono o dallo scritto-
rio dove sono conservati o nella biblioteca o nel luogo dove sono stati ritrovati.
Non per forza dove sono stati scritti.
Questi fogli di Kiev, 7 fogli, sono stati ritrovati a Gerusalemme e si conservano
nella Biblioteca nazionale di Kiev perciò fogli di Kiev.
Scritti in glagolitico, la scrittura era quella più antica onciale, con una di-
stanza tra lettera e l’altra, senza lettere unite. Questo è il glagolitico tondo,
bulgaro.
Quello che si sviluppa dal 12° secolo in poi in Dalmazia, in Croazia, si chiama
rettangolare perché imitava la scrittura latina di quell’epoca.
È stato pubblicato dal noto paleoslavista Latič, hanno subito altre revisioni
poi. I frammenti di Kiev sono considerati il codice più antico del canone
paleoslavo nonostante non avesse totalmente le caratteristiche della
norma paleoslava: nel paleoslavo nošt notte, nella scrittura ceco-morava
nots. št e žd che erano presenti nella norma, qui non si trovano.
Codice zoografense è un codice di 270 fogli, voluminoso. Però contiene 3 di-
verse scritture e datata fine 10 e inizio 11° secolo.
Leggeremo parti del codice zoografense traslitterato in cirillico.
Si chiama zoografense perché ritrovato nel monastero Zoograf del monte
Athos. Monte Athos è il centro della cultura ortodossa e si trova in Grecia nella
penisola Calcidica. La penisola Calcidica ha 3 penisolette e si trova vicino Sa-
lonicco. I Greci li chiamano 3 gambe (podia in greco).
La parte più esterna nel mar Egeo, la terza, è divisa siccome è una frontiera
dove ci sono solo monasteri.
Dal 7° secolo fino a tutto il Medioevo, (che nei Paesi Balcanici è durato molto
a lungo, 18° secolo) questo è stato il centro della cultura ortodossa, monasteri
bulgari, georgiani, serbi, russi. Tutti i popoli ortodossi hanno li un monastero.
Zoografo è il monastero bulgaro con ricca biblioteca e li sono state ritrovati di-
versi codici molti antichi, perciò zoografense.
Centro di monte Athos: non si ammettono donne, la regina Elisabetta fece un
giro attorno. Le donne non possono entrare.
Non sono mai usciti dal monastero nel mondo quei preti.
Questo codice contiene 3 parti.
Questo è un Tetravangelo: 4 evangelisti Luca Giovanni Matteo e Marco.
Si leggono queste parti in chiesa, cioè Aprakos: parti scelte per la liturgia
nella Chiesa. Evangelario in italiano. Tetravangelo è un codice voluminoso.
I codici non hanno un inizio o una fine. I fogli conservati non iniziano dal primo
capitolo, per esempio qua Matteo inizia dal capitolo 3 e poi sono stati inseriti
17 fogli per sostituire quelli persi nella metà del codice.
Contiene anche 16 fogli di un menologio di un mese. Memoria dei santi per
un mese. Contiene anche un Palinsesto: codice di pergamena in cui la scrit-
tura di sotto è stata raschiata la parte di sotto e riscritta sopra.

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Nelle edizioni però riescono con le luci ad infrarossi a leggere parzialmente la
parte di sotto.
Quindi questo palinsesto di zoografo tra la fine dell’11° secolo è stato pubbli-
cato nel 1971.
—Codice zoografense pubblicato nel 1879, i più antichi codici già pubblicati
in questa data.
Vatoslav Jatič la prima volta a Berlino e la seconda volta a Gratz.

-Evangelie ot Luka
U scritto ou. Qua abbiamo un vangelo glagolitico il prete lo leggeva in glago-
litico però faceva le note in cirillico. Ioan Krastitel ot Luka
Giovanni Battista ot (omega e t) e lu (loy) ka (glv, capitolo, a capitolo a,
primo). (vedi foto sotto, ultima frase).
Ultima riga in cirillico.
Questo vuol dire che i testi erano in glagolitico, facevano le note in cirillico e
poi è stato sostituito piano piano dal cirillico nel corso di 2 secoli.
Questo prova che il più antico è il glagolitico.
—Codice mariano fine 11°secolo, in glagolitico, inizia da Matteo capitolo V.
Rinvenuto nel monastero di Vergine Maria nel monte Athos.
Si trova in Russia, nella Biblioteca nazionale a Mosca.
Trasferito in cirillico. Vangelo pubblicato in versione cirillica nel 1883 da Jatič.
—Codice assemani dell’11° secolo, si trova in Vaticano ma ritrovato a Geru-
salemme.
È glagolitico 158 fogli. Menologio, calendario di festività in onore di santi. È
interessante che ci sono le date dei festeggiamenti di Cirillo e Metodio, le
date della loro morte e anche del discepolo Clemente, discepolo che andò in
Bulgaria, stette un anno a Preslav e fondò la scuola di Ocrida. Dove la tra-
dizione glagolitica si è conservata di più.

Sopra c’è una riga in cirillico e al margine destro c’è sempre una nota in ciril-
lico. Questo è Evangelario, più breve del Tetravangelo.
Il codice mariano, per il monastero di vergine maria, è tetravangelo.
Però ci sono sforzi del prete di usarlo come evangelario in chiesa, si vede
dalle note al margine in glagolitico molto antiche.
Codice assemani, quasi tutti i vangeli hanno note a margine e segni in ciril-
lico. Un altro centro della cultura ortodossa si trovava nel territorio di odierno
Egitto, vicino Sharm el Sheik: Monastero di Santa Caterina di Sinai, monte
Sinai. I codici trovati li si chiamano codici sinaitici.
Solo parzialmente è un Salterio sinaitico dell’11° e una parte soltanto di que-
sto i salmi da 1 a 151, i canti profetici, preghiere, cerimoniali di 177 fogli, sono
stati pubblicati dallo studioso ebraico Outbower.
La cosa più interessante è che questi monaci venivano aggrediti, il monastero
aveva grandi mura, questo monastero è stato molte volte aggredito dai pirati, i

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monaci nascondevano i libri, la cosa più preziosa e mentre ristrutturavano la
sala di pranzo dei monaci nel 1975 sono stati ritrovati 45 codici murati.
Di questi codici 6 sono in glagolitico e gli altri in cirillico.
Una parte del salterio sinaitico è stato rinvenuto in quel periodo. I monaci chia-
marono un sacerdote greco e questo studiò i codici fino al 1988, per 13 anni.
Era un enigma.
Ioamis Tarnamidis ha pubblicato solo dopo 13 anni a Salonicco un libro che
contiene descrizioni dei codici che trov (la prof fa passare il libro).
Quindi dopo la descrizione dei codici ci sono anche alcune foto dei documenti
antichi.
Sono parzialmente restaurati.
32 fogli non sono ancora pubblicati per intero.
—Eucologio sinaitico: euhi in greco è preghiera, 11° secolo.
Contiene il rituale dei precetti dei padri, raccolte di preghiere liturgiche, sono
stati ritrovati 103 fogli. Quelli ritrovati dopo sono 28 fogli, con testi liturgici e un
penitenziario (come si deve pentire).
Il codice è stato pubblicato senza quella seconda parte ritrovata.
Si trova nella Biblioteca di Lubian, pubblicato da Nahigal.
—Messale sinaitico Dell 11°secolo on una parte di soli 3 fogli, frammenti. Li-
turgia di Giovanni Crisostomo ed è conservato a san Pietroburgo.
—Codice del conte Cloz, una raccolta di omelie per la settimana santa di cui
una è considerata appartenente a Metodio, scritta da lui.
Codice molto voluminoso, di questo sono rimasti solo 14 fogli di cui 12 a
Trento nel Museo Civico e gli altri a Isbruck.
Codici dispersi ovunque
—2 fogli di Ocrida dell’11° secolo rinvenuti a Ocrida conservati nella biblio-
teca dell’università di Odessa “Gorkij” e sono stati pubblicati da Grigorij.
Molti si trovano in Russia perché i viaggiatori russi del 18°secolo riuscivano a
pagarli con poco (i monaci di Monte Athos) e di portarli con intere carrozze in
Russia.
Diceva Ilinskij che i monaci erano così ignoranti che usavano la perga-
mena per coprire i barattoli di marmellata. Spesso si liberavano di diversi
fogli.
—8 fogli di RILA ritrovati nel monastero di Rila in Bulgaria facevano la coper-
tina di un tardo evangelario e quando l’hanno cercato di restaurare hanno sco-
perto una scrittura antica, restaurato parzialmente perché solo 8 fogli di un li-
bro liturgico.
Altri Palinsesti:
-Palinsesto di Boiana rinvenuto nel 12° secolo in Bulgaria, vicino a Sofia. È
un Evangelario e ora si conserva nella biblioteca statale di Russia.
-Palinsesto zoografense.
Tra i codici glagolitici ritrovati di recente nel monastero del monte Santa Cate-
rina di Athos c’è un salterio sconosciuto di Demetrio di 145 fogli (dove c’è
scritto di lato il nome Dimitrij), ci sono le foto di questo codice che non era co-
nosciuto, c’erano salmi, preghiere e gli apocrifi nell’11° secolo.
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Esempio: preghiera affinché il lupo non entri nell’ovile ed è stato ritrovato an-
che un testo unico di medicina popolare: la cura di San Cozma. Il santo della
medicina 2 fogli inseriti in questo codice, fogli in glagolitico dove ci sono le ri-
cette di cura di malattie. Non tutte le erbe che nomina li conosciamo.
-Erba per la cura di emorroidi.
I semi dell’erba devono essiccare e bollire nel vino.
Poi un altro contro il gonfiore: fogli di lappa.
Queste foglie di lappa suono buone perchè:
Il torso pestato: è buono per il fegato;
Il siero contro la febbre.
(Se viene ai bambini, non si cavava il sangue.
Nel medioevo per le malattie si cavava il sangue.)
Riti magici insieme a queste erbe bollite nel vino, anche per i bambini. In 2 fo-
gli ci sono scritte tutte queste ricette.
Codici in cirillico antico che fanno parte di questo canone:
1°: libro di sabba (sava) uno slavo.
Li scrivevano anonimi perche avevano dovere verso dio per copiare i libri ed
erano anonimi. Dovevano essere fedeli e trascrivere fedelmente (un errore
era un peccato).
Si trova a Mosca nell’archivio statale e pubblicato 1903 dallo studioso
Shepkin. È un evangelario in cirillico.
Il codice suprasliense, più voluminoso tra i canoni, che in cirillico ha un si-
nassario, omelie di vite di santi. 24 vite, 24 omelie tutte per il mese di marzo,
tutte le preghiere che si dovevano fare, le letture nelle chiese..
285 fogli solo per il mese di marzo.
Ritrovato in Polonia nel Monastero di sokrasel e una parte conservato in bi-
blioteca diluviana, biblioteca nazionale di San Pietroburgo, una parte nella Bi-
blioteca Nazionale di Varsavia. Pubblicato nel 1904 “Supraselskij ili Retcov
sbornik.“
Retco è il nome dello scrivano lasciato a margine.
—2 fogli del monastero di Killandar, monte Athos dell’11° secolo.
—Fogli del monastero di Zoograf, di regole monastiche.
—Frammento di apostolo, atti di apostoli, di Emina in Bulgaria. L’unico conser-
vato a Sophia.
Tutti questi codici sono a noi pervenuti e fanno parte del cosiddetto ca-
none. Fogli di questa cernita di testi paleoslavi rimangono alcuni codici
molto antichi:il più antico codice di area orientale, il vangelo di Ostromir,
scritto a Novgorod con lunga nota a margine che è stata scritta dal monaco
Grigorij per ordine del posadnik (governatore) di Novgorod. L’unico codice
datato nel 1056-1057. È considerato di area orientale perché alcune volte
vediamo li il fenomeno denominato Polno glasie: оро/оло/ере/еле
град/храд/ in ceco грод—> город
Глава slavo ecclesiastico—>голова
бряк slavo ecclesiastico—>берег

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млак—>молоко

Pleofonia: Polno glasje.


È un fenomeno tipico solo dell’area orientale.
Questo codice molto antico è stato escluso dal canone, di questo corpus di te-
sti paleoslavi.
Altro testo oggetto di discussione da 2 secoli:
—Fogli di Frisinga
Questi sono attinenti all’attività dei missionari franchi nell’area pannonica,
odierna Slovenia. Erano preghiere, confessioni che i monaci tedeschi dove-
vano scrivere per farsi capire perché il popolo non li capiva in tedesco.
Sono frammenti di fine 10°- inizio 11° se-
colo.
È paleoslavo: (la prof legge una parte )
se il nostro predecessore (Adamo) non avesse peccato, avrebbe vissuto eter-
namente.
Scritto in slavo con parole latine però non rientrano nei testi della norma, del
canone ma dialetti pannonici, dell’antico sloveno, protosloveno.
Sono importanti per questo.
Frizinga era centro di una diocesi e i monaci missionari partivano per inse-
gnare la parola di Dio. Erano slavi.
Nella loro lingua. Però non fanno parte del canone.

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Frammento di Frizinga

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Codice Zografense

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Frammenti di Kiev

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Lezione 12
Alfabeti Glagolotico e Cirillico
Il Monte Athos si trova in Grecia, nella penisola calcidica che ha tre “gambe”, la terza
è quella più esterna del Mar Egeo, lì ci sono i monasteri inaccessibili di monte Athos.
I monasteri principali sono Zografou che è bulgaro, Hilandar è serbo, Vatopedi è
greco, Pantokratos (?) è russo, Iviron è russo, poi ci sono anche monasteri georgiani
armeni e di tutto il mondo ortodosso. Sulla collina del monte Athos sono disposti i
monasteri.
Si tratta di aree accessibili solo agli uomini, niente donne nemmeno animali
femminili.
Da lì durante tutto il medioevo partivano i monaci con i libri che si fermavano in
qualche monastero o chiesa. Lì la popolazione li accudiva per un po’ di tempo, loro
copiavano i libri e poi se ne andavano in un altro monastero. Questi viaggiatori si
chiamavano “taxidioti” (da qui viene la parola taxi che viene da “viaggio” in greco).
In Egitto odierno si trova invece il monastero di Santa Caterina di Sinai. In mezzo al
deserto, vicino a Sharm el-Sheik, c’è un complesso con mura enormi tutto
circondato, molto antico. Ci sono manoscritti bulgari, serbi, greci e anche russi lì. Per
tutto il medioevo non c’è stato un programma di attraversare il Mar Mediterraneo e
andare in questo monastero. Qui sono stati ritrovati 45 codici tra cui sei sono di
sconosciuti, è stato ritrovato anche quello della medicina popolare dell’XI secolo.
Questi sono i due centri del mondo ortodosso:
1)Monte Athos della penisola calcidica
2)Monte Sinai dell’odierna Egitto

La questione importante del glagolitico e del cirillico. Quali sono gli argomenti in
favore della precedenza del glagolitico? Perché noi pensiamo che il glagolitico sia
stato l’alfabeto più antico dei due? Tutt’ora ci sono studiosi che non sono d’accordo
con questa conclusione ma il 99% è certo.
Motivazioni
-Gli abbecedari più antichi che non contenevano il cirillico. Quello più antico è quello
di Preslav (o fine IX o inizio X secolo).
Scuola di Preslav—> il Vangelo didattico di uno scrittore bulgaro paleoslavo,
Costantino di Preslav. È stato lui forse che ha introdotto per la prima volta il cirillico,
ha tradotto dal greco un vangelo didattico. Alla prefazione di questo Vangelo c’era la
cosiddetta preghiera alfabetica di 36 versetti dove ogni verso iniziava con una lettera
dell’alfabeto glagolitico.
-Il glagolitico è un alfabeto interamente simbolico di una sola mente perché ci
sono questi elementi comuni a tutte le lettere (parlo di quello bulgaro che era tondo,
non di quello che è stato poi stilizzato cioè il glagolitico rettangolare), gli elementi in

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comune tra tutte le lettere erano la croce, il cerchio o il triangolo. Frutto di una sola
mente, di un solo stile.
-L’opera del Monaco Grabar: trattato polemico molto breve l’unico tradotto in
italiano e lui parla dell’ordine delle lettere. Nomina 38 lettere e poi ne nomina 39 che
sono le lettere dell’alfabeto glagolitico.
-il valore numerico delle lettere.
-Epigrafe, che è l'abbecedario di preslav, la più antica iscrizione che è solo in
glagolitico.
-Poi abbiamo un foglio di codice sografense e di codice a sei mani dove ci sono le
cosiddette glosse cioè in un codice in glagolitico si vedono a fianco diverse glosse di
preti in cirillico (non abbiamo mai le glosse in glagolitico su un codice in cirillico).
Alcuni codici scritti in cirillico contengono lettere o anche frasi intere in glagolitico e
errori dei numeri dovuti alla numerazione del glagolitico. -Abbiamo nel glagolitico
anche la presenza di nomi sacri abbreviati che sono molto simbolici, quello di Gesù,
quello del profeta Davide. (Il nome di Gesù abbreviato con cerchio e triangolo) -Poi
abbiamo i palinsesti. Il palinsesto è quando in un codice in pergamena, molto
costoso di per sé, le lettere che c’erano di sotto sono state raschiate e riscritte. Sotto
c’era il glagolitico mentre le scritte sopra, di secoli più tardi, erano in cirillico.
-Memorandum di Salisburgo: è stato scritto per ordine di Ardovino, arcivescovo di
Salisburgo in latino. Datato al X secolo c’è scritto che è comparso da loro un tale
greco, Metodius che ha presentato libri con delle lettere nuove. Siccome il cirillico è
greco con lettere aggiunte non avrebbe stupito così tanto i monaci franchi invece le
lettere dovevano essere così diverse dalla scrittura latina, greca, ebraica che hanno
causato stupore ai monaci franchi.
-Nel 900, 897/98 arrivano i magiari. Tribù nomadi di origine finno-ugrica che
sterminano tutta la Moravia e parte della Boemia e dividono gli slavi meridionali dagli
slavi occidentali. Si insediano intorno al lago Balaton e nella Moravia superiore. Con
l’arrivo dei magiari che portano lingua e cultura diversa, la tradizione glagolitica
rimane in Boemia nel monastero di San Seva (?) che riesce a sopravvivere fino alla
fine del XII secolo e più tardi compare anche in Boemia con Carlo III nel XIV secolo.
Poi imane proprio il glagolitico nei monasteri della Dalmazia tra i monaci chiamati
“glagolashi” e lì sopravvive fino alla fine del secolo scorso. I monaci quando scrivono
una lettera privata o tra loro la scrivono in glagolitico.

FONETICA
Il protoslavo non è testimoniato da testi scritti, è una lingua ricostruita e viene
riconosciuto sulla base delle conoscenze delle tendenze dell’evoluzione delle lingue
indoeuropee.
Il protoslavo esiste dal secondo millennio a.C quando si stacca dall’indoeuropeo e le
tribù slave si insediano nel VI secolo nei Balcani della protopatria e danno vita a tre
gruppi di lingue slave: occidentali meridionali e orientali.

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Nel periodo dopo il VI secolo fino al IX all’invenzione dell’alfabeto spesso si parla di
“slavo comune” che però non era tanto “comune” perché in tre secoli si erano
comunque formate anche varianti locali di queste tribù. (Le lingue sono un fenomeno
molto dinamico). Ma la lingua letteraria che si studiava dall’invenzione dell’alfabeto
era il paleoslavo.
È cominciata una disgregazione del comune protoslavo, alcuni studiosi lo chiamano
tardo protoslavo (dal VI al IX secolo).
Si ritiene che verso il IX secolo quando cominciarono a comparire i primi testi
paleoslavi, c’erano anche poche differenze tra area meridionale occidentale e
orientale.
La fonetica del protoslavo era caratterizzata da due tendenze fonologiche
fondamentali che sono presenti anche nel canone dei testi paleoslavi.
La prima tendenza è quella della sonorità crescente della sillaba —> in modo
colloquiale si chiama tendenza o legge della sillaba aperta che riguarda la struttura
della sillaba. La tendenza alla sonorità crescente imponeva a ogni sillaba di
terminare con un suono più sonoro rispetto al suo inizio o rispetto alle altre
componenti della sillaba stessa. La prima cosa che si doveva fare in protoslavo era
eliminare le consonanti in fine parola per farla finire con una vocale sonora o
semivocale. Si eliminano le sillabe chiuse e poi si devono aprire tutte le sillabe.
Ci sono diverse conseguenze di questa tendenza alla sonorità crescente.
La seconda tendenza o legge —> legge della sinarmonia sillabica : nell’ambito di
una medesima sillaba, i suoni contigui -una vocale e una consonante che la precede
necessariamente (una consonante precede l’ultima vocale della sillaba perché la
sillaba è aperta)- sono articolari o nella zona anteriore o nella zona posteriore alla
cavità orale, cioè si avvicina il luogo di articolazione della vocale e della consonante.
Questa tendenza porta alla palatalizzazione delle consonanti velari k, g, x davanti a
vocali anteriori e avanzamento del luogo di articolazione delle vocali posteriori dopo
le consonanti palatali. Una sillaba contiene consonanti e vocali. Le vocali e le
consonanti devono avere una zona di articolazione vicino l’uno all’altro.

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Tabella Tendenza alla sonorità crescente: come dovevano essere distribuite le consonanti?
all’inizio della sillaba potevano stare le vocali con più bassa sonorità, le fricative s, z, š, ž ж
dopodiché venivano le occlusive p b t d k g x č c

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ʒ
Poi potevano trovarsi le Nasali: V, m, n
Poi venivano le Liquide: r, l
Poi doveva stare o una semivocale quale era lo “j” o le vocali. L’ordine delle consonanti in
una sillaba poteva essere dal basso in alto e dovevano finire in alto.
Per spiegare l’origine dei singoli suoni slavi possiamo confrontarli con le lingue indoeuropee
più antiche: sanscrito, antico alto tedesco (il bavarese) il greco, in questo modo si ricostrui-
sce la parola.

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Le conseguenze della sillaba aperta
La sonorità crescente implicava che all’interno di ogni sillaba gli elementi più sonori dove-
vano trovarsi alla fine della sillaba. Tutte le sillabe dovevano terminare per vocale o per so-
norante (in modo più sonoro) e la finale della parola sempre doveva essere in vocale. Per
ottenere questo risultato, quando non era possibile spostare i confini di una sillaba si ren-
dono necessarie alcune trasformazioni. La prima di queste era:
semplificazione dei nessi consonantici —> spostamento dei nessi consonantici.
Doveva cambiare la scrittura della sillaba che nell'indoeuropeo poteva finire in consonante.
Possibilità per aprire la sillaba:
-far cadere le consonanti in fine parola

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Oltre a far cadere le consonanti finali sono possibili altri cambiamenti nella struttura della sillaba. Ad
esempio:

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Semplificazione di nessi sillabici quando c’era più di una sillaba.

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Lezione 13
Il Protoslavo
Il protoslavo è una lingua ricostruita, non abbiamo nessuna testimonianza mentre del paleo-
slavo abbiamo testimonianza. Ci sono due tendenze presenti nel passaggio dal protoslavo o
slavo comune al paleoslavo, la prima è la tendenza della sonorità crescente della sillaba
cioè ogni sillaba doveva iniziare più in basso e arrivare in alto. In alto come una vocale, o la
iot che è semivocale o anche le sonoranti (r, l). C'era un certo ordine delle consonanti nella
sillaba per arrivare a questa sonorità crescente che prima si ordinavano le sibilanti, poi le oc-
clusive, poi le nasali e poi le sonoranti, iot e eventualmente una vocale alla fine. Ci sono di-
verse conseguenze della funzione di questa legge della sillaba aperta. Per prima cosa ab-
biamo iniziato a parlare dei nessi consonantici che si dovevano semplificare per non arrivare
a un gruppo di consonanti impronunciabili. Quindi o la consonante della sillaba precedente
passava a quella successiva, oppure si radunavano due consonanti e si assimilavano o dis-
similavano oppure ancora i dittonghi, quelli discendenti (prima parte una vocale e seconda
una semivocale) si monottongavano (monottongazione dei dittonghi). Invece se finivano a m
o n, diventavano le nasali. Non è difficile immaginare queste vocali (?), la vocale posteriore
in russo è ''у'' (u) come in tutte le lingue occidentali e la nasale anteriore ''[ŋ]'' in russo è ''я''
quindi si può immaginare la parola sostituendo queste due nasali con ''y'' e ''я'' in russo.
Continuiamo con questa tendenza, ovvero quella della sonorità crescente o sillaba aperta.
Abbiamo detto che gli infiniti finivano per ''-ti'' quando capitava una consonante prima avve-
niva l'assimilazione o la dissimilazione e la scomparsa di una delle consonanti o di tutte e
due e abbiamo fatto degli esempi: вед-ти (guidare) che diventava ве-дти per poi diventare
ве-сти, cioè dissimilazione tra le due consonanti in quanto il nesso дт andava semplificato
per poi diventare ст. Anche la radice страд di страдати (soffrire) diventava страст-. Anche
l'infinito владети (governare) diventava власти. Quando due consonanti non potevano ri-
manere, c'è un semplice esempio del protoslavo ''pled-mę'' (si legge pled-men) che diven-
tava ''ple-dmę'', in quanto ''dm'' non è pronunciabile, nello slavo ecclesiastico diventa
''плємѧ'' (tribù). Due consonanti non erano possibili nel paleoslavo ma queste due conoso-
nanti si sono mantenute nelle lingue occidentali: *tl e *dl. Questi due nessi consonantici si
semplificano. Nel polacco per esempio si dice ''radlo'' (strumento per arare la terra), invece
nel paleoslavo abbiamo ''рало'', il nesso ''dl'' si semplifica e la ''d'' scompare. In polacco ab-
biamo ''molidltwa'' (preghiera), in paleoslavo è ''молнтва'' come anche in russo moderno
(молитва), le lingue meridionali e orientali non sopportano ''tl'' e ''dl'' e questi suffissi ''tl'' e
''dl'' sono suffissi per gli strumenti, come ''radlo''. Nel protoslavo ''my-dlo'' diventava ''МЪ І ЛО''
. Nel protoslavo ''grьdlo'' diventava ''гръло'' (gola).
Sia nei nomi degli strumenti, sia anche nel participio passato attivo vi è la semplificazione di
''tl'' e ''dl''. Ad esempio, dal verbo пасти (cadere), пад è la radice e лъ è la desinenza del
participio passato attivo e diventa quindi ''lui è caduto'', ''он палъ''. Può anche succedere la
desonorizzazione delle consonanti occlusive. Ad esempio noi abbiamo ''нсходнтн'' (iscoditi)
''uscire'', il prefisso è нз (iz) però si assimila e diventa ''нс'' (is). Anche in ''нсповѣдатн''
''confessare'' succede la stessa cosa. Abbiamo anche casi come ''бєс тєбє'', dove invece
di бєз abbiamo l'assimilazione бєс.
Diciamo qualcosa sulla monottongazione dei dittonghi. Abbiamo detto che c'erano due tipi di
dittonghi. I dittonghi ascendenti o acuti (eterosillabici) e circonflessi o discendenti (tautosil-
labici).
Dal protoslavo ''kai-na'', proveniva il verbo ''каɨатн сѧ'' (''kaiati sen'' si legge). Da qui viene
''цѣna''* (zjanà) e il russo moderno per ''prezzo'' (цена). Quindi questo dittongo ''ai'' poi in
protoslavo diventa ''a''. ''lai-u-os'' diventava ''лѣвъ'' (liav) ovvero ''sinistra'', che in latino è
''laevus'' sempre con il dittongo. Poi abbiamo ''doi-tę'' (si legge doi-ten), il verbo ''донтн''
(doiti) significava ''adattare'' e da lì proviene ''дѣтѧ'' (diaten). Poi abbiamo ''бєрн'' (bierì) ov-
vero ''prendi'' e ''вєрѣтє'' (beriate) che in greco era ''γεροί-τϵ'' quindi una volta abbiamo ''i''

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(бєрн) e una volta ''ia'' (вєрѣтє). Poi abbiamo ''keit-tos'' che diventava ''чнсть'' (si legge
''cist'', significa ''pulito''). ''χείϻα'' (zeima) in greco che diventa ''знма'' (inverno). Una cosa
molto importante è che i maschili in greco che uscivano in ''os'' come antrop-os o lup-os, al
plurale diventavano ''lup-oi'' e ''antrop-oi'' e questo ''oi'' diventava ''i'' come in ''влъцн'' (vl'zi,
volghi in italiano). Poi abbiamo ''tau-ros'' che in protoslavo diventa ''тоуръ'' (tur', significa
''bue'') e ''au-sos'' che in protoslavo diventa ''оухо'' (uxo') scritto ''oy'' ma letto ''u''. Poi ab-
biamo ''leu-deies'' che diventava ''людьє'' (liudie) quindi ''eu'' diventava ''iu''. Quindi ab-
biamo detto che ''ai'', ''ei'' e ''oi'', potevano dare ''iat'' che in russo è sempre ''e'' (цѣna=цена)
oppure ''v'zi'' (ъцн). ''au'' e ''ou'' davano ''u'', mentre ''eu'' davano ''iu''. E gli altri dittonghi che
finivano in ''on'', ''un'', ''en'', diventavano nasali. (?)

Ora vediamo che cos'è la metatesi delle consonanti liquide, ovvero quando una vocale
e una consonante si trovavano tra due consonanti per aprire la sillaba si dovevano girare.
Abbiamo ''or''. ''ol'', ''el'', ''er''. La metatesi includeva il cambiamento del posto della
consonante e della vocale per aprire la sillaba, solo se si trovavano tra due consonanti.
Abbiamo il protoslavo ''golva'' (testa) che nel paleoslava diventava глава, in ceco
diventava ''hlava'' (glava), in polacco ''glowa'' e solo in russo c'è questa pleofonia in
quanto diventa ''голова''. Quindi questo ''ol'' diventava ''olo''. Abbiamo protoslavo
''borda'' (quindi ''or'' tra due consonanti) che nel paleoslavo diventava ''брада'' (barba),
quindi abbiamo ''brada'' in ceco, ''broda'' in polacco e ''боpода'' in russo moderno.
Abbiamo il protoslavo ''vorna'' che in paleoslavo diventa ''враNa'' (vrana) e in russo
''ворона''. Abbiamo ''berg-'' in protoslavo che in paleoslavo diventa ''брѣгъ'' (briag). Poi
abbiamo ''berza'' che diventa ''брѣза'' (briaza) in paleoslavo. In russo laddove abbiamo
due consonanti (or, er, el, ol) avveniva questa pleofonia, come per голова (pleofonia:
conseguimento di una vocalizzazione piena, raggiunta nell'evoluzione di alcuni gruppi
consonantici). Un altro esempio di metatesi e di conseguente pleofonia in russo è il
protoslavo ''melko'', che in paleoslavo diventa ''млѣко'' e in russo ''молоко''. Quindi ''o''
diventava ''a'' ed ''e'' diventava ''ѣ'' (metatesi con allungamento della vocale). Questo
poteva succedere anche quando queste combinazioni si trovavano all'inizio della parola. Ad
esempio, ''ordlo'' (lo strumento per arare), diventava ''рало'', poi ''ormo'' (spalla)
diventava ''рамо''. Ancora ''orb'' diventava ''рабъ'' (schiavo), in questo caso in tedesco (ad
esempio) ''arbeiten'' non abbiamo la metatesi. Poi abbiamo il prefisso ''orz'' che diventava
''раз'', è molto produttivo come prefisso. Poi abbiamo ''orviaNъ'' diventava ''равьNъ''.
Poi ''olkъtь'' che diventava ''лакъть'' (gomito). Questa metatesi è diversa da un altro
cambiamento che si chiama sonorizzazione di ''ur'' e ''ul'', ''ir'' e ''il''. Rispettivamente
diventavano ''ър'', ''ъл'' e ''ьр'', ''ьл''. Siccome r e l chiudevano la sillaba doveva
succedere qualcosa per aprire la sillaba rispetto alla vocale precedente. Quindi prendendo
''срьльцϵ'' la ''r'' diventava sonorante, apice della sillabe anche senza vocale. Questa è la
particolarità di queste due sonoranti (r e l). Quindi abbiamo срьльцϵ che in russo poi
diventa ''сердце'', diventa ''er'' sempre. Poi abbiamo ''плъNъ'' (pieno) che in russo
diventa ''полный''. Ancora ''влъкъ'' in russo ''волк'' (lupo). Oppure ''мрьтвь'' in russo
moderno ''мёртвый''. ''врьхъ'' che diventa in russo ''верх'' (cima, vetta). Ancora
''дгъгъ'' che diventa ''долг'' (debito). ''тврьдъ'' che diventa ''твёрдый'' (duro, forte).
Poi abbiamo ''жльтъ'' che diventa ''жёлтый'' (giallo). Oppure ''тръгъ'' (mercato) che
diventa ''торг''.
''зръnъ'' (grano) che diventa ''зерно''.''прьвъ'' che diventa ''первый''. ''хлъмъ'' che di-
venta ''холм''. ''влъna'' che diventa ''волна'' (lana).

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Quando una parola iniziava con una vocale doveva in qualche modo iniziare più in basso per
arrivare in alto e quindi avveniva la cosiddetta protesi consonantica che poteva essere o ''i
breve'' e per le vocali posteriori anche ''v''. Cominciamo dalla vocale più alta all'inizio della
parola. Quando una parola iniziava con segno molle e riceveva uno iot (ь+j) diventava н (i).
Ad esempio ''ьjmę'' (imien) diventava ''нмѧ'' (imen). Il prefisso нз (iz) era sempre questo,
non a caso nelle lingue occidentali è ''с''. нз si abbreviava in с. Anche нгла (iglà, ago) pro-
veniva da ''j'' molle più iot all'nizio della parola e diventava ''i''.
Poi vediamo che quando avevamo ''н'' (i) all'inizio della parola la protesi non si sentiva per-
ché la vocale era alta e non si segnava graficamente, probabilmente questa protesi si verifi-
cava anche davanti a ''i'' ma a causa della somiglianza articolatoria non è graficamente rap-
presentata. Per esempio abbiamo нскатн (iskati) che nel russo moderno è искать (cer-
care). Нтн (andare). Che cosa diventava la є (e) in posizione iniziale? Diventava semplice-
mente ''Ѥ'' (ie) una lettera che nel glagolitico non c'è, c'è solo in cirillico. Forse non c'era
questa iodizzazione così forte nell'epoca di Cirillo e Metodio. Nei codici in cirillico, ѤДНNЪ
(iedin) che in russo moderno è один. ѤЗЄРО che in russo moderno è озера (lago). Nono-
stante in glagolitico non ci fosse questa ''Ѥ'', perché probabilmente non si sentiva la iodizza-
zione, il verbo ausiliare ''essere'' (ѤСТЪ) è sempre scritto con ''Ѥ'' nei codici in cirillico.
Nelle vocali anteriori, abbiamo anche la nasale Ѧ ('jen) che diventava sempre con uno ''iot'' =
Ѩ. Questa lettera nel glagolitico non c'era. Ѧзъιкъ (iensik) diventa in russo moderno язык.
Ѧдро (iendrò) in russo ядро (nucleo).

L'unica vocale anteriore che è rimasta Ⱑ ('jat) nel glagolitico ''ѣ'' (yat) e ''ιа''* (con l'asteri-
sco contrassegno la lettera ''ia'' che è quella nella foto alla fine del documento, ma non sono
riuscita a trovarla come carattere) avevano una sola lettera perché avevano la stessa pro-
nuncia, come una vocale diffusa tra ''e'' e ''a'' e abbiamo il verbo *ιастн in russo есть (man-
giare). Ma da questa abbiamo la stessa radice обѣдъ che in russo è обед. * адро in ma-
noscritti russi lo troviamo così invece che Ѧдро ma ''il nucleo'' lo troviamo въnѣдра. Poi
parlando di ''а'' all'inizio della parola, certe volte veniva iodizzato in *ιа. Per esempio, азъ
(pronome personale) molto raramente lo troviamo come *ιазъ che poi chiaramente in russo
è rimasto я.
Molte volte abbiamo il verbo авнтн ('javiti, ammaestrare), alcune volte lo troviamo con una
protesi *ιавнтн. Poi abbiamo аnтѧ (anten) che molte volte lo troviamo come*ιаnтѧ (ianten,
agnello).
Alla fine quando abbiamo ''у'' all'inizio della parola più iod (j) diventava ю. Per esempio югъ (sud)
o юnоша (adolescente), certe volte abbiamo ютро invece di yтро (mattina) oppure южϵ. Una
cosa importante nelle tre posizioni nel protoslavo c'era alla fine una consonante, B era ВЪN, C era
СЪN, K era КЪN. B è preposizione che si usa con accusativo e locativo, C con strumentale e K solo
con dativo. Questa ''N'' compare quando la parola successiva comincia con una vocale. Per esempio
нмь=съ Nнмь, ϵмоу=къ Nϵмоу, ϵмъ=въ Nϵмъ. Questa ''n'' si chiama ''n epentetica'',
compare non solo ad inizio di parola. Per esempio, in greco υδρα (udra) e υΦι (ipsi) ottengono una
protesi e diventano rispettivamente въιдра e въιсокъ. Nel protoslavo naῡknǫτн (nauknonti)
diventa NавъιкNѫтн (naviknonti, abitudini).
Solo la ''o'' e la nasala posteriore non hanno avuto la protesi, però proprio nei manoscritti an-
tichi russi, abbiamo oca e lo riscontriamo come воса (vespa), e anche ѫхатн (onxati, annu-
sare), però da questo proviene il sostantivo воNιа* che nel protoslavo significa ''profumo'',
nelle lingue moderne significa ''puzza''. Ancora vediamo l'epentesi nel russo con il numerale
осмь che diventa восемь. Abbiamo la parola мед (miele) e abbiamo la parola ѣдъ (man-
giare) e diventa медъвѣдъ (orso=mangia-miele).
L'epentesi l'abbiamo anche nelle parole greche o latine prese in prestito nelle quali si dove-
vano tenere le sillabe aperte. Per esempio, prendiamo la parola ''altare'' si riscopre nel pa-
leoslavo come олътарь, quindi questa ъ si usava per tenere la sillaba aperta. Ancora per
aprire la sillaba nella parola greca ''angelo'' αγγελοs (ajelos) lo riscontriamo come аNълϵль.
Anche la parola greca ψαλmos (zalmos) diventa псалъмъ, con l'epentesi.

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Lezione 14
Caratteristiche Slavo Ecclesiastico
Nel passaggio dal protoslavo alto, lo slavo comune, allo slavo ecclesiastico antico, paleo-
slavo, la prima tendenza era quella della sonorità crescente, secondo cui ogni sillaba doveva
iniziare dal basso verso l'alto, le sue consonanti potevano combinarsi in un certo modo, ed
essa doveva necessariamente terminare con una vocale o semivocale. Le principali conse-
guenze della sillaba aperta erano:
1. Semplificazione dei nessi consonantici, con la caduta delle consonanti finali.
2. Semplificazione tramite assimilazione o dissimilazione delle consonanti che si trovavano
in fin di sillaba prima delle finali. Esempio: отьць, assimilazione del ь in е, e la perdita
del ь finale, portando all’odierno sostantivo отец.
3. Monottongazione dei dittonghi.
Principali monottonghi:

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Nel protoslavo c'erano vocali lunghe e vocali brevi, una sorta di correlazione per quantità
delle vocali. Nel paleoslavo invece, c’era solo una correlazione per timbro, con vocali ante-
riori e posteriori. Poi ci sono le possibili epentesi ad inizio di parola:

▪ИТИ: И si iotizza, ma ciò non viene segnalato verticalmente poiché non si sente nella pro-
nuncia j+i=i. (Esempio 1)
▪И molle ad inizio di parola j+Ь=i, sarebbe il verbo prendere in russo a cui è stato aggiunto il
prefisso ПО+ЙМУ= ПОЙМУ,ПОЙМЁШЬ… (Esempio 2)
▪Il verbo essere nel cirillico è JE: j+ē “IECTЬ”-> ЕСТЬ
▪Vocale anteriore ЕНЗЫК , dove ЕН è la nasale anteriore che nel cirillico molto spesso di-
venta Н molle”НЬ.”
I fenomeni apofonici ereditati dalle più antiche alternanze indoeuropee qualitative e quantitative:

Un'altra conseguenza della sillaba aperta è la metatesi delle liquide:

ОРО, ОЛО, ЕРЕ, ЕЛЕ sono il risultato della pleofonia in russo. Si h quindi la metatesi insieme
alla pleofonia. Il fenomeno della metatesi comporta l'allungamento della vocale

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●Metatesi delle liquide ad inizio di parola:

Come dimostrato nell'esempio n.3 nel ceco e polacco, si hanno i gruppi consonantici dl e gl,
assenti nelle lingue meridionali ed orientali, che tendono a semplificare le sillabe. Esempio:
in ceco e polacco RADLO, in russo РАЛО e in serbo RALO.
●Liquide sonoranti, che possono essere molli o dure

Le liquide sonoranti L ed R possono essere molli per palatali, ma anche dure. In russo tutti i
suoni dello slavo orientale, sь, vь, sъ, gь, рь diventano quasi sempre ОР ОЛ.

Le liquide e il sistema delle vocali e delle consonanti del Paleoslavo


La correlazione del protoslavo di quantità, delle vocali lunghe e quelle brevi, è diventata la correla-

zione di timbro, di anteriorità e posteriorità e luogo di articolazione della sillaba.


VOCALI: le vocali del paleoslavo sono 15: 8 anteriori e 9 posteriori.

La nasale anteriore:

Versione semplificata + ЕН iotizzata nel cirillico = ión

▪In russo ón da sempre У e nelle vocali anteriori sempre Я.


▪Quindi la correlazione è di timbro, anteriori e posteriori e anche per luogo di articolazione, i suoni
nasali sono articolati nella cavità orale. Inoltre, Р ed Л seguiti da Ь o Ъ diventano sonoranti, cioè
apice di una sillaba.

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La O e la “ ER”

erano due vocali molto brevi che necessitavano di raggiungere la stessa quantità di una vocale nor-
male nel corso del tempo sono state le prime ad essere sottoposte ad un cambiamento. Le due alter-
native possibili al problema delle vocali brevi furono: o il raggiungimento della stessa quantità di
una vocale normale o la caduta delle vocali stesse in base al tipo di sillaba successiva, se la vocale era
componente di sillaba, assumeva una posizione forte, mentre se invece era da sola poteva anche
scomparire.

CONSONANTI: le consonanti potevano essere sorde, sonore e sonanti.

Le palatali erano molli, mentre le non palatali erano dure. Inizialmente la Ф non c'era e si usava la
teta greca T. La К e Х erano aspirate, Ч era affricata e vi era un'altra lettera Z che oggi non esiste ma
viene segnata con ДЗ. La correlazione tra le consonanti dure e palatali era caratteristica di Р, Л, Н, C.

Trascrizioni
Nel cirillico si utilizza l'arco per indicare che si tratta di una consonante palatale.
Le consonanti palatali molli erano: Ш’, Ж’, Ч', i gruppi ШТ’, ЖД' e infine Ц' e З'.
Le consonanti molli Л', Н', Р' venivano segnalate con l'arco .
Le consonanti dure erano: К, Г, Х.
Nel GLAGOLITICO lo Я del cirillico, ЯТ suonavano allo stesso modo, erano rappresentati da un'unica
lettera

Lo slavo ecclesiastico non ammetteva la presenza di vocali messe insieme e per tale motivo si ag-
giungeva la Я intervocale. Esempio: ДОБРАЯ e non ДОБРАА.
Le due ЕР, che sarebbero poi Ь e Ъ, avevano un'origine protoslava provenivano da *u > Ь ; *j > Ъ.
Queste due vocali erano molto brevi e i primi cambiamenti riguardano proprio esse. Allora:

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POSIZIONE DEBOLE: Quando lo EР si trovava in di parola e quindi poteva cadere.
POSIZIONE FORTE: Quando lo EР era seguito da una sillaba contenente un altro E, era in posizione
forte. All'interno di una stessa parola possono esserci più sillaba contenenti uno E:

I primi EР che sono caduti sono quelli finali come ad esempio nella parola КОНЬ.

In posizione EР duro Ъ poteva diventare O, mentre ЕР molle Ь poteva diventare E. Ci sono casi in cui
ЕР in posizione debole non cade e sono i casi in cui si dovevano combinare sillaba di consonanti im-
pronunciabili. (Esempio n.2 ДОСКА).

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Dopo la caduta delle EР, nel paleoslavo si arriva alle sillabe chiuse e questa tendenza caratteristica
del passaggio dal protoslavo al paleoslavo, viene totalmente abbandonata. Probabilmente queste
tendenze erano presenti nell'epoca di Cirillo e Metodio. I primi codici che ci sono giunti sono datati
fine X inizio XI secolo, dei quali solo del primo si conosce la data 1056-57, mentre gli altri sono ordi-
nati in base alle caratteristiche paleografiche, uso della pergamena.

Quando si vocalizzano questi EР si normalizzano come le altre vocali.

AGGETTIVI NOMINALI E PRONOMINALI:


Gli aggettivi in russo moderno sono quelli nominali o brevi e quelli lunghi usati in funzione pronomi-
nale.

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Nell’aggettivo СТАРЫЙ, l'accento cade sul tema resta invariato, nel caso invece di ДОРОГОЙ , l'ac-
cento cade sulla desinenza e si vocalizza, stessa cosa in МОЛОДОЙ, БОЛЬШОЙ.

▪Dove cadono le EР in posizione debole, si ha il fenomeno di assimilazione o dissimilazione della con-


sonante per una maggiore facilità nella pronuncia. Queste EР o si vocalizzano come nel caso dei co-
dici dell'area della scuola di Ocrida in Bulgaria Occidentale dove si hanno più casi di vocalizzazione
forte, oppure si cerca di farle arrivare in una quantità normale come accade anche in bulgaro attra-
verso l'aggiunta del Ъ. Questo meccanismo risulta ben visibile in una parte del codice Suprasliensis,
un codice enorme scritto da diversi scribi che in posizione forte mettono Ъ e invece Ь molle diventa
O. Spesso quando gli scribi non sentivano questi ЕР sbagliavano la trascrizione, sbagliano le EР finali,
in alcuni casi dove c'erano le consonanti palatali aggiungevano Ъ ( ЕР duro)

Nei codici antico russi, i primi codici paleoslavi

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La parola ЖЬРЬЦЬ deriva del verbo bruciare, e si riferisce ai sacerdoti e sciamani che eseguivano i
rituali bruciando i corpi di animali e di uomini.

LA VOCALE Я ЯТ: la vocale Я proviene da una ē ( e lunga) protoslava, poiché la e (breve) da e.

La vocale ЯT aveva una pronuncia di una vocale diffusa ed intermedia tra e ed a. Quando si ha un'o-
rigine monottongale, si distingue ЯТ 1 da ЯТ 2, che è il risultato della monottongazione dei dittonghi
quindi: *ai , dittonghi semantici discendenti , ed *oi, che davano uno я di origine dittongale indicato
appunto con ЯТ 2.

Questi dittonghi potevano dare anche la i, diventando una desinenza per il nominativo plurale ma-
schile. Le parole greche che al nominativo singolare terminavano in Os ( vedi tab.sotto) al plurale
prendevano la terminazione in Oi, e nel paleoslavo ЛЬ, tale tendenza in russo si è generata come ac-
cusativo (ВОЛКИ esempio 3).

Per quanto riguarda il riflesso dello ЯТ nelle lingue slave moderne:

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Come dimostrato dai vari esempi, ogni qual volta si incontra EР molle, in russo diventa E.

Le vocali nasali: Da ОН si arriva ad У. Il desanalismo delle vocali inizia molto presto, verso la fine del
periodo paleoslavo, infatti già in alcuni codici al posto di ОН appare У.

Dopo la tendenza della sillaba aperta, si ha una seconda tendenza, che sarebbe quella del sinarmoni-
smo sillabico, dove la sillaba diventata già aperta si avvicina ad un luogo di articolazione tra la conso-
nante e la vocale. Una consonante dura porta ad una vocale posteriore, una consonante palatale in-
vece, porta ad una vocale anteriore. Nelle nuove sillabe aperte l'interazione tra vocale e consonante
diventa più forte e i suoni si influenzano avvicinando il proprio luogo di articolazione in una nuova
armonia sillabica nella sillaba stessa. Il termine tecnico per indicare il fenomeno è SEQUENZE FONE-
MATICHE OMOTOPICHE, dove fonematiche sta per FONEMI e omotopiche per STESSO luogo di arti-
colazione. Conseguenza del fenomeno è il cambiamento delle consonanti velari Г, К, Х, quando si
trovano dinanzi ad una vocale anteriore cominciano a palatalizzarsi, fenomeno della palatalizzazione.
Se dopo la consonante c'è una iota, si verifica una ionizzazione delle consonanti. Si verifica inoltre
anche il fenomeno della metafonia delle vocali posteriori quando le vocali diventano anteriori.

Lezione 15

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