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Arte e modernità nell’Ottocento

Il XIX secolo costituisce nella storia dell’umanità il periodo nel quale si avvia l’era moderna,
caratterizzato da uno sviluppo industriale e tecnologico avanzato e in continua crescita. La
modernizzazione nel corso dell’Ottocento è definibile universale e progressiva, poiché tende
a comprendere tutti i campi, dalle tendenze artistiche a quelle tecnologiche e non solo, in
modo irrefrenabile; sicuramente il principio sul quale si basa la modernità è la scoperta
scientifica, sulla quale molti artisti, in senso generale (pittori, letterati, architetti etc.),
dell’epoca, basano le proprie produzioni, innescando automaticamente “rivoluzioni” tecniche,
stilistiche e contenutistiche nei rispettivi campi lavorativi. Per argomentare questo principio
possiamo iniziare parlando della relazione tra lo sviluppo industriale e la pittura, come
l’architettura, poiché con essa si delineano profondi cambiamenti, ad esempio, paesaggistici;
con la scoperta di nuovi materiali sono realizzabili innovative opere architettoniche o
innovative invenzioni, come le ferrovie, quali cambiarono radicalmente molti ambienti
naturali, rendendoli industrializzati e moderni. Citare William Turner in questo discorso è
quasi scontato, dato che esso fu il primo, insieme a John Constable, a introdurre quadri
paesaggistici nella pittura; a differenza di quest’ultimo però, Turner, preferiva dipingere
quella natura modernizzata prima menzionata, quel rapporto tra industrializzazione umana e
purezza naturale, simbolo del progresso e dell’epoca moderna. Prendendo come riferimento
l’opera “Pioggia, vapore e velocità” cogliamo appieno la relazione tra uomo e natura, nella
concezione di Turner, attraverso la quale lo stupore e il suggestivo incombere delle nuove
tecnologie si unisce al paesaggio naturale, creando in noi quel sentimento terrorizzato ma al
contempo estasiato, chiamato sublime. La modernità, come precedentemente scritto, è
individuabile si in pittura, ma a primo impatto nell’architettura, poiché sono le opere
architettoniche quelle che non si può fare a meno di notare; il contesto concettuale qui però
cambia, nel senso che per quanto riguarda questo campo non è tanto il rapporto tra uomo e
natura quello che conta, ma la costante competizione politica dell’epoca. Utilizzando come
esempio il Westminster Hall di Londra è doveroso dire che tale architettura, appartenente alla
corrente neogotica, tende più a sottolineare l’importanza della città, dello stato e del suo
potere, rispetto all’importanza dell’opera stessa, ovvero, essendo il palazzo ministeriale
rappresenta il potere politico , ma costruito con tale architettura rende l’impatto visivo un
mezzo per raggiungere un fine: mostrare a tutti la potenza politica inglese. Tale concetto può
esser ripreso trattando il discorso sulle Esposizioni Universali; queste erano grandi fiere,
grandi, appunto, esposizioni delle opere d’arte, tra pittura, architettura e innovazioni negli
ambiti tecnologici, dei grandi paesi europei come Francia, Inghilterra, Impero
Austro-Ungarico, Germania, Prussia etc. . Le novità espressive venivano esibite agli
spettatori in modo tale da mostrare, per ogni padiglione dei diversi stati che partecipavano, la
propria potenza politica, ma soprattutto economica, artistica e tecnologica. L’elemento
stilistico caratterizzante ogni esposizione era il Neogotico (ad eccezione dell’Italia, la quale
prediligeva nelle sue esposizioni uno stile Liberty), uno stile, la prima “moda”. In precedenza
gli artisti erano svincolati dalla società, non c’era un vero e proprio rapporto, poiché
quest’ultimo si limitava a quello tra artista e committente; dall’inizio di questo secolo (quindi
successivamente alla critica del giudizio di Immanuel Kant, nel quale è argomentata una
critica dell'estetica, ovvero dell'arte) gli artisti iniziano a sentire il bisogno di partecipazione
alla società, alla vita sociale e politica, attraverso la loro autonomia espressiva, e di
conseguenza iniziarono ad aderire agli stili. Il concetto di stile è quindi una delle innovazioni
di questo secolo, il movimento stilistico è come una militanza politica, una partecipazione
alla vita sociale; questo è lo stile Neogotico, un movimento costituito fondamentalmente da
un recupero di un modello (quello gotico), qui il principio di innovazione viene però
contraddetto, o meglio, modificato, poiché vi è un innovazione tramite una regressione, una
novità espressa attraverso un recupero del passato, e come novità vide il suo dilagare in tutto
il continente europeo.
Recuperando il discorso sulla modernità intrinseca nei paesaggi naturali è bene menzionare
Jean-Baptiste Camille Corot; pittore parigino legato alla Scuola di Barbizon, quale riprende le
caratteristiche stilistiche di tale corrente paesaggista, caratterizzata da uno stile di pittura a
macchie, evocativa di emozioni suscitate dalla natura, con punti d’osservazione interni ad
essa ed immersi completamente nel verde e nel naturale, così da stringere il rapporto tra
spettatore e artista. Ecco, Corot reinventa questo rapporto, attraverso la rappresentazione di
una realtà cittadina, edificata, una natura antropizzata, esso amplia il sentimento scaturito
dalla natura alla realtà circostante, ovvero una realtà in via di sviluppo anche scientifico, uno
sviluppo architettonico tendente sempre più all’edificato rispetto al naturale. I punti di vista si
espandono, quindi le libertà aumentano, l’autonomia degli artisti si intensifica, e la loro
voglia di partecipare a correnti stilistiche per entrare nel contesto sociale e politico aumenta a
dismisura. Di ciò ne è la prova concreta Gustave Courbet, protagonista della relazione tra arte
e militanza politica, grande sostenitore della libertà e dell’autonomia stilistico-formale degli
artisti; esso è assolutamente il maggior esponente se non l’ideatore del Realismo. Questa
corrente artistica viaggia parallelamente con il Naturalismo francese letterario, poiché vede
esprimersi la stessa tipologia di contenuti e tematiche, con, fondamentalmente lo stesso fine,
ovvero quello di rendere coscienti le masse cittadine della situazione delle classi sociali
subalterne, del loro sfruttamento, e magari riuscire a migliorare la situazione di quelle
persone. Courbet esordisce con un quadro che fa scalpore: “Les casseurs des pierres”, quale
rappresenta le misere condizioni in cui lavorano questi due uomini spaccatori di pietre; il
quadro diventa manifesto della pittura realista, ma, al pubblico e alle giurie dei salons, non
piace. L’artista è molto motivato, quindi non si lascia demoralizzare da qualche rifiuto alle
mostre nei salons, infatti nel 1854 riesce a esporre, “Le vagliatrici del grano”, attraverso il
quale Courbet riesce a mandare sì il messaggio contenutistico realista, ma in modo più mite
rispetto al suo primo approccio sulla scena. Gustave Courbet dimostra tutto il suo ardore e la
sua determinazione nel partecipare alla vita socio-politica attraverso l’arte nel 1855, anno
dell’esposizione universale a Parigi; l’artista vuole partecipare e presenta svariati lavori, tra i
quali spicca “L’atelier del pittore”, a causa però del quale gli viene proibito di partecipare,
perché considerato troppo grande, e anche “Funerale a Ornans” decisamente troppo crudo per
essere esposto davanti a migliaia di persone. Il grande e coraggioso artista non si arrende e
affitta, finanziandosi autonomamente, un padiglione, quale chiamerà “Pavillon du Réalisme”
e con esso esporrà esclusivamente la sua produzione e quella dei suoi giovani seguaci
(Exposition Courbet). Ad ogni modo quest’artista oltre ad essere deciso nella partecipazione
socio-politica, motiva, sempre attraverso le sue opere, anche l’assoluta autonomia dell’artista
sui suoi lavori, questo principio è rilevabile nell’opera “Signorine sul bordo della Senna”.
Tale opera rappresenta in modo crudo due ragazze comodamente poste sulla riva del fiume
Senna, agghindate secondo la moda vigente nella classe borghese; esse tendono a
rappresentare due cortigiane o due commedianti, quali suscitarono notevole scandalo tra
l’opinione pubblica. Non è qui, però, che Courbet vuole mandare un messaggio, ma se si
pone attenzione allo stile, ovvero al colore, alla tecnica pittorica, si nota una differenza tra la
rappresentazione del paesaggio retrostante, con il fiume, dipinto con una macchia sciolta,
morbida, macchie più dense per le ragazze e macchie dettagliate per le foglie e il prato in
primo piano. Questo è delineabile come un caposaldo, quindi, della pittura realista, della
pittura di Courbet, svincolata totalmente dai dogmi vigenti fino a quel momento, fino
all’inizio dell’Ottocento, svincolata da ogni tipo di limite imposto, ed esaltante, in
conclusione, soprattutto la libertà espressiva e l’autonomia rappresentativo-contenutistica.

Joshua Francesco Cruciano

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