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Capitolo Due – Costruire i messaggi pubblicitari: analisi e pratiche.

1. Il discorso pubblicitario.
Il nostro rapporto con l’universo della comunicazione è frammentato e destrutturato: l’insieme di tutti i
media, infatti, non si configura come un sistema coerente sul piano della percezione. Gli strumenti
d’orientamento di cui ci si serviva prevalentemente fino a tempi recenti erano di tipo storico/temporale,
a palinsesto, o ad albero: ogni elemento trovava una sua collocazione in un quadro evolutivo. Oggi
prevalgono relazioni di tipo referenziale/reticolare, e se mai spaziale: i motori di ricerca, i metamotori,
il data-mining, la mass-customization, il mailing, l’intelligenza emotiva, la georeferenziazione; sistemi
in cui si innesca una relazione circolare tra la fruizione e la realizzazione di una determinata
comunicazione, attraverso processi reciproci.
Il medium pubblicitario attiva, come si è già notato, diversi processi formativi. Affabula stili di vita,
attraverso i quali determinati target sociali possono attingere modelli che tagliano in modo trasversale
la stratificazione sociale, individuando immaginari, aspettative, desideri ed attitudini latenti o espressi
nei confronti di determinati prodotti, e della valenza sociale che attribuiscono al consumo in quanto
attività socialmente significativa e produttrice di identità riconoscibili e giocabili.
Ma come gran parte degli altri media, la pubblicità si offre anche come loisir, come gioco e
piacevolezza, come consapevole sospensione del giudizio a fini non solo d’evasione, ma
d’intrattenimento.
- Da un lato assimilandosi alla fiction, soprattutto grazie alla sempre più larga presenza di
testimonial e strutture narrative svolte nel tempo sull’esempio delle serie televisive;
- Dall’altro, specialmente sui personal media, uniformandosi a quella proliferazione di micro-
enunciati pubblicitari che incarnano molto bene l’iconizzazione del testo scritto: banner, sms,
loghi digitali, mailing, ecc.
Su entrambi i versanti, in presenza di consumatori consapevoli della valenza economica della
pubblicità, si è sviluppata una modalità discorsiva sull’asse della complicità, della simpatia, e
soprattutto della fidelizzazione. Infine, la transizione di tutte le forme della comunicazione entro
processi culturali ed espressivi che hanno come motore e infrastruttura il web, orientano sempre più
anche il linguaggio della pubblicità, indipendentemente dagli oggetti di cui esso parla.
La pubblicità attraversa statutariamente due regimi di senso in conflitto tra loro, rappresentandone la
tensione reciproca:
- Il consumo (e ciò implica condivisione, investimento di creatività, mancanza di finalità
economica ma anche conflitto costo/desiderio, redistribuzione, ecc.);
- Il mercato (e ciò implica le dinamiche economiche: la committenza, i costi delle campagne, gli
investimenti produttivi, i risultati, ecc.)
Il discorso pubblicitario coinvolge decine e decine di professionalità; del resto il livello
d’organizzazione e codificazione delle figure professionali che vi operano testimonia la forte identità
specifica del settore, in grado di definire ruoli e competenze, pur colloquiando con molti altri ambiti, e
proliferando in diverse forme: da quelle più strettamente riconducibili a politiche di mercato e
distributive, a quelle più raffinate di consolidamento, sviluppo o revisione di un brand.
La maniera migliore di avvicinarsi al funzionamento del discorso pubblicitario è cercare di individuare
i modi con cui, rispetto alle esigenze della committenza, le agenzie utilizzano metodi e figure
professionali. Anche se si tratta di uno schema coerente soprattutto con le tendenze persuasivo/retoriche
della pubblicità, che, come si è visto, è oggi superata nella realtà, possiamo partire da un vecchio
modello lineare dell’organizzazione del lavoro, giusto per dare ordine alla nostra esposizione.
La celebre proposizione di Lasswell, destinata a divenire molto popolare non solo nell’ambito degli
studi delle comunicazioni, serve al tempo stesso ad evidenziarne i diversi momenti del processo e ad
individuare le principali aree di analisi e i relativi approcci metodologici per l’attività di ricerca. Anche
se formulata con riferimento al sistema dei mezzi di comunicazione di massa, il paradigma lasswelliano
appare più adatto a descrivere la comunicazione persuasoria: il che è comprensibile se si considera che
Lasswell era un politologi soprattutto interessato alla comunicazione politica e alla propaganda.
Come avviene la comunicazione:
- CHI (la fonte);
- DICE COSA (il messaggio);
- TRAMITE QUALE CANALE (il medium);
- A CHI (l’audience);
- CON QUALI EFFETTI (gli effetti).
Ai diversi steps del processo di comunicazione corrispondono altrettante aree di ricerca:
- Lo studio di chi comunica (control studies), delle caratteristiche (cioè dell’utente inserzionista),
delle strategie di marketing e di comunicazione in cui la pubblicità si innesta. Tra l’altro, in
questo contesto, trova anche una più corretta collocazione tutta la problematica relativa al
rilievo della fonte nel processo persuasorio. Anche l’agenzia di pubblicità, come soggetto che
produce materialmente la comunicazione e come polo dialettico per l’azienda utente, rientra di
diritto in questo ambito di studio;
- Lo studio del messaggio (content analysis). Questo è definito riduttivamente dal Lasswell in
termini di analisi del contenuto così come è convenzionalmente intesa: in realtà, l’analisi
linguistica, strutturale, semiotica, la considerazione della comunicazione come testo
sviluppatasi in anni recenti ha ampliato la prospettiva tradizionale conferendo all’analisi del
messaggio nuovi spessori e nuove trasparenze;
- L’analisi del canale (media analysis) è probabilmente, nello schema di Lasswell, l’area che è
stata più disattesa dalla ricerca in pubblicità: si può presumere, a fronte di una altrimenti
incomprensibile disattenzione per una dimensione così importante del processo persuasorio,
che gli enormi interessi economici in gioco abbiano costituito un formidabile deterrente non
solo ad analisi comparative, ma anche relative alle caratteristiche specifiche di ciascun messo,
alle interrelazioni mezzo/messaggio e via dicendo;
- L’audience analysis congloba quel complesso set di ricerche che, dall’originaria formulazione
di Lasswell, si è notevolmente affinato: si è passati dall’analisi del soggetto isolato allo studio
di un target dove i soggetti sono in reciproca interrelazione, all’analisi di clusters relativamente
omogenei destinatari di messaggi come conseguenza del processo crescente di frammentazione
sociale;
- L’analisi degli effetti (effect analysis) della pubblicità si è sviluppata sia nel filone
maggioritario relativo all’efficacia persuasoria della comunicazione sia nel filone minoritario
degli effetti della pubblicità intesa in termini globali, che trascendono cioè il singolo messaggio
e in una prospettiva che non è solo di breve termine.
Abbiamo vari tipi di enunciazioni, costruite fondamentalmente o su una funzione del linguaggio
pubblicitario come “rappresentazione”, oppure su una sua funzione costruttiva. Individuate queste
polarità, si costruiscono i corrispettivi denegati e si proietta il tutto sul quadrato semiotico.
Avremo enunciati referenziali, rappresentanti della corrente che intende il discorso pubblicitario
un’attività di rappresentazione della realtà (prodotto compreso). Questa concezione concepisce
l’enunciato pubblicitario come operazione di veridizione di una realtà.
Il corrispettivo denegato, cioè un discorso pubblicitario obliquo, intende rappresentare la realtà del
prodotto proprio attraverso la sua negazione o travisamento o “disattenzione”; la tecnica del pensiero
laterale caratterizza la tendenza del discorso pubblicitario obliquo a parlare di qualcosa parlando d’altro
o schernendo lo stesso oggetto dell’enunciato pubblicitario.
Sull’asse costruttivo si avrà un discorso pubblicitario mitico, che tende a creare l’oggetto attraverso la
sua narrazione, indipendentemente dal suo statuto di oggetto. Questo tipo di discorso fa grande
affidamento sulle capacità di evocazione dell’immaginario come caratterizzazione di un oggetto che di
per sé può essere assolutamente comune e banale.
Jean-Marie Floch esemplifica il discorso. La relazione di contrarietà è quella più forte; non essendo
mediabile produce una tensione formale che genera una differenziazione per stili in base ai vari tipi di
relazione che si instaurano fra loro. Referenzialità e miticità del discorso pubblicitario si oppongono.
Invece un discorso sostanziale è complementare a quello referenziale; così come un discorso obliquo,
che pure nega la capacità del discorso di rappresentare il prodotto, non coincide con quello mitico ma
gli è alleato.
Infine, il discorso pubblicitario mitico sarà in relazione di contraddizione con quello sostanziale, e
quello referenziale sarà in opposizione a quello obliquo.
- D. Ogilvy = discorso pubblico referenziale (funzione rappresentazionale del linguaggio);
- J. Séguéla = discorso pubblicitario mitico (funzione costruttiva del linguaggio);
- J. Feldman = discorso pubblicitario sostanziale (funzione costruttiva);
- Ph. Michel = discorso pubblicitario obliquo (funzione rappresentazionale denegate).
Fa parte del lavoro dell’agenzia pubblicitaria approfondire non soltanto l’analisi del prodotto e
dell’azienda, ma anche le possibilità che ci sono, date le caratteristiche di questi soggetti comunicanti,
di trovare un giusto referente linguistico. La marca dev’essere ben delineata, con un suo carattere. Un
enunciato pubblicitario referenziale deve innanzitutto avere a monte uno studio dettagliato su chi
produce più che su cosa produce. In questo modo al prodotto potrà essere data la necessaria autorità per
dotarsi di un valore psicologico, e non solo un valore d’uso.
Gli enunciati referenziali attivano un discorso di veridizione, considerando la verità come adeguamento
alla realtà. Da un punto di vista pragmatico, questo step comporta una scelta ben precisa: una
comunicazione integrata, in cui tutti gli aspetti vengono veicolati da un unico referente con lo stesso
tono. Questo perché la referenzialità non permette grandi oscillazioni nel trattamento del significato,
garantendo così la riconducibilità al livello socialmente più basso della complessità semiotica: la
coerenza.
Le tecniche di realizzazione degli enunciati referenziali privilegiano discorsi narrativi, figurativi e
descrittivi. Questo perché il loro orizzonte di realizzazione è la quotidianità. Per evitare che l’effetto di
realtà venga alterato da una sequenza narrativa che alteri le relazioni temporali, il discorso referenziale
fa coincidere lo sviluppo logico del messaggio e la successione temporale della sequenza in cui questo
si costituisce.
Lo studio del messaggio implica una vera e propria analisi strutturale e linguistica, per individuare cosa
viene comunicato. Possiamo analizzare in questi termini ogni tipo di messaggio, ma è interessante
rilevare che questo sforzo di analisi coincide con quello che sul piano della produzione del discorso
pubblicitario, la pubblicità sostanziale chiede di fare nei confronti del prodotto, di cui vanno messe in
luce le autentiche caratteristiche, soprattutto fisiche (es, il colore della birra, la composizione di un
detersivo, ecc.).
Il legame di correlazione dimora nella convinzione che il senso risieda nel profondo dell’oggetto su cui
si interviene. Uno dei metri d’efficacia con cui si misura la validità di questo tipo di discorsività è
proprio la sua autonomia e la capacità di funzionare in contesti differenti. Il discorso sostanziale rifugge
qualsiasi attività di creazione per ottenere un effetto di senso immediato, che spiazzi l’osservatore. Le
inquadrature frontali, la presenza dell’oggetto di fronte all’osservazione, la nitidezza delle forme, la
predilezione per i valori tattili della comunicazione: tutte queste tecniche vengono adoperate per
rovesciare la tradizionale relazione di uno spettatore che guarda un prodotto.
L’obiettivo è quello di suscitare nel pubblico, negli interlocutori sociali, attraverso un discorso esclusivo
sulla sostanza, un’emozione estetica che susciti l’impressione di una presenza fisica che lo preceda.
Questa attitudine a mettere in rilievo estremo la pura essenza del prodotto ha bisogno di descrizioni,
formalizzate nel linguaggio scientifico nel caso dell’analisi di contenuto, mediate dalle tecniche
retoriche nel discorso sul prodotto.
Il mito è il grande racconto collettivo attraverso il quale viene dato un senso alle cose che ci circondano,
agli eventi, alle relazioni fra questi. Il mito parla della comunità che lo produce e che allo stesso tempo
ne fruisce. Inizialmente l’audience analysis si limitava ad analizzare le reazioni rispetto alla vecchia
comunicazione pubblicitaria. Lo scopo era di verificare se il martellamento pubblicitario aveva indotto
l’acquisto.
La frammentazione sociale, o il manifestarsi di marche distintive assolutamente trasversali alle divisioni
sociali, hanno infine spinto l’audience analysis allo studio dei valori di riferimento e dei sistemi di codici
nei quali e con i quali porzioni di società si riconoscono e comunicano. Il legame con il discorso mitico
è allora evidente: acquisto ed oggetto passano decisamente in second’ordine; il consumo è visto come
un’attività di reperimento di simboli e/o codici con una sua precisa descrizione scientifica, e agli oggetti
è attribuita la capacità di possedere una personalità.
La correlazione fra narrazione mitica ed audience analysis richiede due momenti:
a) L’analisi delle caratteristiche di tipo culturale che concorrono all’elaborazione di una certa
connotazione mitica da dare al prodotto o servizio;
b) L’individuazione nell’immaginario sociale, o per lo meno in una simbologia popolare, di motivi
di riferimento socialmente sensibili.
Da una parte le aspettative fantastiche dei riceventi, dall’altro la capacità dell’enunciato pubblicitario
di entrare a far parte di queste aspettative.
Un aspetto ulteriore del discorso pubblicitario di tipo mitico e della sua relazione con l’audience analysis
non è solo l’attingere a patrimoni culturali generali, ma anche quello di costruire, attraverso le specifiche
caratteristiche del tipo di comunicazione, una vera e propria struttura semantica autonoma.
Pragmaticamente, il set di strumenti di cui l’audience analysis dispone è assai ricco e si concentra in
particolare sulle dinamiche di feedback, ovvero sulle pratiche che comportano un ritorno o una
controreazione.
Tutte le strategie di fidelizzazione del marketing hanno comunque in comune con il discorso
pubblicitario vero e proprio la caratteristica di rivolgersi al consumatore in quanto interlocutore, prima
che acquirente. L’effect analysis si suddivide in due filoni di studio:
1) Il primo tenta di misurare l’efficacia persuasoria dei messaggi, la loro capacità di indurre
comportamenti di propensione all’acquisto e di stimolare il mercato;
2) Il secondo cerca di analizzare il discorso pubblicitario come fenomeno generale, di fondo, a
lungo termine. Le discipline coinvolte in questo tipo di studi sono molte: psicologia sociale,
etnometodologia, antropologia, economia, sociologia, ecc. sempre considerando tutti i possibili
feedback.
Lo studio degli effetti ci parla di un discorso pubblicitario che non svolge un’attività persuasoria, ma
costituisce una componente sensibile all’interno del patrimonio culturale diffuso. Un discorso in grado
di attivare nel ricevente un processo di interpretazione non dipendente dall’enunciato pubblicitario
isolato.
Il discorso pubblicitario obliquo tende a spiazzare il buon senso, l’opinione comune. In modo manifesto
l’interlocutore delle sue attenzioni è il pubblico, non il bene.
- Da una parte abbiamo la sollecitazione mediata di un’attività interpretativa a livello sociale;
- Dall’altro il tentativo di inquadrarne gli effetti.
Bisogna fare in modo che gli enunciati non parlino di un oggetto, ma stimolino l’adesione ad un
modello, ad una visione della vita, ad una scelta esistenziale su cui il prodotto, in modo tangente ma
non per questo meno efficace, entra come surrogato espressivo. Le procedure della pubblicità obliqua
devono scatenare un pensiero laterale che scavalchi la resistenza critica del soggetto, e si solito utilizza
tecniche retoriche della famiglia del paradosso e/o dell’ossimoro, in grado di generare discrepanze
semiotiche: difformità in contenuto fra immagini e testi, associazioni inusuali e/o contrastanti.
2. Le fasi della progettazione: il brief e la copy strategy.
Investigare questa struttura linguistica e selezionarne un livello particolare è un passaggio essenziale
della progettazione di un messaggio o di una campagna pubblicitaria. Si parte dall’esistenza “nuda”
dell’oggetto o del servizio e passo passo, attraverso una sequenza di passaggi coerente e formalizzata
di tipo conoscitivo, interpretativo ed inventivo, si progettano dei discorsi. I quattro step di analisi che
abbiamo isolato e i quattro orientamenti fondamentali del discorso pubblicitario corrispondono ad
altrettante componenti di senso rinvenibili nel prodotto.
Le attività che portano a costruire un vero piano di comunicazione sono complesse.
La prima fase della progettazione di un messaggio è quella in cui ci si rapporta nel modo più completo
possibile con il prodotto e con il suo contesto, dal quale occorre sempre partire. Bisogna saperne il più
possibile al fine di trarne più spunti creativi possibili e dirne così meglio il possibile. Per una campagna
pubblicitaria occorrono altre basi di conoscenza: una vera e propria microstoria dell’impresa, dei suoi
modello, dei suoi prodotti, ecc.
Nel caso di un sito web il prodotto ultimo è in fin dei conti la natura linguistica dell’impresa, la sua
storia, che tipo di rapporto vuole instaurare col potenziale cliente; l’originaria parentela tra pubblicità e
marketing torna alla luce in tutta la sua evidenza, riconducendo sotto molti aspetti il web-advertising
nell’ambito più ampio del web-marketing, in particolare di natura relazionale.
Il brief è il documento, costruito di solito da una figura-chiave, nel quale vengono indicate le finalità
della campagna pubblicitaria, informazioni sul mercato potenziale, sull’azienda committente stessa, sul
prodotto e sulla concorrenza; inoltre, sul consumatore, sul mercato e sulla concorrenza.
Con il brief l’agenzia pubblicitaria è arrivata a conoscere in modo approfondito i vari livelli di
strutturazione semantica che sono inerenti al prodotto e al suo contesto. Mettere in rilievo una o l’altra
caratteristica significa ora compiere una scelta espressiva. A partire da qui, nel gruppo dei pubblicitari,
ci si esercita a “ideare”, tra fasi di pensiero divergente e convergente. Protagonisti di questa fase non
sono gli account ma altre figure professionali, il reparto creativo dell’agenzia.
Pianificare la campagna pubblicitaria sui media è l’altra attività cruciale per l’agenzia. Si parte dai target
e dai modi per raggiungerli, ma anche da concetto di base di tutta la comunicazione, inclusi il tono e lo
stile. Tutta una serie di aspetti, analizzati nel brief, deve qui essere definita a tutto tondo: benefit del
prodotto, brand image, target, mercato di riferimento e mercato auspicato, tipo di distribuzione e fascia
di prezzo. Vanno sistemati in una strategia precisa che inclusa i concetti che si vogliono esprimere, le
motivazioni razionali e supporto, il tipo di linguaggio e l’atmosfera che questo deve creare in modo
conforme al target ed alla marca.
Questo significa individuare una particolare tipologia di discorsività pubblicitaria, orientarsi verso un
discorso referenziale, mitico, sostanziale od obliquo, o anche una combinazione mista, dipende
dall’interpretazione dei problemi ed esigenze del bene e del cliente, e dalle caratteristiche del medium
prescelto. I creativi devono capire il prodotto, pensare ai suoi usi e tarare le loro scelte sul
posizionamento che lo contraddistingue.
Si tende di solito a non modificare un posizionamento vincente, e anche a cercare di svecchiarlo, o
renderlo più aggressivo. Ma fra tutti gli interventi sulla discorsività pubblicitaria, cambiare i riferimenti
semantici di riferimento del prodotto è il più delicato. Intervenire su aspetti che riguardano la
distribuzione, l’innovazione, il prezzo, anche solo attraverso la comunicazione, può modificare il
posizionamento e cogliere nuove opportunità. I consumer benefit sono individuati dal marketing, che
porta a produrre i beni conformi ai desideri dei consumatori, non a cercare di adeguare i loro desideri
agli oggetti. Mentre la pubblicità può agire in senso inverso.
3. Simulazione, purezza, eroicizzazione, seduzione. Quattro esempi.
La caratteristica fondamentale del discorso referenziale è costruire una simulazione di verità a partire
dalla realtà del prodotto, attivando così un processo di veridizione nei suoi confronti. La tecnica favorita
è isolare singole caratteristiche per presentarle sotto la giusta luce, per derivarne per relazione una
forma, intesa come design o enunciato linguistico. Il coinvolgimento percettivo parte da caratteristiche
sensibili, da una base di realtà a partire dalla quale il discorso referenziale si rivolge agli interlocutori.
La costruzione d’immagini mimetiche è l’attività prevalente di questo binomio. Il collegamento figurale
è in grado di ricreare la realtà del prodotto in un contesto di realtà quotidiana dove i soggetti investono
in termini d’appartenenza. La realtà diventa “realtà”, è mise en abyme e sostituita con un processo di
veridizione di tipo simulativo, rinviando a una presenza viva, che per un prodotto non può essere altro
che l’uso, o più finemente l’intersezione col vissuto e la sua capacità di catturare investimenti emotivi.
ESEMPIO 1.
Presentare un prodotto come se fosse più vero della realtà, inserendolo in modo naturale nel nostro
vissuto di consumatori, nel suo uso.
(GUARDARE TUTTI I 4 ESEMPI SUL LIBRO).
4. Ulteriori strumenti per l’analisi del messaggio.
Per “scavare” il messaggio in modo ancora più approfondito, teniamo presente che qualsiasi oggetto
mediale prodotto dall’industria della comunicazione è un oggetto di consumo. In quanto ambiente di
vita delle società economicamente avanzate a livello globale, lo spazio dei media non è omogeneo e
vive i suoi conflitti, ma nella sua dinamica strutturale i linguaggi di consumo giocano un ruolo
essenziale. Per tutti i linguaggi del consumo valgono alcune regole sostanzialmente omologhe, pure se
nei vari generi cambiano la focalizzazione e alcune costanti strutturali.
I piani di indagine poggiano sulle molte tradizioni teoriche sui linguaggi di consumo accumulate in oltre
sessanta anni: come gli studi sulle comunicazioni di massa, gli studi culturali, la semiotica della cultura,
la mediologia, una etno-antropologia della vita metropolitana e postmetropolitana e tanto altro ancora.
Sulla scorta di una lunga pratica di insegnamento, riteniamo che per l’analisi del messaggio
pubblicitario siano indispensabili, riteniamo che per l’analisi del messaggio pubblicitario siano
indispensabili sia gli spunti più specificamente tecnico-professionali offerti fin qui in relazione ai
quattro orientamenti fondamentali per la creazione del messaggio, sia un insieme di ulteriori possibili
indagini intorno a tre diversi orientamenti di ricerca: istituzionale, mediale, metaforica.
Tavola 1 – ANALISI “ISTITUZIONALE”: L’OGGETTO COME PRODOTTO DI MASSA.
Il messaggio viene prodotto, distribuito e consumato in un circuito/istituzione economico-sociale.
Obiettivo dell’analisi è l’individuazione del “sistema”, degli aspetti strutturali e delle regole condivise
entro il quale l’oggetto che si va ad analizzare viene generato e fruito; e le caratteristiche dell’oggetto
che più evidentemente dipendono dal sistema.
- Analisi del consumo, del contesto sociale, degli effetti.
Il sistema di comunicazione (produzione, distribuzione, fruizione) dell’oggetto che si analizza
prevede determinati effetti di gratificazione o persuasione, attraverso l’esposizione a media
determinati, e attraverso specifiche forme di sharing.
- Analisi del funzionamento industriale e economico-aziendale.
Come sono organizzati produzione, distribuzione e consumo?
- Analisi sociologica di tipo funzionale.
Qual è il senso sociale dell’azione comunicativa?
Allerta sociale o know-how sociale.
Attribuzione di status individuale o di significato etico;
stabilizzazione dell’influenza del medium o allargamento.
- Usi e gratificazioni.
A quali bisogni individuali corrisponde il consumo dell’oggetto?
Cognitivi
Affettivo-estetici
Integrazione psicologica
Integrazione sociale o negoziato sociale
Evasione o allentamento
- Agenda setting e marketing.
Su quale zona dell’immaginario collettivo e/o della sfera sociale l’oggetto stimola una
focalizzazione dell’opinione pubblica)
Con quali scelte di priorità e gerarchia nella struttura dell’oggetto stesso?
Rispondendo a quali meccanismi di rilevazione di attese?
- Analisi culturologica.
In che modo e attraverso quali scelte strutturali l’oggetto contribuisce a una sintassi di sistema
del processo culturale?
Ritmo del consumo
Miti e archetipi
Livelli di comando burocratico-istituzionale della comunicazione
Livelli di mediazione tra innovazione e standard
Sincretismo
Info-fiction
- Analisi etno-sociologica.
Quali sono le pratiche di fruizione e di riuso dell’oggetto?
E le pratiche di socializzazione connesse?
Qual è il ruolo per la costruzione di valori e linguaggi istituzionali-sociali?
TAVOLA 2 – ANALISI SEMIO-MEDIOLOGICA.
L’oggetto è un messaggio veicolato attraverso un medium, ed è un medium a sua volta, dotato di una
sua particolare struttura.
Obiettivo dell’analisi è ricostruire e interpretare aspetti e strutture comunicative del messaggio che
compare come “figura” su uno sfondo dato da un determinato ambiente mediale.
- Aspetti semiotici del messaggio.
Semiosi “grammaticalizzata” (e sintagmatia) o “testualizzata” (sintesi d’immagine,
paradigmatica)
Struttura dialogica o di flusso-random
Orientamento pedagogico o di intrattenimento
Fattura artigianale e d’autore o seriale/industriale
Quale gioco sui generi?
Livelli di episodicità
(semi)-catastroficità
Flessibilità, integrazione mediale
Schemi di interattività
- Altri aspetti stilistici
Quali tradizioni dell’arte e dell’immaginario sono implicate nell’oggetto?
Qual è la tecnica di trattamento?
- Rilevazione dell’impatto
Alto o basso grado della riproduzione seriale e stereotipa?
Della ridondanza e consonanza
Qual è l’uso dell’emozione e degli effetti forti?
- Stratigrafia mediale
In quale fase di evoluzione dei media si colloca l’oggetto?
- Specifico mix mediale dell’oggetto
“Ogni medium è un composto di media” (McLuhan)
- Azione del destinatario implicito
Che azioni di ricezione l’oggetto sembra implicare?
Stili di inquadramento
Tendenza alla chiusura o all’apertura del senso
Tendenza alla consonanza o dissonanza
Caratteristiche interdiscorsive e intermediali dell’azione di ricezione
TAVOLA 3 – ANALISI SIMBOLICA/METAFORICA.
L’oggetto nella sua dimensione di immagine, narrativa, e strutturale ha funzioni socio-simboliche,
funziona come metafora delle paure sociali e della media morfosi
Obiettivo dell’analisi è portare allo scoperto e sistematizzare il modello socio-simbolico e mediale che
“genera” l’oggetto (utilizzando i risultati delle analisi precedenti, ma riapprofondendoli su piani
specifici):
- Analisi iconologica
È possibile ricostruire gli elementi costitutivi, figurali, dell’immagine, le relazioni tra di essi, e
i loro rapporti analogico-simbolici
- Analisi narratologica
Quali sono le strutture della narrazione?
Descrizione e individuazione delle relazioni tra discorso, intreccio, fabula, modello simbolico
nella “storia” che viene raccontata
- Analisi simbolica
I simboli come fattori di identificazione, e il loro significato sul piano sociale
- Analisi medialogica
Individuazione delle strutture di senso (figurali, strutturali, simboliche) che hanno valore di
metafora della trasformazione mediale.

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