Sei sulla pagina 1di 51

L'AMBITO PUBBLICITARIO

Di cosa parliamo, quando parliamo di pubblicità?

1.1 Alla ricerca di una definizione.

Succede per molti oggetti materiali o immateriali che se li osserviamo da lontano ci pare di coglierne
la forma e di essere in grado di descriverli e che invece, se ci avviciniamo per guardarli più in
dettaglio, non diventano per questo più comprensibili, ma in realtà è tutto il contrario. I contorni e i
particolari non si precisano ma vanno sempre più sfumando, finché non percepiamo null’altro che
colori e luci, privi di qualsiasi struttura e di qualsiasi significato. Cosi è per la pubblicità, attività ben
nota al mondo capitalista, un’attività che si spiega con la forza pervasiva nella nostra vita quotidiana,
che ci circonda lungo tutte le strade.

1.1.1 La pubblicità è una forma di comunicazione.

In qualsiasi momento in cui ci si trovi in presenza di altri individui “ non si può non comunicare”,
allora la comunicazione è, l’attività che occupa più tempo nella vita di ogni uomo. Se si tratta di
comunicazione ne possiamo applicare anche alla pubblicità il modello più usuale, anche se in una
versione più semplificata.

CONTESTO
I
Committente>Emittente>Messaggio>
Canale(no rumore)>Destinatario
La comunicazione pubblicitaria per poter esistere ha bisogno dei seguenti punti:
Committente: Commissiona il lavoro ad
Un’emittente: soggetto che da inizio al processo comunicativo, lanciando cosi un
Messaggio: che attraverso il
Canale: che può essere una lettera, o semplicemente il parlare a voce, raggiunge
Destinatario: Il soggetto a cui la comunicazione è indirizzata dall’emittente, occorre che egli formuli
il messaggio utilizzando un
Codice: Che sia condiviso dal destinatario per essere decodificato e capito, molto importante e che
non ci sia il
Rumore: a disturbare il canale e impedire la ricezione del messaggio da parte del destinatario
Il tutto viene messo all’interno di un CONTESTO dove si può ottenere un feedback, una reazione
positiva o negativa da parte del destinatario. E' indubitabile che un vero e proprio processo di
comunicazione per definirsi completo e interattivo richiede una risposta da parte del destinatario,
che reagisce al messaggio trasformandosi a sua volta in emittente e comunicando il proprio accordo
o disaccordo (feedback). Per applicare alla pubblicità il modello di base è funzionale che venga
inserito all’inizio della catena la figura di un committente.

Se l’emittente del nostro modello corrisponde nel lavoro pubblicitario:


-al gruppo operativo dell’agenzia
Se il messaggio corrisponde:
-alla campagna
Il canale:
-ai mass media
Il destinatario
-al target group, nello schema manca soltanto la figura dell’utente pubblicitario, ovvero l’azienda o
partito politico ecc ecc) che sente la necessità o l’utilità di promuovere un’iniziativa pubblicitaria e ne
paga i costi.

1.1.2 La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa

la “COMUNICAZIONE ARGOMENTATIVA” come dice Chaim Perelman, l’argomentazione è una


tecnica atta “ a provocare o accrescere l'’adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al
loro consenso” , è difficile tracciare un confine fra persuasione e convinzione .

PERSUASIVITA’: un’argomentazione che pretende di valere soltanto per un uditorio particolare

CONVINCENTE: quella che si ritiene possa ottenere l’adesione di qualunque essere ragionevole.

Il discorso pubblicitario è fondamentalmente di tipo argomentativo in quanto ha solo come


obbiettivo quello di provocare o accrescere l’adesione delle menti a una tesi.

1.1.3 La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa di massa

La forma di comunicazione argomentativa di massa ha come destinatario non più un individuo, ne un


insieme di persone, MA un destinatario prestabilito un insieme di persone collettivamente
distinguibili rispetto a quelle che non fanno parte di quell’insieme. -Secondo questa definizione, il
destinatario della comunicazione pubblicitaria è un certo numero di persone, descrivibili nel loro
insieme, ma distinguibili fra loro: una massa.-

Se si accetta questo si può escludere dalla comunicazione pubblicitaria qualsiasi forma di


argomentazione individuale.

1.1.4 La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa di massa, funzionale a un


progetto più vasto

ESEMPIO: Il missionario, ha come proprio obiettivo quello di provocare l’adesione della mente dei
pagani, che costituiscono i suoi destinatari, alle tesi della propria religione; per lui, raggiunta la
persuasione, è contemporaneamente raggiunto lo scopo finale: la conversione.

Nel caso della pubblicità questo “progetto più vasto” può essere un piano di marketing che si
prefigga di vendere il 5 percento in più del prodotto o un piano politico che si prefigga di ottenere la
maggioranza.

La pubblicità da sola non fa vendere di più il prodotto, non fa ottenere il potere, per ottenere questi
risultati occorre una complessa strategia che preveda un piano d’azione in cui molte armi vengono
messe in gioco. Una di queste armi è la PUBBLICITA’, spesso è la più importante, indispensabile e
insostituibile, ma quasi mai riesce a raggiungere l’obbiettivo finale: l’obbiettivo della comunicazione.
La confusione tra obbiettivo di comunicazione e obiettivo finale è la causa prima di tanti fallimenti
commerciali.

1.1.5 La pubblicità è una forma di comunicazione argomentativa di massa, funzionale a un


progetto più vasto e in cui l’uso del canale presuppone un pagamento
Il politico che parla alla folla, l’avvocato che parla alla giuria, il missionario che parla ai pagani,
nessuno di questi deve “pagare” il proprio diritto a parlare. Il pubblicitario che parla ai consumatori,
si.

Questa è la principale differenza fra la comunicazione pubblicitaria e le altre forme di comunicazione


argomentative di massa, ogni messaggio pubblicitario può essere sicuro di raggiungere il proprio
destinatario solo pagando una certa tariffa. Naturalmente ci sono delle eccezioni come FORZA ITALIA
che non paga effettivamente lo spazio per la propria pubblicità elettorale sulle reti mediaset, ma
paga comunque il gruppo finanziario in termini di mancato guadagno per il tempo che sottrae alla
vendita normale, stessa cosa lo stato che non paga le reti RAI per la pubblicità sociale.

Nella storia della pubblicità tra il 17 e 18 secolo tutti i mezzi di comunicazione riuscivano a far pagare
la presenza di annunci fra le loro pagine non solo dall’inserzionista/committente, ma anche dal
pubblico/destinatario.

1.2 La pubblicità è l’anima del commercio?

Molte delle definizioni che vengono abitualmente proposte per delimitare l’ambito dell’attività
pubblicitaria, inquinate da questa idea ricevuta, che mette in primo piano la finalità commerciale
della comunicazione pubblicitaria. Se da un punto di vista quantitativo la funzione legata al
commercio prevale nell’esistenza e nello sviluppo della pubblicità, ha due elementi fondamentali:

-La propaganda politica, la pubblicità sociale, sono comunicazioni di tipo pubblicitario a tutti gli
effetti, hanno le stesse basi teoriche, utilizzano gli stessi procedimenti tecnici, eppure poco hanno a
che vedere con il commercio.

-L’interno della comunicazione commerciale, la pubblicità non fa vendere ma bisogna ricordare che
lo scopo di ogni argomentazione è quello di provocare o accresce l’adesione delle menti alle tesi che
vengono presentate al loro consenso: un’argomentazione è efficacie se riesce ad accrescere questa
intensità di adesione in modo da determinare presso gli uditori, l’azione voluta.

1.3 La pubblicità è un'espressione artistica?

C’è una visione fortemente artistica, un dibattito che accompagna tutto il 20 secolo sul valore
estetico della pubblicità, c’è chi lo riconosce ed esalta, c’è invece chi lo pretende e accusa la
comunicazione pubblicitaria di non impegnarsi a fondo. Questa problematica non nasce sul piano
teorico, ma su quello pratico, allorché molti artisti di professione come Toulouse-lautrec a
D’Annunzio, applicarono la loro genialità anche alla produzione pubblicitaria e questo fu carico di
conseguenze, perché da un lato ci furono molti osservatori che confusero il linguaggio artistico con
la persuasione. Gli intrecci fra produzione artistica e creazione pubblicitaria sono d’altronde
moltissimi: da una parte vi è tutto il campo ancora in gran parte inesplorato delle citazioni di opere
famose. Dall'altra parte, a partire dal 20 secolo c’è l’arte pittorica. Antonio Banfi nel suo saggio
“l’arte funzionale “ ,c’è una capacità estetica che va riconosciuta, malgrado i linguaggi che hanno
una finalità anzittutto pratica e che questi linguaggi sono spesso più innovatori ,ma va anche notato
che, in un momento come quello attuale, in cui la pubblicità si stia trasformando in una proposta
ideologica da parte delle aziende, il valore estetico ha esso stesso una funzione persuasiva, non
diversa dall’arte religiosa o dall’arte di regime che hanno sempre coniugato valenze estetiche e
finalità propagandistiche.

CAPITOLO 2

CENNI DI STORIA DELLA PUBBLICITA’


2.2 Genesi

Il primo mestiere lo ha inventato un serpente, o meglio Satana mascherato sotto le apparenze di un


serpente. La storia la conosciamo tutti, ma non molti hanno osservato che quell’evento non è solo
l’inizio delle pene esistenziali dell’umanità, ma anche l’inizio della pubblicità.

PUBBLICITA’: La scena è ambientata nel paradiso terrestre, abbiamo un COMUNICATORE, il diavolo


appunto che si è proposto l’obbiettivo finale di vendicarsi di Dio e per raggiungere questo obiettivo
ha ideato un piano strategico, proprio come si deve fare con una pubblicità. Farà in modo che le
creature disobbediscono al loro creatore, la sua comunicazione è dunque quella di persuadere la
coppia umana ad assaggiare un frutto che Dio ha proibito di mangiare. Ha selezionato il suo Target
group, in questo caso una sola persona, EVA, elaborando anche una copy strategy in cui è delineata
una promessa estremamente allettante: SE MANGI IL FRUTTO DELL’ALBERO VIETATO, DIVENTERAI
COME DIO”. La promessa è tale che Eva all’improvviso, percepisce il frutto sotto una nuova luce (
non più di male ma di bene), il più importante da possedere, il più buono da mangiare: il demonio ha
costruito una nuova immagine per la mela. Persuasa dalla “campagna” diabolica di Satana Eva
mangia influenzando anche Adamo. Davanti ai rimproveri divini, Eva si comporta come qualsiasi
consumatrice dei nostri tempi. Attribuendo la colpa della scelta non a se stessa, ma accusando la
subdola seduzione del furbo comunicatore, il serpente. In tutta questa storia si è dimostrato assai
inesperto in materia di comunicazione proprio Dio che, dando il divieto di mangiare quel frutto e
formulando una sorta di minaccia, ha finito con il rendere tanto più attraente e desiderabile proprio
l’oggetto che voleva allontanare dalla conoscenza umana.

2.3 LA PREISTORIA

Probabilmente la prima forma di pubblicità che sia giunta fino a noi è un papiro egizio della fine del 2
millennio a.C , in cui si invitano i cittadini di Tebe ad aiutare il tessitore Hapù a rintracciare uno
schiavo fuggito , si tratta solo di una pubblicazione non ad intento persuasivo, Hapù a questo punto
penso di non sprecare uno strumento del genere, cosi scritte una frase subito dopo la descrizione del
fuggitivo “ Il negozio del tessitore di Hapù, dove si tessono le più belle tele di tutta Tebe, secondo il
gusto di ciascuno”. Siamo arrivati cosi ad una delle più esplicite pubblicità commerciali. Della
Pubblicità contemporanea c’è gia anche il tipico parassitismo del comunicato commercial rispetto al
contesto, come gli spot si insinuano nel bel mezzo degli spettacoli Hapù si aggiunge come un codino
al messaggio. Quello del tessitore tebano non è che un frammento di una produzione di cui
sappiamo poco o nulla, ma che con ogni probabilità fu ricchissima ed estremamente vivace. La storia
della pubblicità è legata alla storia delle città, in quanto sono luoghi in cui il commercio si sviluppa e
prospera. Le grandi città dell’Assiria o dell’Egitto furono certo abituate alla diffusione di messaggi
pubblicitari, ma affinchè la pubblicità sia giudicata come un argomento degno di essere trattato si
dovrà attendere il XVIII secolo: prima d’allora il poco che sappiamo sulla pubblicità lo ricaviamo dagli
annunci o dalle insegne sopravvissute e da qualche occasionale citazione dei cronisti.
La maggior parte dei messaggi pubblicitari non erano neppure scritti, ma venivano affidati alla voce
di quegli araldi o banditori che già in Grecia erano comuni e che a Roma si chiamarono PRAECONES ,
il loro ruolo oggi viene perpetuato forse solo a Napoli dai PAZZARIELLI, il quale compito era quello di
promulgare in giro per le strade gli editti pubblici ma anche annunci commerciali privati. Altro
medium pubblicitario diffuso nell’antichità era una superficie in legno o in muratura, ricoperta di
vernice bianca, su cui era possibile scrivere o dipingere annunci pubblici o privati: si chiamò AXON in
Grecia e ALBUM a Roma. A Roma un altro MEDIUM svolgeva compiti propagandistici: il LIBELLUS,
foglietto appeso alle pareti, su cui per lo più venivano scritti editti o messaggi simili. Questo mezzo
divenne particolarmente importante da quando nel 59 a.C Giulio Cesare istituì gli Acta Diurna,
fogliettini che furono i progenitori degli odierni giornali. Chi voleva essere informato trovava sulla
stessa parete su cui erano affissi gli ACTA, anche annunci commerciali proprio come nei nostri attuali
quotidiani. Poi le insegne dei negozi e artigiani che non riportavano solo il nome della bottega e la
definizione del tipo di commercio, ma aggiungevano anche segnali iconici. Della comunicazione
pubblicitaria scritta dal mondo romano, solo Pompei ci ha conservato una ricca documentazione, si
tratta essenzialmente di messaggi commerciali ed elettorali. Ci si limita al nome e all’indicazione.
ESEMPI:

“ NON VENDO NISI AMANTIBUS CORONAS” ovvero “ non vendo ghirlande che agli innamorati”
proclama un fiorista, oppure un tintore si limita a una serie di immagini che si succedono come in un
cartoon.

Per secoli la situazione non subirà evoluzioni. Lungo tutta la storia pubblicitaria, infatti sono
generalmente il mutare delle condizioni economiche e il progredire tecnico dei mezzi di
comunicazione a provocare contraccolpi decisivi nella produzione dei messaggi commerciali. Il
medioevo non farà altro che perpetuare i modi e i mezzi di comunicazione pubblicitaria gia utilizzati
nella Roma imperiale.

2.3.1 LA NASCITA DELLA STAMPA

Solamente nel 14 secolo con l’arrivo dalla Cina, la stampa xilografica e nel secolo successivo con
l’invenzione dell’incisione su lastra metallica, che una nuova maniera di produrre messaggi viene
offerta alla diffusione della pubblicità. La stampa riprodotta realizzata ancora con la tecnica dell
incisione da Erhardt Altdorfer, fratello del più noto pittore Albrecht , è un volantino che pubblicizza
una lotteria svoltasi a Rostock nella Germania settentrionale nel 1516 e presenta molti elementi di
notevole interesse: lo spazio del volantino è diviso in due parti

1) La parte superiore è dedicata alla persuasione; svolgendo cosi due temi,

-DIVERTIMENTO – SERIETA'

Nella parte alta abbiamo la persuasione dove domina il DIVERTIMENTO, rappresentato da una sorta
di presentatore- conduttore che guida la festa, rappresentato e vestito in una certa maniera, ma
proprio per questa sua caratteristica di spettacolarità e gioventù può far sorgere qualche dubbio
sulla serietà dell’organizzazione a cui l’acquirente dei biglietti affida i propri soldi, per rassicurare il
pubblico , ai due lati del presentatore sono raffigurati due personaggi di una certa età vestiti
elegantemente come si addice a persone serie, insieme a loro abbiamo due segretarie per rinforzare
la loro immagine che li assistono nello svolgimento dei loro compiti.

La parte bassa dedicata all’informazione, vengono presentati i vari premi , ognuno di essi
accompagnato da una didascalia descrittiva.

I due temi protagonisti della zona centrale vengono ribaditi ai lati della raffigurazione:

- A sinistra un trio di musicisti rinnova la promessa di intrattenimento


- A destra un altro personaggio serio, seduto, controlla gli ingressi e rassicura ancora di più il
pubblico sulla certezza di trovarsi comunque fra persone affidabili.

L’ultimo elemento è la possibilità che viene offerta dal pubblico di identificarsi con persone di alta
classe, infatti, sull’estrema destra una coppia è vestita in maniera ricca ed esibitivi.

Con queste tecniche di stampa, più economiche del manoscritto, venivano soprattutto stampati
volantini e immagini religiose e l’uso principale che se ne fece a scopi commerciali fu quello della
propaganda per la vendita delle indulgenze ecclesiastiche. Ma quasi contemporaneamente alla
diffusione dei volantini stampanti, alla metà del XV ci fu l’invenzione della stampa a caratteri
attribuita a Gutenberg che forniva un MEDIUM estremamente più economico alla diffusione
dell’informazione. Lo sfruttamento pubblicitario massiccio della stampa a caratteri mobili non è
immediato e resta invece piuttosto limitato per più di un secolo. Il primo manifesto storico
pubblicitario di carattere non religioso è quello di WILLIAM CAXTON, librario ed editore londinese
che nel 1477, proponeva ai potenziali acquirenti un libro di norme legate alla festività pasquali. La
differenza fra il manifesto di Caxton e gli altri esempi è che nel messaggio inglese oltre a titoli e
prezzi si inserisce un elemento di carattere persuasivo: il richiamo alla possibilità per i lettori di
trovare nel suo negozio libri “ a prezzo economico”.

2.4 XVII-XVIII SECOLO – FASE DELLE GAZZETTE

2.4.1 Montaigne e Renaudot

Il vero mutamento che diede il primo impulso all’evoluzione e al prepotente sviluppo della pubblicità
fu la nascita del giornale. Già lungo tutto il XVI secolo erano stati diffusi degli stampati di uno o più
fogli che andavano sotto il nome di “ gazzette” e che riportavano notizie politiche, pettegolezzi ecc
ecc. e solo nel 1609 Johan Carolus edita il primo vero periodico a regolare frequenza settimanale.

L’incontro fra stampa periodica e annunci pubblicitari è stata probabilmente propiziata da Michel de
Montaigne che propone una formula progenitrice dei cosiddetti annunci economici, annunci che
servono per la necessita relativa ad ogni persona, esempio: nelle grandi città ci dovrebbe essere un
luogo dove le persone possono recarsi e far registrare da un apposito ufficiale una proposta come

- Cerco accompagnatore per andare a Parigi


- Cerco padrone
- Cerco operaio

Appunto in base alle proprie esigenze. Con un mezzo del genere i bisogni dei singoli possono
completarsi reciprocamente.

Nel 1606 un cortigiano del re Ernico IV invio al monarca una memoria in cui si riproponeva l’idea di
Montaigne e pochi anni dopo, nel 1612 un medico di nome Renaudot vicino al cardinale Richelieu,
riprese questa memoria avanzando la richiesta di realizzarla personalmente. Renaudot dovette
aspettare fino al 1630 quando fu lo stesso cardinale Richelieu a convincere il re ad andare avanti con
la sua memoria, ebbe un grande successo e incominciò a pubblicare sul giornale appoggi alla politica
, includere annunci pubblicitari il quale il primo fu quello per un’acqua minerale.

In questo annuncio ci sono vari elementi di carattere persuasivo ancora adottati dalla pubblicità
attuale: il riferimento a un problema ( la siccità ), il ricorso all’autorevolezza scientifica ( i nomi dei
due dottori ), lo snob appeal e il ricorso alla tecnica del testimonial con la citazione del re in persona.

2.4.2 L’illuminismo - i primi studi teorici

I centocinquanta anni che seguono l’iniziativa di Renaudot furono anni di modesto mutamento
qualitativo per la produzione pubblicitaria: da un punto di vista tecnico si può notare solo il
progressivo subentrare ai messaggi di tipo informativo di annunci pubblicitari. Sono anni pero di
forte crescita qualitativa e quello fu anche il primo momento in cui l’attivita pubblicitaria riusci a
suscitare l’interesse dei teorici, che iniziarono a studiare il fenomeno sia dal punto di vista
dell’efficacia, sia e soprattutto dal punto di vista dell’etica. La seconda metà dell XVII e XVIII videro
un’enorme progresso con il giornalismo. Le testate nascevano in numero sempre maggiore e con
periodicità sempre più frequente fino a raggiungere il ritmo quotidiano e, se all’inizio erano
soprattutto veicoli di cronaca, finirono con l’ospitare sempre più articoli di cultura e di polemica
politica e sociale. In particolare gli illuministi trovarono nei periodici una maniera di diffondere
velocemente le proprie idee riformatrici, con la possibilità ulteriore di rivolgersi a un pubblico più
ampio. L’incontro sugli stessi fogli degli illuministi con i loro articoli e con i loro annunci fece si che i
primi si interessassero ai secondi e dedicassero loro brevi ma folgoranti studi.
Il primo episodio si deve a Joseph Addison che nel 1710 sulle pagine del “Tatler” , descrive gli
annunci pubblicitari, con affettuosa partecipazione, come “ cronache della vita del piccolo mondo...
che a volte mi commuovono fino alle lacrime”, nel 1711 sulle pagine del celebre “Spectator”, nota
che la pubblicità ha una sua funzione di rivalsa sociale, perché “ un uomo che non ha titoli per
figurare sulle gazzette, può apparirvi grazie agli annunci, cosi che un bottegaio vi si trova al fianco di
un ministro”. La pubblicazione degli annunci era la vera fonte di sostentamento di questi giornali,
tanto che per limitarne il successo il governo si sentiva attaccato dai giornalisti, cosi impose una
tassa di uno scellino su ogni annuncio, portando cosi alla chiusura dello Spectator e di molti altri
giornali. Finche i suoi periodici vissero, Addison dimostrò molto interesse anche per la fattura degli
annunci, arrivando a dare consigli sul “Tatler”. L’importanza essenziale per il messaggio pubblicitario
del riuscire ad attirare l’attenzione: “ La grande arte dello scrive annunci pubblicitari consiste nel
trovare il modo appropriato di catturare l’occhio del lettore”

Se il whig Addison si dimostra molto aperto nei confronti della pubblicità, dall’altra parte il tory
Henry Fielding, si dimostra un acerrimo critico di questa attività. Quando poi nel 1750 fu nominato
giudice, cercò maniere efficaci di contrastare quello che egli vedeva come il pericoloso strapotere
dell’attività pubblicitari e propose perciò un controllo governativo sugli annunci affinché essi fossero
orientati solo all’utilità pubblica e non riuscissero nell’intento di favorire il dominio monopolistico
delle aziende che ne avessero fatto un uso troppo disinvolto.

Si colloca anche Voltaire che in uno scritto del 1767 ironizza violentemente su un annuncio che ha
osato citare il progresso dell’agricoltura e dell’industria e chiamare a propri tesimoni Colbert e Ernico
IV, solo per pubblicizzare delle salsicce e delle aringhe.

In Italia invece abbiamo Gasparo Gozzi che nel 1760 decide di accogliere la pubblicità sul suo
giornale, la “gazzetta veneta”, lo vive come un vero servizio al pubblico sulla scia di Renaudot e si
sente autorizzato a presentare questa novità ai suoi lettori come un ‘iniziativa. Nessuno di questi
scrittori che sia favorevole o contrario alla pubblicità sul piano etico, ne mette comunque in dubbio
le capacità tecniche e le qualità retoriche. Una posizione mediana per noi oggi è quella che assume
Smauel Johnson che dedica alla pubblicità un intero articolo sul numero 40 del proprio settimanale “
The Idler” :

L’uso di affiancare alla cronaca dei pubblici eventi informazioni più minute e domestiche, riempiendo
cosi i giornali di pubblicità, si è sviluppato poco a poco fino a giungere alle dimensioni che vediamo
oggi. La dimostrazione del genio è l’inventiva. Colui che per primo utilizzò la curiosità creata da un
assedio o da una battaglia per indurre i lettori dei giornali a ricordare l’indirizzo del negozio dove si
vende la miglior cipria senza dubbio un uomo di grande sagacia e profonda conoscenza della natura
umana. ESEMPIO

Una volta segnata la strada, seguirla fu facile, ora tutti conoscono un modo veloce per informare il
pubblico su ciò che ciascuno desidera vendere o comprare, che siano beni materiali o non. Tutto ciò
è comune è disprezzato. Gli annunci pubblicitari sono oggi cosi numerosi, che vengono letti con
molta negligenza ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione con la magnificenza delle
promesse. Ma c’è anche chi ha capito che la modesta sincerità conquista le simpatie del pubblico. Il
mestiere della pubblicità è oggi cosi vicino alla perfezione, ma poiché ogni professione dovrebbe
essere esercitata nel dovuto rispetto del pubblico, si sente il dovere di porre un problema morale a
questi maestri della pubblica opinione, chiedendo se qualche volta non giochino un po troppo
spregiudicatamente con le nostre passioni, come quando il venditore dei biglietti della lotteria ci
attrae nel suo baracchino vantando il premio vinto con un biglietto da lui venduto l’anno
precedente, o se nelle controversie pubblciitarie non si indulga ad asprezze di espressione.

In pubblicità è consentito a tutti di parlar bene di se stessi, ma non vedo perché ci si debba arrogare
il diritto di criticare il proprio concorrente. Chiunque proclami la propria superiorità, dovrebbe
scrivere con la coscienza del ruolo che ha chi osa richiamare l’attenzione del pubblico. E dovrebbe
ricordare che il suo nome starà, accanto a quelli del Re di Prussia e dell’imperatore di Germania e
cercare di essere degno di tale compagnia. Uguale rispetto dovremmo avere per i nostri posteri: ci
sono oggi uomini diligenti e curiosi che conservano i giornali che altri trascurano e che un giorno
saranno rari. Quando queste raccolte saranno lette in un secolo futuro, come verranno giustificate le
innumerevoli contraddizioni? E come sarà distribuita la fama fra i sarti e i bustai di oggigiorno?

Alcune delle notazioni di Johnson sono di particolare rilievo:


1) la forte precisazione della pubblicità nei giornali che ricorda molto i lamenti attuali per
l’affollamento pubblicitario nei mezzi di comunicazione di massa
2) La sottolineatura del meccanismo che fa si che il lettore cerchi la parte redazionale del giornale e
ci trovi accanto la pubblicità sapientemente intrusa.
3) La modernissima osservazione sulla distrazione del pubblico causata dall’eccesso di annunci e la
conseguente continua necessità per i pubblicitari di alzare il tono fino al parossismo (esasperazione)
4) L’ammirazione per la perfezione della tecnica pubblicitaria, secondo Johnson non più migliorabile.
5) La constatazione di pubblicità si occupano e parlano di tutti senza chiedersi se ne hanno la
qualificazione necessaria.
6) Ma soprattutto l’invito agli abilissimi comunicatori pubblicitari a usare in maniera etica il proprio
potere e a moderar l’impiego delle armi patetiche nei confronti dell’emotività del pubblico.

Un episodio esemplare dimostra quanto in questo periodo fosse divenuto disinvolto e scaltrito lo
sfruttamento delle debolezze dell’animo e delle passioni umane a fini commerciali: la presentazione
della patata come ottimo alimento per il popolo francese, ad opera di Parmentieri.
Alla “cena delle patate, fra gli invitati c’era anche un americano geniale, Benjamin Franklin, che può
essere considerato il padre di quella pubblicità americana. Franklin , fu anche un editore e redattore
di giornali, amò redigere egli stesso gli annunci che comparivano su “ The Pennsylvania Gazzette”, da
lui fondata. Un annuncio molto singolare venne concepito da Franklin nel 1742; singolare anche
perché egli non era solo il creatore della campagna e il proprietario del giornale in cui veniva
pubblicata. La tecnica adottata con la STUFA FRANKLIN è quella di esaltare i vantaggi del nuovo
prodotto attraverso la rappresentazione molto viva dei rischi che si corrono con le stufe normali che
con le loro bocche piccole permetto che nella stanza si creino correnti di aria fredda. Nasce la
pubblicità comparativa.

2.5 La fase industriale

Con il finire del 18esimo secolo, la storia della pubblicità subisce un cambio decisivo e assume un
andamento estremamente più rapido. Ancora una volta sono gli sviluppi economici e il progresso dei
mezzi di comunicazione a far sentire i loro effetti sul lavoro pubblicitario. Dalle prime macchine alla
pila di volta, tutto il secolo e gia la fine del precedente sono segnati da un susseguirsi continui di
invenzioni e di perfezionamenti di macchine che sostituiscono il lavoro umano e rendono più facile la
vita delle gente, ma vengono male accolte dai lavoratori che vedono in esse possibili sostituti e
quindi minacce al proprio salario. La produzione da artigianale si fa industriale, il commercio deve far
circolare una quantità sempre crescente di merci e prodotti in territori sempre più ampi, inizia la
necessità di creare e difendere la marca come elemento distintivo delle diverse produzioni,
comincia la vera concorrenza di mercato. A consentire e agevolare questa dilatazione provvede lo
sviluppo industriale che viene applicato anche ai procedimenti di stampa. Nel 1796, il musicista Alois
Senefelder inventa la stampa litografica che, diventa ben presto un medium per gli artisti figurativi,
da la possibilità di stampare manifesti come se non se ne erano mai visti per la qualità e quantità.
Nel 1811, Friedrich Koening inventa la macchina da stampa che verrà inaugurata nel 1814 dal
quotidiano londinese “the times” e nel 1818 Pierre Lorilleux inventa l’inchiostro da stampa. Dopo la
metà del secolo, grazie anche all’utilizzo di rotative a più cilindri, la stampa dei quotidiani diventa
venticinque volte più veloce e di conseguenza anche la crescita quantitativa del fenomeno
pubblicitario. I due mezzi che dominano questo secolo di storia pubblicitaria sono dunque la stampa
periodica e il manifesto. Gli annunci stampa venivano prodotti in maniera assai poco curata,
lasciando una notevole prevalenza al testo e utilizzando per il visual disegni piuttosto grossolani, i
manifesti venivano spesso affidati a veri e propri artisti, dando cosi origine al fenomeno del
cartellonismo, che si colloca a metà strada fra la comunicazione pubblicitaria e la produzione
artistica, diventa anche cosi un campo di espressione di artisti assai interessanti e ospita anche
sperimenti di avanguardia. Il protagonista di questo fenomeno fu Jules Cheret che non solo creò
personalmente oltre mille cartelloni di notevole qualità pittorica ma seppe anche, nel ruolo di
stampatore, sviluppare la tecnica della litografia a colori con lastre successive portandola a un grado
di raffinatezza altissima. Il suo successo fu propiziato dal profumiere Rimmel che intui la possibilità
pubblicitarie del cartellonismo e finanziò gli inizi della sua impresa di stampa litografica. Meno
importante storicamente molto più convincente, è Henri de Toulouse-Lautrec che iniziò questa
specializzazione ispirato da un raro caso di manifesto pubblicitario a opera di Bonnard e dedicò poi
molta parte della sua attività al cartellonismo. Da un punto di vista comunicazionale, questa
produzione rientra in quella che viene chiamata rèclame, termine ancora spesso usato
erroneamente per designare la pubblicità in genere e che invece si riferisce più propriamente a
questo particolare linguaggio dominato da immagini di tipo pittorico ma in cui la parte verbale è per
lo più limitata al nome del prodotto e la cui funzione è essenzialmente di richiamo, mentre il
discorso persuasivo è povero o nullo. Lo sviluppo del cartellonismo e le sue qualità pittoriche ,
diventarono sempre più attraenti, utilizzarono il colore e inclusero saltuariamente anche delle
fotografie.

2.5.1 Le “PATENT MEDICINES” e P.T Barnum

I principali utenti della pubblicità di questo momento sono le cosiddette “patent medicines”,
medicine di dubbia fattura e di dubbia efficacia, vantate in annunci e volantini con termini
estremamente enfatici e con promesse mirabolanti. Nel Seicento si sviluppò l’industria delle
“medicine” brevettate (patent medicine o Nostrum), che non erano medicine e spesso nemmeno
erano brevettate, bensì pozioni con gli ingredienti più vari che promettevano di curare ogni cosa.
Nell’Ottocento i giornali erano pieni di improbabili annunci pubblicitari che le reclamizzavano. I
presunti rimedi non erano frutto di ricerca scientifica, ma erano presentati come se lo fossero, e non
mancavano le celebrità che ne testimoniavano l’efficacia.

IUna Testimonianza molto illuminante ce ne viene fornita da Honoré de Balzac che nel suo romanzo
parla al personaggio di César Birotteau dove dice che diffuse la ricchezza di quei manifesti, annunci e
mezzi di comunicazione che si chiamano “ ciarlataneria”, messaggi inventati da parte di Birotteau e
Popinot che stampano per vantare la qualità dei prodotti. Esempio: per tutta Londra vennero affissi
dei manifesti che parlavano di un Olio Cefalico e sull’impossibilità di far nascere nuovi capelli e sul
pericolo di tingerli, un vero e proprio certificato di vita per i capelli morti promesso a tutti coloro che
lo avrebbero usato. Tutti i parrucchieri stamparono e decorarono le loro porte con cornici dorate e
questo tipo di informazione con un affermazione che diceva “ i popoli del passato conservavano le
proprie capigliature con l’uso dell’olio Cefalico.”

Balzac dimostra come lui e i suoi contemporanei avessero già intuito molti dei meccanismi base della
pubblicità:
-l’evidenziazione dei problemi (capelli che non ricrescono in questo caso )
-la minaccia delle tinture, e i rischi che potevano portare
-la garanzia di una Accademia delle scienze come in questo caso
-la fusione tra immagini accattivanti e testo informativo
-il richiamo alla tradizione
-l’attenzione alla pianificazione dei mezzi
E' molto significativo il parallelismo che viene fatto da un protagonista di questo periodo come
Barnum, fra la propria attività e personalità di un uomo di circo e di creatore die venti spettacolari e
la pubblicità. Dirà che per il proprio successo ha studiato attentamente l’arte della pubblicità.

2.5.2 La nascita delle agenzie

Ancora fino ai primi decenni del 19 secolo, questo tipo di lavoro era svolto in maniera personale e
artigianale. Abitualmente era la stessa azienda che si preoccupava di dare le istruzioni a un
redattore, spesso un giornalista, e a un illustratore che provvedevano a scrivere il testo
dell’annuncio e a illustrarlo. Poi incaricato dalla stessa azienda contattava la proprietà del giornale o
l’impresa di incollaggio per far affiggere i manifesti o pubblicare l’annuncio, contrattandone le
tariffe. Quando però negli Stati Uniti, l’espansione commerciale fece superare alle aziende i confini
del proprio stato, divenne complesso per un’azienda newyorkese, trattare gli spazi a San Francisco e
viceversa. Per eseguire questo lavoro nacquesro allora le agenzie di pubblicità, il cui compito era
quello di fare da intermediari fra chi possedeva gli spazi o incollava i cartelli e le aziende che
desideravano diffondere i propri messaggi. Le prime agenzie si facevano pagare una commissione da
chi vendeva i propri spazi o i propri servizi, ma era anche all’origine di molte irregolarità e corruzioni.
La prima vera agenzia di pubblicità è considerata quella fondata da Volney B. Palmer nel 1843 a
Philadelphia, mentre in Europa Charles Duveyrier a Parigi nel 1845. Il successo fu grandissima e nel
1861 si contavano venti diverse agenzie. In Italia abbiamo Attilio Manzoni già abitualmente
produceva e distribuiva gli annunci per la propria industria e fondo nel 1863 a Milano la prima
agenzia concessionaria italiana. Progressivamente l’agenzia NWAyer&Son fondata a Philadelphia nel
1868 da F.W. Ayer iniziò a offrire gratuitamente il lavoro di redazione e illustrazione che a sua volta
commissionava a Free-lance esterni: la creatività entrava a far parte dei servizi dell’agenzia. Francis
Wayland Ayer fu un singolare personaggio destinato a seguire le orme paterne di insegnante, entrò
in pubblicità solo per motivi economici , ma si appassionò al lavoro in cui dimostrò un grande senso
degli affari fino a diventare un banchiere di successo. Si deve a lui soprattutto la nuova formulazione
del contratto fra AGENZIA E UTENTE:

L’AGENZIA: pur continuando a essere pagata dai mezzi con una percentuale sul costro dello spazio
acquistato , sottoscriveva però il contratto con L’UTENTE diventando cosi un rappresentante dei
suoi interessi, anche se non veniva pagato da lui.

In quegli stessi anni ci fu anche James Walter Thompson che comprava l’agenzia in cui lavorava e la
trasformava in quella che oggi porta il suo nome, a lui si deve anche la creazione di una figura
centrale nella struttura delle agenzie di pubblicità ovvero l’account executive che segue come
responsabile un determinato numero di clienti: ere cosi nata l’agenzia moderna. Molte di queste
prime agenzie ebbero vita difficile e scomparirono ben presto ma la THompson, conquistò notevoli
successi espandendo la propria attività superando l’atlantico e aprendo una propria sede a Londra
diventando una vera e propria agenzia globale.

2.5.3 John E. Powers e la “Honest Advertising”

Figura a se stante nel panorama della pubblicità è John E. Powers, conosciuto come il padre della
pubblicità onesta e visto come un predecessore sia da coloro che seguiranno la strada della REASON
WHY ADVERTISING sia da coloro che seguiranno la strada della CREATIVITY. Coprywriter free-lance,
dal carattere pessimo, credeva fondamentalmente che la pubblicità dovesse essere:

SEMPLICE – FATTUALE – SINCERA FINO ALL’ESTREMO LIMITE-

Lavorò principalmente per i grandi magazzini WANAMAKER e per loro concepì un annuncio famoso
per la sua sconvolgente provocatorietà e sincerità: Abbiamo un sacco di brutte cianfrusaglie e di
roba di cui ci vogliamo sbarazzare. Nel giro di poche ore il magazzino venne svuotato.

Diceva che per scrivere un buon testo pubblicitario bisogna ottenere :

Attenzione dal lettore –attenersi alla verità

Se la verità non è confessabile , si fa in modo che lo diventi. Il suo lavoro fu di ispirazione per molti
copywriter che gli succedettero.

2.6 Prima metà del XX secolo – La fase fondante

Se alla fine dell’ottocento il rispettivo peso di Europa e America può essere considerato abbastanza
equivalente, dall’inizio del nuovo secolo a ben oltre la fine della seconda guerra mondiale, tutto cio
che è innovativo, avviene grazie agli Stati Uniti: è in questa nazione e proprio in questi anni che
nasce la pubblicità contemporanea e successivamente sarà la base della pubblicità anche in Europa,
qui nascono le grandi multinazionali dell’industria e della pubblicità, che diffonderanno , imporranno
i metodi e il gergo americano. Lo sviluppo è assai disordinato e discontinuo, ma si possono almeno
distinguere due tendenze parallele delle quali la prima , che chiameremo

“CORRENTE SCIENTIFICA”: che andra progressivamente a ottenere superiorità fra gli anni 20 e 40 a
scapito della seconda che verrà chiamata

“CORRENTE ESTETICA” : senza che vi siano discontinuità, ibridazioni e contraccolpi e un almeno


apparente ribaltamento finale. Un’altra coppia di definizioni di queste due correnti potrebbe essere
quella di “HARD SELLING” E “SOFT SELLING” ( vendita dura e vendita morbida ) che tende a
evidenziare la proposta di vendita:

In maniera secca e diretta, basata su fatti più o meno precisi nel primo caso HARD SELLING

In maniera leggera e indiretta basata principalmente sull’emozione, sulla fantasia , divertimento,


simpatia nel secondo caso SOFT SELLING.

Gli stati uniti nella prima metà del novecento, le due correnti ebbero in comune la rivincita dei
copywriter che nel secolo precedente erano stati o del tutto cancellati a quelli che chiameremmo
art directori, i veri artisti come Gustave Cheret o Herni de Toulouse . Con gli inizi del 20secolo è tra i
copywriter più importanti come Sherwood Anderson, Christopher Morley ecc ecc.

La principale differenza esteriore fra le due correnti sta nel fatto che mentre i rappresentanti della
CORRENTE SCIENTIFICA sono perfettamente coscienti della propria appartenenza a una scuola.
I pubblicitari che si possono inserire nella CORRENTE ESTETICA, non furono assolutamente coscienti
di una simile appartenenza o comunanza , non scrissero testi teorici, non proposero metodologie e
siamo solo noi oggi , a POSTERIOSI , che ricostruiamo questa vicenda e attribuiamo loro questa
etichetta. Il principale elemento comune fu invece la onnipresente fiducia nella positività
dell’attività pubblicitaria, che derivò dall’espansione economica e la fecondò in un circolo virtuoso
che la grande crisi ,iniziata nel 1929 ,riuscì a interrompere solo parzialmente e solo per breve tempo.
Se il roosveltiano “ NEW DEAL “ riuscì a far riprendere lo sviluppo economico, questo fu possibile
anche grazie al sostegno della pubblicità e non a caso è sotto forma di slogan che il programma di
ripresa venne lanciato. A dare sostegno all’impetuoso crescere dell’attività pubblicitaria
intervengono i nuovi mezzi radio e televisione, che inducono a nuove forme di espressione e
forniscono una tavolozza molto più ricca e articolata alla costruzione dei messaggi. Non bisogna
dimenticare che alla base di molte impostazioni metodologiche e produzioni pubblicitarie di questo
periodo c’è la forte diffusione negli Stati Uniti dell’interesse per la psicologia e per il funzionamento
del cervello umano.

2.6.1 La corrente “SCIENTIFICA”

Nel 1898 un billante venditore di commercio poi divenuto imprenditore di successo , Elmo Lwis ,
formulo uno schema destinato a imperitura popolarità. Secondo questa formula, perché un’azione di
vendita sia efficacia occore :

- Attirare L’ATTENZIONE del consumatore


- Suscitare L’INTERESSE per il prodotto
- Stimolare il suo DESIDERIO di possederlo o comprarlo

Due anni dopo aggiunse un nuovo punto alla sua formula

- Il desiderio deve trasformare in un’AZIONE concreta di acquisto

Nacque cosi il modello che prende il nome di AIDA che ancora oggi viene insegnato a tutti i
principianti pubblicitari come formula riassuntiva degli obiettivi che occorre porsi nel momento in
cui si concepisce un messaggio. Questo modello ha avuto nel tempo diverse proposte di integrazioni
e modifiche: lo stesso St. Elmo Lewis aggiunse l’S di SODDISFAZIONE al quinto posto, ma
fondamentalmente lo schema sopravvisse inalterato e venne riecheggiato anche dal noto ricercatore
Daniel Starch quando propose il primo vero test di efficacia per gli annunci pubblicitari che dovevano
:

- Essere visti
- Essere stati letti
- Essere stati creduti
- Essere ricordati
- Indurre all’azione

Gia questi esempi ci fanno capire che qualcosa è decisamente mutato nella pratica professionale ,
ora molti pubblicitari cercano formule che codifichino in maniera precisa compiti e passaggi del
processo di comunicazione pubblicitaria, non per fini etici ma per scopi eminentemente pragmatici.

E’ ben nota la battuta, per lo più attribuita a Herny Ford : SO CHE LA META’ DEI SOLDI CHE METTO IN
PUBBLICITA’ SONO BUTTATI VIA, MA NON SO QUALE”

Autentica o inventata che sia, questa frase evidenzia perfettamente il problema: con l’enorme
sviluppo del mercato e delle comunicazioni di massa;
le aziende committenti investono sempre più e sempre più esigono di sapere dove vanno a finire e
come lavorano i loro soldi;
i pubblicitari d’altra parte si sentono obbligati a dare ai loro clienti una risposta che sia la più precisa
possibile e si illudono di poterla trovare in queste formule e in questi studi.
KENNEDY E LASKER

In questo tentativo di dare autorevolezza scientifica al lavoro pubblicitario i due primi pubblicitari di
spicco furono John E. Kennedy e Albert Lasker.

Il canadese John E. Kennedy prima di fare il copywriter era stato una giubba rossa e aveva fatto molti
altri mestieri. E’ l’autore della famosa frase “ ADVERTISING IS SALESMANSHIPON-PAPE (AND ON THE
AIR)” ossia “ LA PUBBLICITA’ E’ L’ARTE DEL VENDITORE REALIZZATA SU STAMPA ( E ATTRAVERSO
L’ETERE )” ed è soprattutto considerato l’inventore del concetto di REASON WHY, ossia della
necessità di dare al pubblico degli elementi razionali che gli permettano di credere alla promessa
pubblicitaria. Nonostante la sua impostazione rigorosa, fu forse anche il primo rappresentante di
quel tipo di creativo, disordinato e discontinuo bella vita, che diventerà più tardi quasi una
macchinetta. Dopo un colloquio iniziato inaspettatamente e proseguito per un’intera notte, Alber
Lasker lo chiamò a lavorare per Lord&Thomas , fondarono cosi la prima scuola di copywriting, che
può anche essere considerata la prima vera scuola di pubblicità. Nel frattempo Kennedy scriveva nel
1905 THE BOOK OF ADVERTISING TESTS, in cui predominano gli esempi di come si debba scrivere un
annuncio affinché venda e in cui si insiste sulla necessità di dare basi precise al lavoro pubblicitario e
ai giudizi della sua efficacia.

LA PUBBLICITA’ DOVREBBE ESSERE GIUDICATA SOLO SULA BASE DEI PRODOTTI CHE RIESCE A
VENDERE CONUN DETERMINATO INVESTIMENTO. LE SEMPLICI OPINIONI SUL COPYWRITING NON
DOVREBBERO NEACHE ESSERE PRESE IN CONSIDERAZIONE PERCHE’PRODUCONO SOLO CONFLITTI,
COME LE OPINIONI SULLA RELIGIONE. NESSUNO DELLA RELIGIONE CHE PROFESSA RIUSCIREBBE A
FAR CAMBIARE IDEA AD UN ALTRO. QUESTA E’ SOLO UNA DIMOSTRAZIONE DI QUANTO SIANO
INCOERENTI LE SEMPLICI OPINIONI. LA RELIGIONE NON PUO’ USCIRE DAL DOMINIO DELLE OPINIONI,
PERCHE’ NESSUNO PUO’ DECIDERE QUALE FEDE E’ GIUSTA E QUALE SBAGLIATA FINO A QUANDO
NON SI MORIRA’. PER LA PUBBLICITA’ E’ DIFFERENTE, COME PER LA MECCANICA E PER LA
MEDICINA, PERCHE’ QUESTE TRE DISCIPLINE POSSONO ESSERE TESTATE. MOLTI UTENTI SEMBRANO
SODDISFATTI DI INVESTIRE IL LORO DENARO SU DELLE SEMPLICI OPINIONI, QUANDO POTREBBERO
INVESTIRE SU DELLE EVIDENZE. SONO QUEGLI UTENTI CHE DEVONO VEDERE LA MORTE DEI PROPRI
AFFARI PRIMA DI CONCICERSI CHE LA “PUBBLICITA’” IN GENERE E’ SBAGLIATA E CHE L’ARTE DI
VENDERE ATTRAVERSO LA STAMPA E’ GIUSTA.

Nonostante i grandi risultati positivi Kennedy lascio la LT nel 1907. Colui che loa veva scoperto e
lanciato , ALBER LASKER, è comunemente indicato come il vero padre fondatore della pubblicità
moderna. Inizio giovanissimo a lavorare come giornalista e curiosamente fu proprio il padre, che
disprezzava il mestiere del giornalismo, a convincerlo a entrare alla Lt, Lasker accettò solo per fare
piacere al padre, convinto di restare per una settimana diventò un suo copywriter per otte 44 anni. Il
suo successo fu tale che divenne ben presto comproprietario dell'Agenzia.

Le tre cose più importanti avvenute nella storia della pubblicità sono state:

- La fusione media-creatività ad opera di AYER


- La valorizzazione della qualità dei messaggi a opera di LASKER
- Il sesso, introdotto da Thompson nella campagna del sapone WOODBURY
Era ossessionato dalla ricerca di regole che assicurassero il successo della campagna pubblicitarie e
questo lo spinse ad assumere Kennedy prima e nel 1908, dopo averlo lasciato, Hopkins fece della
Lord&Thomas la più grande agenzia del mondo.

Soddisfatto dei risultati che aveva ottenuto, Lasker decise di abbandonare la pubblicità commerciale
per occuparsi sia dei propri affari , organizzazione sportiva, sia di propaganda politica.

Intanto però , in assenza di Lasker, l’agenzia aveva perso il proprio primato ed egli ritenne opportuno
tornare a occuparsene, riconquistando cosi la leadership, intuendo per primo le enormi potenzialità
pubblicitarie della radio, lanciando su questo mezzo il comico Bob Hope in trasmissioni da lui stesso
organizzate, sponsorizzando le trasmissioni di football americano e le opere in diretta dal
Metropolitan, inventando i polizieschi radiofonici tratti dalla cronaca vera. La morte della amatissima
moglie e l’inettitudine pubblicitaria del figlio lo spinsero , nel 1938, a cedere l’agenzia ai suoi tre
migliori collaboratori, pretendendo però che il nome di Lord&Thomas scomparisse con lui e che
l’agenzia prendesse il nome dei tre nuovi manager : Foote, Cone e Belding (FCB) , l’agenzia che fino
al 1999 è stata la più grande degli stati uniti.

Hopkins, Barton, Caples

La definizione che meglio di ogni altra ci fa capire che la vera natura della corrente pubblicitaria
potrebbe essere quella fornita da Hopkins in “ SCIENTIFIC ADVERTISING” ossia “pubblicità
scientifica”

Dopo aver creato alcune campagne di successo in varie agenzie, fu assunto nel 1908 da Albert Lasker
al posto lasciato da Kennedy diventandone cosi l’amministratore delegato. Nel 1923 pubblicò
Scientific Advertising, cui fece seguire con minor successo un autobiografia-trattato di pubblicità “my
life in advertising”. Egli credeva che il solo obiettivo della pubblicità fosse – VENDERE- e a questo
scopo pretendeva che i suoi collaboratori conoscessero a fondo sia il prodotto sia la psicologia del
consumatore. Da questa impostazione nacque la sua campagna più celebre e rappresentativa, il
dentifricio Pepsodent, utilizzando per la prima volta in pubblicità l’argomento della patina dentale,
che egli aveva scoperto studiando a fondo i libri di odontoiatria e aveva strumentalizzato a
vantaggio di pepsodent, trattandolo in maniera discorsiva e didascalica.

I layout di questi annunci sono di estrema semplicità in quanto secondo la teoria di Hopkins i testi
pubblicitari non devono staccarsi dal contesto in cui si trovano. In un annuncio, dei semplicissimi
disegni fanno vedere, in apertura di testo, il volto di una ragazza, dal sorriso impacciato e verso la
fine la ragazza che si guarda allo specchio felice. Illustrando con ricchezza i particolari problemi
connessi alla patina e i magnific risultati promessi da Pepsodent , poiché Hopkins credeva
fortemente nell’utilità dei coupon e dei contatti diretti con i consumatori, anche in questo annuncio
vi è un tagliando che offre gratis un tubo di dentifricio per effettuarne una prova di dieci giorni. Un
altro annuncio riprende le stesse tematiche ma partendo da un approccio positivo. Si vedono i volti
disegnati di un uomo e una donna belli ed eleganti che si sorridono felici e il titolo proclama: QUEI
SORRISI DI PERLA- fate anche voi come loro. Combattete quella patina scura sui denti.-

Hopkins impose, testi lunghi, ben documentati, razionali e semplici, impaginazioni di stile
redazionale, con grade uso di coupon, premi, prove gratuite; credeva in una pubblicità fortemente
legata al direct marketing e ai test, sia perché era convinto che in tal modo essa fosse più efficace,
sia perché sapeva che questo era un modo più sicuro di programmare e misurare i risultati, dando
cosi una base scientifica al lavoro pubblicitario. Giunse anche a formulare per primo un principio
ancor oggi fondamentale per la comunicazione pubblicitaria: riprendendo la formula dell’AIDA,
l’INTERESSE, non può essere suscitato dal nulla e che nessun messaggio pubblicitario è in grado di
costruire l’INTERESSE, del consumatore se esso non è in qualche modo preesistente nella sua mente.
La pubblicità può risvegliare interessi addormentati, ma non può creare interessi estranei al pensiero
del pubblico. E’ proprio per evitare di perdere tempo dietro la costruzione inutile di motivazioni
inefficaci, credeva che i pubblicitari devono avere una conoscenza scientifica della psicologia.

Un forte interesse per la psicologia del pubblico la evidenziò anche uno degli uomini di maggior
successo e più chiacchierati di questo periodo: BRUCE BARTON. Figlio di un predicatore , iniziò
facendo il giornalista e divenne pubblicitario per caso, riempiendo di propria iniziativa, intorno al
1912 uno spazio rimasto vuoto sul quotidiano, con la pubblicità per un libro di storia: QUESTA è
MARIA ANTONIETTA CONDOTTA A MORIRE.

L'appello di cultura e lo stimolo di sembrare ignoranti fece vendere 400mila copie del libro e questo
successo spinse Barton a dedicarsi sempre più alla pubblicità. Intanto Barton nel 1924, aveva
completato il suo libro più famoso “L’uomo che nessunno conosce”, in cui narra la vita di Gesù Cristo
presentato come il più grande pubblicitario : L’uomo più invitato ai banchetti di Gerusalemme era in
effetti un pubblicitario: persuadeva, raccoglieva seguaci, trovava le parole giuste per suscitare
l’interesse e creare il desiderio.

Che il pubblicitario impari la sua lezione e cioè: che se vuole persuadere il pubblico, prima di tutto
deve catturare il suo interesse con qualcosa di nuovo ; che è ciò che fai per loro e non ciò che dici;
che quello che dici deve essere semplice, sincero.

Scrisse cosi una lista di 6 ingredienti per costruire un buon annuncio:

1) il tema: deve basarsi su due principi; l’interesse di ogni uomo per se stesso e il suo interesse pe
rgli altri.
2) Titolo interessanti
3)Il visual
4) Il testo : L’introduzione può essere quasi eliminata, il testo deve adattarsi allo spazio
5) Gli aggettivi: quando avete finito di scrivere, tornate da capo ed eliminate tutti gli aggettivi.
6)Uno scopo: non scrivete mai un annuncio senza l’idea che qualcosa succederà, Il potere di un
ordine diretto, dire sempre adesso siediti e non se vi piace questo bellissimo opuscolo siamo lieti di
inviartelo.
Allievo e successore di Barton John Caples è passato alla storia della pubblicità giò con il suo
annuncio d’esordio.

“RISERO, QUANDO MI SEDETTI AL PIANO... MA QUANDO INZIAI A SUONARE!”


L'annuncio, mostra in alto un semplice disegno in cui si vede un gruppo di amici riuniti in un salotto
per trascorrere la serata in compagnia; al centro un giovane sta aggiustando l’altezza dello sgabello
davanti al piano prima di sedersi e con la mano già comincia a muovere i primi tasi. Sul divano una
ragazza sussurra ad un ragazzo seduto se avesse mai suonato prima. Ma dopo aver incomiciato a
suonare fu un trionfo completo in quanto tutti i ragazzi che credevano che non sapesse suonare, lo
inondarono di applausi e di domande insieme a complimenti. In questo annuncio è chiaro il
meccanismo che parta da una tensione creata fra la situazione inquietante dell’inesperto che si
accinge a fare qualcosa di difficile e il lieto fine liberatorio allorchè ci si accorge che ne è capacissimo.
Il funzionamento è assicurato dalla graduazione lenta in continuo crescendo e dal ribaltamento delle
reazioni del pubblico, con un trattamento che, indugia sui particolari, sui commenti deli astanti, sulle
sensazioni estatiche del protagonista, dilatando l’attesa fino a che dopo il TURNING POINT
dell’accoglienza trionfale, tutti segnali dell’attenzione che Caples dava alla costruzione del testo.
Figlio di un’agiata famiglia newyorkese, trovava sollievo alle proprie angosce esclusivamente nella
scrittura; solo il servizio in marina riuscì a farlo uscire da un isolamento patologico e lo portò a
decidere di conciliare scrittura e guadagno, facendo il copywriter. Scrisse 3 libri di grande successo :

-Tested advertising methods


-Advertising ideas
-Making Ads Pay
Ripetendo in tutti le sue fondamentali convinzioni che : 1) gli annunci vanno testati
2) la coerenza viene prima di tutto
3) il linguaggio deve essere semplice.
A lui si deve una celebre lista di sette comandamenti basati su centinaia di test e che riecheggia in
qualche modo la AIDA. I sette punti da tenere in considerazione per una pubblicità di successo sono:
1) Il tuo annuncio attira il pubblico giusto?
2) il tuo annuncio blocca l’attenzione del pubblico?
3) il tuo annuncio suscita desiderio?
4) riesci a provare che c’è un vantaggio economico?
5) riesci a stabilire un rapporto di fiducia?
6) dai la sensazione che sia tutto facile?
7) riesci a motivare i potenziali clienti ad agire subito?
Ma è soprattutto in Tested Advertising Methods che Caples da libero sfogo alla propria mania
classificatoria e normativa con ad esempio l’elencazione dei titoli che attraggono il maggior numero
di lettori: esempio

“COME UNA FOLLE IMPRESA MI FECE DIVNETARE UN BRAVO VENDITORE”


“DATEMI 5 GIORNI E VI SVELERO’ IL SEGRETO DI UNA PERSONALITA’ MAGNETICA”
Oppure con l’elenco delle 4 più importanti qualità che deve avere una buona headline:
1) Far leva sull’egoismo del lettore
2) Essere informativa
3) Incuriosire
4) Suggerire l’idea che i risultati saranno rapidi e facili
Infine con le sedici formure per scrivere titoli
1) Iniziare con la parola “COME” nel senso di “COME RIUSCIRE A” ( come imparare a ballare)
2) iniziate con la parola “COME” nel senso di “ IN QUALCHE MANIERA “
3) Introducete una novità
4) iniziate con la parola “NUOVO”
5) Iniziate con la parola “ORA”
6) usate una sola parola
7) iniziate con la parola “QUALE”
8) Fate leva sul desiderio di denaro
9) usate la parola “GRATIS”
10) Inserite un elemento di STUPORE
11) Iniziate con la parola “CERCASI”
12) Iniziate con la parola “FINALMENTE”
13) Iniziate con la parola “QUESTO”
14) Iniziate con la preposizione “PER”
15) Iniziate con le parole “ESSI RISERO”
16) Iniziate con le parole “AVVISO” o “CONSIGLIO”
Ci fu un commento che lo stesso Caples fa alla formula 15; Questa formula può essere espressa con
dei simboli di una forma algebrica, Essi risero quando io X, Ma quando Y, Essi Z, Recentemente
questo tipo di titolo è stato addirittura parodiato in un avviso pubblicitario per un impianto di aria
condizionata. Consisteva in una pagina divisa in due: entrambi le parti riproducevano lo stesso
disegno, con due diverse didascalie. Quella di sinistra diceva: ESSI RISERO QUANDO MI SEDETTI AL
PIANTO” , quella di destra: Poi comprai un impianto di aria condizionata. Essi continuano a ridere
ma, ragazzi, che bel frsco che sento io “. L’impostazione scientifica di Caples e la sua inestinguibile
fiducia nelle formule, ci possono sembrare ingenue e antiquate, ma i commenti che egli fa alle
proprie formule, dimostrano un sincero interesse per il consumatore e per la sua psicologia oltre a
un’esperienza enorme e sono tuttora una grande fonte di suggerimenti e di intuizioni.

REEVES

Il più famoso erede della pubblicita “SCIENTIFICA”, quelle che ne prese su di se tutti i meriti e tutte le
critiche e , in qualche modo, chiuse questa fase della pubblicità americana, fu ROSSER REEVES. Gia a
10 anni pubblicava racconti e poesie. Quando la famiglia è travolta dalla crisi finanziaria del
1929,Reeves comincia a lavorare come giornalista ma, entra in pubblicità e si fa notare da TED BATES
che, aveva appena aperto l’agenzia che porta tuttora il suo nome. Viene assunto e ben preso si rivela
il personaggio più di spicco della struttura e ne diventa direttore creativo e presidente. Nel 1961
scrive REALITY IN ADVERTISING, in cui sono riassunte le sue idee e quelle di quasi tutta la pubblicità
scientifica. Esempio:

“NEL MOMENTO IN CUI INTERVENGONO LE LEGGI , SI SDISTRUGGE L’ARTE; E LA PUBBLICITA’ E’ UN


ARTE” , Reeves diceva che aveva visto migliaia di campagna eleganti, spiritose e coinvolgenti che non
hanno venduto. Dovete rendere interessante il prodotto, non rendere differente l’annuncio, ecco
quello che troppi copywriter statunitensi non hanno ancora capito.

Sull’onda di una travolgente successo aziendale, Reeves si interessa anche attivamente di politica e
crea la campagna elettorale per Thomas Dewey. Nel 1952 , Reeves accetta di ideare la campagna
per EISENHOWER che si presentava alle presidiali contro Adlei E. Stevenson e inventa lo slogan.

EISONHOWER ANSWERS AMERICA

Questo tema veniva svolto su molti mezzi, costruite in modo che venissero messe in evidenza le
pecche e la pericolosità della politica dei Democratici.

Gallup e Reeves ebbero successo: Eisenhower ottenne 5 volte i voti elettorali di Stevenson. Agli inizi
degli anni 60, la TED BATES comincia a perdere clienti, Reeves rifiuta di cambiare la propria
impostazione, solo dopo che l’agenzia perde anche il suo cliente più importante, La Mobil Oil Reeves
si ritira. Anche se le posizioni di Reeves furono fuori tempo massimo in un mondo pubblicitario che
era violentemente e profondamente cambiato, di lui resta salda e incrollabile la formula acronima
dell’UPS che ricorda che c’è bisogno diu una : UNIQUE, SELLING , PROPOSITION.

Come nota lo stesso Reeves, questo termine è cosi spesso usato d HUMPTY DUMPTY, un
personaggio di alice nel paese delle meraviglie, quando uso una parola, essa significa quelle che
voglio che significhi, ne più ne meno. L’USP è un termine preciso e richiede una definizione precisa.
Perciò cominceremo con il dire che, come la Gallia di Giulio Cesare , si divide in tre parti:

1) ogni avviso pubblicitario deve offrire una cosa precisa al consumatore. Non soltanto parole , ogni
avviso deve dire al lettore: COMPRA QUESTO PRODOTTO E OTTERRAI QUESTO SPECIFICO
VANTAGGIO.
2) L’offerta deve essere tale che la concorrenza non ne proponga o non possa proporne al
consumatore una uguale. Deve essere esclusiva.
3) L’offerta deve essere cosi forte da far muovere la massa: vale a dire, deve attirare nuovi
consumatori verso il vostro prodotto.
E’ lo stesso Reeves che, ha proposto come esempio tipico di che cos’è l’USP , quello della sua
campagna delle M&M, si presentò il responsabile dicendo che: La pubblicità della sua azienda non
aveva successo e che aveva bisogno di un’idea per incrementare le vendite. Scoprii dopo dieci minuti
di questa conversazione , l’idea pubblicitaria era proprio nel prodotto. Era l’unico cioccolatino
rivestito di zucchero, cosi si concentrarono soltanto sul campo della tecnica, usando anche una
affermazione” i cioccolatini M&M si sciolgono in bocca, non in mano”, è cosi una vera USP perché è
esclusiva, unica e rilevante per il pubblico, avendo un grande successo di mercato. Nel decennio fra
gli anni 60 il mondo pubblicitario era cambiato senza che egli se ne accorgesse e due eventi avevano
mutato in maniera irreversibile la situazione: lo sviluppo dei mezzi audiovisivi e la cosiddetta
“rivoluzione creativa”, figlia in qualche modo della corrente “estetica”

2.6.2 La corrente “ESTETICA”

Bisogna tornare alla fine dell’ottocento, quando ancora il panorama era dominato da annunci
stampa di tipo informativo, cartelloni decorativi e pittorici. La corrente estetica altro non è che
l’evoluzione novecentesca del cartellonismo del secolo precedente. Le immagini hanno sempre
avuto un ruolo forte, creando una dialettica in cui l’immagine funge essenzialmente da illustrazione
del testo e viceversa. Fra le caratteristiche di questa corrente vi sono :

La tendenza a scrivere testi narrativi o lirici


L’abitudine di creare personaggi
Il frequente uso della poesia, spesso sotto forma di filastrocca;
il tono raramente moderno della rappresentazione.

Cosi nella campagna per le Zuppe Campbell’s, nata nel 1899 con la prima illustratrice Grace Drayton,
tre bambini disegnati con lo stile dei libri infantili sono destinati a suscitare la simpatia delle mamme
e la curiosità dei bambini. Questi personaggi ebbero molto successo.
Ci fu anche la campagna per il detersivo SAPOLIO creata da James Fraser in maniere assai curiosa in
quanto egli si sforzava da giorni di trovare un’idea che rinnovasse l’immagine del prodotto. Una
notte sognò una linda cittadina olandese abitata da personaggi tutti preoccupati di tenere la propria
città pulita. La campagna presentava in ognuno dei molti soggetti un diverso cittadino della CITTA
SENZA MACCHIE , accompagnato da una semplice strofetta che raccontava come si usasse SAPOLIO.

“ Ecco qui il sindaco di Spotless Town


L'uomo più brillante del circondario
La viva luce della saggezza
Si rifletta intorno a un uomo cosi lucido
Egli proclama a nobili e umili:
I più brillanti usano Sapolio”

La campagna prosegui per oltre sei anni e il soggetto venne ripreso in libri, fumetti, giocattoli e
divenne tema per una gara fra città americane per quale riuscisse ad assomigliare di più a Spotless
Townn.

Tutto ciò ci fa vedere come la reason why cercava l’emozione e la simpatia, rispetto alla corrente
scientifica, anche una pubblicità più libera era in grado di assicurare soddisfacenti risultati
commerciali. Non si esprimeva soltanto tramite cartoon e strofette da bambini ma ancche tramite
delle barzellette come nella campagna dei pneumatici Kelly- Springfield:

Mostra il retro di un automobile su cui spicca la ruota di ricambio con il logo “KELLY SPRINGFIELD
BALLON”. E’ notte profonda, il guidatore dell’auto saluta l’altro che è gia sceso : Sono le 2:05, cosa ti
inventerai?

Le diro che abbiamo forato


Non funzionerebbe con mia moglie, lei sa che uso Kelly-Springfield.

Oppure nella pubblicità delle sigarette Camel:


I cammelli stanno arrivando
Domani ci saranno più cammelli in questa città che in africa e asia messi insieme
E finalmente.. Le Camel sono qui.
Con la costruzione di uno slogan nato nel 1921, vivo ancora oggi (CAMMINEREI UN MIGLIO PER UNA
CAMEL”
Altre volte il testo sfrutta tutte le possibili risorse della scrittura emotiva. Nelson Metcalf racconta di
essere stato incaricato nel 1942 dalla compagnia ferroviaria di produrre una campagna che
rispondesse alle molte lamentele che ricevevano per i disservizi causati dalla guerra. Provò e riprovò
a creare annunci in cui i ferrovieri venissero presentati come eroi ma nulla lo soddisfaceva, finchè
ascoltando le lamentele vere di un vero passeggero si rese conto che era quella la gente che doveva
colpire sul vivo : UNA REASON WHY EMOTIVA, produsse quello che è un capolavoro di scrittura e di
cinismo, in cui si narra la storia di un ragazzo che, va a combattere senza sapere se tornerà, mentre
c’è chi si lamenta per qualche disguido.

IL RAGAZZO NELLA 4 SUPERIORE

Lo stile grafico è chiaramente ispirato alle copertine dei romanzi di serie B, mostra uno
scompartimento di un vagone letto: la cuccetta inferiore è occupata da due ragazzi profondamente
addormentati; nella cuccetta superiore c’è un diciottenne biondo alla dolce e triste facci ancora
infantile. E’ sveglio e il testo dice in poche parole che è notte fonda sul treno militare, circa le 3.
Tutti gli uomini dormono profondamente sotto le coperte tranne un ragazzo che nella cuccetta n 4,
dove insieme a lui nella parte inferiore ci sono due ragazzi che dormono profondamente, lui invece
ascolta, osserva e pensa a tutto quello che sta lasciando dietro di se per andare a combattere, La
famiglia per esempio, o tutte le cose buone che gli portavano da mangiare, piange cosi al buio..
Mentre c’è gente che si lamenta per nulla, questo ragazzo non sa se l’indomani potrà tornare dalla
sua famiglia.

Calkins e Mac Manus

Se i pubblicitari che abbiamo inserito nella corrente “estetica” non possono vantare la stessa
visibilità individuale di quelli della corrente “scientifica”, meritano una forte evidenziazione.

Ernest Elmo Calkins è forse un minore della storia della pubblicità ma, puoò essere considerato un
tipico rappresentante di questa corrente: sordo sin da bambino a seguito di un morbillo trascurato,
provò dapprima a fare il giornalista, ma penalizzato dallo scarsissimo udito, ripiegò sulla pubblicità
ottenendo notevoli successi, fino a fondare una propria agenzia, la Calkins&Holden, quando però
alla fine degli anni 30 si senti escluso da tutto cio in quanto la radio divenne un mezzo
importantissimo e quando ci fu la morte dell’amico e socio Holden si ritirò per diventare scrittore
dove ebbe ottimo risultati.

Calkins fu anche uno dei pochi appartenenti a questa corrente che scrisse di pubblicità, con Business,
the civilizer del 1928, che costituisce un’appassionata difesa del ruolo dell’attività pubblicitaria. Fra
le sue campagne è rimasta celebre quella ideata per la LACKAWANNA RAILROAD: ne è protagonista il
personaggio di Phoebe Snow, una ragazza sempre vestita di bianco ideata nel 1904 con le
illustrazione di Harry Stacy Benton, per vantare l’assoluta pulizia di quella ferrovia. Il suo successo fu
enorme in quanto un un treno venne anche battezzato come PHOEBE SNOW. La sua caratteristica
era quella di parlare in versi, con continue invenzioni metriche e suggestivi giochi verbali in poesie
che riprendevano strofe del cabaret.

Theodore F. MacManus fondatore della omonima agenzia e convinto assertore del soft selling e
della pubblicità d’immagine contro la pubblicità da reason why alla Kennedy, iniziò come giornalista
ma entrò ben presto in pubblicità. Al lavoro di copywriter e imprenditore affianco un’attività di
poeta di cattolico militante, ma la sua fama è legata al singolo annuncio “THE PENALTY OF
LEADERSHIP”: è un annuncio per la Cadillac in cui è chiaramente esemplificato il concetto
fortemente suggestivo e poetico che MacManus ha della pubblicità di immagine.

Il layout è semplicissimo, solo una cornice appena ornata con un alto medaglione ovale e in basso
una cornicetta oblunga: questi due spazi sono i soli in cui compaia il nome aziendale. Tutto il resto è
testo.

IL PESO DEL PRIMATO

In ogni campo dell’impegno umano, chi è primo deve perennemente vivere sotto il bianco del
riflettore della notorietà. L’invida è sempre al lavoro che sia un uomo o un oggetto. Quando il lavoro
di un uomo diventa uno standard per tutto il mondo, egli diventa anche il bersaglio per gli atttacchi
dei gruppetti invidiosi. Che si scrive o si dipinge o qualsiasi altra cosa nessuno lotterà per sorpassarvi
o caluniarvi, a meno che il vostro lavoro non sia segnata dal marchio del genio. Molto dopo che un
grande lavoro o un’opera sono stati compiuti, coloro che ne sono infastiditi o invidiosi
continueranno a gridare che non è possibile fare una cosa cosi. Chi è primo è aggredito perché è
primo e lo sforzo di eguagliarlo è solo una prova in più di questo primato. Gli inseguitori cercando di
deprezzare e distruggere cio che non riescono a eguagliare o superare ma non fanno che confermare
lla superiorità di colui che si sforzano di soppiantare.

Rubicam e Gribbin

Un’agenzia seppe materializzare la tendenza “estetica”: quella fondata da Raymond Rubicam,


discende da due ricche e illustri casate di Philadelphia, dovette assistere alla morte di entrambi i
genitori, diventando un ribelle e facendo ogni tipo di mestiere e scoprendo una propria vocazione
per la scrittura. L’incontro con la pubblicità presso una piccola agenzia, fu del tutto casuale, ma fece
nascere un’immediata e proficua passione, già nel 1919 era in Ayer e dopo la sua morte fondava con
Young l’agenzia che tuttora porta il suo nome.

Ben presto dovette abbandonare il mestiere che più amava , quello del copywriter, per fare quello
che non amava ma in cui riusciva perfettamente, il manager, la sua maniera differente di concepire
la pubblicità portò l’agenzia a superare splendidamente la grande crisi e ad avvantaggiarsi sui
concorrenti. I due amici ebbero ben presto un grave screzio: Young era convinto che il denaro non
fosse una buona ragione per rovinarsi la vita con il troppo lavoro e Rubicam lo invitò ad uscire
dall’agenzia. Uno dei più noti annuncio creati da Rubicam in qualche modo riprende lo stile
dell’annuncio Cadillac di MacManus, ma presenta le basi dello stile proprio di questo copywriter.

Era il 1921 , Rubicam che ancora lavorava in Ayer si sforzava gia da giorni e notti di trovare un
annuncio degno dell’agenzia Squibb, che egli ammirava molto. Una notte rimetteva a posto dei
foglio pieni di appunti quando gli si affianco la frase da due pezzi di carta: “ L’INGREDIENTE SENZ
PREZZO” e sull’altro “ONORE E INTEGRITA’” e improvvisamente trovò l’headline giusto :
L’INGREDIENTE SENZA PREZZO IN OGNI PRODTTO E’ L’ONORE E L'integrità DEL SUO PRODUTTORE”.
Questa frase divenne una specie di firma di tutta la filosofia di Squibb per moltissimi anni.

L’annuncio di tipi istituzionale, presenta solo una cornice con fregi rinascimentali ed ha un lungo
testo: Parla di un giovane ragazzo che andò da un saggio chiedendogli come doveva fare per far
fruttare tutto ciò che aveva speso, il saggio gli rispose che una cosa comprata o venduta non ha
alcun valore a meno che non contenga qualcosa che non può essere ne comprato ne venduto,
cercare l’ingrediente senza prezzo. L’ingrediente senza prezzo di ogni prodotto sul mercato è l’onore
e l’integrità dell’uomo che lo produce, rispose il saggio. Valuta prima di comprare.

Ma l’annuncio che più di ogni altro esemplifica le sue impostazioni, Raymond Rubicam lo ideò
proprio per la sua agenzia nel 1930. Faceva parte di una serie di dodici messaggi che Rubicam e
Young avevano deciso di far uscire a favore della propria agenzia sul primo numero di una rivista di
cui avevano previsto il grande successo “fortune”. L’idea nacque quando Rubicam colse al volo
un’osservazione del socio a proposito di un annuncio per un loro cliente: “certo che ha un grande
impatto”.

L’annuncio mostra il volto deformato di un pugile nero mentre viene colpito dal pugno di un altro
pugile senza guantone .

IMPATTO

Il testo riporta due definizioni:

SECONDO IL WEBSTER, il singolo istantaneo colpo di un corpo in movimento contro un altro corpo.
Secondo la YOUNG&RUBICAM: la qualità di un annuncio che colpisce improvvisamente l’indifferenza
del lettore e incita la sua mente a ricevere il messaggio di vendita.
La forza , l’impatto di questo annuncio sta evidentemente nella maniera fortemente emotiva in cui il
concetto viene tradotto sia nell’immagine, sia nella sintesi del testo. Rubicam che narra cime, prima
di trovare la giusta forma di trasmettere il concetto siano stati fatti almeno venti tentativi diversi.

Alla scuola di Raymond Rubican appartiene George Gribbin, la cui vita fu assai lineare . Terminata
una fruttuosa educazione universitaria, aveva deciso di fare il giornalista ma, dopo breve esperienze
in agenzie , entro in Young&Rubicam nel 1935 come copywriter e rimase fino a diventarne
presidente nel 1963. NEL 65 ANDò IN PENSIONE E FU CONSIDERATO IL migliore DOCENTE DI
PUBBLICITà IN TUTTO IL MONDO. MORI A 74 ANNI IN PORTOGALLO. Si considerava soprattutto uno
scrittore ed era convinto che prima che un venditore, il copywriter dovesse essere un bravo artigiano
della parola ed un uomo di cultura che si tenesse aggiornato leggendo le riviste e ampliasse la
propria mente leggendo i classici. Cio che chiedeva ai suoi copywriter e a se stesso era la capacità di
capire la gente, di avere una profonda comprensione della loro psicologia e di provare una vera
simpatia verso il pubblico. Elaborò un proprio stile, uno stile narrativo condotto con leggerezza e
umorismo, in parte sul serio in parte scherzando, dettò le regole per scrivere un annuncio stampa
efficace:

1) Fatti aiutare dal tuo Art Director a creare un’immagine che spinga il pubblico a leggere l’headline
2)Scrivere un ‘headline che sicuramente porti il pubblico a leggere la prima frase del bodycopy
3) Scrivi una prima frase del bodycopy che sicuramente porti il pubblico a leggere la seconda frase
4) continua cosi finchè non sei sicuro che il pubblico legga l’ultima parola dell’annuncio
5) Assicurati che l’immagine e tutte le parole riescono a costruire una stora che faccia venire al
pubblico l’acquolina per il prodotto.
L’annuncio che egli disse sempre di preferire fra quelli da lui scritti è un chiaro esempio del suo stile:
concepito per la compagnia d’assicurazione THE TRAVELERS, sembra quasi un breve monologo
teatrale e non ha neppure un titolo; la protagonista comincia subito a parlare:

A28 anni cominciò a pensare che forse non si sarebbe mai sposata per la sua altezza, grandezza delle
mani , piedi, non si vedeva graziosa con i vestiti che si indossava. Quando alla fine arrivò un’uomo ,
Everett non era il tipo perfetto che si sogna quando si hanno 16 anni, era un tipo timido e imbranato
ma vide in lei qualcosa che nemmeno lei riusciva a vedere e cominciò a sentirsi qualcuno. Ben presto
si abituarono a stare insieme che si sentivano perduti quando non lo erano e infine si sposarono. Le
sarebbe piaciuto avere dei figli ma non potevano, era come Sarah della bibbia, pensava che Dio gli
diede Everett come miracolo e le doveva bastare. Quando Everett morì si sentiva troppo vuota per
piangere per la bella vita passata insieme, e infine grazie ad un’assicurazione scoperta dal fratello è
riuscito a sistemarla per tutta la vita, contenta di quanto ha amato quell’uomo fin quando non morì.

Se questo fenomenale esempio di Bodycopy è il testo preferito dallo stesso Gribbin, il suo annuncio
più famoso è uno dei molti che egli ideò e scrisse per le camice Arrow Shirts.

Burnett e la scuola di Chicago

Cronologicamente a cavallo fra la fase fondate e il periodo successivo, Leo Burnett iniziò a lavorare
come giornalista dove ebbe come maestro Theodore MacManus. Cambiò poi varie Città e varie
agenzie. Nel 1935, arrivato a Chicago fondò l’agenzia che porta il suo nome. Questo atto fu
ricompensato in quanto la sua struttura è tuttora una delle maggiori del mondo ed egli è considerato
il fondatore della cosiddetta scuola di Chicago, si ritirò infine nel 1967.

Leo Brunett aveva una grande fiducia nelle possibilità della buona pubblicità, anche se era convinto
che essa richiedesse un notevole sforzo.
La pubblicità per lui deve essere attraente, coraggiosa, fresca, coinvolgente, ben concentrata quanto
a temi e idee che, allo stesso identico momento, possa costruire una buona reputazione a lunga
gittata e produrre delle vendite nell’immediato presente.

Lo stile della scuola di Chicago, come delineato da Burnett, consiste nel trovare il “dramma” in ogni
prodotto e prendere spunto da questo per costruire l’idea pubblicitaria. Le due sue creazioni più
famose sono proprio basate su personaggi dalla grande personalità: IL GIGANTE VERDE, IL
CELEBERRIMO COWBOY CHE VIVE NEL MARLBORO COUNTRY. Alla sua personalità è anche legata
una famosa frase, da cui è derivato lo slogan della sua agenzia : REACH FOR THE STARS

Quando cerchi di afferrare le stelle, forse non riuscirai a prendere neanche una, ma certo non ti
troverai neanche con un pungo di fango.

2.6.3 I MEZZI AUDIOVISIVI

La seconda metà dell’ottocento e gli inizi del Novecento vedono il perfezionamento dei mezzi a
stampa , con l’uso sempre più diffuso della fotografia, l’invenzione del fax, in questi stessi anni
iniziano i primi esperimenti che porteranno alla nascita dei nuovi mezzi audiovisivi: nel 1844 Samuel
Morse presenta il telegrafo, nel 1849 Antonio Meucci ha la prima intuizione del telefono di cui
porterà l’invenzione a compimento nel 1871, I fratelli Lumiere presentano il loro cinematografo nel
1895. I passi decisivi verso i nuovi mezzi li compie Guglielmo Marconi nel 1894, con il primo
esperimento di telegrafia senza fili, realizzando il primo ponte radio. Agli inizi del 1900 lo sviluppo
delle trasmissioni via cavo e via etere prosegue in maniera quasi parallela: Negli anni 1910 si fanno
vari tentativi di trasmissioni audio, via telefono , ma negli anni 1920 la radio ha trionfato e c’era una
vera fioritura di radio private, in cui sono assai frequenti gli inserimenti pubblicitari, per lo più pagati
da piccole aziende o negozi. Nel 1924 nasce a Torino la Uri (UNIONE RADIOFONICA ITALIANA, che
verrà trasformata nel 1927 in EIAR, ENTE ITALIANO AUDIZIONI RADIOFONICHE, e dal 1944 in RAI
RADIO AUDIZIONE ITALIANE ) e il 6 ottobre dello stesso anno la voce di Maria Luisa Boncompagni
inaugura i programmi della radio italiana. Si sviluppano intanto i veri mezzi audiovisivi fra il 1925 e il
1927, si effettuano vari esperimenti di televisione elettronica, nel 1927 nasce il cinema sonoro e nel
1928 negli USA viene addirittura effettuato il primo esperimento di TV a colori. Mentre la televisione
muove i primi passi, la radio diventa un mezzo di grande rilevanza anche come veicolo pubblicitario
ma in maniera diversa da quella attuale: la maggior parte degli investimenti erano dedicati alla
sponsorizzazione di trasmissioni musicali, radiodrammi, di racconti gialli e il fenomeno divenne ancor
più macroscopico da quando nel 1930, Irna Philips inventa il format delle Soap Operas, chiamante
così perché il principale sponsor era la grande industria di detersivi Procter&Gamble

Già nel 1930 in Gran Bretagna la pubblicità scopriva le potenzialità della televisione, anche se in
dimensioni locali e , nel giro di un decennio le reti televisive e il loro sfruttamento pubblicitario
diventano una realtà; il nostro paese si muove meno rapidamente ; nel 1933 con la prima
trasmissione sperimentale alla fiera di Milano e la prima trasmissione ufficiale sul territorio italiano a
opera della televisione vaticana , le vere trasmissioni regolari della Rai cominceranno solo nel 1954.

Come per la radio anche per la televisione la formula usata è quella della sponsorizzazione: il primo
vero spot televisivo è del 1941 per la Bulowa, ma negli stessi anni il numero di trasmissioni
sponsorizzate cresce in maniera esponenziale e si tratta soprattutto di soap operas e di quiz. Nel
1950 la raccolta pubblicitaria della tv supera quella della radio e “Variety” parla del “più colossale
fenomeno di isteria collettiva mai verificatosi nel mondo degli affari” nel 1951 con “I love Lucy”
nasce la formula della sit-com nel 1952 viene promulgato il codice televisivo statunitense; nel 1953
iniziano le trasmissioni regolari a colori. Intanto la situazione del mezzo televisivo si modifica, a causa
di due fenomeni di grandissima risonanza popolare che influenzano alla base la maniera di recepire
questo mezzo da parte del pubblico: scandalo delle domande truccate in “the 64.000$ Question”, un
programma quiz sponsorizzato dalla Revlon, rivela agli americani che ciò che essi credevano
autentico era in realtà accuratamente preordinato e la conseguente reazione di sfiducia pone fine
alla voga americana di questa formula e delle sponsorizzazioni in genere; nel 1963 il 36% degli
americani dichiara di ritenere che la tv sia il medium più veritiero contro il 24% che afferma il
contrario e quindi preferisce l’informazione stampata.

2.7 IL TURNING POINT

Come abbiamo visto, il panorama della pubblicità americana è ancora dominato da un


rappresentante della corrente “scientifica” come Rooser Reeves e il discorso pubblicitario non è
mutato più di tanto. Intorno ad esso moltissime cose sono cambiate e continuano a cambiare. La
guerra ha minato molte certezze americane, come l’ostilità in Corea, l’ostilità dell’urss. E l’aumento
del costo della vita della vita crea problemi e scontentezze. Il pubblico è sempre più giovane e agli
inizi degli anni 60 il 50% degli americani ha meno di 25 anni e sono desiderosi di cambiamenti. Viene
eletto john Kennedy e viene assassinato nel 1963. La televisione ha dato alla cronaca, allo spettacolo
e alla pubblicità un nuovo linguaggio e nuove potenzialità e gia alla metà degli anni sessanta ha
conquistato il 90% delle famiglie americane.

La depressione degli anni trenta non aveva permesso molta esploratività o innovazione. Negli anni
quaranta il progresso si misurava con la forza degli eserciti avanzati, non con la genialità. Gli anni 50
ristrutturano il nostro mondo post-bellico trasformandolo in una società dei consumi e
concentrandoci fortemente sul possesso materiale. Il risultato fu che entrare negli anni 60 non ci
bastò. Esplodemmo in quella nuova era, eleggemmo il nostro più giovane presidente, adottammo i
britannici Beatles, cominciammo a venerare la gioventù e l’esplorazione spaziale. Il mutamento negli
anni 60 era differente, più brusco. Per molti non era facile da gestire ne da comprendere. Il termine
“Gap generazioanle” entro nel linguaggio comune. La maggior parte degli utenti pubblicitari e delle
loro agenzie, riconobbero la necessità di rispondere agli atteggiamenti e alle preferenze dei
consumatori, che stavano mutando drammaticamente. Le formule che nel precedente
cinquantennio avevano proposto regole certe e scientifiche entrano in crisi anche loro, ma anche le
vaghezze poetiche della corrente “estetica” non soddisfacevano più. Quello che realmente succede è
che la corrente “scientifica” viene incanalata in un ancora più ferreo pragmatismo, e dall’altra parte,
la corrente “estetica” assume coscienza di se, fa un’autocritica e si presenta in campo con un nuovo
spirito battagliero. Anche in pubblicità si avverte quel fortissimo gap generazionale che non è
abagrafico , ma culturale.

2.7.1 LA REAZIONE PRAGMATICA

In questi anni, in parallelo con l’espansione delle agenzie americane verso i paesi non anglosassoni,
nasce il bisogno di rendere ufficiale la strategia di comunicazione in modo che dia garanzie ai
committenti americani che gli inaffidabili europea non si prendono troppe libertà. Essa viene
strutturata secondo una formlua che, può essere riassunta nello schema :

Obiettivo- target group- promessa principale – reason why- tono di voce

In questo schema ciò che domina sono i “fatti”, gli hard facts, le news da annunciare riguardo al
prodotto. Sono soprattutto le multinazionali che diffondono queste formule e questo richiamo agli
Hard facts in tutto il mondo, dando cosi il via a dei messaggi sullo stile di “ credevo che il mio bucato
fosse bianco, finche non ho visto il tuo”.
2.7.2 Bernbach e la rivoluzione creativa

Il mondo di rigide regole costruito dalla corrente “scientifica” e per le atmosfere “estetiche” era
condivisa da molti giovani pubblicitari, uomini di marketing, stanchi di constatare che l’applicazione
di quelle regole non sempre portava a risultati esatti e prevedibili come ci si dovrebbe attendere
dalla scienza; ci voleva un uomo capace di operare nei confronti della tradizione pubblicitaria
novecentesca ciò che Giotto operò nei confronti della pittura medievale: un cambio totale di visione.

Quell’uomo fu William Bernbach che nasce a New York da un padre sarto da donna. Era di origine
ebraica e poté frequentare una scuola privata e non dovette mai provvedere ai bisogni della
famiglia. Bernbach affascinato dal mestiere del pubblicitario creò di propria iniziativa un annuncio
per la Schenley’s American Whiskey Cream, un prodotto per distillerie, e approfittando del suo ruolo
di fattorino lo recapitò come anonimo al reparto pubblicità dell’azienda. L’annuncio piacque tanto
che venne pubblicato. Conobbe il segretario di direzione della Schenley’s e questi lo presentò al
proprietario, che stava appunto cercando di identificare l’autore dell’annuncio anonimo: venne
immediatamente assunto al reparto pubblicità dell’azienda, dove peraltro restò poco,
successivamente entro nell’agenzia Weintraub, ma intanto era scoppiata la guerra; Bill viene
richiamato nell’esercito e vi resta per tutto il periodo bellico. Al ritorno, viene assunto come
copywriter all’agenzia Grey, azienda di notevole successo, famosa in quei tempi per assumere
persone di etnie diverse. Nel giro di pochi mesi ne diventa il direttore creativo. Il 1947 è la data
decisiva dove Berncach scrive il suo più lungo testo teorico: le poche pagine di una lettera inviata ai
proprietari della Grey; che è anche il manifesto della incombente rivoluzione creativa, dunque dice:

La nostra agenzia sta diventando grande, c’è da esserne felice ma anche preoccupati, confessa
quindi anche lui che è molto preoccupato. Preoccupato perché si può cadere nella trappola della
grandezza; che si possa seguire la storia invece di farla ecc ecc In pubblicità ci sono molti grandi
tecnici che conducono il gioco e possono dire che mettere delle persone in un annuncio fa
aumentare la lettura, che una frase non deve essere più lunga o più corta di cosi, che il bodycopy
deve essere suddiviso, ma la pubblicità è persuasione e si da il caso che la persuasione è un’arte.
Parlando con scrittori e grandi artisti , di cui molti considerati “grandi” , pochi erano autenticamente
creativi, però potevano difendere ogni proprio annuncio alla base dell’aderenza alle regole della
pubblicità. Le capacità tecniche rendono migliore un bravo creativo. Ma il pericolo è che si preoccupi
solo della tecnica o che si confonda la capacità tecnica con la creatività. Poiché non riceve risposta
dai prorpietari dell’agenzia, comincia a pensare a una propria struttura e stringe amicizia con Ned
Doyle, dirigente del reparto contatto della Grey, che ne condivide le opinioni e che lo presenta a
Maxwell Dane, una piccolissima agenzia newyorkese. Nasce cosi nel 1949 la Doyle Dane Bernbach ,
l’agenzia che lotta per mettere in pratica le sue idee, cosi vincendo. Per il lavoro di Bernbach
abbiamo un certo numero di esempi da illustrare come e perché quest’agenzia mutò cosi
profondamente il panorama della pubblicità americana e di tutto il mondo.

Ohrbach’s; questi grandi magazzini vendevano prodotti popolari a costi popolari, Bernbach propose
di trasformarli in magazzini di moda, convinto che anche la gente di un certo livello sarebbe stata
ben felice di acquistare prodotti di moda a basso costo. Lo fece cambiando profondamente il
linguaggio della pubblicità, che diventa ammiccante , sofisticato, provocatorio e opposto a qualsiasi
abitudine del settore.

In un annuncio per il rientro scolastico, invece di mostrare bambini felici con le loro nuove cartelle e i
nuovi vestiti invernali, mostra su un grande spazio bianco, un bambinetto rannicchiato in un angolo,
con ancora addosso i pantaloncini estivi, le scarpe da ginnastica e a torso nudo. Ciò che più colpisce
è la sua faccia imbronciata : il titolo dice SIAMO SPIACENTI DI INFORMARTI CHE LA TUA ROBA PER LA
SCUOLA E’ PRONTA DA OHRBACH’S.

Il testo prosegue dicendo: “ forse non riesci ad affrontare la realtà con allegria ma devi affrontarla,
quindi avrai bisogno di abiti nuovi, trovi tutto quello che vuoi ad un prezzo cosi basso che potrai
permetterti di prendere tutto quello che ti serve da adesso alla fine della scuola. Forse non
riusciremo a farti sembrare felice. Ma con quei vestiti come questi, riusciremo dannatamente bene
a farti apparire eleganti.

Ovviamente l’annuncio non si rivolge al bambino, ma alla mamma. La colpisce per la sua differenza
rispetto ai messaggi usuali. La commuove e forse la fa sorridere per l’espressione buffa del bambino.
Le permette di riconoscerci il suo di figlioi. La cattura con il realismo della situazione rappresentata e
della reazione psicologia alla scuola. Da un’immagine nuova, diversa, simpatica del grande
magazzino.

Un’altro annuncio invece, presenta la nuova collezione per ragazze. E , invece della solita bellissima
modella, magra e scattante, ci mostra una ragazza, dal facciotto simpatico, ma tondo, con un sedere
ancora più tondo e gambe decisamente grasse, infilata in un aderente golfino a strisce e in ancora
più aderenti hot pants di maglia, Il risultato non può essere più inconsueto e ridicolo. Il titolo :

E’ DI MODA, MA FORSE NON DOVRESTI ESSERCI TU DENTRO.

Il testo dice:

“ alcune ragazze fanno una figura sensazionale con gli hot pants. Ma nessuno stile va bene per tutti.
E’ una ragazza che è assolutamente divina in un vestito può sembrare decisamente spaventose con
un altro. E’ per questo che Ohrbach’s ha tante migliaia di cose di moda fra cui scegliere. Sappiamo
che c’è un look giusto per ciascuno e quando entri nel negozio vogliamo essere certi che troverai
quello che è giusto per te, ad un prezzo che puoi permetterti.

Levy’s, questo piccolo cliente, quando si rivolse alla DDB era sull’orlo della bancarotta. In questo
caso,la creatività di Bernbach prima che alla costruzione del messaggio si applicò alla strategia: egli si
rese subito conto che l’elemento di disturbo nella politica di comunicazione di Levy’s era l’insistenza
nel rivolgersi al target group più ovvio: le famiglie ebree. La comunità ebraica di New York aveva i
propri panettieri ed era abituata a mangiare il pane di segale fresco di forno, rifiutando perciò una
sia pur buona replica industriale. Bisognava dunque stravolgere le consuetudini e indirizzarsi a un
pubblico di non ebrei, non abituati al pane originale ma interessati a un pane etnico, nacque cosi una
semplicissima ma efficacissima campagna: E’ una serie composta di molti manifesti. In ognuno si
vede un personaggio caratterizzato dalla sua evidente appartenenza a una delle tante etnie che
convivono a New York ma mai di cultura ebraica. Ognuno mangia felice un panino e il titolo con un
forte gioco di allitterazioni e assonanza dice: NON OCCORRE ESSERE EBREI PER AMARE LEVY’S IL
VERO MANE DI SEGALE EBREO.

Su questa campagna si narra un aneddoto sintomatico della maniera di pensare di Bernbach e della
sua convinzione che la pubblicità non dovesse falsare e nascondere i minus, ma dichiararli e
trasformarli in plus. Sembra che il capo della Levy’s manifestasse qualche dubbio sulla firma “vero
pane di segale ebreo”

“perchè insistere cosi tanto con ebreo”

Bernbach rispose” santo cielo, con il nome Levy che hai, pensi che ti possano prendere per un
piscopale?”
El Al. Questa campagna iniziata nel 1957 e che riuscì a trasformare la piccola compagnia aerea
israeliana pressoché sconosciuta , in un compagnia amata e stimata da chi doveva recarsi in Israele,
è nota soprattutto per un annuncio “My son, the Pilot”, diventato subito un cult ad per i giovani
pubblicitari. Il visual dell’annuncio ci mostra una donna anziana dai tratti del viso forti. I pochi oggetti
intorno a lei ci lasciano intuire il tinello di una casa della media borghesia, ma le mani nodose e
rovinate della donna fanno intendere che il passato per lei è stato duro. S u un tavolino c’è la foto
incorniciata di un signora di mezza età col cappello da pilota d’aerei.

Il tutolo dice : MIO FIGLIO, IL PILOTA.

Questa anziana signora parla di suo figlio, che non si sarebbe mai immaginato che sarebbe diventato
il capo di un’intera compagnia aerea, in quanto non era interessato al volo da giovane perché
giocava a rugby, ma poi quando tutti pensavano che si sarebbe aperto un’azienda si arruolò in
aviazione. Queste campagne non portarono ricchezza alla DDB, ma le procurarono immediatamente
notorietà e ammirazione, tanto che iniziarono ad arrivare clienti progressivamente importanti come
la Volkswagen, l’Avis ecc ecc, sull’onda del valore delle campagne e dei successi di mercato che esse
procuravano ai clienti, sempre nuove altre aziende si rivolsero alla creatività di Bernbach.
Volkswagen è certamente la più famosa campagna pubblicitaria creata da Bernabach e la campagna
più famosa in assoluto. Ancora una volta l’operazione strategica e creativa consiste in una società in
cui la pubblicità per le auto costruiva icone di grandezza e magnificenza, con modelli super cromati e
colorati, la DDB puntò tutto sull’opposto.

Il visual presenta un beetle , ma in bianco e nero, relegato verso il fondo ella pagina e quindi molto
piccolo e immerso in un vuoto spazio da limbo. Nessun essere umano, Il titolo dice : THINK SMALL,
PENSATE IN PICCOLO.

La campagna prosegue con moltissimi annunci tutti coerenti a questa impostazione e ognuno
dedicato a evidenziare qualche singola caratteristica dell’auto, che serva a costruirne l’immagine di
intelligenza e libertà dai condizionamenti.
La campagna prosegue con moltissimi annunci, tutti coerenti a questa impostazione e ognuno
dedicato a evidenziare qualche singola caratteristica dell’auto, che serva a costruirne l’immagine di
intelligenza e libertà dai condizionamenti.

Un altro mostra un grafico di andamento dell’economia, che ha la forma caratteristica della


Volkswagen, prima verso l’alto e poi, velocemente verso il basso e il titolo dice:

FORSE L’ECONOMIA STA CERCANDO DI DIRCI QUALCOSA?

La campagna nei suoi molti anni di sviluppo ebbe anche svariati episodi televisivi, in coerenza con gli
annunci stampa, non fanno nessuna concessione allo spettacolo, ma dimostrano sempre una grande
inventiva concettuale: In uno spot si vede solo una Volkswagen che in un’alba invernale marcia
attraverso tempeste di neve, fino a fermarsi accanto a uno spazzaneve. Il guidatore del Beetle e lo
lascia parcheggiato, per salire sullo spazzaneve e allontanarsi. Intanto uno speaker fuori campo dice:
“VI SDIETE MAI CHIESTI COME FA L’UOMO CHE GUIDA LO SPAZZANEVE A GUIDARE FINO ALLO
SPAZZANEVE?”

QUESTO, GUIDA UNA VOLKSWAGEN. ORA POTETE SMETTERE DI CHIEDERVELO”

La Volkswagen fu ideata da Ferdinand Porsche negli anni 30. Hitler si innamoro del progetto di
un’auto popolare e la ribattezzo KDF, LA FORZA ATTRAVERSO LA GIOIA, slogan che egli amava molto
e che impose a diverse iniziative nazionalsocialiste. I piani furono interrotti dalla guerra e l’auto si
trasformò in un fuoristrada per l’esercito. Alla fine della guerra, le truppe inglesi di occupazione
ripresero il progetto e costruirono il primo Beetle. Il progetto venne rifiutato dai principali industriali
dell’epoca perché considerato sbagliato e fallimentare. L’esercito inglese decise allora di continuare
da solo e affidò il compito a un ingegnere tedesco educato a Detroit: Heiz Nordhoff. Nel 1947 si
produssero 6000 auto, nel 68 più di 1500000. Negli stati uniti i primi tentativi di introduzione del
beetle furono disastrosi. Il modello venne giudicato piccolo e brutto. Carl Hahn, capo della
Volkswagen Usa appena arrivato dalla Germania decise che era giunto il momento di far fronte alla
concorrenza locale impiegando la pubblicità. Incontrò circa 4000 pubblicitari americani ma alla fine,
decise per la DDB, grazie alla campagna di Ohrbach anche. Il Beetle nel 1960 aveva venduto 160.000
esemplari, dopo l’inizio della campagna DDB, ideata da Julian Koeing e Helmut Krone, VENDETTE
200.000 esemplari: il 25% in più.

Avis, insieme alla campagna Volkswagen, l’altra campagna che ha reso celebri Beernbach e la sua
agenzia è la campagna Avis. Oggi si è abituati a vedere aziende che sbandierano il fatto di essere il
numero uno del proprio settore, non che facciano un’intera campagna per dire di essere il numero 2.
Eppure questa comunicazione è riuscita ammirevolmente a raggiungere il proprio obiettivo di
marketing. La Hertz nel 1963 era l’assoluta leader del mercato dell’autonoleggio negli Stati Uniti e
nel mondo, mentre l’avis era appena uscita da una serie di pesanti problemi finanziari. Sotto la guida
di Peter Townsend l’azienda stava recuperando ma era pur sempre una delle molte piccole RENT-A-
CAR, a enorme distanza dalla Hertz. Il meccanismo retorico e strategico fu semplice ma geniale: si
decise di far finta di scatenare una battaglia concorrenziale contro la Hertz, in modo da associare il
proprio nome a quello del leader e staccarlo dai piccoli operatori sconosciuti. La dichiarazione del
proprio “numeroduismo” serve anche a rendere credibile la promessa di un miglior servizio
all’utente, mentre chi è solo numero due deve darsi veramente da fare. Il visual di un annuncio
mostra una mano con due dita alzata, ma anche a ricordare il gesto di Churchill in segno di vittoria.

Il testo dice: AVIS E’ SOLO IL NUMERO 2 NELL’AUTONOLEGGIO. ALLORA, PERCHE’ VENIRE DA NOI?

Noi ce la mettiamo tutta.( quando non si è più i grandi bisogna farlo.) non possiamo proprio
permetterci portacenere pieni, tergicristalli consumati, auto sporche, serbatoi mezzi vuoti ecc ecc.
Naturalmente ciò per cui ci diamo più da fare è l’essere gentili. Mettervi in cammino con un auto
nuova, come una scattante Ford e con un radioso sorriso. E sapere, ad esempio dove si trova un
buon pastrami Duluth. Perché? Perché non possiamo permetterci di darvi per scontati. Venite da noi
la prossima volta. La fina ai nostri sportelli è molto più corta. I risultati andarono molto al di là degli
obiettivi , tanto che la Hertz, si convinse della necessità di rispondere con una campagna molto
aggressiva curata da uno dei seguaci di Bernbach, Carl Ally. Sulla base di questi e di molti altri
successi si costruì non solo la notorietà e la prosperità della DDB, ma si diffuse negli Stati Uniti e
Qualche anno dopo in tutto il mondo, il cui ispiratore che era oltretutto un uomo particolarmente
schivo e modesto- preferì dare piuttosto l’esempio che dettare prescrizioni e dottrine. Dunque , per
sapere come realmente Bernbach vedesse il proprio lavoro dobbiamo leggere e interpretare i suoi
annunci.

-Le regole sono quelle cose che un artista infrange: ciò che è memorabile non è mai nato da una
formula.

Se ben applicata la creatività deve portare a vendite maggiori in maniera più economica. Se ben
applicata la creatività può alzare le tue affermazioni al di sopra della palude dell’omologazione e
renderle accettabili, credibili, persuasive, convincenti.

Lasciar correre l’immaginazione, indulgere in acrobazie grafiche e capriole verbali non è essere
creativi. Il vero creativo imbriglia la propria immaginazione. La sottopone a una precisa disciplina in
modo che ogni pensiero, idea, parole , disegno, rendano più vivo , più credibile, più persuasivo quel
concetto originale o quel vantaggio offerto dal prodotto che egli ha deciso di comunicare.

Una campagna ben fatta fa fallire più in fretta un cattivo prodotto. Perché spinge più velocemente
un numero maggiore di persone a provarlo. E ad accorgersi che è cattivo.

In parte per il contenuto ideologico dell’opera di Bernbach, in parte per l’esito estremamente
positivo della sua agenzia sul piano commerciale, egli ebbe ben presto imitatori e seguaci come
Mary Wells, fondatrice dell’agenzia Wells Rich and Green; Jerry della Femina, fondatore dell’agenzia
della Femina, Travisano & Partners, e poi altre agenzie, ma tutte incamminate sulla strada aperta da
Bernbach

2.7.3 Ogilvy e la reazione conservatrice

Mentre Reeves lottava contro le nuove truppe e Bernbach agitava la bandiera trionfante della
creativity, della Gran Bretagna arrivò un personaggio che ridiede visibilità e vigore alla corrente
“scientifica”, David MacKenzie Ogilvy nasce in Scozia da una famiglia aristocratica, studia ad Oxford
ma ne viene sbattuto fuori perché non riusciva a superare gli esami. Nel 1938, mentre i segnali di
una guerra europea si fanno sempre più preoccupanti , emigra negli Usa ed entra nell’istituto Gallup
di ricerche demografiche e pubblicitarie. Tutte queste esperienze giovanili saranno molto importanti
per la sua convinzione della necessità di capire profondamente il consumatore e per la visione che
egli ebbe del pubblico come un insieme di persone desiderose di promozione sociale, da spinger ee
desiderar eil prodotto quale simbolo e mezzo di innalzamento, secondo una tecnia di SNOB APPEAL
di cui fu convinto assertore. Nel 1948 fonda una piccola agenzia: La Ogilvy Benson & Mather, che
diventa ben presto la O&M e si sviluppa fino a diventare una delle più grandi agenzie mondiali.
Diventa cognato Confessions Of an Advertising Man, dieci anno dopo abbandona ufficialmente
l’attività e si ritira. Intanto nel 1978 aveva pubblicato un’autobiografia, Blood, Brain&Beer (sangue
cervello e birra) e nel 1983 il volume teorico Ogilvy on Advertising. Molte cose lo distanziamo da
Bernbach e dalla sua creativity, come egli stesso amava sottolineare con toni fra l’ironico e l’acido: La
parola oggi più di moda , creativity, neanche compare nel dizionario di Oxford.

Appartiene alla scuola che sostiene un buon annuncio è quella che fa vendere il prodotto senza
attirare l’attenzione su di se.

Una volta incontrò un cliente che gli chiese di creare una campagna che facesse in modo che i suoi
amici al club si congratulassero con lui, Rifiutò. Gli feci la campagna che le ricerche dimostravano
essere quella giusta per fagli vendere di più. Nessun cliente si è mai lamentato che la sua campagna
vendesse troppo.

Creativo è ciò che vende.

Pur negando quella filiazione da Hopkins che Reeves gli attribuisce, deriva da lui almeno la tendenza
ad essere didascali e precettistico, con una lunga serie di indicazione sul come fare pubblicità, in cui
è chiara la matrice scientifica:

Prima dovete studiare il prodotto da pubblicizzare, poi dovete studiare i tipi di pubblicità, fare
ricerche in mezzo ai consumatori. Scoprire che cosa pensano del vostro tipo di prodotto, che
linguaggio usano quando ne parlano, quali attributi, quali promesse sembrano più adatte. Le cinque
fonti sono:

-l’esperienza dei venditori per corrispondenza.


-L’esperienza dei grandi magazzini
-le ricerche di Gallup
-la televisione e i pubblicitari del passato.
Preferisce la disciplina del sapere all’anarchia dell’ignoranza. Arrivò a scrivere undici regole da
“seguire”:
1- quello che si dice è più importante della forma in cui lo si dice.
2- se la campagna non si basa su una grande idea non venderà.
3- esponete i fatti.
4- non stancate il pubblico per fargli comprare il prodotto
5- Bisogna essere beneducati e non fare mai i pagliacci.
6- Bisogna fare pubblicità contemporanea.
7- I comitati possono giudicare gli annunci, ma non farli.
8- Se un annuncio ha successo, bisogna ripeterlo fin quando non avrà smesso di interessare.
9- Non scrivete mai un annuncio che non vorreste che venisse letto dalla vostra famiglia.
10- La marca è la sua immagine.
11- non copiare.
La sua frase più famosa riguarda ancora una volta la maniera giusta di concepire il pubblico delle
campagne:

1) il consumatore non è stupido, il consumatore è tua moglie. Ogilvy seppe sviluppare un proprio
linguaggio che, non è neppure piatto, ne ovvio. La sua idea centrale era quella della costruzione della
brand image e personality:

“Pianificate le vostre campagne per gli anni a venire, i vostri clienti intendono continuare a restare
sul mercato. Costruite personalità accuratamente definite per le marche per cui lavorate e restate
attaccati ad esse anno dopo anno. E’ la personalità totale del prodotto quella che decide la sua
posizione sul mercato.”

Anche se, come nota Mary Tuck:

“Ogilvy e ossessionato dalla “classe”, tendeva a percepire un’immagine positiva come


necessariamente di classe superiore; tendeva a dare ad ogni prodotto un immagine elitaria; a dare a
ogni prodotto un “biglietto di prima classe attraverso la vita”

In effetti le sue campagne più famose fanno esattamente questo. Quella per le camicie Hathawya,
raggiunge il difficile obiettivo di spingere i consumatori a chiedere una camicia indicando la marca e
non solo colore, taglia e modello. Il tutto è basato sulla costruzione di un personaggio “l’uomo con la
camicia Hathaway” che vuol rappresentare un modello ideale per gli uomini di classe media: Il
barone Wrangell, un uomo maturo, abituato a farsi fare i vestiti su misura e con una benda da pirata
sull’occhio destro, allude a possibili avventure in paesi esotici. Se quest’uomo indossa una di queste
camicie, essa può diventare un oggetto di desiderio per un modesto lavoratore, la cui massima
avventura sarà andare in Florida e che la comprerà per il suo prezzo contenuto.

Un altro personaggio inventato da Ogilvy è il Comandante Edward Whitehead fu il protagonista della


campagna che lanciò la marca Schweppes negli Stati Uniti. Anche in questo caso si tratta di un tipico
britannico che, presenta agli americani la bevanda inglese. Ma l’annuncio che meglio rappresenta lo
stile di Ogilvy è quello studiato per la Rolls Royce. Ogilvy propose sempre layout semplici e ripetitivi,
in cui i due terzi superiori sono occupati dal visual e il terzo inferiore è occupato dal testo. Qui il
visual è la foto di una Rolls Royce che sfreccia davanti a noi con un singolare effetto per cui l’auto è
perfettamente definita, mentre è il paesaggio che viene sfumato, come se noi osservassimo passare
via dall’interno dell’auto.
Il titolo dice:

A SESSANTA MIGLIA ALL’ORA, IL RUMORE PIU’ FORTE IN QUESTA ROLLS ROYVE VIENE
DALL’OROLOGIO ELETTRICO.

Suggerendo cosi velocità e potenza, ma anche quel silenzio e relax, una persona di classe non può
non esigere.

2.7.4 HOWARD LUCK GROSSAGE E L’ESTREMISMO ETICO

Dopo l’uscita dell’annuncio di Ogilvy per la Rolls, arriva un annuncio per la Land Rover, il cui titolo
dice:

A SESSANTA MIGLIA ALL’ORA, IL RUMORE PIU’ FORTE IN QUESTA LAND ROVER VIENE DAL RUGGITO
DEL MOTORE.

La parodia giunge a distruggere la costruzione di Ogilvy ed evidenza che chi acquista Rolls Royce
vuole silenzio e relax, viceversa per chi acquista Land Rover.

L’auto in questo annuncio la vediamo ferma, su una strada normale e non accidentata come sarebbe
tipico per un fuoristrada, quindi un forte impatto per il lettore. L’autore Gossage, fa notare come
quante volte la Rolls Royce ha dovuto pubblicare il suo annuncio, mentre per la Land Rover
bastarono solamente due annunci.

Howard Luck Gossage nasce a Chicago. Studia all’università di Kansas City e partecipa alla seconda
guerra mondiale come pilota su un portaerei, nel 47 divenne un agente promozionale e comincia ad
interessarsi alla pubblicità dimostrando subito un forte taglio etico, di rispetto per il consumatore:
quando mettere il formaggio in un a trappola, ricordatevi di lasciare lo spazio per il topo.

Nel 1954 entra nella piccola agenzia di Brisacher Wheeler and Staff di San Francisco, dove dopo
quasi un mese ne diventa direttore generale ma lui non sopportava la vista sei suoi colleghi
licenziati, cosi nel 1957 ne creò una lui, la WEINER&GOSSAGE che installa nella storia prima caserma
dei pompieri di San Francisco.

Collabora con l’agenzia tedesca GGK e avendo ottenuto una forte popolarità nei paesi tedesci, riceve
dall’editore Econ-Verlag l’invito a scrivere quello che sarà il suo testo fondamentale che esce nel
1968 con il titolo di “ LA PUBBLICITA’ E DA SALVARE?”, pochi mesi dopo la sua morte, la sua agenzia
chiuse e lasciò una traccia sproporzionatamente inferiore alla sua importanza ideologia, che ne ha
fatto un vero oggetto di culto per molti dei creativi che vennero dopo di lui.

L’impostazione di Gossage si basa su due filoni:

L’ESIGENZA ETICA CHE LA PUBBLICITà NON PRENDA IN GIRO IL CONSUMATORE E IL GUSTO PE


RSMONTARE E MOSTRARE IMECCANISMI PUBBLICITARI.

Nessuno legge la pubblicità, la gente legge quello che gli interessa; qualche volta è un annuncio
pubblicitario.

Gossage tende anche a riprendere alcune procedure delle classiche campagne pubblicitarie,
rifacendosi soprattutto a quelle di Hopkins, di cui ripete i lunghi testi, le illustrazioni secondarie,
didascalie, coupon, al punto che i layout sembrano gli stessi di Hopkins, finche non si legge il testo e
ci si accorge che è tutta una meta-pubblicitaria, tuttavia ebbe positivissimi esiti commerciali. Una fra
le tante è forse la più citata è la campagna Fina. I carburanti si facevano una guerra di concorrenza e
Gossage vedeva che per gli automobilisti una benzina valesse l’altra, cosi decise di puntare tutto
sulla simpatia e la qualità del servizio presso i distributori, l’esatto opposto della solita impositività
pubblicitaria, il testo dice

(IL NOSTRO MOTTO)* “ SE STATE GUIDANDO LUNGO LA STRADA E VEDETE UN DISTRIBUTORE FINA
ED E’ SUL VOSTRO LATO COSI CHE NON DOVETE FARE UNA INVERSIONE DI MARCIA NEL TRAFFICO E
NON CI SONO SEI AUTO IN CODA E AVETE BISOGNO DI BENZIA O ALTRO** , PER FAVORE
FERMATEVI.***

*Lo sappiamo che non è veramente impattante quanto lo sono di solito i motti, ma è realistico e la
Fina non si aspetta che voi facciate qualcosa che non sia ragionevole e conveniente.

**Olio ad esempio

***Nel frattempo, se vi manca il cappuccio di una valvola , noi saremo felici di mandarvene uno a
nostre spese. Basta che riempiate il coupon.

Tutta l’elencazione di ipotesi che rendono ragionevole il non andare al distributore Fina, Il linguaggio
colloquiale e quasi timido, soprattutto l’uso del “perfavore”: tutto serve a costruire un’immagine di
cortesia e serietà, mentre il lettore non può non percepire il tono scherzosamente parodistico del
messaggio. Gossage venne l’idea pe runa promozione estremamente provocatoria, che lanciò in un
annuncio diventato storico. Il layout è dominato dal testo, con una sola semplice illustrazione che
schematizza l’atto di gonfiare un pneumatico. Il testo dice: ARIA ROSA

I distributori di benzina riempiranno i pneumatici con aria tinta o brillantemente colorata in un


futuro non lontano, secondo RG LUND , le compagnie petrolifere stanno già accumulando degli
additivi a favore degli automobilisti, eccetto l’aria che va nei pneumatici, l’ultimo passo sarà un
additivo per quest’ultima. Conclude dicendo che i distributori potranno vendere aria in eleganti
sfumature di verde e vari colori.

Fina non è certo la compagnia che si fa ripetere le cose due volte, continuando a presentare sempre
qualcosa di nuovo, in quanto benzina, olio e accessori sono già buoni quanto migliori, per questo
sono entusiasti di avere un additivo tutto loro, l’aria rosa che sarà negli pneumatici di tutti quando
scatterà l’AR Day nel 1966, e quando uscira il prossimo annuncio, saremo in grado di spedirvi un
sacchetto con dell’aria che non esca dalla busta.-

L'abilità di Gossage sta a dire tutto ciò che si deve dire sulla qualità dei prodotti Fina, ma senza
esagerazione. La campagna ebbe un grande successo e la Fine ebbe un grosso incremento di affari.

2.8 LA FASE INTERNAZIONALE

2.8.1 La nascita dello strategic planning

Pur riconoscendo a Bernbach il merito di aver trasformato lo stile della pubblicità americana inun
linguaggio intelligente, vengono spesso sottovalutate le conseguenze negative delle sue
impostazioni. L’enfasi che Bernbach portò sulla creativity, il peso si spostò tutto su questa fase
ideativa e coloro che da quel momento si chiamarono creativi si distolsero dalla fase strategica e dal
pensiero razionale. Finchè cio avviene a opera di personaggi come Bernbach, non si notarono i difetti
di una simile impostazione, riuscivano a razionalizzare quasi irrazionalmente e spontaneamente i
progetti; quando pero queste pratiche vennero applicate dai loro successori, pochi furono capaci di
fare altrettanto. Essi ereditarono il disprezzo di Bernbach per le ricerche, richieste dei clienti , per le
necessità spesso realizzarono in pieno le sue previsioni pessimistiche su un futuro di creatività fine a
se stessa. Il risultato fu che progressivamente i clienti avocarono a se il pensiero strategico fino a che
alcune agenzie sentirono il bisogno di sviluppare una nuova figura professionale: LO STRATEGIC
PLANNER, che riportasse in agenzia il pensiero strategico di cui la maggior parte dei creativi si
disinteressava e la maggior parte degli account executive non era capace, da una parte, dall’altra
invece che introducesse nuove esperienze nel processo pubblicitario: la conoscenza del pubblico e
l’interpretazione delle ricerche, soprattuttoi perché non le sapevano leggere e entravano in contatto
con esse senza l’assistenza di intermediari che lo decodificassero e le rielaborassero pe rloro.

Lo strategic planning o account planning, nasce dunque a Londra nella seconda mentà degli anni 60
in due agenzie la THOMPSON E LA BOASE MASSIMI POLLITT che operarono indipendentemente l’una
dall altra, arrivando alle stesse conclusioni. Sicuramente merito di questa nuova impostazione e del
fatto che per un decennio essa rimase quasi esclusiva britannica, se l’asse della innovazione
pubblicitaria si sposta con gli anni 70 oltre l’atlantico. Ciò che succede è che grazie allo strategic
plannig britannico si compie la sua fusione fra scientificità ed estetica all’interno dell’agenzia: gli
strateghi si occupano di applicare le regole tecniche lasciando liberi i creativi di ideare messaggi
fortemente suggestivi. Le migliori campagne dell’ultimo quarto del ventesimo secolo nascono quasi
sempre da questa impostazione. Questo mutamento di prospettiva ha come conseguenza anche il
fatto che, negli anni 70 in poi è sempre più difficile distinguere stili creativi diversi, evidenziare
l’emergere di forti personalità creative o innovative. Sul piano delle ricerche e dello strategic
planning, va notata l’applicazione sempre più frequente in questo periodo delle ricerche
psicografiche per una conoscenza più articolata del consumatore e del suo stile di vita; il proliferare
di studi sul fenomeno della persuasione, di atteggiamento, sui loro rapporti, quindi una valutazione
dei rapporti fra consumatore, prodotto e comunicazione. Sul piano delle campagne vanno almeno
ricordati la lunga serie di commercial della pepsi cola, costruiti per affermare un posizionamento
alternativo , come il commercial dei jeans levis, nike ecc ecc.

Quello che si può osservare in tutte le campagne e che, le marche leader non si sono solo staccate
dai prodotti, ma si sono proiettate verso una nuova visione sempre più ampia della giurisdizione
della marca, offrendo regole di vita.

2.8.2 LONTANO DA MADISON AVENUE

Uno dei fenomeni macroscopici dell’era della Post-creativity è la perdita da parte di newyok del
monopolio della pubblicità e, del ruolo di avanguardia che adesso passa a Londra, ma anche in molte
altre metropoli americane come la CHIAT DAY , e persino a qualche città della cosiddetta provincia
statunitense. Intanto a Londra la fusione fra i piccoli strategic planner e un gruppo di adoratori di
Bernbach, permette che si affermino agenzie come la BMP BOASE MASSIMI POLLIT; LA CDP COLLETT
DICKENSON PEARCE&PARTENRS, ABBOTT MEAD VICKERS, FONDATA DA DAVID ABBOTT, uno dei più
grandi copywriter di questi anni. E sempre a Londra, inizia il suo cammino una delle agenzie più
interessanti di questo periodo: la SAATCHI&SAATCHI che esordisce con una auto pubblicità , il cui
titolo è:

IL 15% E’ MORTO.

Ufficializzò e in qualche modo accelerò ciò che ormai stava avvenendo in tutto il mondo: la fine di
quella commissione del 15% sull’investimento pubblicitario che, i proprietari dei mezzi di
comunicazione riconoscevano alle agenzie di pubblicità e che serviva per pagare il loro lavoro. Nelle
intenzioni dei fratelli SAATCHI, si sarebbe dovuta costruire una scala di tariffe, basata sulla teoria
che i grandi clienti, avrebbero avuto diritto a pagare una percentuale inferiore poiché richiedevano
un lavoro minore, mentre i piccoli clienti, che desideravano comunque essere assistiti dalle migliori
agenzie, avrebbero dovuto pagare una percentuale maggiore, corrispondente al maggior lavoro che
richiedevano. Il risultato fu invece:

-Che progressivamente tutti i clienti pagarono tariffe minori


-Per farsi concorrenza molte agenzie accettarono fee sempre più ridicoli
-Che non potendo più pagare stipendi adeguati le agenzie persero le forze migliori e investirono
sempre meno in studi e ricerche
-I manager delle agenzie furono sempre più reclutati fra gli amministrativi e non fra i veri pubblicitari
-Che l’uscita della gestione del media buying dalle agenzie tolse loro l’ultima arma di pressione sui
clienti.
Iniziava cosi quella distruttiva crisi che oggi si sta sempre più aggravando fra agenzie singolarmente
più deboli.
2.9 E INTANTO , IN ITALIA

Se si osservasse il fenomeno da un punto di vista mondiale o anche solo europeo, l’italia


meriterebbe un capitolo a se ben meno della spagna o francia per la creatività e l’economia.

2.9.1 Dal cartellonismo alla nuova creatività

Della sopravvivenza, del cartellonismo nei primi decenni del secolo s’è gia detto che grafici e pittori
hanno dato il loro contributo alla qualità della produzione. Parallelamente a questo tipo di
linguaggio, dagli anni 20 cominciano i segnali di rinnovamento. Il primo tentativo di passaggio dal
lavoro artigianale a un impegno più professionale fu l’Acme Dal Monte, fondata nel 1922 , da Luigi
Dal Monte Casoni.

In quello stesso 1922 veniva anche aperta a Milano la prima scuola italiana di pubblicità. La prima
filiale in Italia di un’agenzia americana fu invece la Erwa, aperta da un singolare personaggio, Nino
Caimi, che avendo vissuto a lungo negli Stati Uniti era diventato un sincero ammiratore di quella
cultura pubblicitaria. Dopo che la crisi americana ebbe portato alla chiusura dell’agenzia, nel 1930
Caimi ne aprì un’altra, la ENNECI, oltre alla pubblicità per la diffusione in italia delle banane, fece un
notissimo slogan per dei produttori di birra: CHI BEVE BIRRA, CAMPA CENT’ANNI. Profondamente
convinto della superiorità della pubblicità americana fu anche il giornalista Vito Magliocco che
pubblicò un benemerito ma inascoltato volume, la pubblicità in america.

Il panorama, è però sempre dominato dagli studi grafici di impostazione artistica, con cui
colllaborano anche grandi nomi quali scrittori come Gabriele d’Annunzio, Guido Da Verona, Sem
Benelli.

Dino villani fu un innovatore in uno scenario ancora statico e arretrato: a lui si devono campagne per
Motta e per Visconti di Modrone, ma soprattutto egli fu l’ideatore di manifestazioni e eventi fra cui
“CINQUEMILA LIR EPE RUN SORRISO” da cui sarebbe derivato il concorso di Miss Italia. Un altro
evento pubblicitario che, aveva scosso la scena italiana era stata la sponsorizzazione da parte della
Perugina della trasmissione “I 4 MOSCHETTIERI” di Nizza e Morbelli, un radio romanzo a puntate che
ha avuto molto successo soprattutto perché dava la possibilità di vincere molti premi.

Se il manuale di Villani, riflette ancor ala situazione precedente resa ancora più provinciale dalla
chiusura culturale provocata dall’isolamento del regime fascista, nello stesso dopoguerra l’apertura
delle frontiere porterà in Italia prima grafici stranieri come Max Huber e poco dopo agenzie
Internazionali come la THOMPSON.

Si verificò una sorta di divisione in tutta italia fra rappresentante della cultura locale e innovatori. In
bilico fra i due estremi agivano uomini come Gino Pesavento, fondatore dell’agenzia spinta divenuta
poi studio pesa, direttore per anni della gloriosa rivista “L’ufficio moderno”, a suo modo convinto
assertore della creatività libera. Su posizioni più rigide era Mario Bellavista, figlio dello studio Sigla, di
cui egli divenne titolare portandolo a diventare una delle agenzie più in vista di quegli anni. Intanto
la pubblicità giunge anche in televisione: nel 1957 nasce Carosello, un assurdo meccanismo che
obbligava chi volesse utilizzarlo:

1) a premettere ai 35 secondi di pubblicità vera e propria il cosidetto codino , uno spettacolino di


100 secondi in cui era rigidamente vietato qualsiasi cenno o allusione al prodotto

2) a non riutilizzare la parte spettacolare

3) a sottostare alla censura di un organismo chiamato Sacis, dominato da democristiani e cattolici.

La formula si dimostrò vincente sul piano spettacolare, creando personaggi che sono entrati
nell’immaginario popolare italiano e diventando da subito il programma più seguito della telivisone
italiana; era all’opposto di qualsiasi logica di comunicazione pubblicitaria e di economia , concluse le
trasmissioni , i suoi effetti dannosi sulla pubblicità italiana, televisiva e non solo, si sentono ancora in
quella abitudine tutta nostrana di separare il messaggio persuasivo pubblicitario dalla sovrastruttura
puramente ornamentale. A carosello diedero comunque il loro aiuto anche artisti e operatori di
spicco come Marcello Marchesi. Ma il personaggio chiave degli anni 50/60 e ben oltre fu Armando
Testa che seppe trasformare lo studio nella più grande agenzia italiana, sfruttando soprattutto la
propria capacità di creare affissione dal linguaggio popolare di Carosello. Per molti, in quegli anni e
anche dopo, Armando Testa, si è identifico con la pubblicità italiana e di conseguenza questa si è
identificata con quel linguaggio di battute, rime e assonanze, personaggi infantili e doppi sensi. Ma
mentre Testa e Marchesi dominavano l’Italia carosellara, le grandi agenzie straniere, a cui si erano
aggiunte la McCann stavano prendendo il sopravvento e diffondevano sempre più anche in italia con
la copy strategy di impostazione statunitense e i creativi moderni. Fra questi il piu importante fu
probabilmente Geoffrey Tucker che ebbe il grande merito di portare in Italia una cultura
pubblicitaria fino ad allora sconosciuta e di lasciarla in eredità a Emanuele Pirella, che è stato capace
di tradurla in maniera tale che ci fosse un linguaggio dove a fianco degli esempi anglosassoni si
sentono anche echi di cultura italiana. Contemporaneamente, tornava in Italia da un periodo
trascorso presso la DDB Luigi Montaini Anelli che riprendeva nella maniera più fedele possibile i
dettami della creatività americana. La vivace dialettica fra la tendenza cartellonistica alla Testa, la
creatività neo-italiana di Pirella, la creatività americana di Montaini e lo strategismo da REASON WHY
, provoca un notevole fermento alla pubblicità italiana i questi anni, senza che il livello della
produzione, diventi mai tale da poter essere esportato. Su un versante più positivo, era stato
importato in Italia lo strategic Planning e trapiantato su un terreno gia molto fertile, creato da veri e
propri cenacoli propiziati dall’editore Ernico Robbiati intorno alle sue riviste “MEDIAFORUM” e
“Nuovo” e dall’associazione delle Agenzie di Pubblicità all’interno del suo centro di studi “arcipelago
Media”, a opera di personaggi provenienti dalla creatività, come Anna Scotti dal media planning,
Bruno Cortellazzo dal marketing, dalla ricerca Mauro Ussardi insieme all’aiuto dell’eccezionale
sviluppo dato alle ricerca psicografiche da studiosi come Gabriele Calvi e Giampaolo Fabris.

2.9.2 DA CAROSELLO ALLA DEREGULATION

Come sottolinea Daniele Pitteri, il 1977 non è solo l’anno della liberazione della pubblicità italiana
dalla tirannia di Carosello: è anche l’anno in cui dopo una sentenza dalla Corte Costituzionale,
comincia la liberazione dell’etere e la proliferazione delle tv private o “libere” come si chiamavano
allora. Tutto ciò, insieme al boom degli anni 80 porta auna produzione pubblicitaria estremamente
vivace da un punto di vista quantitativo, ma ad essa non corrisponde un’uguale vivacità qualitativa.
Progressivamente la moda, il gioco, l’esteriorità ecc ecc relegano in secondo piano il pensiero e la
persuasione come dice Marino Livolsi il linguaggio pubblicitario si fa fortemente autoreferenziale, i
pubblicitari si trasformano in trend setter e guru sociali e persone sempre più contatto con la loro
professione, la gente ricorda e cita sempre più gli spot ma sempre meno i prodotti. La debolezza
delle agenzie italiane le mette una dopo l’altra nelle mani delle mega-agenzie straniere.

2.10 LA RETE

La rete internet dal 1994 è a disposizione della comunità mondiale realizzando cosi il villaggio
globale di McLuhan, cambiando in modo rivoluzionario lo scenario delle comunicazioni e offrendo
anche alla nuova pubblicità un nuovo medium. Diventa un veicolo importantissimo per molti
elementi:

L'effettiva interattività fra emittente e ricevente, con la possibilità di continui scambi delle parti;
l’accorciamento fino al limite del “tempo reale” del periodo che può intercorrere fra Attenzione e
Azione;
la possibilità di spingere la segmentazione fino alla communication-to-one;
la possibilità di verifica immediata.

IL CONTESTO CAP 3

IL MERCATO E LA COMUNICAZIONE

3.1 PER UNA DEFINIZIONE DI MARKETING

Abbiamo 3 punti fondamentali:

A) tecnica organizzativa diretta a ricercare , realizzare , migliorare le condizioni di scambio sul


mercato. LA FUNZIONE DEL MARKETING E’ QUELLA DI STIMOLARE LA DOMANDA DEL
CONSUMATORE INDIVIDUANDO I SUOI BISOGNI PIU O MENO LATENTI E INDICANDOGLI UN
PRODOTTO O SERVIZIO COME ADEGUATO.

B) il processo sociale e manageriale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che
costituisce l’oggetto dei propri bisogni e desideri, offrendo e scambiando prodotti e valori con altri.

C) la gestione degli scambi o meglio delle transazioni

La prima definizione assimila molto l’attività del marketing a quella più propria della comunicazione
pubblicitaria

La seconda si presta a essere letta come “il processo mediante il quale una persona ottiene ciò che
costituisce l’oggetto dei propri desideri offrendo o scambiando valori con altri”

La terza è molto generica.

Nel marketing non esiste una singola definizione, Keith Crosier ha creato oltre 50 definizioni
classificandole in 3 gruppi.

A) definizioni che concepiscono il marketing come un processo che mette in relazione l’azienda
produttrice con il proprio mercato

B) definizioni che vedono il marketing come un concetto o filosofia del business, coinvolge
produttori e consumatori.
C) definizioni che delineano il marketing come un orientamento mentale

Il marketing non ha un suo fondamento teoretico di base, come non ne esistono per altre discipline
come la scienza fisica e comportamentali.

Fra le tante definizioni la più convincente sembra quella data dall’AMERICAN MARKETING
ASSOCIATION: Il marketing è il processo che permette di pianificare e realizzare il concetto, politica
di prezzo, promozione e la distribuzione di idee, bene e servizi per creare scambi che soddisfano gli
obiettivi di individui e di organizzazioni.

Questo tipo di processo può essere schematizzato con un grafico molto simile a quello basilare della
comunicazione.

MERCATO ( PRODUTTORE> BENE O SERVIZIO O IDEA> DISTRIBUZIONE E PROMOZIONE >


CONSUMATORE )

Il produttore concepisce un bene tale che possa rispondere a un bisogno del consumatore e che sia
quindi passibile di scambio; perché ciò avvenga occorre che lo scambio sia soddisfacente per i due
attori, che il produttore abbia messo in atto una politica di promozione e di distribuzione efficiente e
che la concorrenza non disturbi con scambi più allettanti o promozioni.

Esempio: Se uno studente pianifica di soddisfare il proprio bisogno di denaro scambiando un libro di
testo, è necessario che rendi migliore l’aspetto del libro, cancellando vari appunti, rinforzando il
dorso, lo promuova con un annuncio in bacheca , dica un prezzo che si allettante per i potenziali
compratori e lo renda accessibile trami te un recapito telefonico, assicurandosi che nessuno vendi
quel libro in condizioni migliori o inferiore di prezzo.

Solo con l’inizio del 900 la disciplina del marketing assume un suo statuto e una sua dignità
accademica, la sua storia si è sviluppata in diverse fasi ispirandosi a diverse politiche di aziende
diverse. Possiamo adottare cosi quindi le definizioni di:

PRODUCTION ORIENTED; quando si pensa che la preferenza dei consumatori si indirizzi


principalmente verso i prodotto di qualità, prestazioni, quindi si deve fare attenzione al costante
miglioramento del prodotto.

SELLING ORIENTED; quando si pensa che il consumatore non sia portato spontaneamente ad
acquistare prodotti in quantità sufficiente per esaurire la produzione dell’azienda e sia quindi
necessario stimolare la vendita dando la precedenza alla promozione del prodotto

MARKETING O COSUMER ORIENTED; quando si pensa che il consumatore acquisti di preferenza i


prodotti delle aziende che hanno meglio capito e interpretato i suoi reali bisogni e sia quindi
necessario concentrare gli sforzi aziendali nello studio delle attese del pubblico e nell’elaborazione di
prodotti che rispondano ad esse meglio di quelli della concorrenza.

3.2 BISOGNI E BENI

La differenza tra bisogno e desiderio è che il bisogno è qualcosa di cui noi non possiamo fare a meno,
mentre il desiderio si.

Per bisogno si intende non ciò che questo vocabolo significa nel linguaggio comune, ma
l’insoddisfazione per la mancanza di qualcosa che spinge ad acquistare un bene adatto a soddisfare il
bisogno stesso che può essere: fisiologico, psicologico e benessere psichico.

Le caratteristiche dei bisogno possono essere:


ILLIMITATI: tendono a moltiplicarsi con lo sviluppo della società

SAZIABILI: man mano che si soddisfa un bisogno esso riduce la propria intensità

RISORGENTI: dopo un certo periodo dalla sua soddisfazione, il bisogno tende a ripresentarsi

INDIVIDUALI: ogni uomo ha un proprio insieme di bisogno, che singolarmente possono essere simili
a quelli degli altri, ma che nel loro complesso sono assolutamente personali

CONFRONTABILI: è sempre possibili comparare il grado di intensità dei diversi bisogni.

Negli anni 50 lo psicologo statunitense Abraham H.Maslow propose una teoria che prende appunto
il nome di “gerarchia di Maslow” e che ebbe un immediato grande successo. Secondo questa teoria
si stabilisce cosi una gerarchia che Maslow rappresenta attraverso la figura di una piramide dove alla
base si trovano i bisogni primari meno evoluti ma di maggior peso e in cui dal basso verso l’alto,

-si vedono prima i bisogno fisiologici (sete, fame, salute)


-poi successivamente quelli di sicurezza ,
-quelli di appartenenza sociale e affetto,
-quelli riferiti alla stima altrui,
-autostima e infine quelli attinenti all’autorealizzazione che, sarebbero percepiti solo da una
piccolissima minoranza di individui.

Va però detto che essa suscitò anche molte critiche, sulla pretesa che la gerarchia proposta sia
valida per tutte le società e per tutti gli individui. (Sappiamo per esempio che nelle società meno
evolute il peso del bisogno di stima sociale è cosi basilare che gli individui sono disposti a far soffrire
la fame alla propria famiglia , spesso il bisogno di affetto ha un peso maggiore rispetto al bisogno di
sicurezza. ) Si parla anche spesso di “bisogni indotti” per indicare quei bisogni che non nascerebbero
spontaneamente se non fossero costruiti e provocati, da chi ha già pronto il prodotto che soddisferà
quel determinato bisogno, di “bisogni latenti” nel senso di motivazioni che restano nell’inconscio del
pubblico finché uno stimolo esterno non li fa emergere. La parola “bene” nel linguaggio del
marketing con questo vocabolo si indica una qualsiasi entità che soddisfa un bisogno: il pane è un
bene che soddisfa il bisogno fisiologico, il vestito soddisfa il bisogno di sicurezza perche ci protegge
dal freddo.

Abbiamo varie tipologia di beni e vengono distinte in:

BENI PRIMARI: prodotti che soddisfano un bisogno di base, fisiologico, come per esempio il cibo o le
bevande

BENI VOLUTTUARI: prodotti che soddisfano bisogni di piacere come i gioielli, cose non fondamentali
BENI DI CONSUMO: prodotti che vengono acquistati dal consumatore per soddisfare direttamente
un bisogno, senza necessità di particolari informazioni come per esempio l’automobile, oggetti che
consumo che usuro.

BENI STRUMENTALI: prodotti che vengono acquistati per essere inseriti in un ciclo produttivo Quindi
beni che servono per produrre altri beni , per esempio la pasta Barilla ha delle macchine che
permettono di creare la pasta, quindi un’azienda che si mette a contatto con un’altra azienda. Si
parla quindi di B to B – business to business quindi rapporto fra due aziende rispetto al B to C che
sarebbe business to consumer quindi rapporto tra azienda e consumatore.
Si parla di beni a LARGO CONSUMO: prodotti destinati a un ampio gruppo di consumatori,
generalmente a basso prezzo ed alta frequenza di acquisto.

BENI DI LUSSO : prodotti voluttuari di alto prezzo e bassa frequenza d’acquisto.

BENI DUREVOLI: prodotti che soddisfano bisogni che si ripetono nel tempo e quindi non si
esauriscono nell’atto del consumo ma sono destinati a una lunga durata , come il frigorifero o un
automobile, o elettrodomestici in generale.

BENI SEMI DUREVOLI: prodotti a cui la durata è limitata nel tempo come i vestiti ad esempio

BENI NON DUREVOLI: prodotti che esauriscono la propria funzione e la propria esistenza nel
momento in cui soddisfano il bisogno come ad esempio il cibo, oppure l’igiene personale.

BENI TANGIBILI O MATERIALE: prodotti veri e propri, che si possono toccare e utilizzare in qualsiasi
momento come il telefono

BENE INTANGIBILI O IMMATERIALI : indicano dei servizi, prodotti culturali. Nel momento in cui
bisogni e beni entrano in azione sul mercato si crea la dinamica di domanda e offerta.

3.3 MERCATO, DOMANDA , OFFERTA

Il mercato è l’insieme degli acquirenti che, di persona o avvalendosi di qualsiasi mezzo acquistano
beni o servizi dal gruppo dei venditori.

Secondo la teoria classica quindi il mercato comprende chi compera e chi vende.

In altre parole il mercato è il luogo in cui si incontrano:

• LA DOMANDA, generata dal gruppo dei consumatori, si intende ciò che gli acquirenti intendono
acquistare e
• L’OFFERTA, l’insieme dei prodotti immessi sul mercato capaci di soddisfare quella domanda. Il
rapporto domanda-offerta, può generare diverse situazioni di mercato:

A) la libera concorrenza: si verifica in condizioni normali quando molti produttori si contendono la


domanda dei consumatori;
B) l’oligopolio: si verifica quando nel mercato l’offerta (e quindi la produzione di beni o servizi) è
costituita da un numero limitato di produttori che si dividono il mercato;
C) il monopolio: è legato ad una situazione limite, quando un solo produttore si rivolge all’intero
mercato, senza alcuna concorrenza.

Terzo elemento in questo rapporto è il PREZZO del bene che influisce direttamente sulla domanda e
viene influenzato dalla consistenza della domanda e dell’offerta.
Il quarto elemento è la DISTRIBUZIONE, ossia la struttura che permette che l’offerta incontri la
domanda.

In questo panorama, il marketing ha il compito di influire sulla domanda operando con le cosiddette
otto P

1) prodotto 2) packaging 3) prezzo 4) place 5) personal selling 6) pubblicità 7) promozione 8)


Publicity

Prima di raggiungere l’acquirente finale, il marketing si deve preoccupare di raggiungere il


distributore che acquisterà per poi rivendere, in questo caso la pubblicità e la promozione hanno un
doppio ruolo: da un lato servono a persuadere il rivenditore a comprare, dall’altro devono assicurare
con la propria presenza del fatto che i suoi sforzi di rivendere il prodotto saranno appoggiati da
attività che spingeranno il consumatore verso il suo punto vendita. Gli operatori del marketing
devono costruire una strategia che servirà a pianificare tutti i passi successivi, fra cui anche quelli
necessari per costruire la comunicazione pubblicitaria. La costruzione della strategia di marketing
deve tener conto della tipologia della domanda, della situazione del mercato, dell’ambiente in cui si
opera e della tipologia e consistenza dei consumatori.

3.3.1 Tipologia della domanda

La domanda può essere:

1 DOMANDA NEGATIVA= quel tipo di domanda dove si proferisce tenersi il problema piuttosto che
risolverlo.
2 DOMANDA INSODDISFATTA= so di che cosa ho bisogno ma non c’è il servizio che me lo risolve
3 DOMANDA LATENTE= quando il bisogno non si è ancora rivelato in maniera cosciente ai
consumatori.
4 DOMANDA STAGIONALE / PERIODICA = io trovo quell’oggetto solo in quel periodo dell’anno, non
è costante al tempo la domanda
5 DOMANDA CRESCENTE : quando la quantità di domanda cresce con una certa costanza nel tempo
6 DOMANDA STABILE: quando non si manifestano particolari variazioni in una domanda considerata
soddisfacente
7 DOMANDA DECRESCENTE
8 DOMANDA RIPROVEVOLE = illegale come lo spaccio di Droga
9 DOMANDA ECCESSIVA = chi mi chiede un servizio ma ne chiede più di quanto si possa produrre e
quindi si applica il demarketing, quindi riduce le pubblicità in modo che non invoglia la gente a
soddisfare la sua voglia altrove (Strategia che tende a demotivare)
3.3.2 I diversi mercati e la posizione del prodotto nel mercato

Ogni mercato ha una struttura che condiziona le decisioni strategiche delle aziende che vi operano,
si parla di quote di mercato che corrispondono alla percentuale di vendita detenuta da ogni singola
azienda e viene espressa in quantità e in valore.

Il mercato può essere quindi in vari modi:


Mercato in crescita: quando le sue dimensioni sono in situazioni di crescita, le aziende potrebbero
anche accontentarsi di mantenere le proprie quote e di crescere parallelamente al mercato.
Mercato in declino: quando le sue dimensioni diminuiscono con una certa costanza; le aziende, oltre
che a divorarsi a vicenda, dovranno pensare o un’opera di rivitalizzazione del mercato o a una
differenziazione dei propri prodotti verso nuovi mercati.
Mercato statico: le sue dimensioni tendono a rimanere costanti; ogni singola azienda per crescere
dovrà cercare di rubare quote alla concorrenza
Mercato saturo: quando ormai non ha più potenzialità di sviluppo perché la sua penetrazione ha
raggiunto il suo massimo; le aziende devono differenziare i propri prodotti o lavorare sulla loro
qualità e sul loro prezzo.
All’interno di un mercato, i prodotti delle diverse aziende possono assumere diverse posizioni:
MARKET LIDER: LIDER DI MERCATO
CHALLENGER: Quei prodotti che sfidano i lider per diventare i nuovi .
FOLLOWER: Imitano i challenger ma non vogliono diventare I primi.
PRODOTI DI NICCHIA: Prodotti particolari che hanno una ristretta cerchia di vendita.
3.3.3 Il ciclo di vita del prodotto
Come anche il mercato nel suo complesso , ogni prodotto ha una propria vita:
1) Quando un prodotto nasce si usa la pubblicità di Slancio che serve a far conoscere il prodotto
dando più informazioni possibili e usa un linguaggio informativo. Ha una quota di mercato piccola.
2) Quando il prodotto è maturo, cresce, ha un picco, quindi conosciuto si attua la pubblicità di
ricordo e usa un linguaggio emotivo.
3) Quando il prodotto è nella sua fase del declino si usa la pubblicità promozionale ed utilizza
nessuno linguaggio ma tutto si basa tutto su quantità -prezzo ( tutto e legato sul prezzo)
4) un eventuale rivitalizzazione: quando un prodotto viene fatto riprendere dal declino attraverso
miglioramenti innovativi del prodotto stesso o della sua immagine.
Vi è un’altra interessante maniera di descrivere la collocazione del prodotto all’interno del mercato
ed è nota come BOSTON BOX oppure come MATRICE DI BOSTON che classifica i prodotti collocandoli
su un piano cartesiano i cui gli assi (verticale e orizzontale) sono la quota di mercato e il tasso di
crescita. I prodotti possono essere:
• DOG : BASSO POTENZIALI DI CRESCITA e Bassa Quota Di MERCATO (FASE DECADENTEE NON
CRESCE) (es. Nokia)
• CASH COW: BASSO POTENZIALE DI CRESCITA MA GRANDE QUOTA DI MERCATO (NON GIOVANE
MA TUTTI LO COMPRANO)
• QUESTION MARKS: ALTO POTENZIALE DI CRESCITA MA QUOTA BASSA (PRODOTTO NUOVO MA
NON SI SA SE SI VENDE)
• STAR: ALTO POTENZIALE E ALTA QUODA, ESISTE DA TANTO MA È in CONTINUA EVOLUZIONE
(IPHONE)
3.3.4 L’ambiente e l’analisi SWOT

ANALISI SWOT È Analisi swot, è un tipo di analisi generato dalle parole inglesi che indicano i quattro
punti da tener presente nello sviluppare questo tipo di stuido che si fa a monte (prima) di lanciare il
prodotto, studia i punti di (strenghts) forza e ( weaknesses) debolezza (è un’analisi interna
dell’azienda stessa che sta per lanciare il prodotto, per vedere se ci sono delle debolezze), le
(opportunity) opportunità e i ( threats ) rischi (è un’analisi esterna, si studia il campo di lavoro, il
mercato). Alla fine si farà una verifica finale.

3.4 Il piano e la strategia di Marketing

Il lavoro di analisi e di progettazione compiuto dal reparto marketing dell’azienda trova la propria
formalizzazione nel piano di marketing , che fra l’altro diventerà la base del cosiddetto brief, ossia
del documento che dà l’avvio a tutto il lavoro della comunicazione pubblicitaria vera e propria.

Lo schema più abituale di piano di marketing prevede:

-uno scenario della situazione attuale , un’analisi swot, la definizione dell'obbiettivo di marketing, la
determinazione del prezzo del prodotto, la determinazione degli eventuali interventi di modifica al
prodotto, la scelta dei canali di distribuzione, la definizione del servizio offerto al consumatore,
l’assegnazione delle quote di investimento, la definizione dei tempi, la definizione dei costi, la
previsione dei risultati finanziari, specifica dei controlli che verranno messi in atto per verificare
l’attuazione del piano e il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

3.4.1 La tipologia delle strategie di marketing

Le variabili messe in gioco da una qualsiasi iniziativa di marketing sono talmente numerose che ogni
strategia ha una propria fisionomia e proprie particolarità.

Si può dire che le strategie possono essere :


DI DIFESA DELLE POSIZIONI: la strategia tipica del leader si ha quando l’azienda si propone di
mantenere i profitti sostenendo la quota di mercato del prodotto contro gli attacchi dei concorrenti;
rinnovando costantemente il prodotto, praticando prezzi sufficientemente economici, studiando
varianti del prodotto, mantenendo la fedeltà dei consumatori con azioni promozionali e campagne di
immagine.
DI ATTACCO: quando l’azienda cerca di impadronirsi di parte delle quote dei concorrenti, praticando
prezzi più bassi, operando in aree geografiche, investendo in comunicazione più del concorrente,
programmando promozioni intense, rinnovando in maniera decisa il prodotto.
DI ESPANSIONE DEL MERCATO: quando l’azienda si propone di aumentare i profitti pur mantenendo
la stessa quota di mercato, può essere; di tipo estensivo se ci si propone di aumentare il numero dei
nuovi consumatori
DI TIPO INTENSIVO: se ci si propone di aumentare le quantità consumate da ogni singolo
consumatore
DI IMITAZIONE: quando l’azienda si limita a ripetere ciò che l’azienda leader sta facendo con
successo.
DI NICCHIA: quando l’azienda si concentra su una specializzazione che sia sufficientemente
remunerativa e che difficilmente potrà essere attaccata da concorrenti più grandi.

CAPITOLO 4

IL COMMITTENTE E L’EMITTENTE

Dal brief aziendale alla strategia di comunicazione

4.1 La struttura dell’agenzia di pubblicità

Come in qualsiasi azienda vi è :


1) un management: che generalmente ha un ruolo decisivo non solo nei contatti con le aziende
clienti ma anche nel lavoro interno.
2) un reparto amministrativo : che si occupa anche di tutta la complessa contabilità dell’agenzia
nell’intricato andare e rivenire di denaro fra i clienti, svolge anche il ruolo di gestione del personale
3) i servizi generali: segreterie, centralini, fattorini ecc ecc
4) reparto contatto: in cui opera la figura dell’account executive , ossia la persona che tiene i
contatti fra l’azienda del cliente e l’agenzia , analizza i problemi pubblicitari del cliente, si fa suo
portavoce all’interno dell’agenzia e dell’agenzia presso il cliente.
5) reparto strategico: in cui opera la figura dello strategic planner, il cui lavoro consiste
primariamente in:
Definizione dell’obiettivo di comunicazione
Identificazione del problema da risolvere
Definizione del ruolo della comunicazione
Posizionamento del prodotto
Segmentazione del pubblico e selezione del target group
Scelta delle attività di comunicazioni e dei canali ( tv, giornale, web, anche noi stessi )
Dal suo lavoro nascera l’elaborazione razionale su ciò i creativi dovranno basarsi per ideare
6) il reparto creativo :ossia la figura del copywriter e dell’art director
Il copywriter : è lo scrittore dell’annuncio ed è il responsabile della concezione e dell’estensione della
parte verbale di qualsiasi materiale pubblicitario; lavora in coppia con
L'art director : lavora alla concezione e alla realizzazione di tutta la parte visiva dei messaggi
pubblicitari, ideandola e sovraintendendone l’esecuzione da parte degli specialisti che collaborano al
risultato finale. Deve avere una solida preparazione e deve essere in grado di saper dialogare con
fotografi, illustratori, registi e saper lavorare con i programmi grafici. Ma entrambi rispondono
comunque alla figura del direttore creativo che è il vero responsabile.
7) il reparto produzione: che ha il ruolo di far realizzare materialmente i progetti ideati dal reparto
creativo, dialogando con fotografi o illustratori o tipografi, responsabile al momento dell’uscita sui
mezzi.
8) il reparto media: ( media planner )che ha radicalmente mutato la propria fisionomia in questi
ultimi anni, la sua responsabilità è quella di garantire che per ogni campagna pubblicitaria
dell’agenzia vengano scelti i veicoli migliori, secondo il calendario più efficiente, ai prezzi più
economici e in totale coerenza con la strategia di comunicazione.
9) il reparto traffico: il cui compito è di far giungere i materiali giusti da pubblicare o mandare in
onda ai veicoli giusti e in tempo utile per la pubblicazione controllando che tutto si avvenuto
secondo i piani.
10) reparto progressi: esistono in alcune agenzie, il ruolo è quello di organizzare il flusso del lavoro
fra un reparto e l’altro in modo che le risorse interne siano ottimizzate e vi sia un preciso rispetto dei
tempi.
4.2 IL BRIEF

L'azienda deve elaborare un documento chiamato brief, che deve dare il quadro più completo e
chiaro della situazione: in parte deve riportare il piano e la strategia di marketing, dall’altra deve
fornire una serie di informazioni che per chi è interno all’azienda possono sembrare scontate.
Il brief deve dunque contenere: INFORMAZIONI SULL’AZIENDA
-LA STORIA
-LA STUA MISSIONE: che ruolo intende avere all’interno della società.
-LA SUA BRAND PERSONALITY
-LA SUA AWARENESS: termine con cui si indica la percentuale di pubblico che è a conoscenza del
marchio: spontanea, aiutata, top of mind, attinente.
-LA SUA IMMAGINE: termine che indica l’insieme di idee, associazioni, sensazioni che i consumatori
hanno del prodotto.
-IL PORTFOLIO: ossia l’elenco e la descrizione di tutti i prodotti che l’azienda propone sul mercato
INFORMAZIONI SUL PRODOTTO
-CARATTERISTICHE: che i pubblicitari conoscano il prodotto: materie prime, composizione,
procedimenti, effetti ecc ecc
-VANTAGGI E SVANTAGGI
-USI PRINCIPALI E SECONDARI
-AWARENESS : sapere quanti consumatori conoscono il prodotto e cosa ne pensano.
-RUOLO : del prodotto all’interno del portfolio aziendale e all’interno del mercato, è una star o un
cash cow? Un leader o follower?
INFORMAZIONI SUL MERCATO
-DATI QUANTITATIVI E STORICI ATTUALI
-PROSPETTIVE: un’analisi swot
-STAGIONALITA’
-CARATTERISTICHE DEI CONCORRENTI: in pratica occorre che l’agenzia conosca i prodotti concorrenti
come il prodotto su cui deve lavorare
-DISTRIBUZIONE: attraverso quali canali di vendita arriva all’acquirente finale
-PREZZI DEL PRODOTTO E DEI SUOI CONCORRENTI
INFORMAIZONI SUL CONSUMATORE ATTUALE
-PROFILO SOCIO DEMOGRAFICO E PSICOGRAFICO: dei consumatori e dei concorrenti
-DINAMICA DELL’ACQUISTO E IL PROTAGONISTA: chi è il consumatore? Chi il responsabile
dell’acquisto?
-MODALITA’ DI ACQUISTO: è un acquisto di impulso? La cui decisione viene presa al momento. Con
quale frequenza viene acquistato il prodotto e in che quantità; il contatto è diretto o dato da un
commesso; il consumatore è fedele al prodotto?
-ABITUDINI DI CONSUMO: come , quando, quanto e perché viene consumato il prodotto
-MOTIVAZIONI DI ACQUISTO: cosa spinge l’acquirente a comprare il prodotto e consumarlo? Bisogno
razionale o funzionale?
-RIASSUNTO DELLA STRATEGIA DI MARKETING

4.2.1 BRAND PERSONALITY, CORPORATE IDENTITY , CORPORATE IMAGE

Parlando di David Ogilvy si è sottolineato come egli ponesse un forte accento sul concetto di brand
personality: DOVETE DECIDERE QUALE IMMAGINE VOLETE COSTRUIRE PER IL VOSTRO MARCHIO.
IMMAGINE VUOL DIRE PERSONALITA’. I PRODOTTI , HANNO DELLE PERSONALITA’

L’insuccesso di un marchio spesso dipende dalla sua personalità sbagliata o dalla mancata
pianificazione della sua brand personality. Il fatto che il consumatore pensi al prodotto nello stesso
modo in cui pensa a una persona è una realità ricchissima di implicazioni e di conseguenze. Anche
noi dovremo infatti pensare al prodotto nello stesso modo e fare in modo che il consumatore abbia
nei suoi confronti dei sentimenti positivi. Si tratta dunque di:

-immaginare e descrivere un personaggio ideale che simboleggi l’azienda o il prodotto di cui ci


stiamo occupando, esattamente come descriveremmo una persona reale, basandoci sulla sua realtà,
storia. E’ importante che fra questi elementi non si verifichino incoerenze alle quali il pubblico si
dimostra estremamente sensibile reagendo con atteggiamenti negativi.

-assicurarsi che tutte le relazioni che il prodotto avrà con il consumatore siano coerenti con questa
personalità’ , dai messaggi pubblicitari alla confezione, e a tutte le manifestazioni visibili, marchio,
logo, materiali per il punto vendita.

Una volta definita la personalità di un prodotto o di un’azienda, occorre immaginare come questa
persona parlerebbe, si comporterebbe ecc ecc. Non è necessario prevedere esclusivamente
personalità simpatiche e piacevoli: nessuno, ha piacere di entrare in contatto con una persona
antipatica, ma a volte abbiamo stretti e positivi rapporti instaurati su una base puramente
utilitaristica con altri individui a cui ricorriamo solo perché sappiamo che possono risolverci un
problema. La brand personality è in sintesi come l’azienda vuole essere e apparire al pubblico: per
fare questo si costruisce una brand identiy che è l’insieme di tutti i segnali percepibili.

Ci sono 9 canali che l’azienda ha a disposizione per comunicare la propria identity e dei 9 pubblici a
cui deve prevedere di comunicarla.

CANALI:

1) prodotto 2) corrispondenza –lettere, fax, telefonate email ecc ecc 3) pubbliche relazioni 4)
contatto diretto 5) contatto indiretto 6) letteratura 7) promozioni e pop 8) visible manifestation –
tutto l’insieme dei segnali visivi che parlano al pubblico dell’azienda: insegne, mezzi di trasporto ecc
ecc 9) pubblicità vera e propria

PUBBLICI:
1) interno, i dipendenti dell’azienda sono il primo pubblico per la costruzione della identity 2) locale,
città, regione, ambiente 3) gruppi d’influenza, gli opinion leader, comunicatori dell’identità aziendale
4)trade, i rivenditori non sono solo tramite del prodotto verso il pubblico, ma anche dell’identity 5)
governo 6)i mass media, il più importante 7) finanza 8) clienti e consumatori, coloro che permettono
all’azienda di andare avanti 9) grande pubblico.

Un ruolo importante lo giocano il settore di mercato a cui essa appartiene e la nazione d’origine, al
di la delle sue effettive capacità.

4.3 IL POSIZIONAMENTO

Il posizionamento del prodotto è per molti versi un passaggio cruciale nella costruzione delle
strategie di marketing e di comunicazione. Non è ben chiaro chi debba essere responsabile di questo
progetto in quanto ha diversi significati. Ufficialmente il termine è stato introdotto da due
pubblicitari americani, AL Riese Jack Trout, per indicare il modo in cui un’azienda dovrebbe collocare
se stessa o un proprio prodotto nella mente del consumatore. Il concetto da cui partono gli autori è
che la mente umana può essere immaginata come uno schedario in cui esistono infiniti cassetti,
dove ognuno di loro contiene due o tre immagini massimo di quel marchio, prodotto, azienda ecc
ecc . Al momento in cui un marchio vuole entrare e restare nella mente del pubblico o deve
scacciare un altro marchio dal cassetto prescelto e sostituirglisi, oppure deve selezionare un cassetto
vuoto spingendo il pubblico ad applicarvi una nuova etichetta. In ogni cassetto mentale, ci sarà di
solito un leader, un leader di immagine , degli imitatori, uno o due challenger, che lottano per
strappare la posizione al leader. Cio che, Ries e Trout indicano in maniera assolutamente chiara è che
l’operazione di posizionamento, va pianificata e attuata nella mente del target group. IL
POSIZONAMENTO RIGUARDA IL MODO IN CUI UN PRODOTTO TROVA COLLOCAZIONE NELLA MENTE
DEL POTENZIALE CONSUMATORE. Philip Kotler, afferma che il posizionamento di Ries e Trout è di
carattere esclusivamente psicologico e che esiste un modo molto più progettuale di pianificare il
posizionamento del prodotto.

- Per posizionamento si intende l’insieme di iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto
dell’impresa e ad impostare il Marketing-mix più adatto per attribuire una certa posizione al
prodotto nella mente del consumatore.
Per Kotler il campo di battaglia è la mente del consumatore, sottolineando l’importanza del
marketing mix come strumento di comunicazione. In sostanza il posizionamento significa fare in
modo che il consumatore differenzi il nostro prodotto da quello dei concorrenti, favorendoci.

-Per ottenere ciò è necessario che l’elemento differenziante sia interessante per un segmento di
consumatori.
-non sia assolutamente proposto dai concorrenti
-se è lo stesso elemento è proposto anche dai concorrenti, il nostro deve essere superiore al loro.
-chiaramente comunicabile e percepibile dai consumatori.

IL POSIZIONAMENTO PUO ESSERE COSTRUITO ALLA BASA DI DIVERSE TIPOLOGIE DI ELEMENTI:

-Le caratteristiche del prodotto


-Il vantaggio o benefit che si puo promette al consumatore e che gli altri non possono o non
vogliono.
-la specializzazione per occasioni d’uso
-la categoria dei consumatori
-la contrapposizione a uno specifico concorrente
-la differenziazione del settore di mercato

4.4 LE MAPPE PERCETTIVE. DIAGNOSI E PROGETTO.

Poiché l’operazione di posizionamento avviene nella mente del consumatore, occorre avere una
mappa di questa mente. Attraverso ricerche sul consumatore e attraverso procedure statistiche di
tipo fattoriale si evidenziano quali sono i fattori che più influenzano e che meglio spiegano le
opinioni del pubblico nei confronti dei marchi che operano in un determinato settore di mercato.
Questi due fattori saranno gli assi su cui verrà costituito il piano cartesiano costitutivo della nostra
mappa. Spesso due fattori non sono sufficienti per descrivere veramente la situazione ed è allora
necessario inserire sulla mappa altri assi obbliqui che rappresentano altri fattori, sia pure di minor
peso ma differenziati, sempre partendo dal concetto che il centro della mappa indica l’area di
assoluta medietà indifferenziata. A questo punto la mappa puo avere due funzioni di utilizzo,

-DIAGNOSI: La mappa è una rappresentazione imprecisa ma utile dell’immagine mentale che i


consumatori si fanno del mercato con tutti i suoi protagonisti. Permette dunque di capire come è la
situazione nel momento in cui la si analizza.

-PROGETTO: studiato il territorio, si valuta l’importanza che ogni singolo fattore ha per il
consumatore e scegliendo quelli di maggior peso e di maggior capacità differenziante, evidenziando
le aree della mappa lasciate libere dai concorrenti o occupate da concorrenti deboli.

Si avrà insomma un quadro delle opportunità che si offrono al nostro marchio e si potrà così stabilire
qual è il punto della mappa più promettente per posizionare il nostro nuovo prodotto o per
riposizionare il nostro vecchio prodotto.

4.5 IL POSIZIONAMENTO E LA PROGETTAZIONE DEL TARGET GROUP

Nella confusione esistente sul termine posizionamento un altro significato si riferisce alla possibilità
di collocare il proprio prodotto su mappe che non rappresentano le percezioni dei consumatori, ma i
loro effettivi comportamenti. Si tratta di mappe che rappresentano gli individui appartenenti ad una
determinata realtà (società italiana, possessori di auto ecc ecc. Gli assi rappresentano i fattori che
meglio spiegano i loro comportamenti e i loro rapporti con quella determinata realtà. Su queste
mappe è possibile sia analizzare i gruppi di consumatori che maggiormente oggi consumano il
nostro prodotto e i prodotti dei concorrenti, sia studiare le opportunità che ci si offrono per
proporre o un prodotto nuovo a un determinato target group, o un prodotto vecchio a un nuovo
target group.

4.6 LA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE E IL COPY BRIEF

Al brief si risponde con un altro documento formale che è la strategia di comunicazione.

4.6.1 LO SCENARIO DEL MERCATO DELLA COMUNICAZIONE

Il documento di strategia è una riformulazione dello scenario in cui si dovrà inserire l’azione da
pianificare, dal punto di vista della comunicazione che permetta di vedere se i due interlocutori si
sono effettivamente capiti e se l’agenzia ha compreso fino in fondo la situazione in cui si trovano
l’azienda e i suoi produttori. In questa riformulazione bisogna principalmente evidenziare non solo e
non tanto le realtà di mercato, che l’azienda dovrebbe avere molto chiare, ma la maniera in cui il
consumatore percepisce il mercato nel suo complesso e nei suoi vari dettagli e come questa realtà si
inserisce nel contesto più ampio di quello socio-culturale; è anche indispensabile che in essa
vengono inseriti e esaminati i dati che si riferiscono al settore della comunicazione.
Bisognerà analizzare :
-gli investimenti in comunicazione delle varie aziende operanti in quel settore di mercato
-le varie quote di voce, la percentuale investita.
-le varie politiche della pianificazione dei mezzi
-quali segmenti di pubblico
-quali sono stati i risultati delle varie comunicazioni, quantità e il contenuto del loro ricordo
-quali strategie si possono leggere dietro i messaggi dei concorrenti
-quali promesse sono state fatte
-quali mezzi linguistici, quali tecniche comunicative, soluzioni creative
Occorrerà capire e illustrare quale sia lo scenario che la comunicazione nostra e dei concorrenti
hanno costruito nella mente dei consumatori.

4.6.2 PROBLEMA, SOLUZIONE, OBIETTIVO DI COMUNICAZIONE


La domanda fondamentale da cui deve partire la strategia di comunicazione è: qual’è l’ostacolo
nella mente dei consumatori che impedisce loro di comportarsi o pensare come noi
desidereremmo?
Se il problema è un ostacolo esterno al pensiero del nostro-pubblico, la soluzione non potrà mai
venire dalla comunicazione pubblicitaria: se l’ostacolo è solo l’irreperibilità del prodotto, sarà il
sistema distributivo a dover intervenire, non la comunicazione; se l’ostacolo è il prezzo effettivo del
prodotto, sarà il princing a dover intervenire, non la comunicazione; se il problema è che egli pensa
che una marca di sigarette si trovi in troppi pochi negozi, la pubblicità potrà persuaderlo non già che
si trova dappertutto, ma che vale la pena di fare un po' di strada in più; se il problema è che egli
pensa che il caffè ILLY costa troppo per la sua qualità , si potrà persuaderlo non che costa poco ma
che, ha una qualità molto più alta di quello che costa. Si tratta quindi di una maniera diversa di
vedere il problema, con l’occhio del potenziale consumatore invece che dell’esperto di marketing. La
formulazione corretta del problema è vitale perché da essa derivano, la sua soluzione e la
definizione dell’obiettivo di comunicazione. Se il problema è che i consumatori pensano che il caffè
costi troppo per la sua qualità, la soluzione non sarà quella di abbassarne il prezzo, quanto quella di
persuaderli che la sua qualità è altissima l’obiettivo di comunicazione sarà appunto attuare nella loro
mente questo cambiamento.

OBIETTIVO DI MARKETING, OBIETTIVO DI COMUNICAZIONE, CONSUMER INSIGHT


Uno degli errori che più spesso si commettono e che più sono la causa delle sorti di una campagna
pubblicitaria è la confusione fra l’obiettivo di marketing e di comunicazione. Il secondo è
assolutamente funzionale al primo e la sua funzione è solo quella di permette il suo raggiungimento.
Non può esistere un obiettivo di comunicazione senza un obiettivo di marketing che è il vero scopo
finale di qualsiasi azione di comunicazione aziendale. L’obiettivo di una strategia di comunicazione
corrisponde dunque alla soluzione del problema, alla rimozione dell’ostacolo che si oppone alla
realizzazione dei nostri piani. Per identificare e analizzare questo problema e trovarne di
conseguenza la soluzione sono necessarie ricerche specifiche di tipo qualitativo che permette di
esplorare la mente dei consumatori, le loro motivazioni più autentiche, e atteggiamenti profondi. Il
risultato di questa esplorazione dovrebbe essere ciò che in gergo pubblicitario si chiama consumer
insight e che consiste nella scoperta di quale sia la chiave psicologia che fa comportare e pensare il
consumatore in un determinato modo e non in un altro. Quando si sia raggiunta questa percezione si
potrà costruire l’argomentazione tesa a far cadere l’ostacolo e far mutare l’atteggiamento del
pubblico.

MOTIVAZIONI E FRENI
Nell’identificazione del migliore obiettivo di comunicazione occorre tenere ben presente quali sono
le motivazioni che lo possono spingere verso l’acquisto di un determinato prodotto ( per un
detersivo possono essere: il desiderio di igiene e splendore del bucato) e quali sono i freni che lo
possono allontanare da esso ( il timore di inquinamento dell’ambiente , risultati scadenti) e bisogna
ricordare che spesso i due campi sono collegati fra loro ( un bucato splendente potrebbe
corrispondere a un prodotto inquinante ) Un secondo elemento va considerato al momento di
formulare l’obiettivo di comunicazione ( conditio sine qua non ) una prestazione minimale richiesta
al prodotto per essere riconosciuto come parte di quel mercato, in un primo gradino indispensabile
per essere accettato dal consumatore: esempio, un soft drink non può non dissetare, un analgesico
non può far passare il dolore. I rischi stanno , da un lato nel sovrastimare questa condizione e farne
la protagonista della strategia, dall’altro sottostimarla e lasciarla completamente cadere dal
messaggio.

4.6.3 LA FORMALIZZAZIONE DELLA STRATEGIA


Il nucleo centrale della strategia di comunicazione , copy strategy, si è andato strutturando
soprattutto all’interno delle grandi multinazionali statunitensi, con lo scopo di avere uno schema
fisso e unitario che servisse da linea guida alle agenzie che per quelle aziende lavoravano. La cosa
divenne tanto più importante quando, agli inizi della globalizzazione esse sentirono la necessità di
fornire agli europei, digiuni di marketing, una sorta di catechismo che evitasse improvvisazione e
perdite di tempo. Questo compito venne facilitato e approfondito dalle grandi agenzie internazionali
, esportarono questi schemi alle varie sedi nelle altre nazioni. Se agli inizi questi schemi strategici
erano estremamente rigidi costituivano delle vere e proprie gabbie in cui gli account executive, i
product manager e i creativi avevano poco spazio di libertà.
Alcuni elementi sono basilari, un elemento di partenza è ovviamente la definizione di target group.
Va poi formalizzato l’obiettivo di comunicazione. A questo punto entra in scena l’elemento portante
del messaggio, l’ossatura razionale di ciò che sarà poi il discorso creativo:
- La promessa principale ; ossia qual è il vantaggio o benefit che il consumatore deve
aspettarsi dal fatto di aderire alle nostre proposte e di pensare o agire come noi gli
suggeriamo con la nostra pubblicità? E' ovvio che la promessa deve rispondere pienamente a
quelli che sono i bisogni del consumatore.
- È ovvio che il prodotto deve essere in grado di mantenere la promessa se non vuole delle
controreazioni, ci deve essere solo una promessa e se ci saranno delle promesse secondarie
nell’elaborazione del messaggio dovranno avere quel ruolo di spalla del protagonista che
avranno anche per il destinatario.
- La reason why, ossia la ragione per cui il destinatario dovrebbe credere alla nostra promessa
, può essere di tipo emotivo , logico e razionale.

Oltre alla promessa e alla ragione per credere, la strategia può comprendere altre voci in cui inserire
ulteriori elementi che fungano da paletti per il lavoro successivo:
- Ci può essere una supporting evidence: un elemento materiale che serva da supporto alla
promessa in maniera evidente e che può andare bene alla dimostrazione pratica delle
capacità del prodotto.
- Il subsidiary appeal: una sorta di promessa secondaria che però non deve mai agire in modo
sbagliato sulla promessa principale
- Ci può essere il tono di voce, ossia che i creativi dovranno adottare nella costruzione della
campagna sia per la parte verbale sia per quella iconica; corrisponde alla maniera di porgere
il messaggio che deve essere coerente sia con la personalità della marca o prodotto sia con il
contenuto del messaggio.

Potrebbero piacerti anche