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LEZIONE 4 14/10/2021

Il pubblico ministero
Mentre il giudice è esclusivamente soggetto, il p.m. è invece parte necessaria; gli è dedicato il tit. II del libro I sui
soggetti.
Chi è?
Innanzitutto è da guardare come organo dell’apparato statuale e come soggetto processuale.
Come organo dell’apparato statuale il p.m. esercita le funzioni dirette a vigilare sull’osservanza della legge ed sulla
pronta e regolare amministrazione della giustizia. Tuttavia bisogna stare attenti al fatto che queste due espressioni
sono state cristallizzate in un regio decreto del ’41 ancora vigente: bisogna quindi contestualizzarle oggi nel vigente
sistema repubblicano, per cui mentre prima comportavano un aggancio al potere esecutivo, al Governo, oggi questa
vigilanza sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia non ha più tale aggancio.
Oggi, sebbene l’art. 101 Cost. dica che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, ci sono norme della costituzione che
dicono che i magistrati sono inamovibili (art.107 Cost.), oppure che la magistratura costituisce un ordine autonomo
ed indipendente (nella magistratura ci sono anche i magistrati del p.m.), per cui non c’è nessun aggancio al potere
esecutivo in queste due funzioni; la vigilanza sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione
della giustizia non significa che il referente sia poi il Governo, ma è la magistratura stessa con il CSM, perché i
magistrati sono inamovibili qualora non facessero bene quello che fanno, perché fanno parte di un organo
autonomo, indipendente ed imparziale (art. 104 Cost.), quindi un organo autonomo ed indipendente da ogni altro
potere cioè potere esecutivo e potere legislativo. Quindi vi è una sottrazione del ministro della giustizia da qualsiasi
ingerenza sulla carriera, sugli spostamenti, sul potere disciplinare, chiarita dal combinato disposto degli artt. 104 e
107 Cost.
Dunque il p.m. rimane organo dell’apparato statuale ma sganciato da qualsiasi altro potere legislativo ed esecutivo.
Sicuramente il p.m. come organo dell’apparato statuale fa parte della magistratura come il giudice, però la grande
differenza sta nel fatto che non ha potere di ius dicere, di emettere decisioni giurisdizionali, non è mai terzo ed
imparziale, anzi al contrario è parte, tant’è vero che non ha i tratti del giudice: soltanto i giudici sono soggetti
soltanto alla legge (art. 101 Cost.) e da qui nasce un’altra considerazione, cioè che la magistratura del p.m. ha una
sua organizzazione estremamente verticistica, gerarchica. Questo lo desumiamo dal c.p.p., dal combinato disposto
degli artt. 53 e … (la professoressa deve precisare il numero dell’art.) c.p.p. dove si legge che “nell’udienza, il
magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia”, significa che in tutto il resto (nelle
indagini ed in generale nel proprio lavoro) non le svolge in piena autonomia, altrimenti se fosse stata l’autonomia la
regola non si sarebbe specificato. Quindi la verticalizzazione si evince proprio dall’eccezione dell’autonomia limitata
allo svolgimento delle funzioni in udienza che emerge dal combinato disposto.
Tra l’altro la gerarchia viene anche ribadita dall’art. … (la professoressa deve precisare il numero dell’art.) c.p.p. che
attribuisce al procuratore capo il potere di sorveglianza sull’attività dei magistrati; quindi un potere di sorveglianza
dei capi sui singoli magistrati appartenenti ai suoi uffici e degli uffici superiori sugli uffici inferiori: dunque la Corte
d’appello sulla procura del tribunale; la Corte di Cassazione sulle varie Corti d’appello ed il procuratore capo del
tribunale sui singoli sostituti procuratori; e il procuratore generale della Corte d’appello sui singoli sostituti
procuratori generali. Quindi un potere di sorveglianza del capo persona fisica sui singoli sostituti, ma anche
dell’ufficio superiore su quello inferiore.
C’è un potere di sorveglianza sulle modalità di svolgimento delle attività, quindi una gerarchizzazione che è stata
ancor più sottolineata con la l. 106/2006, che per quello che ci interessa (la legge non si occupa solo di questo) ha
stabilito che “nello svolgere le proprie funzioni il magistrato del p.m. si deve attenere ai criteri dati dal procuratore
capo relativamente alla trattazione di un determinato procedimento”, per cui il magistrato del p.m. non è libero di
svolgere le indagini secondo i propri convincimenti, ma ci sono delle linee guida che vengono date dal procuratore
capo e queste sono vincolanti tanto per quanto riguarda lo svolgimento delle attività, tanto per quanto riguarda il
modo d’uso della polizia giudiziaria.
Sappiamo (art.109 Cost.) infatti che “il p.m. dispone direttamente della polizia giudiziaria”, si dice quindi che la
polizia giudiziaria è in posizione di dipendenza funzionale dall’ufficio del magistrato del p.m., quindi c’è un nucleo di
polizia giudiziaria che dipende funzionalmente dalla procura. Usiamo l’endiadi dipendenza funzionale perché è
errato dire che la polizia giudiziaria è semplicemente dipendente dal p.m. perché è anche dipendente
funzionalmente, infatti la dipendenza funzionale è l’opposto di quella gerarchica: dal punto di vista gerarchico la
polizia giudiziaria dipende dai suoi (la polizia giudiziaria è costituita da membri appartenenti ai diversi corpi di polizia,
quindi i membri della guardia di finanza dipenderanno dal Ministero delle finanze, i carabinieri dipenderanno dal
Ministero della difesa, la polizia dipenderà dal Ministero dell’interno, quindi per i procedimenti disciplinari, per i
concorsi, per gli avanzamenti di carriera, per gli spostamenti ecc. ci sarà una dipendenza gerarchica dal proprio
ministero di appartenenza); invece per quanto riguarda le funzioni da svolgere dipenderanno dal procuratore della
Repubblica presso cui svolgono le loro funzioni di polizia.
Quindi c’è uno sdoppiamento: dipendenza gerarchica dal ministero di appartenenza e dipendenza funzionale dal
procuratore presso cui sono applicati come poliziotti della polizia giudiziaria, che è una funzione che possono poi
smettere di svolgere continuando la propria carriera come polizia tributaria presso il loro ministero.
La stessa Costituzione afferma che il p.m. dispone direttamente della polizia giudiziaria, quindi svolge le indagini
direttamente con l’ausilio della polizia giudiziaria, la quale ha poteri autonomi di svolgimento delle indagini, anche ex
ante, anche prima dell’intervento del p.m. perché è prossima al territorio, l’importante è che riferisca
immediatamente al p.m.; anche dopo che il p.m. iscrive la notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 la polizia
continuerà a svolgere attività di propria iniziativa (oltre che l’attività delegata dal p.m.), l’importante è che riferisca
sempre direttamente al p.m. tutto ciò che fa, anche dopo che questi ha preso in carico la notizia di reato.
La l. 106/2006 ha stabilito che nelle indagini si devono seguire delle impostazioni date dal p.m. anche per quanto
riguarda l’impiego della polizia giudiziaria, così come ci si dovrà adeguare a degli standard di valutazione in sede di
applicazione delle misure cautelari (per la polemica sull’uso distorto delle misure cautelari si è allora stabilito che
ogni procuratore capo si assume le responsabilità di scrivere le linee guida per l’applicazione e la gestione delle
misure cautelari ed ogni singolo sostituto procuratore dovrà seguire i criteri indicati dal procuratore capo
nell’applicazione e nella valutazione quanto all’applicazione delle misure cautelari; quindi sia per lo svolgimento
delle indagini, sia per quanto riguarda le misure cautelari).
La gerarchia che inquadra il p.m. come organo statuale, quindi, è questa:
 il procuratore della Repubblica presso il tribunale, che è l’organo verticistico per quanto riguarda l’ufficio del
p.m. presso il giudice di primo grado, quindi la procura è sempre istituita presso il giudice; il procuratore capo
ha dei procuratori aggiunti se la procura è abbastanza grande e poi ha dei sostituti procuratori;
 la procura presso la Corte d’appello, a capo c’è il procuratore generale presso la Corte d’appello e ci sono dei
sostituti procuratori generali;
 la procura generale presso la Corte di Cassazione, con anche qui dei sostituti procuratori generali.
Ci possono essere anche avvocati generali sia in procura presso la Corte d’appello, sia in procura presso la Corte
di Cassazione, oltre ai sostituti procuratori generali; invece nella procura presso il tribunale c’è il procuratore della
Repubblica, che può avere dei procuratori aggiunti (non è detto che ci siano) e i sostituti procuratori.
Tuttavia nella procura presso il tribunale per delitti di mafia, di terrorismo e per altri gravi delitti indicati dalla legge si
è stabilito che l’attribuzione delle indagini viene sempre affidata al procuratore distrettuale antimafia, che coincide
col procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio si è verificato il fatto
(ad es. Palermo è il capoluogo del distretto che comprende le province di Trapani, Agrigento e Palermo; per un fatto
di mafia, di terrorismo e per tanti altri fatti indicati, se un fatto si è verificato a Trapani non sarà competente secondo
il criterio del locus commissi delicti il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani, ma sarà competente
il procuratore distrettuale antimafia che è il procuratore della Repubblica di Palermo; quindi il procuratore della
Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto della Corte d’appello nel cui ambito ha sede il giudice
competente; infatti, il distretto della Corte d’appello comprende Agrigento, Trapani e Palermo). Il procuratore
distrettuale ha un proprio ufficio che si chiama DDA (direzione distrettuale antimafia) e poi presso la corte di
Cassazione c’è un procuratore nazionale antimafia che ha la funzione di direzione nazionale antimafia per gli stessi
reati per cui è stata istituita la DDA, ma a livello di impulso e coordinamento tra tutte le direzioni distrettuali
antimafia, quindi deve fare in modo di coordinare eventuali indagini tra le varie direzioni distrettuali antimafia. Il
procuratore nazionale antimafia dura in carica quattro anni, non può essere rinnovato e la procura nazionale
antimafia si trova presso la Corte di Cassazione.

Il p.m. è il titolare, il dominus (diceva Delfino Siracusano) delle indagini, anche perché questo gli deriva dall’art. 112
Cost.: “il p.m. ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”, significa che ogni qualvolta venga portata a conoscenza della
procura o di un ufficio della polizia una notizia che abbia il sospetto di contenere un reato, questa notizia (tranne che
non sia una pseudo notizia di reato, cioè che in realtà non contenga gli elementi nemmeno minimamente assimilabili
ad un reato) deve essere iscritta nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p., indicando chi l’ha portata,
descrivendo tutto quello che descrive l’atto ed iniziando le indagini. Questo significa obbligo dell’esercizio dell’azione
penale, non significa quindi obbligo di iniziare il processo, altrimenti non ci sarebbe l’archiviazione, anche quando
viene chiesta l’archiviazione è stata esercitata l’azione penale. Significa obbligo di attivarsi, di iniziare le indagini per
qualunque notizia di reato che viene portata a conoscenza degli organi competenti ed il titolare delle indagini è
proprio il p.m.
La norma madre è l’art. 50 c.p.p. “azione penale”: “1. Il pubblico ministero esercita l’azione penale quando non
sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione.
2. Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere, l’azione penale è
esercitata d’ufficio…”. Quindi ci sono due modi per iniziare l’esercizio dell’azione penale: 1) d’ufficio (e questo
riguarda il diritto penale, reati che sono ritenuti abbastanza gravi quanto all’allarme sociale, allora venuti a
conoscenza si procede d’ufficio); 2) per reati di minore allarme sociale occorre l’iniziativa dei soggetti interessati o
dei soggetti che ne sono venuti a conoscenza per la loro attività, come il medico nel caso del referto.
La definizione dell’art. 50 non è esaustiva perché dice in positivo quello che è detto in negativo: si dice che il p.m.
esercita l’azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione ma quand’è che non
sussistono questi presupposti? La risposta ce la dà l’art. 125 disp.att. (per cui la norma va letta in combinato
disposto), ossia: “Il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l’infondatezza
della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in
giudizio”; quindi c’è un giudizio prognostico, ex ante, di inidoneità di questi elementi investigativi a potere divenire
prove in giudizio per sostenere l’accusa in giudizio. Dunque il p.m. in questo caso deve chiedere l’archiviazione
perché non è una parte contro un’altra parte.
Il p.m. è stato definito “parte pubblica, imparziale”, ma se è parte com’è che è imparziale? È un ossimoro per dire
che è pagato dallo Stato, è un magistrato, non è come in America che è eletto in base ad un programma ed è un
avvocato, un public prosecutor, è pur sempre qualcuno che sta perseguendo la sua tesi accusatoria, ci crede, ma se si
rende conto che gli elementi non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio andare incontro ad un processo inutile
non è efficace, non è efficiente, andrebbe contro il principio del favor rei, contro un senso di giustizia. Lui è un
servitore dello Stato, non è pagato in più o in meno in base a quanti processi vince, deve cercare “la verità giudiziale”
(quella storica ormai si è esaurita).
Allora abbiamo un combinato disposto di tre artt: art. 50, art. 125 disp. att. ed art. 358 c.p.p., in cui si dice che: “Il
pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell’articolo 326 e svolge altresì accertamenti su
fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”; allora ci si potrebbe chiedere come il pubblico
ministero possa svolgere indagini “a favore”? Se ha un’ipotesi accusatoria non è il difensore che casomai deve
ricercare elementi? A parte che questo nella prassi non si verifica quasi mai, ma questa norma non è filantropistica, è
una norma che si spiega perché è a favore della completezza delle indagini (come dice l’art.125), per evitare
processi inutili che poi si scontrerebbero con un’assoluzione o con un non luogo a procedere in un’udienza
preliminare, per evitare un’amministrazione della giustizia inefficace ed inefficiente, spese inutili, di perseguitare
inutilmente persone, e per obbedire al canone del favor rei. Dunque obbedisce al canone del dovere di indagini
complete per determinazioni sull’archiviazione o sulla richiesta di rinvio a giudizio consapevoli; ci vuole un esercizio
dell’azione penale e quindi una richiesta di rinvio a giudizio consapevole ed allora per fare questo si devono seguire
pure delle tracce a favore. Quindi quel favor serve non a favore della persona, ma del sistema.
L’art. 358 c.p.p. obbedisce al principio della completezza delle indagini: un’azione deve essere esercitata quando le
indagini sono fatte bene, in modo compiuto e per essere tali devono avere solcato tutte le piste possibili, anche
quelle che possono smentire la propria tesi.
Questa è l’obbligatorietà dell’azione penale, che non significa obbligatorietà dei processi altrimenti non esisterebbe
l’archiviazione, la quale è l’opposto dell’azione penale.
Per quanto riguarda l’azione penale quindi rintracciamo un combinato disposto con l’art.358, anche se quest’ultimo
fa parte della parte dinamica (la materia solitamente viene divisa in due parti, parte statica e dinamica, ma come
dice la stessa parola “processo”, questo è un itinerario mentale che non è facile dividere, staccare in due parti, ad es.
è chiaro che se stiamo parlando del p.m. abbiamo collegato l’art.50 con il 358, e anche con l’art.326, entrambi
articoli della parte dinamica. Quindi nel momento in cui si tratta della prima parte sul p.m. è chiaro che bisogna
conoscere anche queste due norme).
Art.326 c.p.p.: “finalità delle indagini preliminari”. Se stiamo parlando del p.m. non possiamo non sapere quali sono
le sue funzioni, non possiamo non sapere che il p.m. e la polizia giudiziaria nell’ambito delle rispettive attribuzioni
svolgono le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.
Dall’art.50 non si deduce nulla, non si capisce come il p.m. esercita l’azione penale, svolgendo ex.art.326 le indagini
necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. Quindi esercita l’azione penale, ma come?
Svolgendo le indagini necessarie.
La polizia giudiziaria, nell’ambito delle rispettive attribuzioni svolge un’attività autonoma, prima del p.m., dopo che il
p.m. iscrive la notizia nel registro di cui all’art.335 il titolare diventa il p.m. stesso ma la p.g. continua su delega (v.
dipendenza funzionale) ma può, parallelamente, oltre che come organo su delega, continuare a svolgere
autonomamente le sue funzioni di p.g. purchè riferisca immediatamente i risultati al p.m. (c’è uno sdoppiamento
della polizia giudiziaria, come organo delegato e organo autonomo, anche se ormai il p.m. ha preso in mano la
titolarità delle indagini con le iscrizioni).
Quindi ricaviamo l’attività e le FUNZIONI del p.m. dall’art.50 (che cerca di definire in positivo l’azione penale ma in
pratica ci dice che è azione penale ciò che non è archiviazione), dall’art.326 e 358 (che ci dicono come si svolge
l’azione penale, cioè attraverso le indagini) e dall’art.125 disp.att. Con queste quattro tessere definiamo il senso del
ruolo del pubblico ministero, il senso dell’azione penale e quello delle indagini preliminari.
Art.358 c.p.p., attività di indagine del p.m.: il p.m. compie ogni attività (non gli si vuole precludere niente) necessaria
ai fini indicati nell’art.326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle
indagini (“a favore” vuol dire svolgere attività complete, il favore è subordinato alla completezza delle indagini,
quindi indagini utili per un processo utile, non un processo che si scontri con l’inidoneità delle indagini e quindi con la
superfluità e con il non luogo a procedere nell’udienza preliminare o il proscioglimento in dibattimento).
Questo è quindi il ruolo del p.m. nell’ambito dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Il p.m. nello svolgere tutte queste attività di indagine non volutamente catalogate (ogni attività necessaria per
assolvere all’obbligatorietà dell’azione penale e quindi determinarsi poi a chiedere il processo ovvero l’archiviazione
e disponendo direttamente e in modo funzionale della polizia giudiziaria, che svolgerà sia un’attività delegata che
un’attività su propria iniziativa) non è considerato come una persona fisica (come ad es. il giudice) ma è considerato
come un ufficio; quindi c’è un’unità e un’impersonalità dell’ufficio (caratteristica fondamentale del p.m.).
Al vertice c’è il procuratore capo che rappresenta l’ufficio, ma tutti i magistrati appartenenti ad un certo ufficio e che
lo costituiscono possono essere investiti delle stesse attribuzioni in relazione a ciascun affare penale, possono essere
sostituiti (un magistrato comincia l’indagine e poi il titolare lo sostituisce per vari motivi, per evitare che il potere del
procuratore capo diventi arbitrio la sostituzione dev’essere fatta con un provvedimento motivato, perché se no
questa radicale verticalizzazione potrebbe poi degenerare in abuso del potere). Tra l’altro c’è anche la possibilità che
venga decisa una revoca perché il p.m. si è astenuto (la ricusazione del p.m. non è possibile, si può ricusare solo il
giudice, perché il p.m. è una parte, diversamente dal giudice, ma per ragioni di convenienza può decidere di
astenersi e farlo presente al proprio procuratore capo che lo sostituirà).
In questa organizzazione verticistica, in questa unità e impersonalità che fa sì che ci possa essere una trattazione
congiunta o una sostituzione, è pur vero il fatto che il procuratore capo risponde sempre della gestione dell’ufficio,
in questa visione unitaria e impersonale c’è sempre quella verticalizzazione di cui abbiamo parlato, che è duplice,
all’interno di un ufficio c’è il procuratore capo con i suoi sostituti e poi l’ufficio superiore verso l’ufficio inferiore,
quindi la procura generale verso la corte d’appello, la procura della repubblica verso il tribunale e la procura
generale presso la corte di cassazione verso la procura generale presso la corte d’appello. Allora riguardo alla
verticalizzazione tra uffici (superiore verso inferiore) c’è la cd.avocazione (“chiamare a sé”), art.412 c.p.p.: quando ci
sono situazioni di inerzia e stasi, di termini scaduti, di indagini non svolte, allora il procuratore generale presso la
corte d’appello può avocare a sé il fascicolo delle indagini, toglierlo alla procura della repubblica presso il tribunale e
gestire lui (o un sostituto procuratore generale) il suo ufficio, motivando ovviamente ciò (l’avocazione è un
provvedimento pesante, grave quindi dev’essere motivata). Quindi questa gerarchizzazione si vede anche
nell’avocazione, nella chiamata a sé, nel togliere il caso o l’indagine per inerzia, scadenza dei termini, gestione non
adeguata.
Tra l’altro l’avocazione è prevista anche nell’archiviazione: quando questa non viene esercitata nei tempi previsti
dalla legge deve scattare l’avocazione da parte della procura generale, quindi non solo nel caso di stasi, di
inadeguato svolgimento delle indagini e di scadenza di termini, ma sempre nel caso di mancata osservanza dei
termini nella richiesta di archiviazione o nell’esercizio dell’azione penale, in ogni caso con provvedimento motivato.
La delegazione si ha quando un ufficio del p.m. delega a svolgere le funzioni un magistrato di un altro ufficio (es. la
trattazione dello svolgimento dell’accusa in udienza dovrebbe essere fatta da un magistrato del p.m. in appello, ma
si delega a svolgere la funzione di p.m. non a un magistrato del p.m. in appello, ma ad un magistrato del p.m. in
primo grado, in particolare quello che ha presentato le conclusioni, perché ad esempio lo si reputa più consapevole,
più a conoscenza dei fatti; quindi il procuratore capo presso la corte d’appello delega il magistrato del p.m. che ha
presentato le conclusioni ad essere presente in udienza e a svolgere lui le funzioni di magistrato in appello). Ci può
quindi essere anche una delega tra uffici diversi dal pdv. territoriale, si delega ad es. un magistrato di un distretto
diverso per compiere determinati atti o attività. Quindi la delega è la sostituzione del magistrato naturalmente
competente con un altro per singoli atti o attività, o per tutta la durata dell’udienza.
L’ultima funzione è la vigilanza (la prima è l’avocazione, la seconda la delegazione): il procuratore generale presso la
corte d’appello, sempre nell’ottica della verticalizzazione, deve acquisire tutti i dati e tutte le notizie necessarie in
modo da potere verificare il corretto esercizio dell’azione penale, il rispetto del giusto processo e il puntuale
esercizio da parte dei suoi procuratori della repubblica dei poteri di direzione, di controllo e di organizzazione degli
uffici a cui sono preposti, inviando una relazione annuale al procuratore generale presso la corte di cassazione.
Quindi ogni anno il procuratore generale deve inviare una relazione, prendendo tutti i dati e le notizie dalle varie
procure che dipendono dal suo distretto.
In conclusione possiamo dire che la caratteristica in generale degli uffici del p.m. è l’unità e l’impersonalità.
Ricordiamoci quei quattro articoli molto importanti: l’art.50 che definisce l’azione penale in negativo rispetto
all’archiviazione, e poi gli altri tre (art.326, art.358, art.125 disp.att.) che definiscono in concreto come si esercita
l’azione penale e quindi l’indagine. Da ricordare il rapporto con la polizia giudiziaria stabilita in costituzione,
l’inamovibilità, la qualificazione come organo autonomo e indipendente, la non soggezione alla legge ma agli organi
superiori.

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