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Custodire lo sviluppo coltivare

l'educazione- Cristina Birbes


Pedagogia
Università degli Studi di Bergamo (UNIBG)
29 pag.

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CUSTODIRE LO SVILUPPO COLTIVARE L’EDUCAZIONE:

CAPITOLO I:

1. L’ambiente nella riflessione pedagogica

Il concetto di ambiente come sfera onnicomprensiva di esperienza possibile e come ambito di collocazione
della vita, è andato assumendo degli ultimi decenni una peculiare importanza nel dibattito culturale, civile e
politico. La polivalenza semantica di questo concetto, che incrocia problemi ambiti disciplinari molto distinti
tra loro, ne impedisce qualsiasi definizione sintetica e univoca.
Si può comunque cercare di identificare i principali significati attribuiti al termine: nella sua genericità
l’ambiente esprime l’insieme di tutte le condizioni biofisiche che rendono un particolare luogo adatto alla
vita delle diverse specie. È un concetto sostanzialmente spaziale.
L’Etimologia del termine deriva dal latino ambire ed indica ciò che ci circonda materialmente e
intellettualmente, il luogo in cui si vive.

I pedagogisti contemporanei hanno da più parti ribadito l’esigenza di superare la genericità del concetto,
A.Clausse nella sua teoria dello studio dell’ambiente precisa che l’ambiente e tutto ciò che avviene, si pensa,
si vede, si afferma, si esprime intorno a noi. Si qualifica pertanto quale parte della realtà con cui direttamente
o indirettamente ognuno di noi è relazione.
Il termine ambiente fu usato agli inizi del 1800 in lingua tedesca, la parola usata era Umwelt, che deriva da
um, che significa attorno e da welt che significa mondo. Tradotto letteralmente sarebbe il mondo che sta
attorno. Il medesimo significato lo ritroviamo anche nell’opera del filosofo tedesco Jakob Von Uexkull, nella
Nuova dottrina dell’ambiente. La definizione da lui adottata sotto intende la presenza centrale di un
osservatore identificabile in un qualsiasi organismo vivente e rappresenta il mondo intorno adesso come
l’insieme dei fattori abiotici che lo circondano.

Il numero elevato delle componenti ambientali censibili rende necessario modelli interpretativi che tentino di
riassumerle. Un modello ampiamente diffuso è quello che considera l’ambiente come un insieme di
compartimenti fisicamente distinguibili: litosfera, atmosfera, idrosfera, biosfera è antroposfera.
Questo schema di rappresentazione scientifica del concetto ha il merito di indirizzare in modo mirato la
raccolta di dati ambientali e le indagini specialistiche, anche se implica dei limitazioni fisiche che nella realtà
non sussistono, in quanto i diversi comparti ambientali sono fortemente con penetranti l’uno l’altro.
Nella prospettiva del discorso sull'educazione, parlare di ambiente significa porre l’accento sulle relazioni
piuttosto che sulla sostanza: se l’ambiente è definibile esso è il mondo vitale per noi. È quella eccezione e
strani alla persona che ne condiziona le relazioni e ne plasma l’identità.

Un’importante evoluzione nella definizione del termine sia con l’introduzione del concetto di ecosistema,
grazie al quale biotico e abiotico sono in interazione e stabiliscono un rapporto di reciprocità.
Il fisico F. Capra invita a considerare l’ambiente in termini di un tessuto dinamico di relazioni dove il mondo
biotico è strettamente connesso con quello abiotico in un processo di coevoluzione sistematica. Quando
manca il concetto di ecosistema il significato di ambiente e coincide con una connotazione spaziale che non
comprende l’osservatore, che al di fuori di noi che lo descriviamo. L’ambiente può essere dunque definito
come l’insieme degli esseri e delle cose che compongono lo spazio vicino lontano dell'uomo, Sui quali egli
può agire, ma che a loro volta perciò ore su di lui e determinare perciò totalmente o parzialmente la sua
esistenza e i tuoi modi di vita.
Per una definizione, anche se mai esaustiva dell’ambiente, non è sufficiente però il repertorio semantico delle
scienze fisiche e biologiche perché entrano in gioco connotazioni storiche, antropologica, sociali ed
economiche. La tematica ambientale interessa perciò ricercatori di diverse appartenenze disciplinari.

Per ripensare l’approccio con il quale la pedagogia è bene prendere coscienza delle idee di natura
sedimentate nella nostra tradizione culturale.
Il sapere pedagogico non può prescindere dall’ambiente, dal contesto in cui si svolge l’esperienza educativa
e dalla considerazione del rapporto uomo natura.
E.Bardella sottolinea la possibilità di considerare l’ambiente come somma delle componenti che formano la
struttura di un dato livello dell’organizzazione della vita sul pianeta e sistema dei rapporti che emergono nel
tempo nello spazio dall’interfaccia di questi fattori. L’ambiente configura il crocevia, il cuore della cultura, la
sede dove nascono e si consumano i bisogni dell’uomo; è un contesto spaziale nel quale la vicenda della
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collettività umane si manifesta e si trasforma nel procedere della storia. La mia, strutturando il territorio e
costruendo in esso fenomeni personali.

E.Marescotti sostiene che l’ambiente non è una semplice somma di elementi, è un sistema complesso
contraddistinto dalle relazioni che avvengono tra le sue diverse componenti, e la totalità che ci circonda e che
include noi stessi. Con queste parole ci prospetta una definizione di ambiente e di prendere insieme di tutte le
condizioni e di tutti gli oggetti, intesi nel senso lato, che connotano le la dimensione spazio-temporale in cui
si svolge l’esistenza umana. Anche Mortari ribadisce che il termine non individua un insieme di enti solarti
ma una realtà complessa in cui ho niente strettamente connesso con gli altri. L’ambiente è anzitutto
tradizione, costume, folklore, tutto ciò che si manifesta noi, l’atmosfera che circonda che respiriamo, non è
semplicemente il luogo in cui si svolge il rapporto educativo ma diventa anch’essa elemento di tale rapporto.

I richiami di pedagogisti ed educatori ad un rapporto dinamico con l’ambiente sono ricorrenti, infatti borghi
nella sua opera educazione sviluppo sociale si interessa alla problematica ambientale.
Sul piano teoretico la letteratura pedagogica oscilla tra una tesi positivistica secondo cui l’educazione
dipende tutto dall’ambiente, dunque l’etero educazione, e la tesi opposta quella degli innatisti, per i quali
l’ambiente non esercita alcun azione sulla educando, dunque l’auto educazione. Vi è però una terza posizione
in cui si evidenzia la reciproca relazione tra educazione e ambiente.

J. Dewey sostiene che la parola ambiente denota qualcosa in più di ciò che circonda l’individuo. L’ambiente
consiste nelle condizioni che promuovono, stimolano o inibiscono le caratteristiche di un essere umano.
L’autore ci parla di transizione uomo natura ed elabora una pedagogia che considera criticamente il contesto,
l’ambiente, in cui si sviluppa l’atto educativo. Per il pedagogista il rapporto educativo e tutto fondato nella
relazione di esperienza che collega in modo interattivo l’educando all’ambiente. L’ambiente diventa così
oggetto di studio.

J.J. Rosseau sostiene che la bontà originaria dell’uomo. L’autore parte da un atto di accusa nei confronti
della società che degrada la natura, proponendo di salvaguardare l’educando dai pericoli della
contaminazione. L’ambiente antropizzato è portatore di pregiudizi, conformismo, pregiudica l’autonomia del
soggetto. Nel proporre di sostituire all’educazione diretta forme indirette di intervento pedagogico, mediato
attraverso il contatto diretto con quello naturale, riconosce una determinante valore educativo all’ambiente.
L’uomo fondamentalmente buono trova nell’ambiente sociale la corruzione morale, mentre in quello naturale
una condizione di liberazione e sviluppo autenticamente umano.
Rosseau ci parla dunque di un ritorno alla natura affinché un individuo possa esprimersi secondo ciò che
realmente, e necessario che sin da bambino lo si lasci libero di giocare, di scoprire il piacere il benessere che
derivano dall’attività ludica. La natura viene intesa dunque come una natura esterna che dà stimoli o
correzioni al fanciullo.

E. Spranger sostiene che l’uomo ha sempre, in qualsiasi luogo risieda, un mondo circostante, un milieu
significativo per lui. Il pedagogista tedesco si è accostato al pensiero e alle opere di Froebel, in particolare
modo ai giardini d’infanzia. L’interesse di Froebel per il giardino è da ricondurre a motivi autobiografici: la
nostalgia per la madre morta prematuramente, il suo bisogno d’amore, la sensibilità nutrita per la natura. La
natura è per Froebel un linguaggio cifrato la cui chiave di interpretazione e nell’interiorità dell’uomo e ciò
accade mediante l’incontro, il contatto continuo con le sue forme esteriori, il farsi uno con esse.
Spranger definisce la pedagogia di Froebel come una pedagogia della divinatrice comunione con il tutto,
così la natura non resterà più come una realtà morta, muta, insensibile ma diverrà una realtà animata dal
sentimento, una creatura di Dio che conduce alla vita.
L’autore inoltre afferma che la scienza della terra natia a un profondo valore formativo, si presenta
rispondente sia alle esigenze di razionalità sia alle connotazioni affettivo intuitive della psicologia infantile.
L’uomo ha bisogno di una radice nella terra e l’ambiente è il cordone ombelicale che ci lega la terra come
luogo di origine e come radice di vita. Egli definisce legame il rapporto che il suolo e la natura hanno con
me, mediante il quale essi diventano per me pieni di significato. L’ambiente perciò la connessione tra il
mondo della natura e il mondo dell’uomo, inseparabili l’uno dall’altro.
L’autore sottolinea come la scienza tenti di costruire un sistema univoco dell’esistente con dati ambientali
che agiscono su di noi; non soltanto dai rapporti casuali dell’oggetto con il rispettivo soggetto, trascurando la
realtà che ci sta di fronte plasticamente in una pienezza di rapporti di senso con l’organismo vivente.

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Spranger riprende le parole di Gothe: “La natura è una totalità dinamica che si rinnova perennemente senza
perdere la sua profonda unità di materia e spirito a cui l’uomo stesso partecipa, l’uomo conoscendo il mondo
conosce se stesso”. L’autore nutre un atteggiamento critico nei confronti di Rosseau, poiché egli ritiene che
non si tratta semplicemente di aderire empaticamente alla natura e nemmeno di accoglierla così come essa è,
poiché invece egli nella realtà dell’ambiente distingue una componente immutabile e una cangiante
dinamica e sostiene che esiste un ambiente che ci portiamo con noi, frutto di comunione di vita con quel
luogo. L'ambiente e dunque tutto un tessuto di fili intimi e misteriosi.

Nella sua opera Difesa della pedagogia europea, l’autore riconosce l’importanza nella scuola del principio di
ambiente, da intendere come la tendenza a coltivare approfondire l’ambiente più vicino entro cui il bambino
cresce. La madre considerata la prima interprete del mondo più vicino al bambino, mentre la patria e il primo
ambiente dell’uomo dove le cose il loro passato sono intesi nel loro totale senso di vita.
Spranger riconosce che la natura è divenuta il regno delle forze da sfruttare e che i nostri rapporti
scambievoli non avvengono più nell’amore ma del denaro; l’uomo, alternando i naturali dinamismo del
pianeta, corre il rischio di distruggere con le sue stesse mani le radici più profonde del suo ancoraggio vitale
alla terra.

Grazie all’influenza di autori come G. Bateson, E. Morin, F. Capra, nasce l’immagine di natura come rete di
connessioni, che sollecita e di spira diverse posizioni pedagogiche tra cui quelle di F. Frabboni, P. Orefice, E.
Bardulla, M. Gennari, R. Semerano che producono L’idea di territorio, di ambiente come bacino di cultura,
come insieme problematico, come di alfabeto di linguaggi e bottega della fantasia, come risorsa educativa e
didattica.

È abitudine diffusa associare il termine ambiente e quello di natura, ma i due NON sono sinonimi.
L’ambiente comprende la natura, la specifica in rapporto all’uomo e la coglie non tanto nella sua autonomia
quanto situandolo nella storia del medesimo la natura invece può essere intesa come una totalità del mondo
fisico, che include gli esseri umani. Tra uomo e natura c’è un rapporto di inclusione: l’uomo è anche natura
e la natura e anche l’uomo. L’uomo è parte dell’umanità e al tempo stesso non si confonde con la natura.
L’ambiente non riguarda esclusivamente la natura ma anche oggetti e fenomeni antropici.
Non si può parlare di ambiente se non in riferimento a un oggetto o ad un’entità che da esso si distingue, pur
essendo connesso il rapporto. Il termine ambiente sottintende l’idea di qualcosa che non è dato di per sé ma
che si lascia definire percepire solo rispetto qualcos’altro.

La complessità della realtà ambientale, l’essere costituita da un intricato reticolo di rapporti ne fa una sorta di
libro aperto da cui non si finirà mai di imparare. Le diverse interpretazioni addotte inducono a prendere
consapevolezza dell’impossibilità di una totale dicibilita della realtà in cui siamo immersi.

2. Sviluppo umano tra natura e cultura

L’uomo, quale animale sociale,è in grado di apprendere non soltanto per reazione adatti a all’ambiente, ma
anche facendo proprie le esperienze della specie umana svolte nel corso delle generazioni, riuscendo ad
aggiungervi un contributo nuovo e originale.

Il termine cultura rimanda ad una realtà complessa e articolata, ad un sistema organico di conoscenze che
hanno un ruolo determinante nella formazione della personalità dell’individuo. La cultura è in tutti gli eventi,
i contesti le creazioni intellettuali nelle quali si esprime la nostra civiltà.
Prima di ogni teorizzazione, è opportuno distinguere tra la cultura oggettiva, dunque i valori e i beni opera
dell’elaborazione dell’uomo in quanto essere nel mondo e la cultura soggettiva, cioè la mentalità, la
strutturazione interiore che ne consegue all’assimilazione di beni e valori.

La cultura è tutto quel complesso che include arte,morale, costume e ogni capacità acquista da un uomo che
sia membro di una società. In generale una definizione di cultura può essere l’insieme dei tratti distintivi,
spirituali e materiali, intellettivi e affettivi, che connotano una società o un gruppo sociale.

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Nella Gaudium et Spes, costituzione pastorale del concilio Vaticano II, definisce la cultura come “tutti i
mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo, procura di ridurre in suo
potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro”.

Un is tema cultura non è la somma di dati bensì un insieme dinamico all’interno del quale le conoscenze si
integrano e si riconfigurano, sempre e di nuovo, dando luogo a molteplici interpretazioni del mondo,
rimandando al soggetto la percezione del proprio ruolo nel mondo stesso.

J. Bruner negli anni Settanta abbraccia una prospettiva ecologico-culturale ed è giunto ad affermare che
l’intelligenza è in gran parte interiorizzazione degli utensili determinati da una data cultura: i modi di pensar
dell’uomo sono strutturati con riferimento agli strumenti offerti dalla cultura.

La parola cultura ha un etimo rivelatore, dal latino colere, che mostra il senso dell’abitare sia indisgiungibile
dal coltivare,dall’aver cura. Cultura reca in se il significato di crescita, esprime l’essere dell’uomo, il fine del
coltivare lo spirito, di accrescerne la coscienza solidale, di approfondire perciò il livello di consapevolezza
che egli ha rispetto a se stesso ed i suoi rapporti con il contesto.

E. Spranger definisce la cultura come cura dell’essere vivente. Egli sostiene che l’uomo, partecipe della
creazione, può inventare una macchina, ma una macchina senza anima e per questo la macchina divora
l’uomo. La vita rimane nella mano di dio e l’uomo la può solo curare con rispetto. Con l’educazione si vuole
rendere l’uomo capace di cultura. Per Spranger dunque la cultura è il fine del processo educativo, inteso
come formazione umana.

Al termine cultura si posso assegnare valenze opposte:


• Insieme di architetture del pensiero elaborate dall’uomo per giustificare a se stesso di presumere di
potersi considerare avulso dalla natura
• Le dimensioni che rimandano ad un superamento della dimensione prettamente autoreferenziale,
razionale che mira a favorire la reintegrazione dell’uomo e della natura.

In questa seconda prospettiva se il mondo della tecnica più raffinata non si riconcilia con il linguaggio
semplice della natura in un salutare equilibrio, la vita dell’uomo correrà rischi sempre maggiori cui si
possono già cogliere avvisaglie preoccupanti.
L’uomo in dall’inizio della sua esistenza ha sviluppato un pensiero tecnico, in quanto si è servito delle risorse
che la natura gli ha messo a disposizione per elaborare manufatti sempre più raffinati. L’abito tecnologico di
cui l’individuo inizia a dotarsi fin dalla nascita, entrando in relazione lo mondo, influisce sulle modalità di
percepirsi e di rappresentare l’habitat del proprio sviluppo.

L appropriarsi dello spazio da parte dell’uomo è passato attraverso due fasi successive:
1. Rivoluzione industriale: fino alla rivoluzione le culture hanno sfruttato lo spazio con una certa
misura ed economia, invece successi mante questa ha rotto l’equilibrio: l’ambiente è stato sempre
più trasformato dalla presenza umana fino ad arrivare ad un progressivo estraneamente dell’uomo
dalla natura.
2. Il mondo antropico, la tecnosfera, ha modificato la biosfera nella prospettiva di realizzare un
ambiente consono all’uomo.

G. Reale nella sua opera Saggezza antica. Terapia per i mali dell’uomo oggi nota che il prassismo è il
tecnologiamo costituiscono le manifestazioni più evidenti del malessere attuale; essi portano all’estremo la
trasformazione in senso nichilistico del detto metafisico verum ipsum factum, ossia e ero ciò che si fa o che si
può fare cioè sono vere le prassi e la tecnica.

E. Morin sostiene che dobbiamo abbandonare i due miti principali dell’occidente moderno: la conquista
della natura oggetto da parte dell’uomo soggetto dell’universo e il falso infinito verso il quale si lanciano la
crescita universale, lo sviluppo e il progresso. Dobbiamo sbarazzarci del paradigma dell’Homo sapiens faber,
secondo il quale la scienza e la tecnica prendono su di se e realizzano il compimento dello sviluppo umano.

All’interno della cultura, la tecnologia dovrebbe svolgere un ruolo cooperante e specifico nel produrre e
gestire artefatti e contesti artificiali, materiali e immateriali.

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La tecnologia riguarda l’insieme dei saperi che interpreta, organizza e gestisce il mondo dell’artificiale e del
costruito e in genere fa riferimento alla dimensione della trasformazione, infatti agisce,lasciando i segni della
propria azione. La trasformazione è mirata a soddisfare i bisogni, esigenze e desideri delle culture umane e
deve trovare un equilibrio sostenibile tra ambiente antropizzato e ambiente naturale.
Le tecnologie consentono di raggiungerci e inter connetterci anytime, anywhere,anyone. Questa presunta
onnipotenza tecnologica ha un risvolto negativo insito nella finitudine della persona umana, che vive a
categoria del tempo come essenziale per costruire la propria identità ma che rischia di divenire, soprattutto
nel mondo occidentale, consacrata solamente al progresso e all’obsolescenza del valore della formazione
umana.
Numerosi sono oggi coloro che sono spaventati per la possibilità che l’uomo possa rimanere vittima delle
innovazioni tecnologiche.la civiltà attuale deve riuscire a stabilire un armonico rapporto con l’ambiente
tecnico. Si dovrebbe seguire l’esortazione di M. Heiddegger:“possiamo far uso del prodotti della tecnica,
conformarci al loro modo d’impiego, ma possiamo allo stesso tempo abbandonarli a loro stessi. Possiamo
dire di sì all’uso inevitabile dei prodotti della tecnica e nello stesso tempo possiamo dire loro di no, impedire
che prendano il sopra vento su di noi, che deformino, confondano, devastino il nostro esserci”.

Tutte le culture hanno radici comuni nella natura: la musica, la danza, i riti, le feste sono profonda te legati ai
ritmi e alla realtà del mondo naturale. Molte delle nostre espressioni culturali contemporanee risalgono ai
nostri primi rapporti intimi e diretti con la terra stessa. Tuttavia le pratiche e le istituzioni culturali per taluni
aspetti sono oggi messe in questione dal tecnologico e dal virtuale. L’appello a rifiutare le accline,alla loro
distruzione non rappresenta una via percorribile perla civiltà umana. L’umanità ha da recuperare il valore
delle elezioni interpersonali, della creatività, della capacità di costruire rapporti equi e solidali.

H. Jonas ha teorizzato il principio della responsabilità: è un invito ragionevole alla cautela, in un momento in
cui l’homo faber, come creatore tende a prendere il sopra vento sull’homo sapiens sapiens, come cercatore di
natura artificiale. La stessa tecnologia può trasformarsi in uno strumento che contribuisce a diffondere il
principio di responsabilità. Nella tecnologia sono coinvolte componente antropologica che risentono della
cultura sedimentata attraverso cui gli artefatti sono prodotti, dei contesti ambientali, del clima, delle temperie
culturale che li sostiene e da loro senso e significato sociale.
La riflessione pedagogica naturalmente consapevole della problematicità del rapporto tra persone tecnica, dei
pericoli gravissimi che l’umanità corre a causa della sua stessa possibilità di manipolazione trasformazione
del mondo. E ovviamente diffusa oggi, soprattutto tra le giovani generazioni, un’intimità con gli artifici e
tecnologici che non a confronto con la confidenza residuale nei confronti della natura.
Il rischio enunciato è il fatto che la natura non sostengo rapporto vitale con il mondo appiattisco la
produzione umana. Risiede nella responsabilità dell’azione il valore autentico della produzione culturale, il
fondamento ultimo della cultura è l’umanità dell’uomo, l’esistere consapevole del mondo, portatore di valori
ancorati alla realtà nel rispetto della dignità, della armonia, della complessità della vita.

Per non soggiacere all’omologazione culturale, alle insidie del pensiero unico e necessario essere, costruire
senza posa un’identità per dall’altro nella salvaguardia dei tratti tipici del nostro patrimonio culturale, vivere
insieme, rispettando le differenze o meglio coltivabile. L’umano resta il luogo definito dove bios e tecnica
debbano continuamente negoziare le loro spinte regressive propulsiva. La cultura influisce beneficamente nel
potenziare l’intera vita della persona, della crescere la disponibilità e la comprensione, nel sollecitare a
ripensare la propria vita e quella degli altri di là e attraverso i pregiudizi.

3. Questione ambientale, del ecology, ecosofia:

L’uomo contemporaneo sembra uscire lare tra l’uso spregiudicato della natura secondi fini gusti e la
nostalgia di un rapporto diretto con essa. L’originario rapporto tra comunità umane ed ambiente e ho subito
nei secoli enormi beatificazione. All’origine dell’attuale modalità di rapportarsi con la natura in Occidente, vi
è la reazione al mutamento delle condizioni materiali di esistenza prodotto dall’avvento della civiltà
moderna. Dalla prima rivoluzione industriale in poi il rapporto fra società umane e ambiente naturale a
seguito una strada sempre più utilitaristica: le risorse offerte dalla terra sono state considerate funzionali
all’espansione al soddisfacimento di aspirazioni materialistiche. Le possibilità di sfruttamento e
trasformazione delle risorse naturali hanno seguito l’andamento delle esigenze umane e la capacità di azione
dell’uomo sulla natura ha indotto molti a pensare di poter modellare l’ambiente naturale a proprio
piacimento.

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In realtà nella seconda metà dell’ottocento è andata via via diffondendosi la consapevolezza di non poter
arrivare alla comprensione totale dei meccanismi che regolano l’equilibrio dell’ecosistema terrestre e di non
essere in grado di prevedere le conseguenze che certe azioni umane avrebbero arrecato sull’ambiente
naturale. All’aumentare della conoscenze scientifiche, aumentava la preoccupazione per la questione
ambientale che nel tempo assunto una dimensione globale.
Si è posta con urgenza la necessità di riconsiderare l’idea di natura e l’idea di umanità, per superare
quell’immagine proprio della cultura occidentale secondo cui l’essere umano è separato dal mondo naturale.
Oggi si parla anche della cosiddetta wilderness e la progressiva riduzione del contatto diretto con essa.
Spesso i mezzi di comunicazione di massa ci offrono rappresentazione di ambienti di elementi della natura
ridotti a spettacolo, mistificando molte delle esperienze che solo l’esperienza diretta può consentire. A tal
proposito negli anni 60, lo studioso E. A. Gutkind prospetta quattro fasi del mutamento dell’atteggiamento
umano verso l’ambiente:
1. La paura e il desiderio di sicurezza di fronte all’azione imprevedibile della natura: l’uomo lotta
contro la natura;
2. l’accrescersi del dominio sugli eventi naturali: si qualifica per l’attenzione posta sullo spirito
d’osservazione;
3. L’uomo sfrutta con aggressività le risorse dell’ambiente, nasce un atteggiamento di conquista che lo
dica cos’è una profonda indifferenza di fronte ai pericoli della rottura dell’equilibrio ecologico;
4. acquisizione di una crescente consapevolezza della responsabilità e dei limiti che il piano di tempo
nella civiltà umana.

Deep ecology (ecologia profonda): espressione coniata nel 1972 dal filosofo norvegese A. Naess il quale
ricorre il termine profondo al fine di distinguere il suo approccio da quello che chiama ecologia di superficie,
cioè un insieme di obiettivi con un interesse generico per l’ambiente ma prive di una radicale fondazione.
L’ecologia profonda riveste un carattere emblematico perché pone questioni ermeneutiche fondamentali a
proposito del rapporto tra esistenza umana e l’ambiente mentre l’ambientalismo riformista degli anni 70 si è
preoccupato di porre rimedio all’inquinamento l’impoverimento delle risorse, l’ecologia profonda si propone
di recuperare la consapevolezza della compartecipazione degli elementi organici e inorganici nella comunità
biosferica.

Due sono i principi su cui si fonda l’ecologia profonda:


• Eguaglianza biocentrica: sottende l’idea che gli esseri umani appartengono ad un tutto più grande,
sono rame di un tessuto di vita continuamente riconfigurato. Gli uomini non detengono alcuna
supremazia ma condividono il pianeta con gli altri enti.
• Auto-Eco-realizzazione: prospetta un’identificazione non con il nostro io individuale, con la
famiglia, con la società culturale ma con le con sfera, con gli alberi, gli animali e i fiori. Ciò implica
il passaggio da una comprensione individuale alla concezione di un se trans individuale.

L’altro nella prospettiva ecologica non è limitato al mondo umano ma arriva comprendere anche quello non
umano. L’orientamento euristico suggerito riguarda non solo la convinzione, il mondo è intriso di umanità
così come ognuno di noi è intriso di ambiente.

La persona e la natura non sono due totalità che si contrappongono: essi vivono nel rapporto reciproco ed è
in questa relazione a quello vanità può trovare le condizioni non solo della sua sopravvivenza ma anche della
sua dignità. Il paradigma ecologico contribuisce a tematizzare la relazione tra umanità e natura e a
considerare la persona implicata nella natura, anziché esserne dominatrice assoluta. Il superamento del modo
di percepire la realtà secondo il paradigma della separazione avviene nel momento in cui il soggetto coglie il
principio dell’interrelazione di tutte le cose, non come connessione causale di vari elementi ma come
condizione per cui ho niente collegato agli altri attraverso molteplici relazioni. Per elaborare una prospettiva
pedagogica che ponga a tema il rapporto uomo natura è fondamentale illustrare il pensiero di H. D. Thoreau
espressa nell’opera Walden (vita nei boschi).
Nella seconda metà del secolo scorso l’autore intuisce l’importanza di una ridefinizione delle relazioni tra
uomo e natura, sollecitando il passaggio da una relazione economica ad una di tipo etico educativo tra uomo
e ambiente, in base alla quale il mondo vivente non può essere inteso un mero serbatoio di risorse da
sfruttare. L’autore scrive che il suo andare per boschi non è un mero girovagare ma consiste nella ricerca di
quanto essenziale alla piena realizzazione dell’essere umano, perché vivere la solitudine in un bosco
consente di stare in piena compagnia di se stessi e dei propri pensieri. Per realizzare se stesso l’individuo

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bisogno del contatto diretto con la natura, la vita nei boschi assume il significato di riscoprire la dimensione
spirituale del sé, condizione per acquisire conoscenza delle risorse dell’altro.
Thoreau invita contrapporre la macchina della civiltà, l’interiorità celebrando un matrimonio con la natura
fondato sull’ampliamento divisione e non sul possesso.

Il valore delle esperienze di natura sta nel fatto che ci consentono di sviluppare il senso del luogo, la
consapevolezza del nostro essere profondamente radicati nell’universo, non solo in senso fisico ma
spirituale. Infatti a differenza dei Deep ecologist, l’autore evita ogni visione olistica: È lo stupore rendere
possibile l’interazione, la comunicazione simpatica tra le diverse creature, il reciproco riconoscimento e la
fraternità ritrovata. Dunque la natura diviene la fonte da cui può scaturire il futuro.
Considerare legame essenziale con la natura non è un inselvatichir sì, perdere la propria umanità ma al
contrario è riconquistarla.
L’azione e la presenza dell’essere umano, e su antologico manifestarsi, stabiliscono una situazione
relazionale dinamica nella quale la persona diviene responsabile delle modalità di contatto con il mondo. Per
costruire in termini corretti l’alleanza dell’umanità con il creato occorre lasciarsi alle spalle una conoscenza
per sua natura parziale per approdare ad una comprensione armonica della realtà in grado di supportare i
principi ispiratori di un nuovo e più autentico rapporto tra uomo e natura. Occorre un ecosofia una rinnovata
tensione alla ricerca della saggezza.

H. Arrendt propone di ripensare il rapporto uomo natura alla luce della categoria tipicamente umana della
nascita. Ripensare l’esistenza partire dalla considerazione dell’essere umano come essere Natale significa
affermare il valore del venire al mondo, di quell’evento che lega l’esserci dell’uomo all’ambiente che lo
accoglie. Nascere presuppone non solo uno spazio intersoggettivo e quindi simbolico ma anche un contesto
fisico e terreno. L’ambiente è così condizione dell’esistenza umana: non si può che nutrire il rispetto e cura
per esso. La metafora della vita come generazione del mondo può diventare il principio di un pensare che
riconcilia l’umanità con la terra.
Riconoscere l’essere umano è strettamente connesso con la natura e quindi stabilire una continuità profonda
tra natura interna natura esterna all’uomo non deve comportare il venir meno della percezione dell’alterità
naturale rispetto alla specie umana: la concezione che annulla qualsiasi distinzione è altrettanto pericolosa di
quella fondata sul dualismo antologico.
E l’uomo educato ai valori, in grado di andare oltre la coscienza per giungere alla saggezza che recupera il
senso autentico dell’ambiente in cui vive, riconoscendo se stesso nelle meraviglie della biosfera.

CAPITOLO II:

2.1 Dignità umana e coscienza ambientale:

Con la comparsa dell’essere umano sulla terra si afferma la presenza di una specie che è in grado di conferire
un significato all’universo, di modificare intenzionalmente il sistema della natura.
L’uomo è un essere contraddistinto da un lungo periodo di sviluppo e di apprendimento dopo la nascita, un
essere incompleto ed al contempo creatore di complessità, che non può non essere indotto a riconsiderare la
qualità del suo specifico livello ontologico: non basta esserci su questa terra ma occorre esserci con senso.
L’umanità ha le sue radici nel mondo della natura di cui trae alimento, tuttavia è in grado di trascenderlo,
costruendo ma fatti e dando un senso alla propria esistenza.
Il contesto antropologico e il primo è più importante luogo d’intersezione fra comunità umane e non umane.

Bisogna chiedersi perché il ruolo che occupiamo, scaturito dallo sviluppo della tecnica moderna, si è fatto
minaccioso.
La civilizzazione scientifica incomincia con un forte richiamo per la dignità dell’uomo. La scienza intendeva
se stessa come il cammino concreto della realizzazione di questa dignità ella vita egli uomini.
La dignità umana si oscura proprio quando l’uomo ricade nel colpevole atteggiamento dell’espansione della
propria soggettività. La dignità assoluta dell’uomo è riconducibile al suo essere persona.

Lo sfruttamento materiale, la devastazione biologica, la logica del vantaggio a breve tempo, conducono
all’impoverimento della stessa dignità umana, che al pari della natura può essere vista come un bene
unicamente da utilizzare. Il problema diventa più complesso quando ci si accorge che gli inquina tori siamo
noi e che ci risulta difficile smettere.

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Per rispondere alla domanda “Chi è l’uomo?”, risulta necessario sapere ciò che intendiamo per natura. C’è
qualcosa in ciascuno individuo che lo rende strettamente solidale con il coso che abita e di cui si deve
prendere cura. C’è una natura nell’uomo.
È proprio la natura, il luogo e lo strumento di una nuova alleanza tra le culture, alleanza che non può
prescindere da un rinnovato patto tra l’ambiente e l’uomo.

Un nuovo umanesimo che possa garantire alle future generazioni uscire indenni dalle dure prove che
Le attendono, non può essere fondato su un egoistico “amor proprio”, un umanesimo fondato sulla
separazione da ciò che è altro. È sullo sfondo della natura che si ridisegnano i profili di due concezioni
dell’uomo che si fronteggiano da almeno due secoli: i sostenitori delle libertà individuali e i difensori dei
diritti della collettività.
Il degrado attuale dell’ambiente è l’esito dell’atteggiamento individualistico che l’uomo ha assunto nei
confronti dell’alterità. F. Bacone e R. Cartesio, esprimono con chiarezza il cambiamento dell’atteggiamento
dell’uomo moderno rispetto alla natura. Entrambi i filosofi ci dicono che il fine degli sforzi riformatori della
scienza è di rendere l’uomo capace di sottomettere a se la natura. Nell’opera Instauratio magna imperii
humani in naturam, Bacone sostiene di instaurare un “imperium humanum”, cioè la dominazione umana
della natura.
Cartesio dice nel suo Discorso sul metodo che esiste una legge che ci costringe a procurarci, per quanto a no
possibile, il bene generale di tutti gli uomini. Ancora più significativo e il dualismo di spirito e corpo
introdotto dall’autore, egli non fa esprimere i sentimenti dell’epoca razionalista in cui vive, quando descrive
lo spirito come puro pensiero e la materia corporea come res extensa.
In ragione di questo dualismo, il mondo esterno è ridotto a essere puro oggetto dello spirito. Benché Cartesio
sia razionalista, egli aderisce all’idea secondo la quale le verità del mondo non provengono dall’essenza
razionale di dio stesso. Al contrario, esse sono create in maniera assolutamente sovrana da dio. Il senso di
questa presa di posizione è chiaro: se la verità del mondo, se il suo statuto ontologico e la sua struttura
dipendono unicamente da un atto e da una decisione sovrane di dio.

L’uomo è l’artefice del cambiamento, la capacità costruttiva e la chiave di volta per un armonico e sano
futuro del pianeta terra.

Si può ritenere che esita un rapporto originario tra uomo e natura, compete all’uomo la capacità è il dovere di
individuare la soluzione migliore nel rapporto uomo-natura.
Esistono due visoni: un’etica Cristiana ispirata ed un’etica utilitaristica: il primo si radica su una ragione
capace di riconoscere la natura come dono di dio, mentre il secondo si basa sulla valutazione di una ragione
calcolante, che attribuisce un valore meramente strumentale all’ambiente. La natura interpretata come dono
di dio, riacquista una specifica valenza assiologica: Dio ha voluto che non ci fosse solo l’uomo, Dio ha
creato anche altri esseri viventi, che esistono semplicemente è di cui l’uomo ha bisogno. Quando l’uomo è
giudicato solo secondo il profitto e l’utilità, la sua umanità viene meno.
L’uomo deve riscoprire la priorità dell’essere sull’avere, la valenza assiologica del creato, l’ordine che
contraddistingue la natura visibile, che i greci chiamavano cosmo,,, se le altre creature esistono per l’uomo,
l’uomo esiste solo con esse è denigrando l’essere del creato l’uomo denigra se stesso.
L’uomo deve essere il giardiniere di quella che è la casa di tutti e trattare la terra come una casa comune.

H. Arendt sostiene che nell’amore per il mondo umano trovano spazio l’amore per la vita è l’amore per la
terra. Perché il mondo delle persone sopravviva è necessario curare la terra; la terra quindi è la “quinta
essenza”della condizione umana.
In prospettiva educativa il problema è lo sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta, il pensare che
l’ambiente sia a disposizione dell’essere umano che ne sarebbe padrone incontrastato.
Il rapporto dell’uomo con la natura è completamente da ridefinire, di la da un antropocentrismo distruttivo,
in un processo di riacculturazione ambientale, di conversione ecologica. Si tratta di promuovere una cultura
ambientale in cui natura ed uomo ritrovino le proprie caratteristiche autentiche in un dialogo che consenta a
ciascuno dei due di svolgere le proprie potenzialità, senza soprusi.

E. Bardulla ha precisato l’ambiguità dell’attuale esperienza umana non deriva tanto dall’aver sostituito la
natura primitiva e selvaggia con la natura artificiale, che egli stesso provvede continuamente a creare ed a
mantenere in vita, bensì piuttosto dal fatto che questa nuova natura antropizzato è ancora tutta da
umanizzare.

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La prospettiva di riscoprirci parte del suolo è alla base del rapporto che deve ristabilire l’idea di uomo
custode della natura, contrapponendo la logica dell’armonia alla logica della potenza.

Si può considerare l’uomo da due posizioni antropologiche: o si considera come uno dei milioni di prodotti
dell’evoluzione oppure si ammette l’esistenza in lui di un fattore che lo rende non assimilabile a tutto ciò che
esiste in natura, non misurabile con criteri quantitativi secondo una concezione che considera l’uomo come
essere in grado di intervenire responsabilmente su tutti gli aspetti del reale, al fine di poter raggiungere una
risposta al suo bisogno di significato.

Se si accetta l’idea di uomo come di un essere mosso dalla ricerca di significato della propria esistenza, al di
là del semplice soddisfacimento di necessità fisiologiche, l’educazione appare l’unica risposta praticabile, la
sola che rispetti l’originale dignità della persona.

L’ambiente segnato dalla presenza e dall’azione umana, se trascurato e violentato, risulta essere causa di un
progressivo deterioramento della qualità della stessa vita umana, e pertanto è un bene da salvaguardare e da
sviluppare nelle sue potenzialità, in modo che con tutte le sue risorse contribuisca a celebrare la dignità
umana. Promuovere la qualità dell’ambiente implica riconoscere il valore ella qualità della vita umana.
Ecologia dell’ambiente è ecologia umana.

2.2 Stile di vita, cura della casa comune, etica

Nell’epoca contemporanea l’ambiente è considerato a pieno titolo il contesto dell’educazione. La crisi


ecologica moderna è una crisi morale: una crisi della concezione dell’uomo, del senso ella propria vita
individuale e collettiva e del suo posto nel creato. La capacità di interagire con l’universo naturale è
connessa con la stessa sopravvivenza della vita sulla terra: diventa perciò ineludibile un approccio etico
all’ambiente.
La tematizzazione etica implica l’approfondimento di alcune questioni tra cui quella della destinazione e
dell’impiego delle risorse della biosfera. Spesso nella civiltà dell’occidente le ragioni della produzione e
degli interessi economici prevalgono sul bene delle singole persone.
Emerge la necessità di ripensare il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente naturale e artificiale attraverso
l’assunzione di modelli di pensiero che abbiano a cuore la salvaguardia della vita, lo sviluppo umano
integrale, la tutela dell’ambiente.
L’eccessiva predazione esercitata sulle risorse del pianeta Rende necessaria l’assunzione di responsabilità
nella direzione della sostenibilità.

L’espressione stile di vita, impiegata per riferisse quanto caratterizza in profondità il modo di vivere di un
soggetto, e l’evidenza dell’etica personale, dell’antropologia. È il frutto dell’intesa tra la spiritualità umana e
la prassi quotidiana che attribuisce concretezza lezioni. Nell’attuale congiuntura storica è necessario rivedere
gli stili di vita che dominano la scena nei vari contesti sociali. Solo in tal modo sarà possibile restituire
un’impronta ecologica al proprio modus vivendi.
Uno stile di vita votato prevalentemente all’essenziale presuppone una successione di azioni pratiche
quotidiane che a lungo andare possono contribuire da un lato è il risparmio delle risorse naturali, dato il loro
impiego parsimonioso e razionale, e dall’altro a ridurre al minimo l’impatto umano sull’altra specie e sul
pianeta della sua globalità. All’uomo è richiesto di coltivare uno stile di vita rispettoso del creato con
devozione e serietà.
Per portare a compimento un mondo più equo e sostenibile è necessario dunque partire dalla propria
individualità, sottraendosi all’abitudine di delegare ad altri il processo di cambiamento, occorre dunque
partire dalla cittadinanza attiva. Non si troverà soluzione al problema ecologico se non si rivedranno i
modelli dello sviluppo gli stili di vita, sono necessari scelte di sobrietà e di responsabilità.
L’educazione costituisce l’orizzonte di possibilità per elaborare un nuovo modo di pensare che sappia
prendersi cura con rispetto della vita sulla terra.

In questo senso possiamo interpretare il concetto di unità espresso nella carta della terra: noi siamo sulla
terra, popoli, piante e animali, piogge oceani, respiro della foresta e corrente del mare. Onoriamo la terra,
casa di tutte le cose viventi.
Un’autentica conversione nel modo di pensare E nel comportamento dovrà essere contraddistinta da una
tensione etico morale, traducibile in azioni responsabili con uno di noi porta in sé e per la cura della vita sul
pianeta, a proposito di ciò Bateson ci parla di ecologia della mente.
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L’educazione ha da muovere dalla meraviglia Verso l’universo e non è mai neutra ma deve disporre di uno
sfondo relazionale assiologico. Tra i valori chiedo a promuovere sono da annoverare lo spirito di
sollecitudine di collaborazione, contro la competizione l’utilitarismo della Dante in tutte le sfere della vita
quotidiana. Cerovsky Individua tre dimensioni dell’azione educativa intenzionale diretto all’ambiente:
muovere dall’ambiente, studiare l’ambiente, agire in favore dell’ambiente. Alla luce di tale distinzione si
rende necessaria una configurazione progettuale, essa individua attività formative miranti a fare acquisire
corrette e conoscenze ecologiche ambientali. Il rispetto per i modi d’essere del mondo naturale è un valore
educativo corrente ad acquisire consapevolezza per la problematicità dei percorsi nel, sul e per l’ambiente e
sollecita la partecipazione attiva.

La nuova cultura dell’ambiente che la riflessione pedagogica ad a propiziare allude a una concezione
sistematica. Ciò porta a considerare l’ambiente non come qualcosa di esterno, di oggettivo, ma come una
costruzione relazionale e dinamica, dalle molteplici variabili diacronica e sincronica. Si dovrà passare da un
sapere analitico è concentrato sulle cose è un sapere sistematico orientato verso i modi e metodi per
conoscere le cose e organizzati per governare la complessità.
Lo snodo tra la vecchia è una nuova teoria della formazione sta fondamentalmente delle conoscere come
obiettivo non solo conoscenze prestazioni, ma comportamenti abitudini e atteggiamenti del saper essere della
persona.

La complessità del mondo in cui viviamo impone oggi a chi si occupa di educazione la consapevolezza del
ruolo e dei valori etici. Le dica assume per molte persone connotazioni filosofiche senza alcuna valenza
applicativa. Essenziale la messa in atto di un’educazione idrica e con logicamente orientata. Alcuni filosofi
individuano la possibilità di una rifondazione dell’etica nel sentimento, un primo approccio diffuso tra due
autori Naess e Leopold, teorici dell’etica della terra.
Non rientra mento privilegia l’attenzione per l’ecosistema nella sua probabilità, rispetto alla considerazione
dei singoli viventi. Naess nella sua Deep ecology assume come fondamentale nel processo di rifondazione
dedica della nostra cultura lo sviluppo di un sentimento di compartecipazione empatica nei confronti della
natura, poiché avrebbe la forza di generare la consapevolezza della necessità di un’etica della solidarietà
estesa alla realtà extra umana. Il suo olismo radicale lo porta a considerare l’educazione alla responsabilità
indica estesa al mondo extra umano anziché come l’apprendimento di principi morali formulati in termini
normativi, che danno voce ad un dover essere imposto dall’esterno.

Vi è Lovelock, con L’ipotesi di Gaia, l’autore sostiene che la terra è un super organismo che possiede un
proprio metabolismo. Invece H. Jonas ritiene che l’educazione etica deve far leva sui nostri timori prima che
sui nostri desideri, assegnando un ruolo determinante al sentimento della paura che si svilupperebbe in
conseguenza Al divenire consapevoli dell’impossibilità di prevedere le conseguenze dell’agire umano.

Siamo chiamati ad abitare con grande attenzione alla complessità etica del nostro tempo, in un dialogo fatto
di ascolto e di presa di parola, di pratiche di pensiero. La caratteristica emblematica dell’etica è
fondamentalmente essere responsabili, e significa assumersi una responsabilità rispondere ad altri. L’uomo
può essere responsabile anche nei confronti Dell’ambiente, muovendo dalla consapevolezza che se distrugge
l’ambiente annulla la sua stessa possibilità di esistere.

Il concetto assiologico di natura come risorsa Siri conduce alla matrice filosofica dell’utilitarismo quindi ad
un’etica antropocentrica forte, secondo l’accezione comunemente impiegate nell’etica ambientale. L’idea di
natura come totalità degli esseri viventi e non viventi che interagiscono reciprocamente, riconduce ad
un’etica ecocentrica che quelle di cambiare tale che attribuisce un valore intrinseco alla natura come totalità.
Il valore della totalità della natura è ritenuto cioè maggiore del valore di ogni singola parte.
L’etica ecocentrica egocentrica trova le sue radici nell’ambito della scienza ecologica, ovvero della Deep
ecology movement secondo l’accezione del filosofo Naess, il quale distingue i concetti di shallow ecologies
movements dalla Deep ecology movement. Il primo sono rappresentate dai tradizionali modelli filosofici
applicati all’etica dell’ambiente si spirano modelli antropocentrici, legati cioè appunti di vista di utilità
umana; i secondi al contrario vogliono introdurre in filosofia il punto di vista della natura ed è generata
dall’ecologia scientifica.

L’etica ecocentrica trova le sue radici anche all’interno del femminismo, infatti M. Daly sostiene che le
donne avrebbero una natura radicalmente diverso dagli uomini, che le renderebbe capaci di vivere una vera
vita, piena di forza e alimentata da una dinamica comunione con gli animali, la terra e le stelle. Agli uomini
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mancherebbe tale capacità perché sarebbero per natura dei parassiti che sfruttano le portatrici di vita. La
natura femminile, secondo l’autrice, sarebbe una natura buona capace di generale i legami profondi
dell’amicizia; i problemi del mondo e della società umana sarebbero quindi causati dal comportamento
arrogante maschile e dai valori a sostegno del patriarcato, che sarebbe stata e sarebbe tutt’ora la forza più
potente del mondo.
Differente è il pensiero centrato sulla comunità biotica che genera l’etica Bío centrica, ovvero quelle di
cambiare tale che pone al centro di riferimento valoriale ogni essere vivente. Questa si divide in due casi: il
primo è un biocentrismo edonista, che trova cioè le sue ragioni nell’evitare il dolore ad ogni essere vivente; il
secondo è un biocentrismo che trova le sue ragioni del principio che ogni forma di vita va rispettata perché
sacra. Il concetto di natura come manifestazione della gloria di Dio, che trova le ragioni all’interno del
personalismo ontologicamente e teologicamente fondato, è un’etica definita antropocentrica debole o
moderata, Per differenziarla dall’antropocentrismo forte. La fisionomia dell’antropocentrismo debole o
moderato è delineato nei testi di Sgreccia e Fisso: “l’uomo rappresenta il vertice dell’universo proprio per
questa sua posizione di preminenza non deve essere attribuita all’uomo la medesima rilevanza morale
all’uomo che ad altre entità naturali. Il recupero dell’equilibrio con la natura non si ottiene equiparando
l’uomo gli altri esseri ma cambiando in primo luogo il suo modo di pensare e agire nei riguardi di tutte le
entità non umane”.

L’uomo moderno per ristabilire l’armonia con la natura deve innanzitutto risvegliare la dimensione
relazionale della propria coscienza, riscoprire un modo di rapportarsi con il mondo che non conduce alla sua
propria azione ma allo stare insieme ad esso.

2.3 Educare alla bellezza cosmica:

Il rapporto uomo ambiente secondo le categorie dell’utile e del dannoso, dei costi e dei benefici, a messo in
ombra altri valori connessi con la fruizione dell’ambiente, tra i quali la categoria del bello. L’ambiente è
mondo, e cosmo che rimanda all’armonia, all’ordine e alla bellezza. La bellezza si esprime nel tutto,
nell’armonia della trama della vita.
La naturale attrazione per la bellezza nella molteplicità delle sue interpretazioni e iscritta nella natura
personale e nel divenire dell’esistenza umana. La dimensione estetica può configurare una componente
essenziale dell’educazione: la bellezza è un valore da coltivare sempre.

Il termine estetica è inscindibilmente connesso con la cosmetica e l’apparenza della forma esteriore. La
bellezza naturale o prodotta dall’uomo, che è pur sempre parte di qualcosa che lo sovrasta richiede
attenzione e riflessione e cura.
Il sentire è stitico può diventare una strada per riappropriarci di noi stessi, attraverso la rieducazione
sensoriale: l’uomo per sentirsi a suo agio nel mondo deve comprenderlo e non solamente con la mente, ma
con tutti suoi sensi.

Tra le esigenze più sentita dall’uomo contemporaneo è quella di vivere in un ambiente salubre ed
esteticamente piacevole, si tratta quindi di soddisfare i bisogni di sopravvivenza ma anche di placare il
proprio desiderio spirituale di bellezza. Di fronte al prevalere della logica economicistica, che riduce
l’ambiente di una somma di elementi del valore meramente strumentale, occorre educare le nuove
generazioni ad una logica differente che trova espressione in quella sensibilità estetica che consente di
percepire il valore della vita nella bellezza.

Leopold, teorico dell’etica della terra, auspicava che l’educazione si occupasse di sviluppare ancora estetica
della terra. Essa si basa su un concetto del bello come presenza della diversità, nel senso che sviluppare una
raffinata sensibilità estetica per l’ambiente significa imparare ad apprezzare il valore della diversità
biologica. L’estetica della terra implica la capacità di rilevare gli elementi meno appariscenti del contesto
ambientale e questa capacità si sviluppa sulla base della comprensione della funzione Che i vari elementi
svolgono nelle costruire unire l’estetica della terra esprime un’idea di bellezza diversa da quella di
ispirazione romantica, che fatica paesaggi maestosi pittoreschi, che duca cogliere la bellezza naturale
straordinaria ma non è sufficientemente orientata a sviluppare una sensibilità nei confronti della bellezza
naturale ordinaria. La concezione del bello non può essere equivocato con la nozione di eccezionale.
L’ambiente che emozione coinvolge in virtù dei suoi colori, delle sue forme fuori dall’ordinario delinea una
possibile interpretazione del concetto di bello.

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L’ecologia dell’ambiente presuppone un’ecologia umana capace di sviluppare l’attitudine a convivere con la
natura, insieme a tutti di essere in una relazione di profonda fraternità: essere che interagiscono, si
completano e creano questa rete e norme di sensazione che la bellezza della totalità dell’universo.

Se per bellezza dobbiamo intendere l’equilibrio e la misura, è l’armonia naturale a costruire un prototipo
dell’educazione. Per sperimentare l’anelito alla bellezza, meritano considerazione attività semplici come il
camminare e il militare, che consentono di porci nella logica della lentezza, di ascoltare il paesaggio e
rientrare in se stessi.

Interpretare consenso estetico ciò che ci circonda e di cui siamo parte ti apro una forma di gratuità
dell’esistenza, dell’esserci delle cose e dell’uomo, che ci aiuta a riconoscere il costo pure quella reale mistero
della natura e della vita. Per contribuire alla promozione di un nuovo umanesimo è indispensabile riscoprire
e riabilitare la bellezza. Abitare la bellezza significa abitare la singolarità, la peculiarità dell'essere umano E
per alcuni aspetti le caratteristiche di un paesaggio o di una città.

L’ambiente e la sostenibilità non sono dei vincoli, ma possono configurarsi quali occasioni per creare,
innovare, produrre bellezza. È quindi fondamentale che le nuove generazioni siano incoraggiati e non solo
conservare e tutelare ma tra respirazione slancio creativo nel pensare al nuovo e nel vedere e immaginare il
loro futuro. La bellezza è un’esigenza primaria dell’uomo, aver distrutto la bellezza della natura e della
cultura che abbiamo ereditato è uno dei peccati più gravi della nostra civiltà. Senza bellezza non si realizza la
vita. La bellezza è un fattore essenziale della sostenibilità.

A.Warhol rappresentante della cultura statunitense della seconda quel contesto della produzione e della
mercificazione dei rapporti umani. Egli diceva: “credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella
forma d’arte che si possa desiderare”. È significativo che l’artista in questione scelga immagini che non
rappresentano il reale ma il suo apparire. Alcune opere importanti sono: Specie in via d’estinzione e Flowers
[vedi appunti].

Capitolo III:

3.1 Io-tu-il mondo: l’importanza dell’Essere con:

La relazione è esperienza presente ad ogni livello di esistenza con intensità e modalità diverse. Non c’è vita
senza relazione, viviamo in un’epoca in cui naturale rapporto tra il mondo e l’uomo sia scisso, l’umanità si
trova vivere come strane sul pianeta. Il progresso di una civiltà non si identifica semplicemente con il
perfezionamento tecnico bensì con il tipo di considerazione che ha della persona.

Occorre prendere in esame il sistema uomo, riferendolo in maniera costante al sistema mondo, valutando i
due termini nella reciprocità del rapporto attraverso cui ciascuno di essi acquistano ulteriore consistenza. È
necessaria una nuova elaborazione teorica, idonea a riconoscere un positivo legame tra uomo e natura, senza
sacrificare l’originalità individuale o L’oggettività ambientale, e promuovere la sanità e l’integrità delle
persone e del mondo.
Consapevolezza di sé stessi e conoscenza di ciò che ci circonda, si prospettano come coordinate della
relazione educativa attraverso le quali il singolo va verso il mondo e lascia che il mondo lo interpelli
criticamente.
L’uomo è apertura del sé nell’esperienza in cui è gettato, a partire dalle sue relazioni con l’altro con le cose.
Nel nostro abitare il mondo ha un ruolo fondamentale la relazione io con me stesso, posizione percettiva
fondamentale che viviamo quando siamo una cosa sola con le nostre emozioni, i nostri pensieri, le nostre
parole. Io sono tutto in me stesso e sento e vedo e percepisco il mondo. Quando l’Io con me guadagna tutte
le energie, subentra l’incapacità di comunicare con l’altro fino al punto estremo di dimenticare il mondo.
Soltanto il dialogo con l’altro può condurre ad un’esperienza prospettica, alla relazione interpersonale io con
l’altro. Una persona in dialogo è in posizione di ascolto e di domanda, in qualche modo fuori ed altro da sé.
Quando riesce a sintonizzarsi su lo stato d’animo dell’altro, quando entro nella sua prospettiva, quando per
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un attimo il suo linguaggio e anche quello dell’altro, allora si può parlare di empatia. È importante però
mantenere la distinzione, dunque la giusta distanza dall’altro è indispensabile per comprenderlo per
conservare intatto il proprio sé. Quando, al contrario, ci si identifica completamente con l’emozione e con il
mondo dell’altro, si finisce per perdersi per annullarsi in qualcosa che non sono più io. Per questo motivo,
essenziale avere ben chiara la differenza tra in empatia a e identificazione: la prima stabilisce la relazione
con il contatto con l’altro, la seconda mortifica il sé e lo perde in quello di qualcun altro. Il concetto di
empatia nella sua accezione originaria indicava un processo di imitazione motoria, con empatia e invece da
intendere la percezione dell’interiorità del soggetto come partecipazione al suo universo personale, non
tenendo distinti i confini dell’io e del tu. Diverso quindi è parlare di identificazione, ciò implica l’uniformarsi
della prima alla seconda e si traduce nella rinuncia ad essere se stessi per assumere alcuni tratti caratteristici
dell’altra persona.

M. Buber elabora L’antropologia dialogale, considera la relazione, il rapporto io io o io tu tanto centrale da


costruire. Logicamente l’essere persona. Ogni uomo è per l’altro (attenzione), è con l’altro (sentimento di
simpatia), è nell’altro (sentimento di empatia o di comunione). Nella sua opera L’autore mette al centro della
propria riflessione i rapporti tra io e tu. L’io si rivela come persona, designa la relazione dell’uomo con
l’uomo, in cui il soggetto si mostra come l’individuo si riferisce al rapporto con tutto ciò che è oggetto.
Nell’esistenza umana all’inizio è la relazione: l’uomo si fa io né tu, non può essere stimato isolato ma si
manifesta un essere con, aperto al dialogo e alla comunicazione. La relazione non è una tra le tante
caratteristiche dell’essere umano ma il costitutivo stesso della persona.
In Buber la relazione dialogica si costruì contraddistingue per essere reciprocità dell’azione interiore. Nella
reciprocità il mondo si auto evidenzia: ciò che il mondo ha diviso, il dialogo intende ricomporre e
riconciliare.

Nella dimensione del tu, dell’altro è implicato il tempo stesso anche il problema del mondo, infatti Mounier
afferma che potremmo ritrovare il senso dell’uomo solo imparando il senso dell’universo.
La nozione di mondo acquista una specifica consistenza allorché si consideri che il mondo designa un’idea
limite grazie alla quale indichiamo una serie indefinita ed aperta di esperienze connesse tra di loro attraverso
legami relazionali. È nel mondo che accade l’evento di incontrare l’esperienza dell’altro. Io stesso sono
compreso nel mondo, ma il mondo è parte di me perché io lo comprendo dunque al tempo stesso l’uomo e
comprendente e compreso.

H. Arendt nella sua opera la vita della mente, il mondo si configura in modo articolato rivelando una forte
tensione alla differenziazione. È possibile con l’espressione “per amore del mondo” sintetizzare il pensiero
dell’autrice e inoltre lei mette in evidenza il concetto di passione di pensare, inteso come mondo in cui
dimora la pluralità umana.
Il mondo segnato dalla contingenza ed ed esposto rischio dell’annullamento è della perdita proprio perché
esiste. L’impatto della vita umana con il mondo risulta strutturale e il concetto di mondo a questa per tale via
un fondamentale tratto umanistico. Il mondo è qualcosa che non si può pensare di forgiare a proprio
piacimento perché lo si riceve in eredità con la nascita e come ogni eredità richiede un’accoglienza è un
riconoscimento, cioè una ricezione, pena il misconoscimento della stessa condizione umana. Per altro verso,
anche il mondo si trova a dover accogliere e riconoscere il nuovo che ogni essere umano, nascendo,
introduce in esso e che può diversamente esprimersi a seconda della modalità in cui si viene accolti
riconosciuti. Dunque gli uomini e le donne si contraddistinguono quali essere biologici che abitano la terra
forgiando strumenti, elaborando tecniche, ideando progetti operativi e mettendole in pratica: trasformando il
mondo in una dimora dove poter vivere in base alla loro idea di vita. I mondi di cui parla l’autrice sono
terreni, mondi di questo mondo, immaginati ed edificati da esseri umani.
Non bisogna parlare però di un mondo soltanto ma bensì bisogna riflettere sull’unità e molteplicità del
mondo, osservabile anche grazie alle relazioni interpersonali, le varietà delle situazioni storiche, gli assetti
sociali, le tradizioni culturali e le tipologie di azione e discorso.

3.2 Persona e contesto:

Il mondo abitato dagli uomini e ricco di diversità, che assicurano il pianeta la possibilità di rinnovarsi di
durare in un pluriverso di relazioni e connessioni.
La pluralità impegno ad articolare i rapporti ed esercitare pratiche ed esperienze per interessare in tessere
trame connettivo e tra i vari ambiti dell’universale mondo umano e non.

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L’idea di mondo si fonda nella centralità del contesto umano; noi siamo esposti al complesso e completo
all’influsso delle forze del mondo e dobbiamo sentirci responsabili non di fronte a regole, leggi, comandi, ma
dinanzi a quell’umanità e noi siamo con gli altri

L’ambiente assume oggi un valore, evolvendosi da elemento oggettivo indipendente a situazione e spazio
vissuto. Invece il contesto non è semplicemente il luogo o il contenitore dell’interazione ma designa anche il
processo interattivo costruito dagli interlocutori nella relazione che riflessivamente diventa la matrice dei
significati delle azioni compiute dei soggetti nel corso della loro interazione.
Si può dunque dire che l’ambiente è il contesto: un intreccio di circostanze che costituiscono una determinata
situazione. Contesto per Bateson: “senza l’identificazione del contesto non si può capire nulla”; il contesto è
la matrice Dei significati. L’autore sottolinea che i contesti non sono altro che categoria della mente che non
ci sono semplicemente contesti ma contesti di contesti. Nessun fatto possa essere spiegato senza considerare
l’intreccio delle circostanze, le quali si denti fica no con la realtà in cui gli individui compiono azioni ed è
intrattengono relazioni.
Gli studiosi hanno sottolineato l’importanza del contesto ai fini del successo dello scambio di significati che
si svolge in esso. Sia la comunicazione verbale sia quella non verbale sono contrassegnate dalle fasi posta sul
contesto. Alcuni studiosi inoltre distinguono tra contesto esterno e contesto interno della persona: il primo è
costituito dall’insieme di forze, fenomeni e tendenze di carattere generale, che possono avere natura
economica, politica e sociale e che condizionano influenzano le scelte e comportamenti di un sistema. Il
contesto interno invece è costituito da tutti gli elementi che compongono la struttura interna dello stesso
sistema.

H. Stierlin parla di realtà dura, identificabile con il contesto concreto, direttamente sperimentabile da
soggetto che ne è indipendente. Al contrario la realtà tenera che ritroviamo in un contesto concettuale, è
prodotta da percezioni, sentimenti, fantasie. Proprio per la complessità di tali componenti si può differenziare
in alcune tipologie: il contesto socioculturale, che comprende conoscenze, fantasie, simboli, norme, valori, il
contesto interpersonale costituito dalle relazioni Inter soggettive in relazione in cui ogni soggetto è coinvolto
ed infine il contesto intrapersonale in cui troviamo ansie, attese, vissuto psicologico, timori, speranze.

Il contesto non può essere interpretato come cornice in cui si svolge il processo comunicativo. Il rapporto
interumano è mediato dal contesto ambientale e ne consegue che esso si manifesta quale componente attivo,
in grado di organizzare orientare lo scambio Inter umano secondo particolari direttive.

Dal punto di vista etimologico il concetto di contesto deriva dal latino contexus, tessere insieme, intrecciare.
Inoltre il termine può essere pensato attraverso due impliciti relazionali: con-te-sto, quindi possiamo fare
qualcosa insieme; e nella forma verbale contesto! Quindi c’è qualcosa che provoca una presa di posizione
critica.

U. Bronfenbrenner illustra il contesto ecologico come una serie di sistemi interagenti incluso l’uno
nell’altro, categorizzarti dalla prossimità e dall’immediatezza dei loro effetti sugli individui.
Vi sono 4 sistemi:
• microsistemi: costituiti dal prodotto comune dei contesti fisici e delle interazioni comportamentali
nei quali gli individui sperimentano e costruiscono giorno per giorno la realtà. Sono i luoghi in cui
abitano, le persone che vivono con loro, le cose che fanno insieme.
• mesosistemi: sono le relazioni tra i contesti o i microsistemi, nei quali la persona che si sviluppa fa
esperienza della realtà e includono le relazioni tra casa e scuola, case quartiere.
• esosistemi: eventi, cose che avvengono la persona con cui interagiamo che hanno diretto impatto su
di noi. Ossia situazioni che hanno una relazione con noi ma in cui non giochiamo effettivamente un
ruolo diretto
• macrosistema: insieme dei modelli ideologici, culture e sub culture.

3.3 Costruire il futuro tra progettazione pedagogica e protagonismo infantile:

Per trasmettere valori e comportamenti non pregiudicati da visione semplicistica e verso l’ambiente non sono
sufficienti conoscenze tecniche: occorre una progettazione educativa attraverso cui comunità, culture
disciplinari, scelte politiche,piani di azioni si strutturino grazie al contatto diretto con i problemi reali.
Educare a prendersi cura del patrimonio ambientale si articola con l’istanza di una formazione integrale che
si avvia nella realtà familiare, si struttura nel contesto scolastico. Formare i formarsi nella consapevolezza e
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nel rispetto delle competenze specifiche di ogni livello del sapere, a partire dall’interconnessione tra natura e
cultura implica la progettazione di contesti, azioni, tempi e risorse.

È il contenuto etico delle attività progettuali che appare sempre più chiaramente come propulsore di una
rifondazione educativa delle pratiche.
La progettazione pedagogica in un’epoca di crisi economica e ambientale può rilanciare l’umanizzazione del
progresso tecnologico e il riequilibrio con la nostra terra come valori generativi di un benessere durevole.
Secondo Einstein e nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi
supera se stesso senza essere superato. Che attribuisce le sei scolpita la crisi, violenta il proprio talento e
rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi e la crisi dell’incompetenza, senza crisi non ci sono
sfide, senza sfide la vita è una routine una lenta agonia.
La crisi può divenire occasione di orientamento strategico progettuale per determinare gli obiettivi di
perseguire e individuare le metodologie più adatte per conseguirli. Strettamente correlato al concetto di crisi
e quello di sviluppo, spesso assunto con significato di sequenza prevedibile di processo strutturati e insieme
di elementi quantitativi. Il binomio concettuale crisi e sviluppo riporta la progettualità pedagogica alla
rilevanza sistematica dei rapporti tra natura e cultura, individuo e collettività all’importanza di individuare
connessioni per costruire scambi significativi tramite disciplinari e paradigmi differenti.

Progettare deriva dal latino proicere (gettare avanti), l’etimo Del termine pone in evidenza l’aspetto
previsionale del progetto, ossia ciò che si intende conseguire un realizzare al termine di un itinerario un
intervento. Il progetto è un proiettarsi in avanti, immaginando situazioni, soluzioni risultati non ho ancora
presenti o meglio, presenti nell’intenzionalità di chi progetta. In un mondo globale e globalizzato
l’educazione per la sostenibilità deve fornire uno strumento di comprensione del presente e di
immaginazione di futuri possibili, ed essere quindi concepita come una educazione al cambiamento.

Alcune connotazioni essenziali della progettazione pedagogica per la sostenibilità sono: riflessività, come
non casualità e coscienza critica dei vari passaggi; la relazione reciproca che conferisce ai soggetti coinvolti
la loro identità all’interno del processo di progettazione; la contestualizzazione che implicava il rendersi
conto del carattere storico e quindi irreversibile dell’esperienza educativa; L’intenzionalità in quanto ogni
progetto è un processo orientato; la possibilità in quanto nessuna concezione deterministica e intrinseca
all’idea di progetto; la temporalità come riferimento ad un orizzonte di tempo futuro.
Il progetto è anticipazione rispetto ciò che avverrà in futuro; la categoria intrinseca della possibilità chiama
in causa la soggettività di chi progetta, la sua autonomia, la capacità di abbandono.
Il progetto si costruisce come processo, assumendo come tratti caratteristici quelli della previsione,
dell’anticipazione della creatività.

Un concetto importante è quello del saper sperare, che diviene espressione di un sapere paziente, del gusto
dell’attesa dell’umiltà nell’afferrare il senso della nostra vita. La speranza motivo e rende dinamiche le
attività intraprese dall’uomo. La radicalità della speranza parte del bagaglio dell’educatore, consapevole che
la realtà dell’incompiutezza apre la strada Al sostegno e all’utopia. Lo spero per promuovere le sue
potenzialità latenti, per dare voce alla sua promessa implicita, aiutandolo a vincere le tentazioni del ritiro e
della paura.

P. Freire sottolinea spero di incrociare le braccia di aspettare, mi muovo nella speranza e nella misura in cui
lotto e se lotto con speranza spero. La forza della speranza stanche del dare intensità all’attesa attiva sapendo
mettere in campo la necessaria giusta tensione tra pazienza e impazienza.

Il buon progettista pedagogico dovrebbe possedere una certa attitudine alla speranza, alle potenzialità
migliorative dell’innovazione, alla empatia comunitaria solidale, persa per favorire un clima organizzativo
motivante.
P. Malavasi: “ dovrebbe crescere nella consapevolezza di tutti l’idea che preoccupandoci dell’educazione
con,per,in l’ambiente, progettiamo la società futura il futuro della società”.

Un esempio emblematico di progettazione pedagogica a sostegno della sostenibilità ambientale è


rappresentata dalla progettazione partecipata, la quale identifica un processo educativo, culturale e
metodologico mirato il coinvolgimento diretto delle persone nel cambiamento di spazio urbani i percorsi
ambientali, nel pensare problemi le reali nell’ambito della vivibilità della città.

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La progettazione partecipata fonda le sue radici nel periodo che va tra la fine del XIX secolo e l’inizio del
XX secolo ad opera di Geddes. Nella sua opera Cities in evolution, teorizza uno strumento di risanamento
pianificazione della città e del territorio in maniera ecologica, riconoscendo la centralità del luogo e della
popolazione. La partecipazione esprime una volontà generale che si prefigge di attuare i principi di giustizia
ed equità sociale: ovvero il coinvolgimento dei processi progettuali scaturiti attraverso la mobilitazione delle
energie individuali e collettive porti alla creazione di ambienti e spazi che sappiano meglio esprimere
l’identità di un luogo in tutti i suoi molteplici aspetti.

Alla base del processo di progetto partecipato c’è un elemento radicalmente diverso dalle pratiche canonica
di progettazione: gli abitanti non sono più soggetti passivi ma essi divengono soggetti attivi nella
progettazione, sono persone in quanto tali e produttori di territorio e di ambiente. Altro elemento qualificante
è l’ascolto critico, il continuo scambio tra i diversi soggetti che consente di delineare in modo netto il reali
fabbisogni e far emergere i bisogni reali.
La partecipazione implica il dialogo tra le generazioni. Non è un processo meccanico ma un percorso di
grande impegno che impone di superare differenze reciproche, riconoscere completi e posizioni antagoniste.

La progettazione partecipata è un processo che coinvolge i cittadini nelle scelte legate al futuro della città e
del territorio, riuscendo a far dialogare diversi soggetti, istituzionali e nonna, amministratori, esperti,
operatori pubblici e privati, educatori cittadini, entrano in relazione si confrontano ciascuno con una propria
identità e con le proprie esigenze per trovare insieme soluzioni progettuali gestionali che tengano conto delle
varie istanze e dei vari interessi in gioco.

Il coinvolgimento dei cittadini, ed in particolar modo dei cittadini più giovani come bambini adolescenti e
giovani, nella fase di elaborazione delle scelte che si vanno ad operare per il territorio nel quale si vivono, è
determinante per ottenere nuove forme di coesione di identità sociale e per la buona riuscita degli interventi
urbani. I bambini sono una risorsa potenziale di attivare poiché sono portatori di punti di vista spesso più
equilibrati, razionali e democratici degli adulti.
Si tratta di incoraggiare il protagonismo di bambini, ma anche di adolescenti e giovani nella consapevolezza
di sé stessi e del loro ruolo nella società. Occorre sollecitare il senso di appartenenza alla comunità ed
identità con i luoghi del loro vissuto. Il bambino spesso considerato un essere impotenza, un futuro cittadino
che va tutelato per arrivare indenne alla sua piena cittadinanza, che pertanto escluso dai processi e dalla
decisione di pianificazione del suo ambiente. Questa emarginazione impedisce ai fanciulli di ritenersi capace
di assumere un ruolo attivo nel modellare il proprio ambiente. Diversi autori sostengono che i bambini
ragazzi siano capaci di effettuare utili analisi del loro ambiente di vita e di produrre idee creative per la
progettazione. Paba ritiene che la trasformazione della città dipende sempre più dalla capacità del sollecitare
le competenze diffuse a partire dal punto di vista dei bambini.
I bambini possono essere protagonisti diretti delle nuove esperienze di partecipazione, essi sono eccezionali
catalizzatori delle svolgimento di altre fasce di età.
La preziosa utilità di questi particolari percorsi educativi consiste nel far emergere la diversità dei punti di
vista tra coloro che ipotizzano soluzioni, in questo caso i bambini, e coloro che dovranno tradurre
concretamente tale suggerimenti cioè gli adulti. Si tratta di mettere lo sguardo del bambino in relazione a
quello dell'adulto.

La convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, adottata dall’Onu il 20 novembre 1989 accoglie e
formalizza una nuova sensibilità sociale istituzionale per la cittadinanza dei minori che è cresciuta di pari
passo con l’aggravarsi della problematiche urbane e la crisi generalizzata dei modelli di vita comunitaria,
producendo numerose e originale esperienze partecipative. Un contributo decisivo è offerto anche dalla
conferenza delle Nazioni Unite del 1992 a Rio de Janeiro in cui si chiede ai governi di migliorare l’ambiente
per i bambini e giovani e incoraggiarne la partecipazione, cominciando a trattare i temi dell’infanzia, dei
diritti, della partecipazione attiva con maggiore riferimento ai fenomeni dell’urbanizzazione e del degrado
dell’habitat cittadino.
Una svolta decisiva avviene poi con la legge 28 agosto 1997, disposizioni per la promozione di diritti e di
opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, che pone le basi per una politica nazionale in materia di
partecipazione, tutela dei diritti, qualità della vita dei minori impegnando per la prima volta in un testo di
legge i diversi livelli istituzionali e intervenire sugli spazio urbani e sui problemi della mobilità autonoma dei
minori come aspetto significativo di una strategia d’azione nei loro confronti.

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Negli ultimi anni si è assistito in Italia in Europa ad una crescente diffusione di progetti e strutture tese a
coinvolgere i cittadini e attori organizzate nei processi decisionali in campo urbanistico, della sostenibilità
ambientale, della vivibilità degli spazi, nella pianificazione dei servizi e più in generale delle politiche
ambientali sociali. Non è ugualmente diffusi sono gli strumenti e le competenze metodologiche necessari per
poter gestire a livello istituzionale e le varie fasi dei processi decisionali partecipati.
La progettualità educativa e quindi uno stimolo per costruire società accoglienti, in cui la partecipazione alle
decisioni di a nuovo significato alla parola democrazia.

Abbiamo bisogno di rigenerare legami sociali spezzati o allentati, legami che diano senso che giustificano il
progettare educativo verso il futuro. L’ambiente è l’occasione per progettazioni utili a sperimentare pratiche
sensate nel locale,per produrre piccole isole di cittadinanza, ricostruendo le relazioni per invitanti e tra
abitanti a te rettamente abitare un altro portale e qualificante la condizione umana. Lo spazio, secondo
Heidegger, non è già dato in confronto agli esseri umani, ma ed avessi abitato e popolato cioè animato e
trasformato. Gli uomini e le donne determinano il loro essere e la loro vita in relazione ai modi con cui
abitano lo spazio e soggiornano presso le cose. Occorre pensare costruire nuove città, in termini non soltanto
urbanistici ma anche esistenziali rivalutando il senso umano dell’abitare, nella problematicità delle relazioni
io altro e comunità.

Capitolo IV:

4.1.Sviluppo sostenibile: dal rapporto Brundtland a COP21:

Il concetto di sviluppo sostenibile è stato ampiamente impiegato come termine nei dibattiti sulle tematiche
ambientali nel corso degli anni. Nel periodo tra gli anni settanta e ottanta, il dibattito su ambiente e sviluppo
si risolve in una sorta di contrapposizione tra fautori della crescita economica, da un lato, e ambientalisti
dall’altro.
I primi sono convinti che non si debba porre in discussione il modello di sviluppo occidentale, fondato sulla
costante crescita materiale e quantitativa; le posizioni ambientaliste, al contrario, mettono sotto accusa la
concezione del benessere come accumulo di beni, prefigurando altre possibili modalità di sviluppo, in grado
di mantenere una sorta di equilibrio virtuoso tra società umana e natura.
Per un lungo periodo di tempo le teorie dello sviluppo si sono strutturate movendo dall’ipotesi che le risorse
naturali fossero limitate e il capitale costituisce la principale risorsa scarsa. È la prospettiva della sostenibilità
ad aprire gradualmente la strada ad un diverso modo di pensare e cerca di mediare tra queste due opposte
posizioni, puntando garantire sia gli standard di sviluppo raggiunti sia le istanze di tutela ambientale.

Il concetto di sostenibilità è presente nella storia umana sin dalle origini, si pensi alle molte culture religioni
che trattano il rapporto tra umanità e natura in termini di saggezza.
In un’accezione generale si può definire sostenibile l’amministrazione di una risorsa se non si eccede nel suo
sfruttamento oltre una determinata soglia. Il termine sostenibilità ha sostituito l’espressione sviluppo
sostenibile, che andata assumendo un significato talmente ambigua e polivalente da rendere impossibile un
riferimento condiviso di fronte alle diverse posizioni.

Il problema della sostenibilità ambientale entra nell’agenda internazionale nel 1972, anno in cui le Nazioni
Unite promuovono la conferenza sull’ambiente umano e viene pubblicato il rapporto The limits of Growth,
Che hai il merito di far entrare con forza nel dibattito internazionale il tema dell’inadeguatezza di un modello
di sviluppo che sembra considerare il pianeta una miniera inesauribile di risorse a disposizione del genere
umano. Quattro anni più tardi si costituisce la commissione per lo sviluppo e l’ambiente e nel 1987 viene
prodotto il volume Our Common Future, più noto come Rapporto Brundtland.
Il documento base del nuovo approccio allo sviluppo riconosce il connubio tra esigenze di sviluppo e
protezione dell’ambiente e fornisce la definizione più diffusa di sviluppo sostenibile: “lo sviluppo sostenibile
uno sviluppo in grado di garantire il soddisfacimento dei bisogni attuali senza compromettere la possibilità
delle generazioni future di far fronte ai loro bisogni”.

La sostenibilità dello sviluppo presente diventa allora una precondizione per garantire uno sviluppo duraturo.
La definizione espressa nel rapporto riunisce due istanze: quella della giustizia intergenerazionale, tra
l’attuale generazione la fattura, e quella della giustizia intra generazionale tra tutti gli abitanti del pianeta.
In questa prospettiva il pianeta non è un serbatoio inesauribile di risorse da cui attingere, ma è un sistema
finito dotato di vincoli che necessario indagare e comprendere. La sostenibilità è da intendere come l’insieme
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delle relazioni tra le attività umane e la biosfera. Queste relazioni devono essere tali da permettere alla vita
umana di continuare ad avere luogo, all’individuo di soddisfare i loro bisogni e alle diverse culture umane di
svilupparsi.

Nel rapporto Brundtland si comincia parlare del nostro pianeta. L’aggettivo nostro un significato
ambivalente, dietro il quale si nasconde la conflittualità dei modelli di sviluppo e degli stili di vita del nostro
tempo. Da un lato nostro fa riferimento al noi tutti che formiamo una comunità, al noi che siamo
interconnessi da una trama vitale profonda, Dall’altro il termine nostro ci riporta all’idea del possesso,
possibilità di andare dovunque di fare qualsiasi cosa senza limiti e senza frontiere.

Questa è la contraddizione profonda del nostro tempo, poiché da un lato siamo davanti alla limitatezza del
pianeta, alla finitezza fisica delle sue risorse e dall’altro ci troviamo di fronte alle dinamismo economico che
punta all’illimitatezza e all’espansione senza confini.

Nel XX secolo per la prima volta nella storia l’uomo è diventato il principale agente di trasformazione
dell’ambiente. L’intensità e la scala dei mutamenti avvenuti hanno trasformato in questioni globali fenomeni
che erano rimasti locali per millenni.

Il rapporto Brundtland rende ufficiale concetto di sviluppo sostenibile ma le idee espresse in esso si
sviluppano già negli anni 70, grazie soprattutto al lavoro di H. Daly, un economista che elabora la teoria
dello stato stazionario, introducendo il concetto di Carring Capacity, cioè la capacità di portare di sostenere
la popolazione e tutte le altre forme viventi di cui l’uomo e la natura hanno bisogno per sopravvivere. Questa
teoria si basa su due concetti che sintetizzano il concetto di sviluppo sostenibile: il primo è il principio del
rendimento sostenibile ovvero consumare le risorse naturali ad una velocità che permetta la natura di
ripristinarle; il secondo è il principio della capacità di assorbimento, ovvero produrre rifiuti ad una velocità
tale da permettere agli ecosistemi di assorbirli.

Alla visione di un’economia quale sistema autonomo che può produrre ricchezza indefinitamente, è
necessario sostituire una logica più complessa che fa apparire l’economia stessa come un sottosistema di un
sistema più ampio dal quale vengono attinte risorse e scaricati rifiuti. Occorre rendersi conto che la
ricchezza economica quale impoverimento del sistema mondo che la contiene. Importante e a questo punto la
distinzione lessicale tra crescita e sviluppo: l’economia stazionaria di Daly prospetta uno sviluppo in assenza
di questo prolungato uno sviluppo qualitativo, mentre la crescita quantitativa rispetto alla scala
dell’economia viene consistentemente limitata dalla capacità dell’ecosistema di attuare sul lungo termine
funzioni essenziali: rigenerare le immissioni di materie prima di assorbire i rifiuti prodotti dall’economia
umana.

M. Wackernage e W. Rees hanno rilevato che le persone preoccupate dei problemi di integrità ecologica e
equità sociale hanno inteso le raccomandazioni presenti nel rapporto Brundtland come stimoli a favore della
giustizia economica globale della limitazione dello sviluppo materiale, d’altra parte lo stesso rapporto
sembra indicare che le so le limitazioni riconosciute dalla commissione siano sociali e tecnologiche.

Entropia = l’evoluzione naturale di un sistema che subisce una trasformazione spontanea è quella di andare
verso uno stato di disordine.

È proprio grazie al summit di Rio de Janeiro del 1992 e all’agenda 21 che il concetto di sviluppo sostenibile
è stato definitivamente accolto come principio rinunciabile. Per sviluppo sostenibile, si vuole indicare nella
maggior parte dei documenti degli anni 90, un miglioramento di qualità della vita senza eccedere la capacità
di carico degli ecosistemi alla base.
Nel 1994 si è tenuta la prima conferenza europea sulle città sostenibili, mentre nell’agosto del 2002 un passo
fondamentale lo rappresenta il summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg. Nel 2012 si è
tenuta la conferenza sullo sviluppo sostenibile, che si è posta l’obiettivo generale di rinnovare l’impegno
politico per lo sviluppo sostenibile verificando lo stato di attuazione degli impegni internazionali assunti
negli ultimi decenni. Nel corso dell’assemblea è stata riconosciuta la necessità di transitare verso
un’economia non stupide, il miglioramento ambientale ma soprattutto di nuovo paradigma teso a ridurre i
rischi connessi a minacce globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la
desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali.

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Nel perseguire tale intento è emersa la volontà di realizzare un quadro istituzionale per lo sviluppo
sostenibile, ovvero un sistema di governance globale capace di includere tutte le istituzioni e gli attori
incaricati di sviluppare, monitorare e attuare le politiche di sviluppo sostenibile, un percorso avviato ma che
non sei ancora tuttora concluso.
Nel 2015, definito l’anno allo dello sviluppo sostenibile, si sono susseguiti una serie di appuntamenti:
l'approvazione degli SDGs, un nuovo programma di azioni che va a sostituire gli obiettivi del millennio,
azioni da intraprendere per un futuro in cui sostenibile nel lungo periodo. Inoltre sono stati presi in carico da
parte della comunità globale due temi considerati i capisaldi dello sviluppo sostenibile: il finanziamento per
lo sviluppo e il cambiamento climatico. Ancora vi è stata poi la 21ª conferenza delle parti (Cop 21) dove si è
deciso un accordo internazionale in cui per dopo il 2020 è stata programmata un’azione con lo scopo di
impegnare tutti i paesi, tra cui maggior imitatori di gas e effetto serra, nel raggiungere un accordo universale
costruttivo sul clima, dotato di efficacia giuridica e sufficientemente ambizioso per permettere di raggiungere
l’obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura terrestre al di sotto dei due gradi.

Nel dibattito internazionale sulla sostenibilità si possono ritrovare alcuni nuclei concettuali, che possono
essere definiti anche principi:
1. la sussidiarietà: tale principio è traducibile nella massima “pensare globale e agire locale”, ossia le
decisioni devono essere prese all’occhio più vicino ma non sempre la scala locale e il livello ottimale
per individuare soluzioni efficaci.
2. La tensione dinamica tra integrazione e cooperazione: le iniziative che traducono l’obiettivo della
sostenibilità sono complesse, per questi progetti non vanno intesi come azioni separate alle politiche
tradizionali ma elementi costitutivi delle politiche e delle azioni sociali e individuali.
3. La trasparenza: in quanto il processo decisionale deve essere chiaro, pubblico ed esplicito.
4. La precauzione: designa l’insieme di azioni rivolte a prevenire il degrado l’inquinamento e non
semplicemente a porre rimedio ai danni ambientali. Se si volesse schematizzare lo spazio concettuale
del termine potrebbe essere rappresentato in questo modo:

DIMENSIONE ECOLOGICA

DIMENSIONE ECONOMICA DIMENSIONE SOCIALE

La dimensione ecologica riguarda la tutela degli ecosistemi, la riproducibilità delle risorse naturali, gli
equilibri della specie umana, altre specie, ambiente esterno. L’originalità del rapporto Brundtland e della
conferenza di Rio sta proprio nell’aver fatto emergere la rilevanza delle altre due dimensioni, quella
economica e sociale, ossia della capacità di genere in modo duraturo reddito e la lavoro per il sostentamento
della popolazione e della capacità di garantire condizioni di benessere umano e accesso alle opportunità
distribuite in modo in cui tra Stati sociali, in caso, genere, unità attuali future.
Fondamentale per lo sviluppo sostenibile il riconoscimento dell’interdipendenza tra ambiente, società ed
economia: danneggiare l’ambiente equivale a danneggiare l’economia e la società.
Purtroppo la predominanza dell’interfono altre preoccupazioni. Questo è dovuto anche alla globalizzazione
che ha allargato l’ambito dei mezzi a scapito dei fini, e ha fatto emergere una forma di competizione su scala
planetaria.

Avviare un’epoca di saggezza, la nuova civiltà planetaria e pertanto la sfida di oggi delle future generazioni.
Un’interpretazione attento degli ecosistemi potrebbe offrire alcuni motivi per considerare la portata delle
soluzioni proposte dalla comunità sostenibile di piante, animali e microrganismi. Il loro comportamento ci
riporta ad alcuni principi fondamentali alla base della cultura ecologica principi possono rappresentare un
punto di partenza per dare un nuovo vigore a sistemi di valle e a culture disorientate. Tali principi sono:
• L’interdipendenza: tutti i membri di una comunità ecologica sono interconnessi in un’immensa
intricata rete di relazioni.

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• Natura ciclica dei processi ecologici: i singoli organismi che compongono un ecosistema sono
sistemi aperti e come tali producono rifiuti ma in modo tale che ciò che viene scartato da una specie
è nutrimento per un'altra E sia un reciproco di materia mentre sono aperti al flusso di energia, la cui
fonte primaria è il sole. I sistemi economici al contrario sono lineari per l’uso di materia e utilizzano
fonti di energia diversa da quella solare che l’unica ad essere rinnovabile.
• Collaborazione: esprime la tendenza ad associarsi, a stabilire legami e a cooperare. Nella comunità
umana questo principio significa che ogni suo membro ruolo fondamentale quindi è da perseguire lo
sviluppo delle potenzialità individuali e della democrazia.
• Vi sono poi due principi attraverso cui gli ecosistemi sono in grado di sopravvivere: la flessibilità
che suggerisce una strategia corrispondente per la soluzione dei conflitti. Infatti in ogni comunità ci
saranno contraddizioni e conflitti, i quali sono i sintomi della sua diversità e vitalità. È proprio la
diversità il secondo aspetto. Negli ecosistemi il ruolo della diversità è strettamente legato alla loro
struttura rigida, un sistema dotato di diversità è elastico, nella comunità umane alle diversità etniche
e culturali biologiche possono avere lo stesso ruolo. Diversità significa molte relazioni. diverse,
molti approcci diversi allo stesso problema. Una comunità eterogenea è una comunità elastica capace
di adattarsi alle situazioni che cambiano.

4.2.Educazione ambientale, ecoliteracy, educazione per la sostenibilità:

La sfida primaria di questo secolo secondo F. Capra sarà quella di imparare a costruire comunità sostenibili,
dividendo ecologicamente colti o eco competenti. Essere ecologicamente competenti richiede l’acquisizione
di un sapere, saper fare e un saper essere che riguarda la testa, il cuore, le mani e lo spirito.

L’idea di una civiltà umana realmente sostenibile richiede una trasformazione culturale che coinvolge in
modo integrale il vedere il pensare il mondo e quindi anche la realtà dell’educazione e l’attività formativa.
Da una parte si chiede all’educazione di essere agente del cambiamento necessario la nostra sopravvivenza
sul pianeta, dall’altra è sospesa deve cambiare perché compenetrata di quella medesima cultura che dovrebbe
modificare.

Un’educazione che voglia considerare e riequilibrare il rapporto della comunità umane con l’ambiente
naturale deve ripartire da una discussione di paradigma, che permetta di pensare il futuro dell’umanità.
La pedagogia una grande responsabilità, che non consiste nel rispondere semplicemente problemi emergenti
ma prospettare il cambiamento della visione del mondo.
La questione ambientale chiama in causa l’intervento educativo nella sua globalità. In quanto deputato alla
trasmissione e al potenziamento della cultura, e cioè dell’insieme degli strumenti che consentono all’uomo di
trasformare l’ambiente per adottar visi, l’educazione assume necessariamente una valenza ambientale.
L’educazione ambientale comprende tutti gli interventi educativi il cui scopo principale concorrere alla
soluzione dei problemi ambientali, mediante lo sviluppo della sensibilità delle conoscenze, abilità, valori,
atteggiamenti e comportamenti ritenuti necessari per una più corretta e responsabile gestione dell’ambiente.
L’educazione ambientale un’educazione per l’ambiente attraverso l’ambiente, che si qualifica come pratica
di solidarietà sociale, come recupero dei valori educativi della disponibilità, collaborazione, convivialità,
impegno, avversi ad ogni forma di indifferenza e di disimpegno. Essa necessita di un discorso critico E può
essere intesa pertanto come mezzo per il miglioramento il recupero della qualità della nostra esistenza.

L’educazione ambientale a una quadruplice finalità educativa:


• di natura cognitiva, con lo scopo di mirare ad elevare l’ambiente paesaggistico a banca della
conoscenze, finalizzato a saper vedere l’ambiente.
• Di natura estetica, tendente ad elevare l’ambiente paesaggistico a bottega della fantasia,
continuamente re inventabile.
• Di natura etica, attinente al saper difendere l’ambiente, alla presa di coscienza della necessità per
l’uomo contemporaneo di cogliere il parallelismo esistente tra salvaguardia, protezione e difesa dei
patrimoni ambientali e qualità della vita sociale, culturale ed esistenziale.
• Di natura esistenziale, avente come fine il saper sentire l’ambiente.

Cornice culturale di riferimento di un’educazione alla sostenibilità:

Nella cultura occidentale la sensibilità ecologica si diffonde alla fine degli anni 60, con la presa di coscienza
dei pericoli per la sopravvivenza del pianeta e con la crisi energetica. La cultura ambientale nasce nel
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momento in cui si instaura una stretta interdipendenza tra i campi scientifico, etico e politico. Negli ultimi
decenni in campo scientifico e Comune fa riferimento ad un nuovo stile di razionalità che non contrappone
più i campi del sapere ma li mette relazione, proponendosi di cogliere la struttura che connette e che tiene
insieme i sistemi naturali, sociali.

Oggi siamo di fronte ad una pluralità di paradigmi, di modelli che orientano la produzione del sapere.
L’antropologo e biologo Bateson, prospetta con la sua ecologia della mente quanto l’ambiente in cui siamo
inseriti sia profondamente interconnesso con le percezione, valori, pregiudizi che connotano il modo abituale
di pensare. L’autore è interessato cogliere le analogie, i parallelismi tra i processi del pensiero e quelli
dell’evoluzione biologica, al fine di mettere in relazione il mondo fisico biologico con quello delle
rappresentazioni mentali, delle idee E rappresentare così in modo unitario ciò che la nostra prevalente
tradizione culturale degli ultimi secoli ha separato: la mente il corpo, la società e la natura.

Quella che sembra delinearsi una nuova concezione della natura: da una scienza che rappresenta la natura in
modo statico, ordinato, senza tempo, soggetta a leggi universali, si passa alla scoperta di un universo di
turbolenze e di fenomeni non lineare. Cambia dunque il metodo scientifico, se è quello classico procedeva
scomponendo gli oggetti e prestando attenzione all’entità individuali, il nuovo metodo si preoccupa di
rilevare i legami, articolazioni, connessioni ed interdipendenze.

Con l’espressione paradossale si può dire che non è inquinato solo il pianeta esterno ma anche quello dentro
di noi: le percezioni e le cognizioni della realtà in cui viviamo. Anche nel campo dell’educazione così come
più in generale nel mondo scientifico e politico, si producono mutamenti paradigmatico e significative
evoluzioni nella concezione, nel metodo, nella sperimentazione.
In questa prospettiva occorre accertare quale funzione e ruolo sociale si assegna ad essa e alle politiche
formative e quali metodologie, tecniche e strumenti sono utilizzate in educazione ambientale. Oggi si può
convenire sul fatto che l’educazione ambientale si referenze come uno strumento importante per promuovere
lo sviluppo sostenibile e consapevole. Si tratta di un’educazione che deve sviluppare conoscenze e
promuovere azioni, ovvero un’educazione che forma la cittadinanza attiva e alla responsabilità.
L’Educazione ambientale è finalizzata alla promozione della cultura, della consapevolezza dell’azione
ambientale.

Negli anni 60 70 e l’educazione ambientale intesa in modo naturalistico, finalizzata alla conoscenza di un
mondo che al di fuori. Oggi prevale un altro orizzonte di pensiero un rinnovato concetto di ambiente ed una
confacente concezione di educazione ambientale.
J.C. Smyth sintetizza alcuni obiettivi di fondo dell’educazione ambientale in tese come momenti in continua
progressione, momenti tra loro compresenti e interagente: sapere ambientale, come acquisizione di
conoscenze sui sistemi ambientali e le relazioni tra le loro componenti; consapevolezza ambientale come
processo di sensibilizzazione e coscientizzazione verso i problemi ambientali; responsabilità ambientale
come capacità di pensare l’azione umana sull’ambiente all’interno di un contesto di vincoli opportunità;
competenza ambientale capacità di gestire progettare, di guidare seguire il sistema ambientale; cittadinanza
ambientale come compartecipazione dei cittadini alla costruzione del sistema ambientale.

L’Educazione ambientale, il suo patrimonio di esperienze di elaborazione si colloca dunque all’interno delle
grandi trasformazioni culturali e scientifiche contemporanea, nell’orizzonte di una riforma ecologica del
sapere verso un paradigma di complessità di un’ecologia dell’azione sostenibile.

Quando nella seconda metà degli anni 60 si comincia per la prima volta parlare della necessità di
un’educazione ambientale, si attribuisce a questo termine un significato abbastanza determinato, quello di
una conoscenza naturalistica cui corrisponde un’attività educativa rivolta alla difesa e alla conservazione
della natura. Non casualmente uno dei primi soggetti intenzionati promotori dell’educazione ambientale e
l’unione internazionale per la conservazione della natura (1965). Nel 1972 si tiene a Stoccolma su iniziativa
dell’Onu la prima conferenza mondiale sull’ambiente umano.
Il vero e proprio atto di nascita dell’educazione ambientale avviene però dopo la metà degli anni 70, nel
1976 viene il colloquio internazionale di Belgrado e l’omonima carta adottata su iniziativa dei maggiori
esperti rappresentanti dei vari paesi. Obiettivo di tradurre in indicazioni programmi operativi i principi e le
direttive del documento di Belgrado è raccolto nella dichiarazione del 1977. Nei due documenti citati il
significato di educazione ambientale supera per la prima volta i confini della visione naturalistica, oltrepassa

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la dimensione premente conservazionisti, mettendo in evidenza le interdipendenze tra aspetti naturali e
antropici.
Nella carta di Belgrado per la prima volta si prende in esame il rapporto tra economia, società e ambiente. Se
analizzando le conseguenze della crescita economica è limitata, i vantaggi di svantaggi per la società e
l’ambiente.
Ecco dunque che ruolo molto importante che l’educazione viene ad assumere è quello legato alla sua
globalità, alla promozione di una nuova qualità dell’educazione. Siamo dunque di fronte alle prime vere
proprie carte dell’educazione ambientale, a documenti che definiscono per la prima volta obiettivi di fondo e
le finalità dell’educazione ambientale, delineando un programma di lavoro per i decenni successivi.
La Dichiarazione di Tbilisi afferma che l’educazione all’ambiente deve essere impartita tutte le dai ad ogni
livello di educazione, formale di informale. Emerge nel documento la consapevolezza che per sua natura,
l’educazione ambientale può contribuire al rinnovamento del processo educativo e invita le autorità
responsabili dell’educazione a promuovere e ad intensificare la riflessione, la ricerca e l’innovazione.

L’agenda 21 è uno dei documenti fondamentali approvati nell’ambito della suddetta conferenza e costituisce
il più importante documento programmatico nella storia della diplomazia internazionale in materia di
ambiente.

L’educazione ambientale si configura uno strumento trasversale fondamentale nella promozione dello
sviluppo sostenibile, uno strumento in grado di promuovere conoscenza, motivazione, partecipazione attiva
non solo degli studenti ma di tutti cittadini. Nel contesto di una riflessione storico culturale sugli
orientamenti sulle caratteristiche assunte dall’educazione ambientale, diversi ricercatori hanno convenuto nel
suddividere in tre le fasi principali attraverso cui è passata la sperimentazione dell’educazione ambientale in
Italia. Le fasi sono:
• negli anni 70 essa si è focalizzato sull’obiettivo di conoscere l’ambiente il suo funzionamento
ecologico. Educazione sull’ambiente e perciò l’emblema dell’analisi dell’ecosistema attraverso la
trasmissione di informazioni e nozioni, sulla scia dell’allarme per lo stato del pianeta e della crisi
petrolifera.
• Negli anni 80 è contraddistinta dal lavoro sul campo, nell’ambiente, dal primato Dell’esperienza,
dal contatto diretto con la natura, interagendo conoscenze ed emozioni.
• Negli anni 90 la priorità è segnato i comportamenti alle azioni concrete, all’educazione per
l’ambiente, con motivazioni adeguate responsabilità politiche istituzionali.

L’educazione ambientale oggi costituisce una forma ineludibile di intervento e animazione sociale, trai suoi
scopi fondamentali sono quelli di sviluppare la conoscenza per le azioni dell’uomo, in modo tale che egli
distingue, osservi ed analizza i vari aspetti del territorio in cui vive e del contesto sociale ambientale e ne
conosca le caratteristiche, comprende sempre più profondamente le forme attraverso cui salvaguardare
sviluppare in modo compatibile con la sopravvivenza delle specie viventi, le risorse presenti nell’ambiente.

Non è possibile pretendere di affrontare il rapporto tra umanità e natura contrassegnato dal degrado e dalla
distruzione, ripensando, riorientarli in senso educativo senza porre nel contempo in discussione la nostra
vocazione al dominio sull’altro. J. Cerovsky ritiene Che si fa educazione ambientale se si muove
dall’ambiente, si studia l’ambiente, si agisce a favore dell’ambiente. Tradotto sul piano didattico ciò significa
progettare attività formativa orientate a fare acquisire corrette e conoscenze i convinta lì, promuovere
esperienze di apprendimento che implichino il contatto diretto con il territorio.
L. Mortari definisce L’educazione ambientale come quel processo che muove dall’ambiente nella sua
globalità mesi andrò più di Prato, occupandosi dell’intera, esplorando non solo le qualità fisiche della
relazione che l’essere umano intrattiene con l’ambiente ma anche le dimensioni spirituale di tale relazione.

Una delle sfide educative del nostro secolo e l’alfabetizzazione ecologica,ecoliteracy, comprendendo i
principi basilari dell’ecologia cogliendo la saggezza della natura per costruire comunità sostenibili fatte da
ambienti fisici, culturali e sociali. La comprensione dei sistemi viventi conduce alla compressione delle
relazioni che connotano la vita sulla terra. Il principio di sostenibilità può descrivere la relazione uomo
ambiente per arrivare a costruire un nuovo linguaggio umano di intesa con la natura,in grado di mostrare la
visibile e l’invisibile distruzione dell’equilibrio ambientale e di recuperare il rispetto reciproco tra le attività
umane e le dinamiche della biosfera.
La cultura ecologica e una cultura dell’agire comune. Essa deve educare a percepire l’ambiente. Come bene
di tutti.
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L’educazione nella prospettiva alla sostenibilità può, consentire di scoprire le interdipendenze che
contraddistinguono il domani dell’uomo e del pianeta.

4.3.Discorso pedagogico e istanze di sostenibilità:

Dalla metà degli anni 80 le tematiche ambientali hanno attirato una considerevole attenzione nella
pubblicistica pedagogica nazionale, sottolineando l’esigenza di una più critica consapevolezza delle
responsabilità umane.
Studiosi di diverso orientamento disciplinare identificano nella nozione di sostenibilità un’adeguata
prospettiva di ieri a intorno a cui elaborare contributi, che alimentano un dibattito scientifico assai articolato.

Alcune riflessioni di pedagogisti italiani:

P. Orefice: “se l’educazione da sola non può contrastare il degrado dell’ambiente,è però altrettanto vero che
nessun tipo di azione può modificare il contesto ambientale se non entra in campo anche l’azione educativa.
Gli operatori della formazione sono dunque chiamati a dare il loro contributo senza che ci si aspetti
dall’educazione soluzioni miracolistiche, ma nemmeno che se sottovaluti il forte e nascosto potenziale
trasformativo”.
La pedagogia ha da assumere criticamente la nozione. Di sostenibilità, idonea ad analizzare alcuni tra i più
importanti problemi connessi con gli stili di vita correnti, a promuovere il confronto sui curriculum
formatevi e sui piani d’azione locali e globali.

P. Malavasi: “la riduzione dell’esperienza umana a dimensione contabile della razionalità strumentale
conduce a porre l’enfasi sui problemi legati all’idea di sostenibilità ovvero a stimare l’impatto economico
generato da vincoli e limitazioni di diverso genere; a concepire l’idea di tutela dei beni naturali come una
questione generica, i cui costi di realizzazione sono ingiustificati e difficilmente quantificabili”.

R. Semeraro: allude alla sostenibilità quando ribadisce la necessità di formare le giovani generazioni alla
conquista di modelli mentali e comportamentali necessari alla progettazione di nuovi equilibri tra le società
umane e l’ambiente. Per concepire la nozione di sostenibilità, l’idea di spazio è imprescindibile. La realtà
ambientale si manifesta alla coscienza in modo tutt’altro che univoco, è percepita tramite modalità personali
di elaborazione. Grazie alla percezione soggettiva del mondo, allo spazio vissuto, peculiare di ogni
individuo,ne viene alimentata originalmente la vita psichica, emozionale, e affettiva he si traduce in azioni e
comportamenti. L’autrice illustra il “principio di contestualità”, che esprime l’inscindibilità del soggetto,
bottino e sociale, dal suo contesto ambientale.
Nei contesti urbani predomina un senso di non appartenenza al territorio: se l’individuo non esperisce il
luogo in cui vive non può che sentirsi estraneo ad esso.
Tra gli scopi dell’educazione ambientale vi è per Semeraro quello di sviluppare la conoscenza e le azioni
dell’uomo, in modo tale che egli distingua, osservi e analizzi i vari aspetti del territorio e del contesto
spaziale, ne conosca le caratteristiche, comprenda sempre più profondamente i modi attraverso cui
salvaguardare e sviluppare le risorse di varia natura presenti in esso.

F. Frabboni: riconosce l’educazione ambientale come un atteggiamento mentale, un linguaggio e un


metodo,un percorso di conoscenza a, soprattutto un modo di vivere nel mondo. L’ambiente è visto attraverso
4 metafore: ambiente come banca delle conoscenze, col termine “banca” l’autore designa l’aumento delle
competenze; è l’itinerario dell’osservazione e l’osservare presuppone il prestare attenzione. Un secondo
termine e “la bottega della fantasia”, è un itinerario di tipo estetico in quanto le cognizioni non esauriscono le
possibilità che sono date agli esseri umani i capire di vivere il loro contesto ambientale.
Un terzo è fabbrica di cultura” in quanto intervento produttivo e costruttivo sull’ambiente.
Un quarto itinerario si configura per l’attenzione data all’ascolto e ala comunicazione. Si identifica nel
momento della comunione, giocata sull’affettività. E sull’emotività con il creato. L’autore usa i termini di
“rispetto, comprensione,sorpresa, emozione e mistero”: perché si possa dire di aver intrapreso un percorso di
educazione ambientale da se, ma che si conservi la capacità di guardare l’ambiente e stupirsene.

M. Gennari: propone un orientamento riflessivo di carattere fondamentale, una filosofia della formazione;
esamina gli ambienti in cui accadono gli eventi educativi, enfatizzano la densità teoretica del concetto di
spazio, elemento imprescindibile dell’umano. L’autore considera lo sviluppo sostenibile una metafora

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bugiarda che confonde il pensiero dell’uomo contemporaneo, una zattera della natura sia in senso fisico che
umano.

E. Bardulla: riprende la posizione degli esponenti della scuola australiana il cui presupposto di partenza e
che le persone siano in grado, se supportate dall’azione formativa, di affrontare in modo libero e responsabile
i problemi dell’ambiente, sapendo cogliere i condizionamenti che su di essi sono esercitati dal potere politico
ed economico.
L’autore riconosce l’importanza e l’attualità del metodo educativo dello scautismo che costa non tanto nella
scelta dell’ambiente naturale con l’ambiente educativo privilegiato, nel rispetto per il luoghi o animali piante,
quanto nella capacità di evitare ogni tentazione di evasione naturalistica e di stabilire un profondo legame tra
contatto con la natura educazione alla società e all’impegno civile. Sono da recuperare nella nostra società e
cultura, per l’autore, la dimensione storica, il contatto con le proprie radici, la propria memoria, senza
rinunciare ad aprirsi e futuro alla speranza che ci impone l’impegno e la responsabilità progettuale. L’autore
sostiene che tutta la vita sulla terra è parte di un grande sistema interdipendente che influenza e dipende
dalle componenti non viventi del pianeta,come rocce suolo acqua,aria.
Disturbando una parte della biosfera si può influire su tutto. Proprio come le società umane sono Inter
interdipendenti con me le generazioni future sono influenzato dalle nostre azioni attuali, così il mondo della
natura è sempre più dominato dal nostro comportamento.
Bardulla preferisce adottare l’espressione società sostenibile, con la quale designa una società che vive
conservando i sistemi ecologici e la biodiversità.

L. Mortari declina l’educazione ambientale come educazione il vivere sostenibile cultura, intesa come
un'analisi socio culturale promosso da una comunità sulle forme di tecnologie di organizzazione civile che
consentano di adottare uno stile di vita in armonia con gli altri con l'ambiente. La cultura della sostenibilità si
fonda su valori quali l’empatia nei confronti delle altre specie, il senso di compartecipazione nei confronti
delle generazioni future, la disponibilità a supportare una pianificazione attenta minimizzare i rischi per la
natura e per la qualità della vita delle popolazioni, il desiderio di cambiare l’organizzazione economica e
politica planetaria. L’autore auspica il superamento di un approccio epistemico di tipo atomistico distruttivo
verso un approccio relazionale sistemico, chi assume il concetto di rete come concetto organizzarli. L’andare
oltre l’indagine di tipo quantitativo per far posto anche a metodologie di tipo qualitativo.

I singoli autori, da diverse prospettive delineano l’ipotesi che l’educazione delle giovani generazioni implichi
l’elaborazione di una cultura orientata alla tutela dell’ambiente naturale e rivolto alla promozione di stili di
vita rispettosi delle risorse della terra.

Capitolo V:

5.1 Pedagogia, ambiente, pensiero ecologico:

Il riconoscimento della possibilità del collasso dell’ecosistema planetario rende imprescindibile una
pedagogia legata a risveglio della persona. Una fine una forma entro cui ciò può avvenire, secondo Malavasi,
e la teorizzazione di una pedagogia dell’ambiente come ambito di discorso che ha per oggetto la riflessione
sul rapporto tra formazione umana e l'ambiente.
La pedagogia dell’ambiente pone l’enfasi su uno specifico campo di teorie e pratiche educative. In questo
quadro significante, la variegata rassegna di attività e percorsi di educazione ambientale configura uno
specifico settore di indagine per la pedagogia dell’ambiente, che si costituisce come disamina intenzionale e
rigorosa sua finalità e valori, procedure e metodologie.
La sua specificità euristica deve contribuire all’unità del discorso pedagogico, alla sua articolazione e piste
mica senza indulgere alla frammentazione. La consapevolezza che il futuro della vita sulla terra e
compromesso dall’abuso delle risorse naturali conduce la pedagogia riflettere sulla questione ambientale
come questione della persona, che concerne la possibilità stessa di vita dell’essere umano.

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La riflessione sull’esperienza educativa come obiettivo quello di promuovere anzitutto la coscienza della
sostanziale relazione che lega il mondo umano a quello naturale e sviluppare la disposizione etica prendersi
cura dell’ambiente in modo da conservare la ricchezza ecosistemi Ca’ per promuovere una sempre migliore
qualità della vita umana.

Mortari riconosce la necessità di una pedagogia ecologica che stabilisca un dialogo costruttivo con il
pensiero ecologico.

Concepire la riflessione pedagogica in un quadro connotato dalla complessità induce a ricercare un approccio
teorico che non trascuri la presenza del molteplice, e che consideri la comprensione dell’ambiente
storicamente situato come momento essenziale per lo sviluppo di un coerente discorso pedagogico.

Mortari per pensiero ecologico intende quel processo culturale impiegato di indagare la crisi ambientale allo
scopo di comprendere le cause e ipotizzare le soluzioni.
L’inquinamento del nostro pianeta non è solo materiale ma anche soprattutto noologico, investe cioè le
strutture mentali, in particolare nel mondo occidentale. I comportamenti antiecologici costituiscono errori
nelle nostre abitudini di pensiero.
Solo una perdita riflessione sui fondamenti del nostro modo di pensare, può permettersi un reale
cambiamento di prospettiva e rendersi capaci di riconoscere abbandonare quelle idee che ci allontanano dal
compito in eludibile di salvare la vita del nostro pianeta.

Quattro sono per Mortari i capisaldi di una pedagogia ecologica:


• educare conoscere: implicare e sui termini della formazione di una nuova pratica epistemica
secondo i criteri che definiscono il paradigma ecologico. Fondamentale imparare a pensare in modo
relazionale e sistematico.
• educare a pensare: si articolo su diversi livelli, primo fra tipo metta cognitivo che si configura
come pratica dell’auto comprensione rispetto alla trama concettuale a partire dalla quale si vanno
tessendo i processi di costruzione del significato dell’esperienza. È un partire da sé senza chiudersi
nella propria individualità ma rivolgendosi a costruire il dialogo con gli altri.
• educare al sentire: è fondamentale in quanto non esiste la possibilità di educare la ragione senza
emozioni. Compito dell’educazione allora quello di coltivare la passione per la pratica dell’auto
comprensione non solo rispetto alle trame concettuali, ma anche rispetto alla postura affettiva con
cui guardiamo il mondo.
• educare i valori etici: avere cura degli altri include l’ambiente significa assumere come criterio
guida dell’agire il principio di promuovere contesti di vita e eticamente connotati. La pedagogia deve
promuovere la capacità di aver cura dell’ambiente naturale conservando la sua ricchezza biofisica.
Affinché questa condizione si realizzi sono necessarie due modalità di approccio: la responsività
come capacità di attivare un intenso disponibilità all’altro e la discrezione, ossia il saper mettersi da
parte.

L’autrice opta per un approccio che valorizza il ruolo del contesto non come contenitore scenico ma come
fitta trama di relazioni all’interno della quale le diverse unità viventi si costruiscono nella loro identità.
La nostra cultura è segnata da una svalorizzazione per la realtà materiale corruttibile e su questo presupposto
ha sempre trattato la natura come contenitore di cose da usare senza che tale uso sollevasse alcuna
problematizzazione di ordine etico. Invece la natura non è un tessuto da cui ritagliare cosa piacere, ma è la
fonte della vita. Il mondo umano non è in grado di auto sostenersi ma sempre bisogno del mondo bio fisico.
In questa nuova prospettiva educativa si rileva l’elaborazione di una teoria pedagogica in cui l’educazione
ambientale e concepita strettamente correlata all’educazione sociale politica.

Esiste una stretta correlazione fra le educazione ad aver cura dell’ambiente e l’educazione che si preoccupa
di promuovere una nuova cultura della giustizia, nella prospettiva della costruzione di un mondo che sappia
promuovere una cultura della pace e della convivialità. Questo tipo di educazione diventa possibile solo se
alla base c’è una pedagogia matura, una pedagogia attenta al presente, che dilati il campo della questione da
interrogare.

P. Malavasi teorizza la pedagogia dell’ambiente secondo un diverso angolo di visuale rispetto a L. Mortari,
per l’autore essa si configura quale riflessione sul rapporto tra formazione umana e l’ambiente nelle sue
diverse forme storico culturali. La pedagogia non deve accettare in modo acritico i contributi di altre
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discipline, ma puoi lavorarli alla luce della propria tradizione euristica per affrontare le trasformazioni
attuali.

Diversi studiosi danno della pedagogia relativa all’ambiente definizioni precise. Per alcuni l’educazione
relativa all’ambiente e il processo che consiste nell’ammettere dati valori e nel chiarire date concerti allo
scopo di suscitare attitudini e comportamenti indispensabili a una comprensione una valutazione esatta delle
relazioni reciproche che possono esistere tra l’uomo, la sua cultura e il suo ambiente biofisico.
Se assumiamo che la pedagogia sei una scienza pratico prescrittiva e che sono getto di studio specifico ossia
l’educazione, non possiamo ritenere che le varie pedagogia che si sono sviluppate negli anni (pedagogia
sociale, pedagogia speciale, pedagogia della famiglia) abbiano diverse di esclusivo oggetto di indagine.
Rispetto alla disamina delle esperienze educativa esse pongono semmai sottolineature specifiche e studiano
in profondità aspetti particolari.

E. Bardulla sostiene che L’azione educativa rese indispensabile anzitutto proprio perché la criticamente
consapevole; ciò che occorre un’azione educativa svincolata tanto nell’individuazione quanto nel
perseguimento della proprie finalità, da qualsiasi legame funzionale con tendenze consumistiche nella
diffusione del messaggio ecologico.

Emerge da questa affermazione la funzione critica dell’azione educativa. Riconoscere un valore


fondamentale all’ambiente natura, quale risorsa educativa, richiede una rinnovata sensibilità pedagogica e un
adeguato modo di concepire la sua epistemologia che vedi intenzionalmente le culture attuali con le
possibilità del futuro.

5.2 Per ripensare l’umano: la sostenibilità educativa:

Dalla connessione tra educazione sostenibilità si vince la necessità di investire in processi educativi formativi
e di porre al centro di tali processi l’umano, promuovendo una relazione organica continuativa e produttiva
tra sistema formale e non, nella prospettiva di un sistema formativo integrato per la sostenibilità che connette
il conoscere l’agire e il sapere con il saper fare saper essere.
Il rapporto Brundtland, sottolinea che è uno sviluppo sostenibile non è possibile senza una trasformazione
della società, quindi dell’educazione.

S. Sterling denuncia come un’educazione indirizzata al cambiamento è destinato a scontrarsi con il contesto
più ampio di un sistema educativo che tende a frenare e di potenziare gli aspetti innovativi. Il sistema
educativo a sua volta influenzato dal sistema sociale del quale parte. La questione chiave che ci si deve porre
e secondo l’autore: come possono le società e del sistema educativo cambiare insieme, con evolvere verso
modelli più sostenibili per entrambi?. Serve un’educazione che sia essa stessa sostenibile, per educare alla
sostenibilità è necessario che la stessa educazione cambio oriente il sistema educativo alla ricerca del dialogo
e della collaborazione con la realtà territoriale, sollecitando a considerare ogni persona con una risorsa dal
potenziale illimitato.

Il documento United nations decade of education for sustainable development propone una visione
dell’educazione allo sviluppo sostenibile che sottolinea il ruolo di agente di cambiamento delle istituzioni.
Propone un’attenzione alle risorse e alla fragilità dell’ambiente e pone al centro dell’attenzione i valori del
rispetto per gli altri, con particolare riferimento alle generazioni future, per le differenze e le diversità, per
l’ambiente per le risorse del pianeta.
Numerose sono le sfide che un’educazione alla sostenibilità deve affrontare: dalla povertà alla pace, dalla
differenza di genere i diritti umani, alla comprensione interculturale, dalla salute ai cambiamenti climatici,
dall’urbanizzazione all’economia di mercato. Si rivolge a tutti e a tutte le età e include quindi non solo
l’educazione formale ma anche l’educazione non formale e informale in una prospettiva di apprendimento
lungo tutto l’arco della vita.

L’educazione è nel contempo un’azione che la società opera nei confronti dei singoli ed un processo
personale dell’individuo, nell’acquisizione dei dati necessari al suo sviluppo globale. Essa non si limita ad
una fase della vita dell’uomo ma ne è una costante. La libertà è la condizione necessaria affinché possa
essere estratto plasmato l’io e la coscienza di ciascuno.

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Non è possibile pensare l’ambiente e di interagire con esso senza né educazione adeguata, servono
educazione sostenibile per vivere nella direzione di scelte compatibili con gli ambienti vicini e lontani, con il
presente ed il futuro.

Afferma M. Cini: “ credevamo di vivere in un universo è retto da leggi di natura necessarie ed eterne dove
sarebbero bastate conoscenze ragione per progettare realizzare un futuro sempre migliore. Ci troviamo
invece in un mondo di processi evolutivi il River sibili nei quali si intrecciano caso necessità, dove occorrono
soprattutto saggezza, prudenza e solidarietà per far fronte alle conseguenze impreviste delle nostre scelte”
Come dice il preambolo della carta della terra: “ci troviamo in un momento cruciale della storia della terra:
un momento in cui l’umanità deve scegliere il suo futuro”.
Di fronte alle sfide di portata planetaria che ci riserva il futuro, una progettualità sostenibile si configura
quale elemento concettuale indispensabile per pensare uno sviluppo umano più autentico.

Il concetto di sostenibilità introdurresti battito sull’intervento di sfruttamento e trasformazione dell’ambiente


da parte dell’uomo l’idea di una rete quale e collettiva non solo nei confronti del futuro ma anche degli
uomini di oggi. Sono necessari profondi cambiamenti culturali e strutturali volti ad aumentare la
consapevolezza e la capacita organizzatrice della specie umana.

Il rapporto dell’UNESCO, della commissione internazionale sull’educazione per il XXI secolo, intitolato
nell’educazione un tesoro, dopo aver esplicitato alcune tensioni che contrassegnano l’educazione del nostro
secolo propone quattro pilastri educativi fondamentali per la promozione di un vivere sostenibile: imparare a
conoscere, imparare a fare, imparare a vivere insieme,imparare ad essere.
È proprio con l’educazione la cultura non è violenta e monoculturale, attraverso una partecipazione attiva e
creativa dell’umanità all’avventura formativa, per diventare cittadini di un mondo nel quale si riconoscono i
valori della pace, dei diritti umani, dello sviluppo, dell’ambiente e si promuova un osmosi tra crescita
economica, sviluppo democratico rispetto della persona umana.
E. Morin propone due minuti e intorno ai quali si rende necessario impostare precisi percorsi formativi: la
cittadinanza terrestre e la democrazia. Essi sono due aspetti della stessa finalità salvare l’umanità realizzando
la seconda un’etica della comprensione che presuppone l’attribuzione del primato della dimensione dialogica
e complessa rispetto quella individualistica e lineare.

L. Mortari parla di etica della cura, come la capacità di attivare un’intensa disponibilità all’altro sia emotivo
che cognitiva. Si possono indicare tre peculiarità da attribuire al cittadino sostenibile: la saggezza di
percepire l’interdipendenza della vita e dei viventi, il coraggio di non temere le differenze e la compassione
come capacità di immedesimarsi nel dolore altrui.

La centralità dell’educazione in campo ambientale non può prescindere da una riflessione sui riferimenti
culturali e sugli approcci epistemologici che negli ultimi trent’anni sono stati da più parti riconosciuti come
propri di un vivere sostenibile. Il concetto di sostenibilità educativa con nota un nuovo modo di pensare
articolato su una serie di presupposti di natura epistemologica.
Un agire ispirato dal principio di abitare con saggezza la terra richiede la primarietà dell’interrogazione
critica riguarda le ragioni che orientano l’educazione. L’intenzione di interrogarsi sul senso o sull’essere
dell’esperienza educativa non può essere disgiunta dal concetto di sostenibilità educativa. Tale nozione
indica una delle odierne condizione di possibilità dell’educazione nell’epoca del trionfo della tecnica e
sollecita la comprensione dell’accadere complesso ed incerto delle civiltà umane.

Il discorso pedagogico entrando in dialogo col pensiero ecologico riesci a mettere in luce ogni riduzione
venire qua posizione di ricerca che si alimenta di dubbi e interrogativi e incertezze. Parlare di sostenibilità a
livello educativo dispone considerare la questione ecologica come emblema del disagio della civiltà, ma
anche a valorizzare l’ambiente come luogo ed occasione privilegiati per realizzare progetti che coinvolgendo
l’essere umano in tutte le sue dimensioni, sfuggano dai paradigmi di tipo meccanicistico i formino
individualità critica appassionata alla vita è disposta a mettersi in gioco per affrontare con speranza la realtà.
Costruire un mondo migliore implica un modo migliore di essere l’educazione può fare molto per ricostruire
quell’ordine che esiste in natura sotto l’apparente caos del mondo.

5.3 Custodire lo sviluppo, coltivare l’educazione: dall’enciclica Laudati si alla pedagogia


dell’ambiente

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La terra, nostra casa comune, e dimora dell’uomo e per l’uomo. La sfida urgente di unite tutta la famiglia
umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile ed integrale.

Custodire e coltivare sono due elementi molto importanti che i nostri nonni contadini hanno eseguito per
secoli. Il coltivare rimanda all’arare, al lavorare un terreno, il custodire richiama il proteggere, il curare, il
tutelare. Prima che il genere umano cominciasse a custodire e coltivare la terra, la terra si è preso cura di lui.
E la terra ad aver offerto le condizioni favorevoli alla vita per l’umanità e ad averle garantita fino ad oggi.
Non è la terra che è stata affidata a noi, piuttosto siamo noi che le siamo stati affidati. La terra vissuto senza
la specie umana per milioni di anni, noi invece non possiamo vivere senza di lei e la sua biosfera.
Coltivare e custodire vuol dire far crescere il mondo corresponsabilità, trasformarlo perché sia un luogo
abitabile per tutti.

Papa Francesco partire dall’affermazione della positività e della bontà del creato come dono da coltivare e
custodire per le generazioni future offre nell’enciclica laudato si, suggerimenti e proposte per uscire
dall’immobilismo, dal disinteresse verso certi temi chiedendo maggiore sobrietà contenimento dei consumi
e una politica internazionale capace di porre dei limiti alle evidente il potere dei mercati.
Vista in senso positivo, la sobrietà può essere intesa come una forma di liberazione dei propri meccanismi
che stanno distruggendo la terra. La sobrietà e la capacità di apprezzare il valore di quello che sia, di
assaporarne la bellezza vincendo la sua fazione. Uno stile di vita sobrio cambia la capacità di guardare le
cose e permette di riconoscere l’essenziale, sapersi accontentare scoprendo come spesso il meglio coincide
con il meno. L’enciclica Laudato si È un canto, una lode a Dio e alle sue creature il cui esordio è tratto dal
contenuto e dallo linguaggio di Francesco d’Assisi. Si tratta di un testo che si interroga sul senso
dell’esistenza, muovendo dal richiamo ad un triplice responsabilità: i poveri, verso la natura, verso le future
generazioni.
La stesura dell’enciclica incrocia le principali questioni ambientali di portata globale e procede di alcuni
mesi la conferenza sul cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. Sulla scia dell’enciclica, COP 21
incoraggia e promuove e sostiene l’esigenza di una governance dello sviluppo umano, di buone pratiche di
ricerca e formazione su scala locale ed internazionale, auspicando responsabilità e cooperazione.

“all’uomo è lecita esercitare un governo responsabile sulla natura per custodirla, metterla profitto coltivarla
anche in forme nuove e con tecnologie avanzate in modo che essa possa degnamente accogliere e nutrire la
popolazione che la abita”.
La custodia per l’ambiente e la ripartizione secondo giustizia delle risorse della terra portano l’attuale
generazione a misurarsi con le esigenze di quella futura. L’ideale della solidarietà intergenerazionale
dovrebbe trovare la sua fondazione in un antropologia della fraternità.

La custodia può essere esplicitata nella prospettiva del prendersi cura. Essa non dovrebbe muovere dalla
paura suscitata dei tanti rischi ambientali. La cura per il pianeta richiede rovesciamento del punto di vista
prospettico adottato fin qui: dallo sfruttamento di un dato che si considera acquisito e inesauribile, alla cura
attiva e consapevole di qualcosa che c’è stato donato.
La proposta dell’Enciclica è quella di un'ecologia integrale Che comprende chiaramente le dimensioni umani
e sociali. E se inseparabile dalla nozione di bene comune. Un’ecologia integrale può aiutarci a superare
l’individualismo e ad affrancarci dal dominio tecnocratico. Solo così saremo capaci di un nuovo stile di vita
rispettoso del creato.

Papà Francesco assume il termine ecologia non nel significato generico e spesso superficiale di una
qualunque preoccupazione verde, ma in quello ben più profondo di approccio a tutti sistemi complessi la cui
comprensione richiede di mettere in primo piano la relazione delle singole parti tra loro e con il tutto.
L’ecologia integrale diventa così il paradigma capace di tenere insieme dei nomi dei problemi ambientali con
questioni che normalmente non sono associate alla gente ecologica in senso stretto, come la vivibilità e la
bellezza.

L’ultimo capitolo dell’enciclica laudato sì, il sesto, intitolato educazione spiritualità ecologica, muove dal
bisogno di cambiamento che l’umanità non può non avvertire alla luce delle sfide e della proposta in gioco
rappresentate dalla salvaguardia del creato. Occorre anzitutto puntare su un altro stile di vita, educare
dell’alleanza tra l’umanità e l’ambiente, stimolando quella che può chiamarsi la converserà ione ecologica.

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Il pontefice riconosce la necessità che gli ambiti educativi favoriscono nuove abitudini e solide virtù,
improntate sulla gratuità e la gratitudine, la consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, la
responsabilità, la sobrietà e l’umiltà. L’educazione riveste pertanto ruolo fondamentale per il cambiamento
dei modi di pensare e degli stili di vita.

Se la degradazione dell’ambiente e della società sono causate dalla mancanza di una visione integrale, allora
la strategia per uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo sprofondando non può essere che il
dialogo onesto trasparente ed inclusivo. Fa da sfondo all’enciclica laudato sì, una pedagogia fatta di semplici
gesti che ognuno può mettere in pratica per attuare quella conversione ecologica che il pontefice auspica. Si
tratta di piccole azioni che tutti noi possiamo mettere in atto nel quotidiano: evitare l’uso di materiale
plastico, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, utilizzare il trasporto pubblico ecc.
Una pedagogia che muove dalla convinzione che tutto è in relazione e che la cura autentica della nostra
stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, della giustizia e dalla fedeltà
nei confronti degli altri.

In chiusura dell’Enciclica Papa Francesco aggiunge un suggerimento particolare: il riposo.


L’essere umano tende a ridurre riposo contemplativo all’ambito dello sterile dell’inutile. Siamo chiamati
includere nel nostro operare una dimensione ricettiva è gratuita, che è diverso da una semplice in attività. Si
tratta di un’altra maniera di dire che fa parte della nostra essenza. In realtà riposo può configurarsi quale
luogo educativo nel sollecitare ad una riflessione sul valore del tempo, di la di conformismi e stereotipi.
Riposare non è solo un modo per recuperare le nostre forze dopo la fatica, e il ritrovare se stessi, il proprio
equilibrio, il proprio rapporto con gli altri e con l’altro.

La conversione ecologica richiede l’intervento educativo nella sua globalità. Necessita di un’educazione che
coltivi la consapevolezza dell’essere.
La pedagogia come riflessione critica sulla educazione si configura come ricerca sulle ragioni, sulle
condizioni sulla finalità del processo formativo, sul senso e sul significato dell’agire educativo. Essa assume
la dimensione pratica con l’impegno di interpretare l’interazione uomo ambiente e l’intenzione di
migliorarle.

La pedagogia nel riflettere su se stessa chiamata di interrogarsi sulla complessità del nostro tempo, apprendo
percorsi di pensiero e di pratica. La ricerca pedagogica in cui sono implicate relazioni reciproche tra
ambiente uomo cultura, può contribuire a maturare un’idea autentica di persona, per riuscire a progettare
un’educazione sempre più capace di radicare il rispetto di sé e dell’altro in un ambiente Hijo e solidale.

La pedagogia dell’ambiente identifica un ambito di discorso che ha per oggetto la riflessione sul rapporto tra
formazione umana e l’ambiente, nelle sue diverse forme storiche e culturali.

La pedagogia dell’ambiente ha da concorre tanto allo sviluppo del confronto pubblico tra le scienze quanto il
rafforzamento della presenza della pedagogia del battito culturale e socio politico attuale.

L’espressione pedagogia dell’ambiente designa un’attività di ricerca che pone a tema le pratiche
dell’educazione ambientale, l’ambiguità dei significati adesso attribuiti e si occupa in modo
intenzionalmente pedagogico del rapporto tra sostenibilità dei processi formativi.

La pedagogia dell’ambiente può riferirsi anche ad un orientamento riflessivo di carattere fondamentale


ovvero una filosofia della formazione che analizza gli ambienti poi luoghi in cui accadono gli eventi
educativi, con particolare in fasi alla densità teoretica del concetto di spazio come elemento imprescindibile
dell’umano.

La pedagogia dell’ambiente non può prescindere dal valore della persona, non possiamo valorizzare l’uomo
se non valorizziamo anche la vita. Se dunque di fronte alla complessità dei problemi odierni vogliamo
rilanciare l’umano per quello che veramente è dobbiamo partire non dal versante economico ma da quello
relazionale rinnovando la passione educativa. Coltiviamo lo sviluppo, custodendo l’educazione.

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