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Aurora Mirra, 2A

COMPITO DI LATINO:

Il brano è tratto dal secondo libro delle georgiche che affronta come tema principale la coltura degli
alberi e in particolare della vite. Questo testo in particolare tratta della sobrietà della vita dei campi, che
Virgilio esalta anche grazie all'utilizzo di termini contrastanti che descrivono tutto ciò che la vita di
campagna non può fornire ( guerra, visitatori ...). Il poeta però attraverso i versi afferma che ad ogni
"difetto" che comporta questa vita corrisponde un pregio poiché in realtà tutto ciò che è assente nella
campagna rappresenta un elemento negativo. La guerra o i visitatori indiscreti infatti non sono elementi
positivi e gradevoli, ma anzi portano rovina, umiliazione, ostentazione e discordia. Attraverso questo
confronto artificioso infatti il poeta affronta pararelamente due temi contrastanti: da una parte elogia la
vita agreste, piacevole e soddisfacente, dall'altra invece afferma indirettamente che la vita di città è più
ostica e pesante. Durante lo sviluppo di questo confronto sono presentate sempre più ragioni che
attestano essere migliore la vita agreste. Questo brano si inserice però in un libro che contiene due
importanti digressioni: una riguarda le "Laudes Italiae", cioè una panoramica di luoghi stranieri che
confrontati con l'italia appaiono miserabili in quanto solo la penisola è privilegiata dalla natura, l'altra
sviluppa l'elogio della vita agreste. Il libro è sviluppato a seguito di una profonda riflessione sul lavoro dei
campi; Virgilio nel primo libro infatti propone una teodicea del lavoro che si conclude affermando che il
lavoro non è una pumizione divina ma è voluto dalla divinità per il bene dell'uomo. Perciò la visione che
il poeta ha del lavoro è positiva e per questo motivo sostiene che la vita dei campi è maggiormente
soddisfacente e gratificante. Nelle georgiche Virgilio non sviluppa solo gli aspetti positivi della
coltivazione e dell'allevamento ma affronta anche il tema della morte. Per descrivere questa tematica,
nel terzo libro narra di una pestilenza di bovini nel Norico, in cui riporta vari elementi assimilabili alla
peste di Atene di Lucrezio. Attraverso questa specie di metafora il poeta vuole tramettere che sia sugli
uomini che su ogni altro essere vivente incomberà la morte, ma prima di questa c'è un male ancora
peggiore, l 'amore. Infatti per Virgilio il "furor" è una forza altamente devastante e dannosa per uomini e
animali, in quanto provoca rovina e morte. In tutto il libro si sostengono quindi toni gravie dolenti che
sono contrapposti con i precedenti toni gioiosi e i successivi toni sereni e ariosi. Infatti nell'ultimo libro è
descritta minuziosamente la comunità delle api che per il poeta raffigura la comunità ideae. Essa
possiede caratteristiche uniche: la comunione di beni, l'armoniosa suddivisione dei compiti, la perfetta
concordia nell'infaticabile operosità e sopratutto le api non sono, secondo la tradizione, soggette all'
eros.

In brano trattato possiamo ritrovare diversi temi che accomunano tutti i libri, primo tra tutti
l'idealizzazione della vita agreste, ma anche l'armonia tra l'uomo e la natura e l'importanza del lavoro
contadino. In particolare negli ultimi tre versi del brano emerge la visione del lavoro da parte del poeta,
collegata alla "teodicea del lavoro". Questo elemento tematico è affrontato all'inizio delle Georgiche e
narra di come Giove fece in modo che gli uomini tornassero ai tempi in cui la terra generava
spontaneaente i suoi frutti, ma egli creò degli ostacoli in modo che gli uomini sarebbero potuti
progredire nel cammino della civiltà solo grazie all'ingegno e alla fatica. Perciò in questi versi è riassunto
il senso etico del lavoro che caratterizza l'intero poema, il quale è completato dalla presenza
dell'elemento religioso, altrettando presente in tutti i libri. Quindi i temi principali sono: il tema della
conoscenza, della natura nelle sue leggi imperscrutabili della vita agreste (come ad esempio: O
fortunatos nimium, sua si bona norint,/ agricolas! 458-459, Felix, qui potuit rerum cognoscere causas,
490, Fortunatus et ille, deos qui novit agrestis, 493) e, frapposto alla descrizione della negatività della
vita urbana, il tema della felicità della vita agreste (ad esempio: vv.467 e sgg.,493 ). In questo modo si
intrecciano il tema della vita agreste nella sua serena e laboriosa quotidianità, della vita urbana nella sua
potente pericolosa vacuità, della natura nel mistero delle sue leggi, e della poesia nella sua funzione
conoscitiva,
evocativa e celebrativa. Queste caratteristiche fanno comprendere come le georgiche siano un'opera
maggiormente impegnata rispetto alle ecloghe, sia stilisticamente, sia ideleogicamente.
Figure retoriche:
- "si sua" :anastrofe
-"fortunatos...agricolas": iperbato
- "ipsa...iustissima a tellus": iperbato

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