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La Bibbia nella letteratura italiana

certo, come scriveva Raffaella Bertazzoli nellIntroduzione al III volume di questa serie, dedicato allAntico Testamento, che quella parte della Bibbia ha unalta qualit narrativa ed essa una vera officina di narrazioni, in cui si manifestano usi di generi letterari diversi. Una colonna portante della cultura e della letteratura occidentale (del messaggio, del valore religioso del testo sacro dovremmo occuparci in primis, soprattutto, e se fossimo francescani e semplicemente buoni cristiani, ma tant); colonna da affiancare allaltra, al mito classico. Esse hanno sorretto, ancora Bertazzoli che parla, personaggi, simboli, forme letterarie e strutture narrative di tutto lOccidente. Anche lideatore delle due imprese, di questa e appunto della parallela Il mito nella letteratura italiana, Pietro Gibellini, introducendola a sua volta, sottolineava la continuit fra unopera destinata agli di falsi e bugiardi e questa dedicata alla Sacra Scrittura. Perch questi due miti sono, se pur spiritualmente e letterariamente opposti, nella loro azione contigui. Qualcuno arrivava a confonderli e a non distinguerli nemmeno, a trovarcisi in mezzo incoscientemente, beatamente per lui e felicemente per i suoi risultati. Pensiamo a Torquato Tasso e a quanto Ottavio Ghidini ci racconta e propone nel saggio su Lepica tassiana e la Bibbia. Ghidini cita ovviamente sbito lottava incipitaria della Gerusalemme liberata, come esempio del processo emulativo istituito nei confronti dellEneide e di come la poesia tassesca assimila e fonde fin di l due lingue, quella classica latina e quella biblica; successivamente cita unottava del II canto, che contiene la professione di fede fatta da Goffredo di Buglione allambasciatore pagano Alete, in cui il condottiero cristiano dice fra laltro che la mano di Dio
fa piani i monti e i fiumi asciutti, [] placa del mare i tempestosi flutti, stringe e rallenta questa a i venti il laccio

Il rinvio dato ad alcune tessere dellAntico Testamento nei capitoli 40-55 di Isaia; e in particolare per placa del mare i tempestosi flutti, al Salmo 106.29 Sedavit procellam in aurem lenem, et conticuerunt fluctus maris, nonch alla tempesta placata da Ges in Matteo, 8.26 s. Certamente. Ma non si risente anche e forse pi il I libro dellEneide, la tempesta suscitata da Eolo per istigazione di Giunone sulla flotta del condottiero troiano? L si legge ad esempio che Nettuno interviene e tumida aequora placat (Tasso: placa del mare i tempestosi flutti) e che il reggitore dei venti Eolo e premere et laxas sciret dare iussus habenas, che molto pi che non Isaia nel tassiano stringe e rallenta questa a i venti il laccio.

Questi lacciuoli inestricabili sono tesi da destra e da sinistra a tutta la produzione dei secoli umanistici e rinascimentali. Il volume, V della serie, in cui essi figurano, lo attesta sovente, dopo aver rappresentato con una campionatura vivida la produzione dei secoli precedenti, alto e basso Medioevo, quando il mercato non offriva altro e quella dei due Testamenti era una pratica quotidiana di chierici e laici, un ascolto liturgico e una cadenza orale. Si pensi alla totale immersione biblica di scrittori come san Francesco e Jacopone, qui presentati da Giacomo e Gianni Mussini: Francesco, la cui norma del vivere secundum formam sancti Evangelii pu essere estesa allo scribere, per e con la conformazione alla Scrittura anche del pensiero e della parola; Jacopone autore intimamente e integralmente medievale che in quanto che trova nella Scritture il naturale alfabeto con cui comprendere e rappresentare i significati del mondo. Altrettanto e ancora pi significative, per la loro appartenenza, le analoghe invasioni in area schiettamente profana e popolare, addirittura, volenti o nolenti, ludica, quale il teatro in piazza e la gnomica, su cui il saggio divertente aggettivo elogiativo e propiziato dai temi di Roberto Tagliani La Bibbia nella poesia didattica dellItalia Settentrionale. Sono testi che, una volta tanto, non si rivolgono ad un pubblico colto ma anzi modesto e analfabetizzato, non di ampio respiro e ambizioni socio-geografiche ma di modeste dimensioni municipali; non il clero e i chierici ma mercanti e artigiani, bisognosi anchessi, e tanto pi, di iniezioni di sapere e di moralit, in formule facili da comprendere, apprendere e memorizzare; il pubblico comunale nei suoi atteggiamenti quotidiani, a cui si va incontro con attualizzazioni tematiche. La produzione spesso, per questo?, di Italia Settentrionale, e i suoi autori hanno nomi non altisonanti ma simpatici, quali Uguccione da Lodi, Girardo Patecchio, Pietro da Barsegap. La Bibbia ne era il naturale supporto, il Vangelo soprattutto ma anche episodi chiave dellAntico Testamento quali la creazione del mondo e storie di Patriarchi e di Profeti; mentre lispirazione formale si pu trovare nelle formule semplici e incisive dei libri sapienziali. Fra queste raccolte il Tagliani d conto anzitutto di una serie di antichissimi Proverbia quae dicuntur super natura foeminarum, che addirittura il pi antico testo misogino della tradizione italiana, opera di un anonimo colto e curioso di area veneta o cremonese. In una serie continua di coppie o quartine di versi, il poemetto traccia con forte icasticit una galleria delle malvasie femene del racconto biblico, dalle lussuriose alle perfide, dalle folli alle scellerate quali le figlie di Lot e la moglie di Putifarre, Dalila e Atalia, Erodiade e la serva di Caifa. Diverso lapproccio biblico dellassai pi noto Giacomino da Verona a met Duecento, che si volge al racconto, al testo come portatore di verit storica, anche se non scevra naturalmente di un valore e di un ammaestramento morali. Si potrebbe utilizzare la descrizione della Citt di Dio in uno dei pannelli del dittico

del suo poemetto De Ierusalem celesti e De Babilonia civitate infernali anche per alludere ad unaltra componente, funzionale e tipica in genere del tempo, di questa letteratura biblica: ossia il meraviglioso, a cui la Bibbia stessa d man forte in molti punti approfittando della lontananza del tempo, della disposizione dei lettori e dellefficacia del mezzo. Cos le mura della Gerusalemme celeste di Giacomino sono fondate de pree preciose, le sue tre belle porte clare plu ke stelle, con le volte ornate de margarite e dor, hanno merli rifulgenti de cristallo, su cui un angel kerubin | con una spaa en man k de fogo divin | no ge lassa andar l nuia ent e, precipitoso, realistico, gustoso e originale calo di tono, no ge lassa | venir tavan n mosca n bixia n serpent, | n losco n asirao | n alcuna altra ent | ke a quella citt posesro nociment. E cos avanti, in un succedersi crescente di amplificazioni e come se fosse impossibile abbandonare la visione fantastica di tanta utopia, in cui finalmente si mangia a volont e si gratificano tutti i sensi, frutti di alberi e di prati, miele e ad altri cibi risananti, e ognuno finalmente redolento dei migliori odori, de cendamo e de mento percepibili a mille miglia e pi di distanza, e finalmente si gode di kalandrie e risignoli et altri begi oxegi | [che] orno e noito canta | sovra quigi arborselli, | faando li versi plu preciosi e begi | ke no fa viole, rote ne colamelli. Un vero incanto come in un dipinto di Duccio, con li patriarchi e li profeti santi, | ke Ge sta dogna tempo tuti vestui denani | de samiti celesti, virdi, lauri e blani, | glorificando Lui cun psalmodie e cun canti. Questa freschezza, totale assenza di problemi razionali ed estetici, tramonta fra Tre e Quattrocento, ponendosi a cerniera Francesco Petrarca, e il capitolo su di lui Petrarca e la Bibbia di Edoardo Fumagalli. Con Petrarca si pone anzitutto il problema della traduzione della Bibbia, ripreso dal contenzioso che gi aveva occupato le menti di san Gerolamo e di santAgostino, tra greco dei Settanta, Vetus Latina e la nuova Vulgata. Lautore del Secretum non pu non rifarsi al secondo dei due santi, a cui anche attinge la sua conoscenza della Vetus Latina, ma con un atteggiamento conciliante che gli ispira in qualche casoaccostamenti e fusioni: nel De otio religioso si dnno di sguito del versetto 11 del Salmo 45 agnoscetis quia ego sum Dominus e Videbitis quia ego sum Deus. Pi complessa e sottile laltra convivenza, quella di Bibbia e classici nei versi (per la profluvie di questi ultimi basta passare al saggio di Carlo Vecce su Petrarca nel volume gemello del Mito nella letteratura italiana). Questa la formulazione generale di Fumagalli a pag. 303:
[Petrarca] non immaginabile senza lo studio, la meditazione, la ripresentazione dei classici, che forniscono senza alcun dubbio lapporto pi massiccio di citazioni e di allusioni, rispetto sia ai testi biblici sia a quelli moderni; [] ma nonostante tutto si ha limpressione che le verit conquistaste con la ragione cerchino il suggello, esplicito o implicito, della fede, il conforto della pagina sacra.

A cui Fumagalli appone un bellissimo passaggio di una Familiare (a Fracesco Nelli, anno 1360), in cui il poeta richiamandosi alloperato dello stesso san Gerolamo confessa:
Ego utrosque [i sacri e i profani] simul amare posse videor, modo quos in verborum, quos in rerum consilio preferam ignorem.

Sar quello l, in quel verborum, uno degli scogli, il pi irto e fastidioso che incontrer nei seguenti secoli rinascimentali la Bibbia, per cui scrivono qui Francesco Bausi, Fabio Forner, Marai Pia Sacchi. Ne saranno coinvolti filologi e filosofi, Pico e Valla. Come per i classici tout-court, anche alla Bibbia ci si rivolge con un atteggiamento storico-filologico e unesigenza letteraria. Giovanni Crastone butta allaria verso la fine del Quattrocento il Salterio vulgato con una sua nuova versione condotta sui Settanta; il fiorentino Aurelio Lippo Brandolino negli stessi anni redige a fin di bene in elegante stile umanistico una Epithoma delle sezioni storiche del Vecchio Testamento per ovviare alla prolissit e alla popolare semplicit di quei testi; il cardinale Bessarione in un saggio sostiene apertamente la necessit e la legittimit di ricorrere ai metodi testuali per raggiungere lesatta interpretazione e traduzione della Bibbia. Si pu naturalmente inserire fra costoro un poeta dotto quale Poliziano, sodale di Pico in discussioni filologiche e autore di inni latini alla Vergine, ma anche questa, ora, la formulazione a cui perviene Maria Pia Sacchi nel ricco Oltre la filologia: Poliziano [come a dire un filologo classico principe] e il sacro:
anche nella produzione profana si sono rintracciati non insignificanti segni del rapporto di Poliziano con la Scrittura: utilizzati dal poeta in ambiti di carattere per lo pi amoroso, ma non di rado sottilmente ambiguo. [Una lettura attenta dei suoi versi in questa direzione conferma] la complessit del carattere del Poliziano poeta e linsospettabile dimensione scritturale di molti suoi testi.

Cos ci si sovviene ingenuamente degli ormai lontani dimenticati Proverbia, di Giacomino e di bestiari e mirabilia (qui nel testo di Francesco Zambon), per non dire di Apocalisse e Salmi, quando si legge questottava polizianea dedicata a Ippolita, anche classica e pesantemente profana:
Che meraviglia si son fatto vago Dun s bel canto, e si ne sono ingordo? Costei farebbe inamorare un drago, un bavalischio, anzun aspid sordo! I mi calai, e or la pena pago, chi mi trovo impaniato comun tordo.

Ognun fugga costei quandella ride: col canto piglia, e poi col riso uccide.

Il culmine dellibridismo, ed anzi della contaminazione del biblico ad opera del profano si raggiunge del De partu Virginis di Sannazaro, investigato a dovere nel saggio successivo da Stefano Prandi. Il poemetto, con i suoi tre libri e 2163 versi, elaborato e edito fra il 1505 e il 1526, certamente il tributo pi cospicuo fra quanti interamente ed esclusivamente dedicati alla Sacra Scrittura nella letteratura italiana, e per altezza di concezione e grado di elaborazione elocutiva, appare uno dei massimi poemi sacri latini del Cinquecento, forse superiore alla Christias del Vida (Prandi, p. 490). Il materiale scritturistico utilizzato dal poeta comprende oltre ai sinottici anche gli apocrifi; tocchi descrittivi provengono o si inspirano allAntico Testamento e motivi e ispirazione si trae dalla tradizione mariana contemporanea. Eppure, anche qui, i registri epico bucolico didascalico lirico descrittivo appartengono a unaltra et e unaltra tendenza, e ci si deve rifare decisamente allepica virgiliana e a quella di Stazio, Lucano, Silio Italico, riconoscere il ruolo fondamentale di Ovidio, infine il poemetto mitologico tardo antico; dichiarare lopera pi classica che cristiana, frutto di un disinvolto sincretismo per cui si smarrisce lelemento religioso. E invero, come doveva essere difficile nellet nuova, della discoverta della vera arte poetica, nello stupore e nella rinnovata meraviglia di Ovidio appunto e dellEneide e delle Bucoliche e dellesempio recentissimo di Petrarca latino e anche volgare, non giovarsi di questo altro immenso tesoro, rilucente anche esteriormente di gemme e di fiori, resistervi e camminare ancora sulle orme del passo greve degli eroi e delle storie di un popolo semibarbaro e del suo testo costituzionale e religioso? Coglieva bene nel segno Erasmo da Rotterdam quando verso la fine del Ciceronianus aggrotta le ciglia verso quella narrazione mirabilmente riuscita del Parto della Vergine, a cui per si applaudito spropositatamente a Roma: A mio parere dichiara uno degli interlocutori del dialogo erasmiano avrebbe riscosso pi lodi se avesse trattato la materia sacra in modo pi sacro. Cosa centrano qui le ripetute invocazioni alle Muse e a Febo? [] E non stonato introdurre Proteo che vaticina Cristo, riempire ogni luogo di ninfe, di Amadriadi e di Nereidi? In conclusione, non il poema di un uomo serio scritto a scopo di piet. Si pu anche misurare in queste parole la distanza fra un ingegno nordico calvinista e uno latino lassista in questo contrasto, che per centra il contrasto o la pacifica convivenza che si riverser, come abbiamo accennato allinizio, anche nel poeta delle due Gerusalemme e del Mondo creato (per il quale vedi qui lultimo capitolo del volume, steso da Rosanna Morace). Persino l agisce una componente sincretica e si distende unimmensa mole di fonti classiche a fianco di quelle

patristiche, retorica scritturale e classica e anche concettualmente tracce di Platone, di Plotino e poi di Ficino e di Pico. In conclusione, sembra sia difficilissimo fare delle belle lettere con la sola Bibbia, a dispetto della mirabile apologia che ne fa Boccaccio nel repertori ragionato e bibrante delle Genealogie deorum gentilium, opera che merita unattenzione vivace sia per il lettore di erudizioni sia per quello di racconti. Lautore si tende a esaltare (cito dal saggio di Lucia Battaglia Ricci) i tratti squisitamente letterari presenti nella Bibbia: le trascrizioni della voce di Dio del suo interprete Mos, il cytharista celestis Davide, gli heroici metri del paziente Giobbe e di quanto altri cantarono ethereo versu divina mysteria; e anche sul piano dellinventio oltrech su questo dellelocutio, la creazione di fabulae di occulto contenuto morale o di vero e favoloso misti assieme o di storie se non vere certamente almeno verosimili. Alla fine, gira e rigira, una conclusione probabilmente avventata di un male informato pu pur essere che lopera pi notevole della letteratura italiana ritagliato integralmente sulla Bibbia appartiene a un frequentatore intermittente e non confessionale di quel testo, mosso primariamente dalla suggestione del sublime primitivo e da un interesse puramente estetico: e cio Vittorio Alfieri (questi ultimi giudizi sono di Vincenza Perdichizzi nel saggio sui due drammi biblici dellAstigiano, Saul e Abele). Ovviamente il testo notevole il primo, dramma tutto settecentesco dellinteriorit del tiranno, dei suoi sgomenti e dei suoi tormenti, delle sue perplessit e della sua infelicit, perseguitato pi da se stesso che da Dio. Ma lavventuroso viaggio di Pietro Gibellini e dei suoi collaboratori non si ferma ovviamente qui. Superato Alfieri, il I tomo della Bibbia nella letteratura italiana entra nellOttocento, ha tre capitoli su Manzoni, uno su Belli scritto da Pietro Gibellini e Nicola Di Nino, che ci mostra, a noi che seguiamo da anni lopera di riscoperta, ricupero e consacrazione della grandezza belliana da parte di Gibellini, il Belli sacro, quello soprattutto dellultimo decennio, decennio di riletture e volgarizzamenti biblici, col poeta dei sonetti che si pone a dialogare profondamente con il sacro. Chiuso questo tomo dal Pascoli, il discorso riprende nel II con let contemporanea, con DAnnunzio e un altro romanaccio (Trilussa), satirico per ricostruire, come ne scrive Claudio Costa; e poi la voce e il silenzio di Rebora, il dialogo col sacro di Ungaretti e lampia parte che ha la poesia religiosa, evangelica, mariana in Luzi; e infine le ultime poetesse e tre figure evangeliche, Giuda, la Maddalena e la Madonna stessa quali sono introdotte nella narrativa, nel teatro e nella poesia novecentesca. Cos dunque da tutte questa pagine ben si vede, spesso si scopre, come la Bibbia si posta nella nostra tradizione letteraria quale repertorio di storie umane e divine di straordinaria grandiosit e drammaticit, di impulsi ed elevazioni dellanima, di

cui si pu essere invasati e ribollirne fino a non potervi resistere, come avvenne appunto allAlfieri per il suo Saulle secondo che narra egli stesso nella Vita. Epper la traduzione di quel testo e di tutto il suo contorno in termini letterari moderni si rivela ardua, deve appoggiarsi anche altrove. Ogni volta che fu tentata, per non franare, si volsero gli occhi anche ai Virgil, agli Oraz e ai Nasoni purtroppo, secondo Erasmo.

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