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Abstract: The door has simulated an important descriptive tradition in Italian literature. This inter-
est came from Greek and Latin literature. Homer and Virgil have described the gate of dreams,
and Ovid shows those of the sun. The ekphrasis, considered as a literary description of a work of
art, assumed during the centuries the role of a topos, connected mostly to visions, dreams or to the
passage of the protagonist into another dimension. In order to analyse the ekphrasis of the door in
the narrative, I decided to focus this paper on three books that follow the same narrative tradition
connected to the theme of the dream, L’amorosa Visione of Giovanni Boccaccio, The Stanze of
Angelo Poliziano and the Hypnerotomachia Polifili of Francesco Colonna. The aim of this paper is
to show the strict correlation that exist between the representation of the door, and the entry into
another space, usually represented by the kingdom of Venus.
Keywords: Ekphrasis; History of modern Architecture; Urban History; Triumphal arches; Boccac-
cio, Poliziano, Hypnerotomachia Polifili; Francesco Colonna; Renaissance Dream.
1
Vedere G. Monnier, La porte, Instrument et symbole, Editions Alternatives, Paris, 2004; La
porte et le passage. Porches et portails, «Cahiers de Rencontre avec le Patrimoine Religieux», 2010, 28.
2
M. Bachtin, Estetica e romanzo, trad. it. C. Strada Janovic, Torino, Einaudi, 1979.
178 Paulina Spiechowicz
Al fine di rilevare le molteplici funzioni della porta nella letteratura, si sono pre-
se in esame tre opere che trattano del viaggio e che fanno della porta un uso emble-
matico, rendendola un topos del genere: l’Amorosa Visione (1341-1342) di Giovanni
Boccaccio, le Stanze (1475-1478) di Agnolo Poliziano e l’Hypnerotomachia Poliphili
(1499) di Francesco Colonna. Nei tre scritti, la porta è utilizzata con intenti espres-
sivi molto simili, trattando argomenti iniziatici che prevedono il raggiungimento
da parte del protagonista di una nuova forma di conoscenza (nel Boccaccio e nel
Colonna mistico-didattico-amorosa, nel Poliziano politico-amorosa). Merita dun-
que notevole attenzione la pratica descrittiva utilizzata dai tre autori, intesa come
ekphrasis architettonica, dove la porta assume un ruolo direzionale nella narrazione.
L’ekphrasis architettonica3, la cui definizione è strettamente legata nella reto-
rica antica a quella di enargeia, trova la sua manifestazione privilegiata attraverso
il tema onirico, a sua volta intrinsecamente correlato con il viaggio iniziatico.
L’itinerario si manifesta in forme visionarie, come sogno dell’autore. Le Porte del
sogno sono solitamente posizionate all’ingresso della dimensione onirica, come
simbolo del passaggio da una condizione di veglia a quella della quiescenza.
Questa tradizione, che attinge all’onirologia antica, sembra perdurare tra il tardo
Medio Evo e il Rinascimento, e ne ritroviamo qualche esempio ancora nel XIX
secolo. Nel Boccaccio, nel Poliziano e nel Colonna la porta implica l’ingresso
in un universo altro, per il tramite del sonno e/o della visione del protagonista,
dove il viaggio prende i connotati di un’epistemologia di volta in volta allegorica,
encomiastica o strettamente simbolico-architettonica.
accennare solamente ad alcuni titoli: P. Hamon, La description littéraire, Paris, Editions Macula,
1991; Id., Expositions, Littérature et architecture au XIXe siècle, Paris, José Corti, 1989; C. Noille-
Clauzade, La figure de la description dans la théorie rhétorique classique, «Pratiques», juin 2001,
109-110; G. Zanker, Enargeia in the Ancient criticism of poetry, «Rheinisches Museum N.F.»,
CXXIV, 1981, 3-4, pp. 297-311; P. Galand-Hallyn, L’«évidence» descriptive, in Histoire de la
France littéraire, Naissances, Renaissances, volume dirigé par F. Lestringant-M. Zink, Paris, Puf,
2006; S. Dubel, Ekphrasis et enargeia: la decription antique comme parcours, in Dire l’évidence
(Philosophie et rhétorique antique), par C. Lévy-L. Pernot, «Cahiers de philosophie de l’Univer-
sité de Paris XII», Val de Marne, Numéro 2, p. 15-22, Paris-Montréal, L’Harmattan, 1997; D.P.
Fowler, Narrate and describe: the problem of ekphrasis, «The Journal of Roman Studies», LXXXI,
1991; G. Venturi-M. Farnetti, Ecfrasi: modelli ed esempi fra Medioevo e Rinascimento, Roma,
Bulzoni, 2004.
L’ekphrasis della porta 179
mentarsi nella memoria sia singola, che collettiva di una determinata comunità; la
dimensione «poetica», avendo bisogno del linguaggio per concretizzarsi4. La descri-
zione letteraria della porta si serve di questi tre livelli interpretativi, e ne evidenzia il
carattere simbolico. Per quanto riguarda il dato cosmico, le componenti architetto-
niche – ornamentali e pratiche –, sono prese direttamente dalla realtà materiale. La
maggior parte delle «porte della fantasia» si servono tuttavia del carattere utopico e
iperbolico dell’architettura, di un’estetica del «superlativo». La qualità onirica della
porta è invece legata alla sua funzione allegorica, connessa al concetto d’itinerario,
tanto amoroso quanto spirituale. Il suo lato poetico, infine, è intrinseco allo statuto
lirico che la porta assume in un testo letterario, di metafora e/o di allegoria.
La porta è inserita all’interno della narrazione tramite il processo retorico della
descrizione. L’ekphrasis, considerata nella sua accezione generale di descrizione di
un’opera d’arte – di pittura, scultura, musica o per l’appunto architettura –, appare
strettamente legata al concetto di enargeia. Quintiliano, nell’Istituzione oratoria,
esplicita tale nozione, inserendola tra gli strumenti atti a ornare un discorso:
Itaque enargeian, cuius in praeceptis narrationis feci mentionem, quia plus est evidentia
vel, ut alii dicunt, repraesentatio quam perspicuitas, et illud patet, hoc se quodam modo
ostendit, inter ornamenta ponamus5.
Si tratta di una pratica che permette la «visualizzazione» del fatto letterario,
dove il lettore si trova a essere spettatore, come in un sogno, della scena descritta.
L’enargeia sembra trovare la sua origine nei poemi d’Omero, il quale la utilizza
riferendosi alle visioni o apparizioni divine6. In seguito il termine è passato a de-
signare, nella retorica, la tecnica descrittiva. Durante il Rinascimento, il genere
che vede unire il sogno alla descrizione letteraria acquista maggiore spessore, in
quanto la visione rappresenta un luogo privilegiato per mettere alla prova le capa-
cità stilistiche dell’autore7. Del resto, la narrazione di viaggi ultraterreni ha comu-
nemente dato luogo ad ampie descrizioni, non fosse per la necessità di attribuire
dei lineamenti scenici – d’ambientazione e coordinazione spaziale – al racconto.
Nella trattatistica onirologica, le porte del sonno rappresentano un oggetto
comune dell’ekphrasis. Descritte da Omero nell’Odissea8 e poi riprese da Virgilio
4
Cfr. P. Ricœur, Finitude et culpabilité, Paris, Seuil, 2009; vedere anche G. Durant,
L’imagination symbolique, Paris, José Corti, 1961.
5
Quintiliano, Ins. Or., VIII, 3, LVI.
6
Cfr. P. Galand-Hallyn, Le reflet des fleurs, Description et métalangage poétique d’Homère à la
Renaissance, Genève, Droz, 1994.
7
P. Galand-Hallyn, Le songe et la rhétorique de l’«enargeia», in Le Songe à la Renaissance,
Association Réforme-Humanisme-Renaissance, dans “Actes du colloque international de Cannes”
(29-31 mai 1987), Université de Saint-Étienne, 1989, pp. 125-135.
8
Omero, Odissea, XIX, vv. 535-567.
180 Paulina Spiechowicz
nell’Eneide9, le porte del sonno sono due, l’una d’avorio e l’altra di corno. Lo
stesso Macrobio, nei suoi celebri Commentarii in Somnium Scipionis, ne parla:
Detto questo, poiché sopra, citando la testimonianza di Virgilio sui sogni fallaci, faremmo
menzione di un verso tratto dalla descrizione delle due porte del sogno, se qualcuno per caso
ha voglia di chiedersi perché dalla porta d’avorio escano i sogni fallaci e da quella di corno
i sogni veri, potrà consultare Porfirio, che nei suoi Commentari fa queste osservazioni sullo
stesso passo di Omero relativo a questa stessa divisione: «ogni verità […] è nascosta. Essa
è tuttavia intravista dall’anima quando è momentaneamente libera dai suoi doveri verso il
corpo durante il sonno; qualche volta l’anima vi tende lo sguardo, e tuttavia non riesce a
vedere, e, quando vi riesce, non lo vede alla luce libera e diretta ma attraverso il velo che il
vincolo della natura fumosa distende». Questo velo, che durante il sonno fa penetrare lo
sguardo dell’anima fin dentro la verità, si pensa sia di corno, perché, se il corno è sottile, lo
sguardo può passare attraverso di esso; il velo che, invece, indebolisce e respinge lo sguardo
dalla verità si crede sia d’avorio poiché questo è di natura talmente opaco che, per quanto lo
si assottigli, non può essere penetrato a nessun sguardo che voglia vedere oltre10.
La porta rappresenta l’ingresso nella sfera onirica, e può condurre a due tipi
diversi di conoscenza, entrambi caratterizzati da una differente unità architetto-
nica. Questa interpretazione ha avuto largo seguito, e ancora nel Rinascimento
costituisce un tema fondamentale. Enea Silvio Piccolomini ne fa menzione nel
suo Dialogo su un sogno: «In realtà i poeti hanno immaginato due porte dei sogni,
una di corno, dalla quale escono facilmente i sogni veri, e l’altra di avorio, attra-
verso la quale le divinità infere inviano a chi vive sulla terra cose false». Anche nel
Somnium de Fortuna, il muro di cinta della dimora della dea fortuna è caratteriz-
zato dalla presenza delle due porte, l’una appunto di corno e l’altra di avorio. In
maniera non dissimile, Lorenzo dei Medici fa ricorso a tale topos nel commento al
sonetto XX, O sonno placidissimo, ormai vieni, evidenziando il forte nesso instau-
ratosi tra il sogno e la conoscenza: «O sia eterno il nostro sonno, e questi sonni
lieti, / lasso! Non passin per l’eburnea porta». E ancora il secolo XIX utilizzerà
la reminiscenza delle porte del sogno nella letteratura fantastica a sfondo oniri-
co. Théophile Gautier, nell’Arria Marcella, racconto di un sogno pompeiano,
accenna a questa tradizione quando definisce il cubiculum come un luogo dove
«flottèrent tant de rêves venus de la porte d’ivoire», e sottintende la fallacità del
sogno del protagonista11. Sempre in una narrazione a sfondo fortemente onirico,
Aurélie, Nerval definisce il sogno come una seconda vita e riprende la definizione
E.L. Highbarger, The Gates of Dreams, An archeological examination of Vergil, Aeneid VI,
9
topica delle porte del sogno: «Le rêve est une seconde vie. Je n’ai pu percer sans
frémir ces portes d’ivoire ou de corne qui nous séparent du monde invisibile»12.
Il sogno, appannaggio dei poeti, si serve pertanto dell’architettura, e soprattutto
dell’ekphrasis della porta, per manifestare la sua appartenenza a un genere lettera-
rio specifico, quello del viaggio iniziatico a carattere meramente onirico.
12
G. de Nerval, Aurélie, Gallimard, Paris, 2005, p. 123.
13
C. Muscetta, Boccaccio, Roma-Bari, Laterza, 1992.
14
G. Boccaccio, Amorosa visione, in Tutte le opere, a cura di V. Branca, Milano, Mondadori,
1974, A, 2.44.
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fisiche, che quelle morali. La porta grande rappresenta la soglia della falsità e della
fallacia, come era il caso della porta d’avorio. È la Guida a porre l’accento sulle
componenti materiali delle due porte, che, attraverso i loro elementi specifici,
sottintendono delle caratteristiche spirituali:
Parte vedere quel ben che tu cercavi qui dipinto,/ ché son cose fallaci e fuor di vere?/ È
mi par pur che tal vista sospinto/ t’abbia in falsa oppinion la mente, ed ogni altro dovuto
ne sia stinto» (A, 3, 15).
Accanto alla fonte classica, è qui appurata la presenza dell’interpretazione bi-
blica, all’antica tradizione materialistica, dove la verità e la menzogna erano rap-
presentati dal corno e dall’avorio, si sostituisce quella a sfondo più spirituale della
porta che conduce al bene oppure al male15: «Entrate per la porta stretta, poiché
larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e molti sono quelli
che entrano per essa» (Matteo, 7, 13).
Le ispirazioni di questo poema dottrinale sono del resto molteplici. L’Ali-
ghieri, considerato come il rifondatore del genere16, occupa un posto di riguardo
nell’analisi e nella comprensione delle funzioni letterarie della porta. Nel poema
dantesco, queste rappresentano un elemento chiave, topos della visione onirica.
Dante, difatti, ne fa un largo impiego, come mostra il suo ingresso nell’Inferno,
coronato da una porta caratterizzata anch’essa dalla celebre frase: «Lasciate ogne
speranza, voi ch’intrate. /Queste parole di colore oscuro/ vid’ïo scritte al sommo
di una porta» (Inf., III, 9-11). E ancor più significativa appare la porta del Purga-
torio, presente al decimo canto, dove Dante, riferendosi al visibile parlare, sembra
riprendere il concetto dell’enargeia: «poi fummo dentro al soglio de la porta/ che
‘l mal amor de l’anime disusa,/ perché fa parer dritta la via torta» (Pur., X, 1-3).
Nel poema dottrinale del Boccaccio, la porta sembra assumere due funzioni
che, benché differenti, si manifestano nella loro complementarità. Da un lato è la
chiave dell’ingresso in un mondo altro, allegoria del passaggio che – attraverso la
rappresentazione architettonica – segnerà la scoperta della conoscenza spirituale
del narratore. D’altro lato, fungendo come topos, luogo comune che implica la
figura retorica dell’imitatio, vale a dire l’utilizzo dei modelli, la porta si presta a un
discorso intertesuale, che stimola un forte dialogismo narrativo.
15
Cfr. M. Girard, Les symboles dans la Bible, Essai de théologie biblique enracinée dans l’ex-
périence universelle, Montréal-Paris, Bellarmin-Cerf, 1992; vedere anche M. Mancia, Breve storia
del sogno, Venezia, Marsilio, 1998, p. 51: «Nel Medio Evo il sogno non è più vero o falso nel
senso che Virgilio dà a questo termine, ma è divino o diabolico a seconda che sia inviato da Dio o
dal Diavolo e in questo ultimo caso è fallace, immondo e ingannatore»; S.F. Kruger, Il sogno nel
Medioevo, trad. it., Milano, Vita e pensiero, 1996.
16
D.S. Cervigni, Dante’s Poetry of Dreams, Firenze, Olschki, 1986.
L’ekphrasis della porta 183
17
A. Poliziano, Stanze, in Poesie italiane, a cura di S. Orlando, Milano, Rizzoli, 1988, I, pp.
93-97.
18
Vedere a proposito della pratica descrittiva impiegata dal Poliziano P. Galand-Hallyn,
L’enargia chez Politien, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», IL, 1987, pp. 25-53.
184 Paulina Spiechowicz
19
Cfr. L. Secchi Tarugi, Poliziano nel suo tempo, “Atti del VI Convegno Internazionale”
(Cianciano-Montepulciano, 18-21 luglio 1994), Firenze, F. Cesati, 1996; V. Branca, Poliziano e
l’umanesimo della parola, Torino, Einaudi, 1983.
20
C. Claudiano, Epitalamio nelle nozze d’Onorio Augusto e di Maria.
21
Cfr. V. Fera-M. Martelli, Agnolo Poliziano, Poeta scrittore filologo, “Atti del Convegno
Internazionale di Studi” (Montepulciano, 3-6 novembre 1994), Firenze, Le Lettere, 1998.
22
Cfr. A. Asor Rosa, «Stanze» di Angelo Poliziano, in Letteratura Italiana, Le Opere, vol. I,
Torino, Einaudi, 1992.
L’ekphrasis della porta 185
semantica sia nei confronti dei modelli letterari ai quali il poema s’inspira, che in
rapporto alle nuove teorie architettoniche dell’Umanesimo fiorentino23.
23
M. Martelli, Angelo Poliziano, Storia e metastoria, Lecce, Contenitore, 1995, p. 129.
24
S. Resnik, Pensiero visivo, rito e pensiero onirico, in I linguaggi del sogno, a cura di V. Branca-C.
Ossola-S. Resnik, “XXIV Corso internazionale d’alta cultura” (Venezia, 28 agosto-18 settembre
1982), promosso dalla Fondazione Giorgio Cini, Firenze, Sansoni, 1984.
25
Cfr F. Choay, Le règle et le modèle. Sur la théorie de l’architetcure et de l’urbanisme, Paris,
Seuil, 1980.
26
Cfr. K. Kuwakino, L’architetto sapiente, Giardino, teatro, città come schemi mnemonici tra il
XVI e il XVII secolo, Firenze, Olschki, 2011.
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puamente che nella nostra aetate gli vernacoli, proprii, et patrii vocabuli, et di l’arte aedi-
ficatoria peculiari, sono cum gli veri homini, sepulti, et extincti. […] Dinanti ad questa
egregia porta (primo questo dire censendo) in subdivale relicto era una platea Tetragona
passi per il suo diametro trenta. Cum spectabile silicato di quadrature marmoree, distin-
cte uno pede, intersito, di tessellatura in varii intricamenti et colligatura et coloramenti.
In molte parte per la ruina di petre disrupto et arbusculato27.
Come è stato sottolineato a più riprese28, Colonna si sofferma prima sulla
struttura della porta, evidenziandone la planimetria, e solamente in seguito sono
27
F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, a cura di M. Ariani-M. Gabriele, Milano, Adelphi,
1998, pp. 44-45.
28
Cfr. M.T. Casella-G. Pozzi, Francesco Colonna, biografia ed opere, «Medioevo ed umane-
simo», 1959, 1-2; G. Polizzi, Emblématique et géométrie dans Le Songe de Poliphile, doctorat de
l’Université de Provence, Janvier 1987; F. Martine, L’orthographie de la porta triumphante dans
l’Hypnerotomachia Poliphili de Francesco Colonna: un manifeste d’architecture moderne, «Mélanges
de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée», CVI, 1994, 2, pp. 473-516.
L’ekphrasis della porta 187
ne. Il sogno si manifesta come uno spazio teatrale, luogo enigmatico speculare e
duplice del reale29. La soglia, comunemente descritta al fine di produrre l’effetto
teatrale necessario per la segnalazione del cambiamento e del passaggio da una
dimensione a un’altra, determina un momento emblematico nei testi presi in
esame, poiché funziona da specchio alla narrazione.
Topos letterario estremamente fecondo, la porta stimola una lettura pluridi-
mensionale, sia allegorica, che dialogica, intesa in quanto luogo topico dove si
concentrano contemporaneamente i significati dell’opera, e i modelli a cui essa
s’inspira. La porta incarna pertanto un nucleo narrativo attorno al quale gravi-
tano innumerevoli possibilità interpretative, e rappresenta un elemento chiave
nello sviluppo del genere del viaggio iniziatico sin dall’antichità, luogo comune
della visione onirica gnostico-amorosa.
29
Cfr. G. Almarsi-C. Béguin, Teatro del sonno, Antologia dei sogni letterari, Roma, Garzanti,
1988.