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«Roma moderna e contemporanea», XXII, 2014, 2, pp.

177-188 ©2015 Università Roma Tre-CROMA

L’ekphrasis della porta


Il sogno, il viaggio e il regno di Venere
Paulina Spiechowicz
Ecole Pratique des Hautes Etudes, Paris

Abstract: The door has simulated an important descriptive tradition in Italian literature. This inter-
est came from Greek and Latin literature. Homer and Virgil have described the gate of dreams,
and Ovid shows those of the sun. The ekphrasis, considered as a literary description of a work of
art, assumed during the centuries the role of a topos, connected mostly to visions, dreams or to the
passage of the protagonist into another dimension. In order to analyse the ekphrasis of the door in
the narrative, I decided to focus this paper on three books that follow the same narrative tradition
connected to the theme of the dream, L’amorosa Visione of Giovanni Boccaccio, The Stanze of
Angelo Poliziano and the Hypnerotomachia Polifili of Francesco Colonna. The aim of this paper is
to show the strict correlation that exist between the representation of the door, and the entry into
another space, usually represented by the kingdom of Venus.
Keywords: Ekphrasis; History of modern Architecture; Urban History; Triumphal arches; Boccac-
cio, Poliziano, Hypnerotomachia Polifili; Francesco Colonna; Renaissance Dream.

La porta ha da sempre rappresentato un elemento architettonico ambivalente.


Se, da un lato, il suo carattere funzionale le attribuisce una dimensione pratica, d’al-
tra parte le si conferisce comunemente una forte valenza simbolica, se non poetica1.
La porta si presta, infatti, a diversi piani di lettura narrativa, evidenziando l’indole
molteplice del manufatto architettonico. Le sue proprietà intrinseche, strettamente
assimilate alla difesa e all’ingresso-uscita da e in un determinato luogo, permettono
una trasposizione, che vede la porta assumere un ruolo strettamente connesso con
il tema del viaggio, e quindi del passaggio da una dimensione a un’altra. La porta si
situa quale elemento in limine, e determina l’inizio dell’itinerario spirituale, amo-
roso e onirico. Bachtin definisce cronotopo come uno dei luoghi fondamentali per
lo sviluppo dell’azione, all’interno dell’economia di un romanzo2. Associato spesso
all’incontro, il cronotopo della porta, cioè la concentrazione spazio-temporale della
narrazione in un luogo che determina lo sviluppo degli avvenimenti successivi,
evidenzia un momento di cambiamento improvviso, di crisi, di decisione gravida
di conseguenze o d’incamminamento gnostico, sia esso personale che collettivo.

1
Vedere G. Monnier, La porte, Instrument et symbole, Editions Alternatives, Paris, 2004; La
porte et le passage. Porches et portails, «Cahiers de Rencontre avec le Patrimoine Religieux», 2010, 28.
2
M. Bachtin, Estetica e romanzo, trad. it. C. Strada Janovic, Torino, Einaudi, 1979.
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Al fine di rilevare le molteplici funzioni della porta nella letteratura, si sono pre-
se in esame tre opere che trattano del viaggio e che fanno della porta un uso emble-
matico, rendendola un topos del genere: l’Amorosa Visione (1341-1342) di Giovanni
Boccaccio, le Stanze (1475-1478) di Agnolo Poliziano e l’Hypnerotomachia Poliphili
(1499) di Francesco Colonna. Nei tre scritti, la porta è utilizzata con intenti espres-
sivi molto simili, trattando argomenti iniziatici che prevedono il raggiungimento
da parte del protagonista di una nuova forma di conoscenza (nel Boccaccio e nel
Colonna mistico-didattico-amorosa, nel Poliziano politico-amorosa). Merita dun-
que notevole attenzione la pratica descrittiva utilizzata dai tre autori, intesa come
ekphrasis architettonica, dove la porta assume un ruolo direzionale nella narrazione.
L’ekphrasis architettonica3, la cui definizione è strettamente legata nella reto-
rica antica a quella di enargeia, trova la sua manifestazione privilegiata attraverso
il tema onirico, a sua volta intrinsecamente correlato con il viaggio iniziatico.
L’itinerario si manifesta in forme visionarie, come sogno dell’autore. Le Porte del
sogno sono solitamente posizionate all’ingresso della dimensione onirica, come
simbolo del passaggio da una condizione di veglia a quella della quiescenza.
Questa tradizione, che attinge all’onirologia antica, sembra perdurare tra il tardo
Medio Evo e il Rinascimento, e ne ritroviamo qualche esempio ancora nel XIX
secolo. Nel Boccaccio, nel Poliziano e nel Colonna la porta implica l’ingresso
in un universo altro, per il tramite del sonno e/o della visione del protagonista,
dove il viaggio prende i connotati di un’epistemologia di volta in volta allegorica,
encomiastica o strettamente simbolico-architettonica.

L’enargeia e le Porte del sonno


Secondo la definizione data da Paul Ricœur, un simbolo vanta la compresenza
di tre dimensioni esistenziali concrete: quella «cosmica», in quanto esso attinge le
sue proprietà dalla realtà circostante; la sfera «onirica», perché ha tendenza a sedi-

La bibliografia sulla descrizione e sull’ekphrasis è molto vasta. Ci limitiamo in questa sede ad


3

accennare solamente ad alcuni titoli: P. Hamon, La description littéraire, Paris, Editions Macula,
1991; Id., Expositions, Littérature et architecture au XIXe siècle, Paris, José Corti, 1989; C. Noille-
Clauzade, La figure de la description dans la théorie rhétorique classique, «Pratiques», juin 2001,
109-110; G. Zanker, Enargeia in the Ancient criticism of poetry, «Rheinisches Museum N.F.»,
CXXIV, 1981, 3-4, pp. 297-311; P. Galand-Hallyn, L’«évidence» descriptive, in Histoire de la
France littéraire, Naissances, Renaissances, volume dirigé par F. Lestringant-M. Zink, Paris, Puf,
2006; S. Dubel, Ekphrasis et enargeia: la decription antique comme parcours, in Dire l’évidence
(Philosophie et rhétorique antique), par C. Lévy-L. Pernot, «Cahiers de philosophie de l’Univer-
sité de Paris XII», Val de Marne, Numéro 2, p. 15-22, Paris-Montréal, L’Harmattan, 1997; D.P.
Fowler, Narrate and describe: the problem of ekphrasis, «The Journal of Roman Studies», LXXXI,
1991; G. Venturi-M. Farnetti, Ecfrasi: modelli ed esempi fra Medioevo e Rinascimento, Roma,
Bulzoni, 2004.
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mentarsi nella memoria sia singola, che collettiva di una determinata comunità; la
dimensione «poetica», avendo bisogno del linguaggio per concretizzarsi4. La descri-
zione letteraria della porta si serve di questi tre livelli interpretativi, e ne evidenzia il
carattere simbolico. Per quanto riguarda il dato cosmico, le componenti architetto-
niche – ornamentali e pratiche –, sono prese direttamente dalla realtà materiale. La
maggior parte delle «porte della fantasia» si servono tuttavia del carattere utopico e
iperbolico dell’architettura, di un’estetica del «superlativo». La qualità onirica della
porta è invece legata alla sua funzione allegorica, connessa al concetto d’itinerario,
tanto amoroso quanto spirituale. Il suo lato poetico, infine, è intrinseco allo statuto
lirico che la porta assume in un testo letterario, di metafora e/o di allegoria.
La porta è inserita all’interno della narrazione tramite il processo retorico della
descrizione. L’ekphrasis, considerata nella sua accezione generale di descrizione di
un’opera d’arte – di pittura, scultura, musica o per l’appunto architettura –, appare
strettamente legata al concetto di enargeia. Quintiliano, nell’Istituzione oratoria,
esplicita tale nozione, inserendola tra gli strumenti atti a ornare un discorso:
Itaque enargeian, cuius in praeceptis narrationis feci mentionem, quia plus est evidentia
vel, ut alii dicunt, repraesentatio quam perspicuitas, et illud patet, hoc se quodam modo
ostendit, inter ornamenta ponamus5.
Si tratta di una pratica che permette la «visualizzazione» del fatto letterario,
dove il lettore si trova a essere spettatore, come in un sogno, della scena descritta.
L’enargeia sembra trovare la sua origine nei poemi d’Omero, il quale la utilizza
riferendosi alle visioni o apparizioni divine6. In seguito il termine è passato a de-
signare, nella retorica, la tecnica descrittiva. Durante il Rinascimento, il genere
che vede unire il sogno alla descrizione letteraria acquista maggiore spessore, in
quanto la visione rappresenta un luogo privilegiato per mettere alla prova le capa-
cità stilistiche dell’autore7. Del resto, la narrazione di viaggi ultraterreni ha comu-
nemente dato luogo ad ampie descrizioni, non fosse per la necessità di attribuire
dei lineamenti scenici – d’ambientazione e coordinazione spaziale – al racconto.
Nella trattatistica onirologica, le porte del sonno rappresentano un oggetto
comune dell’ekphrasis. Descritte da Omero nell’Odissea8 e poi riprese da Virgilio

4
Cfr. P. Ricœur, Finitude et culpabilité, Paris, Seuil, 2009; vedere anche G. Durant,
L’imagination symbolique, Paris, José Corti, 1961.
5
Quintiliano, Ins. Or., VIII, 3, LVI.
6
Cfr. P. Galand-Hallyn, Le reflet des fleurs, Description et métalangage poétique d’Homère à la
Renaissance, Genève, Droz, 1994.
7
P. Galand-Hallyn, Le songe et la rhétorique de l’«enargeia», in Le Songe à la Renaissance,
Association Réforme-Humanisme-Renaissance, dans “Actes du colloque international de Cannes”
(29-31 mai 1987), Université de Saint-Étienne, 1989, pp. 125-135.
8
Omero, Odissea, XIX, vv. 535-567.
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nell’Eneide9, le porte del sonno sono due, l’una d’avorio e l’altra di corno. Lo
stesso Macrobio, nei suoi celebri Commentarii in Somnium Scipionis, ne parla:
Detto questo, poiché sopra, citando la testimonianza di Virgilio sui sogni fallaci, faremmo
menzione di un verso tratto dalla descrizione delle due porte del sogno, se qualcuno per caso
ha voglia di chiedersi perché dalla porta d’avorio escano i sogni fallaci e da quella di corno
i sogni veri, potrà consultare Porfirio, che nei suoi Commentari fa queste osservazioni sullo
stesso passo di Omero relativo a questa stessa divisione: «ogni verità […] è nascosta. Essa
è tuttavia intravista dall’anima quando è momentaneamente libera dai suoi doveri verso il
corpo durante il sonno; qualche volta l’anima vi tende lo sguardo, e tuttavia non riesce a
vedere, e, quando vi riesce, non lo vede alla luce libera e diretta ma attraverso il velo che il
vincolo della natura fumosa distende». Questo velo, che durante il sonno fa penetrare lo
sguardo dell’anima fin dentro la verità, si pensa sia di corno, perché, se il corno è sottile, lo
sguardo può passare attraverso di esso; il velo che, invece, indebolisce e respinge lo sguardo
dalla verità si crede sia d’avorio poiché questo è di natura talmente opaco che, per quanto lo
si assottigli, non può essere penetrato a nessun sguardo che voglia vedere oltre10.
La porta rappresenta l’ingresso nella sfera onirica, e può condurre a due tipi
diversi di conoscenza, entrambi caratterizzati da una differente unità architetto-
nica. Questa interpretazione ha avuto largo seguito, e ancora nel Rinascimento
costituisce un tema fondamentale. Enea Silvio Piccolomini ne fa menzione nel
suo Dialogo su un sogno: «In realtà i poeti hanno immaginato due porte dei sogni,
una di corno, dalla quale escono facilmente i sogni veri, e l’altra di avorio, attra-
verso la quale le divinità infere inviano a chi vive sulla terra cose false». Anche nel
Somnium de Fortuna, il muro di cinta della dimora della dea fortuna è caratteriz-
zato dalla presenza delle due porte, l’una appunto di corno e l’altra di avorio. In
maniera non dissimile, Lorenzo dei Medici fa ricorso a tale topos nel commento al
sonetto XX, O sonno placidissimo, ormai vieni, evidenziando il forte nesso instau-
ratosi tra il sogno e la conoscenza: «O sia eterno il nostro sonno, e questi sonni
lieti, / lasso! Non passin per l’eburnea porta». E ancora il secolo XIX utilizzerà
la reminiscenza delle porte del sogno nella letteratura fantastica a sfondo oniri-
co. Théophile Gautier, nell’Arria Marcella, racconto di un sogno pompeiano,
accenna a questa tradizione quando definisce il cubiculum come un luogo dove
«flottèrent tant de rêves venus de la porte d’ivoire», e sottintende la fallacità del
sogno del protagonista11. Sempre in una narrazione a sfondo fortemente onirico,
Aurélie, Nerval definisce il sogno come una seconda vita e riprende la definizione

E.L. Highbarger, The Gates of Dreams, An archeological examination of Vergil, Aeneid VI,
9

893-899, Baltimore, The Johns Hopkins Press, 1940.


10
Macrobio, Commento al Somnium Scipionis, Pisa, Giardini, 1983, vol. I, p. 53.
11
T. Gautier, Arria Marcella, souvenir de Pompéi, in Les mortes amoureuses, Gallimard, Paris,
1996, p. 83.
L’ekphrasis della porta 181

topica delle porte del sogno: «Le rêve est une seconde vie. Je n’ai pu percer sans
frémir ces portes d’ivoire ou de corne qui nous séparent du monde invisibile»12.
Il sogno, appannaggio dei poeti, si serve pertanto dell’architettura, e soprattutto
dell’ekphrasis della porta, per manifestare la sua appartenenza a un genere lettera-
rio specifico, quello del viaggio iniziatico a carattere meramente onirico.

Boccaccio e l’architettura come allegoria intertestuale.


Nell’Amorosa visione13 di Giovanni Boccaccio, al sonno del protagonista si ac-
compagna l’incontro con la Guida, grazie alla quale egli è condotto in un «nobile
castello». Qui, si presentano davanti a lui due porte, l’una piccola e povera, l’altra
grande e ricca:
Non fummo guari andati che la pia donna mi disse:
Vedi qui la porta che la tua alma cotanto disia/ Nel suo parlar mi volsi, e poi che scorta
l’ebbi, la vidi piccioletta assai, istretta ed alta, in nulla parte torta./ A man sinistra allora
mi voltai volendo dir: «Chi ci potrà salire o passar dentro, ché par che giammai/ gente
non ci salisse?» e nel mio dire vidi una porta grande aperta stare, e festa dentro mi vi parve
udire./ E dissi allor: «Di qua fia meglio andare, al mio parere, e credo troveremo quel che
cerchiam, ché già udir mel pare»./ Non è così rispuose, ma andremo su per la scala che tu
vedi stretta e ‘n su la sommità ci poseremo14.
Trovatosi innanzi a questo bivio, il narratore opterà dapprima per la porta
grande, colei che mena alla vita terrena, alla ricchezza, alla fama e che prende la
direzione sinistra:
Pon l’intelletto alla scritta ch’è posta sopra l’alto arco della porta, e vedi come ‘l suo dar
val poco e molto costa. Ed io allora a riguardar mi diedi la scritta in alto che pareva d’oro,
tenendo ancora in là voltati i piedi. Ricchezze, dignità, ogni tesoro, gloria mondana copio-
samente do a color che passan nel mio coro. Lieti li fo nel mondo, e similmente do quella
gioia che Amor promette a’ cor che senton suo dardo pugnente (A, 3.10).
Dopo aver percorso numerose sale, descritte con le storie d’uomini illustri ed
evocando i trionfi delle virtù, Boccaccio imboccherà la porta piccola, così defini-
ta: «Alzai allora il viso, e vedi/ « questa piccola porta mena a via di vita/ posto che
paia nel salir molesta,/ riposo etterno dà cotal salita;/ dunque salite su senza esser
lenti/ l’animo vinca la carne impigrita» (A, 2.63).
La descrizione della porta evidenzia l’«allegorismo onirico» del poema, e rap-
presenta un elemento significativo dell’ekphrasis architettonica: la sua figurazione
sottintende lo svolgimento narrativo e rivela le caratteristiche del luogo, sia quelle

12
G. de Nerval, Aurélie, Gallimard, Paris, 2005, p. 123.
13
C. Muscetta, Boccaccio, Roma-Bari, Laterza, 1992.
14
G. Boccaccio, Amorosa visione, in Tutte le opere, a cura di V. Branca, Milano, Mondadori,
1974, A, 2.44.
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fisiche, che quelle morali. La porta grande rappresenta la soglia della falsità e della
fallacia, come era il caso della porta d’avorio. È la Guida a porre l’accento sulle
componenti materiali delle due porte, che, attraverso i loro elementi specifici,
sottintendono delle caratteristiche spirituali:
Parte vedere quel ben che tu cercavi qui dipinto,/ ché son cose fallaci e fuor di vere?/ È
mi par pur che tal vista sospinto/ t’abbia in falsa oppinion la mente, ed ogni altro dovuto
ne sia stinto» (A, 3, 15).
Accanto alla fonte classica, è qui appurata la presenza dell’interpretazione bi-
blica, all’antica tradizione materialistica, dove la verità e la menzogna erano rap-
presentati dal corno e dall’avorio, si sostituisce quella a sfondo più spirituale della
porta che conduce al bene oppure al male15: «Entrate per la porta stretta, poiché
larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e molti sono quelli
che entrano per essa» (Matteo, 7, 13).
Le ispirazioni di questo poema dottrinale sono del resto molteplici. L’Ali-
ghieri, considerato come il rifondatore del genere16, occupa un posto di riguardo
nell’analisi e nella comprensione delle funzioni letterarie della porta. Nel poema
dantesco, queste rappresentano un elemento chiave, topos della visione onirica.
Dante, difatti, ne fa un largo impiego, come mostra il suo ingresso nell’Inferno,
coronato da una porta caratterizzata anch’essa dalla celebre frase: «Lasciate ogne
speranza, voi ch’intrate. /Queste parole di colore oscuro/ vid’ïo scritte al sommo
di una porta» (Inf., III, 9-11). E ancor più significativa appare la porta del Purga-
torio, presente al decimo canto, dove Dante, riferendosi al visibile parlare, sembra
riprendere il concetto dell’enargeia: «poi fummo dentro al soglio de la porta/ che
‘l mal amor de l’anime disusa,/ perché fa parer dritta la via torta» (Pur., X, 1-3).
Nel poema dottrinale del Boccaccio, la porta sembra assumere due funzioni
che, benché differenti, si manifestano nella loro complementarità. Da un lato è la
chiave dell’ingresso in un mondo altro, allegoria del passaggio che – attraverso la
rappresentazione architettonica – segnerà la scoperta della conoscenza spirituale
del narratore. D’altro lato, fungendo come topos, luogo comune che implica la
figura retorica dell’imitatio, vale a dire l’utilizzo dei modelli, la porta si presta a un
discorso intertesuale, che stimola un forte dialogismo narrativo.

15
Cfr. M. Girard, Les symboles dans la Bible, Essai de théologie biblique enracinée dans l’ex-
périence universelle, Montréal-Paris, Bellarmin-Cerf, 1992; vedere anche M. Mancia, Breve storia
del sogno, Venezia, Marsilio, 1998, p. 51: «Nel Medio Evo il sogno non è più vero o falso nel
senso che Virgilio dà a questo termine, ma è divino o diabolico a seconda che sia inviato da Dio o
dal Diavolo e in questo ultimo caso è fallace, immondo e ingannatore»; S.F. Kruger, Il sogno nel
Medioevo, trad. it., Milano, Vita e pensiero, 1996.
16
D.S. Cervigni, Dante’s Poetry of Dreams, Firenze, Olschki, 1986.
L’ekphrasis della porta 183

Poliziano: l’architettura e l’encomio


Nelle Stanze del Poliziano, la rappresentazione della porta detiene una duplice
valenza. Essa rappresenta la spia del viaggio iniziatico, che si sviluppa nei dintorni
della scoperta della sfera amorosa e civile. Inoltre, tramite la descrizione del Re-
gno di Venere, tale quale appare intagliata sulla soglia, la porta mette in scena una
mise en abyme del poema stesso. In questo poemetto, non è quindi la dialettica
«regno di Dio vs regno terreno» a essere rappresentata, ma l’ingresso del giovane
protagonista nella dimensione dell’amore platonico, tramite la descrizione del
regno di Venere, reggia caratterizzata dalla presenza cospicua d’oro e di gemme e
costruita dai Ciclopi:
Muove dal colle, mansueta e dolce,
la schiena del bel monte, e sovra i crini
d’oro e di gemme un gran palazo folce,
[…] Reggia davanti all’uscio una gran pianta,
che fronde ha di smeraldo e pomi d’oro […]
La regia casa il sereno air fende
fiammegginate di gemme e di fino oro,
che chiaro giorno a meza notte accede;
ma vinta è la materia dal lavoro.
Sovra a colonne adamantine pende
un palco di smeraldo, in cui già fuoro
aneli e stanchi, dreno a Mongibello,
Sterpe e Bronte et ogni lor martello.
Le mura a torno d’artificio miro
forma un soave e lucido berillo;
passa pel dolce orïental zaffiro
nell’ampio albergo el dì puro e tranquillo;
ma il tetto d’oro, in cui l’estremo giro
si chiude, contro a Febo apre il vessillo
per varie pietre il pavimento ameno
di mirabil pittura adorna il seno17.
La descrizione architettonica18 ha un valore intertestuale, sia in relazione alla
cultura letteraria personale del Poliziano (si veda, sempre in relazione a Dante, le
vetrate di zaffiro orientale, così come già l’Alighieri recitava nel canto primo del
Purgatorio la ben nota strofa: «Dolce color d’orïental zaffiro», o ancora il riferi-
mento al De amore di Cappellano, anch’esso modello poetico del poema, dove
sono rappresentate quattro facciate munite di quattro splendide porte, orientate

17
A. Poliziano, Stanze, in Poesie italiane, a cura di S. Orlando, Milano, Rizzoli, 1988, I, pp.
93-97.
18
Vedere a proposito della pratica descrittiva impiegata dal Poliziano P. Galand-Hallyn,
L’enargia chez Politien, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», IL, 1987, pp. 25-53.
184 Paulina Spiechowicz

verso i quattro punti cardinali, a simboleggiare i rispettivi stati d’animo delle


donne nei confronti dell’amore), che in rapporto alla cultura architettonica della
corte medicea19. La ricorrenza di materiali quali l’oro, le gemme e lo smeraldo,
oltre a rappresentare simboli del potere signorile (come le mura di berillo, pietra
già presente nel passo di Claudiano da cui buona parte dell’ekphrasis è ispirata20,
e cara allo stesso Lorenzo il Magnifico)21, sono elementi ricorrenti di tutta la poe-
tica descrittiva rinascimentale. Situata all’ingresso della dimora della dea, la porta
del Poliziano occupa innumerevoli versi in cui l’autore descrive i battenti scolpiti
con bassi rilievi, che narrano alcune storie prese a prestito dalla Teogonia di Esio-
do: «Mille e mille color formon le porte,/ di gemme e di sì vivi intagli chiare,/
che tutte altre opre sarian roze e morte,/ da far di sé natura vergognare» (I, 97).
Le Stanze, com’è ben noto, furono scritte in occasione della giostra bandita a
Firenze da Lorenzo il Magnifico, il 29 gennaio 1475 nella piazza di Santa Cro-
ce. Queste erano state dedicate a Giuliano, fratello minore di Lorenzo, il quale
faceva il suo ingresso ufficiale nella vita politica fiorentina. Per il Poliziano non
si trattava solamente di redigere il resoconto della giostra22. Accanto alla sfera
cortigiana, infatti, si situa anche quella amorosa, che tenta di dare al poema uno
statuto filosofico-religioso d’ispirazione ficiniana, e che terminerà con il sogno
della morte di Simonetta Cattaneo. La dimensione amorosa, strettamente legata
a quella politica, è interamente elaborata dal Poliziano nell’ampia digressione
dedicata alla descrizione del palazzo di Venere, dove si decide la partecipazione di
Giuliano alla giostra. L’impegno civile trova quindi un forte alleato nell’allegoria
politico-amorosa messa in scena dal Poliziano, tramite la descrizione della porta
del regno di Venere (tra i quali bassorilievi sono presenti quelli che narrano la
nascita della dea, celebri in ambito fiorentino, come già dimostrato dagli storici
dell’arte, in quanto ispiratori del Botticelli).
La realtà fiorentina dei Medici è così dipinta dal Poliziano sotto i tratti del-
l’«allegoresi mimetica»: si tratta di una rappresentazione encomiastica, dove la
descrizione architettonica sembra rinviare alla civiltà e alla cultura di corte. Le
porte e il regno di Venere sono raffigurate seguendo i canoni politici e culturali
signorili, simboli del potere del principe, mantenendo una coerenza dottrinaria e

19
Cfr. L. Secchi Tarugi, Poliziano nel suo tempo, “Atti del VI Convegno Internazionale”
(Cianciano-Montepulciano, 18-21 luglio 1994), Firenze, F. Cesati, 1996; V. Branca, Poliziano e
l’umanesimo della parola, Torino, Einaudi, 1983.
20
C. Claudiano, Epitalamio nelle nozze d’Onorio Augusto e di Maria.
21
Cfr. V. Fera-M. Martelli, Agnolo Poliziano, Poeta scrittore filologo, “Atti del Convegno
Internazionale di Studi” (Montepulciano, 3-6 novembre 1994), Firenze, Le Lettere, 1998.
22
Cfr. A. Asor Rosa, «Stanze» di Angelo Poliziano, in Letteratura Italiana, Le Opere, vol. I,
Torino, Einaudi, 1992.
L’ekphrasis della porta 185

semantica sia nei confronti dei modelli letterari ai quali il poema s’inspira, che in
rapporto alle nuove teorie architettoniche dell’Umanesimo fiorentino23.

Francesco Colonna: l’architettura come disciplina umanistica


A differenza del Boccaccio, il quale, sebbene conoscesse Vitruvio, non ne applica i
principi nell’Amorosa visione, e diversamente dal Poliziano, amatore dell’architettura,
come dimostra anche la prefazione al trattato albertiano, ma che sceglie l’emulazio-
ne intertestuale e la simbologia del potere nella rappresentazione dell’architettura,
Francesco Colonna testimonia un gusto e un interesse marcatamente architettonico.
Nell’Hypnerotomachia Poliphili, l’ampio spazio riservato alla descrizione architettoni-
ca svela la forte dimensione simbolica dell’ekphrasis. L’architettura non imita la realtà,
poiché la descrizione letteraria si vuole utopica e sviluppa la retorica del superlativo,
attribuendo al testo una dimensione onirica. L’edificazione manifesta in tal modo i
caratteri propri del sogno, caratterizzata da una compressione spazio-temporale e da
un’implosione della materia24. Il libro del Colonna rappresenta une delle testimonian-
ze più forti di quel processo di intellettualizzazione e di dialogo iniziatico25 a cui l’ar-
chitettura era stata sottoposta durante il Rinascimento, specialmente ad opera dell’Al-
berti. Rientrando nella sfera letteraria e prettamente onirica, i monumenti descritti
nel Polifilo svelano la tendenza del XVI secolo alla costruzione mentale della pratica
architettonica – ancora prima della sua edificazione materiale –, accompagnata dalla
formazione dell’idea di uno spazio immaginato, utopico e visionario.
Nel primo capitolo il protagonista percorre una selva, paesaggio all’epoca ri-
corrente (come dimostra la selva oscura dantesca e le Sylvae del Poliziano)26, che
connota generalmente la fase iniziale, della vita dell’uomo. Nella selva, Polifilo si
addormenta, e appena la torpidità s’impossessa dei suoi arti e dei suoi muscoli,
prende avvio il sogno, tema principale del libro, caratterizzato da una successione
quasi ininterrotta di visioni architettoniche, la prima delle quali si distingue per
la presenza di una porta (fig. 1):
Mirai sopra tutto una bellissima porta tanto stupenda, et d’incredibile artificio, et di qua-
lunque liniamento elegante, quanto mai fabrefare et depolire se potria. Che sencia fallo
non sento tanto in me di sapere, che perfectamente la potesse et assai discrivere. Praeci-

23
M. Martelli, Angelo Poliziano, Storia e metastoria, Lecce, Contenitore, 1995, p. 129.
24
S. Resnik, Pensiero visivo, rito e pensiero onirico, in I linguaggi del sogno, a cura di V. Branca-C.
Ossola-S. Resnik, “XXIV Corso internazionale d’alta cultura” (Venezia, 28 agosto-18 settembre
1982), promosso dalla Fondazione Giorgio Cini, Firenze, Sansoni, 1984.
25
Cfr F. Choay, Le règle et le modèle. Sur la théorie de l’architetcure et de l’urbanisme, Paris,
Seuil, 1980.
26
Cfr. K. Kuwakino, L’architetto sapiente, Giardino, teatro, città come schemi mnemonici tra il
XVI e il XVII secolo, Firenze, Olschki, 2011.
186 Paulina Spiechowicz

Fig. 1 - Francesco Colonna (attr.), Porta


Magna, Hypnerotomachia Polifili, Library
of Congress, Rare Book and Special Coll.
Div., p. 55.

puamente che nella nostra aetate gli vernacoli, proprii, et patrii vocabuli, et di l’arte aedi-
ficatoria peculiari, sono cum gli veri homini, sepulti, et extincti. […] Dinanti ad questa
egregia porta (primo questo dire censendo) in subdivale relicto era una platea Tetragona
passi per il suo diametro trenta. Cum spectabile silicato di quadrature marmoree, distin-
cte uno pede, intersito, di tessellatura in varii intricamenti et colligatura et coloramenti.
In molte parte per la ruina di petre disrupto et arbusculato27.
Come è stato sottolineato a più riprese28, Colonna si sofferma prima sulla
struttura della porta, evidenziandone la planimetria, e solamente in seguito sono

27
F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, a cura di M. Ariani-M. Gabriele, Milano, Adelphi,
1998, pp. 44-45.
28
Cfr. M.T. Casella-G. Pozzi, Francesco Colonna, biografia ed opere, «Medioevo ed umane-
simo», 1959, 1-2; G. Polizzi, Emblématique et géométrie dans Le Songe de Poliphile, doctorat de
l’Université de Provence, Janvier 1987; F. Martine, L’orthographie de la porta triumphante dans
l’Hypnerotomachia Poliphili de Francesco Colonna: un manifeste d’architecture moderne, «Mélanges
de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée», CVI, 1994, 2, pp. 473-516.
L’ekphrasis della porta 187

Fig. 2 - Francesco Colonna(attr.), Piramide


e Porta Magna, Hypnerotomachia Polifili,
Library of Congress, Rare Book and Spe-
cial Coll. Div., p. 26.

rintracciati i dettagli del decoro. La magna porta fa parte di un complesso sistema


architettonico, costituito da un edificio quadrangolare, circoscritto da numero-
se statue e caratterizzato dalla presenza di un obelisco e di un elefante (fig. 2).
L’architettura tracciata dal Colonna s’inserisce in un intento di mimesis dell’im-
maginario, d’imitazione di una realtà potenziale e verosimile, che caratterizza
le architetture della meraviglia proprie delle descrizioni architettoniche del Ri-
nascimento, e che non vuole imitare la realtà quale essa appare – così come già
auspicava Aristotele –, ma la realtà così come essa potrebbe essere.

La retorica della porta: lo sviluppo di un topos letterario


Gli esempi analizzati, sottolineano il forte legame che la porta ha instaurato
con la letteratura, soprattutto nel genere onirico. La porta rappresenta una imago
agentes nel testo narrativo, un elemento che serve a stimolare il processo inter-
pretativo nel lettore e che segnala la concentrazione di senso in un determinato
luogo del testo. La sua presenza è indice di una lettura simbolica della descrizio-
188 Paulina Spiechowicz

ne. Il sogno si manifesta come uno spazio teatrale, luogo enigmatico speculare e
duplice del reale29. La soglia, comunemente descritta al fine di produrre l’effetto
teatrale necessario per la segnalazione del cambiamento e del passaggio da una
dimensione a un’altra, determina un momento emblematico nei testi presi in
esame, poiché funziona da specchio alla narrazione.
Topos letterario estremamente fecondo, la porta stimola una lettura pluridi-
mensionale, sia allegorica, che dialogica, intesa in quanto luogo topico dove si
concentrano contemporaneamente i significati dell’opera, e i modelli a cui essa
s’inspira. La porta incarna pertanto un nucleo narrativo attorno al quale gravi-
tano innumerevoli possibilità interpretative, e rappresenta un elemento chiave
nello sviluppo del genere del viaggio iniziatico sin dall’antichità, luogo comune
della visione onirica gnostico-amorosa.

29
Cfr. G. Almarsi-C. Béguin, Teatro del sonno, Antologia dei sogni letterari, Roma, Garzanti,
1988.

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