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GIULIANO DE'MEDICI
Letteratura Italiana
Università degli Studi di Salerno
43 pag.
Questa prima ottava ci dice che il tema che il tema della trattazione
saranno la gesta d’armi, fatte da grandi personaggi che l’autore decide di
narrare per immortalarli. Le stanze due e tre sono invocazione all’amore:
Sostieni tu il peso che grava su di me, reggi la mano, tu che sei l’inizio e
la fine dell’alta impresa, tua sarà se io già non prego invano tu mi
aiuterai in questa impresa e tuo sarà l’onore di questa impresa stessa;
dici, signore, con quali lacci hai acciuffato la mente di Giuliano de’Medici
il più giovane della etrusca Leda con quali reti furono tessute per
accapararsi una preda così grande.
Ma tu, ben nato Laur (è Lorenzo), sotto il cui velo Firenze riposa in età e
in pace, né teme i venti o le minacce dal cielo né l’ira di Giove
nell’aspetto più aggressivo, accogli alla tua ombra (vi è il paragone tra
Lorenzo e l’albero di alloro, paragone petrarchesco), accogli all’ombra del
tuo santo stelo la voce umile, tremante e paurosa; (si riferisce alla voce
dell’autore) tu che sei l’origine e la meta finale di tutti i miei desideri che
mirano ad ottenere la consacrazione poetica.
Accadrà mai che con note più alte (cioè con un’opera particolarmente
impegnativa) se la fortuna non contrasta al mio volare (non contrasta la
mia opera poetica) il mio spirito (spirito che muove l’anima e il corpo), la
mia anima che il destino volle ti fosse devota fin da che ero bambino canti
il tuo nome, dai Numidi a Boote, dagli indi al mare, che il nostro cielo
imbruna, (?) e fatto il nido nel tuo legno felice , da uccello incapace di
cantare diventi io un bianco cigno?
Poliziano qui sta dicendo, io ti sono stato devoto fin dalla culla, il mio
canto è dedicato a te, e gli chiede se sarà mai possibile che per il tema del
trattazione e la dedica a te siano sufficienti a rendermi da “roco augel” a
bianco cigno.
E se quassù (sulla Terra) la fama riporta la verità, che la figlia di Leda (la
figlia di Leda è Elena di Troia, moglie di Menelao, donna rapida da
Paride) che Elena, accese d’amore Achille al punto tale che brucia ancora
d’amore dopo esser morto(I versi alludono qui a una particolare versione
del mito di Elena, secondo la quale Achille avrebbe sposato Elena, perché
acceso di amore) lascia tacere un po' Omero che io faccio squillare tra le
città italiane (Poliziano qui fa riferimento alla traduzione dell’Iliade che
stava svolgendo, si riferisce quindi qui all’interruzione di questo lavoro)
regola tu la cetra per nuovi canti mentre io mi dedico alla celebrazione in
poesia dell’amore di Iulo e le armi.
“Meschino, scuoti dal petto il ceco errore, (qui abbiamo una connotazione
petrarchesca, cioè dell’amore inteso come errore. Questo amore inteso
come errore lo ritroviamo nel “Canzoniere”) che ruba te a te stesso e dona
te stesso ad un altro; non nutrire questo ceco errore che sorge di pigra
lussuria e di ozio. Costui che il popolo errante (?) chiama amore è in una
malattia dolce a chi ha vista più acuta (cioè chi riesce a vedere capisce
Una giovane donna può essere assimilata a uno scoglio appuntito sotto un
bel mare, (quindi a un rischio, un pericolo che si cela sotto qualcosa di
bello) oppure può essere assimilata a un serpentello tra i fiori, che viene
fuori dalla vecchia pelle. Ahi quanto è fra i più miseri dolente chi può
soffrire l’orgoglio della donna! Perché quanto ha il volto più di beltà
pieno, più nel suo animo cela inganni.
Scoglio: in riferimento alla pelle dei serpenti, pelle che cambia sempre.
Proprio con gli occhi di una donna giovane, Amore cattura, che vi toglie a
ogni pensiero maschile; (in riferimento al fatto che l’amore rammollisce
l’uomo) e nel momento in cui si inghiotte alla sua esca, non ci si prende
più cura della sua libertà; ma, come se Amore desse da bere l’acqua del
Lete, tosto vi dimenticate della vostra natura di uomini; e in voi e nella
vostra testa non germoglia più alcun pensiero vilire, al tanto punto amore
Invesca: cattura;
Lete: acqua che fa dimenticare tutto, fiume dell’oblio;
Quanto è più dolce e quanto è più sicuro seguire le belve feroci nella
caccia fra antiche selve fuori dalle mura di città, e il mettersi alla ricerca
del loro covo per lunga traccia! Vedere la valle e il colle …? Le erbe e i
Ora il rozzo mastro delle pecorelle (il pastore) aprire la sbarra alla sua
torma; (lasciare libere le pecore al pascolo) come lui muove l’oro con il
suo bastone è dolce notare come a ciascuna gridi per evitare che scappi
(la pecora). Ora si vede il villano domare il contadino usare il rastrello
per le dure zolle, per maneggiare la marra; ora si vede la contadinella
vestita in maniera umile, stare insieme alle oche e filare sotto una balza.
Non era ancora entrata nel mondi la sete di oro, l’avarizia; le genti liete
vivevano in libertà, e non era neanche necessario coltivare la terra
affinché essa producesse dei frutti. La sorte invidiosa di questa loro quiete
ruppe ogni legge e capovolse i valori e mise la pietà in fondo; (Dopo
questa digressione sulle bellezze della vita campestre e della caccia,
Giuliano ritorna al suo obiettivo quello della lussuria) lussuria entrò nei
petti e gli uomini ancora la confondo con l’amore.”
Un giorno Iulo si trova nelle selve, incontra questo amante desolato, che
gli racconta della sua delusione d’amore e Giuliano replica con
quest’invettiva, però poi viene a sua volta punito da Amore. Amore, sente
le sue parole, e preso dall’ira si ingegna si spingere Iulo a cambiare
opinione nei suoi confronti e quindi durante una battuta di caccia, Cupido
fa apparire dinanzi a Iulo un’acerba. Iulo per inseguirla si allontana dagli
uomini che erano in gara con lui e all’improvviso al posto di un’acerba gli
compare una donna, che si rivelerà poi essere Simonetta Cattaneo. Iulo
torna a casa, e il libro si conclude col volo di cupido verso il regno di
Venere. Qui Venere chiede al figlio della sua impresa e Cupido risponde
però nel secondo libro, dove spiega di aver fatto innamorare la madre uno
dei Medici e Venere stabilisce che Iulo, in onore di Amore, dovrà
combattere un torneo militare e per raggiungere questo scopo, Venere
ispira nel sonno a Iulo una visione, in cui la gloria lo riveste della armi di
Minerva. Al risveglio Iulo, interpreta il sogno, proprio come Venere
voleva che lo interpretasse , cioè capisce che deve partecipare al torneo, e
deve vincerlo a maggiore gloria di Amore.
Cupido, arrabbiato con Iulo, per le parole con le quali lo aveva descritto,
decide di vendicarsi e ordisce un piano. Durante una battuta di caccia fa
apparire dinanzi a Iulo una cerca bellissima, Iulo inizia a inseguirla per
cacciarla, però all’improvviso questa cerva sparisce dalla sua vista, e a suo
posto trova una donna, ossia Simonetta Cattaneo.
Cupido rapido nascosto negli occhi della linfa (qui siamo nel luogo in cui
la cerva e sparita e Iulo si trova davanti a questa donna) adatta al nervo
del suo strale la cocca (cioè adatta la cocca della freccia alla corda del suo
arco) poi tira il nervo (il filo) con quel braccio poderoso tale che unisce
insieme le due estremità dell’arco; la mano sinistra con tiene l’oro
dell’arco, la destra tocca la corda: la freccia non al si vide neanche uscire
con il suo ronzio dall’arco, che già Iulo aveva sentito nel suo cuore
l’arrivo del dardo.
PRIMO LIBRO,
QUARANTUNESIMA STANZA.
PRIMO LIBRO,
QUARANTADUESIMA STANZA.
42
Non s’accorge ch’Amor lì drento è armato
per sol turbar la suo lunga quiete;
non s’accorge a che nodo è già legato,
non conosce suo piaghe ancor segrete;
PRIMO LIBRO,
QUARANTATREESIMA STANZA.
43
Candida è ella, e candida la vesta,
ma pur di rose e fior dipinta e d’erba;
lo inanellato crin dall’aurea testa
scende in la fronte umilmente superba.
Rideli a torno tutta la foresta,
PRIMO LIBRO,
QUARANTAQUATTRESIMA
STANZA.
44
Folgoron gli occhi d’un dolce sereno,
ove sue face tien Cupido ascose;
l’aier d’intorno si fa tutto ameno
ovunque gira le luce amorose.
Di celeste letizia il volto ha pieno,
dolce dipinto di ligustri e rose;
Gli occhi luccicano di un dolce sereno, dove Cupido tiene nascosta la sua
luce; l’aria intorno si fa amena, ovunque girano le luci amorose. Di
celeste letizia resterà il volto pieno, il volto dipinto di ligustri e rose; i
venti persino stanno in silenzio quando lei parla e ogni uccellino canta in
suo latino (cioè nella sua lingua, è un provenzalismo latino).
PRIMO LIBRO,
QUARANTACINQUESIMA
STANZA.
45
PRIMO LIBRO,
QUARANTASEIESIMA STANZA.
46
PRIMO LIBRO,
QUARANTASETTESIMA STANZA.
47
PRIMO LIBRO,
QUARANTOTTESSIMA STANZA.
48
Già s’inviava, per quindi partire,
la ninfa sovra l’erba, lenta lenta,
lasciando il giovinetto in gran martire,
che fuor di lei null’altro omai talenta.
Ma non possendo el miser ciò soffrire,
con qualche priego d’arrestarla tenta;
per che, tutto tremando e tutto ardendo,
così umilmente incominciò dicendo:
PRIMO LIBRO,
QUARANTANOVESIMA STANZA.
49
«O qual che tu ti sia, vergin sovrana,
o ninfa o dea, ma dea m’assembri certo;
se dea, forse se’ tu la mia Diana;
se pur mortal, chi tu sia fammi certo,
ché tua sembianza è fuor di guisa umana;
né so già io qual sia tanto mio merto,
qual dal cel grazia, qual sì amica stella,
ch’io degno sia veder cosa sì bella».
PRIMO LIBRO,
CINQUANTUNESIMA STANZA.
51
Teda: fiaccola annunziale del matrimonio, qui vale come metonimia, per
indicare il vincolo matrimoniale.
PRIMO LIBRO,
CINQUANTADUESIMA STANZA.
52
PRIMO LIBRO,
CINQUANTATREESIMA STANZA.
53