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Neodrammatico digitale
«Mimesis Journal» non è soltan- Le opere drammatiche ci hanno emo-
to il titolo di una rivista, è anche il digitale. Pizzo zionato per secoli con una miriade di
nome di un progetto che riunisce Scena storie e personaggi. Il loro modo spe-
autori di diversi paesi e generazioni multimediale ciale di tessere i racconti, anche al di
interessati all’oggi del teatro e delle e racconto là della verosimiglianza, usando ogni
arti sceniche – ovvero un plesso che intreccio possibile di parole e azioni,
comprende tutto il xx secolo, oltre interattivo ragioni e sentimenti, per indurci a pen-
alle ricerche e alle teoresi più avanza- sare che sempre fossero anche un po’
te del presente – in una prospettiva i nostri, è ancora attuale e si espande
multidisciplinare, interdisciplinare e ben al di fuori dei confini del teatro.
transdisciplinare, dunque non esclu- Perlustrando questi confini, il volume
sivamente storiografica ma piuttosto propone una ricognizione sul tema
fenomenologica. della drammaturgia alla luce dell’evo-
Questo è il terzo volume della colla- luzione dei linguaggi informatici e
na, altri ne sono in preparazione, su delle tecnologie digitali negli ultimi
Carmelo Bene e su Martin Buber. tre decenni. In particolare, il saggio
aA
analizza alcune nozioni chiave della
scrittura drammatica e guida il lettore
in un percorso tra la scrittura scenica
multimediale e la drammaturgia delle
aA aAaAaAaAaAaAaAaA ccademia procedure algoritmiche. La dramma- aA
university turgia, intesa come arte di progettare
aAccademia University Press press e scrivere lo spettacolo, non è immune
dai cambiamenti causati nel mondo
della comunicazione dall’affermazio-
ne dei nuovi media digitali e interattivi.
Il saggio individua i punti fondamenta-
li di questa contaminazione, accompa-
gnando gli elementi teorici con moltis-
simi esempi pratici.
Antonio Pizzo
ISBN 978-88-97523-37-6
comitato scientifico
Antonio Attisani Università degli Studi di Torino
Florinda Cambria Università degli Studi di Milano
Lorenzo Mango Università degli Studi L’Orientale di Napoli
Tatiana Motta Lima Universidade Federal do Estado do Rio de Janeiro
Franco Perrelli Università degli Studi di Torino
Antonio Pizzo Università degli Studi di Torino
Kris Salata Florida State University
Carlo Sini Università degli Studi di Milano
Éric Vautrin Université de Caën
Mimesis Journal Books
1. Jerzy Grotowski. L’eredità vivente
a cura di Antonio Attisani
pp. 224 isbn 978-88-97523-29-1
ebook www.aAccademia.it/grotowski
3. Neodrammatico digitale.
Scena multimediale e racconto interattivo
di Antonio Pizzo
pp. 240 isbn 978-88-97523-37-6
ebook www.aAccademia.it/neodrammatico
Neodrammatico Antonio
digitale. Pizzo
Scena
multimediale
e racconto
interattivo
Neodrammatico
digitale
Antonio Pizzo
© 2013
aAccademia University Press
via Carlo Alberto 55
I-10123 Torino
1. La drammaturgia multimediale
1. Dramma e drammaturgia 3
2. La drammaturgia tra testo e scena 6
3. La scrittura scenica 10
4. La scena multimediale 14
5. L’opera (neo)drammatica 22
6. Il racconto scenico e la performance tecnologica 33
2. Narratività digitale
1. Le ipotesi di Brenda Laurel per una poetica del computer 43
2. Il futuro della narrativa secondo Janet Murray 46
3. La critica di Espen Aarseth alle nozioni di narrativa e interattività 51
4. Le metamorfosi crossmediali del racconto secondo Marie-Laure Ryan 56
5. Drammatizzazione, interazione, partecipazione 59
Conclusioni 188
Fonti 193
Indice dei nomi 213
Neodrammatico Introduzione
digitale
Antonio Pizzo
VII
Già nel 1999, in un articolo per «Digital Creativity», Christie
Carson riconosceva che la tecnologia digitale era saldamente
ormai incorporata nelle produzioni teatrali ma avvertiva che
«ogni mossa tesa a ridurre la spontaneità di ciò che avviene
sulla scena e a creare una esperienza più rigida minaccia
seriamente l’integrità, ma anche il senso, dell’esperienza tea
trale»1. Se da un lato metteva in luce le potenzialità della
tecnologia come nuovo linguaggio della performance, oltre
che come supporto alla scena tradizionale, dall’altro lascia-
va emergere un timore verso la medializzazione dell’evento
scenico: la preoccupazione che l’ingresso dei media digitali
potesse erodere una supposta verità del qui e ora. In poco più
di un decennio, la pratica ha dimostrato che i media possono
partecipare all’evento senza cannibalizzare la sua natura dal
vivo, anzi arricchendo la scena e la drammaturgia dei codici
propri dell’esperienza contemporanea. Lehmann, influente
1. Carson, Christie, Theatre and technology: battling with the box, in «Digital Creativ-
ity», Routledge, vol. 10, n. 3, 199, pp. 129-134: 131. Tutte le volte che citiamo da un
testo in lingua originale di cui non indichiamo l’edizione in italiano, la traduzione
si intende nostra.
Neodrammatico teorico del teatro contemporaneo, sostiene che «il futuro del
digitale teatro non è nell’opera digitale o nelle performance virtua-
Antonio Pizzo
li, ma nel gioco fra corpo e media» e che proprio nell’era
mediatica la dialettica tra presenza e assenza del corpo del
performer assume tratti nuovi e inaspettati2. Crediamo che
gli abbonati alle stagioni dei teatri siano ormai abituati a in-
contrare, in cartellone, spettacoli di prosa o danza (o intere
rassegne) in cui la cifra stilistica più evidente sia l’utilizzo
di videoproiezioni, grafiche digitali, webcam, computer. Gli
ultimi tre decenni hanno reso consueto l’utilizzo di tecno-
logie elettroniche e digitali nel teatro. Andrea Balzola così
sintetizza le tappe di questa evoluzione:
Negli anni Ottanta le porte della scena e del teatro si
aprivano alle nuove tecnologie e in particolare all’uso del
video […] I gruppi degli anni Novanta, nati con il video e
con il computer già nel loro dna, hanno proseguito questo
percorso con un taglio molto diverso. Il loro rapporto con
le nuove tecnologie era ormai scontato, familiare, estrema-
mente disinvolto, per cui la scena non doveva sperimentare
qualcosa di estraneo, ma aveva già in sé la possibilità di essere
VIII uno spazio multimediale. Poi anche nei teatri istituzionali
e nell’opera lirica ha fatto ingresso l’uso del video, ma in
chiave prevalentemente scenografica.3
zola, Franco Prono, La nuova scena elettronica. Il video e la ricerca teatrale in Italia,
Torino, Rosenberg & Sellier, 1994; Béatrice Picon-Vallin (a cura di), La scène et les
images, Paris, Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), 2001; Tatiana
Mazali, Federica Mazzocchi, Antonio Pizzo (a cura di), Marcel·lì Antúnez Roca e la
performatività digitale, Acireale, Bonanno, 2011.
5. David Saltz, Live Media: Interactive Technology and Theatre, in «Theatre Topics»,
vol. 11, n. 2, The Johns Hopkins University Press, 2001, pp. 124-126.
6. Ivi, p. 110.
7. Questa definizione risale a poco più di un decennio addietro secondo Anna
Maria Monteverdi, La creazione di una nuova (bio) drammaturgia, in A. Balzola, Una
drammaturgia multimediale cit., p. 28.
Neodrammatico numero di opere, dalle ultime creazioni di Merce Cunning-
digitale ham alle performance di Stelarc, dalle messe in scena del
Antonio Pizzo
Wooster Group a quelle di Robert Wilson, che potrebbero
essere ben accomodate in questa definizione ma certo appa-
rirebbero troppo semplicemente apparentate8.
Nelle pagine che seguiranno, non è nostra intenzione
creare un elenco specifico o procedere all’individuazione di
casi esemplari nell’analisi dello spettacolo. Tenteremo inve-
ce di sottolineare sia come la componente algoritmica dello
spettacolo digitale influenzi la metodologia di costruzione
drammatica, sia come le tecniche del dramma possano con-
tribuire alla fondazione di un nuovo intrattenimento digita-
le interattivo. Si tratta di un percorso di matrice teorica in
cui ci soffermeremo su concetti come scrittura scenica, perfor-
mance tecnologica, racconto multimediale così come sono emersi
nelle teorie sul teatro contemporaneo. Pertanto, ogni volta
che ci riferiremo a opere o eventi specifici, lo faremo solo
perché, nella nostra esperienza, sono d’aiuto alla compren-
sione di una idea o di un metodo che intendiamo isolare.
Nella prima parte cerceremo di disegnare i contorni della
X drammaturgia multimediale in una prospettiva linguistica e
metodologica, più che storica. Sarebbe, del resto, una storia
difficile da tracciare, sia per la difficoltà nell’isolare la nascita
di una “estetica del multimedia”, sia perché la nozione di
multimedia appare strettamente intrecciata con le pratiche
e/o le teorie del teatro9. Si tratta di una situazione complessa
e sfaccettata nella quale, come ricorda Andrea Balzola, le
forme di scrittura scenica che utilizzano media tecnologici
sono storicamente comprovate a partire dalle avanguardie
storiche. Sembra però che, nell’ampio alveo della dramma-
turgia contemporanea, esista uno specifico filone multime-
diale inteso come «scrittura di una partitura ipertestuale per
8. Cfr. Steve Dixon, Digital Performance, Cambridge - London, MIT Press, 2007. Il
Digital Performance Archive è un archivio di video e altri materiali documentali
sulla performance digitale nato dalla collaborazione tra la Digital Research Unit
del dipartimento di Visual and Performing Arts alla Nottingham Trent University,
la Media and Performance Research Unit, nella School of Media, Music and Per-
formance della University of Salford. «Ateatro» è una rivista on line a cura di Oli-
viero Ponte di Pino, che ha sempre accordato una forte attenzione alla sperimen-
tazione tecnologica, anche grazie alla collaborazione di Anna Maria Monteverdi.
9. Cfr. Randall Packer, Ken Jordan (a cura di), Multimedia: from Wagner to Virtual
Reality, New York, Norton & Company, 2001.
Introduzione uno spettacolo che utilizza le nuove tecnologie audiovisive,
digitali e interattive»10. La questione che affronteremo è se
in questo tipo di scrittura è possibile individuare un metodo
drammatico o, meglio, la sopravvivenza di strutture di com-
posizione e comunicazione del senso debitrici alla tradizione
di saperi e tecniche sintetizzata nel termine drammaturgia.
In questo senso, è bene ripeterlo, non intendiamo tracciare
una lista di capostipiti, esempi, variazioni della drammaturgia
multimediale, e nemmeno associarla a specifici modelli di
scrittura teatrale contemporanea; non intendiamo definire
un genere (come per esempio è stato fatto nel caso del “tea
tro civile”), né assimilare la drammaturgia multimediale a un
genere specifico di spettacolo. Quando, nel primo capitolo,
discuteremo di drammaturgia multimediale, lo faremo per
individuare alcune caratteristiche che rendano la semantica
più specifica e che la differenzino da altre ipotesi circa la
scrittura per il teatro. Discutere di drammaturgia per quanto
riguarda il secolo appena passato è un’impresa ardua alla
quale ci accingiamo nella consapevolezza di non poter es-
sere esaustivi. Ci limitiamo piuttosto a condurre un’analisi
del dibattito esistente; non avremo altra pretesa che di se- XI
gnalare l’esistenza di una pratica teatrale nella quale riaffo-
ra la tendenza alla rappresentazione drammatica, e spesso
al racconto di una storia, ma con una tecnica di scrittura
specifica per l’universo multimediale. Nel secondo capitolo
allarghiamo lo sguardo ad alcune questioni di ordine gene-
rale che riguardano il modo in cui si costruisce la narrazione
in ambito digitale, e che esulano dallo specifico teatrale. A
questo scopo ricorriamo ad alcuni saggi che hanno avuto
ampia eco e dei quali rendiamo conto. Questi ci permettono
di introdurre alcuni punti nodali del discorso quali la cros-
smedialità, l’interattività, e la partecipazione del pubblico.
In più daremo conto di come i processi produttivi dell’opera
siano soggetti a una profonda riflessione alla luce dell’arte
digitale. Da questo punto ci muoveremo verso il terzo capito-
lo, in cui elenchiamo alcuni tratti caratteristici della tecnica
drammatica secondo una prospettiva che tiene in conto an-
che la natura storica degli stessi. Chiuderemo il saggio con
10. Andrea Balzola, Verso una drammaturgia multimediale, in Le arti multimediali di-
gitali, a cura di Andrea Balzola e Anna Maria Monteverdi, Milano, Garzanti, 2004,
p. 302.
Neodrammatico la discussione di alcuni esempi di dramma interattivo in cui
digitale emerge in modo chiaro l’utilizzo di questi tratti caratteristici
Antonio Pizzo
della tecnica drammatica. Partendo dai videogiochi e dall’in-
teractive cinema, ci soffermeremo su una serie di esperimenti
variamente accomunati al virtual sorytelling e che riteniamo
rappresentativi dei modi in cui la scienza informatica e gli
studi di intelligenza artificiale abbiamo assunto riferimenti
culturali propri della tradizione drammatica.
XII
Ringraziamenti
Rossana Damiano e Vincenzo Lombardo, e gli altri colleghi del
CIRMA di Torino hanno condiviso ed elaborato con me alcuni temi
che tratto in questo volume. Antonio Attisani e Federica Mazzocchi
hanno letto la prima stesura e hanno generosamente contribui-
to alla revisione discutendo con me i contenuti e la metodologia.
Claudio Vicentini mi ha aiutato, con le sue considerazioni, a for-
mulare alcune ipotesi presenti nel saggio. Gli studenti del corso di
Drammaturgia procedurale del Dams di Torino hanno rappresen-
tato uno stimolo per il confronto e la discussione.
A tutti vanno i miei sinceri ringraziamenti.
Neodrammatico
digitale
Neodrammatico 1. La drammaturgia multimediale*
digitale
Antonio Pizzo
1. Dramma e drammaturgia 3
Cathy Turner e Synne K. Behrndt, in un saggio dedicato ai
compiti professionali del drammaturgo (specialmente nell’Eu-
ropa del Nord, in area germanica e anglosassone), iniziano
proprio interrogandosi sul significato del termine drammatur-
gia. In una introduzione di taglio storico ribadiscono la fluidità
del termine, ma soprattutto lo considerano non come un dato
enunciato bensì come «qualcosa che deve essere cercato»1; e
quindi, del termine, mettono in luce la natura di processo ana-
litico, di metodologia. Allo stesso modo, Balzola sostiene che
il termine drammaturgia ha assunto nell’arco del Novecento
una molteplicità di significati che ne hanno fatto una defini-
zione aperta e anche piuttosto ambigua, una sorta di campo
semantico che raccoglie diverse concezioni del teatro e che
ne riflette l’evoluzione.2
6. Lorenzo Mango, La scrittura scenica. Un codice e le sue pratiche nel teatro del Nove-
cento, Roma, Bulzoni, 2003, p. 145.
7. La drammaturgia di Amburgo è apparsa in Italia nella traduzione di Paolo Chia-
rini, prima edita a Bari da Laterza nel 1956, e poi ristampata a Roma da Bulzoni
nel 1975. Per quanto riguarda i dicorsi sulla drammaturgia in relazione al cinema
e alla televisione, ci riferiamo in particolare a opere come Lajos Egri, The Art of
Dramatic Writing, apparsa per la prima volta nel 1946, poi in una nuova edizione
New York, Simon & Schuster, 1960 e più volte ristampato; apparsa in italiano nel
2009 con il titolo L’arte della scrittura drammaturgica (Roma, Dino Audino Editore).
Ma possiamo ricordare anche Martin Esslin, The Field of Drama, New York, Methuen
Drama, 1987; o Yves Lavandier, La dramaturgie, Le Clown et l’Enfant, 1994, 1997,
apparso in Italia con il titolo L’ABC della drammaturgia, 2 voll., Roma, Dino Audino
Editore, 2001. E bisogna aggiungere il breve ma intenso saggio di David Mamet,
Three Uses of the Knife, New York, Columbia University Press, 1998, tradotto in italia-
no con il titolo I tre usi del coltello, per i tipi di Minimum Fax.
Neodrammatico il narratore fittizio del testo narrativo)8. La drammaturgia
digitale non si riferisce più al testo teatrale come prodotto, bensì al-
Antonio Pizzo
la forma che assume una struttura di connessioni, relazioni,
elementi formali che plasmano la partitura dell’evento. In
questo senso, del resto, spieghiamo la diffusione di un’acce-
zione più ampia che comprende la drammaturgia musicale,
o la drammaturgia della danza, o finanche la drammaturgia
dello spettatore9.
8. Manfred Pfister, The Theory and Analysis of Drama, Cambridge, Cambridge Uni-
versity Press, 1988, p. 24.
9. Cfr. Lorenzo Bianconi, La drammaturgia musicale, Bologna, il Mulino, 1986;
Alessandro Pontremoli, Per una drammaturgia coreutica, in Id. (a cura di), Dramma-
turgia della danza. Percorsi coreografici del secondo Novecento, Milano, Euresis Edizioni,
1997; Marco De Marinis, Dramaturgy of the Spectator, in «The Drama Review: TDR»,
vol. 31, n. 2, 197, pp. 100-114.
10. Lorenzo Mango, Drammaturgia scenica e performance digitale, in T. Mazali, F. Maz-
zocchi, A. Pizzo (a cura di), Antúnez Roca e la performatività digitale cit., p. 33.
11. Annamaria Cascetta, Laura Peja (a cura di), Ingresso a teatro. Guida all’analisi
della drammaturgia, Firenze, Le Lettere, 2003, p. 139.
La drammaturgia differenza: «il testo drammatico è una tecnica che appartiene
multimediale alla letteratura, ma guarda alla scena. Drammaturgia è una
tecnica che appartiene al teatro, ma guarda alla letteratura»12.
Questo modo di porre la differenza fa eco alla relazione, pro-
veniente dall’ambito semiotico, tra testo teatrale e testo spet-
tacolare13. Nella prima definizione si riconosce la presenza
di una scrittura che si propone non solo e unicamente nella
pagina; nella seconda si associa la nozione di testo a quella di
evento così da poter tentare una descrizione di come avviene
l’attribuzione di senso all’interno della performance. In sin-
tesi, entrambi i casi pongono in evidenza la differenza tra due
oggetti teorici distinti: il testo della scrittura e la drammatur-
gia dell’evento. De Marinis ha inoltre proposto di aggiornare
la nozione di drammaturgia intesa come tecniche e teorie
che governano il testo con l’emergere del concetto di testo
spettacolare, cosicché la drammaturgia appare come
la teoria e la tecnica che governa la composizione del testo
spettacolare, cioè l’insieme di teorie e tecniche che gover-
nano la composizione di segni/mezzi espressivi/azioni in-
trecciati insieme al fine di creare la struttura della perfor-
mance.14 7
3. La scrittura scenica
A questa distanza tra testo e organizzazione si riferisce an-
che Lorenzo Mango quando definisce la scrittura scenica. Il
10 termine viene impiantato nel dibattito italiano da Giuseppe
Bartolucci, in una sua raccolta di recensioni e scritti della
metà degli anni Sessanta in cui la discussione sulle figure tea
trali rappresentative di quegli anni tendeva a ricondurre la
nozione di scrittura drammaturgica alla fusione di parola e
azione o immagine e azione21. Mango ricorda come «il pri-
mo a utilizzare l’espressione scrittura scenica nella sua forma
letterale è Roger Planchon, che la introduce, nel 1961 in oc-
casione di un dibattito su Brecht»22. Ma suggerisce anche che
il punto di partenza per l’elaborazione teorica del concetto
risale alle fonti del novecento teatrale, e può essere ricondotto
a un’affermazione di Gordon Craig del 1905:
L’Arte del Teatro non s’identifica con la recitazione o
con il testo, e neppure con la scenografia o la danza, ma è
sintesi di tutti gli elementi che compongono quest’insieme:
di azione, che è lo spirito della recitazione; di parole, che for-
mano il corpo del testo; di linea e di colore, che sono il cuore
della scenografia; di ritmo, che è l’essenza della danza.23
31. Coleridge parla di sospensione dell’incredulità nel capitolo xiv della Biogra-
phia literaria che apparve per la prima volta nel 1871; Samuel T. Coleridge, Bio
graphia literaria, trad. it. di Paola Colaiacomo, Roma, Editori Riuniti, 1991, p. 236.
32. Andy Lavender, The moment of realised actuality, in Maria Delgado, Caridad Svich
(a cura di), Theatre in Crisis?: Performance Manifestos for a New Century, Manchester,
Manchester University Press, 2002, p. 187.
33. L. Mango, La scrittura scenica cit., p. 47.
Neodrammatico A un livello strutturale essa ci appare come un codice dei
digitale codici del linguaggio teatrale, al cui interno è presente un
Antonio Pizzo
marcato riposizionamento dei valori gerarchici, risultando
privilegiati gli elementi scenici a discapito di quelli verbali.34
4. La scena multimediale
Fino a ora abbiamo indicato la possibilità di considerare la
drammaturgia come estetica e teoria del dramma. Il testo
14 composto da materiali linguistici non verbali bensì visivi può
essere più dettagliatamente definito, seguendo il lavoro di Lo-
renzo Mango, come scrittura scenica. Questa, a sua volta, può
essere elaborata da una drammaturgia non come organizza-
zione di materiali testuali bensì di codici visivi e cinetici. Infi-
ne abbiamo notato che, in questo senso, esiste un’affinità tra
la nozione di drammaturgia multimediale e scrittura scenica.
Questa affinità deriva dalla possibilità della scena teatrale di
non essere solo contenitore ma anche produttore del senso.
Gli argomenti esposti fino a ora possono essere utili anche
per dichiarare le peculiarità della drammaturgia multimediale.
Mango sostiene che nella scrittura scenica «conta più l’atto
estetico (connesso alla vita) che non la realizzazione artistica di
opere»36. L’esposizione dell’atto linguistico, proprio in virtù
della sua originalità e autonomia, mette in luce l’apparizione
dell’avvenimento in se stesso. La natura specifica degli happe-
ning, per esempio, non va cercata capacità di organizzare uni-
40. Alcune informazioni sullo spettacolo e la descrizione del software sono tratte
dal sito della compagnia, alla pagina dedicata allo spettacolo, http://www.am-cb.
net/projets/cinematique (ultimo accesso 22 giugno 2012).
Neodrammatico sare l’estetica della danza per il teatro»41. Tuttavia l’accento è
digitale sempre posto sui valori dinamici e spaziali della performance,
Antonio Pizzo
sulla relazione tra corpo e ambiente aumentato dai media
digitali42. Questa nuova danza tecnologica è come un pezzo
d’arte visiva in movimento, simile all’istallazione. In questo
modo, ricorda Balzola, «la tecnologia multimediale interattiva
consente all’artista di produrre eventi piuttosto che opere o
oggetti, il processo si sostituisce al risultato, il laboratorio è più
importante dello spettacolo»43. Per Konic Thtr di Barcellona,
questo è particolarmente vero; i fondatori Rosa Sanchez e
Alain Baumann, infatti, sono occupati in un continuo lavo-
ro di sperimentazione tecnologica e linguistica dal quale, di
volta in volta, in occasioni specifiche, emergono degli eventi
che potrebbero essere simili a opere ma che non ne hanno
l’unità, e devono necessariamente essere letti all’interno del
processo per comprenderne la complessità globale44. L’attività
produttiva dei Konic Thtr, in parte danza, in parte performan-
ce, può ben fare da esempio all’altra affermazione program-
matica di Balzola riguardo alla scena multimediale:
C’è un passaggio da un testo lineare a un ipertesto po-
18 limorfo e un passaggio dal teatro spettacolo allo spettacolo
laboratorio, dove il drammaturgo si trova a scrivere eventi
performativi polisensoriali in tempo reale.45
41. Johannes Birringer, Performance, Technology and Science, New York, PAJ Publica-
tions, 2008, p. 87.
42. Ivi, p. 88.
43. Andrea Balzola, Principi etici delle arti multimediali, in A. Balzola, A.M. Montever-
di (a cura di), Le arti multimediali digitali cit., p. 442.
44. Cfr la descrizione del lavoro della compagnia sul sito web http://Koniclab.info
(ultimo accesso 11 giugno 2012).
45. A. Balzola, Una drammaturgia multimediale cit., p. 12. Si veda anche A. Balzola,
P. Rosa, L’arte fuori di sé cit., p. 50.
La drammaturgia alla mole di questioni teoriche non sempre si affianca un
multimediale quadro analitico organico, una griglia di analisi o un cata-
logo di tecniche. In sostanza, ancora a quest’altezza storica,
gli studi sulla performance digitale e interattiva sembrano
essere interessati a sollevare problemi piuttosto che risolverli.
Balzola prova a indicare una direzione quando pone l’ac-
cento sulla necessità di un «uso drammaturgico delle nuove
tecnologie»46. Si oppone, è chiaro, a un impiego puramente
illustrativo – potremmo dire superficiale – della tecnologia,
che lui fa coincidere con l’uso “scenografico”. La strada indi-
cata è quella di un utilizzo dei codici linguistici delle nuove
tecnologie in modo che non servano solo ad adornare o ab-
bellire l’opera, ma che ne permeino il senso più profondo. E
per indicare questo senso profondo, si ricorre in genere alla
parola “drammaturgia”. Si apre così una strada che permette
di orientarsi in modo più specifico all’interno del vasto e or-
mai – come abbiamo detto – consueto apparire di tecnologie
digitali in scena. Ma è anche vero che, per quanto efficace
sul piano intuitivo, questo modo di utilizzare il termine lascia
dietro di sé alcune ambiguità.
Lian Amaris, analizzando alcune performance del Blue 19
Man Group, realizzate in teatro o in forma di concerto tra il
2004 al 2009, elenca una serie di tecnologie sceniche assolu-
tamente essenziali ai fini dello spettacolo (voci, suoni creati
o elaborati al computer, immagini digitali, suono interattivo,
animazioni 3D, segnali led, riferimenti continui a Internet,
alla connettività globale, alla identità digitale, ecc.) e sottoli-
nea – il che è di maggior rilevanza nel nostro discorso – che
questi effetti funzionano non tanto nella loro presenza tec-
nologica bensì nel modo in cui noi ne facciamo esperienza:
in altre parole nella loro significazione scenica47. Sebbene ciò
avalli l’idea di un uso tecnologico “non puramente illustra-
tivo”, è altrettanto evidente che il non superficiale utilizzo
della tecnologia – nel loro caso profondamente centrato sul-
la critica sociale – non può essere sinonimo di un contesto
drammaturgico più di quanto non lo sia in un concerto di
Lady Gaga. In altre parole non possiamo “stirare” la nozione
5. L’opera (neo)drammatica
È chiaro che il ragionamento che stiamo tracciando non è
scevro di ambiguità. Da un lato vogliamo segnare la differenza
dai discorsi che hanno come oggetto d’attenzione la scena,
l’evento spettacolare (la nozioni di testo spettacolare, dram-
maturgia della scena o scrittura scenica appartengono a que-
sto ambito), dall’altro però affrontiamo un oggetto ancora
più astratto in quanto la nozione di drammaturgia multime-
diale non tiene conto dell’evento performativo come atto nel
suo presente, ma non ha a disposizione nemmeno l’oggetto
materiale (e per certi versi rassicurante) del testo. Per sem-
plificare, diremo che non è nostra intenzione né elaborare
una teoria della performance digitale (se sia un genere, una
variante del teatro postmoderno, uno dei modi di utilizzare i
codici visivi, ecc.), ma nemmeno definire le tecniche di scrit-
63. Philip Auslander, Liveness, London - New York, Routledge, 1999; Id., Digital
liveness. a historico-philosophical perspective, in «PAJ: A Journal of Performance and
Art», vol. 34, n. 3, 2012, pp. 3-11.
64. Nick Kaye, Gabriella Giannachi, Acts of presence: performance, mediation, virtual
reality, in «TDR: The Drama Review», vol. 55, n. 4, 2011, pp. 89-91.
65. Pierre Lévy, Qu’est-ce que le virtuel?, Paris, La Découverte, 1995; tradotto in ita-
liano con il titolo Il virtuale, Milano, Cortina, 1997
Neodrammatico Nello spettacolo teatrale, e più in generale nella perfor-
digitale mance, sono evidenti le qualità materiali, oggettuali dei corpi
Antonio Pizzo
e delle cose che si presentano reali davanti agli occhi del pub-
blico. A una prima indagine potrebbe, dunque, sembrare che
ciò sia negato dall’effimero dell’immagine elettronica e digi-
tale. Anzi sembrerebbe che la dislocazione dell’oggetto/agen-
te al di fuori del suo corpo, al di là del centro di attenzione,
ne annulli la presenza. Eppure la configurazione dell’espe-
rienza contemporanea non può prescindere da una verità
mediata, dalla sensazione che qualcosa sia vero e reale e che
accada davanti ai nostri occhi, anche se creato o riprodotto
digitalmente. Cinema, videogiochi, film di animazione, gra-
fica 3D, hanno ampiamente dimostrato che l’effetto di realtà
non è più legato alla “realtà materiale” del corpo/oggetto66.
L’utilizzo critico della tecnologia video nella produzione, per
esempio, del Big Art Group, individua sovente questa sorta
di dislocazione come un segno forte della propria scrittura
scenica. Ed è un segno che Gallagher-Ross legge chiaramente
come fondante della “visione sovversiva” in SOS (2009):
Il continuo dislocamento della presenza dei perfor-
26 mer – sono qui davanti a noi, e sono lì separati in schermi
diversi, le loro voci sono diffuse ovunque da un sistema au-
dio immersivo – è in effetti un’altra forma di realismo in un
tempo un cui la maggior parte delle persone, volutamente
o meno, vivono su piani paralleli.67
66. Antonio Pizzo, Attori e personaggi virtuali, in «Acting Archives Review», vol. 1,
n. 1, pp. 83-118.
67. Jacob Gallagher-Ross, Image eaters: Big Art Group brings the noise, in «TDR: The
Drama Review», vol. 54, n. 4, 2010, p. 77.
68. Maaike Bleeker, Media dramaturgies of the mind: Ivana Müller’s cinematic choreog-
raphies, in «Performance Research: A Journal of the Performing Arts», vol. 17, n. 5,
2012, p. 62. I testi ai quali l’autrice si riferisce nel suo articolo sono Brian Rotman,
La drammaturgia Marianne Weems, regista e drammaturga newyorkese della
multimediale compagnia The Builders Association, da tempo attenta all’uti-
lizzo di tecnologie digitali per la scena, afferma di creare e
dirigere
produzioni basate su storie reali prese dalla vita contempo-
ranea, storie che hanno un contenuto accessibile, attuale,
pregnante e che riflettono la moderna esperienza umana
[…] I progetti di The Builders Association installano un rap-
porto fruttuoso fra il liveness degli interpreti e il liveness della
tecnologia […] il contenuto e la forma sono interconnesse
a un livello drammaturgico profondo.69
Becoming Beside Ourselves: the Alphabet, Ghosts, and Distributed Human Being, Durham,
Duke University Press, 2008; Walter Ong, Orality & Literacy: the Technologizing of the
Word, London, Routledge, 1982 (trad. it. Bologna, il Mulino, 1986); e H.-T. Leh-
mann, Postdramatic Theatre cit.
69. A.M. Monteverdi, Nuovi media, nuovo teatro cit., pp. 257-258.
70. Nick Couldry, Liveness, “reality”, and the mediated habitus from television to the mo-
bile phone, in «The Communication Review», vol. 7, n. 4, 2010, pp. 353-361.
71. Mark J. Sussman, Alladeen [review], in «Theatre Journal», vol. 56, n. 4, 2004,
pp. 695-697; Jennifer Parker-Starbuck, Global friends: the Builders Association at BAM,
in «PAJ: A Journal of Performance and Art», vol. 26, n. 2, 2004, pp. 96-102.
Neodrammatico contemporaneo dei call-centre internazionali, dove operatori
digitale indiani sono allenati a farsi passare da americani. Durante
Antonio Pizzo
un’intensa ricerca a Bangalore, India, gli artisti hanno intervi-
stato gli operatori, i formatori e i proprietari dei call-centre, e
tutto questo materiale è diventato parte integrante della mes-
sa in scena. L’opera esplora il modo in cui noi funzioniamo
come “anime globali” catturate nei circuiti della tecnologia,
e come le nostre voci e le nostre immagini viaggino tra una
cultura e l’altra.72
76. Maurya Wickstrom, Data bodies and the awesome apparatus of technology, in «PAJ:
A Journal of Performance and Art», vol. 28, n. 2, 2006, pp. 95-102; Heidi R. Miller,
Super Vision [review], in «Theatre Journal», vol. 59, n. 4, 2008, pp. 658-660.
77. Nick Kaye, Screening presence: the Builders Association and Dbox, SUPER VISION, in
«Contemporary Theatre Review», vol. 17, n. 4, 2007, pp. 560-561.
78. Ivi, p. 558.
Neodrammatico spazio scenico multimediale in Super Vision, non si riconosce
digitale nel consueto ruolo di scenografo, bensì in quello di dramma-
Antonio Pizzo
turgo. E la stessa Weems concorda e gli attribuisce la capacità
di riuscire a manifestare e articolare i concetti che reggono
lo spettacolo grazie alla stratificazione dei codici79. Anche se
nei loro spettacoli (a parte il primo di matrice ibseniana) non
sussiste il tradizionale rapporto tra testo drammatico e messa
in scena, il drammaturgo resta colui che è responsabile del
composizione del contenuto, del senso, e funge da mediatore
tra questo e i codici della scena. In questo caso si tratta anche
di codici informatici.
Ritorniamo quindi nell’ambito della scrittura ma con ca-
ratteristiche – adesso – più definite. Innanzitutto si tratta di
una scrittura che si espande anche al di là dell’evento speci-
fico e, come in molte delle creazioni del gruppo, il materiale
drammatico (dai documenti scritti ai video) serve anche a
creare siti web dedicati, nei quali la vita dell’opera continua
e si propaga nella rete80. In ogni caso, gli autori lavorano uti-
lizzando elementi drammatici tradizionali, come intreccio,
personaggi, obiettivi, conflitti; ma li affiancano alla moltipli-
30 cazione dei punti di vista. Una cifra stilistica del lavoro di The
Builders Association, per esempio, è la ossessiva mediazione
del testo, delle parole dette, con tecnologie della comunica-
zione. In molte scene osserviamo i personaggi mentre parlano
al telefono, oppure con una web cam, o in chat via Internet.
Sembra, come anche in Jet Lag, del 1998, che «il performer
dal vivo non è più il centro dell’attenzione, il medium è il vero
protagonista. […] la contrapposizione di immagini mediate e
dal vivo invita il pubblico a muoversi tra questi due mondi»81.
L’atto linguistico si espleta nella sua qualità presente (l’attore
in scena) e nella sua modalità mediale (la tecnologia) crean-
do una dissonanza nella percezione del pubblico costretto co-
sì a comporre i due piani. Altre volte l’attore reale e la persona
sullo schermo sono differenti ma lavorano all’unisono; come
in Alladeen, quando «uno studente impara a pronunciare i
79. Marianne Weems, James Gibbs, Moe Angelos, Richard Schechner,. Building the
Builders Association. A conversation with Marianne Weems, James Gibbs, and Moe Angelos,
in «TDR: The Drama Review», vol. 56, n. 3, 2012, p. 41.
80. Cathy Turner, Synne K. Behrndt, Dramaturgy and Performance, New York, Palm-
grave Macmillan, 2008, p. 202.
81. Philippa Wehle, Live performance and technology: the example of Jet Lag, in «PAJ: A
Journal of Performance and Art», vol. 24, n. 1, 2002, p. 70.
La drammaturgia nomi di varie città americane […] e vediamo sia un documen-
multimediale tario sullo schermo sopra il palco, sia la rappresentazione di
una lezione, completa con i gesti che replicano il video, sotto
lo schermo». Il personaggio in scena letteralmente doppia
la persona reale dalla quale prende le mosse82. Ricorrendo a
un’esasperazione del Verbatim Theatre, gli attori replicano in
scena le immagini proiettate sullo schermo del documenta-
rio girato nell’ambito delle ricerche per l’elaborazione dello
spettacolo (sono scene selezionate da un corso di formazione
per operatori telefonici). Realtà e finzione si confrontano e si
confondono in una prospettiva di denuncia sociale e politica,
ma in un progetto di natura eminentemente drammatica.
Un simile confronto (corpo reale e corpo elettronico), per
esempio, era alla base di uno spettacolo storico di Barberio
Corsetti e Studio Azzurro: La camera astratta 83. Qui il corpo
in scena era utilizzato come terreno di sperimentazione, in
cui la fisica dei volumi e delle masse si trasformava in una
continua epifania. Come ricorda Lorenzo Mango, la partitu-
ra coreografica nasceva dalla dislocazione di azioni semplici
nello spazio e dal rapporto di scambio reciproco tra i corpi
degli attori, nel loro toccarsi, scontrarsi, sollevarsi, schivarsi84. 31
L’azione avveniva in un assoluto qui e ora reale ed elettronico
ma non conteneva una matrice rappresentativa. L’immagine
elettronica apriva la pratica scenica di Corsetti a una rifles-
sione intima, lirica, ma soprattutto estetica. La camera astratta
partiva dalla relazione tra corpo fisico e corpo elettronico
per rappresentare uno spazio astratto, uno spazio mentale
e mettere in luce una sorta di continuità (anche contiguità
ontologica) tra gli attori in scena e gli attori nei monitor85.
Dunque era innanzitutto una riflessione sui linguaggi: un di-
scorso estetico che può avere implicazioni sociali. In Alladeen è
preponderante il discorso sociale che si svolge attraverso una
specifica estetica86. Si tratta degli stessi elementi, del resto, che
82. L.A. Durham, Found images and networked Americas in the Builders Association’s
Alladeen cit., p. 534.
83. Giorgio Barberio Corsetti, Studio Azzurro, La camera astratta, Milano, Ubuli-
bri, 1988.
84. L. Mango, La scrittura scenica cit., p. 292.
85. Una puntuale analisi e descrizione de La camera astratta si trova in Annama-
ria Sapienza, La tecnologia nella sperimentazione teatrale italiana degli anni ottanta. Tre
esempi, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1992.
86. Antono Pizzo, Identity, transformation, and digital languages: a conversation with
Neodrammatico ritornano in diverse produzioni multimediali drammatiche.
digitale A proposito di Sarajevo Story del gruppo londinese Lightwork,
Antonio Pizzo
Klich e Scheer scrivono:
La comunicazione mediata tra i personaggi è un ele-
mento essenziale della storia, e un modo chiave del dialogo
[…] Un tema chiave del lavoro è l’idea che, anche con
così tanti metodi di comunicazione nella società contem-
poranea, il senso può ancora essere frainteso, e la gente
può ancora capire ciò che vuole, piuttosto ciò che è detto.
Drammaturgicamente, la soluzione di avere gli attori che
recitano attraverso la camera o parlano al telefono, come
se i personaggi parlassero mediante una mediazione del vivo,
pone l’enfasi sulla mediazione dell’individuo come parte
dell’esperienza quotidiana. Questo è anche un problema
di traduzione e mostra i vari modi, tecnici e culturali, in
cui i nostri comportamenti e discorsi sono tradotti per il
consumo degli altri. Il processo di traduzione in se stesso
è un tema chiave nello spettacolo – testimonianze dirette,
estrapolate da tribunale per i crimini di guerra in Bosnia,
sono lette davanti la corte e simultaneamente tradotte in
inglese.87
32
Come ricorda Ali Zaidi, coautore di Alladeen, i codici multime-
diali in scena acquistano un senso ulteriore se fanno vedere
meglio, se approfondiscono i punti di vista: la drammaturgia
multimediale, in questo caso, lavora come un bisturi per im-
mettere nella rappresentazione (la storia narrata) un innesto
di reale (le storie vere)88. E, sorprendentemente, il documen-
to video – avverte Atkins Durham – anche per il modo in cui
è realizzato, appare più «autentico se comparato con il resto
dell’iconografia della scena»89.
La scrittura multimediale per la scena si configura come
una metodologia di assemblaggio di media diversi all’interno
di un discorso performativo e riconduce l’esperienza contem-
poranea della società dei media a una matrice teatrale. Sul
90. Tratto dalla scheda di presentazione della compagnia sul sito web http://www.
imitatingthedog.co.uk/company.asp (ultimo accesso 4 giugno 2012).
91. Anna Furse, Theatre in Pieces: Politics, Poetics, and Interdisciplinary Collaboration:
an Anthology of Play Texts 1966-2010, London, Methuen Drama, 2011.
92. L. Mango, La scrittura scenica cit., p. 134.
93. Ivi p. 135.
Neodrammatico ne scenica e racconto» cosicché «la finalità del dramma cessa
digitale di essere la narrazione»94. Invece, l’ambito che stiamo circo-
Antonio Pizzo
scrivendo, si caratterizza proprio nella produzione di senso
mediante il racconto, anche se la ricerca linguistica si con-
centra sull’individuazione di canoni diversi da quelli letterari
che hanno caratterizzato i testi drammatici tradizionali. La
drammaturgia multimediale, pur utilizzando codici e materia-
li linguistici teatralmente non ortodossi, mette in campo una
sapienza compositiva, spesso connotata in senso transmediale,
per restituire la coerenza di un progetto narrativo. Del resto,
anche i primi esperimenti italiani di scena tecnologica e me-
dia digitali condotti da Giacomo Verde nascono dalla volontà
di reinventare la tecnica narrativa in relazione alle possibilità
di interazione e manipolazione dei contenuti digitali come
accade per Storie mandaliche 2.0 del 2003, su testi di Andrea
Balzola95. La prospettiva si fa addirittura più metodologica
e arriva a ipotizzare un vero e proprio modello di struttura
modulare e personalizzabile con il “kit drammaturgico” di
Cercando Utopie: contagio (2005).
Mentre è indubbio, come abbiamo già detto, che larga
34 parte della scena contemporanea mostri i caratteri di una
produzione che esula dalla forma prettamente drammatica,
è altrettanto vero che all’interno della produzione tecnotea
trale esiste un’attenzione al dramma e al racconto. I media
hanno sviluppato una forte attitudine narrativa (il mondo
si racconta sempre più per immagini in movimento) e in
particolare rivelano spesso una qualità drammatica96. Per
altro, Randall Packer e Ken Jordan indicano la qualità nar-
rativa – insieme a integrazione, interattività, ipermedialità
e immersione – tra i caratteri peculiari del multimedia97. E
i primi studi di cultura e creatività digitale, come il saggio
di Laurel e quello di Murray, sono centrati sulla potenza
98. Mi riferisco ai due saggi molto influenti anche se in seguito, almeno in parte,
superati: Brenda Laurel, Computer as Theatre, Boston, Addison Wesley Longman,
1993; Janet H. Murray, Hamlet on the Holodeck. The Future of Narrative in Cyberspace,
New York, Free Press, 1997.
99. Cfr. Anna Bandettini, In cantina, sui tetti e perfino a tavola, in «la Repubblica»,
28 aprile 2009.
Neodrammatico un dolce come “inizio, mezzo e fine”. La moltiplicazione dei
digitale segni e dei codici (in questo caso anche i sapori e gli odori)
Antonio Pizzo
è gestita dall’artista al fine di un’unità di senso e di raccon-
to. Anzi, l’unità acquista un valore etico in contrapposizione
alle forze centrifughe (mercato, globalizzazione, economia)
che – sembra dire l’autore – tendono a frammentare la no-
stra esperienza esistenziale. Diremmo che Journey of Love and
More Love è improntato a un umanesimo digitale, e in questa
prospettiva produce una composizione organica dei linguaggi
multimediali.
E qui si apre un’altra differenza con la nozione di scrittura
scenica. La partitura scenica multimediale non è realizzata a
partire dalle unità minime dei codici, o meglio dai loro ma-
teriali linguistici, bensì, come ricorda Balzola, dalla messa in
parallelo dei codici nella loro autonomia.
Nelle opere/eventi multimediali, infatti, alla massima
differenziazione e libertà possibili delle modalità creative e
delle poetiche che possono dare luogo alla combinazione
dei codici espressivi, corrisponde l’affermazione di un iper-
codice che non è l’opera totale, non è la somma o la sintesi
36 delle arti, ma è una dimensione diversa da ciascun linguaggio
(o codice) che vi partecipa, è una pluralità sinestetica che tra-
sforma il gene(re) artistico in un’identità ibrida e mutante. Il
motore di questa trasformazione è l’innovazione digitale.100
100. Andrea Balzola, L’utopia della sintesi delle arti, in A. Balzola, A.M. Monteverdi
(a cura di), Le arti multimediali digitali cit., p. 53.
101. R. Klich, E. Scheer, Multimedia Performance cit., pp. 67-87.
102. Sulla nozione di sistematurgia, cfr. ciò che lo stesso artista scrive in un inter-
vento sul proprio sito web http:/ /www.marceliantunez.com/tikiwiki/tiki-read_ar
La drammaturgia La sua esperienza con la Fura dels Baus, sia per la costante
multimediale attenzione al disegno, sia per la concezione della scena come
grande affresco dinamico, è stata il punto di partenza di un’at-
tenta riflessione sulla progettazione e scrittura di eventi. Se
non nel contenuto, almeno nel modo, gli eventi, tra e con il
pubblico, dovevano avere una partitura precisa che assicuras-
se il controllo non solo dei performer ma soprattutto delle
reazioni degli astanti103.
Marcel·lì Antúnez Roca, pur prediligendo una scena in
cui prevalgono immagini, suoni, meccaniche, non è appagato
dalla logica della visione come contemplazione, esperienza,
o pura energia, bensì cerca di recuperare una qualità dram-
matica (almeno in nuce) ricorrendo a due elementi fondanti:
racconto e trasmissione di senso104. Nello stesso momento in
cui è attiva questa tensione verso la natura drammatica, è evi-
dente che i codici utilizzati appartengo a un universo diverso,
diremo affine al cosiddetto postdrammatico. La dissociazione
e lo smantellamento della dramatis personae, quale fondamen-
to per la dialettica tra corpo e schermo; il passaggio dall’opera
all’evento che «rende esplicita la natura di processo» e la sua
«impredicabilità»; la struttura a numeri ricombinabili (eventi 37
conclusi in se stessi ma legati da un nesso tematico o stilistico),
tipica del varietà105.
Sebbene le due produzioni partano dal testo pirandellia-
no non ne utilizzano le battute, bensì attingono a un’ampia
gamma di suggestioni, utilizzandolo, appunto, come mito del
teatro. Lo spettacolo, quindi, non si caratterizza come regia
di un testo, invece di leggere il dramma la performance dice,
e quindi riscrive, il mito. In questo senso, i problemi affron-
tati dall’artista, anche se riguardavano la scena, le azioni, gli
elementi in gioco, sono stati trattati secondo metodologia
drammaturgica. Infatti, il lavoro ha avuto inizio sia con la
scrittura di un canovaccio della vicenda (al quale hanno colla-
borato Pere Vilà Barceló e l’autore di questo volume), sia con
106. Si veda anche quanto affermano Andrea Balzola e Paolo Rosa: «la figura
dell’artista plurale non prende forma da un’utopia romantica o da una generica
istanza collettivistica, ma da una necessità oggettiva derivata dalla complessità pro-
gettuale e realizzativa tipica di quest’epoca», in L’arte fuori di sé cit., p. 54.
La drammaturgia verso il caleidoscopio, e dunque è possibile riconoscere un
multimediale principio drammatico che attesta «l’interezza, l’illusione e la
rappresentazione di un mondo»107.
Da un punto di vista operativo, ciò ha reso necessario di-
stribuire la narrazione tra i diversi media (compresi la stessa
scena e gli attori) limitando le interruzioni del flusso. A ciò
corrisponde una sorta di orizzontalità della scrittura, in cui
l’autore scrive un metatesto nel quale definire le norme compo-
sitive e le relazioni di una serie di singoli testi lineari, di diver-
sa lunghezza, posti in parallelo. La sistematurgia rappresenta
il principio d’ordine di questo metatesto e in particolare la
sua definizione in senso digitale (intendendo in questo senso
sia le apparecchiature di rappresentazione e interfaccia, sia i
software di programmazione).
In questo orizzonte, l’attore smette di essere il centro di
produzione del senso, e assume il compito (come un hub) di
smistare i contenuti narrativi. E ciò non solo perché è incarica-
to del controllo della scena grazie ai dispositivi tecnologici che
indossa, ma anche perché deve calibrare la propria presenza
sull’asse performance-recitazione108. A questa calibrazione
della presenza corrisponde l’articolazione dei livelli nella 41
drammaturgia nella quale bisogna tenere sempre conto delle
necessità narrative del testo, dei codici utilizzati nella perfor-
mance, e della dimensione psicofisica dell’attore azione per
azione109. Esemplare, in tal senso, la performance di Pseudo in
cui il performer si muove continuamente tra i ruoli (Cotrone,
il cantastorie, il filosofo) giocando sull’idea di doppio, incar-
nato in una testa meccanica con le sue sembianze con la quale
dialoga nel corso dello spettacolo.
Oltre a questo avvicinamento alla matrice rappresentati-
va la drammaturgia delle due produzioni è permeata da un
ulteriore elemento caratteristico e qualificante del dramma:
il conflitto. Possiamo concordare con Lehmann quando so-
2. Nicholas Negroponte, Essere digitali, Milano, Sperling & Kupfer, 1995 (ed. in-
glese Being Digital, New York, A. Knopf, 1994).
3. B. Laurel, Computer as Theatre cit., p. 1.
Narratività tecnologia al quale noi siamo interessati. Per costruire una
digitale rappresentazione che abbia qualità teatrali all’interno di un
ambiente generato dal computer, è necessaria una profon-
da, robusta e logica nozione della struttura degli elementi e
dinamiche – e questo è proprio ciò che ci fornisce Aristotele
[…] Le sue teorie possono essere utilizzate in senso pro-
duttivo, non perché sono ricette ma perché identificano e
spiegano le caratteristiche formali e strutturali del dramma.4
4. Ivi, pp. 36-38.
5. Ivi, p. 50.
Neodrammatico cleo di tratti, predisposizioni e scelte che, prese nell’insieme,
digitale formano un’entità coesa. Queste entità sono gli agenti delle
Antonio Pizzo
azioni nella trama. «L’azione (attività, agency) come parte
della rappresentazione non necessita di essere impersonata
in “personaggi” come noi normalmente li pensiamo – cioè,
rappresentazione di esseri umani»6. Se è possibile avere la
percezione di un’attività anche in ciò che non ha forma o
aspetto, letterale o metaforico, di un essere umano, allora la
nozione di agency si applica anche alla macchina. In qualità di
spettatori/utilizzatori siamo sempre portati a interpretare un
comportamento come risultato di un processo attivo di una
qualche forza agente. Laurel ritiene che, nell’interazione con
il computer, noi presupponiamo sempre, anche quando non
esplicitamente rappresentata, l’esistenza di qualche agente,
così come sosterranno pochi anni dopo gli autori di The Me-
dia Equation: How People Treat Computers, Television, and New
Media Like Real People and Places 7.
Sia il ricorso ad Aristotele, sia il riferimento agli agenti,
non solo rende l’approccio della Laurel contiguo al teatro
nella sua natura performativa (di spettacolo), ma introduce
46 una riflessione sulla natura progettuale insita nella macchina
da calcolo (come testo, scrittura, partitura). Porre l’accento
sulla qualità mimetica e rappresentativa del medium digita-
le, apre un discorso più specifico sulla relazione tra attività
narrativa e mondo digitale.
6. Ivi, p. 60.
7. Byron Reeves, Clifford Ivar Nass, The Media Equation: How People Treat Com-
puters, Television, and New Media Like Real People and Places, New York, Cambridge
University Press, 1996.
8. M. Esslin, The Field of Drama cit.
Narratività che richiedono l’azione e l’interazione di esseri umani reali
digitale o simulati davanti un pubblico come se stesse avvenendo qui
in questo momento (teatro, cinema, televisione).
Hamlet on the Holodeck. The Future of Narrative in Cyberspace
di Janet H. Murray (1997) è un primo tentativo strutturato
teso a verificare le possibilità narrative del mezzo digitale9.
Le argomentazioni seguono un ordine molto chiaro: verifi-
care se esiste e in che forma una nuova nozione di narrativa
rispetto al modello ottocentesco o poststrutturalista; definire
l’estetica del mezzo digitale; comparare le diverse possibilità
narrative del mezzo. Murray parte dal modo in cui la fan-
tascienza immagina le potenzialità future, prendendo per
esempio l’episodio Persistenza della visione (ventiquattresimo
della serie Star Trek: Voyager), in cui, grazie all’holodeck, il Ca-
pitano Janeway s’intrattiene con una holonovel (vagamente
somigliante alle atmosfere del romanzo Jane Eyre di Charlotte
Brontë) allo stesso modo in cui noi guarderemmo una soap
opera. Per Murray questa è la raffigurazione fantastica di una
forma narrativa interattiva, intelligente, e immersiva. A que-
sto aggiunge l’ipotesi di un cinema immersivo come appare
nel romanzo Il mondo nuovo (Brave New World) scritto nel 1932 47
da Aldous Huxley, ambientato nell’anno di Ford 632, corri-
spondente all’anno 2540 della nostra era: l’autore immagina
una sala cinematografica in cui il pubblico, tenendosi a spe-
ciali maniglie delle sedie, può realmente vivere le sensazione
fisiche della pellicola. Oppure Fahrenheit 451 (1953) di Ray
Bradbury (poi anche al cinema nel 1966 diretto da François
Truffaut), in cui si descrive la televisione interattiva come
un salotto con grandi schermi, dove gli spettatori possono
conversare con i personaggi della fiction dando le risposte
giuste10. Malgrado questi e altri esempi siano legati a visioni
distopiche del mondo, per Murray dimostrano che la no-
zione di una narrativa (intesa in senso lato, dal romanzo al
cinema) aumentata dalla tecnologia è presente, da decenni,
nella nostra cultura.
I modelli narrativi della relazione tra nuova tecnologia e
narrativa, i cui tratti caratteristici sono la storia multiforme
e la partecipazione degli spettatori, non appartengono solo
25. Ibid.
26. Ivi, p. 7; per l’evoluzione della nozione di labirinto l’autore si riferisce a Pene-
lope Reed Doob, The Idea of the Labyrinth from Classical Antiquity through the Middle
Ages, Ithaca, Cornell University Press, 1990.
27. E.J. Aarseth, Cybertext cit., p. 18.
28. Ivi, pp. 24-41.
29. Ivi, p. 47.
Narratività elabori i metodi della narrazione. Ma lo studioso considera
digitale la narrativa come una categoria inerente alla forma, mentre
la fiction lo è al contenuto. Per esempio, un ipertesto potreb-
be essere fiction ma non narrativo. L’ipertesto dunque non
elabora le regole della narrazione, quanto piuttosto ne offre
un’alternativa30. Il contenuto fiction (l’universo simbolico
al quale si fa riferimento) potrebbe essere costruito con le
regole tradizionali e la forma narrativa essere aggiornata su
modelli interattivi. Oppure il contenuto può rispondere a un
universo simbolico inerente ai nuovi media mentre la forma
della narrazione è classica. Su questa linea l’autore propo-
ne una metodologia di analisi pertinente al nostro discorso
poiché, tra i vari esempi, considera il genere specifico del vi-
deogioco d’avventura come una sorta di dramma interattivo:
Invece che del plot narrato, il cybertesto produce una se-
quenza di attività oscillanti effettuate (ma certo non control-
late) dallo user. Ciononostante c’è un elemento strutturante
in questi testi, che in qualche modo lo controllano o almeno
lo motivano. Come nuovo termine per questo elemento pro-
pongo intrigo, per suggerire un plot segreto nel quale lo user
è l’innocente, ma volontario, bersaglio, con un risultato che 53
non è ancora stabilito.31
42. Il saggio di Edward Morgan Forster fu pubblicato con il titolo Aspects of the No-
vel, a Londra nel 1927; qui citiamo dalla edizione Harmondworth, Penguin Books,
1962, p. 93.
Narratività già contiene elementi strutturali importanti, come per esem-
digitale pio causalità e altri tipi di relazioni significative, segmenta-
zioni in fasi, riordinamenti temporali e spaziali, ecc. Questa
distinzione fu stabilita dai formalisti russi, che isolarono i
due concetti di “fabula” e “soggetto” [sjuzet].43
43. Manfred Pfister, The Theory and Analysis of Drama, cit, p. 197.
44. Jeffrey Hatcher, The Art & Craft of Playwriting, Cincinnati, Story Press, 1996; qui
citiamo dall’edizione italiana Scrivere per il teatro. Teoria, tecnica ed esercizi, trad. it. di
Roberto Cruciani, Roma, Dino Audino, 2002, p. 10.
45. Manfred Pfister, The Theory and Analysis of Drama, cit, p. 196.
Neodrammatico gina morì di dolore perché il re morì” sarebbe una narrativa
digitale allo stesso modo di “Il re morì, e la regina morì di dolore”.
Antonio Pizzo
La narrazione è un processo che produce una rappresenta-
zione narrativa della storia (in questo caso, è uno scrittore
che conduce il processo). Proseguendo in questa direzione
potremmo dire che è possibile anche un altro tipo di opera
chiamato dramma. Ipotizziamo quindi che un ulteriore pro-
cesso chiamato drammatizzazione produca un dramma. Come
sappiamo, una caratteristica esterna del dramma è che le
azioni sono agite da personaggi al tempo presente. Così tutta
la storia dovrà essere resa con dialoghi e azioni. La competen-
za insita nel processo va da ciò che Elam definisce come «or-
dine sintattico», «intensità informativa», «purezza illocuto-
ria», «controllo del tempo dei tempi del floor-apportionment»46,
fino all’abilità di contenere l’azione in una data misura. Allo
stesso modo, nel processo, è necessaria la conoscenza delle
convenzioni sceniche e recitative contemporanee (dalla sce-
nografia alla descrizione di personaggi), e in generale dei
cosiddetti frames: cioè «le strutture concettuali o cognitive
impiegate dai partecipanti e dagli osservatori per dare senso
60 a una data porzione di comportamento, che derivano dai
principi convenzionali per mezzo dei quali il comportamento
stesso organizzato»47. Per esempio, alcune connessioni tra
eventi, chiaramente definite nell’opera narrativa, possono
essere inespresse in questo stadio, in quanto sono intrinse-
camente esplicite nella rappresentazione fornita dall’opera.
Alcune parti della descrizione del personaggio sono lasciate
all’azione che lui o lei compie piuttosto che alla dettagliata
descrizione dello scrittore, e alcune possono addirittura esse-
re saltate e demandate alla presenza reale dell’attore. Come
scrive Elam: «Una appropriata decodifica di un dato testo
deriva soprattutto dalla familiarità che lo spettatore possiede
con altri testi (e così con le regole testuali apprese)»48. Dun-
que, lo stesso esempio di plot utilizzato da Forster, potrebbe
essere drammatizzato (si noti che esiste equivalenza, oltre
che nel contenuto trasmesso, in termini di eventi e connes-
sioni temporali e causali): “Il servo – Sua maestà: il Re è mor-
to!; La Regina – Arghh! (muore)”. L’esempio – fatta salva la
1. Elder Olson, Tragedy and the Theory of Drama, Detroit, Wayne State University
Press, 1961, p. 30.
2. Ivi, p. 31.
3. Si veda a proposito la definizione di dramatic media per cui sono drammatici
tutti quei media che rappresentano azioni agite da personaggi: M. Esslin, The Field
of the Drama cit., p. 33.
Neodrammatico postdrammatica, alcune regole compositive restano alla base
digitale dei prodotti di largo consumo e si trovano ribadite in buona
Antonio Pizzo
parte dei manuali di scrittura.
Ci dirigiamo quindi verso una semplificazione, che però
vuole chiarire che ogni tipo di teoria formale e/o compu-
tazionale del dramma deve innanzitutto delimitare i propri
scopi. Ciò che chiamiamo formalizzazione del dramma, è il
modello alla base di qualsiasi sistema che intenda produrre
manifestazioni drammatiche, e non presuppone alcun giudi-
zio di valore sull’arte, sul teatro, sul film, ecc. Tantomeno si
offre come modello per un’analisi del complesso sistema dei
media e della loro relazione/influenza sui contenuti. E certo
non intende discutere di stile e poetiche. Un modello forma-
le di dramma mette a fuoco solo ciò che la prassi artistica e la
riflessione culturale hanno definito come qualità specifiche
della rappresentazione drammatica; cioè, le informazioni, in
qualsiasi forma siano scritte, e il modo in cui possono essere
processate.
In italiano il termine dramma è generalmente associato,
da un lato al testo scritto e dall’altro al “genere serio” (il
68 dramma appunto) che fa la sua apparizione con Denis Di-
derot, definito come intermedio tra commedia e tragedia, in
particolare nel terzo dei Dialoghi sul Figlio naturale4.
In ambito anglofono la parola assume uno spettro se-
mantico più ampio: una “School of Drama”, non è un corso
per scrittori bensì ciò che in italiano intenderemmo come
scuola di teatro. Drama ha sia il valore di opera scritta per il
palcoscenico, sia di una situazione in cui esiste un conflitto.
In ogni caso conserva, come in italiano, il significato greco
di “fare, agire, performare”: dal greco drâma, derivazione di
dráō “agisco”.
Il dramma viene generalmente definito come composizio-
ne in prosa o in versi destinato alla rappresentazione scenica.
Ma in senso meno letterale è considerato una sequenza di
azioni strutturate da un insieme dato di connessioni, normal-
mente descritto in un testo o – in senso più ampio – in una
4. I dialoghi di Denis Diderot sono apparsi con il titolo Dorval et moi, come ag-
giunta all’edizione del 1757 di Le Fils naturel, ou les Épreuves de la Vertu. Qui utilizzia-
mo l’edizione italiana tradotta e curata da Marialuisa Grilli: Denis Diderot, Teatro
e scritti sul teatro, Firenze, La Nuova Italia, 1980. Per una puntuale rassegna delle
edizioni e delle risorse on line del testo si veda la voce Diderot nel catalogo di www.
actingarchives.unior.it.
Il dramma partitura. Come si vede, la nozione è comunemente posta in
come sistema relazione con la scrittura e la letteratura: il dramma è qual-
di regole
cosa che può essere scritto, e questa scrittura ha una qualche
tecnica differente da quella del romanzo o della poesia5.
Però la divisione in atti o in capitoli, la maggior o minor
presenza di dialoghi, delle didascalie, o del discorso in pri-
ma persona, sono caratteristiche “superficiali”, convenzioni
culturali che non sono sinonimi di “caratteristiche dramma-
tiche”.
Szondi ha definito il dramma come un’azione al tempo
presente che è agita direttamente dai personaggi6. Ogni
dramma, al di là dalla forma che assume nella sua presenta-
zione, produce nello spettatore la percezione di quella che
intuitivamente chiamiamo storia, all’interno di una sequenza
di situazioni presenti. La storia è «l’insieme di tutti gli eventi
in una narrazione, sia quelli presentati esplicitamente, sia
quelli dedotti dallo spettatore»7. Esiste dunque un contenuto
(la storia) che può essere enunciato in forme diverse (tra le
altre il dramma). La storia di Amleto comprende sia la di-
sputa tra tra i regni di Danimarca e Norvegia, sia l’assassinio
del Re, ma Shakespeare seleziona un determinato insieme 69
di eventi e azioni nel dramma, lasciando il resto al racconto
dei personaggi. Si tratta della stessa distinzione tra fabula e
soggetto diffusa in ambito semiotico, alla quale abbiamo ac-
cennato nel capitolo precedente, dove la fabula corrisponde
al mythos di Aristotele, uno dei sei elementi della tragedia,
mentre il soggetto individua la specifica rappresentazione di
eventi e personaggi così come essi sono comunicati e com-
binati nell’opera8. In ambito teatrale, Elam descrive la storia
come «struttura dinamica» e «costrutto mentale», mentre
il soggetto è «la struttura della disposizione strategica delle
informazioni»9.
È chiaro che la fabula, essendo un ricavato del sjuzet [sog-
getto] in quanto tale, costruisce una parafrasi di un tipo
14. Allardyce Nicoll, The Theatre and Dramatic Theory, New York, Harrap, 1962,
p. 11.
15. K. Elam, Semiotica del teatro cit., p. 10.
16. A. Nicoll, The Theatre and Dramatic Theory cit., p. 42.
Neodrammatico messo in scena»17. La questione è rilevante in questa sede
digitale perché, se si vuole tentare una descrizione computazionale
Antonio Pizzo
dell’oggetto chiamato dramma, bisognerà che questo abbia
una propria autonomia formale. Una ipotetica incompletez-
za renderebbe vano il tentativo di descriverlo senza ricorrere
ai codici, molto complessi, della performance. Introdurre la
necessità della messa in scena nella definizione di un’estetica
del testo drammatico è pericoloso perché si compie l’erro-
re di utilizzare una categoria estrinseca (la messa in scena)
per definire l’oggetto della nostra analisi (il dramma). Que-
sto è chiaro nell’esempio riportato da Concetta D’Angeli:
«nessuno m’impedisce di comprarmi un vestito da sposa
non per sposarmi, ma solo perché mi piace; però, resta vero
che il vestito da sposa è progettato e cucito per le spose»18.
La funzione sociale dell’oggetto culturale (il matrimonio
per il vestito da sposa) appartiene a un ordine di questioni
(ritualità sociale, religione, ecc.) che esulano l’estetica, ma
soprattutto riguarda un evento definito da altri segni, da un
altro linguaggio. Il rito del matrimonio classico potrebbe cer-
tamente aver bisogno dell’abito da sposa, ma il codice che
72 regge l’abito, per esempio quello italiano, risponde a regole
precise in se stesse: il bianco virginale, il velo che nasconde il
viso, la ricchezza dell’ornamento, ecc. E si tratta di segni che
rispondono al linguaggio dell’abito e non dell’evento, tanto
da ritornare (distinti) in situazioni diverse (il convento, il
ricevimento di gala, il rito della comunione) e in paesi e riti
diversi (cattolico e protestante). Dunque, l’abito da sposa è
tale anche nella vetrina di un negozio.
Ma torniamo a quanto suggerito da Ryan, e cioè a consi-
derare la narrativa come una sorta di rappresentazione cogni-
tiva, transmediale e transdisciplinare19. Dobbiamo supporre
che la differenza tra romanzo e dramma risieda nella diversa
percezione: ne abbiamo rappresentazioni cognitive differen-
ti. Non è rilevante che il romanzo si legge e il testo si mette in
scena, quanto il fatto che producono due rappresentazioni
cognitive differenti anche se sottoposti a una pratica di deco-
dificazione della scrittura apparentemente simile (la lettura).
17. Concetta D’Angeli, Forme della drammaturgia. Definizione ed esempi, Torino, Utet,
2004, p. 4.
18. Ivi, p. 5.
19. Cfr. qui p. 64 (cap. 2, par. 5).
Il dramma Del resto lo stesso Aristotele aveva stabilito che esiste una
come sistema peculiarità della scrittura drammatica in se stessa.
di regole
Bisogna appunto che, anche senza vedere, il racconto sia
composto in modo tale che chi ascolta lo svolgimento dei
fatti sia preso dai brividi e dalla compassione in seguito agli
avvenimenti.20
Pierluigi Donini, nella sua introduzione alla Poetica, spiega
che l’elogio al poema omerico deriva dal riconoscimento di
una sua drammaticità, la quale a sua volta è riconosciuta co-
me culmine dei generi poetici in quanto massima forma di
imitazione21.
Perché un testo poetico riesca “drammatico” non c’è
bisogno alcuno della recitazione di esso in una rappresen-
tazione scenica; si tratta di una qualità inerente alla poesia
e legata soltanto alla sapienza “imitativa” del poeta, indipen-
dentemente da condizionamenti esterni e da situazioni ma-
teriali o concrete di presentazione del testo.22
20. Poetica, 1453b 1-10. Qui citiamo il trattato di Aristotele nella edizione
con introduzione, traduzione e cura di Pierluigi Donini, Torino, Einaudi, 2008,
p. 93.
21. P. Donini, Introduzione ad Aristotele, Poetica cit., p. xxviii.
22. Ivi, p. xxix.
23. Ivi, pp. cxxi-cxxxiv.
Neodrammatico In questa sede, il discorso di Aristotele, naturalmente, è da
digitale ritenere soltanto una considerazione preliminare, e la discus-
Antonio Pizzo
sione sulle regole drammatiche deve svilupparsi su modelli
storicamente più prossimi a noi. Ribadiamo che una formula-
zione computazionale non può prescindere dal riconoscere
uno standard drammatico contemporaneo e pertanto esclu-
de a priori, almeno in una fase iniziale, le metodologie di
scrittura di tutte quelle opere che appartengono all’universo
post-drammatico individuato (seppur da punti di vista diffe-
renti) da Lehmann o da Mango24.
In un manuale per gli studenti della Louisiana State Uni-
versity, nel 1946, Cleant Brooks e Robert B. Heilman, scri-
vono:
Questo libro rappresenta un tentativo di dare corpo ai se-
guenti principi: (1) il primo obiettivo di chi insegna dram-
maturgia è di abituare gli studenti ad avere a che fare con
la struttura fondamentale del dramma - di insegnargli a stu-
diare il dramma non solo come semplice storia letteraria o
storia di idee o espressione della personalità dell’autore, ma
come dramma, una speciale forma con metodi e caratteristi-
74 che proprie.25
24. L. Mango, La scrittura scenica cit.; H.-T. Lehmann, Postdramatic Theatre cit.
25. Cleanth Brooks, Robert Bechtold Heilman, Understanding Drama, New York,
George G. Harrap, 1946, p. ix.
26. John L. Styan, The Elements of Drama, Cambridge, Cambridge University Press,
1960 (qui citiamo dall’edizione del 1993, pp. 12-20).
Il dramma generiche e ormai superate (per esempio, il dramma non ha
come sistema descrizioni dirette o pensieri interiori), e sembra riferirsi a
di regole
una forma di dramma ancora tardo ottocentesca (non vie-
ne fatta menzione di Brecht, per esempio), il saggio mette
in luce alcuni elementi che ritroveremo spesso in opere più
moderne. Il dramma, dicono gli autori, è un comportamento,
un’azione riferita a un personaggio; ogni battuta è il punto di
partenza di quella che segue; le questioni che la trama solleva
devono essere chiare. Alcuni decenni dopo Stuart Spencer
sembra specificare ulteriormente: «L’azione drammatica non
è far qualcosa. Non è un’attività fisica. Non è il personaggio
che si muove sul palcoscenico […] L’azione è ciò che il per-
sonaggio vuole»27. In sintesi il dramma non è letteratura, sia
perché deve innanzitutto mostrare alcuni personaggi nelle
loro azioni, sia perché queste ultime non devono essere ridot-
te alla mera descrizione di un movimento, bensì manifestare
una intenzionalità. L’azione deve scaturire (in modo più o
meno diretto) da una motivazione interna ai personaggi e nel
contempo fornire informazioni su di loro e i loro obiettivi. E,
soprattutto, deve esserci il maggior numero possibile di con-
flitti. Il dialogo diventa sinonimo di conflitto e quest’ultimo 75
è presente in un’azione che possiede una causa e un effetto.
Azione, obiettivo, conflitto, sono termini che assumono
una specifica rilevanza nella prospettiva computazionale
perché possono essere ricondotti a una sorta di punto di
vista “azionale”, e con ciò, per ora, intendiamo la centralità
dell’azione, non intesa come sbilanciamento verso la messa
in scena, bensì come rappresentazione di comportamenti
(rappresentare azioni al tempo presente). Si tratta di un
punto di vista chiaramente e volutamente parziale, che non
tiene conto né del quadro storico letterario, né degli studi
culturali. Ma l’influenza del dramma nella ricerca informa-
tica al fine di modellare eventi e azioni, riguarda appunto
gli specifici mezzi con cui il dramma costruisce la narrazione,
intesi nella loro organizzazione unitaria come uno dei modi
di rappresentare il mondo.
Minore, dunque, è l’influenza di quelle ricerche che in-
tendono l’opera teatrale, il dramma, come lavoro scritto, la-
voro letterario e, dal loro punto di vista, oggetto di un’analisi
27. Stuart Spencer, The Playwright’s Guidebook, New York, Faber and Faber, 2002,
p. 38.
Neodrammatico che può procedere secondo le categorie come stile, vocaboli,
digitale generi. Questa tendenza vive per tutto il Novecento fino ai
Antonio Pizzo
nostri giorni, sfumando spesso i confini (pur in origine molto
marcati) tra critica letteraria e studi culturali, cosicché le sto-
rie di Ibsen avrebbero un’implicazione sessuale, Pirandello
sarebbe ossessionato dall’incesto; di Brecht emergerebbe la
dottrina marxista, di Beckett la poetica dell’assurdo, ecc. Con
ogni probabilità, questa attitudine affonda le radici nell’este-
tica idealista, come insegnata da Benedetto Croce nel suo Bre-
viario di Estetica, secondo la quale l’arte è principalmente un
atto di intuizione, e il fruitore non potrà mai raggiungere il
vero significato di essa a meno che non entri in contatto con
il nucleo profondo dell’opera grazie agli strumenti della sua
interpretazione28. La distinzione tra dramma, teatro, poesia,
racconto, sarebbe alquanto superficiale perché la sola cosa
che conta è l’arte. Da questa posizione, limpida e raffinata
nella sua coerenza, scaturiscono però una serie di approcci
letterari interpretativi e psicologici all’opera drammatica,
che Elam definisce «ingenuamente idealisti», in cui spesso lo
studioso osserva il personaggio come un network più o meno
76 complesso e unificato di tratti sociali e psicologici; cioè come
una distinta “personalità” piuttosto che come una funzione di
una struttura drammatica29. Anche se consideriamo un’auto-
rità nell’ambito della di critica letteraria, Harold Bloom, e il
suo saggio su Shakespeare30, è certamente molto importante
per percepire la complessa natura descritta nel personaggio
di Amleto e il suo lungo processo di sviluppo, ma è meno di-
rettamente efficace per la comprensione della tecnica dram-
matica o per fondarvi una modellazione di un personaggio
artificiale. Questi studi sul dramma, quindi, non appaiono
influenti in ambito computazionale, così come la nozione di
“testo spettacolare” appare più evanescente nel momento in
cui è necessario ricondurla a definizioni univoche e formali.
In ogni caso possiamo contare su una lunga tradizione di
regole per la scrittura drammatica, magari non sufficiente-
28. Benedetto Croce, Breviario di estetica, Bari, Laterza, 1913; qui citiamo dalla edi-
zione Milano, Adelphi, 2001, nella quale appare insieme a Aestetica in nuce.
29. K. Elam, Semiotica del teatro cit., p. 135.
30. Harold Bloom, Shakespeare: the Invention of the Human, New York, Riverhead
Books, 1998; pubblicato in Italia con il titolo Shakespeare: l’invenzione dell’uomo, Mi-
lano, BUR, 2003.
Il dramma mente formalizzate in modo da essere direttamente utili in
come sistema una prospettiva computazionale, ma certo tanto ricche da
di regole
suggerire la possibilità di un lavoro in tal senso31. È vero che
molte di esse riguardano problemi morali, sociali, a volte
estetici, e che nessuna ha prodotto un modello capace di
descrivere i fatti del dramma in termini di struttura di dati e
processi, ma possono rappresentare un punto di partenza.
Allo stato attuale la nozione di dramma appare influente
nelle procedure computazionali per il modo particolare in
cui organizza la narrazione, e per gli elementi che utilizza.
Il contributo della semiotica non è marginale (valgano per
esempio i diversi modelli legati alle teorie di Propp, Grei-
mas, Barthes)32, e in generale sono studi semiotici più vicini
alla narratologia, alla costruzione del racconto, piuttosto che
a quelli che analizzano la performance come, per esempio,
quelli di Honzl, Eco o De Marinis33. Del resto, come suggeri-
sce Gregory Currie, in un articolo sul personaggio nella nar-
rativa, anche se comunemente distinguiamo il dramma dalla
narrativa, è possibile considerare il primo come una forma del
secondo: «il teatro è narrativa in un medium specifico, senza
narratore o del tipo che alcune volte (non sempre) troviamo 77
nel romanzo; e generalmente riguarda i pensieri e le azioni di
particolari persone nelle loro transazioni causali con gli altri
e il mondo»34. Inoltre, l’attenzione non è quasi mai dedicata
a uno specifico testo, ma alle caratteristiche che quel testo
condivide con altri; in altre parole si tenta di descrivere uno
standard. Si tratta di accettare la distinzione tra “lavoro” e
“testo” come la descrive Currie in un altro intervento:
Plot, personaggio, struttura narrativa, stile e genere non
sono caratteristiche del testo, ma del lavoro, poiché lavori
31. Cfr. Bernard Frank Dukore, Dramatic Theory and Criticism: Greeks to Grotowski,
New York, Holt, Rinehart and Winston, 1974.
32. Marc Cavazza, David Pizzi, Narratology for Interactive Storytelling: A Critical Intro-
duction, in S. Gobel, R. Malkewitz, I. Iurgel (a cura di), Technologies for Interactive Di-
gital Storytelling and Entertainment - LNCS 4326, Berlin-Heidelberg, Springer Verlag,
2006.
33. Jindrich Honzl, Dynamics of the sign in the theatre, in Ladislav Matejka, Irwin
R. Titunik (a cura di), Semiotics of Art: Prague School Contributions, Cambridge, MIT
Press, 1976; Umberto Eco, Semiotics of theatrical performance, in «The Drama Review:
TDR», vol. 21, n. 1, 1977, pp. 107-117; Marco De Marinis, Semiotica del teatro. L’ana-
lisi testuale dello spettacolo, Milano, Bompiani, 1982.
34. Gregory Currie, Narrative and the psychology of character, in «Journal of Aesthet-
ics and Art Criticism», vol. 67, n. 1, febbraio 2009, p. 61.
Neodrammatico con lo stesso testo possono differire secondo tutte queste di-
digitale mensioni di variazione. Il testo è solo una sequenza di paro-
Antonio Pizzo
le, e l’unico tipo d’interpretazione che si può fare di un testo
è di spiegare il significato delle sue parole e frasi costituenti
così come sono date dalle convenzioni del linguaggio.35
2. Azioni
La nozione di dramma si rivela feconda in ambito computa-
zionale perché può fornire un modello di azioni significative,
o meglio, il modo in cui organizzarle al fine di una rappre-
sentazione coerente e comprensibile dalla quale emergano
effetti emozionali.
Nel 1895, George Polti ha definito Trentasei situazioni dram-
matiche, come un set di combinazioni o una maniera di rag-
giungere specifici goal (obiettivi). Nel suo saggio omonimo,
elenca una serie definita di situazioni, e per ciascuna indica
il numero e il tipo di elementi dinamici (agenti) fondamen-
tali36. Inoltre ognuna delle trentasei situazioni è suddivisa
ulteriormente in classi e in gradazioni (nuances). Nella pri-
ma situazione, denominata supplicare, gli elementi dinamici
78
necessari sono un persecutore, un supplicante e un’autorità in
carica le cui decisioni non possono essere poste in discussio-
ne. Al suo interno, come spiega l’autore, le classi sono così
articolate:
Nella prima (A), il potere del quale attendiamo la de-
cisione è un personaggio distinto che delibera. Sia che lo
faccia per motivi di prudenza o di apprensione per coloro
che ama, o a causa di minacce del persecutore, o meglio,
per propria generosità, o rispondendo all’appello dei per-
seguitati. Nella seconda (B), per mezzo di una contrazione
analoga a quella che abbrevia un sillogismo in un entimema,
il potere che deve decidere è un attributo dello stesso per-
secutore, per esempio, un’arma nella sua mano, che dovrà
trovare il suo corso. Nella terza (C), al contrario, l’elemen-
to supplicante è diviso tra due persone, il perseguitato e
35. Gregory Currie, Work and text, in «Mind», vol. 100, n. 3, 1991, p. 338.
36. George Polti pubblicò Les trente-six situations dramatiques a Parigi, Mercure de
France, nel 1895; qui citiamo dalla ristampa anastatica edita da Kessinger Pub-
lishing nel 2003 di una delle edizioni inglesi, The Thirty-Six Dramatic Situations,
trad. di Lucille Rey, Boston, The Writer, 1940. Una sintesi italiana delle situazioni
drammatiche è riassunta nel saggio di Daniele Barberi, Le 36 situazioni da Polti a
Palmer, pubblicato nella sezione saggi del sito web www.ocula.it nel novembre 1998
(http://www.ocula.it/files/dbarbieri-le_36_situazioni_[270,713Kb].pdf).
Il dramma l’intercessore, aumentando così il numero dei personaggi
come sistema principali a quattro.37
di regole
In ognuna delle classi, poi, Polti definisce le sottoclassi (nuan-
ces). La prima classe “A” della situazione supplicare può esse-
re ulteriormente specificate in tre sottoclassi: “A1” fuggiti-
vi implorano l’aiuto di un potente contro i propri nemici;
“A2” implorare assistenza affinché si compia un pio dovere
interdetto; “A3” implorare un rifugio per morire38. Infine per
ogni sottoclasse elenca alcuni esempi che possono coincidere
con opere complete (Le supplici di Eschilo), parti specifiche
(l’atto II del Re Giovanni di Shakespeare) o esempi conosciuti
(le scene dai protettorati coloniali). Queste ultime non so-
no tratte da dramma ma piuttosto situazioni storico-sociali-
economiche in cui la particolare situazione potrebbe essere
ben rappresentata.
1° supplicare
1.C l’elemento
1.A il potere del quale 1.B il potere che supplicante è diviso
attendiamo la decisione deve decidere è un tra due persone,
79
è un personaggio attributo dello stesso il perseguitato e
distinto che delibera persecutore l’intercessore
1.A.2 Implorare
1.A.1 Fuggitivi
assistenza per 1.A.3 Implorare un
implorano un potente
compiere un pio dovere rifugio per morire
contro i loro nemici
interdetto
Fig. 1
Esempio di
rappresentazione grafica
(complete) (parziali) (vita reale) della prima situazione
Le Supplici King John (atto III) Le colonie drammatica descritta da
Polti e delle sue gradazioni
3. Conflitto
Le attività svolte dai cosiddetti elementi dinamici, formano
un insieme di comportamenti altrimenti detti azioni dram-
matiche. Com’è evidente anche in Polti, una delle princi-
pali caratteristiche dell’azione drammatica è la presenza di 83
una tensione, una riconoscibile opposizione tra personaggi,
un’attitudine al contrasto che possiamo generalmente chia-
mare “conflitto”.
Il termine, o almeno il suo significato più generale, è ubi-
quo nella teoria e nella critica drammatica, e se ne trovano
i segni anche nella tragedia classica. Il senso specifico e il
modo in cui diventa pervasivo nella produzione drammatica
moderna è legato alla nascita del nuovo genere serio, in cui
questo contrasto inizia ad assumere alcuni tratti più definiti
e acquista un significato moderno.
Diderot, nei suoi Discorsi sulla poesia drammatica, apparsi
nel 1758 insieme a Il padre di famiglia, produce «una specie
di manuale di drammaturgia (il primo tentativo importante
in questo senso da d’Aubignac in poi): come tracciare uno
schema, disporre gli avvenimenti, trattare l’esposizione, svi-
luppare i caratteri, strutturare gli atti e le scene»46. Quando,
nello specifico, fornisce alcune regole per la scrittura e la
combinazione dei personaggi, Diderot dichiara la sua prefe-
51. Gotthold Ephraim Lessing iniziò a lavorare come Dramaturg presso il Teatro
Nazionale di Amburgo e in questa occasione intraprese la pubblicazione a puntate
(tra il 1767 e il 1769) dell’opera che conosciamo con il titolo di Drammaturgia
d’Amburgo; qui citiamo l’edizione tradotta da Paolo Chiarini, Roma, Bulzoni, 1975,
p. 377.
Neodrammatico regina deve sembrare meno di quello che è: farli camminare
digitale entrambi su dei trampoli, col naso nelle nuvole, farli guarda-
Antonio Pizzo
re con disprezzo a tutto ciò che li circonda, ingenererebbe
la più stucchevole monotonia.52
83. Henry Arthur Jones, Introduction, in Ferdinand Brunetière, The Law of the Dra-
ma, a cura di H.A. Jones, New York, Dramatic Museum of Columbia University,
1914, p. 37.
84. L. Egri, L’arte della scrittura drammaturgica cit.
Neodrammatico È la prima volta che leggo un libro che mi dice perché
digitale un’opera non funzionerà in scena, e tutto questo molto tem-
Antonio Pizzo
po prima che io abbia firmato contratti con artisti ben pagati
e che abbia messo in moto una produzione che mi costerà
quanto una villa a Long Island.85
89. Qui riprendiamo uno spunto di Lehmann che definisce il dramma come «pro-
cedura per la creazione di presenze», in La presenza del teatro cit., p. 19.
Il dramma in quanto non fanno avanzare la vicenda (il primo) e non la
come sistema rendono credibile (il secondo).
di regole
Un manuale di scrittura più recente (1993) recita:
La natura degli ostacoli tra il protagonista e l’obiettivo
determina buona parte della natura del lavoro. Riconosco
tre diverse categorie di ostacoli – l’ostacolo fisico, l’ostacolo
della volontà di un altro personaggio, e l’ostacolo interno,
cioè qualcosa interno al personaggio.90
90. Jeffrey Sweet, The Dramatist’s Toolkit: the Craft of the Working Playwright, Ports-
mouth, Heinemann, 1993, pp. 31-32.
91. Y. Lavandier, L’ABC della drammaturgia cit., p. 47.
92. Robert McKee, Story. Substance, Structure, and the Principles of Screenwriting,
New York, HarperCollins, 1997. È stata pubblicata una traduzione (Roma, Interna-
tional Forum, 2000). Qui ci riferiremo alla versione inglese.
93. Ivi, p. 146.
Neodrammatico in cui evolvono nel tempo mediante, una serie di elementi
digitale specifici: attrazione, conflitto, contrasto, trasformazione94.
Antonio Pizzo
Il contrasto è così fondamentale da diventare – per Jean-
Pierre Ryngaert – anche lo strumento principe per la com-
prensione analitica del testo:
Il primo compito è individuare il conflitto principale.
C’è un conflitto quando un soggetto è contrariato, nella
sua impresa, da un altro soggetto (personaggio) o quando
incontra un ostacolo sociale, psicologico o morale.95
4. Organizzazione e segmentazione
Abbiamo visto che la forma drammatica può essere descritta
come una serie di azioni eseguite da personaggi, nelle quali
deve esserci, manifestato o implicito, un conflitto. È anche
94. Linda Seger, Creating Unforgettable Characters, New York, H. Holt, 1990, pp. 91-
119.
95. Jean-Pierre Ryngaert, L’analisi del testo teatrale, trad. it. di Letizia Volpini, Roma,
Dino Audino, 2006, p. 47.
96. S. Spencer, The Playwright’s Guidebook cit., p. 58
97. J. Hatcher, Scrivere per il teatro cit., pp. 32-33.
98. Syd Field, The Definitive Guide to Screenwriting, London, Ebury, 2003, p. 13.
Il dramma emerso che quest’ultimo deve essere orchestrato, gestito, se-
come sistema condo una evoluzione che, conduca o meno a una concilia-
di regole
zione, abbia una durata e una forma. Bisogna ora delineare i
termini in cui si pone la questione della organizzazione degli
elementi drammatici.
La natura del testo drammatico è sempre stata connessa
a una nozione di durata specifica. La misura di una tragedia
è un argomento presente in Aristotele, non tanto nella co-
siddetta “unità di tempo”, quanto nella descrizione di quale
possa essere l’azione che il poeta deve imitare. «La tragedia
è l’imitazione di un’azione compiuta e intera, dotata di una
certa grandezza»; così che debba avere un inizio, un mezzo e
una fine. Ma l’azione deve anche avere una grandezza e una
disposizione ordinata, tale che duri finché sia possibile com-
prendere l’evoluzione della storia e il modo in cui avvengono
i suoi cambiamenti (dalla fortuna alla sfortuna o viceversa)99.
Come ricorda Donini, «un simile intero deve possedere un
principio, un mezzo e una fine che siano in corrispondenza
della consecuzione logicamente necessaria di tali partizioni;
[la consecuzione] deve risultare in una grandezza, una di-
mensione e una lunghezza complessiva dell’azione che sia 99
sempre memorizzabile e, dunque, intellegibile»; quindi, «le
esigenze di grandezza, interezza, unità e consequenzialità
dell’azione, sono sempre pensate in funzione dell’intellegi-
bilità complessiva del mithos stesso»100.
L’attribuzione esplicita di una regola di durata non viene
mai direttamente negata e spesso si collega alle possibilità
di presentazione pubblica. Proprio questa natura sociale del
dramma, anche quando non ne nega la natura letteraria,
ne mette in evidenza la matrice azionale ed è alla base della
lapidaria definizione di Lukács, il quale opta sinteticamente
per la brevità: «Il fine del dramma è l’effetto di massa, e le
circostanze oggettive in cui deve raggiungere questo suo fine
sono in realtà già implicite nel concetto medesimo di effetto
di massa, vale a dire: il tempo a disposizione deve essere re-
lativamente breve»101.
La questione del tempo della visione, dalla quale parte
Lukács, non riguarda il numero di pagine, di battute. In altre
5. Agenti
Forse anche grazie allo sviluppo di questa matrice strutturali-
sta, negli ultimi due decenni assistiamo a un altro passaggio
fondamentale. Come ricorda Ryngaert,
difronte alla concezione tradizionale del personaggio-nu-
cleo, definito dal suo essere, si è elaborata l’immagine di un
104. Algirdas Julien Greimas, Del senso 2: narrativa, modalità, passioni, trad. it. di
Patrizia Magli, Maria Pia Pozzato, Milano, Bompiani, 1985, pp. 45-63.
105. Cfr. Etienne Souriau, Les deux cent mille situations dramatiques, Paris, Flamma-
rion, 1950.
106. Alessandro Serpieri, Keir Elam, Paola Gullì Publiatti, Tomaso Kemeny, Ro-
mana Rutrelli, Toward a segmentation of the dramatic text, in «Poetics Today», vol. 2,
n. 3, 1981, pp. 163-200.
107. K. Elam, Semiotica del teatro cit., p. 135.
Neodrammatico personaggio definito dalle azioni che compie, dal modo in
digitale cui si inserisce nella fabula diventando il supporto e il vettore
Antonio Pizzo
di forze che agiscono. […] Le recenti ricerche sulla narrati-
vità, sulle strutture del racconto conducono ad analizzare i
personaggi come forze, come attanti.108
110. Michel Wooldridge, Nicholas Jennings, Intelligent agents: theory and practice, in
«Knowledge Engineering», vol. 10, n. 2, 1995, p. 115.
111. Michael Bratman, Intention, Plans, and Practical Reason, Cambridge, Harvard
University Press, 1987.
112. Per il modello di razionalità limitata, intenzioni e paradigma BDI, si vedano:
Michael E. Bratman, David J. Israel, Martha E. Pollack, Plans and resource-bounded
practical reasoning, in «Computational Intelligence», vol. 4, n. 4, 1988, pp. 349-
355; Michael E. Bratman, What is intention?, in Philip R. Cohen, Jerry L. Morgan,
Martha E. Pollack (a cura di), Intentions in Communication, Cambridge, MIT Press,
1990; Cohen Philip R., Hector J. Levesque, Intention is choice with commitment, in
«Artificial Intelligence», vol. 42, 1990, pp. 213-261; Anand S. Rao, Michael P. Geor-
geff, BDI agents: from theory to practice, in Victor Lesser (a cura di), First International
Conference on Multiagent Systems (ICMAS-95), AAAI, 1995, pp. 312-319.
Neodrammatico D’altronde è vero che la scelta di andare al supermercato
digitale (pratica) benché tenga conto di deduzioni logiche (è fini-
Antonio Pizzo
to il latte) possa assumere come spunto anche stati emotivi
(ho voglia di vedere gente). Pertanto il modello di agency,
basato sulla razionalità, non è sufficiente per cogliere la com-
plessità dell’azione umana. D’altro lato, la ricerca scientifica
ha dimostrato che emozione e atteggiamento partecipativo
sono strumenti di conoscenza. Il neuroscienziato Antonio
Rosa Damasio, in un suo famoso saggio intitolato L’errore di
Cartesio, immette la componente emozionale all’interno del
processo decisionale razionale. L’autore ritiene che l’errore
sia stato di non capire che l’apparato della razionalità è in re-
lazione con la regolazione biologica. Un processo decisiona-
le (per esempio quello di compiere una scelta tra due o più
alternative), secondo Damasio, non coincide con un’analisi
che consideri minuziosamente i pro e i contro di ciascuna
scelta. Il più delle volte, quando per esempio affrontiamo
questioni legate al nostro vissuto personale e sociale, la stra-
tegia decisionale utilizza memorie di esiti del passato che
siano in relazione con la situazione presente. Poiché quelle
104 esperienze hanno lasciato alcune tracce, queste a loro volta
richiamano emozioni e sentimenti che possono scatenare
valutazioni negative o positive113. Perciò, sempre più spes-
so, le teorie di agenti tentano di introdurre modelli formali
per le emozioni nell’organizzazione delle azioni. Particolare
rilevanza ha la proposta cognitiva, comunemente chiamata
OCC, dalle iniziali dei nomi degli autori Ortony, Clore, Col-
lins, che descrive una gerarchia di emozioni (ventidue tipi)
fondamentalmente riguardanti le conseguenze di eventi e
azioni114.
Le teorie di agenti possono contribuire alla segmenta-
zione dell’evento drammatico grazie alla creazione di un
modello formale di azione, intesa come frutto di processo
deliberativo, e descritta come piano per il raggiungimento di
un determinato obiettivo, e segmentata secondo una logica
ricorsiva di piani e sotto-piani. Non sono però sufficienti per
fornire indicazioni su come organizzare le azioni in sequenze
113. Antonio R. Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Mi-
lano, Adelphi, 1995.
114. Andrew Ortony, Gerald L. Clore, Allan Collins, The Cognitive Structure of Emo-
tions, Cambridge, Cambridge University Press, 1988.
Il dramma complesse, e soprattutto con una durata coerente all’effetto
come sistema emotivo (drammatico) sullo spettatore.
di regole
6. Arco drammatico
Se provassimo a combinare le diverse situazioni e sfumatu-
re di Polti in qualche ordine, alla fine otterremmo qualcosa
che ricorderà il dramma classico ma che probabilmente non
produrrebbe alcun coinvolgimento emotivo poiché manca di
quelle che potremmo intuitivamente definire “qualità dram-
matiche” del plot. Come abbiamo già accennato nel paragrafo
sulle azioni, il dramma è più che una semplice combinazione
di un dato insieme di azioni. Il risultato di questa combinazio-
ne ha un suo movimento specifico, una forma che ci appare
drammatica. Olson descrive il plot come un sistema di più
azioni che possiedono un qualche attributo (che per Olson è
morale) e che siano tenute insieme da una qualche principio
unificatore115. Anche se, come abbiamo detto, il conflitto è un
elemento necessario per il dramma, quest’ultimo non è solo
la disposizione di agenti con obiettivi opposti o contrastanti,
ma possiede anche una modellazione specifica del ritmo, del-
la durata, delle peripezie, dei riconoscimenti e delle catastrofi 105
(per utilizzare una terminologia aristotelica).
In un dramma assisteremo al dispiegamento degli agenti
in gioco nella prima parte, poi seguiremo il complicarsi della
vicenda fino ad arrivare a un culmine di tensione dopo il
quale si giungerà a una soluzione. Nonostante la generalità
di queste affermazioni, dobbiamo, come minimo, ricono-
scere che è necessaria una modellazione di questo tipo di
andamento. L’ordinamento non è solo soggetto a un qual-
che principio cronologico (la narrativa e il dramma possono
anche esporre gli eventi non seguendo il loro ordine crono-
logico): si tratta anche di modellare il dispiegamento della
componente emotiva. Abbiamo già visto in Polti che ogni si-
tuazione possedeva, implicitamente, una carica emozionale.
Adesso dobbiamo chiederci come questa carica sia distribuita
nel corso dell’azione, e su quali oggetti dobbiamo misurarla:
le azioni rappresentate o le reazioni del pubblico.
È consuetudine rappresentare la tensione emotiva con-
nessa a un racconto, a un dramma, a un film secondo un arco
116. Nelson Zagalo, Anthony Barker, Vasco Branco, Story reaction structures to emo-
tion detection, in Barbara Barry, Kevin Brooks (a cura di), Proceedings of the 1st ACM
Workshop on Story Representation Mechanism and Context SRMC 04, 2004, pp. 33-38.
117. Il lavoro di Freytag fu pubblicato con il titolo Technik des Dramas a Lipsia
dall’editore Berlag vod G. Birzel nel 1863; a partire dall’anno successivo Elias J.
MacEwan ne curò una traduzione inglese, Technique of the Drama, della quale furo-
no pubblicate varie edizioni; qui citiamo dalla ristampa anastatica di una edizione
del 1899, Amsterdam, Freedonia Books, 2005.
118. Ivi, p. 19.
119. Ivi, pp. 30-36.
120. Ivi, p. 104.
c: climax
b: crescita d: ritorno
Fig. 2
a: introduzione e: catastrofe Il triangolo di Freytag
1) Introduzione
• Nota chiave – Atto I – Scena 1 – Apparizione dello spettro
alle guardie ed Orazio
• Esposizione – Scena 2 – La corte riunita nella sala del Ca-
stello. Introduzione dei personaggi principali
• Scena di collegamento – Scena 2 – Monologo di Amleto
«fragilità il tuo nome è donna»
• Scena di collegamento – Scena 3 – Casa di Polonio: i consigli
del padre ai figli
2) Momento o Forza scatenante
• Introduzione alla nota chiave – Scena 4 – Piattaforma del
castello: Amleto, Orazio e le guardie attendono lo spettro
• Nota chiave – Scena 4 – Appare lo spettro e Amleto lo se-
108 gue
• Parte principale – Scena 5 – Dialogo tra lo spettro e Amleto
(l’intera introduzione funziona come un’unità dramma-
tica che trova qui il suo climax)
• Transizione – Scena 5 – Amleto fa giurare gli amici
3) Movimento ascendente
• Primo stadio ascendente
* Le contro parti – Atto II – Scena 1 – Casa di Polonio:
Ofelia racconta della follia di Amleto. Scena 2 – Sala
del castello: Re, Regina, danno incarico a Rosencrantz
e Guildenstern di sorvegliare Amleto. Gli ambascia-
tori raccontano di Fortebraccio che avanza, Polonio
legge la lettera di Amleto. Tutti decidono di far incon-
trare Ofelia d Amleto.
• Secondo stadio ascendente – Amleto decidere di mettere il
re alla prova
* Episodio A – Amleto contro Polonio – Scena 2 – Dia-
logo Amleto Polonio sulla vecchiaia
* Ep. B – Amleto contro i cortigiani – Scena 2 – Dialogo
di Amleto con Rosencrantz e Guildenstern
* Ep. C – Amleto insieme agli attori
124. M. Pfister, The Theory and Analysis of Drama cit., pp. 241 e 242.
125. E. Olson, Tragedy and the Theory of Drama cit., p. 127.
126. Eric Bentley, The Life of the Drama, New York, Applause Theatre Books, 1991,
p. 15.
127. L. Egri, The Art of Dramatic Writing cit., pp. 218-229.
Neodrammatico per orchestrare le impressioni128. Sweet mette in evidenza
digitale che ogni opera risponde a una struttura retta da conflitti129.
Antonio Pizzo
Sono proprio i manuali più recenti a riprendere la neces-
sità della struttura, dell’organizzazione secondo termini che
derivano da Freytag. Lavandier specifica che nella dramma-
turgia contemporanea gli atti non sono più quelli “logistici”
che avevano a che fare con i cambiamenti di scena, entrate
di personaggi, durata dell’illuminazione, ma si tratta di atti
drammatici, con i quali s’intende il modo di articolare la nar-
razione mediante le azioni, optando per una divisione in tre.
Il primo atto presenta tutto quel che succede prima del
momento in cui l’obiettivo del protagonista diventa chiaro
(consciamente o inconsciamente) nella mente del pubblico.
[…] Nel secondo atto si svolgono i tentativi del protagonista
di raggiungere il suo obiettivo: è quel che chiamiamo azione
ed è, naturalmente, la parte più lunga dell’opera. Il secondo
atto si conclude nel momento in cui non c’è più obiettivo,
o perché il protagonista l’ha raggiunto, o perché vi ha ri-
nunciato. […] Il terzo atto descrive le ultime conseguenze
dell’azione.130
112 In queste parti individua i «nodi drammatici» essenziali: il
climax che si trova alla fine del secondo atto, e che può essere
anche raddoppiato (nel terzo atto) o triplicato (nel mezzo
del secondo atto); l’evento scatenante che determina la na-
scita degli obiettivi; la transizione tra primo e secondo atto in
cui gli obiettivi vengono dichiarati; il colpo di scena in cui in-
terviene l’ironia drammatica e la sorpresa dello spettatore131.
Le tre parti sono al loro interno organizzate in sequenze e
scene, e ognuna di esse risponde alla stessa logica organiz-
zativa dell’intera opera secondo un modello frattale132. A ciò
corrisponde una struttura di obiettivi generali del protagoni-
sta che contengono al loro interno obiettivi specifici.
Jeffrey Hatcher, nel capitolo dedicato alla struttura, dopo
aver indicato le caratteristiche di eventi chiave (punto d’at-
tacco, incidente scatenante, climax e momento della verità)
138. M. Pfister, The Theory and Analysis of Drama cit., pp. 230 e 234.
139. R. McKee, Story cit., pp. 32-43.
Neodrammatico mo segmentare con precisione l’organizzazione delle unità
digitale drammatiche. McKee sintetizza l’organizzazione frattale co-
Antonio Pizzo
me un albero di macro e micro unità in cui i livelli sono atti,
sequenze, scene, beats. Questo albero, nella sua organizza-
zione temporale, definisce l’arco drammatico. La discussione
su quante parti o atti compongano un plot completo varia a
seconda degli autori. Mckee tende a riprendere una struttura
a cinque atti proposta da Egri. Altri, come Syd Field, David
Mamet, Jeffrey Hatcher o Aronson, preferiscono la struttura
in tre atti. O alcuni, come Spencer, preferiscono descrivere la
struttura standard in due atti, ma sostanzialmente assorbono
il terzo nella breve parte finale del secondo140.
Ciò che è rilevante è la forma dell’arco drammatico, così
come la sua scomposizione in parti alle quali si associano
particolari funzioni e qualità. In modo quasi unanime, la
letteratura – diremmo più tecnica – sull’argomento descrive
queste parti nella loro funzione per l’avanzamento della sto-
ria, ma valuta questo avanzamento in base agli effetti prodotti
sullo stato dei personaggi. L’arco drammatico si compone
quindi di una serie di azioni e reazioni il cui scorrere provoca
116 definiti cambiamenti nello stato dei personaggi. L’accadere
di questi cambiamenti definisce una struttura emotiva divisa
in fasi determinate dalla particolare funzione narratologi-
ca (esposizione, crisi, risoluzione, ecc.) e da specifici nodi
azionali (incidente scatenante, punto di non ritorno, climax
ecc.).
7. Emozioni
Da quanto abbiamo visto l’arco drammatico è strettamente
legato al percorso emotivo dei personaggi dell’intreccio e
soprattutto a quello del protagonista. Nel dramma, l’agente è
un segno iconico che contribuisce alla rappresentazione del-
le emozioni nella ricezione del pubblico, e in genere opera
mediante la descrizione “realistica” delle emozioni.
Ciò che il dramma presenta è sempre una lotta che, con
grande tormento d’animo, il protagonista conduce contro le
140. La struttura in tre atti è indicata da S. Field, The Ultimate Guide to Screen-
writing cit.; J. Hatcher, Scrivere per il teatro cit.; D. Mamet, I tre usi del coltello cit.; e
Linda Aronson, The 21st Century Screenplay: A Comprehensive Guide to Writing Tomor-
row’s Films, Crows Nest, Allen & Unwin, 2010. L’ipotesi in due parti è proposta da
S. Spencer, The Playwrigt’s Guidebook cit.
Il dramma forze contrastanti […] L’eroe principale deve sempre essere
come sistema in forte contrasto con il suo oppositore.141
di regole
Le unità che compongono la struttura (comunque le si voglia
chiamare, beat, scene, sequenze, atti), e il cui ordine segue
un criterio di tensione, sono caratterizzate soprattutto da
una carica emotiva, a sua volta derivata dai conflitti vissuti
dai personaggi. Dunque possiamo affiancare alla descrizione
delle unità drammatiche l’ipotesi di Gregg M. Smith, nel suo
saggio Film Structure and the Emotion System, e supporre che si
tratti anche di unità emotive.
Un episodio emotivo è una serie di emozioni che sono
percepite come una struttura coerente che ha un inizio, un
mezzo e una fine […] Sono processi, non stati. Il termine
episodio implica una (delimitata) sequenza di eventi, ed
enfatizza che le emozioni cambiano nel corso della unità
coerente.142
145. Melanie Anne Phillips, Chris Huntley, Dramatica. A New Theory of Story, Glen-
dale, Write Brothers Press, 2004, p. 26.
Neodrammatico un modello che, alla base, assume che tra il dramma e il suo
digitale pubblico esista una qualche corrispondenza culturale tale da
Antonio Pizzo
permettere la comprensione dei comportamenti presentati.
Olson, seguendo l’insegnamento aristotelico, ribadisce la ne-
cessità di un accordo culturale tra il dramma e il pubblico,
riassunto nella capacità di comprendere i comportamenti
umani, i segni delle emozioni, ed elaborare un giudizio sul-
le vicende al di là dei propri interessi specifici146. Dal canto
suo, e più in generale, Elam riconosce la necessità di una
conoscenza di codici, specifici e non, per la fruizione sia della
performance sia del dramma.
Quando entriamo in teatro e acconsentiamo a parteci-
pare all’interazione attore-spettatore, automaticamente ap-
plichiamo quei codici specifici della performance – che pos-
sono essere definiti codici teatrali –, i quali ci permettono di
comprenderla nei suoi termini e non come un avvenimento
spontaneo e accidentale, al modo stesso del brano di un
film. Analogamente mettiamo in atto, laddove è richiesta, la
nostra conoscenza di regole generiche, strutturali, stilistiche,
etc., – cioè i codici drammatici – relative al dramma e alla sua
composizione. Nello stesso tempo, tuttavia, non possiamo
120
trascurare l’interno contesto dei più generali principi cul-
turali, ideologici, etici ed epistemologici che applicheremo
nelle nostre attività extra-teatrali.147
La cultura svolge un lavoro di socializzazione degli strumen-
ti che permettono ai suoi componenti di esprimere e com-
prendere le emozioni, definendo quelle circostanze che le
attivano, gli agenti che possono provarle e i confini di ciò che
sentiamo ed esprimiamo148.
E chiaro che la ricezione non può intendersi come atto
passivo, bensì deve essere inscritta in un complesso lavoro di
problem solving che serve a ricostruire le relazioni causali della
trama149. Quando osserviamo l’evolvere della storia di Romeo e
Giulietta siamo impegnati in un continuo lavoro di confronto
tra ciò che sappiamo, ciò che sta accadendo e ciò che potreb-
be accadere in relazione al modello culturale di riferimento
150. Mark O. Riedl, Michael R, Young, From linear story generation to branching story
graphs, in «IEEE Computer Graphics and Applications», vol. 26, n. 3, 2006, pp. 23-
31; degli stessi autori, An intent-driven planner for multi-agent story generation, in Proce-
edings of the 3rd International Conference on Autonomous Agents and Multi Agent Systems,
2004, pp. 186-193.
Neodrammatico di dare un senso in termini di intenzionalità ai personaggi,
digitale quella possibile prosecuzione della trama sarebbe scartata. Del
Antonio Pizzo
resto, in quasi tutte le teorie che fondano i cosiddetti sistemi
intelligenti o i personaggi sintetici, la nozione di comportamento
espressivo sottintende che i sistemi intelligenti non dovrebbero
solo esibire comportamenti razionali, ma anche le motivazioni
che li sottendono. Ciò implica che il sistema dovrebbe inten-
zionalmente includere nel suo comportamento quelle azioni
che funzionano, rispetto a un osservatore umano, come segni
nel processo di comunicazione delle proprie motivazioni151.
Si tratta di modelli che condividono molte delle ipotesi
elaborate dalla teoria drammatica sulla relazione tra ope-
ra e pubblico. Anche Freytag aveva chiara la questione: «Il
compito del poeta non era quello di presentare i fatti a noi,
sul palcoscenico, ma anche di renderli percepibili nei sen-
timenti, nei desideri e nell’azione dei suoi personaggi, per
renderli più evidenti, a sviluppare in conformità di probabilità
e ragione»152. In termini generali, Olson collega il plot alle
emozioni del pubblico, ma nega la fondatezza di una imposta-
zione essenzialmente identificativa con i personaggi per pre-
122 ferire l’ipotesi che i sentimenti del pubblico derivino da una
considerazione morale (approvazione o disapprovazione):
«le emozioni non sono l’unico effetto del dramma, ma sono
necessariamente collegate a un giudizio morale, di valore»153.
Pertanto è incline a riconoscere la presenza di un atteggia-
mento di simpatia e non di empatia: «i nostri sentimenti verso
un’opera sono quei sentimenti che noi non abbiamo verso
noi stessi, bensì verso gli altri»154. L’attenzione che Olson dedi-
ca alle emozioni del pubblico contiene sia l’approccio problem
solving, sia il ragionamento anticipatorio alla base del modello
di emozioni di Ortony Clore e Collins155.
Un’emozione è uno stato mentale accompagnato da pia-
cere o dolore. Possiamo distinguere, io credo, tre diversi tipi
di queste [emozioni]. Alcuni sono dolori; alcuni sono piaceri;
165. Magnolia, regia di Paul Thomas Anderson (1999). Per quanto riguarda la
nozione di film polifonici si veda John Bruns, The polyphonic film, in «New Review
of Film and Television Studies», vol. 6, n. 2, agosto 2008, pp. 189-212.
166. Bill Tomlinson, Bruce M. Blumberg, Delphine Nain, Expressive autonomous
cinematography for interactive virtual environments, in Proceedings of the Fourth Interna-
tional Conference on Autonomous Agents – AGENTS ’00, New York, ACM Press, 2000,
pp. 317-324.
167. Super Mario è una serie della Nintendo nata nel 1985 e poi costantemente
evoluta fino a oggi per diverse piattaforme, inclusa la wii). Tomb Raider fu creato
nel 1996 e ha avuto numerose realease per la PlayStation fino a pochi anni fa. Grand
Theft Auto fu creato da Rockstar Games nel 1997 sempre per PlayStation, ed ha
continuato a essere sviluppato fino a oggi. Assassin’s Creed è stato lanciato sul mer-
cato nel 2008 dalla Ubisoft, disponibile per tutte le piattaforme, e tuttora ha un
Il dramma Resta chiaro che dal punto di vista psicologico lo spettato-
come sistema re struttura una serie di atteggiamenti partecipativi comune-
di regole
mente compresi nell’ambito dell’identificazione. Come rias-
sume Carroll in The Philosophy of Horror, in quanto pubblico,
si configurano generalmente queste situazioni.
Ci piace il protagonista; riconosciamo che le circostanze
del protagonista sono abbastanza simili a quelle in cui ci sia-
mo trovati noi stessi; simpatizziamo con il protagonista; siamo
uniti per interessi, o sentimenti, o principi, o tutte queste con
il protagonista; osserviamo il dipanarsi dell’azione dal punto
di vista del protagonista; condividiamo i valori del protagoni-
sta; per la durata della nostra relazione con la storia, siamo
rapiti tanto da cadere nell’illusione che ciascuno di noi in
qualche modo si considera il protagonista.168
enorme successo come una vera e propria saga fiction. The Gateaway è stato pub-
blicato da Sony per Playstation2 nel 2002 ed ha avuto un sequel nel 2004, in cui si
gestiscono, in sequenza, due personaggi. Heavy Rain, creato da Quantic Dream nel
2010 si presenta come un film interattivo di genere thriller noir, in cui il giocatore
può controllare quattro personaggi principali.
168. Noël Carroll, The Philosophy of Horror, or, Paradoxes of the Heart, New York,
Routledge, 1990, p. 89.
169. P. Pavis, L’analisi degli spettacoli cit., pp. 287-288, riassume la classificazione
proposta da Hans-Robert Jauss, Ästhetische Erfahrung und literarische Hermeneutik,
Neodrammatico di quale siano le caratteristiche che il personaggio debba mo-
digitale strare per essere selezionato. Non è detto, per esempio, che
Antonio Pizzo
in Madame Bovary il lettore scelga solo Emma, bensì potrebbe
essere attratto dall’ostinata devozione del marito, Charles, e
quindi osservare la vicenda dalla sua prospettiva. Vale, cioè,
una regola diffusa in narrativa secondo la quale è necessario
essere in simpatia con un personaggio, secondo un criterio di
concentrazione e intensità (in poco più di un’ora vogliamo po-
ter dare un giudizio sulle caratteristiche del personaggio) che
segna una differenza ontologica con la vita reale170. La nostra
selezione del personaggio protagonista è frutto di una contrat-
tazione complessa tra direttive autoriali, tecnica drammatica e
categorie cognitive, sociologiche, psicologiche, morali, etiche.
In termini generali il personaggio principale è definito
secondo un criterio di «simpatia drammatica» con la quale
s’intende la capacità del personaggio di farsi comprendere,
di permettere al pubblico di riconoscere la sua valutazione
emotiva della situazione in cui si trova. Così noi proviamo
pietà per la colpa e il rimorso di Edipo; e per lo stesso motivo
possiamo legare le nostre emozioni a quelle dei grandi malva-
128 gi, da Riccardo III dell’omonimo testo di Shakespeare, a Roy
Cohn di Angels in America 171.
D’altronde non possiamo escludere che, al contrario,
alcuni personaggi ci attraggono in quanto corrispondono
(date alcune coordinate sociali, psicologiche e naturalmente
culturali) a ciò che riteniamo “simpatico”, secondo un atteg-
giamento simile a quello che avremmo con qualcuno nella
vita reale. Naturalmente questa ipotesi vale soprattutto per
il modello di personaggio postottocentesco, progettato per
rappresentare un individuo simile al nostro quotidiano, e me-
no per l’eroe classico. In ogni caso, questa generica simpatia
deriva sempre da una vitalità emotiva esposta dal personaggio.
Come abbiamo già detto, in Una casa di bambola, assumiamo
il punto di vista di Nora, ne seguiamo i timori, gli sviluppi, la
presa di coscienza, gli esiti; in Filumena siamo attenti alle vi-
172. Rossana Damiano, Antonio Pizzo, Emotions in drama characters and virtual
agents, in Ann Horswill et al. (a cura di), Emotion, Personality, and Social Behavior,
Papers from the 2008 AAAI Spring Symposium, AAAI Press, 2008, pp. 30-37.
173. Alessandro Giovannelli, In sympathy with narrative characters, in «Journal of
Aesthetics and Art Criticism», vol. 67, n. 1, febbraio, 2009, p. 85.
174. N. Carroll, The Philosophy of Horror cit., p. 90.
175. Alessandro Giovannelli, Immaginare storie e personaggi, in «Annali del Diparti-
mento di Filosofia», Firenze, Firenze University Press, 2005, p. 282.
Neodrammatico ne eminentemente interpersonale, nel senso che proviamo
digitale emozioni in relazione a quelle provate da un altro individuo;
Antonio Pizzo
ma è anche vero che la relazione può essere tra un individuo
e un’entità più articolata (una squadra di calcio, i cittadini di
un paese). In questi casi la funzione del personaggio è divisa
tra agenti diversi la cui unità è ricostituita nella percezione
dello spettatore.
Anche in questo caso possiamo trovare fondamento nella
Poetica, in particolare nella lettura di Donini. Lì, sia dal punto
di vista dei personaggi e delle loro vicende, sia da quello della
funzione dell’opera e i suoi effetti sul pubblico, le emozioni
hanno un ruolo centrale, e Donini nota che le emozioni rap-
presentate nella vicenda non coincidono con quelle provate
dal pubblico. «Si intuisce che la rappresentazione mimetica,
mediante il piacere (cognitivo) che suscita, può produrre an-
che un rovesciamento delle emozioni, una trasformazione di
queste dal negativo e doloroso al positivo»176. La complessità
è data dalla natura cognitiva dell’approccio aristotelico, che
però non limita la partecipazione al dramma alle sole fun-
zioni della razionalità, ma propone «l’integrazione piena di
130 conoscenza ed emozioni come effetto complessivo e unitario
del componimento poetico»177. L’effetto sul pubblico della
tragedia, per Aristotele, consiste sia nella comprensione della
vicenda narrata sia nella pietà e nella paura; e anche se nella
Poetica la questione non è direttamente affrontata, Donini si
chiede come i due effetti, cognitivo ed emozionale, siano in-
tegrati178. Nella sua lettura, la principale emozione provata dal
pubblico è il piacere della mimesi che nasce dalla possibilità
di comprendere e concludere con il ragionamento, e da ciò se
ne deduce che la chiave per comprendere come la fruizione
del pubblico non sia né la replica del percorso emotivo dei
personaggi (empatia), né una semplice reazione personale a
quanto vediamo (simpatia). Questo passaggio da «reazioni di
pena, disgusto o paura a un effetto di piacere» segnala la pre-
senza di un più articolato percorso emotivo del pubblico179.
Alla base del discorso di Donini sulle emozioni esiste un ra-
dicale ripensamento della lettura classica della Poetica. In gene-
180. Ivi, p. cix. Diversamente da quanto per esempio si legge nella edizione tradot-
ta da Manara Valgimigli, Bari, Laterza, 1973; «la quale [tragedia] ha per effetto di
sollevare e purificare l’animo da siffatte passioni» (Poetica, cap. 6, 1449 b, pp. 27-28).
181. Ivi, p. cxxl.
182. Ivi, p. cxlii.
Neodrammatico oppure empatia (le emozioni che provo con l’altro) e questi
digitale due atteggiamenti non sono mutualmente esclusivi, bensì ne-
Antonio Pizzo
cessari l’un l’altro183. Una risposta simpatetica non può fare a
meno di una componente empatica. In sintesi, partecipiamo
emotivamente con il personaggio in quanto proviamo le sue
emozioni, oppure possiamo assumerne la prospettiva e osser-
vare il mondo dal suo punto di vista. Dunque noi proviamo
i sentimenti del personaggio ma possiamo anche osservare
il mondo ed essere preoccupati per quanto gli accade, al di là
delle emozioni che lui in quel momento sta rappresentando184.
Giovannelli quindi propone la definizione del protagoni-
sta non sono sul piano del “quanto sono preoccupato per
lui” bensì sulla qualità della preoccupazione: «Noi siamo pre-
occupati per il protagonista in modo speciale, nel modo in
cui lo siamo quando sappiamo cosa significhi per qualcuno
passare le esperienze che lui sta vivendo»185. La preoccupa-
zione (che è tipica di un atteggiamento simpatetico) diventa
così un elemento chiave che fa assumere allo spettatore gli
obiettivi (goal) del personaggio e, di conseguenza gli stessi de-
sideri. Una volta che questi obiettivi sono descritti nelle azioni
132 del personaggio, possiamo assumerne i desideri e provare le
emozioni connesse con la loro realizzabilità: in altre parole,
abbiamo un atteggiamento empatico186.
Uno schema simile è presentato anche da Smith secondo
il quale la partecipazione immedesimativa si fonda sulle aspet-
tative sviluppate in relazione al raggiungimento degli obiettivi
del personaggio: lo spettatore simula lo stato del personaggio
e attiva procedure cognitive simili a quelle legate alle proprie
motivazioni, e da ciò può scaturire un’esperienza empatica
che corrisponde a tali procedure187. Ciò non toglie però che
«sentire per un personaggio è diverso da sentire con un per-
sonaggio. Se un personaggio è tenuto prigioniero e sotto tiro,
possiamo sentire con il personaggio perché entrambi com-
prendiamo il pericolo. Se vediamo che un personaggio (senza
saperlo) è nel mirino di un fucile di precisione, noi possiamo
provare paura per il personaggio. La differenza dipende dallo
197. Roger C. Schank, Robert P. Abelson, Scripts, Plans, Goals, and Understanding:
An Inquiry into Human Knowledge Structures, Hillsdale, L. Erlbaum Associates, 1977.
Si veda anche la chiara descrizione delle nozioni di frame e script presente in Giu-
seppe Gigliozzi, Introduzione all’uso del computer negli studi letterari, a cura di Fabio
Ciotti, Milano, Paravia - Bruno Mondadori, 2003, pp. 158-163.
198. G.M. Smith, Film Structure and the Emotion System cit., p. 48.
Il dramma sarà sempre e comunque il frutto di un complesso intervento
come sistema di codici molteplici. In questo modo si salda il legame con
di regole
l’impianto di analisi semiologica della performance laddove
abbandona l’idea di segni individuali per raggrupparsi secon-
do un processo di vettorizzazione:
Vettorizzazione è, un mezzo al tempo stesso metodolo-
gico, mnemotecnico e drammaturgico di legare insieme
reticoli di segni. Essa consiste nell’associare e connettere
dei segni che vengono presi in reticoli all’interno dei quali
ciascun segno non ha senso se non nella la dinamica che lo
lega agli altri.199
208. William Shakespeare, Hamlet, a cura e note di Harold Jenkins, London, Ar-
den Shakespeare, Thomson Learning, 1982.
Il dramma 14. H.: why wouldst thou be a breeder of sinners? I am myself indif-
come sistema ferent honest; but yet I could accuse me of such things that it
di regole
were better my mother had not borne me
15. H.: I am very proud, revengeful, ambitious; with more offences
at my beck than I have thoughts to put them in, imagination
to give them shape, or time to act them in. What should such
fellows as I do crawling between earth and heaven?
16. We are arrant knaves, all; believe none of us. Go thy ways to a
nunnery.
17. H.: Where’s your father? O.: At home, my lord.
18. H.: Let the doors be shut upon him, that he may play the fool
nowhere but in’s own house. Farewell. O.: O, help him, you
sweet heavens!
19. H.: If thou dost marry, I’ll give thee this plague for thy dowry,–
be thou as chaste as ice, as pure as snow, thou shalt not escape
calumny. Get thee to a nunnery, go: farewell.
20. H.: Or, if thou wilt needs marry, marry a fool; for wise men know
well enough what monsters you make of them. To a nunnery, go;
and quickly too. Farewell. O.: O heavenly powers, restore him!
21. H.: I have heard of your paintings too, well enough; God hath
given you one face, and you make yourselves another: you jig,
141
you amble, and you lisp, and nickname God’s creatures, and
make your wantonness your ignorance.
22. H.: Go to, I’ll no more on’t; it hath made me mad. I say, we will
have no moe marriages: those that are married already, all but one,
shall live; the rest shall keep as they are. To a nunnery, go. [Exit.]
209. Cfr. per esempio le letture di Marvin Rosenberg, To know a Shakespeare cha-
racter, in Lois Potter, Arthur F. Kinney (a cura di), Shakespeare, Text and Theater:
Essays in Honor of Jay L. Halio, Newark, University of Delaware Press, 1999, p. 169;
e di Arthur Colby Sprague, Shakespeare and the Actors; The Stage Business in His Plays
(1660-1905), Cambridge, MA, Harvard University Press, 1944.
Neodrammatico abbia una doppia entrata210, anticipando di qualche verso la
digitale sua apparizione nella scena (atto II, scena 3) e che abbia spia-
Antonio Pizzo
to Polonio dichiarare il piano («At such a time I’ll loose my
daughter to him»). Questa tradizione si fonda sulla necessità
di motivare sia l’improvvisa e immotivata (apparentemente)
domanda «Where’s your father?», sia la reazione alla risposta
di Ofelia: «At home, my lord». Non tutti concordano con que-
sta lettura alla quale viene mossa un’aspra critica da Harold
Jenkins nel suo commento per l’edizione Arden:
L’assunzione che Amleto sappia di essere spiato si fonda,
sono sicuro, su un completo fraintendimento della “scena
del convento”, a sua volta basato sia su in fraintendimento
del comportamento di Amleto verso Ofelia, sia delle conven-
zioni drammatiche elisabettiane.211
210. Si veda in proposito John Dover Wilson, What Happens in Hamlet, Cambridge,
Cambridge University Press, 1951.
211. W. Shakespeare, Hamlet, a cura e note di H. Jenkins cit., p. 496.
212. H.D.F. Kitto, Form and Meaning in Drama; a Study of Six Greek Plays and of Ham-
let, London, Methuen, 1956, pp. 275-283.
Il dramma scontata per aumentare la tensione. Se Amleto sapesse degli
come sistema spioni, perché non li smaschera subito? Perché la minaccia ai
di regole
due si contiene in una sola frase e per tutto il resto del tempo
si rivolge a Ofelia nella speranza di redimerla dalla corte? Del
resto anche l’improvvisa domanda, sostiene Kitto, potrebbe
non essere frutto di un piano logico, bensì essere provocata
dalla complessa situazione psicologica del personaggio, dalla
suo stato di eccitazione che favorisce le rapide associazioni;
tanto è vero che la domanda “dove è tuo padre” sorge subito
dopo aver detto “bricconi matricolati”.
In sostanza esiste la possibilità di un’interpretazione più
“intimista” della scena in cui la tensione drammatica è da-
ta dal travaglio interiore di Amleto più che dall’intrigo. La
drammaticità della scena risiederebbe quindi nella solitudine
dei due contendenti e nel loro confronto diretto. Se ammet-
tessimo che Amleto sa del complotto dovremmo necessaria-
mente leggere la scena del convento, e anche, in parte, il
monologo “essere e non essere”, come un costante “questo
per quello”, “parlo con Ofelia ma mi rivolgo ai due”. Insom-
ma si perderebbe molta dell’intimità del momento. La disil-
lusione non deriverebbe dalla menzogna dell’amata, quanto 143
dalla presa di coscienza che lui non può amare nessuno nel
mondo corrotto della corte di Elsinore.
È d’altronde vero che l’approfondimento psicologico del
personaggio non nega direttamente la possibilità che Amleto
sappia. Infatti persino in una delle più famose messe in scena
del testo (1948), in chiave esistenziale e psicologica, Laurence
Olivier (nella cui interpretazione l’intimità del sentimento ha
tanta parte) dissemina decine d’indizi (sguardi, azioni, toni)
che restituiscono nell’insieme l’impressione che Amleto sap-
pia benissimo di essere spiato. Così fa anche Mel Gibson nella
regia di Zeffirelli (1990), il quale in più sembra suggerire che
veda i due andare a nascondersi, e ne fa scorgere le ombre
durante il dialogo. E ancor di più Kenneth Branagh che, nel-
la propria versione in ambiente tardo ottocentesco (1996), fa
scaturire l’improvvisa domanda da un rumore dei due spioni
nel loro nascondiglio213. Inoltre il dibattito sulle motivazioni
214. Per maggiori informazioni e per navigare l’ontologia SUMO si veda il sito
web http://www.ontologyportal.org.
215. Per una descrizione più dettagliata dell’utilizzo delle risorse linguistiche uti-
lizzate si veda il par. 7 del capitolo successivo.
216. A. Ortony, G. L. Clore, A. Collins, The Cognitive Structure of Emotions cit.
Beat Beat
Descrizione
(goal dello starter) (azioni)
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FC: Arriving
arrive Theme: Ophelia
(Arriving) Goal: meet (Hamlet)
Place: Room (environment)
Cotheme: Hamlet
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FC:
1 Ophelia Agent: Hamlet
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(SocialInteraction)
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FC:
Agent: Hamlet
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leave FC: Preventing
(Leaving) Event: meeting
Agent: Hamlet
Preventing_cause: Fear (Emotion).
Destination: Out (environment)
Source: Room (environment)
Patient: Ophelia
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(UnilateralGiving) Recipient: Hamlet
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3 Ophelia FC: Respond_to_proposal
start_interaction Interlocutor: Ophelia
(Ophelia,Hamlet) - TRUE Proposal:
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(GivingBack)
FC: Getting
Theme: love presents (object)
Recipient: Hamlet
Speaker: Hamlet”
CO: http:sumoOntology/&%Giving=
give Agent: Ophelia
(UnilateralGiving) Recipient: Hamlet
Asset: love presents (object)
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4 Ophelia FC: Waiting
introduce_topic Salient_entity: Ophelia
(Ophelia,Hamlet,“Hamlet’s Expected_event:
feelings”) - FALSE CO: http:sumoOntology/&%PositionalA
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Agent: Ophelia
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4 Salient_entity: Ophelia
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ttribute+
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accuse
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Accused:Hamlet
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5 Ophelia CO: http:sumoOntology/&%expects=
introduce_topic FC: Waiting
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Addressee: Ophelia
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values”) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%considers=
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(Requesting) Cognizer: Ophelia
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FC: Questioning
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7 Hamlet (Requesting)
Addressee: Ophelia
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(Requesting) Cognizer: Ophelia
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8 Hamlet (Stating) Topic: Honesty, Beauty (Value)
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(Hamlet,Ophelia,“moral CO: http:sumoOntology/&%Debating+
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values are false”) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%Positiona
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10 Hamlet Speaker: Hamlet
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helia,“affections”) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%Stating+
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11 Hamlet FC: Waiting
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ections are false”) - TRUE Expected_event:
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Information:
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(EducationalProcess)
Experiencer: Hamlet
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Topic: Love (value)
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12 Hamlet
argue(Hamlet,Ophelia,“affec
tions are false”) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%Communication+
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regret Complaint:
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Addressee: Ophelia
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13 Hamlet FC: Waiting
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Ophelia,nunnery))) - TRUE Expected_event:
CO: http:sumoOntology/&%Positiona
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Salient_entity: Hamlet
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Agent: Hamlet
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Protagonist: Ophelia
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(EducationalProcess) Topic: Honesty
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14 Hamlet FC: Waiting
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Ophelia,nunnery))) - TRUE Expected_event:
CO: http:sumoOntology/&%PositionalA
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Agent: Hamlet
Activity: Speak
Protagonist: Ophelia
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advice
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(Directing)
Speaker: Hamlet
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FC: Waiting
15 Hamlet Salient_entity: Hamlet
advise(Hamlet,Ophelia,(go( Expected_event:
Ophelia,nunnery))) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%PositionalA
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Agent: Hamlet
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Protagonist: Ophelia
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Addressee: Ophelia
Content:
argue
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(EducationalProcess)
FC: Hiding_objects
Hidden_object: Ophelia
Hiding_place: Nunnary
16 Hamlet Speaker: Hamlet
argue(Hamlet,Ophelia,(go( CO: http:sumoOntology/&%expects=
Ophelia,nunnery))) - TRUE FC: Waiting
Salient_entity: Hamlet
Expected_event:
CO: http:sumoOntology/&%PositionalA
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FC: Activity_finish
Agent: Hamlet
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FC: Request
ask
Topic: Polonius
(Requesting)
17 Hamlet Addressee: Ophelia
know-if Speaker: Hamlet
(Hamlet,sincere(Ophelia)) -
TRUE
17 Hamlet
know-if
(Hamlet,sincere(Ophelia)) - CO: http:sumoOntology/&%TellingALie
TRUE FC: Intentional_deception
lie
Deceiver: Ophelia
(Pretending)
Topic: Polonius
Victim: Hamlet
CO: http:sumoOntology/&%IntentionalPsycholo
gicalProcess+
burst_out FC:
(Expressing) Agent: Hamlet
18 Hamlet Cause: reproach (emotion)
believe(Claudius&Polonius, Patient: Ophelia
mad(Hamlet)) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%Praying=
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pray
Member: Ophelia
(Expressing)
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Object: Hamlet
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(Expressing) Agent: Hamlet
Cause: reproach (emotion)
Patient: Ophelia
19 Hamlet CO: http:sumoOntology/&%expects=
believe(Claudius&Polonius, FC: Waiting
mad(Hamlet)) - TRUE Salient_entity: Hamlet
Expected_event:
CO: http:sumoOntology/&%PositionalA
do_nothing
ttribute+
FC: Activity_finish
Agent: Hamlet
Activity: Speak
Protagonist: Ophelia
CO: http:sumoOntology/&%Threatening=
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menace
Agent: Hamlet
(Committing)
Valued_entity: Ophelia
20 Hamlet Cause: immorality (value)
menace(Hamlet,
Claudius&Polonius) - TRUE CO: http:sumoOntology/&%Praying=
FC: Rite
pray
Member: Ophelia
(Expressing)
Desired_state: restore
Object: Hamlet
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insult FC: Abusing
(Committing) Victim: Ophelia
Abuser: Hamlet
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21 Hamlet FC: Waiting
insult(Hamlet, Salient_entity: Hamlet
Claudius&Polonius) - TRUE Expected_event:
CO: http:sumoOntology/&%PositionalA
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FC: Activity_finish
Agent: Hamlet
Activity: Speak
Protagonist: Ophelia
CO: http:sumoOntology/&%IntentionalPsycholo
gicalProcess+
burst_out FC:
(Expressing) Agent: Ophelia
22 Ophelia Cause: fear-confirmed (emotion)
complain(Ophelia,destiny) -
TRUE CO: http:sumoOntology/&%Leaving=
FC:
leave
Agent: Hamlet
(Leaving)
Destination: Out (environment)
Location: Room (environment)
Legenda: CO= concetto ontologico; FC = frame considerato; Emotion = stato emotivo da OCC; Environment
= ambiente; Value = valore; Object = oggetto.
217. Si veda qui il par. 6 del cap. 3, e anche G. Freytag, The Technique of Drama cit.
218. G. Currie, Narrative and the psychology of character cit., p. 66.
219. Ivi, p. 67.
Neodrammatico 4. Interactive drama tra videogioco e teatro
digitale
Antonio Pizzo
2. Mika Tuomola, Heikki Leskinen, Daisy’s amazing discoveries: Part 1 - The pro-
duction, in «Digital Creativity», vol. 9, n. 2, 1998, pp. 75-90; Mika Tuomola, Daisy’s
amazing discoveries : Part 2 - Learning from interactive drama, in «Digital Creativity»,
vol. 9, n. 3, 1998, pp. 137-152.
3. Neil C.M. Brown, Timothy S. Barker, Dennis Del Favero, Performing digital aes-
thetics: the framework for a theory of the formation of interactive narratives, in «Leonardo»,
vol. 44, n. 3, giungo 2011, pp. 212-219; Coral Houtman, Adventures in remediation:
the making of echo, in «Digital Creativity», vol. 22, n. 4, 2011, pp. 263-274.
4. Per una descrizione del progetto si veda il sito web Soft Cinema: Ambient Nar-
rative all’indirizzo http://www.softcinema.net; o anche il DVD in Manovich, Lev,
Andreas Kratky, Soft Cinema Navigating the Database, Cambridge, MIT Press, 2005.
5. Lev Manovich, Jason Danziger, Andreas Kratky, Ruth M. Lorenz, Soft Cinema
[catalogo], ZKM, Berlin, 2003, p. 9.
Neodrammatico L’autore decide le regole secondo le quali le scene sono
digitale associate tra di loro, ma non crea percorsi fissi. Al contrario
Antonio Pizzo
l’ordine delle scene è creato durante la visione.6
13. Lucien King (a cura di), Game on: The History and Culture of Videogames, New
York, Universe Pub, 2002; Rusel DeMaria, Johnny L. Wilson, High Score!: The Illu-
strated History of Electronic Games, Berkeley, McGraw-Hill/Osborne, 2002; Steven L.
Kent, The Ultimate History of Video Games, New York, Random House International,
2002.
14. Claus Pias, Action, adventure, desire. Interaction with PC games, in H. Hagebölling
(a cura di) Interactive Dramaturgies cit., pp. 139-140.
15. Ivi, p. 141.
16. Ivi, p. 142.
17. Andrew Stern, Deeper conversations with interactive art: or why artists must program,
in «Convergence: The International Journal of Research into New Media», vol. 7,
n. 1, 2001, pp. 17-24.
Interactive capitolo abbiamo visto che esistono approcci al videogioco
drama in una prospettiva narratologica che spesso ricorre a catego-
tra videogioco
e teatro rie drammatiche. Abbiamo visto anche che Aarseth contesta
aspramente l’indentità tra giochi e narrative18. Una posi-
zione ben riassunta in un articolo su «Digital Creativity» da
Markku Eskelinen, ricercatore e scrittore, che sostiene: «la
ludologia non riguarda la storia e il discorso, bensì le azioni
e gli eventi le cui relazioni non sono affatto completamente
determinate»19.
In un suo recente articolo, Dennis Del Favero, diretto-
re dello iCinema Centre for Interactive Cinema Research
(University of New South Wales), distingue tre modalità per
la narrazione interattiva. La prima, polychronic, vede lo spetta-
tore rimettere in sequenza elementi narrativi predeterminati
mediante la navigazione in un ambiente narrativamente co-
erente; si tratta in sintesi del modello esplorativo che abbia-
mo visto citato da Ryan e Aarseth. La seconda, transcriptive,
prevede il riassemblamento di clip e altri materiali audiovisivi
all’interno di un database annotato di materiali eterogenei e
non prodotti per una unica e specifica narrativa (per esem-
pio le clip video trasmesse da una rete televisiva in un dato 159
periodo); qui siamo nello stesso ambito in cui si muovono gli
esperimenti di Manovich. La terza modalità, co-evolutionary,
vede invece la partecipazione di agenti intelligenti capaci di
ragionamenti e comportamenti autonomi; ed è l’ambito nel
quale si muovono gli esperimenti di dramma interattivo in
cui lo spettatore interagisce con personaggi artificiali e in-
sieme a essi costruisce la narrazione, la quale si configura, a
sua volta, come emergente (organizzata al momento) e non
pre-scritta o assemblata20. In questo caso il lavoro di codifica e
modellazione non riguarda l’ambiente (come nel caso della
modalità esplorativa), né l’annotazione dei singoli brani nar-
rativi (come nel caso della narrativa mediante database), ben-
sì la definizione delle regole che producono la narrazione.
Negli ultimi due decenni le ricerche sia nel campo del-
le teorie sugli agenti, sia dell’intelligenza artificiale a fini di
21. Michael Mateas, An Oz-centric review of interactive drama and believable agents, in
Michael J. Wooldridge, Manuela Veloso (a cura di), Artificial Intelligence Today -
LNCS 1600, Berlin-Heidelberg, Springer Verlag, 1999, pp. 297-306; Bill Tomlin-
son, Bruce M. Blumberg, Delphine Nain, Expressive autonomous cinematography for
interactive virtual environments, in Proceedings of the Fourth International Conference on
Autonomous Agents - AGENTS ’00, New York, ACM Press, 2000, pp. 317-324; Barbara
Hayes-Roth, Robert Van Gent, Acting in character, in Paolo Petta, Robert Trapp (a
cura di), Creating Personalities for Synthetic Actors, Berlin-Heidelberg, Springer Ver-
lag, 1997, pp. 92-112.
22. A. Pizzo, Teatro e mondo digitale cit.
23. Maria Arinbjarnar, Heather Barber, Daniel Kudenko, A critical review of interac-
tive drama systems, in Daniela Romano, David Moffat (a cura di), Proceedings of AISB
2009 Symposium. AI & Games, Edinburgh, The Society for the Study of Artificial
Intelligence, 2009, pp. 15-26.
Interactive possono distinguere differenze nei modi di organizzare la
drama partecipazione dello user, gestire i personaggi autonomi, far
tra videogioco
e teatro avanzare l’intreccio. Tra le più affermate c’è la differenza,
che abbiamo già incontrato discutendo di Murray e Ryan,
tra storia ed esplorazione.
Una storia lineare o multilineare chiaramente non è un
dramma interattivo, perché non può soddisfare il bisogno
di interazione […] (il numero di storie fondamentalmen-
te differenti che può essere generato è molto limitato). Ci
sono giochi privi di una esplicita struttura della storia (si-
mulazioni) nei quali lo user è incoraggiato a percepire le
sue proprie storie nel mondo. Queste storie sono veramente
interattive, ma mancano dello sviluppo strutturato richiesto
dal dramma.24
26. Derek Alexander Burril, Out of the box: performance, drama, and interactive softwa-
re, in «Modern Drama», vol. 48, n. 3, 2005, pp. 492-512.
27. K. Elam, Semiotica del teatro cit., p. 124.
Interactive situazioni che, anche se possono essere personalizzate da chi
drama ne fa esperienza in un determinato momento, sono guidate
tra videogioco
e teatro da una struttura definita che tende a modellare il coinvolgi-
mento emotivo dello user. Il paradigma procedurale si basa
su un qualche modello dal quale è possibile procedere a una
rappresentazione computazionale.
Se lo standard produttivo chiede che un evento dramma-
tico abbia personaggi, conflitti, cambiamenti, complicazioni
e risoluzioni, questa configurazione può trovare diversi modi
per essere rappresentata. E con l’avvento dei nuovi media
digitali e procedurali, questo è ancor più vero. Del resto,
considerando quanta fiction drammatica consumiamo ogni
giorno, sarebbe a dir poco incompleta un’analisi del dramma
contemporaneo che non tenga conto della sua ri-mediazione
e della sua transmedialità. Le forme della drammaturgia con-
temporanea sono necessariamente, e nella prassi, transme-
diali. Le battute di un testo teatrale sono una delle possibili
forme, certo la più consueta, per la rappresentazione dei
comportamenti. Un paradigma procedurale può nascere
solo a condizione che si elabori un sistema formale per rap-
presentare – in forma di dati univoci – i significati impliciti 163
ed espliciti presenti in una singola battuta del testo.
Qui si inserisce il contributo, negli ultimi decenni, delle
teorie sugli agenti, all’interno dell’intelligenza artificiale, che
hanno prodotto alcuni modelli di descrizione formale per la
rappresentazione delle azioni28. Se queste teorie indicano un
modo per descrivere le azioni (non il modo in cui avviene
la comunicazione tra agente e spettatore ma proprio gli ele-
menti primitivi dell’azione), potrebbero anche indicare un
nuovo modo per descrivere o produrre il dramma.
Il videogioco narrativo può essere lo spunto per una forma
di scrittura drammatica che utilizzi un codice procedurale al
posto del linguaggio naturale. Si tratta di eventi ludici che
esprimono un contenuto narrativo e un’attitudine dramma-
tica, e devono dunque contenere una sapienza drammatica
nella storia e nell’interazione. Nel gioco narrativo coesistono
due matrici fortemente drammatiche: il plot (la struttura del-
la storia) e i personaggi (con le loro azioni rappresentative).
Per Janeth Murray, la storia, nella sua forma diremo epica,
29. Janet Murray, From game-story to cyberdrama, in Noah Wardrip-Fruin, Pat Harri-
gan (a cura di), First Person. New Media as Story, Performance, and Game, Cambridge-
London, MIT Press, 2004, p. 9.
30. Ivi, p. 10.
31. Pablo Gervás, Computational approaches to storytelling and creativity, in «AI Maga-
Interactive Si aprono due strade: (1) la costruzione di un intreccio pre-
drama definito ma modulabile che definisca un arco della tensione
tra videogioco
e teatro emotiva e nel quale far agire, insieme allo user, personaggi
definiti; (2) la generazione automatica di comportamenti
che creino l’impressione di un agente autonomo e credibile
(nelle emozioni e nelle intenzioni) che possa interagire ai
comandi dello user.
Il modo in cui i ricercatori affrontano questi punti indi-
vidua una sorta di classificazione per il dramma interattivo.
La prima categoria può essere riassunta nel modello con
“diagramma del plot”, in cui ci sono fasi di interattività alle
quali si alternano sequenza predefinite, coordinate in un in-
sieme in cui tutte le possibilità (azioni ed eventi) e la loro
sequenzialità, sono stabilite a priori. Quindi il plot può essere
rappresentato come un diagramma in cui sono previsti tutti
i nodi possibili32.
La seconda può essere compresa nella nozione di “perso-
naggi intelligenti” che appaiono nelle ricerche del Gruppo
Oz e nel Cybercafè del Virtual Theatre Project, in cui sono
stabilite le personalità degli agenti che rappresentano un ca-
novaccio nel quale è descritta una generica storia. Quindi, di 165
volta in volta, a ogni funzionamento del sistema, gli specifici
eventi generati saranno diversi e produrranno una diversa
articolazione del plot33.
Ai due modi di immaginare la generazione di dramma in-
terattivo (uno centrato sulla gestione della vicenda in modo
da disegnare la tensione emotiva, l’altro sulla creazione di
personaggi credibili), bisognerebbe aggiungere tutti i ten-
tativi che, in un modo o nell’altro, cercano di mediare tra
questi due approcci.
zine», vol. 30, n. 3, 2009, pp. 54. Si vedano anche Natalie Dehn, Story generation after
tale-spin, in Proceedings of the 7th International Joint Conference on Artificial Intelligence,
Vancouver, Morgan Kaufmann Publishers Inc, 1981, pp. 16-18; Michael Lebowitz,
Story-telling as planning and learning, in «Poetics», vol. 14, n. 6, 1985, pp. 483-502.
32. M. Arinbjarnar, H. Barber, D. Kudenko, A critical review of interactive drama sy-
stems cit., p. 3.
33. Aaron Bryan Loyall, Believable Agents: Building Interactive Personalities, tesi di
dottorato, School of Computer Science, Carnagie Mellon University, 1997; Joseph
Bates, Virtual reality, art, and entertainment, in «Presence: Teleoperators and Virtual
Environments», vol. 1, n. 1, 1992, pp. 133-138; Daniel Rousseau, Barbara Hayes-
Roth, Interacting with Personality-rich Characters, Report n. KSL 97, Department of
Computer Science, Stanford University, settembre 1997; A. Pizzo, Teatro e mondo
digitale cit., pp. 161-174.
Neodrammatico Si tratta di una proliferazione clamorosa, che solo in parte
digitale riesce a essere coordinata all’interno di sedi specifiche, co-
Antonio Pizzo
me le conferenze internazionali, “Autonomous Agents and
Multiagent Systems”, o “Virtual Storytelling”. Nelle centinaia
di interventi scientifici pubblicati in poco più di dieci anni,
gli approcci sono molteplici: generazione di storie, interazio-
ne con l’utente, modellazione degli agenti, ontologie infor-
matiche delle emozioni, comportamenti sociali, linguaggio,
psicologia, pedagogia34. Il campo dell’indagine resta vasto e
disomogeneo, e resiste a recenti tentativi di catalogazione e
tassonomizzazione35.
Tutto ciò è il prodotto di un’accelerazione tecnologica
alla quale non ha fatto seguito una equivalente riflessione
estetica e filosofica. L’oggetto culturale inteso con la parola
“dramma” è estremamente complesso e, a ben vedere, non
univoco. Le possibilità aperte dalla matrice computazionale
e procedurale, sia nella scrittura, sia nella fruizione di eventi
narrativi con effetti drammatici, sono teoricamente moltepli-
ci, inaspettate, ma in pratica appaiono ispirate alle richieste
del consumo d’intrattenimento. L’assenza di una esplicita
166 e forte ipotesi estetica lascia sempre affiorare la questione
dell’utilità di questi sforzi. Al di là dei tentativi più specifici,
come quelli pedagogici o formativi ai quali pure accennere-
mo, sullo sfondo si intravede sempre l’industria dell’intrat-
tenimento interattivo (videogiochi, social network, ecc.). Ma
è anche vero che, tranne pochi casi, queste ricerche non
hanno contatti diretti con le grandi produzioni commerciali,
le quali a loro volta preferiscono seguire strade più pragma-
tiche e con un più sicuro bilancio di investimenti e profitti.
D’altro lato non è possibile non notare la quasi totale as-
senza delle ricerche di stampo più chiaramente umanistico
storico e teorico, in questo ambito. La bibliografia sul dram-
ma interattivo può contare su studi aggiornati per quanto
34. Si veda, per esempio, la bibliografia annotata prodotta dal progetto europeo
IRIS (Integrating Research in Interactive Storytelling) disponibile on line (http://
iris.ofai.at:7777/iris_db/index.php/publications).
35. M. Arinbjarnar, H. Barber, D. Kudenko, A critical review of interactive drama sy-
stems cit.; E.A.A. Gunn, B.G.W. Craenen, E. Hart, A taxonomy of video games and AI,
in D. Moffat, D. Romano (a cura di), Proceedings of AISB 2009 Symposium. AI & Ga-
mes cit., pp. 4-14; David L. Roberts, Charles L. Isbell, A survey and qualitative analysis
of recent advances in drama management, in «International Transactions on Systems
Science and Applications», vol. 4, n. 2, 2008, pp. 61-75.
Interactive riguarda la psicologia cognitiva, la sociologia, il linguaggio;
drama meno per quanto riguarda la semiotica del teatro (che resta
tra videogioco
e teatro fondamentalmente legata ai capisaldi degli anni Settanta);
e deve fare i conti con una latitanza degli studi sul dramma
e sulla drammaturgia. Non tanto perché gli studi in questo
campo non vadano avanti, ma piuttosto perché all’interno
degli studi teatrali, a livello internazionale, la nozione di
dramma (così come è intesa nella letteratura su agenti e sto-
rie interattive) è obsoleta. Uno degli interventi nel campo di
maggior successo, al quale abbiamo più volte fatto riferimen-
to, Lehmann, sostiene il superamento della matrice dram-
matica nel Novecento. Al contrario questa letteratura scien-
tifica ricerca una matrice neodrammatica, e deve far ricorso
alla letteratura sulla tecnica di scrittura cinematografica. La
forma drammatica, che è quasi sparita dai palcoscenici con-
temporanei, riemerge nel tentativo di descriverla secondo
modelli computazionali nella scienza informatica.
36. Michael Mateas, Interactive Drama, Art and Artificial Intelligence, tesi di dottorato,
Department of Computer Science, Carnagie Mellon University, 2002, p. 63.
37. Michael Mateas, Andrew Stern, Writing Façade: a case study in procedural autor-
ship, in Pat Harringan, Noah Wardrip-Fruin (a cura di), Second Person. Role-Playing
and Story in Games and Playable Media, Cambridge, MIT Press, 2007, pp. 183-207.
Neodrammatico mente e finanziariamente soddisfatta. Nel corso della storia
digitale il giocatore scopre che il matrimonio sta cadendo a pezzi e
Antonio Pizzo
si trova coinvolto in una serie di battibecchi, frustrazioni,
incomprensioni. Nei limiti posti dalla situazione, il giocato-
re può comportarsi con la massima libertà: interagisce con
i due come in una soggettiva cinematografica, può toccarli,
e può manipolare un numero limitato di oggetti; comunica
con brevi linee di testo e ascolta le battute sugli speaker au-
dio. Alla fine, il modo in cui si comporta, le risposte che dà,
influenzano il modo in cui la storia evolve e termina. L’im-
provvisazione intende provocare la partecipazione emotiva
del giocatore in una sessione di circa quindici minuti.
L’obiettivo ludico immediato consiste nel creare una si-
tuazione simile all’improvvisazione teatrale sulla base di cir-
costanze prestabilite. L’obiettivo di più alto livello è la crea-
zione di una modalità di dramma interattivo in cui l’autore/
programmatore scrive innanzitutto le procedure e le regole.
In questo caso il sistema si fonda su una descrizione forma-
le dell’arco drammatico, gestito da un modulo denominato
drama manager, che si comporta come un “autore dietro le
168 quinte”: gestisce e indirizza lo svolgimento dell’azione, met-
te in successione gli eventi, gli argomenti di discussione, i
comportamenti dei personaggi, in modo da incorporare
l’interazione del giocatore e nello stesso tempo assicurare
un percorso di innalzamento della tensione, fino al climax
finale che concluderà (in modi diversi) la storia.
Mateas e Stern sono molto attenti alla costruzione di un
plot emotivamente efficace, e per questa ragione dichiarano
una concettualizzazione “neo-aristotelica” del loro modello
procedurale. Abbiamo visto che la Poetica è un punto di par-
tenza di molta letteratura sulla scrittura cinematografica e sui
media digitali interattivi38. Mateas prende le mosse dai sei
elementi della tragedia (fabula, caratteri, linguaggio, pensie-
ro, composizione musicale e spettacolo). L’aggiornamneto
procedurale del dramma in senso interattivo avviene grazie
38. Oltre ai lavori già citati, si vedano: Michael Tierno, Aristotle’s Poetics for Scre-
enwriters: Storytelling Secrets from the Greatest Mind in Western Civilization, New York,
Hyperion, 2002; Andrew S. Glassner, Interactive Storytelling: Techniques for 21st Centu-
ry Fiction, Natick, A.K. Peters, 2004; Ari Hiltunen, Aristotle in Hollywood. The Anatomy
of Successful Storytelling, Bristol, Intellect Books, 2002 (trad. it. Aristotele a Hollywood,
Roma, Dino Audino, 2011).
Interactive all’intervento del giocatore e quindi agisce su questo model-
drama lo, affiancando il giocatore al carattere39.
tra videogioco
e teatro Però il modo in cui Mateas elabora il proprio paradigma
interattivo conduce a una confusione sul ruolo del giocatore
e sulla nozione di personaggio. Ritorna un equivoco molto
diffuso in una certa letteratura “tecnica” (specialmente an-
glosassone) sulla scrittura drammatica. La questione riguar-
da, come immaginabile, la traduzione inglese del termine
carattere. Spesso è letto direttamente come dramatis persona,
il personaggio descritto nel dramma. Ma questo conduce a
considerare l’elemento definito da Aristotele in un senso
troppo moderno. Bisogna tener presente che «nel dramma
il personaggio (character) non è il materiale grezzo dell’auto-
re: è il suo prodotto. Emerge dall’opera; non vi è inserito. Ha
un’infinità di usi sottili, ma servono tutti all’orchestrazione
dell’opera come un’unità»40. Qui Styan utilizza il termine in
modo moderno ma non lo confonde con quello di Aristotele;
inoltre chiarisce che il dramma è una successione di azioni
(trama) eseguite da un agente che può mostrare una serie
di caratteristiche, per cui si sviluppa – dal punto di vista del
pubblico – l’illusione di una persona. In Aristotele il termine 169
tradotto con carattere è ethos (disposizione, carattere, tempe-
ramento); dunque si comprende che non coincide con la
nozione moderna di personaggio e ne rappresenta, casomai,
una parte. Elizabeth Belfiore ci fornisce a proposito un chia-
ro resoconto della questione41.
Poiché Aristotele fa una stretta distinzione tra fabula ed
ethos, e insiste che la fabula è essenziale alla tragedia al contra-
rio dell’ethos, la sua visione sulla natura della tragedia differi-
sce radicalmente da quella di molti studiosi e ricercatori mo-
derni, per i quali il personaggio è il centro dell’interesse.42
39. M. Mateas, Interactive Drama, Art and Artificial Intelligence cit., p. 26.
40. J. L. Styan, The Elements of Drama cit., p. 163.
41. Elizabeth S. Belfiore, Tragic Pleasures: Aristotle on Plot and Emotion, Princeton,
Princeton University Press, 1992.
42. Ivi, p. 91.
Neodrammatico tipo di scelte selezionate dall’agente dell’azione drammatica
digitale […] una decisione che realizza un desiderio di fare qualcosa
Antonio Pizzo
qui e ora, l’azione che un processo deliberativo ha indicato
come la più adatta per raggiungere la fine»43. Ciò che descri-
viamo come carattere nel senso moderno di personaggio è
un insieme di scelte selezionate operate dall’agente.
Se la trama è composta da una serie di eventi singoli (co-
se dette o fatte), allo stesso modo gli êthê [plurale di ethos]
sono fatti da una serie di indicazioni di scelta all’interno di
passaggi specifici. Individualmente, ognuno di questi pas-
saggi, possiede un ethos»: sono attributi dell’azione e non
della persona.44
49. Gustave Flaubert, Plans et scénarios de “Madame Bovary”, a cura di Yvan Leclerc,
Paris, CNRS Éditions, 1995.
50. David Pizzi, Fred Charles, Jean-Luc Lugrin, Marc Cavazza, Interactive storytelling
with literary feelings, in A.C.R. Paiva, R. Prada, R.W. Picard (a cura di), Affective Com-
puting and Intelligent Interaction - LCNS 4738, Berlin-Heidelberg, Springer Verlag,
2007, pp. 630-641.
51. David Pizzi, Marc Cavazza, Jean-Luc Lugrin, Extending character-based storytelling
with awareness and feelings, in Proceedings of the 6th International Joint Conference on
Autonomous Agents and Multiagent Systems - AAMAS ’07, New York, ACM PRess, 2007,
p. 2.
52. Marc Cavazza, Jean-Luc Lugrin, David Pizzi, Madame Bovary on the holodeck:
immersive interactive storytelling, in Rainer Lienhart, Anand R. Prasad, Alan Hanjalic,
Sunghyun Choi, Brian P. Bailey, Nicu Sebe (a cura di), Proceedings of the 15th Inter-
national Conference on Multimedia, New York, ACM Press, 2007, p. 653.
Neodrammatico indagine psicologica dei personaggi grazie alla loro capacità
digitale di gestire coerentemente la rappresentazione delle emozioni.
Antonio Pizzo
A partire da ciò, è stato possibile elaborare una simula-
zione virtuale immersiva tratta da un episodio specifico del
romanzo (un incontro tra Emma Bovary e il suo amante Ro-
dolphe). Il giocatore entra in un CAVE (cave automatic vir-
tual environment) in cui è proiettato lo spazio dell’azione e i
personaggi in 3D e, come spettatore attivo, può influenzare
il comportamento dei personaggi virtuali mediante i propri
commenti. Si tratta di una modalità di interazione che, in
termini più generali e riferendosi a un contesto più ampio,
deLahunta ha definito come virtual reality/performance in cui
il pubblico o i singoli spettatori sono invitati a interagire con
un’opera che prevede la libera navigazione all’interno di un
ambiente tridimensionale creato da un software53. Il giocato-
re, per esempio, può commentare negativamente la relazio-
ne extraconiugale di Emma, spingendola così a riflettere suo
propri “doveri coniugali” e, quindi, spingere l’azione in una
specifica direzione. Le reazioni dei personaggi virtuali non
sono definite a priori nel sistema ma sono elaborate in tempo
174 reale (sia nel contenuto drammatico sia nella visualizzazione
grafica) restando però coerenti con le caratteristiche definite
da Flaubert, e quindi all’ambiente narrativo specifico e alla
propria caratterizzazione psicologica.
53. Scott DeLahunta, Virtual reality and performance, in «PAJ: A Journal of Perfor-
mance and Art», vol. 24, n. 1, 2002, p. 105.
Interactive radice strutturalista, è quella della storia. La narrazione è un
drama discorso specifico in quanto include una storia intesa come
tra videogioco
e teatro successione di eventi e azioni, organizzate secondo determi-
nate regole. La storia quindi è l’insieme di una serie di se-
quenze narrative, che inizia con uno squilibrio e termina con
una valutazione o una sanzione. La terza dimensione – cogni-
tiva – è quella che riguarda la percezione e che, mediante il
conflitto, induce una forte risposta emotiva nel pubblico54.
Il progetto ha un carattere eminentemente teorico e per-
tanto si concentra sul modello e non sulla sua implementa-
zione effettiva ai fini di un’esperienza di gioco. Da un lato
quindi definisce una struttura del dramma (fatta di elemen-
ti e funzioni) che può reggere virtualmente qualsiasi storia
drammatica, dall’altro si concentra sulle modalità in cui l’au-
tore può utilizzare questa struttura per sviluppare specifiche
storie.
La struttura è organizzata in cinque moduli: il mondo del-
la storia (l’entità di base come personaggi, oggetti, luoghi,
obiettivi, attività, sotto-attività o segmenti, ostacoli, stati dei
personaggi e situazioni materiali); la logica narrativa (contie-
ne circa 40 regole che stabiliscono le condizioni logiche per 175
ogni azione possibile, e così calcola l’insieme delle azioni
possibili per ogni fase della storia); il sequenziatore narrativo (il
direttore del sistema che calcola l’impatto delle azioni pos-
sibili e le mette in ordine con lo scopo di rendere coerente
la storia e/o ottenere effetti drammatici); il modello di utente
(memorizza lo stato delle informazioni fornite allo user a
ogni dato momento della storia, e fornisce una stima dell’im-
patto di ogni singola azione sullo user); il teatro (gestisce la
visualizzazione e l’interazione)55.
La qualità drammatica dell’evento interattivo scaturisce
dalla manipolazione in tempo reale degli elementi che costi-
tuiscono il plot (il mondo della storia) e le convenzioni cultu-
rali che guidano la fruizione del pubblico (modello di uten-
te). Nei primi, come abbiamo visto, sono compresi obiettivi
e ostacoli, nelle seconde sono definite le qualità dei conflitti
54. Nicolas Szilas, A computational model of an intelligent narrator for interactive narra-
tives, in «Applied Artificial Intelligence», vol. 21, n. 8, 2007, pp. 761-763.
55. Nicolas Szilas, IDtension: a narrative engine for interactive drama, in Stefan Göbel
(a cura di), Technologies for Interactive Digital Storytelling and Entertainment. TIDSE
2003 Proceedings, Darmstadt, Fraunhofer IRB Verlag, 2003, p. 200.
Neodrammatico possibili; queste ultime generalmente legate alle componenti
digitale etiche del mondo e a quelle motivazionali del personaggio.
Antonio Pizzo
In sintesi il dramma interattivo immaginato da Szilas deriva
dalla situazione posta nel racconto e dal modo in cui questa
sollecita delle scelte conflittuali nel personaggio.
L’importanza che IDtension riserva alla struttura di obiet-
tivi e compiti emerge anche dall’altro rilevante aspetto del
progetto, cioè l’attenzione al processo creativo e all’inclusio-
ne di una tecnica di scrittura che non sia la programmazione
in un qualche linguaggio computazionale. Szilas, infatti, ha
iniziato, ed è tra i pochi a farlo, a elaborare le modalità di
scrittura del dramma interattivo secondo un proprio modello
formale, individuando tre livelli sui quali l’autore può inter-
venire. (1) Le strutture. In genere, ogni volta che un autore
si propone di progettare un racconto non lineare/interattivo
giunge a un tale livello di complessità in cui è quasi impos-
sibile mantenere il controllo di tutte le possibilità. Questo
problema è risolto grazie alla scomposizione in una serie di
strutture in ognuna delle quali a un obiettivo corrispondono
una serie di compiti. Le strutture sono tra di loro collegate
176 dalla nozione di ostacolo che a sua volta è direttamente con-
nesso al tipo di storia pensata dall’autore. In questo modo
l’autore può concentrarsi su strutture singole lasciando la
composizione del grafico di possibilità al ragionamento del
sistema. (2) Il testo di superficie. A ogni azione generica e
a ogni specifica entità della storia corrisponde una forma
testuale. Per esempio, l’azione “X informa Y di voler fare T”,
potrebbe essere espressa nel seguente modo: [nome] dice a
[nome]: «ho deciso di [verbo]» (le parti tra parentesi sono
quelle predefinite dall’autore per i personaggi e i compiti).
Anche se è una forma elementare di generazione di testo,
l’autore ha un forte grado di controllo. Da notare, inoltre,
che non è prevista la scrittura di dialoghi, poiché in IDtension
il dialogo è considerato il risultato di uno scambio di azio-
ni verbali. Questo è il livello in cui l’autore non deve avere
specifiche competenze di programmazione poiché le varie
forme testuali possono essere inserite in un foglio di calcolo.
(3) I parametri. Il controllo della narrazione avviene anche
mediante la regolazione di determinati parametri. Per esem-
pio, è possibile modificare l’importanza di ogni effetto di
ogni singola azione. Naturalmente gli effetti hanno una forte
rilevanza nel processo narrativo. Tuttavia, poiché è difficile
Interactive anticipare gli effetti di ogni parametro sul comportamento
drama della storia, non è stato sviluppato un sistema specifico di
tra videogioco
e teatro scrittura e anticipazione, bensì i parametri sono definiti una
volta che lo scenario è programmato, in fase di test56.
56. Nicolas Szilas, Olivier Marty, Jean-Hugues Réty, Authoring highly generative inte-
ractive drama, in Olivier Balet, Gérard Subsol, Patrice Torguet (a cura di), Virtual
Storytelling. Using Virtual Reality Technologies for Storytelling - LNCS 2897, Berlin-Hei-
delberg, Springer Verlag, 2003, pp. 42-43.
57. Stacy C. Marsella, W. Lewis Johnson, Catherine La Bore, Interactive pedagogi-
cal drama, in Proceedings of the Fourth International Conference on Autonomous Agents,
ACM, 2000, pp. 301-308.
Neodrammatico la giusta strategia in una data situazione, mantenendo però
digitale una valutazione realistica della propria efficacia58.
Antonio Pizzo
Ancora in questa direzione si muove un progetto più
recente di natura pedagogica. Ecircus (Education through
Characters with Emotional-Intelligence and Roleplaying Ca-
pabilities that Understand Social Interaction) è una ricerca
sull’apprendimento sociale nei bambini. Tra gli obiettivi c’è
quello di sviluppare un modello di coinvolgimento emoti-
vo per studiare e comprendere i processi di apprendimento
cognitivi, sociali ed emozionali, mediante il gioco di ruolo e
l’immersione in situazioni sociali complesse. A questo fine
è stata sviluppata una piattaforma – FearNot – per il gioco di
ruolo in ambienti virtuali, popolati da personaggi artificiali
dotati di una memoria, di personalità specifiche e capacità
di improvvisazione. Il tema centrale delle situazioni è il bul-
lismo nelle scuole inferiori e le strategie per affrontarlo. Il
progetto utilizza personaggi artificiali in animazione 3D per
improvvisare situazioni drammatizzate in cui i bambini di
8-12 anni imparano ad affrontare e discutere le situazioni di
crisi. La qualità narrativa in questo progetto è solo il frutto
178 dell’interazione e non ha uno specifico modo per disegnare
le qualità drammatiche. Lo user segue sullo schermo le azioni
di un bambino (o una bambina) che subisce atteggiamenti
di esclusione e marginalizzazione dal parte dei compagni,
e nel corso della vicenda assume la funzione di consulente
per la risoluzione dei problemi. In altre parole, il personag-
gio sintetico, nel momento in cui deve elaborare una strate-
gia deliberativa, chiede consiglio allo user. Le scelte fatte da
quest’ultimo influenzano i comportamenti successivi e l’evo-
luzione della situazione (per esempio, può suggerire di strin-
gere altre amicizie, o di reagire violentemente agli attacchi)59.
60. Per informazioni sui componenti e le attività del CIRMA è possibile far riferi-
mento al sito www.cirma.unito.it. Questo paragrafo è frutto delle ricerche condot-
te al CIRMA insieme a Mario Cataldi, Rossana Damiano e Vincenzo Lombardo.
61. Uno dei modi più diffusi per codificare le ontologie è OWL (Ontology Web
Language). È un linguaggio elaborato dal progetto Semantic Web e derivato dalle
logiche descrittive: descrive l’universo del proprio discorso come un insieme di
individui che appartengono a classi, e un insieme di proprietà che collegano gli indi-
vidui l’uno con l’altro. La classi sono organizzate gerarchicamente ed ereditano gli
attributi da quelle al livello superiore; sono collegate da proprietà. OWL permette
di esprimere una serie di assiomi sulle proprietà di una classe e le relazioni tra le
classi. Si veda la pagina del World Wide Web Consortium (W3C) in cui è fornita
una panoramica del linguaggio, http://www.w3.org/TR/owl-features.
Neodrammatico zione dell’evento drammatico ed era composto da agenti,
digitale emozioni, azioni, eventi, obiettivi, attributi; il secondo dava
Antonio Pizzo
conto delle specifiche competenze necessarie all’organizza-
zione di questi materiali secondo regole dedotte dalla storia
e dalla letteratura drammatica; si trattava sostanzialmente di
modellare la direzione verso la quale muoveva la storia e il
suo arco drammatico. Il tutto ruotava intorno alla nozione di
unità drammatica intesa come il contenitore teorico di tutti
gli elementi in gioco, la cui organizzazione (segmentazione
e sequenza) dava luogo alla messa in ordine (gerarchico e
temporale) delle azioni percepite nella vicenda62.
Questo schema rifletteva, come per ogni modello del ge-
nere, una doppia natura: generativa (le regole per la produ-
zione di eventi drammatici) e descrittiva (la codificazione
in qualche linguaggio formale di eventi drammatici preesi-
stenti).
Più recentemente il progetto CADMOS, ha fatto virare
la ricerca verso una matrice descrittiva, sviluppando un mo-
dello che, pur mantenendo centrali alcune nozioni (unità
drammatica, obiettivi, conflitti, agenti, emozioni, segmenta-
180 zione e organizzazione) spostasse sullo sfondo l’idea di dire-
zionalità (e dei possibili modi di gestirla), e si concentrasse su
un modello in grado di rappresentare la moderna esperien-
za drammatica (intesa specialmente nella versione attestata
nell’intrattenimento di largo consumo)63.
Il cuore del lavoro è costituito da Drammar, una metaon-
tologia che intende rappresentare gli elementi e la struttura
del dramma, senza definire lo specifico formato o il medium
in cui quest’ultimo è espresso (film, sceneggiatura, video,
testo, ecc.)64.
62. Rossana Damiano, Vincenzo Lombardo, Antonio Pizzo, Formal encoding of dra-
ma ontology, in Gérard Subsol (a cura di), Virtual Storytelling. Using Virtual Reality
Technologies for Storytelling - LNCS 3805, Berlin-Heidelberg, Springer Verlag, 2005,
pp. 95-104; Rossana Damiano, Vincenzo Lombardo, Antonio Pizzo, Laying the
foundations for a formal theory of drama, in Stefania Bandini, Sara Manzoni (a cura
di), AIIA 2005, Berlin-Heidelberg, Springer Verlag, 2005, pp. 286-289.
63. Character-centered Annotation of Dramatic Media ObjecS, www.cadmos
-project.org.
64. Mario Cataldi, Rossana Damiano, Vincenzo Lombardo, Antonio Pizzo, Repre-
senting dramatic features of stories through an ontological model, in Mei Si et al. (a cura
di), International Conference on Interactive Digital Storytelling 2011 LNCS 7069, Berlin-
Heidelberg, Springer Verlag, 2011, pp. 122-127.
Interactive
drama
tra videogioco
e teatro
181
Figura 1
Schema generale di Drammar. I nodi in chiaro rappresentano le classi primitive, quelli più scuri le classi definite
dall’annotazione
68. Mario Cataldi, Rossana Damiano, Vincenzo Lombardo, Antonio Pizzo, Dario
Sergi, Integrating commonsense knowledge into the semantic annotation of narrative media
objects, in Roberto Pirrone, Filippo Sorbello (a cura di), AI*IA 2011: Artificial In-
telligence Around Man and Beyond - LNCS 6934, Berlin-Heidelberg, Springer Verlag,
2011, pp. 313-323.
69. YAGOSUMO incorpora quasi 80 milioni di entità di YAGO (che si basa su
Wikipedia e WordNet) in SUMO, l’ontologia formale altamente assiomatizzata.
Si tratta quindi una ontologia combinata che fornisce informazioni molto det-
tagliate su milioni di entità, come per esempio le persone, le città, le organiz-
zazioni e le aziende e può essere efficacemente utilizzata non solo per scopi di
annotazione, ma anche per l’elaborazione di conoscenza e ragionamento; G.D.
Melo, F. Suchanek, A. Pease, Integrating Yago into the suggested upper merged ontology,
in Proceedings of the 2008 20th IEEE International Conference on Tools with Artificial
Intelligence, vol. 01, IEEE Computer Society, Washington, DC, 2008, pp. 190-193.
Wordnet è una risorsa linguistica multilingue disponibile in http://multiwordnet
.fbk.eu/english/home.php; cfr. George A. Miller, WordNet: a lexical database for Eng-
lish, in «Communications of the ACM», vol. 38, n. 11, novembre 1995, pp. 39-41.
Ci riferiamo inoltre al progetto FrameNet che ha costruito un database lessicale in-
glese fondato sull’annotazione di esempi di utilizzo comune (https://framenet.icsi
.berkeley.edu/fndrupal/about), cfr. Collin F. Baker, Charles J. Fillmore, John B.
Lowe, The Berkeley Framenet Project, in «Proceedings of the 36th Annual Meeting of
the Association for Computational Linguistics and 17th International Conference
on Computational Linguistics», vol. 1, Association for Computational Linguistics,
1998, pp. 86-90. Nei casi in cui il termine non appaia in questo database, utiliz-
ziamo i generici ruoli tematici come descritti nel progetto VerbNet (http://verbs.
colorado.edu/~mpalmer/projects/verbnet.html).
Interactive Il dettaglio del sistema è al di là degli scopi di questo la-
drama voro ma è utile accennare, anche se in modo semplificato, al
tra videogioco
e teatro funzionamento dell’annotazione per fornire una idea gene-
rale del funzionamento. Se, per esempio, volessimo annotare
l’unità in cui Tebaldo vuole uccidere Romeo, nella famosa
scena di Shakespeare, si potrebbe procedere come illustrato
nella figura 2.
185
Figura 2
Annotazione semplificata di una scena
187
Neodrammatico Conclusioni
digitale
Antonio Pizzo
188
Gli esempi che abbiamo riassunto nell’ultimo capitolo rap-
presentano una minima parte della sperimentazione in at-
to, e non possono dar conto della complessità dei percorsi
esistenti. Come abbiamo detto, la ricerca sulla narrazione e
il dramma interattivo è intrecciata a quella sugli agenti intel-
ligenti, il videogioco, gli ambienti immersivi e finanche con
i motori grafici di animazione in tempo reale. Nella mole
pur disorganica di tentativi e sperimentazioni, è possibile
riconoscere un interesse per il dramma. In particolare, è
evidente che quegli elementi strutturali che caratterizzano
la scrittura drammatica (azioni, agenti, conflitti, ecc.) sono
diventati oggetto di ulteriore riflessione in una prospettiva
computazionale.
Vediamo inoltre che le direzioni spesso divergono. I siste-
mi che modulano la drammaturgia come elemento emergen-
te dall’interazione di agenti con un esplicito modello cogni-
tivo e di comportamento, tendono a utilizzare la situazione
drammatizzata per costruire un legame emotivo con lo user
per scopi pedagogici specifici (per esempio il training per
affrontare questioni o situazioni problematiche in ambito
socio-comunitario o professionale).
Conclusioni Quei sistemi che considerano la necessità di una più strut-
turata organizzazione drammaturgica, e quindi si focalizza-
no sulla definizione della storia (sia che assumano la storia
dall’esterno, sia che forniscano gli strumenti di creazione
all’autore), sono più direttamente apparentati all’ambito del
videogioco e mirano a colmare il deficit di comunicazione tra
la ricerca sull’intelligenza artificiale e l’industria d’intratte-
nimento. In questo senso dobbiamo ribadire che il maggior
merito di Façade è di essere, fino a ora, l’unico esempio di
dramma interattivo giocabile. Come nota un intervento nel
congresso AI and Games Symposium del 2009, in cui gli autori
comparavano gli esiti della ricerca sull’intelligenza artificiale
con l’ambito dei videogiochi, esiste una scollatura tra l’ormai
ampia letteratura nel campo delle storie interattive, i nume-
rosi esperimenti di dramma interattivo gestito da procedu-
re computazionali, e la produzione di intrattenimento e/o
artistica che può essere effettivamente fruita dal pubblico.
Sebbene le case di produzione di videogiochi siano sempre
più attente alle tecniche di IA, è altrettanto vero che queste
ultime non sempre sono implementate nei prodotti commer-
ciali. Gli autori sostengono che, probabilmente, ciò è dovuto 189
a una serie di ragioni così riassunte: i computer dei giocatori
sono ancora poco potenti per gestire i processi computazio-
nali necessari; gli sviluppatori di videogiochi non si fidano dei
metodi di intelligenza artificiale e sono più legati a modelli
produttivi che assicurino un risultato commerciale, e le case
di produzione non incoraggiano la ricerca e lo sviluppo che
non siano direttamente spendibili sul mercato. D’altro lato,
la ricerca accademica, anche se ha avuto una influenza sui
prodotti, resta spesso legata all’implementazione specifica in
singole aree d’intervento. In generale sembra esserci un’in-
comprensione tra gli sviluppatori di videogiochi e i ricerca-
tori di intelligenza artificiale; i primi sono legati al prodotto
(senza distinzione per i fondamenti computazionali che lo
realizzano); i secondi sono interessati a questioni di base e
non sono orientati alle richieste dei prodotti1. Ciò detto, gli
esempi che abbiamo elencato fanno emergere una matri-
ce descrittiva di tipo costruttivista, che aggiunge una nuova
1. E.A.A. Gunn, B.G.W. Craenen, E. Hart, A taxonomy of video games and AI cit.,
p. 1.
Neodrammatico prospettiva allo studio di un oggetto culturale complesso e
digitale antico come il dramma.
Antonio Pizzo
Nel discorso, al quale pure abbiamo accennato nel pri-
mo capitolo, sulla specificità del dramma e sui metodi che
definiscono la drammaturgia multimediale, l’influenza della
rappresentazione informatica e algoritmica della conoscenza
apre un orizzonte nel quale s’intravedono interessanti possi-
bilità. Cosa intendiamo con il termine “drammatico” e come
individuiamo e descriviamo la drammaturgia di un testo o
di un evento, resta un problema aperto. Abbiamo visto che
il dramma ha una caratteristica che gli assicura un luogo
autonomo nella letteratura in generale, e mantiene un’im-
prescindibile rapporto con la sua rappresentazione in tempo
reale, in scena. Ciò che abbiamo voluto mettere in evidenza
è che, proprio alla luce degli ultimi esempi, si fa più forte la
nozione di testo drammatico come uno dei possibili modi di
annotazione dell’azione. Più precisamente il dramma può
essere considerato come la più consueta modalità di rappre-
sentazione di comportamenti. In questo senso le battute del
testo appaiono come sintesi codificata di complessi processi
190 deliberativi ed emotivi. Del resto, come si è visto nel terzo
capitolo, esiste una buona parte di letteratura critica (dalla
Poetica fino ai più recenti manuali di drammaturgia per il
cinema) che fanno poco o per nulla riferimento al tipo di
versificazione o prosa da utilizzare se non come necessaria
aderenza all’azione e al personaggio da rappresentare. In
sostanza, il modello di dramma moderno al quale siamo abi-
tuati dal nostro consumo di fiction non ritiene che ci sia una
regola specifica di elaborazione stilistica della battuta (per
esempio: un dato verso, una data prosa, uno specifico uso
dei termini, ecc.) bensì solo una conformità al tipo di even-
to da rappresentare. Le indicazioni riguardano piuttosto il
tipo di azioni da selezionare e il modo in cui devono essere
orchestrate insieme. In altre parole, si tratta di individuare i
comportamenti e articolarli in un processo, cosìcché si indu-
ca un effetto drammatico.
Ecco, quindi, che l’elaborazione di sistemi che sono in
grado di rappresentare ed esprimere questi stessi processi
ma in modo diverso e formalmente meno ambiguo, apre
lo studio a interessanti possibilità. Da un lato emerge una
più precisa influenza del dramma, e della cultura teatrale in
generale, in ambiti di intrattenimento digitale (dal cinema
Conclusioni interattivo ai videogiochi). Dall’altro può fornire un model-
lo di lettura delle opere in cui, non prescindendo dal pur
necessario atto soggettivo dell’interpretazione, si mettano in
evidenza i valori azionali del testo senza dover far necessaria-
mente riferimento a una proiezione verso la messa in scena,
bensì attenendosi all’enunciato dell’opera. Ciò permette di
individuare e leggere la drammaturgia degli eventi (dal vivo o
rappresentati in qualche medium) marcando un’attenzione
alla lettura delle caratteristiche più individuatamente dram-
matiche prima che di allestimento o messa in scena.
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Assassin’s Creed. Diretto da Patrice Désilets. Prodotto by Sébastien
Puel. Distribuito da Ubisoft, 2009.
Black and White, Ideato da Peter Molyneux. Distribuito da Electronic
Arts. 2001.
The Gateaway è stato pubblicato da Sony per Playstation2 nel 2002 ed
ha avuto un sequel nel 2004.
Heavy Rain, creato da Quantic Dream nel 2010
Babel. Diretto da Alejandro González Iñárritu. Prodotto da Para-
mount Pictures. 2006.
Neodrammatico Crash. Diretto da Paul Haggis. Prodotto da Bob Yari Productions.
digitale 2004.
Antonio Pizzo
Hamlet. Diretto da Laurence Olivier. Prodotto da Two Cities Films.
Interpretato da Laurence Olivier. 1948.
Hamlet. Diretto da Franco Zeffirelli. Prodotto da Warner Bros, Canal
Plus. Interpretato da Mell Gibson e Helena Bonham Carter. War-
ner Bros, 1990.
Hamlet. Diretto da Kenneth Branagh. Prodotto da Castle Rock Enter-
tainment. Interpretato da Kenneth Branagh e Kate Winslet. Sony
Pictures Entertainment, 1996.
Magnolia. Diretto da Paul Thomas Anderson. Prodotto da New Line
Cinema. 1999.
The Sims. Ideato da Will Wright. Distribuito da Electronic Arts. 2000
poi 2004 (The Sims2) e 2009 (The Sims3).
Spores. Ideato da Will Wright. Distribuito da Electronic Arts. 2008.
212
Neodrammatico Indice dei nomi
digitale
Antonio Pizzo
213
Aarseth, Espen, 51-55, 57, 63, 159 Barthes, Roland, 77
Abelson, Robert P., 136 Bartolucci, Giuseppe, 10
Amaris, Lian, 19 Bates, Joseph, 165
Anderson, Thomas, 126 Baumann, Alain, 18
Antúnez Roca, Marcel·lì, viii, ix, 36- Beckett, Samuel, 67, 76
40, 42 Behrndt, Synne K., 3, 30
Archer, William, 90-92 Belfiore, Elizabeth, 169
Arinbjarnar, Maria, 160, 165, 166 Bentley, Eric, 111
Aristotele, 8, 43-46, 54, 69, 70, 73, 74, Berghaus, Günter, 14
81, 82, 99, 100, 123, 124, 130, 139, Bernardo, Allan B.I., 120
168, 169, 187 Bianconi, Lorenzo, 6
Aronson, Linda, 116 Big Art Group, 25, 26
Auslander, Philip, 24, 25, 49 Birringer, Johannes, 17, 18
Aylett, Ruth, 178 Bleeker, Maaike, 26
Bloom, Harold, 76
Baker, Collin F., 184 Blue Man Group, 19
Balet, Olivier, 177 Blumberg, Bruce M., 126, 160
Balzola, Andrea, viii-xi, 3, 4, 16, 18-21, Bolter, J. David, 21
34, 36, 40, 55, 157 Bordwell, David, 69, 70
Bandettini, Anna, 35 Borelli, Maia, 161
Bandini, Stefania, 180 Borges, Jorge Louis, 48
Barber, Heather, 160, 165 Bradbury, Ray, 47
Barberi, Daniele, 78, 82 Branagh, Kenneth, 143
Barberio Corsetti, Giorgio, 15, 31 Branco, Vasco, 106
Barker, Anthony, 106 Brandt, George W., 4, 90, 91
Barker, Timothy S., 155, 159 Bratman, Michael E., 103
Barry, Barbara, 106 Brecht, Bertolt, 10, 12, 75, 76, 126
Neodrammatico Brontë, Charlotte, 47 Del Favero, Dennis, 155, 159
digitale Brooks, Cleant, 74 Delgado, Maria, 13
Antonio Pizzo Brooks, Kevin, 106 DeMaria, Rusel, 158
Brown, Neil C.M., 155, 159 De Marinis, Marco, 6, 7, 77
Brunetière, Ferdinand, 90, 92, 93 Deriu, Fabrizio, 170
Bruns, John, 126 Devereux, Robert, 85
Builders Association, 15, 25, 27, 29, 30 Diderot, Denis, 68, 83-85, 89, 100
Burril, Alexander, 161, 162 Dixon, Steve, ix-x
Donikian, S., 178
Čajkovskij, Pëtr Il’ič, 9 Donini, Pierluigi, 73, 81, 99, 100, 130,
Capra, Frank, 48 131, 138
Carlson, Marvin, 4, 70, 80, 83, 86, 90 Dukore, Frank, 4, 77, 90
Carroll, Noël, 127-129, 133, 137-139 Durham, Leslie Atkins, 27, 28, 31, 32
Carson, Christie, vii
Cascetta, Annamaria, 6, 9 Eco, Umberto, 77
Casetti, Francesco, 170 Egri, Lajos, 5, 93-96, 111, 116, 118, 119
Cataldi, Mario, 179, 180, 184 Elam, Keir, 4, 7, 60, 69-71, 76, 101, 120,
Cavazza, Marc, 77, 172, 173, 178 162
Charles, Fred, 173 Elisabetta I, 85
Chellas, Brian F., 183 Erlbaum, Lawrence, 136
Chiarini, Paolo, 5, 85 Eschilo, 79
Choi, Sunghyun, 173 Eskelinen, Markku, 159
Ciotti, Fabio, 136 Esslin, Martin, 5, 34, 46, 67
Clore, Gerald L., 104, 122, 145, 183
Coeta, Luisa, 91 Falso Movimento, 15
Cohen, Philip R., 103 Ferry, Luc, 50
214 Cohn, Roy, 128 Field, Syd, 5, 34, 46, 67, 98, 113, 116
Coleridge, Samuel T., 13 Filipe, Joaquim, 183
Collins, Allan, 104, 122, 145, 183 Fillmore, Charles J., 184
Combs, Nathan H., 49 Flaubert, Gustave, 173, 174
Corneille, Pierre, 86 Charles Bovary, 128
Corneille, Thomas, 85 Emma Bovary, 62, 118, 128, 172-174
Couldry, Nick, 27 Forster, Morgan, 58, 60, 61
Craenen, B.C.W., 190 Fossati, Paolo, 20
Craig, Gordon, 10 Fosse, Bob, 61
Crawford, Chris, 54, 55 Fred, Ana, 183
Crisafulli, Fabrizio, 12, 20 Freytag, Gustav, 106, 107, 110-112, 117-
Croce, Benedetto, 76 119, 122, 153
Cruciani, Roberto, 59 Fura dels Baus, 37
Cunningham, Merce, x, 9 Furse, Anna, 33
Currie, Gregory, 77, 78, 128, 137, 153
Gallagher-Ross, Jacob, 26
Damasio, Antonio, Rosa, 104 Galyean, Tinsley Azariah, 156
Damiano, Rossana, xii, 61, 129, 137, Georgeff, M.P., 103
139, 179, 180, 183, 184 Gerrig, Richard J., 120
Dampne, Christiane, 16 Gervás, Pablo, 164
D’Angeli, Concetta, 72 Giannachi, Gabriella, 25
Danziger, Jason, 155 Gibbs, James, 29, 30
D’Aubignac, abate, 83 Gibson, Mel, 143
Davenport, Glorianna, 155, 156 Gigliozzi, Giuseppe, 136
De Filippo, Eduardo, 119 Giovannelli, Alessandro, 129, 131, 132,
Domenico Soriano, 119, 129 138
Filumena Marturano, 118, 128, 129 Glassner, Andrew S., 168, 171
Dehn, Natalie, 165 Göbel, Stefan, 175
DeLahunta, Scott, 174 Goethe, Johann Wolfgang von, 86, 111
Indice Goy, Anna, 102, 163 Kudenko, Daniel, 165
dei nomi Gregor Samsa, 62 Kurosawa, Akira, 48
Greimas, Algirdas Julien, 77, 101 Kushner, Tony, 126
Grilli, Marialuisa, 68
Gruppo OZ, 160 La Bore, Catherine, 177, 178
Grusin, Richard, 21 Lady Gaga, 19
Gullì Publiatti, Paola, 101 Laurel, Brenda, 34, 35, 43, 44, 46, 49,
Gunn, E., 190 51, 53-55, 62-64
Lavandier, Yves, 5, 97, 112
Hagebölling, Heidi, 157, 158 Lavender, Andy, 13
Haggis, Paul, 125 Lebowitz, Michael, 164, 165
Hanjalic, Alan, 173 Leclerc, Yvan, 173
Harrigan, Pat, 164 Lehmann, Hans-Thies, vii, viii, 23, 24,
Hart, E., 190 27, 37, 41, 42, 74, 94, 96, 167
Hatcher, Jeffrey, 59, 98, 112, 113, 116 Leone, Massimo, 102
Hayes-Roth, Barbara, 160, 165 Leskinen, Heikki, 155
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, 87- Lespérance, Luck, 183
89, 117 Lespérance, Sen, 183
Heilman, Robert B., 74 Lesser, Victor, 103
Hiltunen, Ari, 168 Lessing, Gotthold Ephraim, 5, 85, 86,
Honzl, Jindrich, 77 111
Hoppe, Ulrich, 178 Lévy, Pierre, 25
Horswill, Ann, 129 Lienhart, Rainer, 173
Houtman, Coral, 155 Lightwork, 32
Huntley, Chris, 119 Lombardo, Vincenzo, xii, 61, 179, 180,
Huxley, Aldous, 47 183, 184
Lorenz, Ruth M., 155 215
Ibsen, Henrik, 76, 91, 118 Lowe, John B., 184
Nora, 128 Loyall, A. Bryan, 165
Imitating the Dog, 33 Lugrin, Jean-Luc, 172, 173
Iñárritu, Alejandro González, 125 Lukács, György, 91, 99, 100
Isbell, Charles L., 166 Lumière, fratelli, 42
Isherwood, Christopher, 61 Lyotard, Jean-François, 50
Israel, David J., 103
MacEwan, Elias J., 106
Jauss, Hans-Robert, 127 Magli, Patrizia, 101
Jenkins, Harold, 140, 142 Magliano, Anthony, 17
Jennings, Nicholas, 103 Mamet, David, 5, 116
Johnson, W. Lewis, 177, 178 Mancini, Franco, 20
Jones, Henry Arthur, 92, 93 Mango, Lorenzo, 5, 6, 10, 11, 13-15, 20,
Jordan, Ken, x, 34 24, 31, 33, 34, 37, 42, 74
Manovich, Lev, 50, 155, 157, 159
Kander, J., 61 Manzoni, Sara, 180
Kantor, Tadeusz, 9 Marranca, Bonnie, 21, 28
Kay, Judy, 178 Marsella, Stacy C., 177, 178
Kaye, Nick, 25, 29 Marty, Olivier, 177
Kemeny, Tomaso, 101 Masteroff, J., 61
Kent, Steven L., 158 Mateas, Michael, 160, 167-169, 171
Khan, Keith, 27 Mauri, Albert, 37
King, Lucien, 158 Mazali, Tatiana, ix, 6, 42
Kirby, Michael, 41 Mazzocchi, Federica, ix, xii, 3, 6, 42
Kitto, H.D.F., 142, 143 McKee, Robert, 97, 113-116
Klich, Rosemary, 21, 22, 32, 36 Melo, G.D., 184
Konic Thtr, 17, 18, 21 Merker, Nicolao, 87
Kratky, Andreas, 155 Miller, Arthur, 92, 95
Neodrammatico Miller, George A., 184 Planchon, Roger, 10
digitale Miller, Gilbert Heron, 93 Platone, 42, 123, 124
Antonio Pizzo Miller, Heidi R., 29 Ione, 123, 124
Moffat, David, 160, 166 Pollack, Martha E., 103
Mondot, Adrien, 16 Polti, Georges, 78-83, 100, 105, 125
Monteverdi, Anna Maria, ix, x, xi, 18, Ponte di Pino, Oliviero, ix, x
22, 27, 36 Pontremoli, Alessandro, 3, 6
Moor, James H., 49 Pozzato, Maria Pia, 101
Morgan, Jerry L., 103 Prampolini, Enrico, 20
Motiroti, 27, 35 Prasad, Anand R., 173
Müller, Jürgen E., 170 Prono, Franco, ix
Murray, Janet H., 34, 35, 46-51, 55, 56, Propp, Vladimir Jakovlevič, 77
62, 63, 161, 163, 164
Murtaugh, Michael Luke, 156 Ramis, Harold, 48
Rao, Anand S., 103, 173
Nain, Delphine, 126, 160 Reale, Giovanni, 124
Nass, Clifford Ivar, 46 Reed Doob, Penelope, 52
Negroponte, Nicholas, 44 Reeves, Byron, 46
Newman, Ira, 138 Réty, Jean-Hugues, 177
Nicoll, Allardyce, 71 Riedl, Mark O., 121
Nilsen, Don L.F., 49 Roberts, David L., 166
Nilsen, Allen Pace, 49, 61, 116 Romano, Daniela, 160, 166
Noro, Satchie, 16 Rosa, Paolo, 4, 16, 18, 40, 55, 157
Rosenberg, Marvin, 141
Olivier, Laurence, 143 Rotman, Brian, 26
Olle, Alex, 37 Rousseau, Daniel, 165
216 Olson, Elder, 67, 105, 111, 120, 122, Ryan, Marie-Laure, 56-58, 62-64, 72,
123 159, 161, 171
Omero, 124 Ryngaert, Jean-Pierre, 98, 101, 102
Ong, Walter, 27
Ortony, Andrew, 104, 122, 145, 183 Saarinen, Leena, 156
Ovidio Nasone, Publio, 100 Saltz, David Z., ix
Sanchez, Rosa, 18
Packer, Randall, x, 34 Sapienza, Annamaria, 31
Paiva, Ana, 173, 178 Sarcey, Francisque, 80
Parker-Starbuck, Jennifer, 27 Savarese, Nicola, 161
Pavis, Patrice, 11, 127, 137 Schank, Roger C., 136
Pease, A., 184 Schechner, Richard, 29, 30
Peck, Gregory, 119 Scheer, Edward, 21, 22, 32, 36
Atticus, 119 Schelling, Friedrich, 86
Peja, Laura, 6, 9 Schiller, Friedrich, 86, 87, 111
Perrelli, Franco, 4 Schino, Mirella, 4
Petipa, Marius, 9 Scout (Mary Badman), 119
Pfister, Manfred, 6-8, 58, 59, 61, 69, Seger, Linda, 98
111, 114, 115, 125 Segre, Cesare, 69
Phillips, Melanie Anne, 119 Senger, Phoebe, 122
Pias, Claus, 158 Sequeira, Pedro, 178
Picon-Valin, Béatrice, viii, ix Serpieri, Alessandro, 101
Pirandello, Luigi, 36, 38, 76, 126 Shakespeare, William, 67, 69, 76, 79,
Pirrone, Roberto, 184 100, 106, 108, 128, 139-142, 186
Pitozzi, Enrico, viii, 24 Amleto, 35, 47, 49, 50, 62, 65, 76,
Pizzi, David, 77, 172, 173 108-110, 117, 139, 140-153
Pizzo, Antonio, ix, 6, 26, 31, 32, 42, 49, Claudio, 141, 144
62, 129, 137, 139, 154, 160, 165, Giulietta, 66, 106, 117, 120
180, 184 Mercuzio, 183
Indice Ofelia, 108-110, 140, 142-153 Tomlinson, Bill, 126, 160
dei nomi Polonio, 141, 142 Tonucci, Giulia, 24
Romeo, 66, 106, 117, 120, 183, 186 Torguet, Patrice, 177
Tebaldo, 183, 186 Torre, Ilaria, 102, 163
Sharp, Bernadette, 183 Truffaut, François, 47
Shaw, George Bernard, 90, 156 Tuomola, Mika, 155, 156
Sheer, Edward, 21 Turner, Cathy, 3, 30
Smith, Greg M., 117, 120, 132-136, 138
Societas Raffaello Sanzio, 9 Vala, Marco, 178
Socrate, 123, 124 Valentini, Valentina, viii
Sofocle, 111 Valgimigli, Manara, 131
Edipo, 62, 128, 139 Van der Hoek, Kaminka, 183
Sorbello, Filippo, 184 Van Druten, J., 61
Souriau, Etienne, 101 Verde, Giacomo, 34
Spencer, Stuart, 75, 95, 98, 114, 116, Vicentini, Claudio, xii, 123
128 Vilà Barceló, Pere, 37
Sprague, Arthur Colby, 141 Virtual Theatre, 62, 160, 165
Stanlio e Ollio, 126 Volpini, Letizia, 98
Stelarc (Stelios Arkadiou), x
Stern, Andrew, 158, 167, 168, 171 Wardrip-Fruin, Noah, 164, 167
Strindberg, August, 91 Weems, Philippa, 27, 28, 30
Studio Azzurro, 31 Wehle, Philippa, 30
Styan, John L., 74, 111, 112, 169 Weibe, Peter, 156
Subsol, Gérard, 177, 180 Weizenbaum, Joseph, 49
Suchanek, F., 184 Wickstrom, Maurya, 29
Sussman, Mark J., 27 Wilson, Dover, x, 21, 142, 158
Svich, Caridad, 13 Wooldridge, Michael J., 103, 160 217
Sweet, Jeffrey, 97, 112 Wooster Group, X, 21
Synthetic Characters Group, 126, 160
Szilas, Nicolas, 174, 175, 176, 177 Young, R. Michael, 121
Szondi, Peter, 7, 67, 69
Zagalo, Nelson, 106
Terenzio Afro, Publio, 86 Zaidi, Ali. 27, 32, 35
Thalhofer, Florian, 155 Zarrilli, Phillip B., 41
Thompson, Kristin, 69, 70 Zeffirelli, Franco, 143
Ticconi, Luca, 157 Zemeckis, Robert, 48
Tierno, Michael, 168
Neodrammatico Antonio
Neodrammatico digitale
«Mimesis Journal» non è soltan- Le opere drammatiche ci hanno emo-
to il titolo di una rivista, è anche il digitale. Pizzo zionato per secoli con una miriade di
nome di un progetto che riunisce Scena storie e personaggi. Il loro modo spe-
autori di diversi paesi e generazioni multimediale ciale di tessere i racconti, anche al di
interessati all’oggi del teatro e delle e racconto là della verosimiglianza, usando ogni
arti sceniche – ovvero un plesso che intreccio possibile di parole e azioni,
comprende tutto il xx secolo, oltre interattivo ragioni e sentimenti, per indurci a pen-
alle ricerche e alle teoresi più avanza- sare che sempre fossero anche un po’
te del presente – in una prospettiva i nostri, è ancora attuale e si espande
multidisciplinare, interdisciplinare e ben al di fuori dei confini del teatro.
transdisciplinare, dunque non esclu- Perlustrando questi confini, il volume
sivamente storiografica ma piuttosto propone una ricognizione sul tema
fenomenologica. della drammaturgia alla luce dell’evo-
Questo è il terzo volume della colla- luzione dei linguaggi informatici e
na, altri ne sono in preparazione, su delle tecnologie digitali negli ultimi
Carmelo Bene e su Martin Buber. tre decenni. In particolare, il saggio
aA
analizza alcune nozioni chiave della
scrittura drammatica e guida il lettore
in un percorso tra la scrittura scenica
multimediale e la drammaturgia delle
aA aAaAaAaAaAaAaAaA ccademia procedure algoritmiche. La dramma- aA
university turgia, intesa come arte di progettare
aAccademia University Press press e scrivere lo spettacolo, non è immune
dai cambiamenti causati nel mondo
della comunicazione dall’affermazio-
ne dei nuovi media digitali e interattivi.
Il saggio individua i punti fondamenta-
li di questa contaminazione, accompa-
gnando gli elementi teorici con moltis-
simi esempi pratici.
Antonio Pizzo
€ 5,00