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Angelo Candiano, Estremi del libro d'artista .

doc, 2009

Estremi del libro d’artista

… a forza di versioni la dieta sta nel perdere forma (e peso)


e crescere in teoria (e leggerezza) …

“I maggiori progressi della civiltà


sono i processi che distruggono
le società nelle quali si verificano”

Alfred North Whitehead

Si tratta di un passaggio del testimone particolarmente emblematico e


paradigmatico quello che avviene dalla metà degli anni Ottanta circa, tra le
“vecchie” tecnologie analogiche, quali la fotografia 1 - la prima tecnologia
artistica in assoluto della storia - le elettriche-elettroniche, e le cosiddette
‘logiche‘, le neotecnologie digitali quali il computer, le reti telematiche e
comunicazionali, quali Internet 2 . Un passaggio epocale da cui si profila un
orizzonte con un nuovo panorama mediatico pronto per il terzo millennio; i quali
media starebbero riconfigurando le strutture che sottostanno all’operare
artistico, come dei contenuti che solitamente veicolano con esse.
La neotecnologia digitale, con i computers in primis, sta in pochi anni
fagocitando qualsiasi contenuto ed espressione artistica d’archivio, vecchia e
nuova - allo stesso modo del ruminante che tiene pronto e disponibile nello
stomaco il cibo per tornare a masticarlo all‘occorrenza - con la caratteristica di
mediarle, di relazionarle finalmente insieme, costituendo così un vero e proprio

1
Su questa fase tecnologica “analogica “ cioè delle tecnologie artistiche ottico-meccaniche ed
elettriche che si avvicendano dopo la pittura è da citare, come antecedente storico, il lavoro
dell’artista teorico Moholy-Nagy nel suo Pittura Fotografia Film, pubblicato nell’ambito della
scuola del Bauhaus nel 1925, esempio di superbo libro d’artista, nonché momento teorico di alto
profilo per la fotografia di ricerca del XX° secolo.
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Su queste problematiche è d’obbligo citare il filosofo Mario Costa che dal lontano ormai 1983
all’Università di Salerno si occupa della cosiddetta “Estetica della comunicazione” in modo
sistematico, pubblicando testi teorici fondamentali quali il Sublime tecnologico nel 1998, e
L’estetica della comunicazione nel 1999; e curando “ArtMedia“, la rassegna pionieristica sulle arti

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sistema di dati. Ciò ha portato di conseguenza le strutture ideologiche che


avevano permeato per decenni le azioni e i pensieri degli artisti verso un
progressivo svuotamento, i quali artisti attraverso una fase ‘postconcettuale’
sono finiti in una sacca con esiti autoreferenziali.
La nuova situazione che si apre, quindi, sul finire del secondo millennio, è quella
di una nuova fenomenologia sistemica dell’arte determinata dalla potenza di
queste neotecnologie: cioè sia il ‘pensare’ arte, sia l’operare artistico con i
relativi metodi, sia i contenuti, sia le forme dell’evento con la loro diffusione e
fruizione, cioè l’assorbimento e la metabolizzazione sociale, sono adesso in
relazione sistemica e legate indissolubilmente tra loro in un processo di profonda
rielaborazione e monitoraggio continui.
Questa situazione mutata con l’annesso ricambio sistematico e sistemico delle
tecnologie ha delle profonde analogie con quella degli anni Sessanta, quelli del
boom economico e dell’avvento in modo massiccio dei mass-media, quali radio,
televisione, stampa periodica, nelle società occidentali. Documento eccezionale
e d’obbligo di questa fase è il libro del massmediologo canadese Marshall
McLuhan e dell’artista grafico Quentin Fiore, The medium is the massage,
pubblicato nel 1967 in edizione americana; e poi l’anno successivo in italiano con
il titolo Il medium è il massaggio, e con il sottotitolo significativo Un inventario
di effetti, per addirittura l’editore Giangiacomo Feltrinelli.
Libro di assoluto rilievo e testo bandiera del cosiddetto “villaggio globale“,
pubblicato dopo quattro testi teorici fondamentali, segna un’epoca per la sua
tempestività, per la sua peculiarità nello stile immediato e fortemente
comunicativo. Grazie ad una efficace e sapiente impaginazione del grafico
coautore, i vari media e tecniche utilizzati sono raccordati in un inventario di
effetti: la fotografia soprattutto, la grafica, il lettering con i testi lanciati come
slogan, il fumetto, la televisione, ecc… E’ considerabile per ciò un autentico
libro d’artista, e per questo inserito in una rassegna di libri per la prima volta,
come perno delle problematiche di stampo tecnologico. Esso apre ad una serie di
riflessioni calde, rendendole disponibili al grande pubblico contemporaneo con
immediatezza, rispetto al tipico prodotto libro-saggio di un filosofo dei
mass-media, “pesantino” e accessibile ai soli specialisti del settore3.
I contenuti di questo libro affrontano la rivoluzione che le tecnologie, ancora

tecnologiche.
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Questa intelligente idea non è altro quello che alcuni critici hanno spesso affermato a proposito della
diffusione del libro d’artista: il bisogno di una distribuzione del prodotto, accessibile e disponibile a tutti in

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analogiche, elettriche-elettroniche stavano procurando sulle società di allora;


problematiche a cui noi siamo ancora oggi collegati, sebbene ci sia stato il
ricambio tecnologico.
Oggi le neotecnologie digitali tendono ad operare in forma come detto sistemica
sulla società, e hanno variato quel rapporto che solitamente si era stabilito tra
l’uso dei media e la società cambiandone radicalmente il punto di vista
prospettico; nei mass-media tradizionali da ‘uno a molti’, con assunti totalitari,
negli anni Sessanta; e da ‘molti a molti‘, con assunti ‘iperdemocratici’ oggi.
Le caratteristiche di questo sviluppo e ricambio straordinario dei processi
tecnologici avvenuti poi nella nostra contemporaneità sono questi: 1) la
disponibilità a basso costo della tecnologia; 2) La facilità dell’uso e della
produzione di documenti tramite software di tutoraggio; 3) la facilità alla
trasmissione del documento; 4) la crescita smisurata delle reti di
comunicazione. Tutto ciò ha fatto sì che dapprima documenti semplici e poi
sempre più complessi e articolati, come il libro e le comunicazioni integrate e
simultanee con diversi media, possano essere trasferiti con disinvoltura da un
punto all’altro del globo, da scrivania a scrivania, e che possano essere stampati
secondo precise indicazioni dell’autore, e per il fruitore la possibilità di costruirsi
il libro a proprio gusto e misura, come il libro on demand.
Di fatto il libro, ‘normale‘ o d’artista, dopo la fase degli anni Ottanta con l’uso
delle fotocopiatrici, è stato oggetto di “versioni” ‘parallele’ sempre più light.
Dapprima con l’affiancamento di vari supporti di memoria come floppy-disk,
cd-rom, fino poi alla trasmissione telematica di soli files, il nostro vecchio e caro
libro perderà peso e forma, e subirà uno snellimento tutto a vantaggio della
leggerezza, e del contenuto netto e diretto delle teorie.
Già McLuhan e Fiore pensando in questa direzione, fanno una versione light di un
saggio di filosofia dei mass-media per essere comprensibili giustamente alla
stessa massa, pur ibridando i linguaggi dei media usati in modo sperimentale e
azzardato.
Ma sappiamo che le due fasi tecnologiche, quella analogica degli anni Sessanta -
Ottanta, e quella logica dagli anni Novanta sono profondamente diverse, anche
nella produzione del libro d’artista, e di conseguenza anche nell’uso della
fotografia.
Sembra in qualche modo esaurita la carica concettuale del libro d’artista, e si
inizia ad usare la fotografia in modo smisurato e disinvolto fino ad arrivare a esiti

libreria a cifre ragionevoli.


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e sviluppi ossessivi, paranoici, di microesperienze personali, di archivio, di


sistematizzazione, narrazioni private, appropriazioni di immagini, di interventi su
stampa periodica, pubblicità, fino a casi di ‘informazione pura‘ (ritorna così una
sorta di nuovo concettuale?). Ed è proprio e anche con la fotografia, come è
pensata e usata, che si osserva come cambia il libro d’artista con il passaggio alle
neotecnologie: l’immagine si banalizza e prolifica in quantità, la forma dapprima
ingrossata e lievitata per disinvoltura e semplicità, improvvisamente perde peso
fino a svuotarsi, uscendo da schemi ideologici.
D’altro canto l’ibridazione inevitabile dei linguaggi dei media che adesso sono
disponibili nello stesso sistema a portata di mano, ha portato a superare le
classiche categorie tradizionali, molto care alla critica d’arte e valide anche per i
libri d‘artista, come per esempio corpo, concetto, azione, icona, sono
assolutamente insufficienti per districarsi nella matassa della complessità che si
è formata vorticosamente.
Nuovi ‘coaguli’ così costituiscono nuove categorie o ‘sottocategorie ibride’
ancora da sistematizzare, di estremi non catalogabili e che derivano da un uso
promiscuo dei media, digitalizzati sotto la pressione numerica. Già il pensare a
delle categorie semplici è un’impresa seria, figuriamoci ad una sistematizzazione
per categorie con presenza di ‘non-omogeneità’ data dall’ ibridazione dei
linguaggi, e ricchissima di “grumi di informazione“4.

Quindi diverse categorie coesistono insieme in moltissimi libri d’artista degli


ultimi venti anni: la fotografia sembrerebbe oggetto e soggetto di questa
sterminata produzione, e simultaneamente, presenza eccessiva o consapevole
assenza; d’altronde la fotografia ha avuto un rapporto privilegiato da sempre con
la carta stampata e il libro.
Si aggiungono ad un già ampio catalogo di prodotti ancora fanzine, riviste,
giornalini, opuscoli che autoprodotti, scambiati e distribuiti a mano, alimentano
quella che si potrebbe definire la “social print”; quel mondo avviato con
l’introduzione delle fotocopiatrici dagli anni Ottanta ed esploso poi con le
neotecnologie; e ancora files o pagine predefinite in formato PDF, book on
demand, disponibili al download; e infine anche gli stessi siti on line hanno delle
caratteristiche particolarissime che possono essere paragonabili per contenuto,

4
Nel testo della mostra Nodi ho usato questo concetto per certe opere fotografiche multidimensionali
complesse, cioè che presentano caratteristiche tali da non riuscire a catalogarle; opere che ‘viaggiano’ su
altre dimensioni e che sono ricche di informazioni allo stato puro.

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per idee, per risorse impiegate, a dei libri d’artista in una condizione formale
ancora pre-cartacea o ‘retrotraslata5‘.
Paradosso interessante di questi ultimi dieci anni è stato l’aumento a livelli
esponenziali della produzione di libri in genere, dai libri d’artista ai ‘normali‘, sia
in originale come in edizione stampata, quindi una crescita del numero degli
editori e di autori sbalorditiva e sproporzionata al numero effettivo di lettori e
fruitori ultimi. Un vero fenomeno generato proprio dalle possibilità tecnologiche
che ne facilitano la produzione. Siamo a questo punto in una fase di crescita
quasi illimitata delle possibilità espressive mentre si abbassano
proporzionalmente quelle della ricezione-fruizione. (Tutto questo mi fa pensare
a quella ripresa clamorosa di vita che rianima per gli ultimi secondi, illudendo i
cari, chi sta per morire.)
Ma un altro paradosso si affaccia incombente: mentre i libri prolificano e
crescono esponenzialmente, il libro sta oggettivamente vivendo invece una
terribile fase di crisi, una sorta di eclissi e di declino, di sparizione virtuale, di
perdita di splendore, anche se è ovvio che non sparirà del tutto. Quello che forse
è già andato perduto è la sua efficacia, la sua pregnanza, la sua forza nel
veicolare le idee, la sua necessità di esistere: cioè sembra che il libro sia
diventato quello che si dice una cosa soft, tranquilla, morbida, patinata, molto
lontana da idee forti con esiti rivoluzionari, che le erano per natura “cuciti”
addosso per la sua vocazione partigiana e per una contemporaneità con le
“idee“.
Pensare a questo punto all’idea, già dibattuta della morte del libro come evento
ormai imminente, potrebbe essere vista come una speculazione critica, come di
fatto è per certi casi. Ma nel nostro contesto, cioè quello di una nuova mostra
sul libro d’artista degli ultimi venti anni, con una ricognizione sull‘immediato e
stretto contemporaneo, e con la sonda attivata nel mondo delle tecnologie
digitali e della rete, ha invece un valore deciso, chiaro e schietto; quindi
necessario.
Perciò consapevoli delle grandi opportunità offerte dalle neotecnologie si apre un
problema di prospettiva critica: sembrerebbe che, fattore importante, esista
proprio una “giustezza generazionale nell’adesione al libro d’artista”6, cioè che

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Definirei con questo termine quel materiale eterogeneo ancora nella sua fase primitiva e originaria
costituito da files lasciati e accettati nella sua forma digitale, e che prima di questa fase tecnologica si
sarebbero commutati in libri d‘artista.
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Questo concetto della “giustezza generazionale” è stato da me sollevato nel testo Per una analisi del libro
d’artista, pubblicato nel 1998 sul catalogo ragionato a cura di Liliana Dematteis e Giorgio Maffei, Libri

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non sia proprio più la tecnica giusta in quest’epoca - e cioè che stia vacillando, e
che, nella migliore delle ipotesi altamente plausibile, il libro d‘artista stia
cambiando pelle, forma, e concetto per trasformarsi ancora - rispetto invece a
quelli che vi hanno aderito in un tempo propizio e giusto.
Oggi molte idee viaggiano serene, tranquille, e lontane da intenti soggettivistici
nelle reti telematiche incuranti di quello che potrebbe capitare poi nella realtà
7
cartacea , liberando finalmente il libro da contaminazioni e da possibili
manipolazioni.
Di “giustezza generazionale” si può parlare, tra l’altro, anche allargando la
riflessione all’avvicendamento inesorabile dei media; sembrerebbe che il media
dell’epoca riesca meglio di altri ad esprimere le idee del proprio tempo.
D’altronde oggi chi si sognerebbe di andare a documentare un evento, esempio
una guerra, con la tecnica della dagherrotipia, magari mettendo in posa soldati,
feriti, cannoni e finti morti, come abbiamo visto in tempi passati !
Si tratta quindi di un processo, il passaggio dalle tecnologie alle neotecnologie, di
profondo rinnovamento strutturale e semantico che ha coinvolto tutte le branche
del sapere e quindi anche del libro, con i suoi correlati fenomeni cartacei.
Processo che le neotecnologie ci stanno facendo vivere, a ragione, come un’
ardua estremizzazione al limite dei nostri tradizionali schemi; ma che implica
invece nell’uso di queste una nuova ‘onestà’ intellettuale, sana, teorica, matura;
e la consapevolezza di un ‘sapere diffuso’ non ideologico, leggero, e molto
lontano dal soggetto.

Angelo Candiano, ottobre 2009

d’artista in Italia 1960-1998, Regione Piemonte;e oggetto poi della mostra Il libro d’artista in Italia presso
la GAM-Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, l’anno successivo.
7
Anche questo è un concetto che ho già precedentemente espresso nel testo citato sopra. Per paradosso, ma
ragionevolmente pensato, l’idea che adesso veicolerebbe in Internet avrebbe un carattere, un’esistenza e
uno statuto ontologico propri, alla pari dell’idea “archetipo” come ha affermato proprio Platone.

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Bibliografia citata:

- Moholy-Nagy, Laszlo. Malerei Fotografie Film, 1925, vol. VIII collana Bauhausbucher ( trad. It.
Pittura Fotografia Film, Einaudi, Torino, 1987.)
- McLuhan, Marshall, e Fiore, Quentin. Il medium è il massaggio, Feltrinelli, Milano, 1968.
- Costa, Mario. Il sublime tecnologico, Roma, Castelvecchi , 1998.
- Costa, Mario. L’estetica della comunicazione, Roma, Castelvecchi, 1999.
- C., A. “Per una analisi del libro d’artista” in Dematteis, Liliana, e Maffei, Giorgio. Libri d’artista
in Italia 1960-1998, Regione Piemonte,Torino, 1998.
- C., A. “Il know-how della fotografia “ in Nodi, Galleria Martano. Torino, 2003.
- C., A. “Fenomenologia di un contenuto estetico“, in Maffei, Giorgio (a cura), Il libro d’artista,
Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano, 2003.

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